sabato 29 aprile 2017

Lutto... come evitare che il dolore diventi malattia.


Lutto  come evitare che il dolore diventi malattia
                                          
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l lutto è uno stato psicologico che consegue alla perdita di qualcuno o qualcosa che ha avuto un ruolo rilevante nella nostra vita. Benché il lutto per antonomasia sia collegato al decesso di una persona cara, altri eventi più o meno importanti possono facilmente produrre questa singolare e dolorosa condizione emotiva: divorzio, la fine di un amore, cambiamento sociale, licenziamento, allontanarsi da un luogo significativo, non riuscire a mettere in cantiere un progetto tanto desiderato, perdita  dell’indipendenza fisica ed economica; in breve, l’annullamento della propria identità o di un ruolo sociale da  tempo consolidato. Alcuni soggetti, nelle loro esperienze primarie, attivando un processo di identificazione con la figura di riferimento diventano l' "altro". La profonda aggressività sperimentata nei confronti di questa figura di riferimento viene mascherata o sepolta sotto una coltre di eccessive premure e di dedizione che entrambi i soggetti chiamano amore (interpretano come). E così quando l'altro muore, questo meccanismo difensivo crollando lascia, chi rimane, disorientato; si scopre senza identità, il dolore diventa insopportabile, interminabile, si ritira dal monde - madre, si chiude completamente in se stesso, si isola da tutto e da tutti ... nessuno è in grado di riempire quel vuoto, di consolarlo. 
hi è colpito da questa calamità non può passare inosservato, ci si accorge immediatamente della sua presenza: viso teso, occhi cerchiati, gonfi, sguardo duro, spento, perso nel vuoto, espressione tenebrosa, un corpo rassegnato, ingobbito, schiacciato e incapace di reggersi da solo. Quando viene a mancare qualcuno, non si perde solo l’altro, ma anche una parte di se stessi … qualcosa internamente si spezzasi dissolve improvvisamente il castello delle certezze. Attraverso il sentimento d’amore quella persona cara diventa una parte importante della nostra identità. Se viene a mancare perdiamo non soltanto l’oggetto fisico ma anche la sua rappresentazione, la sua immagine interiorizzata. Ci si sente sminuiti, persi, vulnerabili, disorientati non solo per la scomparsa del nostro caro - tanto amato e considerato - ma anche per quell’immagine dentro di noi che, improvvisamente, si ‘spegne’ e trascina con sé tutti i suoi valori più importanti (quello che significava: sostegno, sicurezza, appartenenza, punto di riferimento). Un’emozione devastante che, prima o poi, nel corso della vita bisogna proprio conoscere o, per uscirne con meno ‘lividi’ possibili, scendere a patti: confrontarsi. Porta via inesorabilmente, giorno dopo giorno, energia e voglia di fare. Il lutto non è solo una profonda sofferenza ma impone, a chi resta, di rivedere la sua esistenza, di trovare velocemente un nuovo equilibrio interno ed esterno: emotivo, sociale e comportamentale. Un fenomeno doloroso, comunque, sempre caratterizzato da tre fasi: rifiuto dell’evento, accettazione in cui si comincia a prendere consapevolezza del fatto e, finalmente, il distacco da tale sofferenza attraverso nuove realtà e stimoli diversi. A prescindere dall’età, la scomparsa di una persona cara è sempre il più sconvolgente fra i traumi che possono colpirci.
uesto tipo di dolore è comune ad ogni periodo esistenziale, ma può essere più intenso e profondo quando riguarda la perdita improvvisa di un figlio in tenera età … per alcuni un evento drammatico, sconvolgente, considerato ingiusto e “contro natura”. Separarsi o dire ‘addio’ a qualcuno a cui si è voluto molto bene è davvero insopportabile, difficile, triste e commovente; un evento che, nei primi momenti, incatena inesorabilmente al passato, schiaccia il presente e distrugge il futuro. All’inizio le persone provano confusione, pessimismo, nervosismo, incredulità, nostalgia, senso di vuoto, apatia, rabbia, ansia e incertezza perché sentono ancora dentro di loro - come incancellabile e fortemente attivo - ciò che hanno perduto. In questo periodo di rielaborazione i disagi psicosomatici invalidanti sono davvero tanti: insonnia, tachicardia, attacchi di panico, inappetenza, mal di schiena e seri dolori muscolari. Un momento di transizione caratterizzato da fastidiosi cambiamenti fisici a livello respiratorio, ormonale e del sistema nervoso centrale: il battito cardiaco aumenta mentre i valori immunitari si abbassano. In generale deve passare qualche mese prima di arrivare alla consapevolezza della reale perdita. Si piange, si gira a vuoto, si perde interesse per le attività quotidiane, non si dorme nemmeno con i tranquillanti, non si ha più voglia di vivere: le giornate non hanno più colore, i tratti depressivi non danno tregua e creano un blocco vitale; la vita continua, tutto gira attorno a chi è rimasto, ma rimane bloccato lì nel suo senso di inutilità e di inadeguatezza, completamente inattivo e isolato dal mondo. Ognuno reagisce a questo evento sempre in maniera unica, originale e soggettiva. I tempi e i modi di ripresa, inoltre, sono determinati dalle poche risorse energetiche rimaste: dalle condizioni reali del proprio quadro clinico. Chi ha perso una persona cara, spesso, a seconda del suo coinvolgimento emotivo con essa, non solo vorrebbe raggiungerla ma si sente pieno di livore per essere stato in qualche modotradito” e ‘abbandonato’. 
ei primi tempi, dopo il decesso, chi rimane a piangere - concentrandosi ossessivamente sui dettagli degli ultimi momenti di vita del proprio caro - può accusare o criticare aspramente gli altri perché non sono stati in grado di evitare l’accaduto (familiari, medici, pronto soccorso). Dopo qualche mese dalla scomparsa, i sentimenti di intenso dolore, a seconda degli interessi sociali e culturali del soggetto, si calmano risvegliandosi ‘solo’ nell’anniversario della morte. Anche se deve passare molto tempo per arrivare a questa ‘accettazione’, una buona rete sociale accelera il miglioramento, aiuta a colmare il vuoto e a ridurre i tempi di ripresa; un tempo, comunque, indispensabile per costruire una nuova realtà sia psichica sia sociale. L’investimento affettivo riversato sulla persona che è venuta a mancare viene pian piano convogliato verso qualcos’altro: gli ‘oggetti’ perduti sono sostituiti con ‘oggetti’ nuovi, possibilmente di pari valore o magari più “preziosi” e interessanti ... si comincia ad organizzare una nuova vita partendo dal lutto ... si risorge lentamente dalle ceneri. Il ritorno alla realtà, alla speranza e all’amore richiede i suoi tempi: un viaggio sempre lungo, delicato, impegnativo, difficile, lento tedioso e doloroso … “ingredienti” che devono essere vissuti completamente, indispensabili per uscire dal lutto in maniera lineare e senza incorrere in qualche ricaduta. Per alcuni il dolore resta sempre forte, insopportabile, devastante e può diventare patologico con segnali di sofferenza eccessiva, l’ansia e la depressione la fanno da padroni mentre le difese immunitarie si abbassano incrementando la suscettibilità alla malattia.
Ma perché alcuni individui da questa esperienza si riprendono ‘velocemente’ mentre per altri il processo di adattamento, di elaborazione e di ripresa  risulta più lento e complesso?
Risultati immagini per lutto e fiori Il lutto essendo simile al malumore depressivo richiede sempre importanti risorse emotive per uscire dalla sua complessa disorganizzazione e singolare disperazione. La personalità, infatti, di chi è rimasto, gioca un ruolo fondamentale per la ripresa o la risoluzione di qualsiasi malessere emotivo … ancora di più per affrontare le dinamiche relazionali del lutto. Un lutto non superato o mal trattato può dare inizio a disturbi seri ed invalidanti di natura medica, psicologica,  comportamentale e sociale. Quando si è sopraffatti dal dolore, chiusi in se stessi, indisponibili al dialogo, la fase di stordimento si prolunga nel tempo e lo stato di sofferenza non dà segni di miglioramento, può essere utile, se non indispensabile, chiedere un supporto specialistico per affrontare e superare tale disagio.


osa fare per uscire dal ‘tunnel’ …  depressivo
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Per capire se si ha bisogno realmente di sostegno psicologico è fondamentale considerare attentamente l’intensità e la durata del malessere che affligge il soggetto. Se questa condizione si protrae nel tempo, non si intravedono miglioramenti, crea “sacche” di dolore inespresso, causa problemi psicosomatici, i tratti depressivi, poi, interferiscono con l’attività lavorativa e i rapporti interpersonali, forse è meglio non esitare a cercare aiuto. La cosa peggiore nell’esperienza del lutto è lasciarsi dominare dai sensi di colpa. Continuare a chiedersi quali sono stati gli ‘errori’ o i ‘peccati’ commessi in quel rapporto non aiuta sicuramente a recuperare le proprie risorse e, quindi, superare - senza tante scosse - questo momento esistenziale piuttosto difficile e complesso. Il tarlo mentale della ‘responsabilità’, poi, tormenta e avvita su se stessi inutilmente: indebolisce e ostacola la vera ripresa. 
olpevolizzarsi con certi pensieri depressivi come non aver fatto abbastanza … aver manifestato poco affetto … non essere stato presente … non aver dato, fatto, cercato … non solo è una tortura che non ha senso e costringe a rimanere imprigionati sul selciato della sofferenza - ad arrotolarsi nell’impotenza - ma allontana dalla possibilità di ricominciare, di sedersi al posto di comando, di riprendersi finalmente in mano la propria vita (quando questi meccanismi psicologici sono intensi conviene rivolgersi ad uno specialista … è bene ricordare che il tempo non guarisce tutti i mali come recita quel famoso detto popolare … bisogna fare le ‘mosse’ giuste da soli, quando è possibile, o con l’aiuto di persone qualificate). Mai reprimere, trattenere i sentimenti: lasciare che le lacrime scorrano liberamente anche se sono espresse intensamente o in maniera strana e violenta … manifestare concretamente la propria tristezza non è mai un segno di debolezza ma voglia di ricominciare nuovamente (porta equilibrio biochimico a livello cerebrale). Mai seppellire l’angoscia sotto qualche attività intensa e frenetica, per stordirsi, per manipolare la realtà, per negare ed allontanarsi dal problema perché, prima o poi, la tensione e il tormento si faranno sentire, con singolari disfunzioni, attraverso altre corsie preferenziali: corpo e mente. Cercare il contatto fisico aiuta ad uscire dall’isolamento e a capire che non siamo soli: fuori c’è tanta ‘confusione’ è vero, ma anche tanto e tanto amore ... basta solo cercarlo con lucidità e senza fretta. Un’altra iniziativa utile per affrontare il lutto è quella di praticare attività fisica con una certa continuità e nutrirsi in maniera sana ed adeguata; tutte operazioni che se sono portate avanti con impegno creano equilibrio e benefici fisiologici importanti: permettono una buona produzione di serotonina (l’ormone del buon umore). Anche le metodiche terapeutiche distensive - fondamentali per il potenziamento del sistema immunitario - se realizzate in maniera corretta possono favorire un maggior equilibrio ormonale e quindi accelerare la guarigione senza incorrere in dolorose ricadute. Una cosa, invece, che non conviene fare - perché costringe a rimanere immobili e, quindi, sostare nella palude depressiva - è quella di riempire ogni luogo di oggetti ed immagini della persona scomparsa come se fosse ancora fisicamente presente. 

olo quando il lutto è stato elaborato e metabolizzato sarà possibile ritornare con una certa ‘serenità’ a maneggiare con più ‘disinvoltura’ tutto ciò che apparteneva a chi non c’è più. Un giusto ‘distacco’, diluisce la pressione interna, evita di inciampare nuovamente nei ricordi, di sprofondare nel panico e tormentarsi nel dolore più profondo: guarda la sofferenza con gli occhi del presente (mai ‘agganciarla’ al passato …  ai rimorsi, a quello che si doveva fare, alle mancanze, ai doveri). Se é rimasto qualcosa in sospeso non possiamo  più rimediare: il tempo ormai è già passato, non si può tornare indietro a sistemare le coseuna storia che, purtroppo, anche se volessimo, non cambia.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
E mail: bonipozzi@libero.it

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.