giovedì 24 luglio 2014

-ADOLESCENZA.L'enuresi.


Enuresi … il controllo del territorio


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on a caso, per gli animali la funzione biologica dell’urina è quella di “marcare” il territorio, un chiaro ed evidente segnale per dire agli intrusi: “fermo, qui sei a casa mia”.


he cos'è. Per enuresi intendiamo l’emissione attiva completa e incontrollata di urina dopo che sia stata raggiunta la maturità fisiologica in genere acquisita tra i 3 e i 4 anni. Questa alterazione del controllo sfinterico urinario può essere primaria quando non si è verificata l’acquisizione della pulizia corporea oppure secondaria qualora si manifesti dopo, un periodo più o meno lungo, l’acquisizione del controllo fisiologico. Il controllo sfinterico urinario è influenzato, principalmente, da tre fattori: neurofisiologico, culturale e relazionale.

EUROFISIOLOGICO. Esso è caratterizzato dal passaggio da un comportamento riflesso automatico ad un comportamento volontario controllato. Nel neonato la minzione è dapprima successiva alla replezione (riempimento della vescica). Il controllo di questo sfintere viene acquisito successivamente in modo progressivo. L’acquisizione, quindi, di un vero controllo sfinterico non è possibile prima che la motricità vescicale  sia giunta a maturazione fisiologica, anche se un condizionamento precoce può far credere ad un apparente pulizia.

ULTURALE. Questo fattore non può essere dissociato dall’apprendimento della pulizia. Prendendo in esame le varie culture, questo apprendimento si svolge in un contesto più o meno rigido, determinando nel bambino pressioni severe, inadeguate o, magari, troppo  leggere (influenzando la frequenza delle alterazioni legate a questa funzione).

ELAZIONALE. Oltre alla maturazione neurofisiologica ed alla pressione culturale, nella nostra società, dove la relazione madre bambino è privilegiata e protetta, l’acquisizione della pulizia è, durante il secondo e terzo anno, uno degli elementi di transazione nella diade madre – bambino. L’urina veicola un’intensa carica affettiva che può essere positiva o negativa. L’acquisizione del controllo sfinterico si attua a seguito del piacere provato prima per l’espulsione poi per la ritenzione (ritenzione – espulsione): la nuova padronanza sul proprio corpo procura al bambino una felicità rinforzata dalla soddisfazione materna. Questa dualità ritenzione – espulsione può manifestarsi attraverso modalità aggressive, tutto ciò dipende dal tipo di relazione tra madre e bambino che si svolge attorno al controllo sfinterico: esigenza imperiosa della madre che toglie al bambino una parte del suo corpo e riceve la sua urina con maschera di “disgusto”; soddisfazione di una madre nel vedere progredire e autonomizzarsi il suo bambino in queste condotte quotidiane e ricevere la sua urina con piacere. In questo modo si attua il passaggio dell’esperienza ritenzione – espulsione alla modalità offerta – rifiuto.


Criteri diagnostici per l’enuresi secondo il DSM IV

ipetuta emissione di urina nel letto o nei vestiti; Il comportamento è clinicamente significativo, come manifestato o da una frequenza di 2 volte alla settimana per almeno 3 mesi consecutivi o dalla presenza di disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica o di altre aree importanti del funzionamento;
L’età cronologica è di almeno 5 anni (per altri autori il riferimento è di 4 anni);
Il comportamento non è dovuto esclusivamente all’effetto fisiologico diretto di una sostanza o di una condizione medica generale (diabete, spina bifida, ecc.).
eneralmente l’enuresi è considerata un sintomo benigno con tendenza a scomparire durante la pubertà (periodo della vita compreso tra gli 11 e 15 anni). Alcuni autori hanno suggerito una classificazione delle enuresi, a seconda che siano legate a dei fattori organici o che siano funzionali. Le prime comprendono le ostruzioni anatomiche, la spina bifida, le infezioni, il diabete (in questo caso sarà richiesto l’intervento medico o chirurgico). Le enuresi funzionali, pur avendo un’origine multifattoriale sono legate a fattori psicologici conflittuali. Questi ultimi restano i più evidenti. Basti ricordare la frequente corrispondenza tra comparsa e scomparsa dell’enuresi e quelle di un episodio che segna la vita del bambino: separazione familiare, nascita di un fratellino, entrata nella scuola, un educatore aggressivo e violento, emozioni di qualsiasi natura. Questi fattori psicologici possono agire sia a livello del bambino stesso, sia a livello dell’ambiente familiare (in questo caso è indicato l’approccio educativo e psicoterapeutico)L’incontinenza notturna è più frequente  della diurna, e comporta assai spesso l’instaurazione di rituali d’ogni tipo in seno alla famiglia: i genitori si alzano parecchie volte per far urinare il bambino, cosa che serve a ben poco, bensì a rinforzare l’interesse familiare per il sintomo e a dar al bambino gratificazioni di ogni genere (disturbare i genitori, manipolazione, ecc.). Esiste, inoltre, un gruppo di bambini, appartenenti ad un quadro clinico depressivo mascherato, chiamato “enuretico depressivo”, a causa dell’alta incidenza di incontinenza vescicale e rettale. Questi bambini mostrano inoltre difficoltà cognitive e isolamento sociale.  Essi sembrano essere bambini sfortunati e infelici, che a causa di una combinazione di fattori sono neurologicamente immaturi ed hanno dei problemi di apprendimento e di incontinenza. Tali bambini restano spesso invischiati in un cronico braccio di ferro con i loro genitori, che aumenta le loro frustrazioni, ma non sembrano depressi; piuttosto, essi sono sempre arrabbiati  e fanno ricorso a ritorsioni passivo – aggressive  contro le figure investite  di autorità.  Essi non hanno l’immagine negativa di sé, il sentimento di impotenza e gli autorimproveri che sembrano necessari per la diagnosi di depressione. Il trattamento, per questo gruppo di bambini, è lungo e difficile.  L’enuresi è associata alla fase paradossale del sonno, allo stadio corrispondente al sogno, oppure al passaggio dal sonno profondo a un sonno leggero.  Per quanto riguarda il sesso, la maggioranza degli autori segnala un tasso di enuresi più alto nei maschi che nelle femmine (10% nei maschi contro 9% nelle femmine). Alcuni studi hanno messo in relazione l’enuresi e altri sintomi, quali le minzioni imperiose diurne, l’enconpresi, il sonno profondo, l’immaturità affettiva e i disturbi della parola.


erché l’enuresi? Come è già stato accennato, verso i 4 anni la maggior parte dei bambini ha imparato a “controllare” la vescica. Di notte non si bagna più il letto. Nonostante tale controllo, un certo numero di bambini – di intelligenza normale e a volte anche superiore – continua a bagnare il letto ben oltre quella età. Quando il bambino urina, ne trae un evidente piacere. Piacere fisico: allentare la tensione della vescica, piacere del “titillamento” derivante dallo scorrere dell’urina, piacevole calore quando questa arriva a bagnare le natiche e la schiena. Si tratta ovviamente di piaceri la cui importanza e intensità vengono notevolmente sottovalutate dagli adulti. Così, la soddisfazione di poter in questo modo manifestare entusiasmo o dispiacere è un mezzo primitivo ma tuttavia molto importante per esprimere le proprie emozioni. 
E’ risaputo che i bambini – anche gli adulti – possono esprimere in questo modo la paura: “farsela sotto” è un’espressione comune che corrisponde ad alcuni fatti reali. Certi bambini lo fanno anche per manifestare la loro gioia. Espressione simbolica di gioia o di dispiacere, soddisfazione reale dell’atto di urinare, “valvola” di una tensione psicologica: questi sono i significati della minzione nel bambino e il cui significato è puramente affettivo. A volte il disturbo esprime uno stato di conflittualità profonda. E’ frequente in soggetti immaturi che non vogliono rinunciare alle abitudini infantili. 

noltre, in analogia con il “Regno della Notte”, luogo in cui dominano gli istinti, l’enuresi notturna consente alle emozioni trattenute di essere liberate. L’enuresi, infatti, può esprimere anche il desiderio del bambino di prolungare  il suo stato infantile. Rifiuto di crescere e di conseguenza rifiuto di assumersi nuove responsabilità. Ha paura di partire perdente in una “gara” con un bambino più grande. Per attirare l’attenzione dei genitori, anche a rischio di dare loro un dispiacere e di farsi punire, certi bambini vogliono garantirsi una posizione a parte, privilegiata, nella quale saranno certi di trovarsi al centro dell’interesse. Questo rifiuto di crescere o meglio questo bisogno di “regredire” verso le prime modalità infantili permette loro di raggiungere tale scopo. Un altro caso è quello del bambino che ha paura di crescere perché teme inconsciamente che i genitori vogliano abbandonarlo. Paura irragionevole, ma frequente.


enuresi può anche essere una protesta, un modo attivo di palesare la propria ostilità. Fin dalla più tenera età, i concetti di “sporco” e di “pulito” vengono posti al bambino sotto forma di contrapposizione. Bagnare il letto significa “sporcare”, il bambino lo sa bene. L’enuresi assumerà allora il senso di una protesta contro i genitori, contro l’ambiente circostante, contro le circostanze della vita ch’egli è costretto a condurre. Nel rimanere sporco, il bambino procura ai genitori fastidio, li mette in imbarazzo e in agitazione: è un modo di essere aggressivo. 

on soltanto il bambino rimane “pupo”, ma esprime anche il suo scontento: egli non osa farlo apertamente, ma lo esprime inconsciamente. Egli si esprime senza ricorrere alle raffinatezze del linguaggio parlato. Sarà forse una modalità primitiva, infantile e inconscia di esprimersi forse, ma molto eloquente. Le reazioni del bambino e della famiglia di fronte all’enuresi sono varie. Il bambino considera talvolta che questo sintomo è sgradevole e imbarazzante, ma spesso ha un atteggiamento passivo. La famiglia può reagire in maniera estremamente tollerante o estremamente severa, anche brutale. Può anche essere una punizione che il bambino infligge a se stesso. Con l’enuresi il bambino confessa la propria incapacità, il proprio stato di dipendenza, di inferiorità. In realtà, egli provoca le punizioni e lo scontento dei genitori. E forse li umilia, ma umilia soprattutto se stesso; e in tal modo confessa il suo fallimento, la sua incapacità di crescere. In breve possiamo dire che i pensieri e i desideri che il bambino ritiene essere inaccettabili e cattivi, quelle idee che, se portate alla luce, potrebbero comportare gravi punizioni, anzi la perdita dell’amore  nutrito nei suoi confronti, devono scomparire dalla consapevolezza (conscio). Essi continueranno però a vivere ignorati nel suo inconscio; e quel inconscio possiede un suo peculiare linguaggio, un vero e proprio linguaggio segreto che è necessario tradurre per poterne comprendere il significato. Rimossi nel profondo, quindi, inconfessati ma presenti, per esprimerli e per tradurre i suoi timori, la sua angoscia, il suo senso di colpa, il bambino disporrà solo del linguaggio simbolico, simbolico a un punto tale che non solo i genitori non riusciranno a capirlo, ma di cui egli stesso non riconoscerà il significato. Una vasta letteratura scientifica sull’enuresi ha sottolineato che una condotta incostante o disagi emotivi da parte dei genitori giocano un ruolo sfavorevole nello stabilire il controllo sfinterico in età normale, sia che si tratti di un atteggiamento troppo coercitivo che spesso provoca nel bambino reazioni di rivolta e di difesa, sia, al contrario, di un atteggiamento troppo permissivo che impedisce l’organizzazione del controllo della minzione. Come hanno indicato alcuni autori, genitori essi stessi enuretici possono avere un atteggiamento di paura o di iperprotezione motivata dal ricordo della loro umiliazione. 
atteggiamento inadeguato dei genitori verso questo controllo si ritrova soprattutto  nelle donne ossessive o fobiche (paura dello sporco). Da un punto di vista più generale, l’atteggiamento dei genitori comporta un modo particolare di organizzazione dell’affettività del bambino, secondo che sia iperprotettiva o, al contrario, crudele o rifiutante.

uali sono i vantaggi?  Nonostante quanto esposto, nell’enuresi non tutto risulta negativo. Dall’enuresi, il bambino trae determinati vantaggi che, per quanto siano inconsci, sono sicuramente reali. Il bambino che attira su di sé l’attenzione e l’apprensione della madre divenendo così il centro dell’interesse trae indubbiamente profitto dalla sua enuresi. Il bambino che a causa dell’enuresi evita di fare “certe esperienze” che evita di essere separato dai genitori, guadagna qualcosa. Anche quando non “vuole crescere”, evita un certo numero di responsabilità, di compiti e di doveri. Questi vantaggi vengono definiti “benefici secondari”: essi infatti non si trovano all’origine e non costituiscono la causa stesa dell’enuresi, ma sono come dei “sottoprodotti”. Tali “benefici secondari” fanno sì che il bambino possa aggrapparsi all’enuresi e opporsi alla propria “guarigione” anche quando, dopo un certo periodo di tempo, la causa fondamentale è scomparsa. Per trattare il problema dell’enuresi è indispensabile conoscere questi elementi. Le circostanze comunque sono sempre numerose: inquietudine e curiosità sessuali, fallimenti scolastici, difficoltà di adattamento all’ambiente, genitori nervosi e, soprattutto, conflitti familiari. Le separazioni, i divorzi, rafforzano nel bambino il senso di insicurezza. Tutte queste circostanze possono essere altrettante cause.



osa fare? I genitori sono sempre pronti a tutto: fino a minacciare e a fare paura. A volte si arriva persino a contattare la “fattucchiera”. Non è servito a nulla. Sono state ipotizzate disfunzioni intestinali, malformazioni del pene, svegliarlo di notte, iniezioni, pillole, diete, di farlo alzare a ore fisse. Invano. Qualche volta si verifica un successo della durata di alcuni giorni o di alcune settimane. Poi il grande lago, il diluvio riprende. Ma non è certo in qualche ora che si può risolvere e riequilibrare un’intera personalità, perché si tratta di “ricostruire” tutto un insieme. L’enuresi è solo il segno, la parte visibile di un iceberg che bisogna sciogliere. E’ importante, quindi, dare fiducia al bambino. Creare un’atmosfera distesa, libera (non permissiva) fiduciosa, sarà per lui la cosa più utile e più importante per iniziare un “cambiamento di rotta”. Ovviamente non deve sperimentare né vergogna, né paura. Al contrario è importante fargli intravedere i vantaggi della “guarigione” (i piccoli successi vanno rinforzati attraverso calorosi complimenti). Ridurre al minimo le circostanze che potrebbero favorire la sua enuresi. Un’atmosfera familiare distesa, senza una costante apprensione per la sua enuresi, riduce tanto la tensione nervosa quanto i “benefici secondari”. Dovrebbe, inoltre, essere maggiormente coinvolto nella vita familiare e non tenerlo in disparte. La tolleranza e la malleabilità fanno parte integrante del processo di guarigione. Ogni bambino ha diritto alla propria libertà, a qualche insuccesso scolastico, a qualche espressione di linguaggio un po’ “colorito”. Per nessuna ragione non deve essere considerata la guarigione dell’enuresi come una fine assoluta dei problemi. L’enuresi è soltanto una spia dei problemi affettivi del bambino: sono quelli che bisogna innanzitutto  risolvere. L’enuresi è spesso legata a sentimenti ed emozioni che, di giorno, non trovano la via per esprimersi.

nche se il disturbo comune a tutte le enuresi è il difetto del controllo della minzione, questo non vuol dire che l’eziopatogenesi sia sempre la stessa. Quando si formula un programma terapeutico, quindi, non si deve agire unicamente sul sintomo, ma su una condotta di cui bisogna delucidare il contesto psicofisico.


i fronte ai disordini psicologici primari o secondari, è indispensabile prendere un certo atteggiamento psicologico sia di fronte al bambino che nei confronti dei genitori. 
Dobbiamo sostenere il bambino, rilassarlo e decolpevolizzarlo, farlo cooperare alle attività terapeutiche, metterlo al corrente, come fanno certi autori, del meccanismo funzionale della minzione.

genitori hanno ugualmente bisogno di essere sostenuti (… non colpevolizzati) per meglio sopportare questa affezione spesso considerata come vergognosa, essere informati della condotta più utile e vantaggiosa a favorire l’educazione sfinterica, ed essere messi in guardia contro l’utilizzazione del sintomo a fini aggressivi o di una sorta tutela spesso cercati e subiti dal bambino. Così rischiano di trasformare il sintomo – reazione in una condotta in cui il bambino trova “benefici secondari”.

n certi casi, questo atteggiamento di sostegno non è sufficiente e deve essere presa in considerazione una psicoterapia, le cui linee generali devono essere: riduzione del problema conflittuale, evidenziazione dei benefici secondari e offerta di compensazioni nell’ordine affettivo. Nel caso di una personalità in evoluzione, l’enuresi è nello stesso tempo agita e subita, beneficio e danno. E’ in questo stato di ambivalenza che la terapia può, sia portando nuovi benefici, sia creando nuove motivazioni, sia mettendo in attività sistemi organici in stato di passività, aiutare il bambino a trovare una via d’uscita e permettergli, da una parte, di offrirgli la guarigione, e dall’altra, di uscire dalla malattia che, nella nostra cultura, comporta per lui in fin dei conti più inconvenienti che vantaggi.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 – 0532.476055 
  E mail: bonipozzi@libero.it

1 commento:

  1. Con Andrea ricordo che ho provato di tutto, tranne l’allarme notturno... alla fine sapete come l’abbiamo superata? Con le mutandine assorbenti. Semplice semplice... tra l’altro quelle DryNites sono davvero ottime... e se non mi sbaglio anche le uniche!
    Lucia Bolchini

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