venerdì 30 agosto 2019

Il male oscuro ... e dintorni


I Male   Oscuro e dintorni

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apire le dinamiche depressive è sempre una mossa utile e strategica per chiunque sia coinvolto - nel bene o nel male - in questo disturbo emozionale che provoca, senza fare sconti a nessuno, abbattimento, sconforto, dolore fisico e morale. Una buona conoscenza allontana dal pressapochismo, dai giudizi di valore e, soprattutto, evita di etichettare in modo denigratorio questa condizione umana universale, piuttosto diffusa, definendola il più delle volte con troppa superficialità o, peggio ancora, come una pericolosa devianza sociale: malattia mentale vergognosa, grave, incurabile e contagiosa. Un atto cognitivo importante per tutti coloro che, senza sconfinare nella medicalizzazione, desiderano gestire con più consapevolezza e disinvoltura tale turbamento psichico. 


ndispensabile comunque per tutti i componenti del nucleo familiare al fine di raffreddare gli animi incandescenti e, soprattutto, incanalare tensione e nervosismo su un territorio relazionale più gestibile e vantaggioso; non solo stimolare relazioni sociali più distese e serene, comportamenti più armoniosi ed equilibrati, ma saper anche padroneggiare, con polso e determinazione, i vari rapporti affettivi carichi di rancore e ostilità … sempre faticosi, conflittuali e difficili da gestire. Fondamentale invece a livello professionale per formulare una corretta diagnosi e, quindi, offrire un'assistenza qualificata con la massima attenzione e solerzia possibile. Non ci sono scuse. Definire le varie sfumature dell'umore in modo chiaro e preciso, permette di evitare una inutile sofferenza, di non cronicizzare il disturbo e, soprattutto, di velocizzare il recupero psicofisico.


on bisogna dimenticare che la più mostruosa ed iniqua tirannia è l'ignoranza: solo la conoscenza può portare la libertà nel cuore, favorire il rispetto di se stessi, permettere di scegliere e di decidere liberamente su ogni cosa, avere cura della propria salute, impegnandosi però in prima persona con tutti i mezzi a disposizione … sapere dove andare a cercarla e imparare a discernere la veritàè importante cercarla, pretenderla, rivendicarla anche a livello individuale. Questo stato è un ingranaggio emotivo complesso che anche nella sua massima espressione appare a velocità ridotta, pieno di sovraccarichi, con tanti attriti e poca resa: un complicato meccanismo che, pur girando a vuoto, si surriscalda con estrema facilità e si esaurisce in fretta ... non è mai facile, anche per i più esperti, farlo funzionare a dovere o dirigerlo nella direzione giusta. Per dirla in termini più consoni al nostro lavoro, invece, la cosa è molto più complessa e delicata di quello che si potrebbe pensare, appare da subito una faccenda aggrovigliata e seria, legata ad una intricata rete di sistemi fisiologici e psicologici. 

' un male di vivere invalidante che ingabbia, annulla e cancella ogni gesto della vita quotidiana, travolge come uno tsunami ogni cosa dell'ambiente circostante e getta, chi soffre, in uno sconforto terribile, in un devastante senso di vuoto affettivo e profonda amarezza … chi è affetto da questo disturbo si trova catapultato in un mondo pieno di ingiustizia, di critiche inutili, sorretto da un amore che non è amore, senza senso e senza valori. E' impantanato in un intricato crocevia di sentimenti e schemi mentali privi di gioia, con molta sfiducia e nessuna agilità emotiva: mai pronto al nuovo e per nulla disponibile al cambiamento; si trova immerso perennemente nel torbido, in acque scure, in vortici esistenziali pericolosi pieni di enigmi, di infelicità, un fenomeno complicato e difficile da comprendere non solo per gli altri, ma anche per se stesso; gelosia, invidia, rancore e rabbia non lasciano scampo, spadroneggiano senza sosta, mettono definitivamente all'angolo ... sentimenti che creano una vita scadente, senza risorse e vitalità ... mettono letteralmente al tappeto.



l depresso è condannato ad una vita piatta e banale, ad un grigiore infernale paralizzante, ad una visione del mondo in bianco e nero, ad una indifferenza glaciale, impara molto presto ad arrendersi alla mediocrità con estrema facilità, a vivere rapporti interpersonali spenti ed inutili; qualsiasi tipo di relazione lo allarma, blocca le sue ambizioni, gli impedisce di agire e prosciuga lentamente ogni sua piccola risorsa vitale; un personaggio carente di energia che resta a lungo inginocchiato nell'ombra a supplicare, ad autoescludersi dal grande banchetto della felicità. Un vivere senza ebbrezza, con pochi desideri e nessuna passione; un allontanamento da ogni legame importante, completamente escluso da tutte quelle fonti che fanno star bene, danno piacere e fanno sentire a casa propria … tagliati fuori da tutte quelle cose belle, amiche, familiari e buone … ogni gesto d'amore è percepito come pericoloso, falso ed ingannevole.


n campione nel 'campare' altrove, mai nel presente, perché è una dimensione temporale che offre solo aspettative deludenti, una realtà senza senso, piena di scontri, ostacoli e sconforto, appare sempre pericolosa e insoddisfacente; un soggetto sempre alle prese con una quotidianità tragica e noiosa, di rinuncia espiatoria si sente terribilmente fragile, solo e maltrattato dalla vita. Una quotidianità in cui non solo si azzera ogni spiccata capacità affettiva, ma si annulla anche la minima attività di cooperazione con gli altri, così come ne risente in qualità la concentrazione nello studio e nell'attività lavorativa. Un potere decisionale inesistente costringe il soggetto - dipendente e sottomesso - ad accettare un chiacchiericcio inutile, le opinioni e le cianfrusaglie mentali altrui come se fossero un suo prezioso ed esclusivo prodotto cerebrale: scambiando l'interno con l'esterno, confondendo il suo vocio mentale con quello della piazza, equivocando l'Io con il Tu (vedasi più avanti l'esempio letterario di Madame Bovary). 

isulta incapace di porsi come soggetto libero ed autonomo perché portato a trasferire all'esterno la sua realizzazione: vive in funzione dell'altro. L'Io rappresenta ciò che sentiamo di essere nel rapporto con noi stessi, gli altri ed il mondo intero … come ci percepiamo, come organizziamo qualsiasi attività vitale e realizziamo noi stessi in modo più vantaggioso, ampio ed autentico possibile. Quando questa istanza psichica è in buona salute il nostro modo di funzionare diventa plastico, ci rende curiosi, attivi e, soprattutto, aperti al nuovo, alla conoscenza, allo scambio, alla voglia di fare; disponibili al cambiamento che ci permette di essere unici, staccati, distinti dal resto del mondo ma, soprattutto, ci permette di interpretare liberamente ed autonomamente le esperienze fisiologiche, psicologiche, affettive e sociali nel tempo presente



pprofondimento tecnico. L'apparato psichico è composto da tre istanze: Es, Io, Super-Io. L'Es corrisponde all'inconscio, alle spinte pulsionali, è il serbatoio dell'energia psichica, i nostri desideri e le nostre emozioni; il punto più significativo dell'Es è che esso funziona secondo il processo primario di pensiero, una modalità di funzionamento mentale in cui l'energia psichica fluisce liberamente da una rappresentazione psichica ad un'altra senza obbedire alle leggi del pensiero vigile. l'Io invece rappresenta la sfera cosciente che permette di avere piena consapevolezza di essere se stessi e non altri … il principio dell'identità. E' collocato tra l'Es e il Super-Io


ale istanza psichica, infatti, soggetta agli imperativi dell'Es e del Super-Io, rappresenta l'elemento di raccordo fra il mondo interno e la realtà esterna. L'Io si oppone alla soddisfazione immediata del desiderio esercitando una funzione inibente … su tutte quelle cose che se realizzate porterebbero al diniego oppure ad una punizione; sua prerogativa è anche quella di presiedere alle operazioni difensive … vedasi i meccanismi di difesa; svolge una funzione di regolazione fra processi primari e processi secondari, ovvero fra principio del piacere e principio di realtà. Il Super-Io, invece, incarna l'autorità, i valori morali trasmessi dall'educazione; preme per il mantenimento di una condotta morale adeguata e guida alla realizzazione dei propri ideali; esso costituirebbe per certi versi un censore nei confronti dell'Io … frutto dell'interiorizzazione delle richieste e delle proibizioni dei genitori; esso si strutturerebbe definitivamente grazie a quei apporti che rispondono a esigenze sociali e culturali, quali educazione, morale e religione. Tra queste tre istanze - quando non sono in equilibrio - si svolge una lotta continua: il conflitto scaturito può determinare il disturbo emotivo.



l nome
(identità) ci dice chi siamo. Dare un nome a qualcuno significa dargli un'identità, distinguerlo da tutti gli altri, attribuirgli caratteristiche e qualità che lo rendono unico. Se ben ricordo tale interpretazione la ritroviamo anche nella Genesi: Adamo diede un nome a ogni cosa. Un nome per distinguere l'Io dall'altro da sé, ma anche per sentirsi parte attiva di un tutto; un nome per orientarsi nella mappa della creazione; un nome per conoscere e far della conoscenza un patrimonio comune; un nome per non dimenticare; un nome per comunicare con i propri simili, tessendo e intrecciando storie e racconti; un nome per far emergere ed esorcizzare le paure profonde … come quella della solitudine, dell'abbandono, della “morte”. Torniamo ancora una volta al nostro racconto. Il soggetto controllato da questo disturbo è dominato da pensieri intrusivi, fuorvianti e ossessivi che lo tormentano, lo rendono completamente dipendente, schiavo di ogni cosa: sia a livello sociale sia affettivo … da schemi mentali indelebili impressi nella mente, stampati nel cervello. Un lamento mentale inutile e continuo che non solo lo ripiega su se stesso e lentamente lo sfinisce, ma allontana da lui ogni gesto affettuoso e sociale possibile perché l'interlocutore, in quella relazione piuttosto difficile, non essendo d'aiuto, non potendola cambiare, si sente inadatto, frustrato, impotente e perduto; un ritornello ripetitivo ed avvilente scoraggia ogni buona intenzione e allontana qualsiasi intervento spontaneo, lo condanna all'isolamento; il tarlo è sempre lì, pronto a monopolizzare, con un incredibile ritornello mentale: “Non ce la faccio più, non so più chi sono e cosa voglio, cosa mi sarà mai successo. Chi sono, da dove vengo, dove sto andando?”. Ormai ha perso tutto, immagine, forza e coraggio, non crede più a niente vive in un mondo opaco, deprimente, un luogo in cui non splende più il sole, tutti sono percepiti come minacciosi, ostili e cattivi. 


onquistare la propria identità attraverso l'altro è il più evidente e chiaro sintomo dell'incapacità di porsi come individuo autonomo nel mondo; una dinamica relazionale che con il suo senso di colpa ostacola la possibilità di scegliere e di decidere liberamente. Questo porta il soggetto ad un mancato rapporto realistico col mondo circostante e, quindi, in totale solitudine, non sa appropriarsi, in maniera naturale, dei suoi veri ed importanti contenuti vitali: il suo prendere non si concilia mai col dare, se non attraverso diffidenza, colpa, aggressività e rancore … non sa allungare la mano e prendere quell'attimo di felicità che gli spetta di diritto.


uando ci si lascia modellare completamente dal mondo circostante, si adottano atteggiamenti del vicino, si assumono gli stessi interessi dell'altro, la vita si spegne e perde il suo senso, la vera autenticità, la cosa più preziosa: l''identità ... un fallimento totale, un vivere i rapporti in malo modo, in maniera estranea e confusa in questa immensa “valle di lacrime”. Quando si lascia in mano ad altri il potere decisionale, l'unica strada possibile per mettersi in salvo è quella di proiettare i propri guai, le cause delle proprie sofferenze sull'esterno, sugli altri (solo loro diventano responsabili di tutto): non si rischia nulla a livello emotivo perché non si è mai in prima linea … un modo di reagire che per alcuni potrebbe diventare un perfetto alibi (non ci si scontrerà mai con critiche, rifiuti, abbandoni, rimproveri, offese). 

razie ad esso, infatti, il depresso sosta nel più totale immobilismo. Si tratta di una modalità ottimale per non fare nulla, non prendere iniziative con le quali si rischierebbe grosso: farsi carico di doveri, impegni e “castighi” indesiderati. Con questa strategia, quindi, pur essendo improduttiva, si mette in atto un comportamento che permette di assumere una posizione particolarmente “comoda” che, alla fine, anche se per certi versi risulta “vantaggiosa”, consente di non decideremai nulla.


on abituiamoci alla paura, a star male, invertiamo finalmente la rotta: il cambiamento, la “crescita” si trovano nella nostra gioia, vivacità, contentezza, curiosità, soddisfazione ... nel nostro 'DNA'; la passione ci fa conoscere il profumo della vita, ci orienta in ogni angolo del quotidiano, anche in quello più oscuro, dove comunque si può sempre trovare un colore speciale; è sempre possibile raggiungere un buon equilibrio e una forma di giustizia ragionevole in questa vita che, se vogliamo, può trasformarsi in un benefico e nutriente corso d'acqua calmo, tranquillo e scorrevole ... illuminare ogni anfratto del cuore, dove si può scrutare, da soli quando la situazione è leggera, con un aiuto qualificato invece quando le cose sono leggermente più serie e complicate. Ricorda, nessuno ha l'esclusiva della sofferenza … andiamo, puoi far meglio di così!


, così, piano piano, la battaglia esistenziale e i conflitti relazionali lentamente si fanno sempre più intensi e minacciosi; questo stato, allora, incapaci di esprimere pensieri ed emozioni, paradossalmente, si “combatte”, lo si “vince” isolandosi dal mondo intero, attraverso la rinuncia, prendendo le distanze da se stessi, riempiendo la mente di cianfrusaglie e assecondando sempre le voglie e i desideri altrui: unica strategia vitale per sopravvivere, per essere considerati e accettati … sentirsi, in qualche modo, narcisisticamente 'valorizzati', finalmente riconosciuti … ma per cosa? In questo mal - essere continuo pieno di precarietà affettiva e mortificazioni subite, l'unico modo di vivere possibile è di negare se stessi, ripiegarsi, genuflettersi, arrendersi, annullarsi, umiliarsi … mettersi di traverso; ogni cosa è inquinata da un doloroso passato, da una fusione simbiotica insana e da ferite ancora aperte non rimarginate che, cancellando il futuro, non solo annullano l'iniziativa e spengono ogni speranza, ma generano aggressività, rabbia e rancore. 

on si può pretendere che sia, di colpo, fatto a nostra misura, come tutti noi, diverso da come è, perché la sua vita si è ormai bloccata, stabilizzata sul non fare e lontana da ogni possibile “ragionevolezza”: non si veste più come un tempo, non mangia più con gusto e, soprattutto, ha spento il sorriso, non perché vuole fare il duro, ma semplicemente perché - attraverso i suoi occhi - vede intorno a se un mondo vuoto, grifagno, tenebroso ed ingannevole, solo pieno di sguardi biechi e brutti musi, tristezza e rifiuti … alcuni si sono già arresi da tempo, non lottano nemmeno più con il minimo fastidio che hanno dentro e fuori di loro, preferiscono indugiare, accompagnarlo per la sua strada, gestirlo assecondandolo. Un personaggio smarrito e confuso, senza alcuna speranza nel cassetto, incapace di spiegare a se stesso e agli altri perché sta male, e non riesce a consolarsinon riesce a farsi guidare dal cuore perché i suoi “motori interiori” non sono abituati a convivere con gesti premurosi, a condividere momenti carichi di dolcezza, e tanto meno allenati al senso di giustizia, a quel sentimento profondo di affetto, compassione e tenerezza (tutte cose che teme, ha giurato da tempo di non lasciarsi più influenzare dai manipolatori del cuore, ricascare in quei tranelli affettivi umilianti). Lo sappiamo un po' tutti per esperienza diretta che rivolgersi alla parte più intima di se stessi può risultare doloroso e fonte di ulteriore ansia, soprattutto per chi dalla vita ha subito ferite profonde che non si sono ancora rimarginate. Questa situazione si verifica, come più volte sottolineato, quasi sempre in seguito ad una sofferenza prolungata così violenta che il cervello emotivo (amigdala) e il cuore non funzionano più in sinergia o come dovrebbero muoversi naturalmente: in perfetta armonia. In queste condizioni il cuore e il cervello non sono più una bussola da seguire, ma una bandiera sfilacciata che sventola ininterrottamente nella tormenta … nel dramma emotivo. 


n questo modo sarà più facile sfuggire alla realtà quotidiana, ma più difficile avere una propria coscienza con contenuti originali e intelligenti, riconoscere i propri desideri, capire chi si è veramente, cosa si vuole realmente. Un individuo con una mente confusa e distratta, alla ricerca continua di compensazioni, di sublimazioni, di uno sguardo pieno di affetto, di tenerezza e di un amore sincero e genuino … avere una giusta riserva di calore per affrontare con grinta la vita, un tepore da poterlo poi spendere nel quotidiano senza il timore di restare improvvisamente a secco, attraverso rapporti maturi, gratificanti e felici; cercherà continuamente figure fantastiche, straordinarie e irrealistiche capaci di riempire il suo antico vuoto affettivo … purtroppo, con l'inutile.


essuna persona reale però sarà mai in grado di soddisfare il suo bisogno d'affetto, saziare la sua bramosia d'amore. Una pretesa esagerata che nasce da carenze infantili in cui il soggetto non ha nemmeno il sentore di ciò che gli sta accadendo se non attraverso una leggera sensazione vaga e confusa di gelosia, invidia, vendetta, rivalsa e riscatto … non ha avuto il tempo di imparare a volersi bene … non gli è stata data la possibilità di costruirsi, senza trucchi, un'affettività sana, verso se stesso e gli altri, mai offerto un calore genuino, un naturale, spontaneo e forte abbraccio


a esattamente che le offese sono passate, è perfettamente cosciente che la guerra affettiva ormai è finita, che le parole espresse solo con toni duri e freddi sono solo un incubo del passato, che l'abbandono subito è soltanto un ricordo, per quanto drammatico e atroce sia stato. Tutte cose che sa ma, purtroppo, non le sente, non riesce a toccarle … a godersele per ciò che sono realmente. Il depresso è alla ricerca continua di un “Tu” che gli possa inviare immagini rassicuranti, figure che possano dare un senso alla sua vita, rimuovere quel forte senso di ingiustizia, acquietare quel profondo tormento che lo dilania in ogni istante del giorno; “idoli” che dovrebbero illuminare ogni anfratto del suo cuore, ridimensionare la sua solitudine, riempire il suo vuoto interiore (vedasi più avanti introiezione e identificazione). Incomunicabilità, dolore, senso di vuoto, solitudine, estraneità del proprio corpo, rapporti conflittuali, ritiro degli interessi, lentezza nei movimenti, assenza di iniziativa, un impressionante mutacismo sono i veri ingredienti di questo quadro clinico; tutti i “melanconici”, indipendentemente dalla forma introiettiva (colpa) o anaclitica (dipendenza), in misura più o meno intensa, vivono questi stati d'animo. Ma in alcuni casi, purtroppo non così rari, il vivere travagliato porta a comportamenti lesivi ed autolesivi … anche se sono solo bisbigliati non devono mai essere ignorati, guai fingere o sottovalutarli.



uali che siano le circostanze particolari, la vita familiare cambia rapidamente, le emozioni oscillano tra due poli corpo - mente in maniera drammatica, i rapporti diventano complicati, difficili e carichi d'ansia; si crea un'atmosfera infuocata, tesa, soffocante, irrespirabile, insopportabile … un clima relazionale dominato da conflitti, accuse, incomprensione, impotenza e parole incandescenti … un'ondata violenta e ingestibile di frustrazioni, invidie, vergogne, gelosie e di rabbie solitarie. Alcuni familiari si mettono sulla difensiva, non pochi si preparano alla battaglia in assetto di guerra, altri affrontano tale situazione con un sentimento di rabbia, rancore e “poco” perdono, molti invece vivono il dramma colpevolizzandosi, si sentono vulnerabili, fragili, confusi, feriti e rifiutati. Questo disturbo non è certamente piacevole, ma può essere ancora più drammatico e doloroso per l'effetto che ha sui vari rapporti, sul modo con cui il soggetto si relaziona con gli altri. Questa modalità reattiva, infatti, si può manifestare nell'ambito familiare sotto forma di irritabilità, di ripiegamento su se stessi, isolamento e, soprattutto, attraverso aspettative distorte … tutto si fa confuso, deludente, pauroso e pericoloso. Problemi simili si riscontrano anche a livello affettivo, sociale, scolastico e lavorativo. Una sfida che mette a dura prova chiunque si presenti a tiro. 


estire l'ostilità silenziosa, questa profonda solitudine e incomunicabilità, far uscire questo grido soffocato, questa voce trattenuta, imprigionata nella gola, diventa difficile anche per il professionista più preparato, attento e sensibile. Il soggetto deve essere sempre, ma sempre, coinvolto nel lavoro terapeutico, nel processo decisionale, deve avere un ruolo attivo nel superare ogni eventuale riluttanza o diniego del trattamento; qualora non si verificasse tutto ciò e il rapporto terapeutico diventasse un campo di battaglia (critiche, diffidenza, sfiducia, sospetto) deve essere incoraggiato a trovare un altro specialista con cui possa sperimentare nuove sensazioni ed emozioni, aiutarlo a guardare dentro se stesso in maniera più tollerante ... garantirgli la massima clemenza ... aiutarlo a comprendere le reazioni del cuore escludendo il cervello cognitivo. 


i fronte ad una sofferenza mentale così complessa e delicata, il nucleo parentale viene messo continuamente a dura prova, è ripetutamente bersagliato da forti emozioni e da paure intense, l'equilibrio man mano che passa il tempo si fa sempre più incerto ed instabile: il clima emotivo familiare e le dinamiche relazionali ed affettive dividono, separano, disorientano, cambiano improvvisamente ogni cosa come se ci fosse un copione invisibile da recitare; ogni membro del gruppo - se non preparato - si sente impotente, frustrato e vulnerabile … il più delle volte responsabile e colpevole. Tuttavia, in ogni caso, avendo ben presente questo stato emotivo in tutte le sue sfumature più drammatiche è possibile agire con fermezza, affrontare e gestire la situazione in maniera non ostentata, ma decisa, più consapevole e, quindi, superare il momento critico più facilmente, offrendo un valido supporto relazionale leale e sincero.


l di là delle preziose conoscenze è sconsigliabile comunque mettere in campo iniziative avventate, attuare strategie isolate ed estemporanee su una situazione complessa, delicata, incerta, confusa e così importante a livello emotivo come questo quadro clinico … soprattutto formulare quelle paroline senza senso, sciocche, inutili e colpevolizzanti: “Ma cosa ti manca: hai una bella famiglia, un buon lavoro, un buon stipendio, tanti amici che ti vogliono bene, poi non dimenticare che molti stanno peggio di te … tutti hanno delle difficoltà; Ma cosa vuoi mai che sia: esci, divertiti, vai a fare shopping, muoviti vai in palestra … dai, vai fuori, stare con gli altri migliora tutto … guai sminuire la situazione o colpevolizzare; Smettila di piangerti addosso, devi essere forte; Se continui per questa strada prima o poi fai “sbandare” anche me ... mi fai star male; Basta una pillola e tutto ti sembrerà diverso … tutto brillerà di più (come la famosa canzone); Sei proprio un cocciuto, allora sei tu che non vuoi guarire”. 


ossiamo evitare queste etichette denigratorie e fare invece molto di più, iniziare bene con gesti veri e parole giuste: ascoltare (mai far finta … hanno antenne sensibilissime! … ingannare o imbrogliare non si fa mai del bene a se stessi e tanto meno agli altri), ridurre gli stimoli, evitare di riempirlo di troppe attenzioni, essere presenti ma guai sostituirsi a lui, cominciare piano piano a fare le cose insieme. Gestire da soli un problema d'emergenza come questo, soprattutto quando si è particolarmente coinvolti a livello affettivo può danneggiare o peggiorare la situazione; essere sì presenti, ma mai gestire in maniera superficiale ed impulsiva questo delicato dramma emotivo si rischia non solo di essere trascinati nel pantano depressivo e di cadere nella malattia mentale, ma di far aumentare le preoccupazioni, l'insicurezza e il disagio: cronicizzare … un disordine che porterà malessere a tutti e non farà altro che produrre rapporti pessimi e tesi. RICORDIAMOLO bene che quando si è tristi o travolti da tensioni emotive non è facile pensare ad altro, diventa difficile massimizzare gioia e piacere: mettere ordine a casa propria! 



a pretesa di riuscire a farcela da soli non solo è difficile, frustrante e stressante, ma può diventare un'impresa impossibile da realizzare nell'immediato, perché il soggetto, in questo stato, purtroppo, si sente fondamentalmente fuori luogo, 'malvagio', indifferente, inutile, responsabile di ogni cosa, ha perso completamente la fiducia in se stesso e negli altri, oltre ad aver smarrito la capacità di giudizio, una corretta percezione di sé e dei suoi reali desideri; nell'incertezza e nella confusione può rifiutarsi di far leva sulle sue poche risorse psicofisiche rimaste, di iniziare un trattamento con consapevolezza, impegnarsi in un serio percorso terapeutico o, al contrario, rallentarlo e, quindi, rafforzare ulteriormente la sua diffidenza e il suo diniego. Non tutto comunque è catastrofico, più cose i familiari conoscono e capiscono su questa condizione emotiva altamente complessa e, dal punto di vista nosografico, particolarmente classificata, più determinati e sicuri saranno nell'affrontarla. 
mpatia, affetto e sostegno possono sicuramente essere una preziosa guida, aiutare ad orientarsi nell'affrontare tale disperazione ma, purtroppo, mai risolutiva. E' sbagliato pensare che le dinamiche depressive, proprio per le sue complesse sfumature, infinita complessità e severa gravità, si possano modificare con un amore incondizionato e una comprensione totale nei confronti del soggetto; utile all'inizio ma insufficiente man mano che passa il tempo o la terapia procede (specialista inesperto)… dopo qualche mese entrano in campo dinamiche relazionali ed affettive molto complesse che solo chi ha esperienza può gestire o risolvere; il rischio maggiore è - nonostante questi ammirevoli sentimenti - di sentirsi demoralizzati, inadeguati, incompetenti e incapaci nell'affrontare il problema depressivo. 
nche per il professionista “troppa” accettazione ed “eccessiva” comprensione possono portare ad un atteggiamento passivo verso il depresso e, quindi, ostacolare alcune dinamiche nel processo terapeutico; lasciare al paziente mano libera di gestire la terapia come meglio crede è sbagliato, ma di grosso, perché senza il confronto, la discussione e il coinvolgimento non potrà mai scoprire, progettare e considerare qualcosa di diverso: una nuova esistenza e una nuova dignitàeludere resistenze e difese significa lasciarlo nella palude depressiva, in balia delle sue antiche ferite.


on qualsiasi tipo di “nemico” si abbia a che fare, non è saggio sferrare l'attacco tutto in un sol colpo. Si ricorda ancora una volta che la parte più difficile del processo psichico che porta a gestire il disagio emotivo consiste nell'ammettere che noi - niente e nessun altro - siamo la fonte dei nostri problemi … nel senso di come li percepiamo, li valutiamo e in che modo reagiamo ad essi. La ragione è molto semplice, non è difficile da comprendere: finché il disagio viene proiettato sull'ambiente circostante, al di fuori di se stessi, si avrà sempre un “buon” motivo per non affrontarlo. Fino a quando si sarà convinti che le cause della propria sofferenza è esterna a noi, tale disagio rimarrà al di fuori del proprio controllo. Fino a quando si ha la certezza che la responsabilità di tale malessere è di qualcun altro, quel soggetto “diabolico” continuerà ad avere piena supremazia su di noi … non solo canterà vittoria in ogni momento del quotidiano, ma avrà il controllo totale della nostra esistenza. Un altro aspetto fondamentale nel trattamento depressivo è quello di evitare il più possibile di sommergere il soggetto di complimenti esagerati e fuori luogo, formulare osservazioni positive non vere o nascondere i reali sentimenti negativi (“Ti trovo bene sai, hai una buona cera” … non è certo uno stupido, lui sa come stanno realmente le cose oppureCome va, come va? Dai, tutto ok, tutto ok”. Dire cose inutili, banali e non vere si disorienta, si colpevolizza ancora di più, si crea impotenza, rifiuto e sopratutto si rinforza ancora una volta il diniego): il soggetto si sente ingannato e non capito nella sua profonda sofferenza (se fosse in grado di muoversi con le sue stesse gambe ne farebbe sicuramente a meno di soffrire in quel modo). Non è certamente terapeutico e costruttivo insistere sempre che tutto è bello e che ogni cosa è buona … la vita non inizia mai con - anche per la persona più “sobria” - “C'era una volta nel paese delle meraviglie ...”.


on dimentichiamo mai che i disturbi emotivi, anche quelli meno seri, interferiscono quasi sempre con la capacità dell'individuo
di dare e di ricevere, di sentire ed esprimere i suoi sentimenti (amore, affetto … interessi, passioni, lavoro). Spiegare alcuni funzionamenti fisiologici, soprattutto quelli biochimici ed ormonali, informare direttamente il paziente, pertanto, in modo realistico circa il suo disturbo (senza pavoneggiarsi in lezioni o formule troppo erudite), non solo lo rende più fiducioso, si allevia la sua ansia, lo si aiuta a capire che non è responsabile del sua quadro clinico e che è ingiusto incolparsi per tutto, ma lo stimola anche ad aderire con più impegno alle metodiche terapeutiche proposte, fornendogli una nuova visione, un nuovo punto di vista diverso circa un possibile e più che probabile miglioramento; sottolineare, quindi, senza esagerazione, in maniera più che realistica, la possibilità di risoluzione del problema alle sue radici. Molto spesso chi ha avuto esperienze depressive in passato è più predisposto allo stesso tipo di reazione di fronte ad episodi negativi della vita … il conto volenti o nolenti se non ci si affretta a chiedere aiuto lo si deve pagare con tutti gli interessi. Quando si presentano i primi segnali di sofferenza è fondamentale che il vero quadro clinico depressivo non venga nascosto. Si tratta infatti di un disturbo progressivo: se non viene trattano con attenzione, pazienza e nel modo specifico, nella maggior parte dei casi si ripresenta in una forma ancor più virulenta rispetto alla condizione precedente ... si manifesta con accresciuta frequenza e intensità come qualsiasi altra dipendenza umana (alcolismo, droga, farmaci). Abbiamo sempre a che fare con atteggiamenti ed abitudini che impediscono di godere appieno la salute in maniera ottimale; il tutto - attraverso un repentino cambiamento biochimico - aumenta in maniera esagerata ... il rischio maggiore dunque è quello di ammalarsi. Di fronte ad uno scontro relazionale o durante un conflitto emotivo, infatti, si rilasciano sostanze chimiche che aumentano profondamente lo stress e il metabolismo; in tale frangente potrebbe rendersi necessario riequilibrare la chimica cerebrale in modo più deciso. E' un cancro dell'umore, che può privare ogni essere umano degli aspetti positivi della vita e distruggerlo lentamente peggio di molte malattie fisiche. Non bisogna sottovalutare che il senso di impotenza - caratteristica depressiva - agisce negativamente sulle difese immunitarie. L'atteggiamento verso la vita può rappresentare la differenza tra la depressione e il potenziamento del sistema immunitario: legame diretto tra il sistema nervoso e quello immunitario. Nelle cellule immunitarie esistono recettori per le sostanze chimiche prodotte dal cervello, una chimica che è associata a specifici stati d'umore, ciò significa che esiste un profondo legame biochimico tra emozioni ed immunità. La sensazione o la convinzione più esattamente di poter tenere sotto controllo un episodio, una determinata situazione migliora effettivamente l'azione del sistema immunitario.


n realtà, la sensazione di gestire brillantemente una situazione offre il vantaggio di vedere o meglio interpretare come stimolanti momenti della vita altrimenti vissuti in maniera catastrofica … in balia dello stress. Anche la depressione ricordiamolo è, nel suo genere, un'energia che entra nella mente per liberarla dalle impurità, dalle scorie da una vita banale, per certi versi sbagliata, prima che succeda l'irreparabile (la follia); non è un evento esterno che ci aggredisce inspiegabilmente, è la campana del nostro campanile interiore che ci segnala che noi non utilizziamo correttamente le nostre potenzialità e, di conseguenza, ci stiamo spegnendo … annullando completamente. Il nostro cervello non è programmato per vivere nella routine, nell'abitudine, nella noia, ma ama decisamente il nuovo, godersi appieno le avventure, cambiare continuamente visione del mondo intero, avere prospettive diverse, stanare l'imprevisto, essere coinvolto nella sorpresa, in un forte stupore … la vita è sempre una grande sorpresa; solo in questo modo la nostra “centralina” può secernere le sostanze che ci danno forza e la vera felicità.


o stato depressivo cerca, a modo suo, di ripulire il cervello dalle cianfrusaglie inutili, da tutte quelle cose che pietrificano il tessuto cerebrale: abitudini, pensieri fissi, incertezze, dubbi e manie che immobilizzano completamente ogni gesto e voglia di fare. Il depresso ha sempre bisogno di rapporti genuini, di un raggio di sole che sciolga lentamente la sua rabbia … la sua malinconia. Un calore schietto e spontaneo che lo renda più cedevole e, soprattutto, lo prepari ad affrontare con serenità il nuovo … l'imprevisto. Per aiutare a capovolgere la situazione da negativa a positiva non bisogna farsi mancare un buon programma di attività fisica tranquilla; il tutto rende più forti e resistenti, potenzia la capacità di reagire a situazioni di tensione, migliora l'umore, mitiga stress e depressione e, quindi, rafforza indirettamente l'attività del sistema immunitario. L'attività fisica modifica la chimica cerebrale. Una mezz'ora al giorno di esercizio moderato (non è necessario sottoporsi a sforzi intensi ed eccessivi … lo sport deve essere sempre un grande amico) stimola il cervello a secernere i famosi ormoni dell'umore (beta – endorfine), che eliminano la depressione, creano sensazioni di benessere e di ottimismo. Coloro che hanno un comportamento attivo, non esagerato, presentano livelli minori di depressione, di ansia e livelli più elevati di supporto sociale e, soprattutto, si sentono meglio. I passi fondamentali per raggiungere il proprio benessere consiste proprio nel riconoscere i segnali di allarme, nell'ammettere che si sta soffrendo e nel cercare aiuto. Molte persone sono ancora convinte che rivolgersi agli “altri” per farsi aiutare sia un segno di profonda debolezza (quelli “buoni” ovviamente non i 'saccenti', il saputello: tutti bene o male ne conosciamo uno… pronti ad elargire favori smisurati, aiuti eccessivi e dare consigli inutili per sentirsi migliori o superiori). Non si dimostra mai debole chi cerca di prevenire un disagio curabile prima che si aggravi troppo, anzi, è invece encomiabile, dà sempre prova di grande sensibilità, di attenzione e di saggezzadi avere un buon rapporto con il suo corpo, la realtà e il mondo intero.

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onoscere tale sofferenza anche nella sua forma più “bizzarra” sarà, invece, fondamentale al professionista per mettere in atto un programma terapeutico specifico e, soprattutto, superare le fastidiose ed improduttive resistenze iniziali; valutare immediatamente la gravità del caso, allontanare la sfiducia nelle possibilità terapeutiche e attivare il prima possibile la forma di terapia più idonea. Riconoscere in maniera chiara la sindrome depressiva e la sua precisa evoluzione in soggetti che presentano frequenti lamentele somatiche piuttosto che psicologiche è il primo passo da fare; guai non comprendere a fondo le varie manifestazioni del fenomeno “depressivo mascherato” o lasciarlo in sospeso per momenti 'migliori'; per capire in profondità le cause o la gravità della situazione è necessario esaminare, sempre, in ogni caso, ciascuno dei potenziali “responsabili”. Bisogna stabilire se i sintomi derivano da una malattia fisica (disfunzioni organiche, farmaci, alcol, problemi tiroidei, diabete, tumore), da un disturbo di personalità oppure insorgono in risposta ad una perdita, a eventi della vita quotidiana o a fattori sociali stressanti (lutti, abbandoni, conflitti, separazioni).


ualsiasi manifestazione fisica può provocare allarmanti stati d'ansia oppure tratti depressivi invalidanti ben marcati. Si tratta di una reazione più che naturale. Quando la malattia viene diagnosticata e trattata nel modo appropriato, lo stato emotivo connesso, quasi d'incanto, diminuisce di intensità o più semplicemente scompare. Manifestazioni ansiogene e depressive, infatti, possono segnalare o esprimere certe condizioni patologiche organiche, mentre una neoplasia, una malattia del sistema endocrino, digerente o respiratorio, ma anche l'abuso di sostanze chimiche, possono simulare un disturbo mentale. Ogni stato emotivo racchiude in sé una varietà di quadri clinici con infinite modalità espressive e reattive … un fenomeno che investe sia la sfera fisica sia la sfera psichica dell'individuo. Il corpo viene influenzato anche dal modo di pensare, dalle emozioni e dalla qualità dei rapporti interpersonali. Il modo di parlare a se stessi - e le abitudini con cui si struttura il proprio mondo circostante - ha un forte peso sull'umore, sugli atteggiamenti e sul comportamento. In generale, come abbiamo già visto e più avanti sottolineeremo in maniera ancora più dettagliata, coloro che hanno problemi emotivi tendono a comunicare con se stessi in modo fallace, confuso e ansioso. 

l concentrarsi continuamente su anticipazioni pessimistiche e irreali (attività molto comune nel depresso) contribuisce, senza ombra di dubbio, ad alimentare il malessere emotivo … sia ansioso sia depressivo. Passare da un'anticipazione catastrofica all'altra, trascurando la realtà, scatena malinconia, malumore, agitazione, irrequietezza e ansia. Queste influenze invisibili non finiscono lì, ma vengono trasformate immediatamente in risposte fisiche e chimiche: non mancano mai ormoni e sostanze chimiche cerebrali chiamate neurotrasmettitori coinvolti in tali processi. Questo cambiamento biochimico determina la produzione di sostanze ormonali, quali il cortisolo (apre i passaggi bronchiali, favorendo la respirazione), le encefaline e le endorfine (abbassano la soglia del dolore) e l'adrenalina (accelera il metabolismo, la respirazione e il consumo di energia). Si ricorda che la reazione dell'organismo in risposta a stimoli esterni (stress), se prolungata e immotivata, può dar luogo ad effetti psicosomatici piuttosto complessi, ma sempre negativi e seri.


uando si pensa agli effetti dello stress sulle reazioni chimiche, ormonali e sulla salute bisogna però fare sempre una breve distinzione tra momento di disagio in cui tutto diventa minaccioso (distress) e forma positiva, quando si affronta la vita con entusiasmo (eustress). Possono diventare fenomeni di stress negativi, ad esempio, l'entrata nel mondo del lavoro, la malattia, avere poco tempo a disposizione per divertirsi, vita familiare, la nascita di un figlio, il bungy jumping; se queste situazioni sono fonte di gioia e di soddisfazione o rappresentano una sfida per il soggetto in maniera entusiasmante, determinano una reazione piacevole e positiva (eustress); se, invece, sono vissute come una minaccia, un pericolo o una frustrazione, creano uno stato di ansia e di angoscia profonda (distress)


livello generale sembra che il secondo modo di reagire - se si protrae per troppo tempo - danneggi la funzione dei linfociti (distress), mentre è stato dimostrato che lo stress buono (eustress) può migliorare l'attività immunitaria. Perciò il buon uso dello stress dipende sempre sì dallo stimolo specifico ma soprattutto da come si reagisce ad esso: conoscerlo è importante per prendere le dovute distanze o gestirlo in modo più vantaggioso possibile. Le situazioni di stress, dipendono sempre da soggetto a soggetto. Una persona, infatti, può vedere un fenomeno difficile, in casa o sul lavoro, come un'opportunità positiva: un'occasione straordinaria che permette di incontrare persone nuove, raggiungere un obiettivo gratificante e, soprattutto, avere l'opportunità di mettere a frutto le proprie conoscenze, capacità e creatività ... il proprio talento con passione ed entusiasmo. Un personaggio quindi aperto, disponibile a gettarsi nella mischia e, nonostante le difficoltà che incontrerà, sarà stimolato, contento, soddisfatto nell'affrontare le sfide della vita lotterà in modo costruttivo e con piena soddisfazione. Si sentirà libero di esprimere se stesso, di affrontare sfide, di correre rischi, di raggiungere traguardi ambiziosi e di allargare l'orizzonte del suo talento, della sua creatività. Sarà sicuramente più forte nel gestire le difficoltà e potrà esercitare un controllo che, come abbiamo appena visto, può aumentare la reazione immunitaria. Al contrario, un altro individuo - il suo opposto - può individuare in una semplice e banale difficoltà una minaccia alla propria salute o vita sentire, anticipando la situazione non del tutto realistica, l'impulso di fare dietrofront, di ritirarsi, mettersi al riparo, allarmandosi di quel che potrebbe accadere. In un certo senso è convinto di avere poche probabilità di controllare la situazione in atto. Questo, ovviamente, influisce sulla convinzione dei risultati; sulla qualità del suo impegno, dei suoi sforzi, sia nella vita privata sia nel lavoro, e indubbiamente influirà sul suo modo di affermarsi a livello sociale e sul suo futuro. Ma cosa più drammatica è che “peserà” profondamente sulla qualità della sua vita. La conseguenza diretta è una depressione dell'attività del sistema immunitario. Tra due persone che si trovano ad affrontare la stessa situazione, una può trovarla stimolante, l'altra deprimente. In altre parole, sarà il nostro modo di reagire, il nostro atteggiamento a rendere una situazione positiva o negativa. Di fronte ad una sollecitazione esterna, ad esempio un pericolo improvviso (interpretato come ...), l'organismo allarmato reagisce aumentando la produzione di alcune sostanze ormonali: adrenalina e cortisolo.


uesti ormoni modificano la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, il metabolismo e l'attività neuromuscolare, allo scopo di migliorare le prestazioni complessive dell'individuo. Questa risposta fisiologica può diventare patologica se lo stress è prolungato o causato da un evento non modificabile di alto impatto emotivo (reale o non reale determina ugualmente un cambiamento). Uno stress prolungato o eccessivo può dar luogo a sintomi mentali e fisici, quali ansia e depressione, palpitazioni, dolore e indolenzimento dei muscoli. 


sintomi, trasformati in somatizzazioni, generano alterazioni del sistema neurovegetativo, di quello immunitario e del metabolismo. La stress quindi è sempre in relazione con l'aumento del rischio di insorgenza di patologie come l'infarto, l'ulcera e alcuni tumori. E' stato dimostrato che in soggetti gravemente depressi i livelli di cortisolo (ormone prodotto dalle ghiandole surrenali) sono doppi rispetto a quelli in soggetti non depressi e che tale ormone torna normale dopo la “guarigione”. Tuttavia, in alcuni casi di depressione il valore potrebbe essere basso. Il motivo potrebbe essere una depressione più persistente o addirittura cronica, anche se meno grave, associata a sensazioni di spossatezza e disperazione.


l cortisolo è indice di una generica reazione allo stress e qualsiasi tipo di 'pressione' ne aumenterà i livelli. Al contrario della serotonina non indica perciò necessariamente l'esistenza di una depressione. Questo significa che il livello di cortisolo potrebbe essere alto perché si è depressi, o a causa di altri gravi problemi esistenziali. Potrebbe essere alto perché si è in attesa di un intervento chirurgico o perché è appena cominciato un nuovo lavoro in cui si prevedono molte responsabilità. Gravi disturbi mentali comunque come la depressione producono livelli di cortisolo più elevati, persino più alti che nel caso di un tumore alla ghiandola surrenale. Questa situazione biochimica è dunque un'ulteriore dimostrazione di quanto la “mente” e il “corpo” siano inseparabili. Teniamo presente che le sofferenze spirituali non solo coinvolgono sensazioni di tristezza, il desiderio di vendetta, disperazione, ostilità, depressione e frustrazione, ma accompagnano anche i dolori fisici cronici. Più i dolori si prolungano nel tempo, più diventano intensi. Molti dolori sono di natura psicogena, cioè non hanno una radice fisica: il dolore allora prende forma nella mente, nel senso che essa utilizza la sensazione dolorosa come strumento per segnalare una disarmonia … per stimolare a comprendere i vari atteggiamenti al fine di operare un cambiamento profondo alla propria vita.


uello che si mette dentro è anche quello che si ottiene: siamo quello che crediamo di essere. Quindi attenti a quel che si pensa! Si possono evitare situazioni o persone, ma non si può sfuggire ai propri pensieri. Se si permetterà loro di essere sempre negativi, si sarà sempre propensi ad avere sentimenti, opinioni e atteggiamenti catastrofici. Pensare in modo libero e “realistico” può creare una sensazione di benessere e di aspettativa fiduciosa. Quello che diciamo direttamente a noi stessi con i nostri pensieri può cambiare radicalmente la qualità della nostra vita. I pensieri spazzatura o le immagini che si considerano irrazionali producono sempre ansia, tristezza e collera. E' importante cominciare ad esaminare certi tarli mentali, come ci si sente e come ci si comporta quando si fanno questi pensieri fissi ed invadenti: che genere di emozioni e di sensazioni provocano dentro. La ristrutturazione cognitiva non tarderà a darci una mano: permetterà di rimpiazzare tali modi di pensare con contenuti creativi e decisamente più costruttivi. 

on è importante solo quello che diciamo a noi stessi ma anche agli altri. Quasi tutti, infatti, ne risentiamo in qualche modo dell'ospite indesiderato, della “prima signora” (first lady), del compagno di ghiaccio, di certe persone 'tossiche' che sfidano ogni logica, di tutti coloro non certo a modo e non del tutto sulla nostra lunghezza d'onda. Le persone invadenti, impiccione, curiose con cui si entra in relazione - non essendo in grado di neutralizzarle - influenzano sempre, nel bene o nel male, se non proprio la qualità della nostra vita, i nostri pensieri e le nostre scelte. Il rapporto con persone “tranquille” ci insegna ad essere “rilassati” ed allegri; quello con persone negative, invece, oltre a condizionarci e disorientarci, ci rende negativi ed aggressivi. E' sempre utile decidere in tempo, con lucidità, che cosa si vuole dalla vita e, soprattutto, scegliere la compagnia che fa più per noi. Non dobbiamo dimenticare che le nostre convinzioni si sono formate molto, ma molto tempo fa.

uando veniamo al mondo riusciamo ad orientarci nell'ambiente solo ed esclusivamente con l'aiuto delle figure di riferimento che “troviamo” al nostro fianco. Il cervello è come una spugna: prende alla lettera tutto ciò che gli viene proposto anche se non è reale, ma attenzione fortunatamente tale organizzazione non è un fenomeno genetico, e quindi immodificabile, si può - da adulti - sempre aggiustare le cose, rendere ogni pianificazione il più vantaggiosa possibile … creare una vita più entusiasmante, leggera e felice. Se ad esempio ci hanno insegnato che siamo inutili e perdenti, il nostro destino è quello di organizzare le cose con incertezza, poca convinzione e nessuna determinazione … da perdenti appunto. In breve, significa che questa “incapacità” di agire è stata appresa in tutte le sue forme possibili. Annullare tale convinzione comunque - con le mosse giuste - non è mai troppo tardi … solo uscendo dal suo ripiegamento interiore l'adolescente diventerà adulto; è possibile scoprire che non siamo solo quelli che ci hanno voluto far credere, ma saremo anche sorpresi e felici nel sapere di avere ancora dentro di noi tante preziose risorse, tantissime cose buone da dare – ricevere ... amare senza condizioni, in maniera libera e spontanea … non mendicare più quello che ci spetta di diritto!

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na diagnosi corretta, ben fatta, da parte di un professionista esperto e qualificato porta, in ogni caso, ad una serie di vantaggi importanti: permette di pianificare velocemente un approccio terapeutico in modo chiaro e preciso, fa aumentare la possibilità di guarigione e, soprattutto, riduce la probabilità di fuga dal trattamento in modo prematuro. Se non ci si trova da subito sulla stessa lunghezza d'onda è bene suggerire al paziente di sintonizzarsi su altre “frequenze” più vantaggiose per il suo quadro clinico; il rischio maggiore è quello di perdere tempo, creare un rapporto superficiale, un ambiente diffidente e sospettoso non utile per l'intervento terapeutico.


n breve, si deve attivare un programma terapeutico guidato dal buon senso, discreta umanità e tanta, tanta professionalità; caratterizzato da un atteggiamento sinceramente amichevole, interessato, coinvolgente e non giudicante, mai spinto da una tecnica di lettura estemporanea, da improvvisazioni e pressapochismo. Mossi da conoscenze specifiche, nonché supportati da umiltà (consapevolezza delle proprie risorse e capacità), sincerità e rispetto si evita di commettere fin dall'inizio “sciocchezze” terapeutiche verso chi è già confuso e soffre le pene dell'inferno, ma soprattutto, in tal modo, si allontana una dannosa, fastidiosa e pericolosa cronicità; una relazione messa in piedi in un'atmosfera di accettazione, rispetto e comprensione, con tono sincero ed affidabile favorisce sempre buoni risultati, se non l'uscita totale dal pantano depressivo. Non sempre, comunque - mettiamoci il cuore in pace - una puntuale e attenta empatia o un atteggiamento sensibile sono sufficienti a gestire situazioni depressive importanti. I disturbi depressivi attualmente sono fra le malattie più diffuse. Si calcola ad esempio che nei prossimi decenni il 70% della popolazione, adulta e non, vada incontro ad episodi depressivi piuttosto seri.


ran parte comunque dei depressi, attualmente, non sono censiti, trattati o riconosciuti come tali (depressione mascherata); un fenomeno emergente che coinvolge nuove fasce di popolazione: non più casalinghe, ma adolescenti, disoccupati, pensionati e anziani. Anche un approccio generico ed eccessivi desideri salvifici, troppo invadenti ed insistenti, non sempre sono utili e vantaggiosi, anzi, a volte un'esagerata atmosfera di accettazione, un eccesso di attenzione non solo può distruggere solidi rapporti familiari, ostacolare il cambiamento e nuocere il processo terapeutico, ma trattenere il soggetto nella palude depressiva per sempre (cronicizzare); non è sufficiente sdrammatizzare uno stato emotivo di questa portata con un sorriso o con una botta sulla spalla, occorre recuperare il vero senso dell'etica, una buona dose di pazienza e sapersi muovere in questo difficile labirinto della mente stretto, gelido e oscuro con grande serietà, sapienza, ed esperienza perché chi soffre, essendo perennemente alle prese con disistima, incertezze e dubbi, scova immediatamente - anche se in buona fede - l'adulatore, l'impostore o il birbaccione di turno che cerca di sollevarlo con qualche giro di mestolo ... magari mettendo in serio pericolo l'equilibrio psicologico e anni di duro lavoro.


li adulatori spesso sono i peggiori di tutti gli “amici” non hanno dignità e fanno perdere anche quella degli altri … bisogna lasciarli perdere. Non funziona proprio così! L'amore da solo non basta! Una cosa è l'amore, un'altra è il vero rispetto. Per aiutare veramente chi soffre occorre sempre saper mettere in atto - a prescindere dal ruolo e situazione - progetti terapeutici individuali o di gruppo ben strutturati e specifici! Bisogna sempre rivolgersi a chi ha maggiore probabilità di offrire un valido aiuto … non perché è il più bravo del reame, ma semplicemente per la sua formazione e, soprattutto, per la sua personalità idonea ad agire positivamente su quel quadro clinico … per l'esperienza accumulata in quel particolare disturbo. 


i deve inoltre spiegare puntualmente al paziente con problemi emotivi - in cui nel suo disagio spesso è assente un'affezione organica e quindi si deve attivare un trattamento attraverso strumenti psicologici e non direttamente organici - che con quella scelta terapeutica non significa negargli assolutamente il bisogno di una buona terapia: anche se è solo ansioso una certa ragione ci sarà sicuramente. La scelta migliore in certi casi gravi è sempre il trattamento combinato: terapia farmacologica e terapia psicoterapia. Il pericolo maggiore, per alcuni soggetti, infatti, quando non c'è una prescrizione “oggettiva”, sarà appunto quello di sentirsi delusi, non considerati, accettati e, quindi, cercare inutilmente un professionista più compiacente o più, a loro dire, attento, comprensivo.



isogna spiegare attentamente che la psicoterapia non ha niente a che fare con le fattucchiere, con quella forma di conforto che può dare chiunque, con la semplice suggestione o con l'effetto placebo; essa è una precisa metodica terapeutica scientifica ampiamente collaudata che stimola l'individuo, senza nessuna forzatura e nel massimo rispetto della sua natura, a cercare soluzioni più vantaggiose, rafforzare i rapporti con se stesso e gli altri ma, soprattutto, a comprendere le sue reali risorse. La psicoterapia è prima di tutto una modalità relazionale, un dialogo tra pari, tra due colloquianti che hanno compiti e ruoli diversi ma di uguale importanza; il paziente deve comprendere che ognuno di noi può trovarsi in una fase di stallo apparentemente senza ragione, ma che alla fine, con le mosse giuste, è in grado di superare ogni ostacolo della vita, scoprire come sfruttare al meglio il proprio talento, come vivere in modo più creativo e profondo la sua esistenza … e questo può avvenire solo se si è sulla stessa lunghezza d'onda, ci si impegna a riprendersi il controllo della vita; strumenti “verbali” che mirano a portare un equilibrio ormonale, rafforzare l'autostima, potenziare il senso di padronanza, una maggiore capacità e una giusta competenza nel dare e nel ricevere ogni cose: una buona gestione dei propri impulsi e sentimenti

'obiettivo di questo strumento terapeutico è rivolto a fare chiarezza su quanto accade nel tempo presente, insegnare alcune metodiche psicosomatiche per gestire le fasi acute della crisi, fornire inoltre gli strumenti per rielaborare e gestire in modo vantaggioso tutte le ferite del passato ... affrontare il futuro in modo più sicuro e sereno. La psicoterapia inoltre si avvale di uno strumento non verbale chiamato transfert. Il transfert è un rapporto speciale tra professionista e paziente, che si sviluppa durante un momento particolare del trattamento. Nel transfert il soggetto rivive come presenti situazioni infantili che sono all'origine dei suoi conflitti. I sentimenti di amore o di odio che aveva provati allora si trasferiscono sulla persona del professionista. Il successo della “cura” dipende dal modo con cui il professionista affronta e gestisce il transfert. Il fenomeno del transfert, comunque, è osservabile in moltissime situazioni o rapporti sociali o lavorativi … non necessariamente si manifesta solo nell'attività terapeutica (ecco perché nel quotidiano quello ci piace o non ci piace, ci appare simpatico o antipatico, sensibile o insensibile, arrogante o umile ...).   


gni rapporto professionale, lavorativo, scolastico, sociale, può essere infatti studiato in termini di transfert. Il transfert che si sviluppa tra malato e professionista ha di particolare, prima di tutto, una straordinaria intensità, e può essere estremamente aggressivo (una modalità relazionale che si manifesta attraverso la critica, la diffidenza, la gelosia, di non essere considerati, amati, si è convinti che tutti ci trascurano, ci escludono da ogni cosa anche la più banale ... il tutto è la conseguenza di problemi infantili non risolti che si rivivono nel tempo presente nei vari rapporti). Il transfert come relazione fondamentale che regola i rapporti tra paziente e professionista, ha una doppia funzione: è l'ostacolo più importante al ritorno degli elementi rimossi, a riprodurre le relazioni del passato, che il paziente ha vissuto nell'infanzia con le figure di riferimento. La resistenza che compare con lui è il segnale dell'esistenza di un conflitto che bisogna mettere in luce per portare il soggetto alla guarigione. Ma è anche il supporto delle proiezioni del paziente, che riuscirà a rivivere in tutta la loro intensità drammatica i conflitti e le inibizioni che hanno segnato il suo passato. Per questo è il più potente strumento terapeutico. E' compito del professionista dominare il transfert, servirsene e poi distruggerlo. La cosa però non è così semplice: esiste anche un contro – transfert. Con questo termine si indicano le complesse reazioni inconsce del professionista nei confronti del paziente … che gli riattiva i suoi conflitti. E' necessario quindi che prima che si sviluppi questo rapporto fantasmatico, chiave di volta del rapporto tra professionista e paziente, il professionista risolva i suoi disagi emotivi.

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iassumendo, possiamo dire che il transfert è un tipo di rapporto particolare che si stabilisce nel corso della cura tra il professionista e il paziente, e mediante il quale quest'ultimo rivive con il dialogo a due alcune emozioni dell'infanzia. Ogni relazione è affrontata da ogni persona come un'evocazione ed una ripetizione di una situazione passata. Proietta sul professionista gli affetti che erano fino ad allora inconsci (su qualsiasi interlocutore o cosa … colleghi, amici, partner, insegnante, lavoro, studio … e, così, per compensare le nostre carenze o i vari eccessi di natura emotiva, senza neppure conoscere il perché, andiamo alla ricerca di compagni di viaggio speciali, insignificanti, dominanti, dipendenti, semplici, complicati, intelligenti, ottusi, attenti, distratti, altruisti, egoisti, traditori, leali, banali, incantatori, amorevoli, aggressivi, buoni, cattivi, sicuri, insicuri, sensibili, arroganti, estroversi, introversi, protettivi, caldi, freddi … depressi).


l transfert può essere positivo, ed allora abbiamo dei sentimenti di amore e di stima verso il professionista, si manifesta con un abbandono fiducioso, una profonda ammirazione, una entusiastica amicizia e, in alcuni casi, un attaccamento amoroso verso di lui; può essere negativo, tale da spingere il soggetto a fuggire il rapporto o la terapia, ad avere nei confronti dell'altro una certa aggressività, sia spontaneamente per ragioni che meriterebbero di essere chiarite, sia più semplicemente a seguito di una eventuale mancanza di “sensibilità”, che fa in qualche modo rinchiudere il soggetto nel proprio “guscio”; può far sorgere non solo un odio profondo e diffidenza verso un professionista, ma anche annullarlo, squalificarlo completamente (non piace più, non vale nulla, non è più quello di un tempo... ha tutti i difetti del mondo).
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D'altra parte, il transfert soprattutto negativo può estendersi dal singolo al gruppo, dallo studente alla scuola, dal medico alla medicina, dal lavoratore all'imprenditore. Si resta spesso sorpresi di fronte all'ostilità o al disprezzo di individui ben scolarizzati ed intelligenti e, quindi, con un buon equilibrio cognitivo che criticano in blocco e senza avere uno sguardo complessivo e generale del rapporto o della situazione. Humour e ironia, aggiungiamo anche squalifica, - forme superiori, ben controllate e ben camuffate dall'aggressività - sono in realtà una forma di difesa ben nota contro una forza alla quale si è costretti a “sottomettersi” e che non si osa attaccare frontalmente. 

on possiamo sfuggire. Il contatto affettivo è proprio di ogni relazione umana: portiamo in campo quello che abbiamo imparato, quello che sappiamo fare e dare. Il contatto è avvertito da entrambi: sia chi agisce sia chi subisce. Ognuno di noi può essere immediatamente buono o cattivo, reticente o spontaneo. Alcuni irritano sordamente o vanno subito a genio al loro interlocutore. La sfiducia o la fiducia non si possono simulare. L'emozione o l'imbarazzo rendono più o meno facile qualsiasi rapporto. Il seguito potrà, se ben gestito, confermare o modificare questo primo legame. Una delle maggiori difficoltà della cura “verbale” è appunto il modo di usare e successivamente eliminare questo straordinario rapporto affettivo … sentimenti riattivati, messi in atto in quel preciso, unico, singolare rapporto. Una relazione costantemente positiva nel lavoro terapeutico può ostacolare una rievocazione di fantasie e conflitti del passato. Quando il transfert non viene eliminato, il soggetto rimane in un rapporto di dipendenza infantile nei confronti del professionista. Riattivando il passato, il transfert crea una situazione nuova, attuale, una sfera intermediaria tra la malattia e la vita reale. Se si risponde ad ogni slancio del paziente non si farà altro che bloccare sulla persona del professionista le forze che cominciano a liberarsi.


ueste forze devono invece essere indirizzate alla vita reale … sui legami esistenti e sull'ambiente circostante, sperimentare liberamente sensazioni e sentimenti; il soggetto, avendo l'opportunità di esprimere spontaneamente il suo stato d'animo, in un ambiente controllato come quello che avviene nel setting terapeutico (banco di prova), può rendersi conto che non ci sono pericoli affettivi, che non rischia di inciampare in qualche tranello del passato, che non avrà a che fare mai più con certi squallidi ricatti e inganni, che non sbatterà contro nessuna delusione, che non ha assolutamente nulla da temere, che non c'è nessun azzardo nell'esprimere il proprio mondo affettivo e, quindi, potrà cominciare a viverlo liberamente nel suo ambiente reale
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l professionista quindi deve rimanere distaccato, sia fisicamente sia mentalmente, non rifiutare i sentimenti del paziente, ma neppure assecondarli eccessivamente. Se può essere vinto il principio di piacere (ricerca istintiva e continua del piacere), se il paziente riesce a rinunciare ad una soddisfazione immediata per un appagamento più lontano, differito nel tempo, se il trattamento può proseguire in uno stato di leggera frustrazione e di ragionevole “astinenza”, si potrà allora ottenere la risoluzione dei vari problemi emotivi. Il transfert può essere vissuto, per alcuni specialisti, come una resistenza. La resistenza è tutto quanto si oppone, in parole o atti, alla continuazione della cura e allo sconfinamento dell'analisi nel serbatoio dell'inconscio. Se il transfert appare come una resistenza, è perché sostituisce al ricordare conversando, alla associazione delle idee, una ripetizione del fatto vissuto inconsciamente.


itornando nuovamente alla descrizione dello stato depressivo possiamo dire che questo caos emotivo spesso può essere confuso non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dai familiari più comprensivi e, soprattutto, può risultare estraneo, assolutamente non sentito o non interpretato nella sua reale gravità dai diretti interessati ... non riconosciuto completamente da chi lo vive direttamente; chi è alle prese con una tristezza invincibile, una perdita generalizzata della vitalità e lotta contro questo gelido ed oscuro modo di vedere e interpretare le cose, sia interne sia esterne a lui, sa perfettamente cosa intendo dire. Un fenomeno depressivo definisce il reale stato dell'umore: riguarda il fantastico mondo delle emozioni, a volte in eccesso a volte in difetto.


seconda dello scontro - incontro con se stessi e gli altri è possibile sperimentare apatia, euforia, vergogna, invidia, rabbia e ansia. Le persone soffrono di ansia quando sono “convinte” che qualcosa di drammatico o negativo possa accadere loro in futuro. Ma perché essere ansiosi per qualcosa che può non accadere mai? E' fondamentale, quindi, essere presenti a se stessi (sentire, conoscere attraverso i sensi), concentrare i pensieri sul presente, non sul futuro. Il futuro può non arrivare mai, ma il presente è sempre qui, a portata di mano, e deve essere vissuto nella sua pienezza: rispetta sempre in tempo reale il nostro metabolismo. Questo anche quando si è malati; se sei alle prese con una seria patologia conclamata, solo col “pensiero magico” la puoi “confondere” o “annullare”; opporsi - non potendo risolvere la situazione - significa creare ulteriore squilibrio psicosomatico … le risorse fisiologiche rimaste vanno utilizzare per ricostruire, rivitalizzare l'intero organismo. 


ssere ansiosi significa anche perdere ciò che sta succedendo nel presente. In quel momento, quindi, si sta negando l'esistenza. Vivere il presente, godersi la vita come si presenta non è facile ma con le mosse giuste, con l'allenamento la cosa è possibile, il momento e il luogo che si sta vivendo sono gli elementi più importanti, perché è quella la vera esistenza, la realtà … è quello che sta accadendo in tutti i suoi aspetti sia positivi sia negativi … rispettare e vivere bene il tempo presente - non essendo in continua attesa o bloccati da cianfrusaglie mentali - ci permette di non produrre inutilmente i vari ormoni, e, quindi creare un ulteriore squilibrio biochimico. Al di là della gravità, affrontare le cose con più difese, in maniera più ottimale e con maggiori risorse fisiologiche è sempre la cosa migliore.


e ciò non si realizza, il “destino” è segnato: si crea una drammatica chiusura in se stessi e nei confronti del mondo circostante; una perdita di interesse per ogni attività e passatempi, sentirsi come in un sogno: estranei nel proprio corpo; il tutto accompagnato da un rallentamento dell'attività, scoraggiamento e un senso di incapacità a svolgere anche il compito più banale, un'indecisione cronica e un calo dell'umore perlopiù persistente ... con il cuore sanguinante, spento, relegato nello scantinato buio delle emozioni, si rimane completamente impigliati nelle ragnatele affettive ... tutto diventa opaco, nessun sorriso e piacere, la vita sessuale è oramai un lontano ricordo. Un soggetto caratterizzato dal fatto che comincia qualsiasi cosa con entusiasmo ma perde rapidamente interesse. Un personaggio che si sente sempre fuori posto, che si lamenta continuamente di essere cattivo e lussurioso: avido, egoista, orgoglioso, vanitoso, geloso e invidioso


ueste angosce non riguardano solo la risposta emotiva che dà solitamente ai suoi pensieri, idee, atteggiamenti e ispirazioni, ma anche l'attenzione riservata ai suoi bisogni psicologici e fisiologici. Per orientarci un po' in questo fenomeno umano possiamo paragonare il depresso a chi ha sempre freddo e il “maniaco” (l'altra faccia della medaglia), come vedremo più avanti, a chi non sopporta una maglietta di seta sulla pelle neppure in presenza di due metri di neve. Due personaggi estremi: uno grigio (gelido) l'altro rosso (incandescente). Ogni porta rivolta alla vitalità è chiusa, completamente sigillata sia all'esterno sia all'interno. Un individuo in perenne lotta con un tono dell'umore ballerino, una scarsa fiducia in se stesso, un pessimismo cosmico e un senso di colpa distruttivo; una lotta continua contro il senso di vuoto, la stanchezza, la delusione, l'atteggiamento di chiusura verso le cose: una sfiducia che affoga lentamente il corpo e la mente. 


carsa reattività mescolata a profonda stanchezza, mente dominata da un continuo rimuginare e persistenti lamenti, pessimismo, autoaccuse, vergogna, ricerca spasmodica di riscatto e conferme, lettura della realtà completamente irrealistica, iperattività fisica e mentale. Tutti modi di reagire che prendono forma nella delusione, nascono spesso da una routine inutile, troppo piatta, che porta all’apatia e al vuoto, fino a sfociare nel quadro clinico morboso … quello depressivo. Il corpo invia segnali per far capire che qualcosa non va nella propria esistenza: insonnia, stipsi, dolori muscolari, mal di testa, perdita della libido, disturbi alimentari, digestivi, oppressione al torace, pensieri di morte. Una modalità reattiva sbagliata con cui il soggetto scalpita, esige, protesta ed esprime in silenzio giudizi di valore, seguendo l'assurdo copione (inconsapevole) che la sua 'autodistruzioni' stimoli o meglio serva a sensibilizzare l'intera umanità mentre, invece, altro non fa che provocare negli altri solo barricate e continui rifiuti; un giudice che diventa insopportabile anche nei gesti più banali, crea distanza ed abbandono; senza quel compenso affettivo tanto desiderato altro non può fare che sperimentare un profondo senso di vuoto, di perdita, imboccare la via della solitudine e della frustrazione. E così la vita si restringe, non rimangono tante alternative, si passa dal profondo taedium vitae alla perdita totale dell'élan vital.
Risultati immagini per non buttiamoci giù filmConcludendo questa parte non possiamo dimenticare un prezioso contributo letterario su alcuni aspiranti suicidi: “Non buttiamoci giù”. Un libro che affronta il tema della vita e della morte e che ci insegna quanto è difficile accettare la realtà; fa riflettere su alcune scorciatoie che apparentemente non costano fatica, soluzioni frettolose nel gestire il tormento esistenziale: il suicidio. Ma soprattutto ci fa capire quanto sia importante avere dei buoni amici che aiutano a sconfiggere la solitudine e anche quando i problemi appaiono insormontabili o esplosivi questo solido legame non solo accende la speranza e stimola ad impegnarci fino in fondo nelle cose quotidiane, ma ci sostiene e ci spinge a continuare, a non piegare il capo, a non scoraggiarci, a non smettere mai di sorridere: guai rinunciare a sognare … io ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere e apprezzare quest'opera letteraria attraverso un dono speciale, inaspettato: grazie Licia!




a chi sono i veri
“mandanti” di questo disastro emotivo? Una figura di riferimento assente, distratta oppure insufficiente - reale o vissuta come tale - crea un incolmabile vuoto d’amore … spegne lentamente esplorazione, curiosità, aspettative ed entusiasmo, mina sicurezza e autostima. Lo scompiglio emotivo causato dalla scomparsa o dall'allontanamento di un genitore, in particolare della madre, prima della pubertà, è ripetutamente citato nei manuali tecnici che parlano di depressione. La depressione non dà tregua, spaventa, nasconde, toglie dignità, blocca la crescita, distrugge progetti, manda a pezzi sogni e carriera: uno strano dolore che viene ingoiato nel tempo. E' sempre la malattia a parlare; uno dei suoi segnali principali è che avviluppa l'intera vita passata, presente e futura come una nebbia densa, ingannando se stessi e gli altri, facendo credere che la vita è sacrificio, sempre stata vissuta in quel modo e che la situazione non migliorerà mai. Tieni presente che i sacrifici nutrono solo odio e risentimento, mai benessere e felicità. I ricordi si fanno confusi e non si sa più come trascorrere le giornate; una specie di strano oblio domina ogni cosa, mentre l'indolenza scivola nella pigrizia più profonda. Può trattarsi della sofferenza per una perdita risalente all'infanzia, come la morte della madre, di una tristezza così lacerante che il piccolo nega di provare per molti anni, con più o meno successo fino a tarda età (vedasi i meccanismi di difesa). La psiche depressa allora attacca se stessa proprio come una malattia autoimmune.

Risultati immagini per adulto assente

in dai primi anni di vita i bambini trovano davanti agli occhi l'esempio offerto dalle figure di riferimento. Con il passare del tempo scegliamo noi - sempre secondo un binario ben prestabilito - i modelli che vogliamo seguire. Nel periodo dell'adolescenza subiamo il fascino dei coetanei, così da adulti ci confrontiamo con lo stile di vita del nostro partner; anche i fratelli, sorelle, amici e colleghi svolgono un ruolo di grande importanza nel favorire o meno la nostra felicità. Dobbiamo continuamente chiedere a noi stessi quali sono i modelli a cui facciamo riferimento e chi invece si rivolge a noi considerandoci una valida fonte di ispirazione. Anche il bimbo prodigio, che fa tutto meglio e prima degli altri è particolarmente suscettibile a scontrarsi con questo tipo di malessere, perché tende a “negare” di avere saltato alcuni passaggi (evolutivi) nella sua fretta di arrivare al successo … mettendo sullo sfondo le sue esigenze e i suoi veri interessi principali. Questi soggetti pseudo – divini, spinti incessantemente al dominio, alla grande vittoria e allenati a restare sopra ogni cosa, difficilmente si sforzano di costruire risorse interiori o una struttura emotiva stabile: sono in genere i loro futuri partner a creare il santuario psicologico che non gli permette mai di staccare la spina


li individui di questo genere, però, così raramente dediti all'introspezione, possono essere in segreto terrorizzati dal pensiero che, se abbassano la guardia, saranno di nuovo ridotti all'impotenza dell'infanzia. Da qualche parte, nei meandri nascosti del suo passato, ogni ex bambino prodigio spesso, durante un'anamnesi clinica, ricorda una figura che l'ha fatto sentire impotente, inutile o insicuro. La grande crisi in un personaggio simile è scatenata, paradossalmente, dal raggiungimento del successo. Fino ad allora ha dato per scontato, inconsciamente, che quando sarà arrivato in cima detronizzerà una volta per tutte il dittatore interiore che un tempo lo faceva sentire debole. In realtà non è così semplice, la tempesta nera è brutale e soprattutto non fa sconti a nessuno … bisogna imparare a “danzare” sotto di essa … il senso di benessere emotivo non si improvvisa, c'è o non c'è … bisogna ricostruirlo con rispetto, delicatezza, devozione ed affetto. Chi non ha vissuto sentimenti di umiltà, confidenza, intimità e gratitudine non potrà mai sentirsi degno di affetto, stima e considerazione.


arà sempre alla ricerca di una figura di riferimento sensibile, disponibile, accogliente e protettiva: attenzioni che non ha o crede di non aver mai avuto nel giusto dosaggio. Un individuo cresciuto in una cultura dominante in cui la parola d'ordine è “Onora il padre e la madre” e non “Onora anche i figli” … lontani anni luce da un sincero rispetto, profonda considerazione verso la personalità e il divenire infantile. Un piccolo che spesso è chiamato a compensare carenze affettive, a soddisfare esclusivamente esigenze psichiche delle figure di riferimento (vedasi il caso clinico di Alessandro): desideri e aspettative impossibili da esaudire in quanto appartengono al mondo genitoriale di un tempo passato, alle loro dirette esperienze infantili non risolte (sentimenti riversati nelle dinamiche familiari); un fenomeno mascherato - pur essendo già grandi - da un forte desiderio infantile di essere amati, stimati e considerati continuamente da qualcuno; un bisogno che si farà sentire, poi, con il suo linguaggio incerto, con parole mancanti e una singolare gestualità capricciosa in ogni settore della vita quotidiana: familiare, scolastico, lavorativo e sociale; in alcuni casi, i figli, per dirla senza peli sulla lingua, sono usati dagli adulti per fini prettamente compensatori e narcisistici; non essendo stati amati (a loro volta) come avrebbero desiderato, nel nuovo rapporto si sentono frustrati e questo risveglia in loro invidia, insofferenza, malumore, continua aggressività, reazioni decisamente rabbiose e, spesso, parziale o totale rifiuto dell'altro, del piccolo … avversione, estraneità, cecità estesa verso i bisogni altrui. Una sofferenza non certamente voluta, del tutto involontaria, ma purtroppo a volte vissuta; un'esperienza fatta di ricatti e di deprivazioni, un affetto pagato con il sacrificio e schiacciato da eccessive richieste, aspettative esagerate, imposizioni assurde.


viluppa il disagio depressivo chi ha ricevuto poca attenzione (figli che a loro volta diventeranno genitori), chi è stato costretto a fare da parafulmine alle frustrazioni familiari e sociali ... chi ha vissuto direttamente una perdita di affetto, una insufficiente protezione, non gli è stata garantita nessuna tutela, una giusta protezione e un'adeguata sicurezza non ha scampo: è un perfetto candidato a questo malessere. La vita è stata intessuta di circostanze negative, di umiliazioni, di frustrazioni, di rinunce, di lotte senza speranza. Quando ciò si verifica con particolare intensità e continuità o esistono situazioni in cui l'individuo è portato a crederlo, insorgono sentimenti di disistima, di insicurezza, di timore, un'inquietudine scaturita dall'orgoglio ferito, desideri molto spesso repressi e, soprattutto, di rivalsa aggressiva contro l'ambiente circostante. Questa desiderio di vendetta tende allora a sviluppare un meccanismo di difesa, che può concretizzarsi in reazioni positive, sane o morbose, attive o passive.



ra le compensazioni dal significato positivo possiamo includere le scelte, le decisioni e le azioni che conducono al successo o almeno ad un proficuo inserimento sociale. Fra le compensazioni negative spiccano invece i sintomi comportamentali del disagio emotivo e tutta la vasta gamma dei disturbi funzionali oggi sapientemente descritti dalla medicina psicosomatica. Molti si avvicineranno con diffidenza e sospetto non solo agli eventi della vita, ma anche al loro benessere, alla cosa più importante, preziosa e unica che ogni essere umano con tutte le sue forze dovrebbe perseguire: la salute e la felicità. Alcuni degli artifici che possono compensare questo scontro con l'ambiente o tendono a consolidare un vacillante senso di sicurezza sono embrionalmente di natura “patologica”, fanno parte, in forma diversa, del bagaglio difensivo di tutte le persone.


n modo, ad esempio, di abbigliarsi clamoroso o invece dimesso, la scelta di una professione subordinata o socialmente in vista, un atteggiamento schivo o al contrario troppo “euforico” (espansivo) nei confronti del prossimo, sono compensazioni comunissime di un disagio interiore, indirizzate lungo la via dell'affermazione aggressiva o del ripiegamento passivo, ma sempre con l'intento di raggiungere un equilibrio più o meno fittizio, di ottenere una rivincita verso l'ambiente oppure di evitare situazioni ritenute umilianti, per gestire ferite importanti. Quando si è piccoli, infatti, si impara a mettere a fuoco la propria attenzione non solo sul comportamento che porta ad approvazione, ma anche su quello che porta alla disapprovazione, in modo tale da poterla gestire al meglio attraverso l'anticipazione. Bisogna fare così, per mantenere il benessere (equilibrio) e “raggirare” il disagio. 


osì lentamente si impara ad usare strategie nell'affrontare la vita, a stare sull'attenti, ad aspettarsi sempre qualcosa, a prestare eccessiva attenzione ai gesti di approvazione e disapprovazione, di premi e punizioni … il tutto condito con agitazione, frenesia, ansia e angoscia. L'ansia, infatti, non è altro che una continua attesa, l'anticipo senza ragione di un dramma, di un evento catastrofico: intensa preoccupazione o paura, uno stato fisiologico di allerta. Ecco perché spesso siamo presi da un senso di disagio diffuso senza sapere le cause e conoscere il vero motivo di una certa condizione psicosomatica, il perché di tale agitazione. Poiché l'approvazione della figura di riferimento significativa ha un grande valore, e poiché la disapprovazione nega la soddisfazione e produce angoscia, il bimbo per sopravvivere attiva alcune strategie specifiche per gestire la paura e l'insoddisfazione (meccanismi di difesa). Introiezione e idealizzazione sono i meccanismi di difesa utilizzati dalla persona depressa.


Approfondimento tecnico

Introiezione: attraverso questo meccanismo di difesa, derivato dall'identificazione, si trasferisce con modalità fantastica, dall'esterno all'interno oggetti con le loro specifiche e singolari qualità (rappresentazione, significato, valore, importanza). Inghiottire l'oggetto angoscioso, facendolo scomparire all'interno di sé, rappresenta la tattica difensiva del lutto melanconico; un'altra forma di introiezione è nota come l'identificazione con l'aggressore … presente nei tratti sadici ed impulsivi. Quando siamo legati a qualcuno a livello affettivo o amiamo profondamente quella determinata persona, questo meccanismo difensivo (introiezione) ci permette di depositare dentro di noi le loro rappresentazioni importanti, diventano parte della nostra identità: le caratteristiche di quella persona “speciale”, parziali o totali, diventano parte di noi.


e disgraziatamente questa persona interiorizzata ci viene a mancare - separazione, abbandono, rifiuto, lutto - sentiamo che anche dentro di noi abbiamo perso qualcosa, siamo sminuiti, privi di valore, svuotati e deprivati di un qualcosa di importante per noi … una parte dentro di noi è morta, si è spenta e così un insopportabile senso di vuoto interiore comincia a prendere forma. Nei casi più gravi il soggetto comincia - a volte per recuperare a livello inconscio l'oggetto perduto - a colpevolizzarsi o passare in rassegna ogni ipotetico errore che pensa abbia fatto allontanare da lui questa figura vissuta in modo piuttosto intenso, importante o rappresentativo (non riesce a rassegnarsi della perdita). L''identificazione, invece, è il processo psicologico per cui il soggetto assimila un aspetto, una proprietà, un attributo di un altro e si trasforma totalmente o parzialmente sul modello di questo. L''identificazione viene messa in moto all'inizio con le immagini dei genitori, maestri, fratelli, amici. Nell'idealizzazione, invece, il soggetto attribuisce a sé o ad altri caratteristiche esageratamente positive.



a
difesa, quindi, è un complesso meccanismo di operazioni - strategie mentali e comportamentali - che il soggetto usa per conservare la sua unità e integrità, contro i pericoli esterni e interni che potrebbero incrinarle. I meccanismi di difesa, anche se sono invalidanti, rappresentano per ogni individuo il solo sistema conosciuto per fronteggiare, gestire il mondo, i problemi della vita ... ci permettono di sopravvivere in un ambiente conflittuale, rifiutante o per nulla protettivo. Nel corso di tutta la nostra esistenza, infatti, siamo attenti ad opporci, difenderci da sensazioni o sentimenti vissuti come pericolosi, mentre naturalmente, ci orientiamo verso le fonti che ci danno piacere, segnali della sopravvivenza: una continua ricerca della minore sofferenza

d esempio, è uso comune bere alcolici (o abbuffarsi a pranzo e a cena), pur conoscendo i danni derivati dall'assunzione di alcol etilico nel nostro organismo, ma il bisogno di calmare, almeno temporaneamente, i bollenti spiriti, la sofferenza dell'ansia ci induce a tale scelta. I pericoli esterni sono quelli che potrebbero derivare dal soddisfacimento dei desideri colpiti dai divieti sociali. I pericoli interni derivano dalle varie tensioni, dal significato e dalle rappresentazioni loro collegate. Se il soggetto non riesce a mobilitare in tempo risorse energetiche sufficienti a mantenere l'equilibrio psichico, la crescita delle tensioni interne può provocare disturbi somatici e mentali. Se la difesa può essere all'origine della malattia, la malattia può essere un mezzo di difesa. I meccanismi di difesa spaziano da livelli difensivi altamente adattivi (capacità ottimale nella gestione degli agenti stressanti: umorismo, altruismo, autoaffermazione, autosservazione, sublimazione) a livelli di cattiva regolazione difensiva (fallimenti vari nel contenere agenti stressanti fino a giungere a una significativa rottura con la realtà: proiezione delirante, diniego psicotico, negazione, allucinazioni, lamentarsi ma rifiutare l'aiuto, scissione, identificazione proiettiva).

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orniamo ancora una volta a noi, all'argomento principale. Il depresso proprio perché pensa di aver avuto poco dalla vita - per il suo infinito bisogno d’affetto mai ricevuto nelle dose giuste - nei rapporti è, oltre a colpevolizzarsi in ogni istante del giorno, petulante, disfattista, insoddisfatto, noioso e passivo. E' un vero e proprio “demolitore”: ogni cosa per lui sembra perdere senso, si allontana dalla realtà. Il “male oscuro” segnala un senso di fallimento, una vita vuota, senza progetti, entusiasmo e passione, che non piace, spinge ad isolarsi, ad essere sempre in un altro posto (passato o futuro, mai nel presente), annulla autonomia e movimento, odia i rumori e la luce: un vero campione nel procurare tristezza e spegnere la vita


on si potrà mai sottolineare abbastanza il fatto che lo stato depressivo è al tempo stesso una forma di disturbo narcisistico dell'Io (Io: istanza psichica che svolge la funzione di regolazione tra il principio di piacere e il principio di realtà, presiede alle operazioni difensive), un'ipertrofia maligna del Super-Io (Super – Io: sistema psichico che preme per il mantenimento di una condotta morale adeguata e orienta verso la realizzazione degli ideali, è un censore e il frutto dell'interiorizzazione delle richieste e delle proibizioni dei genitori) e un segno di disordine degli impulsi aggressivi.


olte sono le tipologie depressive che possono disorientare persino seri e preparati professionisti. Nella recente letteratura scientifica troviamo (senza sconfinare nei manuali tecnici DSM - IC 10) la monopolare che si manifesta con un tono dell'umore “sempre” uguale (diciamo prevalente), endogena con squilibrio biochimico, psicogena (indotta da eventi esterni) e la bipolare (accompagnata da cicli maniacali) che si esprime con tratti emotivi diversi (oscilla tra fasi depressive e maniacali). La depressione monopolare è uno stato emotivo caratterizzato da tristezza, scoraggiamento, disperazione, un abbassamento generalizzato della vitalità e perdita del gusto di vivere: una condizione che influenza la mente, il corpo, il comportamento, la vita sociale e lavorativa


a vita appare grigia noiosa, in bianco e nero, priva di sapori, di una trama davvero insensata e poco coerente, ogni attività diventa un peso, anche quella che un tempo era motivo di entusiasmo e di divertimento; ore per mettersi in piedi, per vestirsi o per prepararsi semplici spuntini. Una trasformazione peggiorativa dell'umore e degli affetti, un pessimismo che porta all'immobilismo o all'irrequietezza accentuata. Diventa faticoso portare avanti le attività consuete, elementari e gli atteggiamenti dominanti sono quelli della rinuncia, della preoccupazione e della inadeguatezza. Schiacciati letteralmente da piccole e banali responsabilità della vita quotidiana. Per alcune persone diventa uno sforzo persino a mangiare mentre per altre il cibo è un sollievo: ingoiano voracemente di tutto, soprattutto dolci e alimenti ad alto contenuto calorico. I sintomi che dominano questo quadro clinico sono: sentimento di tristezza e pessimismo, scarso interesse per il futuro, svogliatezza e perdita di interesse, chiusura in se stessi, diminuzione dei rapporti sociali, modificazione dell'appetito, alterazione del ritmo del sonno, irrequietezza e diminuzione di ogni attività, difficoltà di concentrazione, di assumere decisioni e responsabilità, senso di inutilità o di colpa, pensieri tetri, di morte o di suicidio. Tale fenomeno mentale acuto, infatti, implica rallentamento del pensiero, diminuzione del senso di piacere (anedonia), sensi di colpa, avvilimento, disperazione, apatia, disturbi alimentari e del sonno.

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ensazioni corporee spiacevoli con vere e proprie somatizzazioni: testimonianza fisica della sofferenza (sensazione di vuoto interiore, di oppressione allo stomaco - capacità di accogliere e digerire l'ambiente circostante - problemi intestinali - capacità o meno di trattenere e assorbire le cose quotidiane -  alla schiena - insicurezza, non sentirsi sostenuti -  cefalea - trattenere, un ingorgo di pensieri). Non solo l'umore costantemente triste è un sintomo rilevatore ma anche le lacrime facili (la commozione arriva troppo facilmente, si piange per un nonnulla … una scena di un film, un semplice gesto, la visione di una banale carezza), il vuoto mentale (si è assenti, il pensiero vaga senza meta, colmi di sensi di colpa), la svogliatezza (la stanchezza diventa cronica, tutto diventa faticoso) e l'indecisione (ogni scelta, anche la più banale, diventa una impresa titanica)


ome abbiamo potuto vedere, il nucleo centrale della depressione consiste in una marcata deflessione del tono dell'umore e solo se alcuni sintomi sopraelencati si manifestano insieme quotidianamente, per un periodo di tempo relativamente lungo, causando disagio notevole, possiamo considerarla tale. L'attività mentale (o fisica) può essere sia accelerata sia rallentata. A volte è presente una agitazione molto fastidiosa in cui sembra davvero impossibile riposare: stare seduti o fermi. Poi si è sempre stanchi e privi di energia: alzarsi al mattino è un'impresa davvero difficile, richiede uno sforzo enorme (iniziare la giornata è un'impresa davvero complicata proprio perché non si vede nulla di interessante in giro o da fare), sembra di non aver riposato per niente. In queste condizioni non si è in grado di far fronte alle piccole attività domestiche o quelle lavorative, non ci sono stimoli interessanti, coinvolgenti: tutto viene trascurato, anche la cura e l'igiene personale, manca completamente l'energia. L'autostima è sotto terra, l'autosvalutazione non manca mai come ingrediente principale dell'umore basso, ci si sente in colpa per ogni cosa, anche per faccende che sono al di fuori delle proprie competenze, di essere responsabili persino della propria malattia.


a mente è a dir poco paralizzata, confusa ed annebbiata, l'attenzione sull'attività lavorativa è inesistente e ballerina, perché i pensieri sono tutti concentrati sul proprio senso di inutilità, di rammarico e di disistima. E' presente una profonda incapacità di futurizzarsi. Il pessimismo verso il futuro, inoltre, vincola e produce la depressione, in quanto rende il soggetto demotivano a fare qualsiasi cosa:
a collaborare anche nel progetto terapeutico. A volte sembra manifestarsi senza motivi e tanto meno attraverso una spiegazione razionale: pare davvero un'affezione invisibile. Ma per i più attenti non può passare inosservata perché il soggetto è sempre triste, sfiduciato, cupo, senza speranza, non desidera nulla e, soprattutto, ha perso il senso delle cose. Oltre a sentirsi colpevole e sacrificarsi per ogni cosa, non credere in se stesso, di non valere nulla e con un'autostima completamente azzerata, pensa che nella sua esistenza nulla si possa cambiare e che nessuno lo possa aiutare. Questa è la vera difficoltà per ogni professionista a far uscire il depresso dal suo "pantano" esistenziale. 


entre la diagnosi dipende dal livello del turbamento connesso al quadro clinico in questione, la prognosi, invece, dipende dal grado di accessibilità del soggetto. Questo criterio ha la precedenza su tutti gli altri criteri prognostici, poiché, sebbene sia generalmente vero che l'accessibilità è in ragione inversa della profondità del disturbo emotivo, ci sono però molte eccezioni a questa regola. L'accessibilità all'influenza umana dipende dalla capacità del paziente di stabilire il transfert (vedasi articolo precedente), ossia di ripetere in situazioni attuali e, in particolare, nel suo rapporto con il professionista (di qualunque indirizzo o scuola sia), gli atteggiamenti emotivi inconsci sviluppati durante la vita di famiglia della sua prima infanzia. I transfert, ricordiamolo ancora una volta, possono essere a loro volta suddivisi in positivi (amichevoli) e negativi (ostili). Dove prevalgono i transfert negativi sui positivi, il paziente tende ad essere inaccessibile all'influenza, a qualsiasi relazione. S'intende che anche l'inaccessibilità è una questione di gradi e, per, il fatto che il paziente sembra inaccessibile, non ne segue che egli sia inadatto al trattamento psicoterapico.



pazienti che hanno una costituzione depressiva, ad esempio, pur nella gravità, si trovano in condizioni migliori (accessibilità – transfert positivo) che non i soggetti dotati da una disposizione persecutiva (inaccessibilità – transfert ostile). Anche una valutazione accurata dei sintomi psicologici dell'infanzia è importante ai fini della prognosi. Ed è evidente l'inestimabile importanza per i genitori del fatto che il professionista sia in grado di indicare in anticipo quali difficoltà potrà incontrare il bambino nel suo sviluppo successivo. Esistono tre possibilità principali: il sintomo può sussistere anche nella vita adulta, come quando rimangono inalterati l'avversione per certi cibi, o l'inibizione intellettuale, o la prova del buio; può sembrare che esso diminuisca, mentre di fatto subisce solo uno spostamento, come quando le difficoltà nell'ingerire il cibo sono sostituite da difficoltà di apprensione intellettuale; esso può scomparire come sintomo per ricomparire come un disturbo caratterologico o di comportamento


rescindendo da tutto ciò, l'esistenza di un problema infantile è un prerequisito per lo sviluppo di una psicopatologia adulta. Anche se il disturbo infantile scomparisse spontaneamente, si dovrà avere la massima cura per evitare situazioni di tensione psicologica nell'infanzia più tarda, e per scegliere il più adatto sistema ambientale, sia educativo sia sociale. Al di là dell'aspetto tecnico, come abbiamo potuto vedere, per alcuni, la depressione trova nell'atmosfera familiare un terreno predisponente. Un buon rapporto con la figura di riferimento sereno, una vera accettazione, una adeguata sensibilità ai segnali del piccolo, allontanano la struttura depressiva. Con tali atteggiamenti di confidenza e di intimità il bambino si sente rispettato, rassicurato ed amato, non avrà nessun dubbio sul suo valore ... può iniziare con sicurezza il proprio cammino evolutivo … affronterà la vita con determinazione, andrà in battaglia anche con un semplice “temperino”.


n punto di riferimento assente, rifiutante o insufficiente, scostante, assente, freddo e duro nei modi, inculcherà nel bambino il "sospetto" di non valere nulla e di non essere amato, indegno di affetto, stima e considerazione; non rispettando quelle famosi fasi evolutive il bambino si troverà davanti sempre compiti e situazioni non adeguate alla sua età cognitiva (Esistono quattro fasi evolutive fondamentali con precise capacità cognitive per ciascuna). La fase orale, la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato prova a succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene definito autoerotico (può predisporre ad una buona autostima o disistima, sicurezza ferrea o insicurezza nell'affrontare la vita. La fase anale o sadico anale è caratterizzata dall'interesse che il bambino dimostra per le funzioni della defecazione, espulsione – ritenzione, disponibilità a dare oppure trattenere: affetto, amore, dare e ricevere. 


orrisponde all'apprendimento della pulizia, è decisiva nella formazione del carattere del piccolo e della sua personalità adulta. La fase fallica, verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e nella bambina con la specificità dell'organizzazione sessuale (identità). Durante queste fasi evolutive accade che ogni individuo si scontri con difficoltà che gli sembrano insormontabili. Rischia allora di voler regredire ad una fase anteriore … in quella fase in cui si è sentito più o meno bene e protetto. Ogni disagio emotivo è strettamente legato ad una fase evolutiva ben precisa e non superata completamente. Ad esempio, l'ossessivo – compulsivo è fissato alla fase sadico – anale, l'isterico e il depresso alla fase orale, l'esibizionista alla fase fallica.
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l mancato superamento di tali fasi in modo armonioso e soddisfacente può produrre una personalità poco solida, può creare nel bimbo dubbio, incertezza e disistima o, peggio ancora, convincerlo di non essere in grado di fare niente nella vita; ogni azione che metterà in atto sarà vissuta come fallimentare, piena di incertezze. Dominato da queste incertezze l'unica cosa che sa fare veramente bene è quella di abbassare il capo, di rinunciare, tirare i remi in barca: a procrastinare, a non prendere mai decisioni. Sono persone impaurite, molto sensibili ed intelligenti anche se psicologicamente bloccate, ferme, ai margini, sempre al palo. Il piccolo per la sua immaturità fisica e psichica non è autonomo e, quindi, dipendente completamente dal suo ambiente.



e le figure di riferimento da cui dipende sono inaffidabili, poco attendibili, può soltanto accettare la realtà con un senso di paura continuo oppure, utilizzando il meccanismo del diniego, sviluppare dentro di sé la convinzione che è il solo e unico responsabile di ogni situazione fallimentare o di tutti i rapporti conflittuali (senso di colpa). Anche la figura di riferimento iperprotettiva fa danni simili, si sostituisce al piccolo bloccando ogni sua azione, iniziativa o progetto; un bambino privato di ogni esperienza diventa insicuro, fragile, inadeguato e incapace di prendere decisioni. Questa descrizione esclusivamente ambientale sicuramente non piace a molti, ed è giusto che sia così. Ogni professionista ha il suo orientamento scientifico in cui crede, ha maturato le sue convinzioni e conoscenze, si è sviluppato attraverso anni e anni di studio e sacrifici. Capisco. E' vero, noi siamo fatti di materia, di energia, di chimica: atomi, cellule, molecole, acidi, ormoni e mitocondri


iamo spinti continuamente da reazioni biochimiche e nessuno è in grado di affermare con certezza quali dei due mondi è la scintilla che infiamma la vita, chi per primo ha il privilegio di avviare la nostra esistenza, chi ha l'esclusiva di questo formidabile processo evolutivo: una chimica interna (ormonale) o stimoli esterni (ambiente, cibo), ma quale per primo ha dato inizio al cambiamento? Siamo dinamicamente strutturati e modellati da un'impronta fisica e da forze ambientali: da una parte abbiamo un mondo che spinge ed esige e dall'altra un corpo che reagisce e si adatta … alcune volte bene altre volte un po' meno bene. Non dobbiamo dimenticare che già il feto può - già nel suo prezioso e tranquillo liquido amniotico - ricevere segnali confusi, contraddittori ed ostili che possono creare disarmonia e squilibrio. Ogni disagio emotivo comunque può essere considerato conseguenza di un unico fenomeno: i diversi fattori, biologici, psicologici e ambientali interagiscono integrandosi in forma articolata ed è fondamentale prenderli in considerazione complessivamente.


rendendo in esame il nostro articolo sulla depressione, ad esempio, è risaputo che questo quadro clinico ricorra più facilmente in alcuni ambienti familiari rispetto ad altri, ma nessuno a tutt'oggi è riuscito a stabilire con certezza in che misura il “passaggio” di tale malessere emotivo sia geneticamente determinato e in che misura, invece siano gli stili di vita o l'atmosfera affettiva dell'intera famiglia a produrre il malessere emotivi alle generazioni successive. 


in dal primo rapporto familiare parte una grande reazione (fisica e mentale), ovvero il principio di sopravvivenza, un personaggio che vuole affermarsi e che si difende dalla disarmonia con tutti i suoi mezzi possibili (vedasi meccanismi di difesa): l'armonia rende la vita piacevole e più vivibile mentre la disarmonia genera e lascia quel senso quasi fisiologico e palpabile di angoscia. A volte per togliersi dall'impiccio il più velocemente possibile risulta più facile sposare una delle due tesi (ereditaria o acquisita), prendere posizioni per avvantaggiare o imporre il proprio orientamento scientifico, il proprio narcisismo a livello professionale … ma a quale prezzo? Bisogna stare molto attenti a certe affermazioni. Se io non posso cambiare il mio “destino” non muoverò un dito per modificare una certa situazione, anzi sarò complice, l'asseconderò passivamente, l'accompagnerò silenziosamente in punta di piedi, ma se ho la consapevolezza che le mie decisioni possono invertire la rotta, portare benefici, un qualche equilibrio alla struttura psicosomatica, sarò attivo e determinato, l'attore principale di tale “spettacolo” e, quindi, molte cose potranno cambiare. Sempre cautela quindi, attenti allora a quel che si dice!!! Possiamo concludere questo argomento sottolineando ancora una volta la profonda sofferenza e i principali sintomi che denunciano tale affezione. I depressi si sentono inutili, feriti nell'amor proprio, sconfitti nell'ambito affettivo, sociale e lavorativo, hanno una visione pessimistica della vita e del futuro, rinunciano facilmente e non elaborano più progetti. Hanno perso l'autostima, possono sentirsi colpevoli o svalutarsi (disistima).


l loro dolore è grande, enorme, incredibilmente palpabile e visibile anche ai familiari poco attenti e insensibili. Di per sé questo stato - quando si è lontani da una crisi vera e propria - indica un fenomeno piuttosto comune, universale e profondamente umano. Ogni persona, in ogni momento della sua vita, dall'infanzia all'età più avanzata, può sentirsi triste, priva di slancio, incapace di provare piacere, portata a ritirarsi dai rapporti con gli altri. Questo stato d'animo penoso può durare breve tempo, a volte una giornata; quando passa la 'burrasca', la persona si sente sollevata e avverte spesso uno stato di euforia (sentimento piacevole, gioioso, di benessere e di fiducia in se stessa, spinta ad agire)


'umore può essere depresso in modo spontaneo e naturale: può capitare a tutti di sentirsi al mattino di umore ballerino e svogliati, svegliarsi il più delle volte senza sapere il perché di questa fastidiosa apatia. Più spesso però si è depressi per qualche ragione: un litigio, un abbandono, una separazione, un insuccesso scolastico o professionale, la perdita del lavoro, il fallimento di un progetto inseguito da molto tempo. Tutti questi sono avvenimenti che provocano quella reazione che il linguaggio comune chiama dolore, tristezza, avvilimento o semplicemente dispiacere (depressione reattiva). Questi sentimenti non sono sicuramente tratti patologici. Sono normali reazioni dell'uomo di fronte ad avvenimenti spiacevoli che impongono una pausa, una sosta nella propria vita. Chi è triste ed abbattuto pensa con difficoltà al futuro, è piuttosto vincolato al passato, portato a riflettere al presente in maniera confusa, a ciò che gli sta accadendo con poca lucidità e obiettività. Poi l'avvenimento viene superato, entra a far parte dell'esperienza quotidiana (dopo che si è superato il dolore ci si sente cambiati) e si riprende a guardare avanti, a vivere … in modo più determinato e sicuro.


a solidarietà degli altri o la partecipazione diretta alla vita sociale aiutano a superare più attivamente il brutto momento. In genere chi ha una maggiore ricchezza di interessi e di valori nella vita riesce più facilmente a trovare un compenso e riprendersi più velocemente. Infatti gli avvenimenti che ci deprimono di più riguardano sempre la perdita di qualcosa che ha per noi grande valore o anche che è parte di noi: la perdita di una persona cara, il distacco da un luogo a noi familiare, la perdita della stima in noi stessi. L'attuale stile di vita non sempre consente la libertà di vivere la propria normale sofferenza. Sembra quasi che la rete degli impegni, di relazioni, nella quale ciascuno è preso non lasci più spazio per la pausa dopo un episodio grave. E allora si arriva rapidamente ad etichettare senza un motivo concreto ogni cosa. Oltre a bere per dimenticare oggi si usa anche prendere un mix di farmaci per annullare il più piccolo e banale malessere … o come dicono alcuni, anche solo per uno 'sballo fai da te' … sentirsi in qualche modo “vivi”.


i parla comunque di depressione come malattia quando essa dura a lungo e modifica sensibilmente il normale atteggiamento della persona nei riguardi dei valori della sua vita. A volte inoltre non sembrano esserci motivi immediati, tanto che nel linguaggio tecnico classico si usa parlare di depressione endogena per indicare appunto quei casi nei quali l'episodio depressivo sembra essere causato dalla messa in moto di un meccanismo spontaneo “interno” del soggetto (squilibrio bio - chimico).


n moltissimi casi invece se si è attenti e disponibili a comprendere chi soffre, si riesce a cogliere un rapporto tra la depressione e le sue vicende di vita. Può trattarsi di un avvenimento importante, ad esempio la perdita del ruolo sociale per il pensionamento ovvero di un avvenimento apparentemente di poco conto, che però si verifica dopo molti altri avvenimenti analoghi (la famosa goccia che fa traboccare il vaso), oppure ha un valore particolare per quel soggetto, ad esempio un trasloco che lo sradica dall'ambiente in cui è sempre stato molto legato … per anni e anni è stato il suo prezioso punto di riferimento. 


n questo periodo storico la sofferenza depressiva è estremamente diffusa (incertezza, perdita del lavoro, poca disponibilità economica, troppe rinunce). Per fortuna non raggiunge sempre le forme del malessere grave, si manifesta piuttosto come disagio, dolore diffuso, incapacità di provare gioia. Molti disturbi comunemente diagnosticati come tratti depressivi non sono altro che depressioni che si trascinano a lungo e derivano dall'impossibilità a vivere con soddisfazione e ad avere fiducia nell'avvenire. 


requenti sono queste sofferenze nelle persone anziane, nei lavoratori a tempo determinato, nelle donne di condizione “casalinga”: tutti coloro cioè che sentono sfumare la propria esistenza senza mai poter raggiungere un senso di soddisfazione, sicurezza e appagamento. Ed è facile capire perché: la società in cui viviamo pone dei modelli ideali (benessere, prestigio) ma nega alla maggior parte delle persone i mezzi e le risorse per realizzarli, per cui sono sempre più coloro che si sentono al di sotto delle aspettative, si sentono frustrati, sconfitti, impotenti, inutili e scontenti. Chi presenta tratti depressivi ha - come è già stato più volte accennato - un'altra grana piuttosto invalidante, non sempre facile da gestire: un'estrema rigidità cognitivo – affettiva. I suoi sentimenti, spesso, sono bloccati e congelati; un mondo per lui quasi del tutto sconosciuto ma temuto, che non solo lo tormenta, lo svuota, lo fa soffrire, ma rende la sua vita relazionale problematica, difficile, se non impossibile.

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'invidia, ad esempio, sentimento molto comune nei tratti depressivi, è uno stato d'animo pieno di ostilità e rancore che nel tempo avvelena la vita, distrugge ogni relazione e rapporto affettivo. Questo sentimento produce astio e sofferenza, isola dagli altro e rende sospettosi. La costante preoccupazione che l'invidioso ha per la sua posizione sociale o professionale provoca confusione, una sensazione diffusa di inferiorità molto amara: si sente trascurato, ingiustamente messo all'angolo, umiliato, non considerato. E' accompagnato costantemente da incertezza, timore e da una vaga impressione di essere fermo, immobile, che tutti lo sorpassino, che anche la persona a fianco più insignificante abbia più gloria, più successo, più considerazione a livello professionale, più soddisfazioni nel sociale e una vita privata che funziona alla grande; è più che convinto che nessuno interessi la sua opinione, un suo parere e che, alla fine di tutto, qualcosa gli manchi: gli sia stato sottratto indebitamente valore e dignità. Un tormento infinito. 


on queste profonde convinzioni pochi sentimenti lo stimolano e lo distraggono. Sotto, sotto ha un desiderio feroce: di avere qualcosa più degli altri, di provare al mondo intero di essere il più bravo. La strategia utilizzata per rimanere a galla e mantenere ben ferme queste convinzioni è quella di sminuire gli altri, di minimizzare i loro successi. La cosa più importante e vantaggiosa in questo frangente è quella di non “concentrarsi” sull'altro - l'oggetto di invidia - ma guardar dentro a se stessi, cosa veramente si desidera, cosa manca, cosa rappresenta quell'aspetto tanto desiderato; non sperperare l'energia inutilmente, ma sfruttarla, utilizzarla come un prezioso insegnamento senza cadere nella vergogna. L'invidioso non passa mai inosservato: si distrae quando qualcuno parla di un suo successo, non nota che l'amico del cuore è calato di una quindicina di chili, che quel collega sempre in disparte da un po' di tempo esce con la responsabile dell'ufficio accanto. Ogni azione lascia trasparire un sentimento d'invidia … e questo è sempre un problema sia a livello affettivo sia a livello sociale.


a gelosia è un altro sentimento che coinvolge lo stato depressivo. Un personaggio diffidente, sempre convinto che nessuno sia interessato a lui: gli amici lo ignorano, guardano dall'altra parte, lo trascurano; i colleghi non lo invitano a prendere il caffè, lo escludano, tramano tra loro, si vedano a sua insaputa. Un personaggio che anticipa disastri: tradimenti, delusioni … di essere ferito e ridicolizzato. La gelosia, vecchia come il mondo, è uno stato d’animo caratterizzato dalla paura - fondata o infondata - di perdere, in qualche modo, quella determinata cosa, l’amore della persona amata quando questa esprime attenzione o interesse per un altro … di perdere l'attenzione di una persona che conta. E' un fenomeno che provoca allontanamento perché conduce a comportamenti svalutanti come l'esigenza di controllare e di punire l'altro o di evitarlo. Ha un andamento altalenante, legato alle emozioni, e si placa temporaneamente quando la percezione di vicinanza con l'altro è più intensa, per poi riesplodere quando questa sensazione diminuisce. Insorge quando ci si sente esclusi e l'attenzione dell'altro è un po' fluttuante o scarsa.


uesta dinamica trasforma la gelosia in sentimenti negativi rivolti all'altro, considerato responsabile del disagio che vive. E’ connessa a forti impulsi emotivi che spesso prevalgono e controllano l’aspetto razionale. Tale fenomeno non è sicuramente un sentimento naturale, ma uno schema mentale che il geloso sa trasformarlo “sapientemente” in un chiodo fisso che, man mano passa il tempo, fa sfiorire inevitabilmente il sentimento d’amore. Il più delle volte è il risultato della propria incapacità d’amare in modo autentico oppure una modalità d’affetto infantile fondata sulla dipendenza (non si accompagna all’amore per gli altri). E’ una emozione caratterizzata dalla passività in quanto considera l’altro come se fosse “cosa propria” o un oggetto non per quello che vale realmente (possedere il corpo e la mente di un’altra persona è sempre un’illusione!). Oltre a sottrarre continuamente energia, perché consuma inutilmente pensieri ed azioni, blocca in modo drammatico lo sviluppo psicoemotivo ed impedisce alla coppia (lavoro, studio) di evolversi, di svilupparsi e di crescere adeguatamente; tutto ciò toglie al rapporto interpersonale spontaneità, libertà e fiducia reciproca (ingredienti indispensabili per tenere in vita il rapporto, rivitalizzare la coppia). Il geloso, inoltre, non si limita a “sentire” attraverso veri e propri tormenti fisici (contrazioni muscolari, mal di stomaco e di testa, tremori), ma trasforma il suo vissuto di tormentato in tormentoso: attraverso controlli improvvisi, telefonate, appostamenti, perquisizioni varie, verifiche sessuali (in situazioni estreme si arriva persino a tenere sotto 'controllo' lo sperma del partner: consistenza, quantità). Chi è calato nel mondo della gelosia, giustificata o meno, solitamente non vive nel concreto ma in una inutile e stressante dimensione in cui la situazione è solo anticipata e temuta, ovvero il geloso ipotizza di essere tradito, preso in giro, lasciato, ferito: vive continuamente fuori tempo. Finché questo fenomeno resta entro limiti accettabili non causa danni di sorta, ma è noto che la gelosia può far perdere completamente il controllo e, quindi, assumere una dimensione patologica grave. La caratteristica essenziale della gelosia patologica (definita anche “sindrome di Otello”) è il dubbio delirante che il partner sia infedele. Ciò viene creduto senza fondamento e a dispetto di qualsiasi argomentazione. Un comportamento tipico è caratterizzato dalla ricerca ossessiva di indizi che svelino l’infedeltà, con ripetute domande incrociate poste al proprio partner e con affermazioni che possono portare a liti violente. La frequenza di questa patologia è sconosciuta, ma non è rara nei disagi emotivi ed è una delle principali cause di omicidi e violenze. La gelosia patologica è associata spesso non solo alla depressione, ma anche ad altri disturbi di tipo psichico come la schizofrenia, l’alcolismo e disturbi della personalità.

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l quadro clinico depressivo è sempre, in ogni caso, un disagio psichico, affettivo o emotivo piuttosto grave; anche nella sua forma più lieve è comunque un'esperienza dolorosa che lascia senza respiro, crea solitudine e porta lentamente ad un isolamento sociale penoso. La sofferenza, a volte, sempre con caratteristiche singolari e diverse, raggiunge intensità drammatiche, disorienta, confonde, crea diffidenza o indifferenza, è talmente invasiva da compromettere ogni cosa, anche il gusto di una semplice colazione, il piacere di una bella giornata di sole, i momenti speciali, quelli migliori e di giusta intensità: i miracoli che la vita, senza chiedere nulla in cambio, ci regala. Ricorda, ogni attimo è unico ed irripetibile, ma sempre nostro e va vissuto ... non busserà mai due volte alla porta


a persona che ne è 
colpita è completamente immersa nel dolore morale e nella disperazione più totale e, soprattutto, non è più capace di raffigurarsi un futuro semplice; è fermamente convinta di non avere alcuna possibilità di salvezza, sente in sé solo un cumulo di macerie, rovine, colpe e, il più delle volte, questi sentimenti possono trasformarsi in veri deliri e drammatiche allucinazioni. Trasmette spesso alla parte più profonda della mente segnali poco chiari, confusi, circa quello che si vuole per se stessi e si desidera dagli altri: solo veri e propri terremoti forti, niente altro che devastanti progetti distruttivi … tutte ferite inferte all'anima, frutto dell'indifferenza, delle dinamiche deludenti ed umilianti. Il rapporto tra il depresso e il suo ambiente non è sempre facile, anzi il più delle volte è ostile e conflittuale … sempre oggetto di scontro e di battaglia senza tregua. Molto spesso la gravità del suo stato, essendo il più delle volte mal interpretato o sottovalutato - visto in ogni caso di mal occhio e con poca simpatia - viene travisato, preso di mira ed etichettato in malo modo, ma sempre con tonalità dispregiative. 


l soggetto viene stimolato ad uscire da tale situazione con segnali aggressivi, inappropriati e contraddittori: viene esortato a distrarsi, a metterci un po' più di forza di volontà per superare il suo stato d'animo, la sua diffusa apatia; una richiesta davvero fuori luogo per chi oramai è alla deriva, non esiste più, vive ai margini della società, è fuori dal gioco, dal mondo razionale, affettivo e relazionale. Il risultato è che il depresso, attraverso questa incomprensione, si sente ancora più impotente, incapace di reagire, avverte il rifiuto degli altri e si isola ancora di più. In condizione di isolamento aumenta il rischio del suicidio che è il vero pericolo della depressione grave. Dalla depressione se ne esce ma occorre molto impegno, continuità, costanza e pazienza (non forza di volontà), soprattutto tenere ben presente che può ripresentarsi in maniera più virulenta ed aggressiva, con nuovi episodi più seri e comportamenti di una certa crudeltà a distanza di tempo. E' importante quindi prevenire le ricadute e intervenire sempre con la massima solerzia.


uando non sono particolarmente disturbati suscitano negli altri considerazione, tenerezza, “ammirazione” e spesso simpatia in quanto passivi e senza tante pretese … “troppo” disponibili e “accomodabili”; il tutto perché dirigono rancore, odio e critiche verso se stessi, difficilmente sull'ambiente circostante (pur covando rabbia, risentimento, rancore, desiderio di rivalsa verso ogni cosa) … per il birbaccione di turno, soddisfacendo il suo profondo narcisismo, lavorarselo per bene, diventa piuttosto facile, una passeggiata, un gioco da ragazzi

n soggetto che non ha più alcun interesse e desiderio, i pensieri sono macabri, pensa alla morte, se non al suicidio in maniera ossessiva. I pensieri e le azioni sono rallentati. La memoria è fallace, non riesce a concentrarsi, a prendere decisioni. Il passo è lento e faticoso, il viso fisso e triste … completamente ripiegato su se stesso. Il movimento fisico lento è spesso mascherato da agitazione e tensioni, che esprimono sempre una grande apprensione e ansia.


ltri sintomi o comportamenti, meno specifici, possono arrivare a manifestare una vera depressione: l'abuso di alcol o di tranquillanti, problemi dell'alimentazione - perdita di appetito o bulimia - sonno disturbato, risveglio precoce o insonnia, grande stanchezza al mattino che tende a scemare a fine giornata


n altri casi, la sofferenza morale assume l'aspetto di un dolore somatico: aumento o comparsa di dolori alla schiena, disturbi digestivi, mal di testa, stanchezza cronica. La depressione è allora "mascherata" da uno o più sintomi fisici. Tale malessere continua a persistere malgrado esami clinici negativi spesso particolarmente approfonditi e trattamenti sintomatici specifici. In genere scompaiono quando si identifica l'origine mentale, relazionale, affettivaAl di là delle varie classificazioni, comunque, qualsiasi tipo di depressione dovrebbe inquietare non solo i professionisti ma anche i familiari, perché dalla letteratura medica risulta chiaramente che se i malati con problematiche di natura fisica sprofondano nella depressione fanno fatica ad uscirne, e per alcune patologie “importanti” la possibilità di sopravvivenza è davvero minima (fonti OMS)


o stato depressivo può sembrare un'esperienza patologica senza fine, un buco nero nel quale si è caduti e dal quale non si riesce più ad uscire. Forse è vero, la luce in fondo al “tunnel” spesso - con quel caratteristico armamentario di sfiducia, apatia e passività - si presenta poco chiara, non è subito visibile, non la si riesce a percepire in tempo reale, in quel momento particolare, complesso e difficile; non dimentichiamo però che la depressione è sempre il segno di qualcosa che sta cercando di germogliare, che vuole uscire allo scoperto, un qualcosa che vuol farsi sentire, preme per farsi conoscere ... ma sempre un qualcosa di vivo, di nuovo, di eccitante … un tentativo di cambiamento, un modo di fare e di reagire diverso! Il processo di conoscenza crea una reazione ansiogena, determina sempre apprensione, ma se si vive questa svolta con l'aiuto di una persona qualificata è possibile scoprire che tale stato, per quanto strano, complesso e difficile possa sembrare, sta offrendo percorsi diversi, nuove possibilità e visioni, un cambiamento verso un equilibrio più stabile e naturale … senso di soddisfazione e felicità. E' vero, in quel frangente si è disorientati e impauriti perché si sta attraversando e sperimentando un percorso nuovo, buio, freddo, umido e, quindi, così frastornati risulta difficile scorgere la luce. A volte all'inizio non si ha la consapevolezza che si sta andando per il verso giusto, difficile da capire che ci si muove nella direzione più conveniente, straordinaria e vantaggiosa possibile, si sta facendo qualcosa di importante e che la luce si presenterà al momento opportuno. Non soffermiamoci su questo stato, ma prepariamoci ad affrontare, ad accogliere la nuova luce, quella più nitida, chiara ed illuminante … quel benessere futuro che ci spetta di diritto. Aprirsi alla propria sensibilità, su ciò che sta accadendo dentro e che non è ancora venuto alla luce; lasciarsi andare, all'istinto, alla consapevolezza più profonda. In questa ottica la depressione è una fase momentanea, passeggera che può insegnare qualcosa di importante e che non può mai essere uno stato definitivo. Le cose come vengono possono andare via. Questo stato passerà è più che certo.Risultati immagini per tunnel
 


Risultati immagini per madame bovaryconclusione di queste poche note sullo stato depressivo, non può mancare un accenno sulla figura di Emma Rouault. Un affascinante e grandioso capolavoro letterario (Madame Bovary di Gustave Flaubert) che descrive perfettamente il fenomeno depressivo in tutte le sue sfumature … con un'aggiunta, in questo caso specifico, di alcuni tratti isterici e narcisistici. Il romanzo è incentrato su Emma Rouault - moglie di un ufficiale sanitario rimasto vedovo in giovane età (Charles Bovary) - che scoraggiata, delusa e stanca della noiosa vita di provincia, si dà all’adulterio ed inizia a vivere socialmente in modo esagerato, al di sopra dei suoi mezzi reali. Un personaggio fragile, pieno di sogni impossibili, che si nutre di rapporti capricciosi, irrealizzabili, ostinato a volere vivere amori fiabeschi che, solo nella sua mente, non finiranno mai … il tutto condito con fantasticherie deliranti. Ella si rivela sin da subito una donna fuori dalla realtà, desiderosa di un lusso sfrenato e di un insaziabile bisogno di affetto infantile. Sogna una vita ricca, elegante, borghese, piena di cose belle, fantastiche. Dopo poco tempo, scopre di aver sposato un marito mediocre, debole e rozzo (grande delusione: come avrò mai fatto a mettermi con un personaggio simile, continuava a ripetersi, a torturarsi, a colpevolizzarsi in silenzio). Nonostante il suo odio verso di lui, pensa che la nascita di un bimbo (maschio) possa portare serenità al rapporto, al capolinea da subito. 


a quando scopre che è una femmina, Emma ricade nell'angoscia: si sente ancora una volta persa e smarrita. La sua vita non è un caso a sé perché ancora oggi, all’interno della nostra società, molte persone si sentono come lei, vorrebbero essere qualcun altro, per poter avere l’illusione di cambiare la loro esistenza. Mentre il lettore si identifica con la protagonista e ne segue tutte le varie vicissitudini amorose, Emma invece proietta, attraverso la certezza delirante, i suoi castelli immaginari nella banale, noiosa e provinciale realtà quotidiana; trasforma tutto in qualcosa di splendido, fantasioso, irreale e magico, gente e luoghi si fanno speciali, ma lei no, rimane fredda, incompresa ed abbandonata. Si rifugia nella fantasia per poter gestire questa sua deludente realtà. La protagonista del romanzo si sente sempre più insoddisfatta, poiché le sue fantasie, che trascendono la sua vita, non potranno mai prendere corpo, concretizzarsi, realizzarsi.
Risultati immagini per madame bovaryPer uscire da questa sofferenza emotiva, Emma cede al corteggiamento di un giovane studente timido e sognatore con cui non solo condivide il contatto fisico, ma anche il gusto per le cose belle della vita (Léon Dupuis). Ma quando il giovane improvvisamente si allontana senza dichiarare il suo amore Emma, ancora una volta delusa, sprofonda nuovamente nel disagio emotivo e intreccia un'altra relazione adulterina con un ricco proprietario terriero (Rodolphe Boulanger). Quando scopre che anche lui non se la sente di condividere la vita con lei rimane talmente scossa da questo rifiuto che cadde in una profonda depressione. 


i fronte a questa quotidianità deludente, oltre a chiudersi completamente in se stessa e cercare rifugio persino nella religione (rievoca i momenti passati in collegio), inizia a delirare, fantasticare cose bellissime, completamente diverse, sempre opposte alla realtà. Ma il mondo è piccolo: Emma incontra nuovamente il suo giovane amante (Léon Dupuis). A quel punto scocca nuovamente la scintilla, cede nuovamente alla passione amorosa ed inizia a frequentare il giovane amante ogni settimana. Il marito però, rozzo ma non stupido, dopo qualche tempo scopre la tresca. Qualcuno piuttosto avido e spietato, conoscendo la storia, ne approfitta e per non divulgare certe notizie la ricatta facendole firmare una cambiale. Emma non si limita solo a questo, ma per compensare il suo profondo dolore, comincia a spendere ingenti somme di denaro indebitandosi sempre di più. La donna non essendo in grado di far fronte al ricatto e ai debiti accumulati, chiede aiuto a tutti, ma nessuno si dimostra disponibile, tanto meno generoso … soprattutto i due ex amanti non ne vogliono più sapere di lei; arriva persino a prostituirsi senza estinguere completamente il debito. Afflitta e umiliata da fallimenti, inganni e delusioni (collegio, matrimonio, giovane amante, l'altro partner più sanguigno, commerciante birbaccione, farmacista logorroico) non le rimane niente altro che il delirio, alcune fantasie bizzarre e poche false illusioni ... una vita felice tanto desiderata ma solo sognata. 


oi arriva la vergogna che schiaccia l'unica sua strategia di salvataggio: la fantasia (inclusa la speranza che il ricattatore morisse); è la fine, deve accettare la cruda realtà. Sola, abbandonata, stanca di tutti e in preda alla disperazione, con l'aiuto del farmacista Homais, si avvelena con l'arsenico. Ma cosa ci insegna in realtà questa bellissima opera letteraria. Emma, frustrata nell'attesa di un “Tu” che le rimandasse un'immagine rassicurante e protettiva, che non è mai diventata un “Io”, muore attirando su di sé l'attenzione di tutto il paese. Un personaggio che vive in funzione dell'altro, lontano da se stesso … un'esistenza completamente filtrata dalla depressione. Quale più totale espressione di puro narcisismo è l'autosoppressione? Il libro non è sicuramente una lettura leggera e qualcuno potrebbe temere di impantanarsi ancora di più leggendo questo capolavoro letterario e quindi sprofondare in questo luogo misterioso e oscuro come quello depressivo, ma credo sia molto più importante sapere che tanti hanno vissuto o vivono questa terribile condizione … che tutto sommato non siamo poi così diversi dagli altri, che non siamo caduti in basso e tanto meno soli in questo mondo complesso in cui a volte è davvero difficile sopravvivere per chiunque.

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n altro aspetto fondamentale nel processo terapeutico è l'atteggiamento del soggetto di fronte alla malattia. Al momento in cui gli si comunica il suo stato patologico e successivamente (fisico – psichico), le reazioni dell'interessato possono essere di tre tipi: accettazione, rifiuto, compiacimento. L'accettazione può essere fiduciosa e cieca, lucida e cosciente, passiva o coraggiosa. Le inquietudini personali e quelle dei familiari permettono di dare un nome, un oggetto, all'ansia che origina dal sapere di essere malati e le danno una provvisoria soddisfazione. Anche l'intervento dello specialista, se ben considerato e stimato, riesce per un tempo relativamente breve a calmare quest'angoscia (vedasi ancora una volta il transfert). E' questo un atteggiamento immediato


en diversamente sarà nei giorni successivi, di fronte al disagio che modifica la sua vita e a seconda che il soggetto si rassegnerà o accetterà di esserlo. Sono due atteggiamenti molto diversi: rassegnarsi significa abbandonare la “posizione” propria di ciascuno, che caratterizza la singola persona; significa lasciarsi andare a “ruota libera”. Per contro, accettare significa assumersi la malattia di cui si è affetti, farla propria e trarre, per così dire, il miglior profitto possibile, cercando in ogni modo - guardandola ben direttamente in faccia - di mettersi d'accordo con essa e di non lasciarsi gestire, annullare, dominare ... sopraffare.


Risultati immagini per rifiutare la maloattia nei dipinti antichiIl rifiuto invece può essere esplicito o mascherato. Il rifiuto esplicito è raramente travolgente o violento, salvo in alcuni individui particolarmente intolleranti. Più di frequente il soggetto si limiterà a negare semplicemente il suo stato. Nel pensiero magico o nella 'psicosi' questa negazione ha come effetto di cancellare la solitudine che si sta creando (pensiero non basato su criteri logici … vedasi lo sviluppo cognitivo secondo Piaget)


i conseguenza il soggetto “rifiuterà” non soltanto la diagnosi o quel quadro clinico più o meno drammatico, ma anche le cure necessarie. Questo atteggiamento, piuttosto frequente, si nasconde spesso dietro fumose cortine di modi di fare pseudo – razionali. Il diniego mascherato, in genere inconscio, si esprime con manifestazioni di intolleranza ed è più frequente del precedente (accettazione). Il soggetto piuttosto confuso e disorientato si dimostra incapace di adattarsi a nuove regole, a nuove carte distribuite dalla sorte, al “gioco” imposto dalla nuova situazione che appare senza via di uscita. Non si può nascondere che la malattia abbia un “senso”, determini sempre un rimaneggiamento della personalità, cambiamento che può essere fattore di un arricchimento come ogni nuova esperienza, quando ovviamente il soggetto sia ben integrato: offrire un'opportunità (non una certezza) di cambiamento più lineare o salutare. La malattia, qualunque essa sia, altera completamente l'omeostasi e alcuni parametri vitali. Un fenomeno che, volenti o nolenti, emerge dalla profondità, vuole a tutti costi mostrarsi, essere preso in considerazione. E' importante essere attenti e comprendere - sempre con cautela e non cercare mai ossessivamente un senso dove non c'è - cosa spinge a fare o non fare. 


i rende, ad esempio, più aperto, più sensibile, più caloroso, più disponibile rispetto allo stile di vita precedente? Quali sono ora i miei sogni e i miei progetti? Come sono ora i miei affetti e le mie relazioni? Quello che importa comunque non sono tanto le risposte a tali quesiti, ma il modo di pensare e di fare ora in tempo reale (mente – corpo): attivare se necessario un altro stile di vita, mettere in cantiere rapporti più genuini, “sani”, naturali e spontanei. Il dolore comunque irrompe e distrugge ogni schema esistenziale, modifica ogni cosa: ci manda in crisi e ci rende più fragili e deboli … ci butta nel vortice depressivo. La malattia colpisce l'individuo nella sua totalità e non solo a livello di un certo “organo”.
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Tutte le strategie per combatterla sono messe in atto per non fotocopiare, non riprendere la vita precedente, continuare la solita routine: l'angoscia si presenta con tante facce e, alla fine, può somatizzarsi in tanti modi diversi … colpendo comunque l'elemento più debole (apparato, organo). Il rischio maggiore, in questi casi delicati, è che un alcolismo di compensazione faccia la sua presenza: cerchi frettolosamente di sedare o gestire tale irrequietezza. Quanti avevano una vita molto attiva o soltanto frammentaria, disritmica, fanno sicuramente più fatica a piegarsi a queste esigenze per loro totalmente nuove e, soprattutto, che frenano il loro stile di vita precedente troppo frenetico o “compulsivo”


l carattere un po' caotico della loro vita abituale, che già esprimeva un certo squilibrio psicosomatico, li rende ora poco disponibili ad adattarsi. Malgrado la loro miglior buona volontà, a volte reale, essi non riescono a piegarsi al nuovo modo di vivere; la loro tensione nervosa è tale per cui avrebbero tutto da perdere se si integrassero con la malattia. L'adattamento è spesso più chiassoso, sotto forma di manifestazioni psicosomatiche, di crisi di attacco di panico, che hanno il sigillo della frustrazione e già fanno trapelare la ricerca di un “vantaggio dalla patologia”, di cui è già stato detto nei precedenti articoli. I tentativi di suicidio, infine, sono estremamente rari, anche nel caso della rilevazione di gravi malattie. In genere, avverranno più tardi; il tutto è sempre in funzione della personalità e dei legami affettivi familiari solidi, autonomi e genuini del soggetto (figli, genitori, lavoro e relazioni sociali gratificanti … sicuramente sono anche una spinta al cambiamento e alla vera guarigione). 


n questo periodo iniziale si osserva piuttosto un abbozzo di suicidio, più o meno sincero, facilmente inserito in una certa messa in scena, un ricatto, come dire, un po' teatrale, ma che non è mai privo di rischi. Non si ripeterà mai abbastanza che la comunicazione di uno stato di malattia non può essere lasciata al caso, in mano all'improvvisazione, ad “imbroglioni”, anche se non può essere sempre data in modo semplice ed univoco. Essa, lontana da ogni menzogna, deve essere fatta con sensibilità, tatto, garbo, coinvolgimento, rispetto per il soggetto e tutti coloro che potrebbero supportarlo in modo costruttivo, adattandola soprattutto al suo quadro clinico (personalità … una corretta diagnosi psicologica non dovrebbe mai mancare nella cartella clinica). Bisogna comunque ripetere fino alla noia che ogni caso fa a sé e, quindi, il saper gestire tale comunicazione varia da persona a persona e in base a chi si ha di fronte: un individuo già debilitato non è in condizione di sopportare un certo verdetto schietto e diretto; la pura “verità” - che può non essere recepita nella sua vera complessità - lo getterebbe in un atroce forma di angoscia profonda che si potrebbe certamente, con i verbi giusti, evitare; in breve, una evidente mancanza di tatto e di carità da parte del professionista.

Risultati immagini per gioire della malattia nelle fiabe Il compiacimento nell'essere malato invece si traduce in una tendenza a valorizzare la malattia. Più che parlare di masochismo, molto raro, bisogna pensare ad un certo narcisismo, al quale pochi sfuggono. Ciascuno, paradossalmente, cerca di dare importanza alla propria malattia e questo è un motivo inconscio di valorizzare se stessidi ricevere finalmente quell'attenzione sempre desiderata ma mai avuta (non a caso l'ospedale per alcuni rappresenta un luogo di protezione, consolazione ed aiuto non solo per “situazioni” difficili … una “grande” madre che accudisce e protegge il proprio figliolo).


enso non ci sia terapeuta che non abbia tra i suoi ricordi espressioni di questo tipo: “Mi dica pure con franchezza, lei non aveva mai visto una faccenda simile … non sono un caso facile, vero?”, “La mia è una tragedia, sono davvero un caso raro, di eccezionale gravità … per fortuna ora sono qui … senza dubbio il suo intervenuto è proprio in zona Cesarini”. Nessuno è insensibile al fatto di essere - o di trovarsi di fronte - “un caso raro”. Si potrebbe paradossalmente aggiungere che quando non si ha quello che si ama, bisogna amare quello che si ha: in questo caso la malattia, in mancanza della salute. Una reazione molto nota riguarda la disponibilità affettiva.

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i parla molto spesso dell'egoismo dei malati e della loro astenia affettiva. Altri, al contrario, hanno posto in evidenza una loro iperestesia ed una loro morbosa sensibilità. La realtà va al di là di questa apparente contraddizione. C'è in effetti una disponibilità affettiva: il soggetto aveva stabilito con i suoi e con l'ambiente circostante legami talvolta vecchissimi. Questa grande esigenza affettiva, ripartita su un certo numero di oggetti, era nel suo insieme soddisfatta e ben fissata. Essa diventa ora libera e disponibile in ragione della rottura determinata dalla malattia e dello sradicamento brutale che hanno inciso sul vivo


a questa situazione nasce un'angoscia diffusa dei primi momenti e l'ipersensibilità che è piuttosto la messa a nudo di una preesistente sensibilità. Questa affettività liberata non può restare a lungo disponibile; essa cerca di fissarsi di nuovo, e due vie le sono possibili. Qualche volta il circuito si chiude, le esigenze affettive vengono investite sul soggetto stesso, generando un egocentrismo che raggiunge spesso le punte di uno spiccato egoismo: è allora che si osserva il ripiegamento su se stessi, il rifiuto di ogni preoccupazione, di ogni pensiero che riguardi gli altri ed infine l'assuefazione. L'istinto di conservazione è alla base di questo offuscamento delle nostre reazioni affettive; la sofferenza che si prolunga nel tempo, per il fatto stesso della durata, finisce per sminuirsi nella sua totalità fino a distruggersi, per così dire, a danno evidente del deterioramento profondo della personalità totale. Altre volte, al contrario, questa affettività disponibile si proietta e si fissa sul mondo esteriore. L'inerzia e l'immaginazione orientano allora gli investimenti affettivi, non sempre in modo felice né molto altruista. Il sentimento di solitudine diventa insopportabile al soggetto, anche quando si trova tra i suoi ed egli ricorrerà ad un altro punto di riferimento, che in genere è lo specialista se ben visto e stimato (transfert positivo).
 
Risultati immagini per l'ansia nei dipinti del medioevoL'ansia non può restare fluttuante; essa deve trovare un investimento e si indirizzerà o verso il mondo esterno, sotto forma di aggressività più o meno latente, mascherata dietro ragioni che sono spesso solo dei pretesti, oppure si rivolgerà contro il soggetto, sotto forma di reazione depressiva, che la malattia spesso legittima, ma che può assumere dimensioni eccessive, quando finisce per esprimere solo ansia. In altri casi porterà il soggetto a comportamenti fallimentari, quando il suo psichismo è strutturato in maniera tale che egli cerca con tutti i mezzi di non realizzare quanto egli sostiene di voler fare. Più avanti con la sublimazione, il soggetto può superare la malattia, cercando di farne buon uso, ricavandone sul piano sociale, umano, morale o spirituale benefici secondari, lodevoli e legittimi. La compensazione è una sana reazione: essa ha lo scopo di controbilanciare, su un differente terreno, l'inferiorità supposta o la difficoltà incontrata, quasi a stabilire un equilibrio


emostene, ad esempio, grande politico e più tardi ottimo oratore ateniese, essendo balbuziente fin da piccolo per superare questa sua difficoltà era solito allenarsi a parlare con dei sassolini in bocca per professare, appunto, in età adulta, l'arte oratoria. L'opposizione, infine, è una manifestazione esplicita di aggressività. E' il rifiuto della malattia. Più di frequente essa si esprimerà con una rivendicazione individuale e si limiterà ad un comportamento brontolone, a manifestazioni di cattivo umore di breve durata. Tra il patologico, la malattia, ed il ritorno alla normalità non ci sono confini ben definiti, così come tra il normale e il patologico. L'uomo tutto intero coinvolto nella malattia, può uscire segnato ma, molto più frequente di quel che si pensa, anche più forte di prima … con nuovi stili di vita, uno sguardo diverso, curioso, aperto e disponibile e, soprattutto, con modi di fare più consapevoli e spontanei. 
 
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orniamo ancora una volta a noi, al tema principale. Accanto al triste e doloroso stato depressivo esiste un altro mondo emotivo caratterizzato da un atteggiamento particolarmente sciolto” e molto più leggero, di spensierata euforia, di immotivata ed esagerata fiducia in se stessi; una grande energia e allegria che a lungo andare confonde e stanca l'interlocutore, anche se, a volte, per molti può essere un interessante modello sociale ideale da seguire, con cui identificarsi.

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Un personaggio che, considerata la sua vivacità ed esuberanza, non disdice l'uso frequente del 'calicino' e droghe varie per rallentare in qualche modo la sua vita spericolata” ed esagerata”; un bere smodato che, nonostante l'umore alto, serve a calmare una notevole angoscia esistenziale, reggere una precaria stabilità, gestire un'anima piuttosto fragile, vincere una profonda insicurezza e disistima. Ricordiamo ancora una volta che la situazione che troviamo intorno a noi da piccoli struttura, o meglio condiziona, il nostro sviluppo futuro: influenza comportamenti, atteggiamenti, schemi mentali e modi di pensare. Seri conflitti o privazioni, infatti, bloccano la nostra capacità di evolvere … congelano ogni condizione fisica e psichica (chimica, ormonale, elettrica). Trovarsi di fronte a conflitti minori o affrontare certe sfide più o meno complesse possono invece dare stimoli maggiori alla crescita delle nostre vere potenzialità e risorse


n questo modo, alcuni sentimenti che crescono, non solo si svilupperanno bene e in modo armonioso, ma daranno un senso diffuso di soddisfazione e vitalità, un prezioso slancio alla voglia di fare. Là dove alcune nostre capacità sono state limitate, o sono comunque deboli”, la struttura psicosomatica sarà in difficoltà, bloccata o poco attiva o, chissà, magari troppo disorganizzata”. Il bambino ha bisogno di regole, di confini netti, ma anche di flessibilità. L'ambiente caldo e ricco di stimoli è fondamentale per uno sviluppo armonioso e sano. Un ambiente troppo duro, poco tollerante, caratterizzato da voce dura e alta, pieno di pregiudizi e incomprensioni diminuisce nel piccolo la capacità di sincerità, di apertura, di onestà . Il terrore di una eventuale punizione spinge alla bugia, alla finzione, al sotterfugio (la menzogna è sempre e solamente un segnale: il segno che il fanciullo non si sente più completamente in confidenza con le figure di riferimento; a torto o a ragione, egli immagina che l'altro non può comprenderlo). 


uindi, bisognerà innanzitutto adoperarsi per ristabilire la 'vecchia' fiducia. Quando è possibile, il cucciolo va compreso e visto come un boy scout, un grande esploratore della vita e aiutato con empatia a risolvere gli errori che gli capiterà di fare; tutte cose che ognuno di noi nel bene o nel male deve affrontare e superare nel modo più vantaggioso possibile per godersi e amare la vita così com'è: raggiungere maggior soddisfazione, benessere e felicità. Repressioni, traumi, conflitti dell'epoca dello sviluppo hanno conseguenze importanti e lasciano ferite che avranno bisogno di molto tempo per rimarginarsi. E' fondamentale, senza insegnare niente a nessuno, rendersi conto che, nonostante i piccoli chiedano e vogliano maggiore indipendenza, ci possono essere difficoltà serie se essi vengono spinti troppo presto e con eccessiva forza nella vita delle responsabilità adulte, dove tutto quel che è infantile viene ridicolizzato o sottovalutato. Il piccolo ha bisogno di una sottile, crescente indipendenza e allo stesso tempo di essere tenuto per mano, al guinzaglio con dolcezza e amore. 


a una fame insaziabile di fatti riguardanti il mondo che lo circonda e la sua maniera di funzionare. Le informazioni sono divorate e assimilate con grande rapidità e la caccia di altre notizie è continua … non bisogna sostituirsi a lui perché si sentirebbe completamente ignorato, non ascoltato non modo giusto. La qualità delle opportunità di gioco” riflette la libertà e i confini che un ambiente concede e offre a lui. L'opportunità o la libertà di esplorare è solo un aspetto. Ci devono anche essere confini che non devono risultare né troppo rigidi né troppo molli e permissivi. Gli estremi in entrambe le direzioni, possono portare a confusione, ad ansietà e insicurezze. Il ruolo dei genitori nella guida e nella protezione dei figli non è mai semplice. Se essi sono troppo ansiosi, troppo severi o iperprotettivi possono portare il figlio a diventare impacciato, pauroso o ribelle. Quando c'è poca guida il piccolo può diventare insicuro, perché incontrollato, si sente allo sbaraglio, non protetto: teme di non considerato e per nulla amato. Non ci sono formule o regole categoriche che aiutino a trovare il giusto equilibrio. Ogni fanciullo è unico e i bisogni di ciascun bambino sono diversi. Non c'è ambiente che non produca traumi, d'un tipo o d'un altro, che non produca blocchi, sfide … eccessive difese


e ce ne sono abbastanza” (“scosse”), per ciascun stadio della crescita - capite, affrontate e rielaborate - allora il risultato è salutare e c'è una grande voglia di conoscere, di vivere; i “turbamenti”, se ben gestiti, producono sentimenti calorosi e vivi che aprono a nuove opportunità, alle battaglie che la vita ci chiede di affrontare senza tante pretese … solo rispetto. Un modello relazionale caratterizzato da conflitti, ripetuti abbandoni o separazioni traumatiche (lutti, divorzi, violenze fisiche o emotive, critiche fuori luogo, scarsa attenzione a livello emotivo, eventi del tutto nascosti al piccolo, senza permettergli di rielaborare emotivamente e cognitivamente l'accaduto) lo troviamo in soggetti che hanno sviluppano una personalità chiamata maniacale. Chi inciampa in questo sofferenza presenta un comportamento di sfida, altezzoso, frenetico, apparentemente pieno di buone intenzioni e progetti fantastici per migliorare, a suo dire, una parte dell'ambiente o del mondo intero. E' un disturbo psichico consistente in euforia, buonumore scatenato, straordinaria fiducia in se stessi, iperattività continua. La persona che attraversa una crisi maniacale infatti è presa in un vortice continuo di idee, di iniziative, di movimento senza controllo e sosta. La mania può comparire poco prima o subito dopo un episodio depressivo (depressione bipolare), oppure può presentarsi isolatamente. 


entre la persona depressa è costretta a vivere la propria angoscia disperata fino in fondo, la persona maniacale cerca di sottrarsi a questa sofferenza con una specie di fuga continua, altrettanto disperata e inutile
. I maniaco – depressivi presentano cicli ricorrenti di stati d'animo. Nei casi tipici, passano da una fase di depressione e inattività ad una fase di esaltazione mentale con iperattività (vedasi il caso clinico di Alessandro). Quest'ultima fase è di solito seguita, e a volte preceduta, da un periodo nel quale essi sembrano più 'normali', e che viene generalmente descritto come un momento di sospensione” del malessere. In molti casi, questa fase apparentemente normale è caratterizzata da meccanismi ossessivi, e in realtà non è difficile scoprire tratti ossessivi nella personalità di tale quadro clinico. 


iò fa pensare che durante le fasi normali” e “intermittenti” il soggetto sia in grado di tener testa alle sue difficoltà emotive per mezzo di meccanismi ossessivi (rituali, pensieri, schemi mentali, idee), ma che durante le fasi depressive o maniacali ricorra a difese più primitive, e perciò manifesti forme di comportamenti più arcaici ('psicotici'). Nella mania, le reazioni depresse sembrano assenti, sebbene, ad un esame accurato, se ne possono spesso scoprire delle tracce e, in ogni caso, la sottostruttura è depressiva. Una condizione maniaca può apparire come un attacco sporadico, e in tal caso la prognosi dell'attacco stesso sarà spesso favorevole. Gli intervalli fra gli attacchi ricorrenti della mania variano notevolmente e la condizione può diventare cronica. Nella malinconia”, manca la fase esaltata, se non per quel tanto che essa è rappresentata da stati di depressione cronica grave e di radice profonda. S'intende che i mutamenti dello stato d'animo sono comuni fra gente che non presenta nessun segno di disagio emotivo, e perciò la sequenza delle fasi nella malattia bipolare” leggera è considerata a volte come una esagerazione delle alternanze normali del sentimento.
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Inoltre, è noto a tutti che quando delle persone “normali” debbono subire stati prolungati di stress, umiliazioni o delusioni, esse tendono a reagire dimostrando un diminuito interesse alle cose della vita; ed è anche noto che esse cercheranno qualunque sollievo della loro tensione con un particolare sfoggio di allegria, spesso però forzato e indotto artificialmente, come nel caso dell'ebrietà. La prova più convincente della natura narcisistica della depressione la si trova studiando la struttura maniacale che, a un esame superficiale, sembra presentare una completa antitesi del quadro depressivo. Il soggetto, infatti, si sente “bene” (euforia), pieno di energia e voglia di fare, anzi direi proprio febbrilmente attivo. L'euforia spesso può raggiungere uno stato di megalomania, e l'attività diventare letteralmente frenetica.


l depresso soffre di una sembra una profonda perdita della stima di sé, mentre il maniaco sembra aver acquistato una misura esagerata di fiducia, una immensa ed esagerata stima di sé. La sua vitalità appare sovrabbondante, in contrasto con la condizione arida, svitalizzata e vuota del soggetto depresso. In entrambi casi, però, le manifestazioni sono davvero esagerate, abnormi. L'amor di sé enormemente esagerato del maniaco è altrettanto un segno di debolezza quanto l'apparente mancanza di amore di sé del depresso. Ciò è confermato dalla fugacità delle idee, delle azioni e dei rapporti con gli oggetti che si manifesta nei casi maniacali. Le attività mentali di cui volta a volta si tratta sono letteralmente sfuggenti”, e manifestano una scarsissima capacità di veri rapporti con l'oggetto, il che è sempre il segno di un debole sviluppo della personalità. Entrambi i tipi presentano le reazioni di carattere della dominazione e dell'oppressione emotiva: indici inconfondibili di una struttura emotiva malsicura e vorace. Certi depressi, oltre ad avere idee aberranti circa la propria “inamabilita”, accusano apertamente i loro familiari di non amarli, di non comprenderli … di non capire completamente il loro profondo dolore. 


'importanza dei fattori narcisistici e istintuali nella depressione può essere confermata dallo studio di quei casi in cui si può individuare un fattore precipitante; generalmente parlando, un insuccesso nel lavoro o nell'amore, di tipo traumatico, può provocare una depressione (insuccesso negli affari, perdite di denaro o di reputazione, situazioni che danno origine al rimorso, delusioni nei rapporti amorosi o perdita di oggetti d'amore, morte di persone cui il soggetto potenzialmente depresso era emotivamente molto attaccato). La reazione traumatica primaria, allora, dà origine a una regressione e lesione narcisistica. In molti casi non si potrà scoprire nessun evidente fattore precipitante, e il caso apparirà di tipo più endogeno che non reattivo. Uno studio più attento, però, indica che esistono fattori precipitanti i quali hanno ottenuto un effetto per il tramite del loro valore simbolico; ossia, la mente inconscia ha scoperto una situazione che minacciava una perdita e l'ha interpretata in termini di mancanza od offesa traumatica: il soggetto potrà allora manifestare idee aberranti di perdite di denaro o di povertà. Una simile identità inconscia fra il cibo, il denaro e l'amore, si osserva in casi di delinquenza giovanile, tossicodipendenza e, in un senso più negativo, nella paranoia


'esistenza di fattori predisponenti costituzionali, nonché organici, viene generalmente data per certa, ma su questo aspetto della malattia ci sono ancora molte cose da dire e da chiarire: non sono state fatte osservazioni univoche e precise (non bisogna mai dimenticare che si “trasmettono” cellule ma anche cultura, modi di pensare, idee e comportamenti). E' tuttavia facile stabilire la presenza di certe predisposizioni psichiche e tendenze funzionali, e in particolare di un'incapacità di resistere a tensioni traumatiche. Non soltanto il depresso reagisce male a stati di frustrazione, ma sembra incapace di sopportare il minimo indugio delle soddisfazioni istintuali. Egli manifesta anche una certa ipersensibilità al dolore psichico, ed è perciò molto facilmente “toccato” spesso si troverà una storia di precoci malattie fisiche riguardanti le funzioni nutritive. In generale, ci sono buone ragioni per supporre un eccesso costituzionale di masochismo primario.
Risultati immagini per psicosi maniaco depressivaI maniaci più gravi, invece, per rendersi la vita meno sgradevole, usano meccanismi che allontanano dalla realtà (psicotici), li fanno sentire onnipotenti: si sentono immortali e sono convinti che in nessun modo potranno essere feriti. Astuti nel trasformare, attraverso il meccanismo di difesa del diniego, situazioni dolorose con tinte umoristiche; risulta per loro più facile ribaltare o negare emotivamente certe ferite dolorose in un atteggiamento più spensierato e positivo una strategie per superare certi limiti e disagi affettivi (gestire ad esempio la perdita di una persona cara con una certa ilarità … sorridere ad un funerale … ridere in una situazione imbarazzante … sorridere per contrastare momenti difficili e scomodi); presenta spesso notevoli difficoltà ad avvicinarsi emotivamente a situazioni serie. Un soggetto comunque con un cervello brillante, pieno di idee e programmi a getto continuo ma sempre con risvolti eccessivi, esagerati, negativi e colmo di insane passioni … fino ad arrivare prima o poi allo sfinimento, all'inevitabile esaurimento; un 'esibizionismo' sfrontato apparentemente fatto di garbo, spigliatezza e buone maniere. 


n pensiero imbizzarrito che non distingue più tra ciò che è reale e ciò che è fantasia: il parlare è veloce e del tutto incoerente, non segue nessuna logica e passa da un argomento all'altro con estrema facilità. Un personaggio che zigzagando tra euforia e tristezza, con i suoi bassi e alti portati agli estremi, si presenta attivo, agitato, disordinato e poco lucido, spensierato ma anche pieno di guai imprigionato nella confusione più totale. Dominato da eccessiva euforia può imbarcarsi in progetti grandiosi e pericolosi, per poi lasciarli il più delle volte a metà, abbandonarli come se niente fosse, senza nessun ripensamento. Poiché tale disagio compromette il potere di giudizio, questi soggetti che ne sono affetti rischiano il più delle volte di prendere decisioni impulsive, con conseguenze disastrose: non rispettano scadenze, sfidato le proibizioni, spendono di più di quello che hanno a disposizione e, soprattutto, aggrediscono violentemente tutti coloro che si mettono di traverso nei loro progetti insensati … tentare di farli ragionare è del tutto inutile.
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E' l'altra faccia della medaglia depressiva (il suo opposto) che spesso, al suo esordio può sfuggire a chiunque, non viene presa in considerazione per i suoi stati d'animo apparentemente spensierati, allegri e felici: quello stato patologico drammatico definito dagli addetti ai lavori “mania”. La mania si esprime in due modalità reattive: euforica e disforica. Nella forma euforica lo stato d'animo è pervaso di ottimismo, creatività, potenza ed energia illimitate: la vita diventa un gioco, offre possibilità innumerevoli, tutto ciò che la fantasia riesce ad immaginare è teoricamente realizzabile.


ltrettanto comune, ma molto meno gradevole, è nella sua forma disforica: accanto all'elevazione del tono dell'umore ci sono irritabilità, agitazione, stato di continua eccitazione e, contemporaneamente, frustrazione, momenti di depressione e paranoia (vedasi padre di Eleonora). In forma leggera (ipomaniacalità) può essere difficile per molti riconoscere i vari tratti patologici in maniera chiara e precisa. Un modo di fare comunque - anche nella sua forma down - sempre eccessivo, esaltato, agitato, spensierato ed inconcludente da non sottovalutare mai perché dannoso e pericoloso per il soggetto stesso e per gli altri. Poiché una sofferenza di questo tipo preclude la possibilità di condurre una vita normale è sempre il caso di chiedere un aiuto qualificato. 


on bisogna mai dimenticare che una gestione equilibrata dell'emotività e una corretta alimentazione rinforzano le difese immunitarie, rendono più felici e, soprattutto, allungano la vita. La prima mossa da fare quando il disagio emotivo appare serio è di cercare un aiuto professionale che possa aiutare ad esprimere le sensazioni e a sviluppare modi nuovi per reagire a situazioni difficili. Una problematica complessa come quello dello stato depressivo non può accontentarsi di risposte semplicistiche. Condurre questi soggetti a cogliere il significato della loro sofferenza rappresenta la vera posta in gioco. Si può rinunciare, infatti, solo a ciò che si è compreso; sapere, quindi, di che cosa si soffre non soltanto riduce l'angoscia che ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci alternative alla rassegnazione, alla disperazione e può mettere in campo ottime strategie di intervento.

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E' stato detto più volte in questi articoli che una vita senza riflessioni, poco esaminata, per nulla vissuta, offusca i rapporti quotidiani e la visione del mondo: diventa banale, intricata, difficile, completamente aggrovigliata.



lcuni filosofi “estremisti” direbbero, senza pensarci su due volte, che non merita di essere vissuta. Conoscere noi stessi, comunque, rende il nostro cammino terreno particolarmente realistico, ogni gesto quotidiano più interessante, importante, significativo … per noi stessi e per gli altri. In questo modo aumentiamo la possibilità di modificare i limiti, abbattere gli ostacoli che restringono in qualche modo il nostro spazio di libero movimento e, soprattutto, sviluppiamo meglio i punti di forza. Nell'universo non c'è nulla di completamente appartato, solo o isolato, e ognuno di noi, quando la propria personalità è in ottima salute, fa affidamento sulle altre per vivere in maniera più completa, armoniosa e soddisfacente. 


olti sono gli strumenti utili per conoscerci meglio, mantenerci in buona salute e, quindi, vivere bene con noi stessi, gli altri, con il mondo intero. Anche il cibo, comunque lo si giri, con il suo specifico principio attivo, rientra in questo tipo di “saggezza”. Per alcuni è un potente “farmaco” a tutti gli effetti: “cura” la mente e il corpo in ogni sua parte (il 70% ca delle difese immunitarie sono presenti nell'intestino). E' fondamentale per chiunque rendersi conto di come il cibo possa influenzare sia l'umore sia la salute a livello generale. Quello che si ingerisce, creando una buona funzionalità a livello psicosomatico, può essere responsabile di come ci si sente realmente. Sostituire gradualmente i cibi che in eccesso producono tossine, scatenano agitazione e ansia è sempre una buona mossa per gestire l'umore e affrontare con energia le sfide della vita. Se l'alimentazione è scadente o inadeguata, potrebbe essere utile chiedere ad un professionista qualificato vitamine ed integrazioni dietetiche. 


eguire una alimentazione salutare e bilanciata contribuisce a rafforzare la struttura psicosomatica a resistere allo stress e agli sbalzi d'umore (complesso vitaminico B, potassio, magnesio, zinco, fosforo, vit. C, E … la vit. B1 - tiamina - è fondamentale per la produzione di energia, il metabolismo dei carboidrati e, soprattutto, per la funzionalità delle cellule nervose, quando manca si è stanchi e depressi; la vit. B6 - piridossina - è coinvolta nella formazione delle proteine organiche, dei trasmettitori chimici del sistema nervoso centrale, dei globuli rossi, fondamentale per l'equilibrio ormonale e la funzionalità immunitaria, una sua carenza è caratterizzata da depressione, convulsioni, intolleranza al glucosio e a un significativo calo della funzionalità nervosa; la vit. B12 - cobalamina - importante per la sintesi del DNA, una sua carenza porta a una diminuzione della funzionalità nervosa: danneggia la funzionalità mentale).


iò che si mangia modifica la chimica cerebrale e influisce sull'umore (anche un solo pasto può mettere in moto un processo bio – chimico importante). Sta diventando sempre più evidente e chiaro che la chimica e le funzioni cerebrali possono essere influenzate nel senso negativo o positivo a seconda di quello che ingurgitiamo. Un'alimentazione sana e specifica è in grado di stabilizzare l'umore, esaltare i tratti positivi della personalità, rendere le funzioni cognitive migliori e aumentare l'efficienza mentale. La quantità e la qualità determinano, nel bene o nel male, sempre un cambiamento metabolico.


carboidrati semplici (zuccheri raffinati entrano in circolo più velocemente) e complessi (prodotti integrali: riso, mais, miglio, frutta, lenticchie, fagioli … entrano nel torrente sanguigno lentamente durante la giornata) sono mutati in glucosio (assimilati dai villi intestinali) quando risultano in eccesso - oltre ad essere assorbiti - sono trasformati, dietro stimolazione dell'insulina, dal fegato, in grasso saturo (Ldl) … ecco perché è importante mangiar bene - conoscere la quantità di glucosio contenuta nei singoli alimenti che andranno a stimolare il pancreas a produrre l'insulina - ma soprattutto far funzionare a meraviglia la cellula epatica. 


carboidrati che si trovano nei cereali integrali stimolano la produzione di un neurotrasmettitore importantissimo per l'umore (serotonina), che produce sensazioni di benessere e di pace interiore. Tale ormone calma l'ansia, schiarisce la mente, allevia la depressione e favorisce il sonno. In realtà, ci si sente più lucidi, più rilassati, meno stressati e molto meno distratti dopo un buon pasto di questi carboidrati integrali (sempre però in equilibrio con le proteine); una alimentazione bilanciata con certi nutrienti, quindi, non solo può ridurre la sensazione di stress e di tensione, ma può migliorare la capacità di concentrazione.


'assunzione eccessiva di cibi proteici, invece, aumentando la dopamina e la noradrenalina - due neurotrasmettitori che accentuano la sensibilità e l'aggressività, entrando in contrasto con quelli del buon umore - può abbassare il livello cerebrale della serotonina (la serotonina è un neurotrasmettitore fondamentale per molte funzioni fisiologiche: sonno, comportamento sessuale, aggressività e disturbi del comportamento alimentare e depressivo). E' importante mantenere ad ogni pasto un giusto equilibrio tra carboidrati e proteine: i primi sono importanti per fornire energia a cellule nervose, muscolari ed eritrociti, il secondo composto organico risulta fondamentale per ricostruire e sostituire il materiale biologico invecchiato (fini plastici)


na alimentazione disordinata (eccesso, difetto, junk food) crea una disfunzione cellulare: una serie di squilibri metabolici che mettono in pericolo la salute ... e, quindi, non solo disfunzioni enzimatiche, neuronali ed ormonali, che il corpo intelligentemente cerca di correggere fin che può, ma anche l'inizio di malattie degenerative. Anche un'alimentazione distratta e disordinata può remare contro una corretta assimilazione, rallentare, ostacolare o rendere nemici tra di loro i vari principi nutritivi regolarmente introdotti. Quando si mangia in maniera poco corretta si verifica una carenza nutritiva oppure una vera e propria aggressione chimica al metabolismo, sono messe in pericolo centinaia di funzioni (nervose, enzimatiche, ormonali); l'organismo non avendo la corretta quantità e i giusti dosaggi, perde la sua funzionalità, viene aggredito dai radicali liberi ... e dallo stress (non si deve dimenticare la lotta anche con gli additivi, spesso tossici, contenuti nei vari alimenti). E' corretto selezionare i cibi, cosa si mangia, ma altrettanto importante è conoscere tutte le sostanze presenti in essi e come reagiscono tra di loro (carico glicemico, sali minerali, vitamine).


l caffè ad esempio è uno dei mostri sacri della nostra alimentazione ma, se preso in eccesso, non è privo di effetti indesiderati che possono boicottare o ostacolare l'assimilazione di altri nutrienti (funzionalità) … chi soffre di panico o i veri 'caffeinomani' conoscono molto bene certi suoi danni (stimola le ghiandole surrenali a produrre adrenalina). Tale bevanda, inoltre, quando si esagera, non solo diminuisce la biodisponibilità di certi nutrienti, ma determina effetti anche 'pericolosi'; la caffeina entrando in conflitto con altre sostanze può rallentare l'omeostasi o bloccare il loro assorbimento. Un eccesso di tale bevanda può far “male” a molti composti chimici (sostanze organiche): tiamina, riboflavina, magnesio, potassio, calcio


uando non si mangia correttamente il corpo segnala sempre un certo malessere, la sua non corretta funzionalità, che non funziona bene, che non ha una certa stabilità ed equilibrio; questi segnali sono chiari e precisi: odore, stanchezza, gonfiore, gas intestinale, respiro corto, rossore, sete continua, febbriciattola, urina (odore e colore), feci molli o stipsi, eruzioni cutanee … tutti problemi che possono essere evitati e risolti - quando non sono sottovalutati o trascurati - utilizzando una corretta alimentazione e modificando il proprio stile di vita. Non bisogna mai dimenticare che ognuno di noi sviluppa nel tempo una preferenza per determinati cibi. E' meglio lasciar mangiare ciò che si desidera piuttosto che non mangiare niente. Anche la consistenza del cibo è importante per coloro che sono svogliati e tendono ad alimentarsi poco; alimenti che richiedono meno abilità per essere assimilati, piccoli bocconi ad esempio, si mangiano più facilmente di una grossa bistecca.
 
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a come bisogna mangiare? Il primo passo è rivolgersi sempre a persone qualificate, aperte, che non confondono mai il loro operato con soluzioni magiche ... competenti mai “estremiste”, ma soprattutto che tengono conto degli aspetti psichici ed emotivi … che considerano l'individuo che mangia nella sua unicità, GUAI isolarlo dai suoi contenuti emotivi. Ho sempre insistito sulla necessità di masticare con cura gli alimenti in modo tale da ottenere un'assimilazione più completa possibile e non imporre allo stomaco (che dispone solo dei succhi gastrici) il lavoro che dovrebbe essere espletato dai denti … una masticazione che trasforma totalmente in pappetta liquida gli alimenti prima di essere inghiottiti. Tale procedura, sempre a mio parere, presenta numerosi vantaggi: una diminuzione globale della quantità di alimenti assorbiti, una buona salute orale e la diminuzione delle feci dovuta all'assenza quasi totale di rifiuti alimentari. Lo so, è difficile da mettere in pratica, sembra un'operazione alquanto strampalata e può essere realizzata con possibili risultati positivi solo da quegli “ammalati” che non tollerano il minimo rifiuto nel tubo digerente. Una masticazione da 25 a 30 volte per boccone potrebbe essere sufficiente. Qualora si vada di fretta, risulta più vantaggioso mangiar meno che mangiar male. Non è indispensabile osservare un completo silenzio durante i pasti. Chi mangia da solo spesso mangia troppo e in fretta. Una conversazione pacata su un argomento piacevole favorisce quel rilassamento che facilita una digestione più agevole. Per contro, non bisogna mai agitarsi e discutere animatamentese è possibile scegliamoci i commensali! Attenzione alle regole dei naturisti, come ad esempio mangiare all'inizio del pasto tutti gli alimenti crudi, compresa la frutta: il bolo alimentare potrebbe essere talmente veloce da non permettere ai villi intestinali l'assorbimento di nutrienti e vitamine importanti.


a salute va conquistata senza sforzo. Ogni conquista comunque implica una lotta e le armi per il combattimento le dobbiamo scegliere noi. Sta sempre a noi sferrare l'attacco contro le idee sbagliate, i pregiudizi, le abitudine nocive. Spesso - e ciò rappresenta sicuramente l'aspetto più difficile - ci si deve scontrare con familiari, colleghi ed amici … subire rimostranze e sarcasmi. Si passerà per un fenomeno originale, se non strano, per quello che non fa nulla come gli altri, forse addirittura per un “diverso”. Ma che importa! Quando i risultati saranno visibili, si faranno sentire, si verrà ampiamente ricompensati, non dall'opinione pubblica, ma semplicemente dalla nostra energia e vigore: la salute migliorerà a vista d'occhio, gli scherni diverranno meno frequenti ed alcuni, sprovvisti di conoscenze importanti, arriveranno al punto di seguirci


nche se costituiscono un aspetto collaterale, vanno sempre coltivati l'esercizio fisico, la vita all'aria aperta, l'aria e il sole … diventano strumenti poco utili solo se si continua ad assorbire un nutrimento tossico. Una alimentazione corretta, conforme alla nostra fisiologia è la carta vincente, senza la quale ogni altro sforzo è vano; prima di raggiungere tale stato bisogna sempre rimettere in sesto un organismo minato da anni di intossicazioni da alimenti e veleni vari; è possibile raggiungere un equilibrio organico perfetto soltanto dopo un periodo di tempo abbastanza lungo: non di diventa abili atleti andando una volta al mese in palestra o leggendo le note introduttive di un manuale di ginnastica aspettiamo prima di dire che quella “cosa” non è sufficiente, che una buona alimentazione non funziona o come dicono “alcuni” che il cibo non è un “farmaco”. Si ricorda ancora una volta che tutti gli articoli pubblicati hanno un solo obiettivo quello di informare, di fornire dati, dare indicazioni in modo tale che ognuno, in base al proprio bagaglio conoscitivo, possa verificare, scegliere e decidere, rivolgersi alle persone giuste, qualificate, e nel contempo allontanarsi dagli “estremisti”, da tutti coloro che per puro narcisismo e poca sensibilità sono interessati a “gonfiare” solo altre cose.
 
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e preoccupazioni, i conflitti in famiglia, la noia, le difficoltà pratiche di una vita di code, di traffico caotico e di rumore, il bisogno di piacere agli altri, le ambizioni professionali, le difficoltà economiche che in questo periodo storico si fanno particolarmente sentire, l'angoscia di vedere il tempo devastare il proprio corpo, distruggere la propria immagine, sono tutte cose che rendono un quotidiano difficile, stressante e, per alcuni, davvero raccapricciante; visioni e schemi mentali che rallentano la vita, stancano inutilmente, che aggrediscono improvvisamente e si attaccano come ventose tossiche ad ogni istante del giorno, che possono creare irritabilità, chiusura totale verso se stessi e gli altri; fanno vedere il mondo attraverso le lenti dell'incertezza, del sospetto, della diffidenza e della paura.


n breve individui “disorientati”, incapaci di vivere serenamente con se stessi ed il mondo intero, avere relazioni interpersonali interessanti, amichevoli, distese e fiduciose; modalità reattive che non aiutano per niente ad apprezzare la vita, anzi allontanano completamente dalla gioia e dal piacere delle cose semplici. Dominati continuamente da questi atteggiamenti bisogna, imparare, in fretta, a combattere le aggressioni della vita quotidiana, lo stress, le delusioni, la fatica, a salvaguardare il proprio buon umore e la propria salute; diventa allora indispensabile gestire, adottare strategie per far fronte a questi inganni e trappole mentali, cercare soluzioni dentro se stessi.
 

i sono molto strategie e tecniche per giungere alla conoscenza di se stessi, sviluppare una buona capacità di capire rapidamente gli altri, per sapersi mantenere in forma e attivare le proprie potenzialità fisiche ed intellettuali. Tecniche per imparare a trattare il proprio corpo con simpatia e rispetto, “nutrendolo” correttamente, nel fare le cose giuste e non permettendogli di diventare un pesante fardello, di essere perennemente in riserva, un motivo di ansia e di imbarazzo: imparare a conoscersi e a tollerarsi, diventando per se stessi un astuto terapeuta e un buon consigliere, aperto ed indulgente. Tecniche per riuscire a essere per gli altri anche un amico insostituibile, disponibile, gioviale, generoso, fidato, ma soprattutto libero e naturale, rispettoso della propria unicità. Molte tecniche, insomma, per acquisire quel particolare modo di fare disteso e calmo che è caratteristico di chi sta bene con se stesso e accetta di buon grado, con buon umore e affabile curiosità la diversità degli altri.

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Entriamo nel tecnico. Ci sono, infatti, nel paesaggio terapeutico, oltre ad una corretta alimentazione (vedasi articolo precedente), molte tecniche terapeutiche importanti che stimolando mente e corpo - riducendo l'ansia e i suoi effetti collaterali negativi - possono migliorare lo stato d'animo, rinvigorire lo stato sociale e l'attività immunitaria (biofeedback, ipnosi, massaggio psicosomatico, rilassamento progressivo); non solo prevengono la depressione del sistema immunitario ma riescono a stimolare e potenziare ogni relazione, aiutano con grande saggezza a combattere le minacce provenienti dall'esterno (stress, virus, batteri, parassiti … ma anche personaggi invadenti ed inconcludenti!); proteggere l'intero sistema psicosomatico quindi in tempo utile può essere vantaggioso a prevenire catastrofi, se non mettere al riparo da tormenti e malattie importanti. 


a prima tappa nella metodica terapeutica “distensiva” consiste nell'allenare e aiutare il soggetto a concentrarsi sull'interiorità. Aiuta l'individuo ad 'astrarsi' dal mondo circostante e accantonare per un po' di tempo le preoccupazioni, mettendole in stand by, facendole aspettare un poco, secondo le sue esigenze ed i suoi gusti personali, quanto basta al metabolismo e al cervello per ritrovare il loro equilibrio e la loro intimità. La strategia migliore per riuscire in questa astrazione è cominciare con tre respirazioni lente e profonde, che stimolano il sistema parasimpatico e allentano il brusio mentale, fanno pendere la bilancia verso il “freno” psicologico.
 
Risultati immagini per ipnosiATTENZIONE, la metodica terapeutica ipnotica non fa mai perdere il controllo, anzi rinforza il sistema immunitario, l'intero organismo, stimola sicurezza, crea armonia e lucidità; uno dei due emisferi cerebrali, dx o sx, è comunque attivo e sempre in contatto con l'operatore (dx: altamente creativo e intuitivo - arte, musica, spiritualità, mente femminile più sensibile alle sfumature emotive -; quello sx, invece, riguarda la logica e la razionalità - matematica, linguaggio, scienza, mente maschile -). 


erché l'effetto di queste respirazioni sia massimo, si deve accompagnare con attenzione il respiro fino al termine della fase di espirazione, poi fare una pausa per qualche secondo, finché l'inspirazione successiva si avvierà spontaneamente. Il respiro è un elemento basilare della salute e del processo di guarigione; se eseguito con una certa “insistenza” e regolarità è responsabile della pace interiore e dell'equilibrio bio – chimico (buon flusso sanguigno, ossigenazione). E' importante ricordare che gli esercizi di respirazione costituiscono un aspetto fondamentale e singolare nel programma terapeutico ipnotico. L'ipnosi, infatti, assieme ad un respiro corretto, sfrutta anche la “visualizzazione” (immagini) in quanto chiave di collegamento tra mente e fisico; nessuna parte del corpo e nessun processo patologico sono fuori dalla portata di questo strumento. In alcuni casi la visualizzazione può portare alla “guarigione” completa (equilibrio), in altri può aumentare l'efficacia delle terapie convenzionali diminuendone la “tossicità”. Per aumentare la probabilità che la tecnica funzioni, bisogna utilizzare immagini provviste di una 'forte' risonanza a livello emotivo. Non basta, ad esempio, sentirsi dire di immergere il proprio corpo in un liquido gradevole, caldo e profumato. E' molto più probabile che si riesca ad attivare il sistema immunitario se ci si serve di immagini cariche di emozioni, siano esse naturali o fantastiche. Questa metodica terapeutica non elimina nel soggetto né l'attenzione, né la percezione, né il tono muscolare. Risponde dolcemente agli stimoli verbali dell'operatore, che riesce ad “addormentare” alcune zone cerebrali mantenendo sempre, in altre, consapevolezza e lucidità. 


ur non essendo una tecnica pericolosa il suo percorso terapeutico non deve mai essere intrapreso da terapeuti inesperti e condotto in modo selvaggio. E' chiaro che i metodi approssimativi non sono mai consigliabili in nessun ambito: il terapeuta deve essere sempre ben preparato nella tecnica che intende utilizzare. Qui non si tratta di avere o optare verso una forma di terapia spensierata e ottimista ma, piuttosto avere di fronte un operatore che può diventare un pericolo pubblico; lo specialista non deve avere solo una discreta familiarità della situazione patologica, ma anche ottime conoscenze tecniche nel formulare un programma terapeutico per intervenire su quelle condizioni funzionali o psicosomatiche sempre con caratteristiche uniche.
Risultati immagini per ipnosiNon bisogna mai dimenticare che tutti i provvedimenti terapeutici dei disturbi emotivi sono suddivisi anzitutto secondo le tecniche impiegate e, sin secondo luogo, in base alla funzione o attività della mente verso la quale sono diretti. Dal punto di vista della tecnica, vi sono soltanto due forme principali di psicoterapia, e cioè la psicoanalisi con tutti i suoi derivati e le tecniche distensive. Queste ultime modalità terapeutiche sono rivolte principalmente ai sintomi di cui il paziente si lamenta; l'ipnosi fa parte di queste metodiche terapeutiche e, quindi, può fornire un contrappeso emotivo - attraverso elaborazione e catarsi - al sintomo o al fattore precipitante più ovvio, esplorando ampiamente i precedenti psicologici che hanno dato origine a quel singolare malessere emotivo e fisico.


'ipnosi, come ogni tecnica terapeutica distensiva, può indurre un rilassamento profondo e migliorare le condizioni biochimiche dell'organismo. Con l'ipnosi non si perde mai il controllo, ma lo si acquisisce attraverso il suo buon equilibrio bio – chimico raggiunto dall'organismo: allontana il chiacchiericcio mentale, aiuta a diventare più decisi, forti, lucidi e sicuri. Con questa metodica terapeutica, infatti, si può interagire su diverse funzioni cellulari e stimolare reazioni adeguate per un buon funzionamento mente – corpo; in breve, utilizzando a proprio vantaggio tutte le risorse psichiche, cognitive e fisiche a disposizione, si crea una situazione biologica in cui si producono reali ed importanti cambiamenti ormonali. Pur fugace e difficile da misurare, la realtà dei fenomeni ipnotici non è più contestata e, soprattutto, viene utilizzata con buoni risultati in ogni campo medico. D'altronde è una condizione psicofisica facile da produrre anche in numerosi animali. La trance, che può raggiungere vari gradi di profondità, comporta un rilassamento fisico completo, fenomeni di profonda distensione e anestesia.

Risultati immagini per ipnosiL'ipnosi medica viene usata ai fini sedativi e anestetici e, soprattutto, per certe affezioni psicosomatiche: disturbi del ritmo cardiaco, angoscia, asma, attacco di panico, obesità, ulcera gastrointestinale, disturbi urinari, impotenza, frigidità, dermatosi, ansia, depressione, disturbi ossessivi - compulsivi. Socrate diceva “Conosci te stesso”, questo è un assioma fondamentale per vivere in maniera discreta e consapevole. L'ipnosi è un mezzo per conoscere meglio il proprio 'Io', per aiutarlo a comprendere i suoi grandi tesori che spesso non sa di avere, a contenere le difficoltà esaltando i pregiche sono sempre tanti e, soprattutto, preziosi se si è in grado di “soffocare” quei giudizi di valore, quel chiacchiericcio mentale inutile, prolungato e molesto; importante per aprire le porte ai desideri genuini più profondi, a ciò che stimola gioia e felicità, produce benessere e generosità, tagliando fuori tutta la confusione delle ostruzioni mentali, delle idee fuorvianti su se stessi … tutti quegli inutili, ostacolanti ed improduttivi pensieri relativi a “dovrei” e non “dovrei”. Più la società si evolve meglio si apprezza questa metodica terapeutica in tutti i suoi aspetti scientifici. Come ogni terapia, la tecnica ipnotica deve essere sempre attivata da una professionalità indiscutibile; ogni intervento gestito da pressapochismo può ostacolare, attraverso un muro di razionalità o squalifica, questa meravigliosa e preziosa forma di intervento.


e la depressione, invece, è iniziata da molto tempo, è necessario un approccio analitico per individuare (assieme al paziente) i motivi dell'insorgenza e del perdurare di tale disagio. A questo punto è importante sottolineare che il discorso vale per la depressione clinica vera e propria e non per la sensazione di essere un tantino “giù” di corda che tutti proviamo, prima o dopo. Se la depressione è di carattere temporaneo e di tipo “reattivo”, cioè causata da determinati eventi (malattia, separazione, abbandono, divorzio), alcune tecniche ipnotiche - non solo per eliminare lo stress, ma anche per aumentare la fiducia in se stessi - potrebbero rivelarsi davvero efficaci. Una terapia comunque su misura non solo permette di far la pace con il mondo intero, ma facilita anche il fluire delle idee naturalmente, in maniera libera, spontanea e senza sforzo: si trovano facilmente le parole per esprimere pensieri e i gesti sono sempre rapidi ed efficaci.

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Questo è anche lo stato in cui si è più pronti ad adattarsi a qualsiasi imprevisto, perché la propria fisiologia è in equilibrio ottimale, aperto a tutto, e sa trovare le soluzione alle esigenze contingenti. La psicoterapia - come l'insieme di un procedimento terapeutico - può essere applicata a patologie sia fisiche sia psichiche. Sotto questo nome si devono quindi comprendere non solo i trattamenti psicologici destinati a correggere turbe psichiche, che d'altra parte rispondono a volte molto meglio a terapie organiche, ma anche le terapie puramente psichiche destinate a dare sollievo o risolvere turbe di natura fisica. Queste tecniche, a seconda delle scuole e del loro orientamento scientifico sono, soprattutto in Italia, particolarmente numerose e spaziano dalla rieducazione, appoggio e sostegno alle tecniche di derivazione psicanalitiche.

Risultati immagini per attività fisica nei dipintiL'attività fisica, inoltre, spesso citata e suggerita, è fondamentale per chiunque, ma il più delle volte, può esserlo ancora più vantaggiosa per i soggetti con un quadro clinico depressivo. Un soggetto che ha svolto regolarmente attività fisica durante il giorno, molto probabilmente dormirà come un ghiro di notte! Camminare, specialmente all'aria aperta, è sempre un buon esercizio. Gli individui ai quali piace ballare trovano questa attività stimolante e  gradevole, estremamente piacevole, e spesso anche la musica, oltre ad agire su alcune aree cerebrali specifiche, rappresenta un ottimo intrattenimento, persino per condizioni piuttosto serie. RICORDIAMOLO, ancora una volta, che l'esercizio fisico - con il suo specifico cambiamento ormonale - rende più lucidi, decisi e sicuri, rinforza l'autostima e soprattutto aiuta a gestire la vita in modo vincente … discriminare ciò che è vero e ciò che è falso, serve a vivere veramente la realtà, a non spaventarsi più.

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idere con gusto, a più non posso, a crepapelle, può aiutare a migliorarci in alcuni momenti delicati della vita, gestire qualche periodo difficile, affrontare e “superare” certi disagi momentanei; una grande opportunità di cambiamento a costo zero che può modificare lo sguardo severo su se stessi e migliorare la realtà circostante. Anche questa è bella, dirà qualcuno contrariato, magari infastidito e un po' offeso perché alle prese, da tempo, con un disagio fisico e mentale particolarmente serio che non ha proprio nulla a che vedere con qualcosa di comico o divertente. Ma cosa mi dice mai questo saccente, per non dire sfacciato ed irriverente.
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Al di là della facile battuta, l'umorismo è un modo sottile ed intelligente di interagire, interpretare, apprezzare e rappresentarsi il mondo in modo diverso, vivace, ma realistico. RICORDA, il mondo è sempre come te lo fai!. Sulla sofferenza non si deve mai scherzare, non si deve, per nessuna ragione, usare espressioni sarcastiche su un tema così importante e delicato come il dolore, la malattia … la depressione. L'ironia comunque non solo vince alcuni malesseri psicosomatici e migliora la qualità dei rapporti sociali, ma può diventare - con il suo specifico cambiamento ormonale - un prezioso e sofisticato “farmaco”; l'umorismo libero e spontaneo, non essendo spietato come il sarcasmo, attira comprensione e scatena simpatia, facilita i rapporti, libera dalle tensioni, dalle emozioni negative e dai pensieri spazzatura. 

empre basandoci su dati concreti, più che scientifici, è stato dimostrato che una vita felice, gioiosa ed allegra, una dose quotidiana di buonumore, fa salire i livelli dell'immunoglobulina: ovvero quelle famose molecole prodotte dal corpo coinvolte nella difesa immunitaria e responsabili del benessere emotivo in generale. Siamo fatti così. Non dipende assolutamente da strane scuole di pensiero, da metodi scientifici confusi o complicati e bizzarri orientamenti professionali legati a impostazioni metafisico - teologica … tanto meno da me, quindi diamoci da fare!

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Si “salva” dagli ingorghi emozionali, infatti, chi più di altri ha sviluppato anche il senso dell'ironia, riesce a dare e ricevere sollievo attraverso il sorriso, il buon umore e l'allegria, a prendere il mondo così com'è, a essere tollerante verso le debolezze altrui e, magari, ridere delle proprie: chi ci riesce fa entrare davvero il sole nelle stanze tetre e buie dell'esistenza. Spesso gli uomini gioviali sono nemici del pessimismo e del bicchiere mezzo vuoto, amano l'allegria, la buona compagnia e, soprattutto, sono soddisfatti, contenti di sorridere e di far sorridere: aiutano ad accettare l'inevitabile con il buon senso … con il buon umore. Basta un semplice sorriso spontaneo e naturale per modificare la chimica cerebrale, rilassare i muscoli e far aumentare la produzione delle endorfine, sostanze chimiche simili ai sedativi che danno la sensazione di benessere e di buonumore. E' lo stato di “bonaccia” e di quiete che “cambia” il cervello non il frastuono, l'inferno o il chiacchiericcio inutile! Quando si ride si ha una contrazione temporanea e un successivo rilassamento dei muscoli: questa azione porta ad una buona distensione e alla riduzione della pressione sanguigna. Anche respirare profondamente è uno dei metodi più naturali e semplici, ma più efficaci per tenere sotto controllo l'ansia e, nel contempo, somministrare una buona energia anti - depressione. Una corretta respirazione, un adeguato volume polmonare profondo e prolungato è rilassante e, soprattutto, energizzante: allenta la tensione, facilita la lucidità e favorisce la concentrazione


onvinzioni personali e atteggiamenti possono influenzare la chimica e la vita di ogni essere umano. Si tratta in realtà di filtri attraverso i quali valutiamo se un'esperienza è positiva o negativa, ci è d'aiuto oppure rappresenta una minaccia. In realtà, convinzioni e atteggiamenti sono gli strumenti per determinare se si soffre di depressione e, soprattutto, definire quanto debilitante essa potrà essere per il sistema immunitario. Stile di vita, atteggiamenti, abitudini e convinzioni varie, come tanti altri aspetti nel quadro emotivo, sono entità che sfuggono al razionale, difficili da spiegare e ancora più difficili da capire soprattutto quando percepiamo e ci scontriamo continuamente con un universo vissuto come poco rispettoso, per nulla amichevole e troppo invadente. Ma perché abbiamo certe convinzioni? Semplice, la pretesa, l'illusione che l'universo ci presenti, in ogni momento del quotidiano, quanto di più positivo, vivo e meraviglioso ha di sé, spesso, ci allontana dalla realtà e così non solo restiamo delusi, amareggiati, pieni di rancore e avvelenati da un vivere conflittuale, ma anche dominati da un profondo sentimento di vendetta che governa e distrugge ogni affetto, rapporto, gesto e azione


Non dobbiamo dimenticare che in ogni organismo c'è il più creativo, astuto, formidabile e battagliero schieramento terapeutico che si possa trovare in natura e la salute di questa fantastica struttura dipende essenzialmente il più delle volte da noi, anche dalla nostra ironia, dal nostro stile di vita, dal nostro modo di mangiare, dai nostri schemi mentali e dal nostro comportamento quotidiano dal modo in cui ci rispettiamo, guardiamo e viviamo le cose. Dentro il corpo ci sono incredibili poteri di guarigione che, se fornita la giusta assistenza, è in grado di proteggersi da varie malattie. Assumersi l'impegno quindi di mantenerci in discreta salute e adottare un tenore di vita che rafforzi il nostro stato emotivo e fisiologico rappresenta un nuovo modo di avvicinarsi al mondo complesso della malattia. La patologia è sempre una deviazione, transitoria o permanente, dalla condizione di equilibrio o, usando un linguaggio più tecnico e professionale, di omeostasi. La malattia invade violentemente la nostra vita spezzando e smantellando ogni cosa: schemi, modi di pensare, abitudini, stili di vita e atteggiamenti. 


istrugge e modifica ma ci dà anche una grande opportunità: di invertire la rotta, di cambiare un certo percorso esistenziale … qualora ovviamente sia ancora possibile. L'impegno e il desiderio di cambiare le cose sono due “ancelle” indispensabili per l'individuo che si cala nel suo profondo e inizia a dialogare con i suoi abissi più minacciosi ed oscuri. Come abbiamo più volte evidenziato nei vari articoli precedenti, ciascuno di noi è in grado di creare le condizioni che indeboliscono o rafforzano la struttura psicosomatica, favorendo o ostacolando le varie aggressioni patologiche. In ogni settore della vita, inoltre, i rapporti equilibrati, armoniosi, coinvolgenti, compresi quelli con se stessi, favoriscono una salute migliore. Essere perennemente imbronciati, isolati, soli, senza contatti con il mondo, non solo ci impedisce di avere buoni rapporti con noi stessi e gli altri, ma soprattutto ci “indebolisce” … a lungo andare ci fa ammalare.
 
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Prima di sentirci davvero a contatto con gli altri in maniera genuina dobbiamo però sentirci davvero in sintonia con noi stessi, per non smarrirci nei dubbi, nei sospetti inutili e nei vortici conflittuali che scaturiscono dalle nostre convinzioni, modi di pensare, dai vari e complessi vissuti … rapporti umani. Essere obiettivi, imparziali, in buoni rapporti con noi stessi, richiede maturità e saggezza, sono tratti complessi e difficili da realizzare, soprattutto se abbiamo subito torti o traumi psicologici. L'essere umano cerca relazioni con gli altri per svariate ragioni, ma ognuno cerca la stessa cosa: essere riconosciuto, considerato, rispettato, stimato e amato per la propria unicità, mentre nello stesso tempo vuole disperatamente amare, sentirsi libero e sulla stessa lunghezza d'onda di un altro essere umano. E' in questo contrasto di sensazioni che riusciamo in qualche modo a trovare noi stessi, il ruolo che ci compete e il nostro posto nell'ambito del sociale. 


uesta è la sfida di tutte le sfide; ma chi riesce a vincerla, o per lo meno a trovare un equilibrio adeguato, la ricompensa è davvero grandiosa: una migliore salute fisica, psicologica ed emotiva. Il recupero dalla depressione non è mai facile, ha bisogno di molto tempo, pazienza e amorevoli attenzioni (senza sforare nell'eccesso), sia che i sintomi siano stati “curati” nel modo giusto sia nel caso in cui non lo siano stati. A livello personale, comunque, per risolvere situazioni emotive difficili, non ci sono scorciatoie, si deve desiderare di cambiare e, soprattutto, impegnarsi a farlo. Non esiste la bacchetta magica, dipende il più delle volte da noi … e, naturalmente, da un professionista competente e sensibile. Quindi, se le cose non funzionano per il verso giusto, vogliamo che la nostra esistenza continui così oppure vogliamo impegnarci per cambiarla in meglio?


inché non cambiamo dentro di noi, finché non lavoriamo sui nostri sentimenti, sulla nostra mente, modificare i nostri pensieri e la visione del mondo niente al di fuori di noi cambierà. Qualsiasi cosa si stia facendo, godiamoci il presente, il passato e il futuro non esistono, sono entrambi fuori tempo. Vogliamo rimanere incatenati al vecchio, a tutto ciò che è già trascorso, a rimanere immobili, impotenti, minacciati da quello che deve ancora accadere? Non rimandiamo per nessuna ragione la felicità! Non dobbiamo poi dimenticare che tutti coloro che hanno a che fare con un disturbo emotivo mostrano, il più delle volte, un atteggiamento remissivo, diffidente, critico e sospettoso. Vale poco, se non nulla, essere severi o solo minacciarli. Piuttosto che confrontarsi con i demoni del loro malessere, preferiscono evitarli. Anche se tale modalità reattiva produce un sollievo momentaneo, a lungo termine, cronicizzando abitudini e comportamenti, si rivela disastroso, davvero controproducente: istiga alla rassegnazione; tollerare comunque tale stile di vita significa annullare ogni speranza, spegnere lentamente ogni iniziativa, cancellare il più piccolo tentativo di rinascita, bruciare completamente la possibilità di riscatto; smarrito, immobilizzato, imprigionato alle caviglie e ai polsi non gli rimarrà altro che guardarsi e leccarsi le ferite … che altri spesso hanno prodotto.



oncludendo possiamo dire, sempre in maniera più responsabile e professionale possibile, che qualunque tecnica si decida di attivare o adottare per alleviare il malessere del vivere quotidiano, rivolgendosi ovviamente a persone qualificate, sensibili ed esperte in questo settore o specifico quadro clinico, possiamo starne certi che ne trarranno beneficio sia l'atteggiamento mentale sia l'integrità del sistema immunitario. Da ultimo non bisogna dimenticare che l'ansia, il bisogno e la voglia di uscire subito da questo tunnel doloroso spingono alcuni soggetti - e non soltanto le anime semplici - a consultare spesso professionisti più orientati al cinismo commerciale che coinvolti sul benessere altrui. Spesso sono “centri” improvvisati, gestiti da ex pazienti, 'diplomati', guaritori estemporanei che illudono, praticano trattamenti misteriosi ma, alla fine, sempre molto costosi o inutili … perdita comunque di un tempo prezioso; anche se sono in buona fede, le loro improvvisazioni, spesso, ostacolano o rallentano un intervento professionale tempestivo e qualificato … creano cronicità.


a forza di persuasione adottata da alcuni di questi “birbaccioni” non è certamente nei loro fantasiosi e miracolosi trattamenti, ma semplicemente fanno leva e speculano sull'eventuale ritardo o lentezza dei vari trattamenti curativi tradizionali attivati da persone qualificate; tutti vorremmo che ogni processo terapeutico funzionasse con la massima rapidità, ma ogni reazione a qualsiasi trattamento ha i suoi tempi, è sempre soggettiva e, soprattutto, dovuta a parecchie variabili: cronicità, età, ambiente, cultura e quadro clinico frammisto; ogni persona è un caso a sé, unico ed irripetibile: se non si interviene con un programma terapeutico specifico si può causare non solo una sofferenza inutile, sostare nell'immobilismo nei confronti di buone soluzioni, ma anche provocare danni importanti se non irreparabili


lcune carenze o ritardi, pur essendo variabili indipendenti dall'attività terapeutica, naturali per certe condizioni patologiche, se protratte eccessivamente nel tempo e ingiustificate, sono pericolose per la salute. Chi soffre non chiede mai il pressapochismo, di essere curato a metà, ma semplicemente umiltà, onestà intellettuale e professionale, e se lo specialista non gli dà quanto chiede egli andrà - ed in effetti va - a cercare altrove quello che non gli si dà: gli imbroglioni, i ciarlatani, i mediconi e i veggenti solo lì pronti ad operare a loro modo, facendo leva esclusivamente sul terribile ed invalidante tormento emotivo; i mass media, i personaggi del bar dello sport, i parrucchieri per signora, i portieri, la vicina di casa, poi, possono sconvolgere ancora di più la situazione, rincarano in maniera spicciola e superficiale la dose: hanno influenza fortunatamente solo su coloro che vengono trascurati da quegli specialisti che sottovalutano i problemi psicologici ed emotivi; bisogna prestare sempre la massima attenzione ad ogni sofferenza che si presenta senza un evidente substrato anatomico; alcune sbadataggini confondono, ogni carenza diventa pericolosa, si ritorce contro il professionista, mette in pericolo il lavoro terapeutico magari da tempo in atto … suo e di altri. E' sempre fondamentale comprendere i vari stati psicopatologici, chiarire le reazioni del malato di fronte alla sua malattia, di fronte alla terapia e di fronte al professionista, le reazioni del terapeuta nei confronti del malato ed infine le reazioni dei due, malato e professionista, quello che emerge nel corso del colloquio iniziale (transfert, controtransfert).
 

arebbe un grave errore concludere l'articolo sul “male oscuro” senza citare alcuni veri protagonisti di questo devastante e crudele quadro clinico: i veri gladiatori della storia, tutti quei combattenti che hanno avuto la meglio o la peggio su questo 'stravagante' e singolare compagno di viaggio. Amici importanti che hanno lottato contro questa Idra minacciosa, difficile da decapitare, che mi hanno insegnato ad apprezzare e conoscere alcuni segreti della vita in modo più concreto, lucido e chiaro, nella sua vera essenza: ad amarla e rispettarla in tutte le sue sfumature ... per quella che è realmente. E' passato tanto tempo, alcuni non ci sono più, molti hanno chiuso con i “sospesi” dell'infanzia e pochi, per fortuna, hanno ancora qualche conto da saldare: sono ancora braccati dal tormento delle ferite del passato.
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Alessandro, primogenito, con il suo “bipolarismo” e la sua corazza psoriasica non è più tra noi da molto tempo. Figlio di un noto commerciante di stoffe conobbe, da subito, il dramma del castigo, dell'abbandono, del conflitto e della morsa agghiacciante della solitudine. Un padre assente e una madre alcolizzata non solo lo hanno lasciato al suo destino, ma se ne sono serviti come sostegno nei loro momenti di sconforto, di smarrimento e di scarsa lucidità. Ridicolizzato da alcuni compagni ed insegnanti per il suo aspetto piuttosto disordinato e goffo, abbandona la scuola superiore ancora prima di iniziarla. 


a sua presenza assidua e costante in casa, però, fa peggiorare le cose: non essendo ritenuto “presentabile”, gli si vieta definitivamente l'ingresso nell'azienda di famiglia. Il fratello minore si vergogna e lo esclude da ogni rapporto, dal giro dei suoi amici, fa terra bruciata intorno a lui: famiglia, clienti, vicini. Soffre d'insonnia e mangia in continuazione, non ha amici e si trova sempre più “voluminoso”, piuttosto “ingombrante” e soprattutto solo. Intorno ai diciassette anni ci fu il suo primo ricovero e le prime terapie antipsicotiche. Ripresosi momentaneamente dalle varie difficoltà, trova lavoro come montatore meccanico in una piccola azienda bolognese. Sembra che le cose vadano per il verso giusto. Si sposa, nasce la figlia. Ma dopo un po' la psoriasi si fa sentire, si diffonde in quasi tutto il corpo e in alcune zone sanguina: cuoio capelluto, ascelle, dorso, mani, gomiti e arti inferiori (la psoriasi segnala un problema di identità: non ci si sente riconosciuti; è legata a problemi relativi alla separazione, ai sensi di colpa e al sentimento di vergogna, gelosia, invidia; un fenomeno che peggiora in condizioni di stress ... lo stato d'animo e l'equilibrio emotivo influenzano fortemente la sintomatologia).


omincia molto presto a tamponare il disagio emotivo con qualche “calicino” in più a pranzo. La sua somiglianza con l'attore A. Sordi è davvero stupefacente. Cerca di ammorbidire i rapporti e gli animi con alcune recitazioni e imitazioni estemporanee, qualche sketch umoristico, ma nulla si muove, tutto rimane uguale se non peggio … il più delle volte la sua performance infastidisce, crea un'atmosfera tesa. L'attore poi essendo un personaggio di altri tempi non avrebbe mai convinto e coinvolto gli spettatori di nuova generazione (figlia e i suoi amici), anzi l'insistenza e la messa in atto di tale comicità era fonte di vergogna per tutta la famiglia; un modo di fare che buttava ancora di più benzina sul fuoco, creava incomprensione, vergogna, risentimento, rabbia, disapprovazione ed allontanamento (soprattutto da parte della figlia e famiglia biologica). Dopo qualche tempo, l'olio emulsionabile utilizzato per lubrificare i pezzi meccanici al lavoro, crea ulteriore sofferenza e tormento: le mani si infiammano, bruciano e sanguinano, rendono il lavoro - nonostante i guanti - difficile, se non impossibile. La catena di montaggio è impegnativa e stressante: non riesce a rimanere nei tempi fissati, i compagni cominciano a perdere la pazienza perché devono fare anche il suo lavoro. Ci sono parecchie assenze. Aumentano richiami e minacce di licenziamento. 


on è ben visto dal titolare dell'azienda e tanto meno dai colleghi. Alessandro comincia a segnalare la sua solitudine e la sua sofferenza con un linguaggio incomprensibile, conosciuto e decodificato solo da lui, si esprime come può, a modo suo: gesti confusi, stranieri per gli altri e, soprattutto, per i familiari. Le sue assenze mentali, il suo sguardo fisso nel vuoto, la sua affettività piatta, le sue stranezze aumentano di giorno in giorno, creano nuove tensioni in famiglia; la bimba comincia a isolarsi, lo allontana dalla sua vita. Nel frattempo la figlia cresce, diventa adolescente: il suo rifiuto aumenta, non gli rivolge neppure uno sguardo, una minima parola … pare che a quell'epoca frequentasse personaggi poco raccomandabili, ma per lei “indispensabili” per distrarsi, calmare il tormento e gestire la vergogna, sottrarsi da quella atmosfera conflittuale e rabbiosa (altra tensione in famiglia). Finalmente arriva la pensione. Molte cose sembrano risolte, soprattutto per la psoriasi. Ma dopo la quiescenza, la sua presenza continua in paese e in casa diventa ingombrante e fastidiosa. Continua a bere anche fuori pasto, al mattino al bar un caffè e tre parti di alcol scadente. Passa da periodi di depressione a momenti di esaltazione (mania) sempre più rapidamente, annullando quasi completamente l'intervallo tra i due stati emotivi. Nei momenti di euforia vende ogni cosa, bicicletta e scooter compresi ... la moglie dietro a ricomprarli. Aumentano i rifiuti in maniera decisa, aggressiva e drastica, mentre le bevute diventano più che ravvicinate, non solo a pranzo e a cena, ma anche a colazione, in ogni momento del giorno e, nel contempo, anche il dosaggio di psicofarmaci raddoppia. I ricoveri si fanno più ravvicinati … viene legato a letto per la sua incolumità.


i ripete di nuovo il copione, ritornano i vecchi fantasmi: la gente lo evita e gli ride in faccia, diventa lo zimbello del paese, la figlia lo rifiuta, si vergogna e si allontana da lui definitivamente, la moglie sfinita resiste più per imbarazzo e risentimento che per senso di umanità. Rimane tutto il giorno da solo a fissare il vuoto. Esagera con le sostanze (alcol, psicofarmaci, sigarette). Alessandro muore in solitudine all'età di sessantadue anni per un arresto cardiaco improvviso. A me piace ricordarlo ancora una volta con i suoi occhioni color azzurro mare, fissi nel vuoto e poco pretenziosi, alla ricerca di piccole e semplici cose; che abbia trovato finalmente un po' di pace, gioia, comprensione, tenerezza e amore … quella calorosa stretta di mano tanto desiderata ma sempre negata … che possa aver avuto finalmente, quella tenerezza, quel forte abbraccio tanto supplicato, ma sempre rifiutato ... quel calore umano inseguito da tempo, ma mai incontrato.
vederlo ancora una volta umile e commosso durante il racconto della sua fiaba preferita: “La storia del bruco e della farfalla”. Una favola per lui importante che per metà della sua vita gli ha insegnato, nel bene e nel male, a non arrendersi … di superare tante montagne e, finalmente, con le sue ali tutte variopinte arrivare fin lassù … in pace.

Risultati immagini per divanetto per la psicoterapiaFrancesca ha vissuto, dalla nascita alla preadolescenza, in due mondi conflittuali completamente diversi ed ostili tra di loro. I primi giorni della settimana viveva con la famiglia materna, nel weekend con il padre nonché il convivente della madre. Il padre, da sempre giocatore incallito, è una figura insensibile, minacciosa e violenta. Gli riesce bene ad aggredire non solo figlia e moglie, ma anche carabinieri, poliziotti, medici e tutto ciò che si “muove” in giro. Anche se era molto considerato e stimato nella sua attività di artigiano, non lo era certamente per la sua sensibilità verso il prossimo, non sfuggiva a nessuno la sua aggressività e l'arroganza nei confronti della gente, di chi si metteva di traverso … la poca disponibilità verso la natura umana; la sua fama di violento spaziava ed esplodeva in ogni settore e in tutte le direzioni possibili: famiglia, dipendenti, clienti, amici ... nel sociale, non sopportava l'attesa! Pare sperperasse a poker in una sola serata, senza battere ciglia, con fare da sbruffone, somme superiori a venti milioni. 


l ritorno a casa, però, dopo ogni perdita, piuttosto frequente, frastornato dalla rabbia e disorientato dai fumi dell'alcol, la prima a farne le spese era la compagna e poi, svegliatasi dalle urla, la figlia. Impossibile sfuggire, nonostante le denunce, a questo personaggio manesco, furioso, prepotente, aggressivo e violento. Francesca come tutte le bambine era vivace e curiosa: ballava, saltava e toccava tutto. Cosa che non doveva fare assolutamente perché il padre doveva riflettere, riposare, stare tranquillo e in silenzio, guai disturbarlo. Doveva essere lasciato in pace, perché doveva riprendersi, recuperare le forze … dal lavoro o dal gioco d'azzardo notturno? Quando Francesca toccava qualcosa, a lui non gradita, era solito reagire - o come diceva lui per insegnare criterio e“buone” maniere - “avvicinando”, ripetutamente sul dorso della mano la sigaretta o lo zampirone, a seconda dello 'strumento' a portata di mano in quel momento, provocando importanti ustioni (le cicatrici erano ancora ben visibili a distanza di decenni). Un giorno sua madre recatasi dai genitori, stanca dei vari maltrattamenti decise di non ritornare indietro, di non continuare la convivenza e rimase a casa dai suoi. Il terrore momentaneo si trasformò in una fortuna permanente. Il personaggio si presentò a casa dai suoi suoceri furibondo e armato fino ai denti, sfondò il portone e la picchiò a sangue. 


u arrestato e allontanato per sempre da entrambe le donne, ma i semi dell'infelicità erano, purtroppo, già germogliati da tempo in Francesca ... una vita, fin da subito, tormentata, difficile, in salita e piena di rinunce. La madre di Francesca invece era una figura insicura, dipendente, assente, gelida, di bella presenza ma insignificante, un volto di cera, che non esprimeva nulla; un soggetto che non riusciva mai a sottrarsi, a resistere ai vari incantamenti; un personaggio fantasma con uno sguardo smarrito, sperduto, pieno di sensi di colpa. La bimba per lei, da subito, era stato solo un errore di giovinezza (la piccola è stata accudita fin dalla nascita dai genitori materni). Dopo varie “battaglie” relazionali ed affettive Francesca è riuscita a trovare un suo equilibrio, un compagno giusto, vivere un rapporto soddisfacente, di buona qualità. Ora conduce una vita più o meno regolare e felice, ha messo su famiglia e ama profondamente i suoi due piccoli. Ad ogni incontro tra amici mostra, quando può permetterselo, la mano a pugno, aprendola poi improvvisamente, non per minacciare qualcuno, ma come gesto di forza, di pace, di apertura, di disponibilità; per segnalare a modo suo la battaglia vinta, la riconciliazione col mondo intero … certamente non molto generoso nei suoi confronti. Tante belle cose Francesca!


Anche non ricordare
Eleonora e la sua profonda cicatrice sarebbe stato un racconto irriverente e incompleto. Sfregiata alla fronte in un giorno di festa così importante come il Natale all'età di sei anni non la si poteva certo dimenticare; una storia davvero dolorosa e drammatica che ha scosso a quell'epoca un po' tutti: conoscenti, vicini, famiglia e l'intero paese (padre personaggio pubblico). La vicenda iniziò con un rifiuto: non voler mangiare i tortellini in brodo perché temeva di soffocare. Anche se in famiglia circolava, con una certa insistenza, voce che la nonna fosse morta proprio per un incidente simile, il suo rifiuto era legato più ad una normale e banale gelosia infantile che una preoccupazione reale: voleva semplicemente la minestra condita con burro e salvia come suo fratello. Bruscamente strattonata e violentemente schiaffeggiata rimase inchiodata sulla sedia, non mangiò nulla, pianse e urlò fino alla seconda portata. Appena le fu possibile tentò di scappare per rifugiarsi nell'appartamento della zia dirimpettaia. Aprire una porta bloccata a quell'età è davvero difficile. Eleonora rimase immobile, pietrificata, incollata alla porta dalle urla e minacce del padre. 


na figura di riferimento perennemente su di giro, irritata, agitata e violenta: in uno stato di continua all'erta ed eccitazione. Poiché la bimba non si tranquillizzava, il padre, in un attimo di rabbia, le lanciò un osso di prosciutto; un gesto incredibile, a dir poco terrificante, rivolto più a terrorizzarla che tranquillizzarla; un gesto, non certamente isolato e unico, con conseguenze disastrose. Spesso però le traiettorie non hanno le direzioni desiderate o volute. E così l'oggetto colpisce violentemente la porta e 'solo' di rimbalzo colpì Eleonora in piena fronte. Nonostante la ferita profonda e la perdita importante di sangue non la portarono al pronto soccorso; risolsero la questione con una semplice fasciatura a mo' di turbante e acqua fredda. La giornata si concluse a letto al calduccio fra le braccia di zia Giulia. Passano in silenzio le festività natalizie, ma dopo qualche settimana comincia il calvario. Arrivano i primi mal di testa e le visite specialistiche (si diceva in giro che, essendo vivace, aveva battuto accidentalmente la testa contro il cancello). Ma niente, nessun danno organico … “solo” un brutto cheloide! Due giorni a scuola e quattro a casa. In terza elementare, insegnante di sostegno perché non riesce a concentrasi: “non capisce niente”, pare ci siano problemi cognitivi … è “strana”, parla da sola. Comincia ad assumere un'aspirina al giorno per alleviare quel forte dolore alla nuca. In cattive condizioni culturali arriva ad iscriversi alla scuola alberghiera. Non riesce a concentrasi, si addormenta sul banco: bocciata … poi ancora e ancora una volta bocciata. Prima sconfitta. Trova lavoro come commessa in un supermercato vicino a casa sua. Per i continui mal di testa non riesce a svegliarsi al mattino in un orario decente e arriva tardi al lavoro quattro giorni su cinque. Dopo qualche mese viene sostituita e licenziata. Seconda sconfitta. Diagnosi: “psicosi maniaco depressiva” (disturbo bipolare). Si fidanza, si sposa, mette su casa. Aumenta il dosaggio dell'aspirina: una media di tre compresse al giorno.
 

onfonde la notte con il giorno. Di notte guarda
DVD (horror) di giorno dorme. Nasce Gilberto poi, dopo qualche anno, Maria. Il marito semplice ma piuttosto attento, affettuoso e innamorato, sempre più preoccupato per il suo stato, la spinge ad entrare in terapia. Per circa un anno sospende, gradualmente, le aspirine. Conduce una vita apparentemente normale, ma i chili erano oramai davvero troppi: impossibile eliminarli. Muore a 58 anni con un adenocarcinoma. Anche Eleonora voglio qui ricordarla che si sta muovendo in un clima sereno, in un'atmosfera affettuosa e accogliente, con tante belle luci colorate, la schiena e le sue manine aperte appoggiate alla porta che osserva sottecchi quel magico mondo natalizio incantato … stupidamente sottratto e negato da figure tormentate.
 


 ancora, tante belle cose a: Alice, Anna, Anita, Angelo, Arianna, Armando, Aurora, Assunta, Ada, Ambra, Adele, Agata, Aida, Agnese, Aldo, Americo, Amedeo, Alberto, Alessio, Alfredo, Andrea, Adolfo, Achille, Alfonso, Alfio, Alessandra, Achille, Barbara, Beatrice, Benedetta, Belinda, Bianca, Berenice, Betta, Bibiana, Bruno, Benito, Betti, Benedetto, Battista, Bartolomeo, Camilla, Carmen, Carolina, Chiara, Cinzia, Carlo, Cesare, Carmelo, Emanuela, Eleonora, Enrica, Emma, Emiliana, Edoardo, Egidio, Emilio, Flavia, Filomena, Franca, Floriana, Fulvia, Fabrizio, Fiorenzo, Francesco, Fortunato, Lisa, Lara, Letizia, Laura, Luciana, Luisa, Luciano, Lorenzo, Marcella, Mafalda, Martina, Mario, Massimo, Mattia, Nadia, Natalina, Nicoletta, Nicola, Nicolò, Natale, Pia, Piera, Patrizia, Paola, Paolo, Patrizio, Pietro, Raffaella, Rachele, Rita, Rossana, Remo, Renzo, Renato, Romeo, Ruggero, Stella, Stefania, Sonia, Silvana, Salvatore, Sandro, Zaira, Walter.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


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