martedì 30 giugno 2015

-ADATTAMENTO


L’arte di  ADATTARSI


Risultati immagini per ADATTARSI nei dipintiNel corso della nostra vita ognuno di noi, proprio perché non viviamo nella bambagia, deve confrontarsi con numerosi ostacoli: alcuni di essi si verificano improvvisamente ed in modo del tutto inaspettato, altri invece sono più prevedibili ma le conseguenze si protraggono silenziosamente nel tempo con dolore e prostrazione. Lo stress è un fenomeno integrante ed inevitabile della nostra esistenza: chi non ricorda, ad esempio, il primo giorno di scuola, il matrimonio, la pensione, la nascita di un figlio, la separazione coniugale, un lutto, la reazione individuale a tutto ciò (reagire in maniera adeguata o mostrare una sintomatologia preoccupante) dipende da una infinita interazione tra caratteristiche di personalità, natura dell’evento e disponibilità di fonte di supporto. Alcuni di noi sono decisamente più resistenti di altri e si riprendono come se nulla fosse accaduto; altre persone, decisamente più vulnerabili, trovano devastanti anche problemi apparentemente banali e decisamente di minore entità. Alcune situazioni “difficili” creano difficoltà maggiori di altre; la gravità dello stimolo che provoca una reazione emotiva (con tutte le manifestazioni biochimiche possibili), la sua imprevedibilità e durata, la possibilità o meno di gestire tale situazione condizionano generalmente la capacità della persona di superare il momento critico e penoso. Non dobbiamo mai dimenticare che la salute è particolarmente complessa e dipende essenzialmente dalla chimica dell’organismo, dalla salute delle strutture fisiche e dall’equilibrio psicologico. Le “minacce” pertanto alla salute interessano queste tre sfere d’azione. A livello emotivo, lo stress può renderci, ansiosi, irritabili e depressi, ma non ha solo effetti psicologici. 


ul piano strutturale causa tensioni muscolari, congestiona la circolazione, altera la respirazione e alza la pressione, mentre sul piano biochimico ha effetti negativi sulle molecole messaggere nel flusso sanguigno, altera le funzioni dell’intestino e della pelle ed indebolisce i processi di “recupero” del corpo. Tornando al nostro argomento principale, possiamo dire che la presenza di un adeguato supporto ambientale, molto spesso, ha un ruolo determinate nel mantenere in equilibrio l’unità psicosomatica dell’individuo; essere parte attiva di una vasta rete sociale di amici, familiari e colleghi “spontanei” (comprensivi, sinceri… non accondiscendenti, permissivi, ecc.) può essere veramente di grande aiuto per affrontare stati emotivi negativi, soprattutto per chi accetta benevolmente l’aiuto degli altri in caso di necessità. La stessa difficoltà può avere effetti molto diversi su persone diverse, a seconda di come viene vissuta. Certe persone inconfondibilmente bravissime nel gestire le questioni lavorative sono messe in grave crisi dalla fine di una relazione sentimentale, ad altre invece accade decisamente il contrario. Chi non è particolarmente contento della propria attività lavorativa ma non è abbastanza motivato a cambiarla, reagirà di fronte ad una sospensione temporanea diversamente da chi è costretto a rinunciare a un’attività che rappresenta la massima aspirazione della sua vita. Le persone reagiscono e affrontano meglio le difficoltà se hanno già vissuto in passato esperienze analoghe. 


l grado di controllo sulla situazione è un altro fattore determinante: è più semplice accettare un divorzio a lungo ponderato, soprattutto per chi ha preso parte alla decisione. Un momento di malessere in seguito ad un avvenimento difficile è del tutto “normale”. Il disagio vero e proprio, invece, consiste in una risposta comportamentale o emotiva disadattiva in quanto peggiora una situazione già compromessa; la reazione è eccessiva ed inappropriata, di gran lunga superiore a quella che ci si aspetterebbe in base ovviamente alla gravità dell’evento stressante. Il disagio che può scaturire da un fenomeno disadattivo può essere conseguenza di un fatto acuto o di un problema cronico che getta una terribile nube sull’esistenza per molto tempo. Ad esempio, il licenziamento, l’inizio o la fine della scuola, il trasferimento in un’altra città, una delusione d’amore sono considerati “fatti acuti”. Quando il fattore destabilizzante è così preciso, esistono dei “tempi tecnici” oltre i quali, se la sintomatologia persiste, difficilmente sono riconducibili a quel particolare evento. Se una persona è ancora molto depressa vari anni dopo la fine di una relazione significativa, è poco probabile che la rottura di quel legame sia stata la causa della depressione, mentre è possibile che ci sia in “profondità” un malessere certamente molto più significativo. Fortunatamente, la maggior parte delle persone riesce a vincere eventuali malesseri con le proprie forze: in questi casi il tempo e le circostanze sono indubbiamente ottimi guaritori. Purtroppo non tutti gli eventi sono così blandi e passeggeri. Proprio per la loro durata, non dovrebbero mai essere sottovalutati perché possono essere disturbanti, consolidarsi in strutture decisamente più invalidanti, dolorosi, autodistruttivi, interferire pesantemente nella vita di una persona o nella sua capacità di coordinare con costanza e precisione tutte le attività quotidiane.


OSA FARE. Anche se l’adattamento è definito come il processo attraverso il quale l’individuo stabilisce una condizione di equilibrio con il proprio ambiente o nelle proprie relazioni, non deve essere confuso con quella modalità comunicativa “del sempre disponibile”, “del dire sempre sì”. Se ciò accadesse in ogni rapporto, oltre a renderlo scontato e banale, sarebbe indubbiamente un equilibrio psicosomatico falso e forzato. Adattarsi per mantenere uno stato di  apparente equilibrio ci rende inadeguati e, soprattutto, infelici (fingere, ad esempio, che il lavoro sia appagante, anche se non importa assolutamente nulla: questo “accomodamento” non consente di guardare altrove e, quindi, cercare magari qualcosa che piaccia davvero; assumere mille ruoli con in partner per il timore di perdere il suo amore; essere accomodante per evitare conflitti, tensioni, disagi). Il trattamento, pertanto, di questa difficoltà di adattamento  è teso ad arginare ed alleviare la sintomatologia e ad imparare come affrontare e gestire i problemi sul nascere prima che degenerino in una condizione più grave e duratura. La reazione non adeguata ad una situazione difficile spesso consiste in un’esagerazione del suo significato e delle sue implicazioni per il futuro: nella rottura di una relazione amorosa si vede “sancita” la definitiva possibilità di sposarsi, una bocciatura significa non diplomarsi o non laurearsi mai. Un intervento specialistico dovrebbe, comunque, incoraggiare la persona a prendere coscienza di questo atteggiamento catastrofico e  considerarlo per quello che è, un’irrazionale drammatizzazione che può solo complicare una situazione già difficile. In realtà, si aiuta il paziente a sostituire questi pensieri con risposte più realistiche. L’obiettivo della terapia, pertanto, è di aiutare la persona a fare passi concreti per superare gli effetti negativi dell’evento traumatico, cercare soluzioni alternative valutando i relativi vantaggi e svantaggi e scegliere quelle più appropriate.



NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel.349.1050551 - 0532.476055
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giovedì 25 giugno 2015

-ABBANDONO


LAbbandono


Risultati immagini per abbandono nei dipintiPer quanto riguarda il termine abbandono, il dizionario ci fornisce diverse definizioni: “… lasciare senza aiuto, sostegno, assistenza… lasciare definitivamente”. La parola in sé non ha comunque un suono piacevole ed evoca una sensazione di sconfitta, di inquietudine e di fallimento. Questa insicurezza affettiva è legata ad esperienze di deprivazione sperimentate nei primi anni di vita e caratterizzate da sensazioni, più o meno profonde, di mancanza di protezione o, magari, da atteggiamenti poco soddisfacenti e affettuosi. Il neonato, infatti, prototipo dell’essere umano “dipendente”, può fondare il suo istintivo senso di sicurezza esclusivamente in base all’attenzione ed alle cure che gli altri gli porgono. Abbandonato a se stesso perirebbe senza scampo. Tanto il momento di disinteresse volontario che quello di involontaria disattenzione sono percepiti dal neonato come un estremo pericolo di “morte”. La propensione all’attenzione ed alle cure per i neonati piccoli in genere è insita comunque nella natura umana a garanzia della continuità della specie (… è sempre la qualità del rapporto che risulta determinante). Tale propensione, arricchita da motivi accessori, è indicata comunemente come “affetto”, l’affetto per eccellenza. 


na sorta di profondo riflesso condizionato stabilisce così nella percezione istintiva del bambino un nesso insolubile tra ricezione di manifestazioni d’affetto e “sicurezza” di restare in vita, tra carenza d’affetto e pericolo di morte. Così il “senso di sicurezza” potrà svilupparsi nel bambino se sarà stato oggetto di soddisfacenti e compiute manifestazioni affettive. Subentrerà invece il “senso di insicurezza”, come basilare ansietà, in logica conseguenza di una insoddisfacente o instabile o incompiuta manifestazione affettiva. Così insoddisfazioni e insicurezze di natura istintiva possono distrarre parte delle energie tendenti allo sviluppo psichico e arrestarlo a fissazioni relative a situazioni ansiose. Più tardi, nella personalità dell’adulto, portatore del fenomeno di dipendenza, lo stesso anacronistico allarme, dovuto alle insoddisfazioni ed alle insicurezze infantili, si perpetuerà a causa del carattere inconscio – e quindi inattaccabile dal senso critico – dell’antica carica emozionale che lo determina tuttora. Così affiora nella coscienza un misterioso senso d’insicurezza e d’insoddisfazione che, tuttavia, le facoltà mentali razionali giustificheranno di volta in volta con motivi banali. Ad essi il soggetto, ogni volta, presterà fede pur notando come l’insicurezza e l’insoddisfazione permangono oltre il dileguarsi dei motivi che per breve tempo hanno prestata loro una giustificazione. Tali reazioni dunque, sono prive di una logica vincolata all’ambiente presente (…non è riconducibile  a fenomeni oggettivi, realistici, ecc.), e, perché siano spiegate logicamente, occorre risalire alla loro genesi. 


ueste esperienze iniziali, come abbiamo visto, man mano che passa il tempo, non solo creano un profondo malessere, ma possono pregiudicare la vita relazionale successiva, determinando in chi soffre un’irrequietezza e una sfiducia di base, spesso responsabili del fallimento dei rapporti interpersonali (… amicizia, lavoro, coppia). Essere abbandonato è un’esperienza drammatica e, incide, soprattutto in tenera età, sulla psiche in maniera indelebile. E’ talmente dolorosa che crea nel soggetto, come modalità reattiva, una profonda disistima, insicurezza, un senso di autodistruzione  psico – fisico e un legame di totale dipendenza dagli altri. In realtà chi ha sofferto di abbandono è convinto, pur avendo straordinarie capacità, di non essere in grado di far niente da solo; chiede continuamente consigli e pareri (… che il più delle volte non utilizza), ha una grande necessità di sentirsi sostenuto e continuamente approvato in ogni scelta che fa. Poiché non ha mai avuto (… o perlomeno ne è convinto) l’attenzione desiderata, ama passare per vittima e drammatizzare anche gli eventi più banali. Attraverso questa strategia riesce ad attirare l’attenzione con i mezzi più disparati (… anche con problemi di salute) raggiungendo in tal modo il suo scopo, ovvero il sostegno, l’attenzione degli altri e qualche piccola porzione di dimostrazione d’affetto. 

Risultati immagini per abbandono nei dipintiIl dipendente quando agisce da altruista non lo fa mai in modo spontaneo, ma usa questo gesto per ricevere esclusivamente attenzione, riconoscimenti e complimenti (… si sente importante ed  aumenta la sua autostima). E’ una persona tormentata da notevoli sbalzi d’umore, in quanto non essendo completamente autonomo e incapace di gestire un semplice rifiuto, evoca lo spettro drammatico della solitudine (… che farò da solo? … che ne sarà di me?). L’individuo dipendente, temendo profondamente la solitudine, ha l’abitudine di aggrapparsi fisicamente agli altri in modo vischioso (… ecco perché predilige tutte quelle attività in cui c’è il contatto fisico… ama i balli in cui ci si può stringere) e proprio per evitare di ripetere l’esperienza dolorosa di abbandono, accetta situazioni drammatiche e rapporti di sofferenza (… marito etilista, violento, autoritario, ecc.)


on ha, inoltre, particolare simpatia per le divise, perché tale abbigliamento, in qualche modo, rappresenta l’autorità. La persona autoritaria (… tono, aspetto, comportamento deciso, ecc.), infatti, viene definita dal dipendente come una figura fredda, indifferente e, soprattutto, non attenta - proprio per  queste sue  caratteristiche - alle sue esigenze affettive (… continua la giostra dell’infelicità: si aggrappa eccessivamente agli altri, li “soffoca” e… li perde). Il dipendente, pur avendo un discreto appetito sessuale, usa il sesso per sentirsi più importante in quanto si sente desiderato dal partner. Anche quando non ne ha voglia non si oppone perché, a suo dire, perde una opportunità o, meglio, una occasione per sentirsi importante e desiderato (… è un altro modo, non spontaneo, per ottenere attenzione).  Avendo, inoltre, vissuto l’esperienza di abbandono, il più delle volte con il genitore di sesso opposto, non solo gli risulterà più difficile il rapporto con le persone dell’altro sesso ma il suo malessere si riacutizzerà anche ogni volta che accantonerà un progetto cui gli stava a cuore, ogni volta che si allontanerà da un luogo o da una situazione familiare, oppure, cosa più grave, quando non si occupa in modo adeguato di se stesso. I comportamenti e gli atteggiamenti propri del dipendente (… stili di vita, gesti imbarazzanti, indecisione, remissione) sono dettati dal terrore di rivivere quelle drammatiche esperienze abbandoniche sperimentate nell’infanzia. Poiché tali caratteristiche non si presentano mai contemporaneamente, con le stesse modalità e, soprattutto, non sono vincolati all’ambiente esterno, il dipendente non avrà mai una profonda consapevolezza dei vari comportamenti descritti ma li riconoscerà solamente quando essi si presenteranno in modo ostacolante e dominante: fuga dal senso di responsabilità, bisogno di essere curato, bisogno di aiuto e protezione, dipendenza, ecc. (… il tutto accompagnato da una profonda insicurezza e insoddisfazione). L’individuo, con queste caratteristiche, continuerà allora a cercare di scansare le responsabilità proprie della sua età, si attenderà di essere amato e protetto, vagheggerà in modo di sbarcare il lunario a “spese” di una persona o di un ente o della società, e cercherà di raggiungere tutto ciò con sistemi esibizionistici diretti a suscitare, come un tempo, simpatia ammirazione affetto o pietà. 


lla ricerca di una “razionalizzazione” delle sue “pene” il soggetto finisce per attribuirne la colpa ad altri (… proiezione), o ad uno spiacevole destino, o a qualche divinità, o ad un’assidua sfortuna o a causa di carattere superstizioso, o addirittura al fatto che tutto il mondo “è fatto a rovescio”. Poiché è “cieco” verso i veri motivi delle sue esigenze - è condizionato dalla necessità di non perdere la fiducia in se stesso - giustifica come motivi di gloria (autoglorificazione) proprio i lati più negativi del suo psichismo. D’altra parte tale processo ha una funzione protettiva dell’equilibrio emotivo, dal momento che se l’individuo perdesse del tutto la fiducia in se stesso tale equilibrio verrebbe a mancare. Il mentire a se stessi (… in modo più o meno consapevole) diviene, sotto questo aspetto patologico, una necessità vitale. Il bisogno di essere amato e protetto verrà considerato desiderio d’amore ed il soggetto coltiverà un ideale di se stesso quale generoso dispensatore d’amore. La tendenza a fuggire le doverose responsabilità dell’adulto verrà dichiarata come eccezionale destrezza nel vivere. Il desiderio di vivere a “spese” degli altri – altro tentativo di perpetuare l’antica situazione infantile – quando fosse autosservato, lo sarebbe come eccellente indice di astuzia e diventerebbe fonte di ammirazione. Poiché nulla di male il soggetto si addebita, non riesce egli a vedere su che cosa si fondi l’ostilità altrui (… nel nostro caso specifico le reazioni abbandoniche)


offrirà allora di sentirsi (… in ogni rapporto) incompreso, angariato, disamato, deriso a torto e diventerà vittima depressa oppure rabbioso di un destino senza speranza o di un prossimo apparentemente perfido e ingannevole. E’ bene ricordare, comunque,  che questi modi di pensare, di sentire, di agire non sono fenomeni “patologici” (… ovviamente quando non ostacolano il soggetto nelle più elementari attività quotidiane) ma sono modalità reattive che permettono all’individuo di “adattarsi” a situazioni ed esperienze particolarmente dolorose (… creando, attraverso l’equilibrio raggiunto, per quanto possa essere strano, ulteriore sofferenza). Tale “equilibrio” inizialmente vantaggioso a lungo andare può creare nell’individuo stesso malessere e sofferenza in quanto non gli permette di condurre la vita in maniera spontanea, di grande apertura mentale e di sana adattabilità all’ambiente circostante. Tuttavia possiamo affermare che la dipendenza è presente in altri stati emotivi  ma resta sempre più marcata e dominante nell’ambito dell’abbandono (… è il tema dominante che crea la “sofferenza”). Tutto quanto è stato menzionato in questa breve esposizione non deve essere inteso come un lungo elenco di “difetti” senza senso, ma devono essere interpretati come piccoli ostacoli che non  consentono di aprirci mentalmente e a migliorare la nostra dimensione emozionale e mentale. Attraverso tale conoscenza possiamo decidere se continuare a salire sulla “giostra dell’infelicità” (… che ci siamo creati) oppure diventare consapevoli dell’inutilità delle nostre risorse reattive che, pur non essendo soddisfacenti, continuano a dominano la nostra vita.

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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551  -  0532.476055
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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.


giovedì 18 giugno 2015

-IPOCONDRIA pt. 3


La paura  di   AMMALARSI  …



Risultati immagini per ipocondria nei dipintiIn tempi di profonda crisi torna la paura di ammalarsi. In questi ultimi anni difficili l’ansia,  l’insicurezza, la rabbia trattenuta e il senso di impotenza sono all’ordine del giorno. Sono stati emotivi che lievitano man mano che tramontano i valori tradizionali senza che si intravvedano ancora punti di riferimento di sicura affidabilità. Ancor più preoccupante, in questo particolare periodo storico, è l’ossessione per la propria salute. Basta un piccolo dolorino ed è subito un dramma. Un senso improvviso di smarrimento, di continuo fallimento e di straziante abbandono alimentano, con una certa insistenza, questa scarsa lucidità quotidiana. Molti sono i sintomi che più di frequente inducono a un timore ingiustificato di avere una grave patologia: dolori alla testa (ictus), dolori allo sterno e alle braccia (infarto), gastrite, colite, stipsi (tumore), ghiandole ingrossate (linfoma), debolezza (leucemia), emicrania, vertigini, ronzii (tumore cerebrale), amnesia, ansia (terrore della follia). Morbus sine materia” direbbero gli antichi medici! 


hi è alle prese con questa particolare apprensione invalidante è letteralmente terrorizzato che il proprio corpo possa produrre, all’improvviso, un male terribile, “invisibile” ed incurabile. Temono subito il peggio, non si lasciano rassicurare e non si accorgono quasi mai del loro stato d’animo. Tale fenomeno è caratterizzato da una eccessiva preoccupazione per la salute, da un’ansia incontrollabile e ossessiva, che spesso impedisce ogni attività, e obbliga a continui pellegrinaggi negli ambulatori specialistici.
Risultati immagini per ipocondria nei dipintiUn disturbo legato al timore, o alla convinzione di essere malati, basandosi su un’erronea interpretazione di sintomi banali provenienti dal corpo. E’ un incubo che mette all’angolo anche chi vive loro accanto: le paure e le lamentele continue agitano, destabilizzano, annoiano e producono rapporti conflittuali. Condizione psicologica che fa vivere in una dimensione di  continua tensione, in un’attesa penosa e in una condizione di grande precarietà. Un disagio che con le sue diverse sfumature può collegarsi ad una forma depressiva, spesso larvata e contemporanea a sintomi blandi, non gravi ma persistenti, che assorbono completamente l’attenzione e fanno inclinare verso pensieri cupi e pessimistici. E’ un soggetto molto suggestionabile, insicuro, diffidente e incline all’introversione, sempre bisognoso di approvazioni, conferme e manifestazioni concrete di affetto. Una paura esagerata che niente e nessuno può rassicurare: nemmeno i controlli medici più rigorosi e sofisticati. La sua mente è ossessionata fino a quando non trova una momentanea pace nell’evidenza clinica, ma poco dopo ricominciano le preoccupazioni iniziali. Chi non ne soffre non riesce a capire la portata reale di questo profondo malessere e la considera una paturnia o, ben che vada, un’invenzione ben congegnata.  


a per chi vive questo perenne stato di angoscia, di allerta e di incertezza è un vero calvario. In realtà, questo soggetto, cerca di attirare “inconsapevolmente” l’attenzione su di sé, di essere un protagonista attraverso le sue devastanti paure e la sua drammatica “pantomima” sintomatica… l’unico modo per essere ascoltato è ammalarsi. Un grido d’aiuto continuo alla ricerca di conferme e di affetto che, a suo dire, non ha… ma che non troverà mai perché questa sua necessità affettiva appartiene al passato, quando da bambino trascurato non ha potuto contare sull’empatia e il contenimento emotivo delle figure di riferimento. Un’esigenza antica che non potrà mai essere soddisfatta nel tempo presente. Cosa non fare mai… se si vuol “guarire” da una malattia che non c’è.  Fare diagnosi “personali” pasticciate, parlarne continuamente per cercare aneddoti rassicuranti, togliere dalla vita passioni e stimoli, dare spazio ai pensieri passivi e rinunciatari, scappare da sintomi e da ansia, consultare contemporaneamente specialisti, trascurare la componente psicologica che è sempre alla base del malessere patofobico.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.

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domenica 14 giugno 2015

-ANSIA. I pensieri spazzatura.


I PENSIERIspazzatura

Risultati immagini per pensieri ossessivi



pesso nella mente ronza, ridonda senza sosta, qualcosa che non si riesce a gestire o bloccare. Il linguaggio popolare le chiama idee fisse per descrivere una mente “appesa” ad un chiodo fisso: un  estenuante rimuginare di pensieri ricorrenti che dominano completamente la mente e creano grande sofferenza. I “pensieri fissi” sono caratterizzati da idee o immagini invalidanti ed invadenti che non abbandonano nemmeno per un istante la mente di una persona (il “tarlo” colpisce in qualunque momento: mentre si lavora, ci si diverte, si fa l’amore, si mangia). Compaiono improvvisamente rituali ripetitivi che emergono dal bisogno imperioso di dire cose o attivare azioni per placare l’ansia e la tensione. Sono pensieri assurdi, imbarazzanti, impropri o bizzarri che invadono senza tregua la mente e che interferiscono con quello che si sta facendo. E’ un pensiero - prodotto sempre dalla propria mente - costantemente in agguato, irrompe all’improvviso pronto a sorprendere quando uno meno se lo aspetta: non è stato interpellato eppure si presenta puntuale come un orologio svizzero. 


nvade, avvelena l’esistenza, monopolizza completamente la mente e continua a scavare proprio come un parassita: una vera e propria ossessione da cui il soggetto non riesce a liberarsi.  Non si è più padroni in casa propria: la mente diventa un territorio di confine, un terreno di facile conquista. Sono i dittatori della mente che non mollano mai e si focalizzano su: soldi, gelosia, igiene, pulizia, carriera, sesso, abbigliamento, difetti fisici, invidia, salute. Il “tarlo” è un meccanismo subdolo, fastidioso e strisciante che si impossessa della mente senza alcuna possibilità di appello: diffonde amarezza e inquina lentamente l’umore quotidiano. Abitualmente tale condizione mentale è riconducibile alla struttura caratteriale dell’individuo. Molto spesso i “pensieri cattivi” si nascondono nelle pieghe di una vita noiosa, priva di slancio vitale, sempre uguale a se stessa. Sono pronti lì, in agguato, per aggredire quando meno ce lo aspettiamo e per bloccare completamente le nostre potenzialità. Ogni situazione diventa una minaccia e sicura fonte di preoccupazione destabilizzante. 


er evolvere, però, ha bisogno di un “terreno fertile”, idoneo a tale processo. Le idee ricorrenti, infatti, colpiscono soprattutto soggetti con tratti caratteriali “esagerati” connessi a: meticolosità, controllo, ordine, rigidità mentale, parsimoniosità, perfezionismo. Alcuni soggetti, perennemente spaventati, dubitano di tutto ciò che li circonda scontrandosi continuamente con i cambiamenti esistenziali; l’inevitabile mutevolezza del vivere, spesso, viene vissuta con sospetto e diffidenza. Paradossalmente sono spinti a diffidare dei propri occhi, delle proprie conoscenze o del proprio buon senso: dubitano di tutto ciò che vedono e di tutto ciò che sanno, devono controllare o eseguire continuamente estenuanti rituali. In questo modo i “tarli” diventano un vortice di energia inespressa, trattenuta e deviata in un circuito (nervoso) senza uscita. Fatto veramente curioso è che tutte le idee ricorrenti possono dissolversi di colpo e in maniera spontanea, quando viene dato spazio alla novità e, soprattutto, si è coinvolti  in qualcosa di entusiasmante (attività piacevole). Il corpo prende in consegna, pagando uno scotto altissimo,  tutte le anomalie (idee fisse) biochimiche cerebrali. Quando il cervello perde la sua libertà, sotto il dominio di un padrone senza scrupoli, che  blocca l’energia attraverso i pensieri ossessivi, il corpo paga aprendo la strada a vari disturbi e malattie (la mente bloccata nelle sue elementari espressioni può colpire: fegato, pelle, polmoni, testa, cuore, intestino, muscoli, ossa, sistema immunitario). Le idee fisse modificano in profondità le funzioni neurofisiologiche: si consuma in maniera inappropriata tutte le risorse psichiche. Quando il fenomeno dilaga nella mente, non solo modifica le funzioni biochimiche fisiologiche, ma anche tutto il mondo relazionale, i rapporti sociali si tingono di colori cupi come se le relazioni con gli altri fossero continuamente alterate e deformate da una potentissima lente di ingrandimento. Le persone affette da questo disagio tendono ad isolarsi e con l’aggravarsi dei sintomi fanno davvero fatica a lavorare e instaurare rapporti normali con gli altri. 



e persone che sono cresciute in un clima di paura, di rimprovero o di violenza sono molto spesso quelle che, con grande astuzia e sofferenza, hanno imparato ad usare meglio i “Meccanismi di difesa” (del controllo) per sopravvivere. Tuttavia, quando una situazione sfugge loro di mano, perché si sentono minacciate nella salute, nelle relazioni affettive o nella sicurezza materiale, ecco che sono in preda all’ansia.



OSA FARE. L’obiettivo principale della terapia consiste nell’alleviare l’ansia e, spesso, alcuni tratti depressivi, in modo tale da diminuire la frequenza dei pensieri e dei comportamenti coatti. Per gestire questi malesseri esistenziali (addormentare il tarlo), comunque, è fondamentale che il soggetto si dedichi a tutte quelle cose piacevoli e gratificanti  che, da tempo, ha lasciato in sospeso, ovvero realizzare quei progetti che per pigrizia o per il quieto vivere ha sempre rimandato: dare spazio ad interessi ed alle vere passioni (le scelte e le decisioni liberano sempre l’energia rimasta imprigionata nella mente). Ciò è indispensabile per togliere potere ai “tarli”, che si sono impropriamente impadroniti della mente, e dare spazio a qualcosa di gradevole che procura soddisfazione e che rende orgogliosi… perché, sicuramente, il senso della vita non è solo espiazione e sofferenza. Siamo sempre noi i padroni e gli artefici dei nostri atteggiamenti, dei nostri gesti, delle nostre ambizioni, delle nostre abitudini, delle nostre azioni e  non i “vampiri” della mente.





ICORDA, cerca di essere un po’ più egoista, prendi tutto ciò che puoi dalla tua vita, senza naturalmente essere lesivo verso altri … cerca di essere naturale, spontaneo e senza maschera, evita di vivere in funzione di qualcosa o di qualcuno perché primo o poi paghi ‘dazio’, PRENDI fin che puoi, divertiti, mangia cibi “buoni”, gustati  se lo desideri in compagnia o da solo, a cena o in un momento di relax, un buon bicchiere di vino o qualunque cosa che ti piaccia veramente … cerca di essere orgoglioso del tuo corpo, riconosci il suo valore gratificandolo con calorosi contatti, piacevoli sapori, gradevoli suoni, eccitanti visioni e intensi profumi … non smettere mai di “studiare”, INFORMATI continuamente, SAPPILO, noi impariamo anche dalle persone antipatiche ed odiose, prendi da loro quello che ti fa star bene e ricambiale con la tua naturalezza e spontaneità senza esprimere giudizi di valore verso te stesso o verso di loro … goditi le cose intorno, gustale lentamente attraverso i tuoi sensi … NON TEMERE, sono le sensazioni che ti mettono sulla strada giusta, ti permettono di scegliere, di sentirti bene e in solida salute: di vivere più a lungo … non lasciarti sfuggire niente, ‘INVESTI’ sulla tua felicità personale, sulla salute, sul lavoro e, perché no, anche su una buona situazione finanziaria che meglio si confà col tuo stile di vita. 

artecipa attivamente al tuo benessere, NON lasciare la gestione della tua vita in mano alla ‘fortuna’ o alle ‘stelle’, NON avere paura, affronta anche le cose difficili, non temere le sfide complesse e sottili, perché nel tuo arsenale fisiologico hai parecchie armi potenti e complesse in grado di rispondere con saggezza al nemico, alla fine, altro non scoprirai che possiedi buoni contenuti mentali e, con stupore, una grande intelligenza e una fervida immaginazione (l’insicuro impiegherà un po’ di più di tempo a conoscere queste sue preziose e latenti qualità, ma con un costante allenamento raggiungerà il traguardo) … non lasciare MAI il compito di ‘aggiustare’ la tua esistenza  ad altri … la posta in gioco è davvero alta: la tua felicità! RICORDA, con un discreto divertimento, una giusta attenzione e una buona concentrazione non solo puoi raggiunge la massima efficienza, ma è anche possibile far pendere la bilancia verso di te, con le mosse giuste, CREDIMI, NON è difficile influenzare le avversità a tuo vantaggio. 




NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.

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martedì 9 giugno 2015

-ANSIA. Il malessere alloggia ai piani alti.


Il  MALESSERE alloggia sempre ai piani alti


Risultati immagini per tensione emotiva nei dipintiLaccumulo di tensione, ben noto a tutti, può portare a conseguenze negative sia a livello fisico sia a livello psicologico. Esiste sempre una stretta correlazione fra salute, atteggiamenti mentali, modi di fare e stili di vita. Quando ogni azione, anche la più banale, diventa difficile e viene accompagnata da continui sacrifici e sforzi, significa che l’entusiasmo nel fare le cose si è spento … la “chimica” cerebrale entra in uno stato confusionale e, per quanto ci si impegni, non riesce a reintegrare le forze perdute. Alzarsi ogni mattina è uno sforzo incredibile…un’impresa titanica, si è in balia degli eventi, dell’inquietudine, dell’insoddisfazione e dei pensieri tortuosi: la massa cerebrale va in apnea e fuori controllo. Sembra di vivere in un mondo fatto di finzione, completamente estraneo, si perde la vera autenticità: ogni aspetto vitale viene rimosso. L’essere spenti diventa un’abitudine, la stanchezza assale prima di iniziare ogni cosa, la giornata si affronta con fatica, diventa un incubo: manca quel “frizzo”, quel “brivido” che riaccendeva - in tempi migliori - il fuoco dell’entusiasmo; tutto diventa artificiale e infelice … la “calma piatta” soffoca passioni e desideri, affonda lentamente la vita. 


nche mente e corpo ne risentono, non c’è che l’imbarazzo della scelta, si va dall’insonnia ai dolori alla testa e alla schiena, al mal di stomaco fino allo scatenarsi dell’agitazione, dell’aggressività, della depressione. Più si rimane in questa condizione psicosomatica più si producono effetti negativi a livello sociale, comunicativo e lavorativo: uno stato che fa davvero male alla salute. Cala la vitalità, l’attenzione diventa ballerina, la concentrazione e l’efficienza svaniscono completamente, aumentano le probabilità di errori ed incidenti, si incrinano i rapporti con amici, colleghi e clienti. Gli “sforzi”, inoltre, determinano, nell’unità psicosomatica, un accumulo di energia, che se compressa, non eliminata, aggredisce l’organismo nei punti più deboli; l’ansia si concentra in un punto preciso segnalando che qualcosa non va per il verso giusto.
Risultati immagini per tensione emotiva nei dipintiPer Mario sarà quel caratteristico e inconfondibile nodo alla gola: affiorano così le parole mai dette, tutte quelle cose trattenute si affollano in quella interminabile “strettoia” fino a strangolarlo. Sembra la fine, l’aria fa fatica a passare, si cerca la porta, una via d’uscita, uno spazio aperto, la finestra per una boccata d’aria, la comunicazione si interrompe, le idee inciampano e gli argomenti zoppicano. Le parole si inceppano, tutte quelle cose che per mancanza di coraggio non sono mai uscite dalla bocca, sempre trattenute e represse, rimangono come d’incanto concentrate lì, in quel punto. Ma ecco, che in situazioni simili, nei rapporti con genitori, figli, partner e superiori, come al solito il copione si ripete, quella strana abitudine di trattenersi si ripresenta, il fatto di non potersi esprimere liberamente genera contrazioni… in una cavità così “stretta” la fonazione diventa sempre più confusa. 


ario si sente “preso proprio per il collo”! Ernesto, invece, oltre a chiedere troppo a se stesso, sempre all’erta e super preciso, impegnato a dimostrare in ogni momento della giornata di essere in gamba, convinto anche di non essere in grado di gestire, integrare e assimilare i cambiamenti repentini, non riesce proprio a mandare giù i “bocconi” amari, a “digerire” tutte le cose con cui quotidianamente viene in contatto. Vorrebbe gridare, far esplodere la sua rabbia, ma preso dalla paura costringe il suo “laboratorio” ad un super lavoro, ad un continuo “ruminare” su cose che non soddisfano: lo stomaco entra in tensione … controllato da una potente morsa autodistruttiva. Paola, con la sua pancia gonfia - sempre sulla difensiva, pronta a isolarsi, a razionalizzare o a giudicare gli altri - vive il proprio ambiente come invasivo o particolarmente ostile: la paura di cambiare la “blocca” e la disarma. Ha chiuso per questo, da tempo, la sua disponibilità emotiva col mondo: un “trattenersi” mascherato di socievolezza forzata. Non riesce più a “scaricare”, perché è legata troppo al passato (depressione), a un modo di vivere non più vantaggioso, vincolata alle vecchie convinzioni e credenze… non lascia andare nulla. 


uesta incapacità di prendere le dovute distanze dalle situazione stantie, stimola eccessive preoccupazioni, gelosia, pensieri bui e terrore di essere umiliata. E’ necessario ritrovare il gusto di vivere, il piacere di lasciarsi andare, aprirsi e comunicare… spontaneamente però. In realtà, il cosiddetto “intestino pigro, sedentario” necessita di una autonomia diversa, una mentalità larga … urla incessantemente “largo al nuovo”! Ma ecco che, improvvisamente, si alterna un’altra dittatura: la colite. Paola si alza al mattino dominata dalla paura dell’insuccesso, frastornata da spaventose responsabilità, terrorizzata di essere giudicata negativamente durante gli impegni quotidiani. Ha bisogno di affetto e tanto, tanto calore, ma per averlo è convinta che prima deve “purificarsi”… così, di corsa, deve “liberarsi” da questo senso di oppressione, dai desideri di vendetta, dai sentimenti che covano in profondità, nelle “parti basse”: rancore, rabbia, invidia. Non dimentichiamo Carlo che, con il suo cuore al galoppo, teme l’infarto da un momento all’altro. Una sensazione che, a suo dire, toglie letteralmente il fiato e rallenta in modo preoccupante il suo iperattivisto. Sempre di corsa, mai fermo, la sua vita è completamente sommersa da un ritmo frenetico e stressante. Sa fare più cose contemporaneamente ma non ha mai tempo per se stesso, non riesce proprio a vivere un ritmo lento. Il mondo affettivo, per lui, è davvero un optional: preferisce incanalare la propria energia sull’azione, sull’attività fisica convulsa. L’emozione, però, si fa sentire, il battito raggiunge la gola come se volesse dar voce ai sentimenti nascosti e trattenuti … come se chiedesse davvero più “cuore”.



e persone che sono cresciute in un clima di paura, di rimprovero o di violenza sono molto spesso quelle che, con grande astuzia e sofferenza, hanno imparato ad usare meglio i “Meccanismi di difesa” (del controllo) per sopravvivere. Tuttavia, quando una situazione sfugge loro di mano, perché si sentono minacciate nella salute, nelle relazioni affettive o nella sicurezza materiale, ecco che sono in preda all’ansia.




NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.

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