Come mai diventiamo così
“complicati” …
brevi frammenti di psicopatologia
on queste difficoltà iniziali, il
percorso esistenziale è in salita, vengono a mancare completamente sentimenti
di fiducia e intraprendenza: sarà un’esistenza
fatta di repressione e rinunce … un fallimento, infatti, sarebbe ancora più drammatico,
sconvolgente e doloroso del non aver messo in cantiere o tentato di realizzare
qualche progetto. Ogni iniziativa, infatti, anche importante, verrà
rimandata, differita a data da destinarsi, cioè mai ... così la vita scivola lentamente via e
le occasioni inesorabilmente sfuggono di mano. Il suo antico vuoto interiore, l’amore
vero mai conosciuto, la sua ferita affettiva lo spingono al vittimismo, alla
rassegnazione e alla frenetica ricerca di affetto: un’avidità che non potrà mai
compensare quell’attenzione che non c’è mai stata … quell’amore confuso
’pagato’ con la totale rinuncia di se stesso. E così utilizza tutte le strategie possibili per colmare il suo
insaziabile bisogno di affetto. Così, per avere una
misera briciola di affetto, diventa molto bravo, tanto buono, eccessivamente
disponibile, ubbidiente, modesto, sottomesso e servile, troppo dipendente per
vivere in maniera libera e autonoma: il
rischio di essere sfruttato in ogni ambiente frequentato è altissimo (familiare,
lavorativo, sociale) … un grande equivoco e profonda confusione nel dare e nel
ricevere dominano completamente la scena dei rapporti.
Nell’età adulta, poi, una semplice e insignificante avvisaglia di allontanamento
o di separazione del partner riattiva quelle profonde ferite abbandoniche,
quell’antica disperazione vissuta nell’infanzia …così, i
sentimenti di gelosia e paura di non essere amato,, ancora
una volta, dominano quel maldestro e drammatico rapporto anaclitico.
olo un’interpretazione corretta degli stimoli da parte della madre, ovvero un
buon rapporto iniziale con la figura di riferimento, potrà scongiurare il
disastro emotivo; solo attraverso un rapporto empatico ed equilibrato il
piccolo potrà sentirsi protetto, accettato, rassicurato e stimolato a
percorrere i primi passi della sua esistenza: percepisce
di essere veramente amato per quello che è realmente, sente di meritare fiducia
e, nel contempo, crea una solida e robusta fiducia in se stesso e nei confronti
degli altri.
Ma anche il troppo, non dimentichiamolo, proprio come recita il famoso detto popolare, storpia. Una figura iperprotettiva, infatti, che dipinge continuamente il mondo cattivo e pericoloso, in modo tale che il piccolo non si allontani mai da lei, dal nucleo familiare; sostituendosi completamente a lui, altro non fa che predisporlo ad un grave quadro clinico depressivo ... non gli lascia spazio, tantomeno la possibilità di esprimere i suoi veri sentimenti perché metterebbero in pericolo il suo fragile equilibrio emotivo (pianto e tristezza sono sentimenti proibiti). Una figura di riferimento ‘manipolativa’, apparentemente “buona”, con evidenti carenze affettive, che limita e spegne nell’altro passione e slancio, che oltre a precludergli ogni tentativo naturale di crescita, di autoaffermazione, cerca in qualche modo di tutelarsi contro il timore di perdere il suo affetto (mette in moto meccanismi fallimentari in modo tale che non si possa allontanare dal nucleo familiare; prepara compiti apparentemente facili, ma non adeguati alla sua età: il fallimento è sicuro e, quindi, il malcapitato confondendo la solitudine con l’isolamento, non abbandonerà mai il nido di ‘vespe’) ... sembra che dia tanto, compreso amore, ma in realtà chiede continuamente affetto e non perde tempo per ricattare (Vedrai quando non ci sarò più … vedrai, mi verrai a cercare, ma io non ci sarò più”).
ono individui imprigionati, dipendenti, dominati dai bisogni degli altri, costretti a rinunciare ai propri desideri e individualità, che non possono mai esprimersi e, quindi, altro non possono fare che covare aggressività, odio e rabbia verso i suoi ‘carcerieri’. Tutti questi sentimenti, comunque, non espressi trovano altri canali insoliti per concretizzarsi, gli atti mancati: lapsus, dimenticanze, paraprassie. Una profonda e distruttiva frustrazione accompagna il soggetto, ma deve essere silenziosa, non visibile e, soprattutto, non espressa, perché la sua manifestazione violenta potrebbe far perdere l’altro, allontanare da se stessi il ‘sostegno’, perché - come già detto - non sanno vivere da soli senza supporto esterno. Tutto ciò ‘condito’ da una figura paterna assente, distaccata, a volte violenta, che squalifica e ridicolizza, frantuma tutti i sogni infantile e adolescenziali: in questa atmosfera il piccolo non potrà mai sentirsi libero, degno d’amore, riuscire a concretizzare i suoi desideri … ma, soprattutto, non sarà in grado di amare, esprimere un gesto spontaneo d’amore, se non umiliandosi o scendendo a qualsiasi compromesso.
ale fenomeno relazionale, contrariamente a quello
che si pensa, non è solo emotivo ma anche fisico: il soggetto si presenta con un
corpo devitalizzato, rigido, rotondeggiante (chi non ha marcati tratti psicotici), movimenti lenti e ridotti al
minimo, viso inespressivo, voce piatta quasi impercettibile e una postura
afflosciata, come se fosse avvitato, ripiegato su se stesso. Anche le eventuali patologie
potrebbero segnalare in questi soggetti il loro reale vissuto infantile, la profonda
sofferenza e tragedia emotiva: asma (paura
dell’abbandono, ma nel contempo un rapporto che avvelena e soffoca … senso di
colpa), ulcera (rabbia, impotenza a gestire e modificare
certe situazioni) e ipertensione (paura e collera, rievocare vecchie ferite
affettive).
oiché il maggior problema di questi soggetti è relazionale anche il rapporto terapeutico - nel quale si riversano tutte
le antiche ferite relative alla dipendenza, alla non considerazione e
alla mancanza d’amore - incontrerà notevoli difficoltà.
La domanda principale e ricorrente, infatti, che porranno è questa: ma se non sono mai stato
rispettato e amato veramente, perché proprio adesso, con uno sconosciuto potrò
riscattarmi, lasciarmi andare, fidarmi?
La risposta e la buona riuscita di ogni terapia sia psicologica sia
farmacologica, si troverà proprio nella relazione: la “pazienza” e
l’accettazione incondizionata del
terapeuta farà sentire l’altro compreso e protetto, attivando, poi, le potenzialità
più sane, il soggetto potrà esprimere l’aggressività e autoaffermarsi senza cadere
in quei perversi ricatti infantili, dando così, finalmente, alla sua
esistenza un’impronta più naturale, spontanea e genuina.Abbiamo visto
che certe esperienze infantili sono indispensabili non solo per la felicità futura
dell’individuo ma, soprattutto, per creare il terreno fertile e stabile all’intero
psicosoma: mente-corpo. Sono davvero tanti gli eventi incontro – scontro, non sempre consapevoli, che facilitano o
possono ostacolare la relazione con l’altro. Abbiamo visto, inoltre, che non
solo le privazioni ma anche le troppe gratificazioni, in
genere concesse da madri che a loro volta hanno sofferto,
possono creare un profondo malessere … disagi emotivi davvero seri (il copione si
ripete, oggi a me domani a te). Le piccole e ripetute frustrazioni (bisogni che non
vengono immediatamente appagati, piccoli ritardi nell’allattamento, nella
pulizia) sono utili a promuovere il normale svolgimento del processo
evolutivo.
ono le frustrazioni assolute (figura di riferimento assente, mancanza di accadimento … insensibile e imprevedibile) a procurare i danni più gravi. La presenza significativa della figura di riferimento è fondamentale per costruire un buon equilibrio emotivo e sviluppare il senso di fiducia in se stessi e negli altri. Ma non bisogna neanche credere che il bambino debba ricevere gratificazioni oltre i limiti naturali. Un eccesso di gratificazioni può creare, infatti, dei danni notevoli. Anche un controllo eccessivo continuativo da parte della figura di riferimento sul piccolo produce una vera prigione esistenziale: una vita a senso unico, fatta solo di regole e schemi rigidi. Un percorso evolutivo dove si teme il senso di transitorietà, che le cose possano finire e, allora, tutto diventa prevedibile e stabile: una vita spenta, che non presenta più sorprese e novità, manca di spontaneità, piena di rituali, perfezionismo, riserbo, controlli e doveri (i cambiamenti improvvisi creano insicurezza e angoscia, destabilizzano: bisogna assolutamente evitarli … tutto deve rimanere così, le cose che finiscono fanno paura, ecco il bisogno continuo di collezionare, vigilare e controllare: perdere tempo nelle lungaggini, perfezionismo e nel dubbio). Ogni pressione educativa non solo soffoca e limita lo spazio di libero movimento ma crea un conflitto tra il bimbo ed il mondo circostante (Io – Tu): un violento dibattito tra sé e le figure di riferimento, fra le ‘impotenti’ spinte personali e le limitazioni genitoriali introiettate.
a chi ha la meglio su tutto ciò? Il fanciullo pur dibattendosi con tutte le
sue forze, essendo fragile, immaturo e inesperto della vita, non ha scelta,
deve soccombere, rinunciare ad esprimersi e a realizzare la sua vera individualità
… rimane
completamente immobile e paralizzato. Il clima persecutorio, l’educazione
rigida e quelle norme severe genitoriali a senso unico, le fa sue: diventa al tempo stesso carceriere e carcerato, vittima e
carnefice. Le punizioni eccessivamente severe, l’eccessiva
educazione al controllo e al rigore, tutti questi obblighi e limitazioni non
fanno altro che gettare le basi per una struttura emotiva specifica, ovvero forgiare
la personalità ossessiva. Anche questi soggetti, da adulti, soffriranno di una grande
varietà di disturbi fisici. Un disturbo ossessivo frequente è l’insonnia
serale, il mal di stomaco con spasmi del piloro, iperacidità e a volte ulcera
gastrica. L’osservazione di molti casi di spasmi addominali induce spesso a
concludere che se uno deve inghiottire del risentimento, certamente né farà
un’indigestione … un’affermazione come questa, per alcuni è davvero strana e
bizzarra. Ma se quando vi
capita una collera improvvisa, fate attenzione, noterete tutti i cambiamenti e
movimenti di tensione che si producono nel corpo, osserverete un vasto gruppo
di fenomeni: la respirazione si interrompe; c’è un cambiamento del tono
dei muscoli facciali, una tensione che può essere riferita al diaframma e una
contrazione dei muscoli della parete addominale (vedasi articoli sullo
stress).
uesti fenomeni hanno una rappresentazione abbastanza chiara nella coscienza. Non vengono rappresentati invece con altrettanta chiarezza altri fenomeni: alterazione della distribuzione sanguigna, cambiamenti quantitativi della traspirazione, cambiamenti del tono viscerale. Supponiamo adesso che l’emozione della collera e i corrispondenti fattori della situazione nascano da una tendenza dissociata. In queste circostanze avviene che i cambiamenti del primo gruppo, quelli rappresentati nella coscienza, non possono manifestarsi chiaramente. Infatti se lo facessero tradirebbero il segreto, per così dire; oppure contribuirebbero a provocare rapidamente un attacco di angoscia, il che complicherebbe l’esperienza in modo da renderla irriconoscibile. Ma il gruppo di processi sostitutivi in cui sono compresi gli stati ossessivi è tale da rendere, in generale, immuni da attacchi da angoscia, tranne in circostanze eccezionali. Sempre parlando di problemi viscerali, di solito si ha stitichezza spastica, con o senza episodi di diarrea, ma si possono anche avere fenomeni cardiovascolari (specialmente ipertensione: insoddisfazione sul piano affettivo).
onostante i disturbi
fisici siano spesso invalidanti, questi soggetti non amano parlare del loro malessere
perché si vergognano di essere ammalati e la compassione altrui li
imbarazzerebbe. Il loro rapporto col corpo è difficile, bisogna mascherarlo e
nasconderlo: non va mostrato, deve essere tenuto sotto controllo attraverso
l’osservazione ipocondriaca … un involucro che crea solo preoccupazioni. Questi individui sono
metodici, ritualistici e scrupolosi. Rituali e superstizioni fanno parte della
nostra vita, ci danno la sensazione di poter esercitare un controllo sugli
eventi dell’ambiente esterno e sugli impulsi provenienti dal mondo interiore,
che sono al di fuori del nostro
controllo più di quanto siamo disposti ad ammettere. Alcune persone compiono
quotidianamente gesti come toccare ferro, non calpestare certi spazi tra le
piastrelle del pavimento, gettarsi il sale dietro le spalle: si tratta di riti e atti compulsivi alla cui
base c’è sempre una componente adattiva (stati ossessivi e compulsivi
difficilmente si presentano isolati, ma insieme con l’uno o l’altro dominante).
E’ necessario però fare attenzione a non perderne il controllo: lavarsi continuamente le mani fino a rendere
ruvida e secca la pelle, perché eccessivamente preoccupati di contaminarsi, è
un modo distorto di rispondere a un sano e genuino desiderio di igiene e
pulizia. Quando il bisogno di controllo sul mondo esterno o interno diventa
eccessivo siamo in presenza di un Disturbo
Ossessivo – Compulsivo. Questo disturbo non sempre è portato
all’osservazione dello specialista; molte persone, infatti, affette da questo
malessere soffrono in silenzio, sia perché troppo a disagio per cercare aiuto
qualificato, sia perché completamente rassegnate a non trovare, a loro dire, un trattamento valido ed efficace, che in
realtà, non bisogna mai dimenticare, ESISTE. Le situazioni interpersonali
in cui è coinvolta una persona ossessiva sono caratterizzate da oscure
operazioni di potenza dirette alla conservazione del controllo su tutto quello
che succede. Il disturbo, come è già stato più volte accennato, ha origine da
una condizione di profonda insicurezza molto antica che può durare tutta la
vita (transitorietà
= insicurezza). Queste persone dubitano sempre del loro valore
personale, né sono mai sicure che gli altri possano avere verso di loro un
atteggiamento favorevole: verso se stesse hanno un continuo disprezzo, che di solito
però si manifesta molto più chiaramente come disprezzo verso gli altri, che può
non essere palese, ma in certe circostanze diventare molto evidente.
Per nascondere il basso livello di stima che hanno di se stessi, questi soggetti
assumono, molte volte con grande successo, un ruolo importante, astuto e
potente. A volte la persona ossessiva è una figura tragica, che si muove in un
mondo orribile di gente inferiore e malevola.
volte è simile a un Cristo in croce che sopporta sofferenze e torture nel tentativo di “aggiustare” le cose, di mettere tutto a posto per la sua pace emotiva, ma senza dar noia a nessuno. In questo caso gli altri non ottengono nessun risultato positivo dalla loro integrazione con l’ossessivo. Nel primo caso, invece, gli altri soffrono e sono spinti a loro volta a causare sofferenza dell’ossessivo. In genere ogni interferenza con le “sistemazioni” dell’ossessivo porta quest’ultimo a ritirarsi, amaramente offeso e inaccessibile, in una posizione di estremo distacco … odia la disapprovazione e teme le critiche. Avere a che fare con un paziente affetto da disturbo ossessivo - compulsivo è difficile anche per i familiari. E’ penoso vedere una persona cara che getta via il proprio tempo perdendosi in lunghi ed inutili rituali. Può inoltre capitare che il malato obblighi l’intera famiglia a partecipare, ai suoi riti, chiedendo aiuto per controllare che la porta sia chiusa o per verificare che non ci siano macchie di sangue nell’androne della casa: soprattutto in questi casi il trattamento coinvolge anche la famiglia, nel tentativo di liberare ogni suo membro dalla schiavitù dei rituali. Lo stato ossessivo è caratterizzato da una “eccessiva” attività di pensiero ... un continuo e straziante rimuginare. Coloro che appartengono a questo quadro clinico presentano un eccesso di moralismo e di saccenteria e sono sempre pronti a condannare il comportamento o le decisioni altrui. E’ tipico nel loro comportamento trovare difficoltà a spendere denaro per sé o per gli altri: essi risparmiano o investono per provvedere a future, ignote, assurde catastrofi. Molti sono incapaci di separarsi da qualcosa che più tardi potrebbe rivelarsi di valore e finiscono per conservare anche le cose più inutili, come vecchi giornali e stoviglie rotte.
onoscevo un vecchio medico che teneva da conto tutti i batuffoli di cotone utilizzati per le iniezioni: al suo pensionamento ebbe notevole difficoltà a liberarsi di quanto accumulato in tutta la sua carriera (feci = denaro = stipsi). I pensieri ossessivi ricorrenti possono fare insorgere preoccupazioni serie, come l’idea di essere contaminati da germi portatori di infezioni, di avere investito qualcuno con l’auto o di aver lasciato aperto il rubinetto del gas aperto, anche dopo dieci o venti controlli; c’è chi può essere letteralmente perseguitato dal timore ossessivo di strangolare la persona amata o di compiere atti osceni o sacrileghi.
Il trattamento di questi soggetti deve essere condotto -
proprio per il loro
continuo rimuginare, i pensieri disturbanti
e intrusivi -con molta cautela: meno
si parla meglio è. Il loro senso del dovere, il controllo, il perfezionismo
e la precisione “facilitano” la programmazione degli incontri: arrivano sempre
puntuali alle sedute se non con qualche minuto di anticipo (spesso vengono etichettati come ‘bravi’ pazienti o ‘figli’
perfetti).
Il controllo non solo è importante ma è sempre
un’arma a doppio taglio. Se la possibilità di controllo, durante la terapia, pensano
sia minacciata, essi possono reagire con irritazione e collera, che
di solito non esprimono direttamente. Per questi soggetti, inoltre, le
emozioni più difficili da mostrare sono la tenerezza, l’amore e la compassione,
sentimenti che essi associano alla debolezza e alla vulnerabilità.
Di
conseguenza nei rapporti con gli altri costoro presentano un caratteristico
atteggiamento di rigido
formalismo. Spesso ossessionato da dubbi sulle
proprie capacità, sono estremamente sensibili alle critiche,
soprattutto se provengono da persone di stato sociale e autorità superiori (si rievoca l’antico conflitto con le figure di riferimento) … la
psicoterapia
con questi soggetti, essendo un
rapporto relazionale, tra due persone, se non si procede con cautela, è davvero in
salita! Il pericolo maggiore che si corre durante la terapia - proprio come hanno fatto con i
genitori per ricevere l’attenzione e le
cure necessarie - è quello di trovarsi di
fronte un paziente troppo perfetto, che cerca
esclusivamente dal professionista stima e affetto.
Lo scopo della
terapia non è solo aiutare
il paziente ad esprimere i sentimenti di
rabbia
ma anche dargli la possibilità di formulare
critiche sulla metodica
terapeutica attivata
e sulla figura del
professionista, senza mai
esprimere giudizi di valore. Può essere utile,
contemporaneamente alla
psicoterapia, raggirando le difese,
insegnare alcune visualizzazioni rivolte ad esprimere rancore e
rabbia: il “Vulcano”, il “Ruscello”, il “Temporale”.
ualsiasi terapia attivata deve procedere lentamente senza tanti “scossoni”. Questi individui, infatti, vedono il cambiamento come una fonte potenziale di pericolo che può renderli vulnerabili e insicuri (vedasi transitorietà). Così resistono a ogni novità e a qualsiasi diversità : giungono a rifiutare il fatto che nella vita non tutto è garantito e che non sempre possono essere in grado di controllare il presente, né tantomeno il futuro. Bisogna andare particolarmente cauti perché sono propensi alla depressione, specialmente quando invecchiano (il testosterone cala) e si accorgono che non hanno conseguito i successi sperati, che non sono così legati affettivamente ai figli e al coniuge come vorrebbero, oppure che la fatica e l’energia spesa per la carriera non ha giustificato il sacrificio delle relazioni personali. La parola d’ordine è ridurre lo stato ansiogeno e, soprattutto, insegnare nuovi modelli comportamentali. Sintomi quali un perfezionismo irragionevole, i dubbi sulle proprie capacità, il costante procrastinare e l’indecisione trovano, senza alcun dubbio, il loro trattamento migliore nella psicoterapia.
Ci sono bambini
che non sono solo “segnati” dall’esperienza di “perdita“ e di “separazione”
fisica, ma il loro equilibrio emotivo è messo in serio pericolo anche da un
altro fenomeno relazionale precoce: quello
di essere “tagliati fuori“ dai rapporti
… poco importanti e per niente considerati per rispondere, con sincerità,
a tutti i loro “perché” esistenziali, mai presi sul serio perché sempre troppo
piccoli e, quindi, non in grado di comprendere le situazioni, capire ... in
breve, cure genitoriali inadeguate con messaggi contradditori, narcisistici e
seduttivi. Sono costretti a
vivere con le figure di riferimento, poco amorevoli, nel
periodo orale-fallico-edipico, una drammatica esperienza d potere, rivalità e di “esclusione”: assumono un ruolo confuso, con un’immagine
di se stessi infantile, carente, sono delusi, non adeguatamente stimolati e
coinvolti nei rapporti interpersonali (i genitori sono concentrati più sui loro conflitti
interiori che sulle esigenze del piccolo; è lui che, spesso, si fa carico
dei loro disagi; i genitori nei loro comportamenti quotidiani possono
esprimersi in maniera violenta, andare in escandescenza, ma lui no, mai, non
può assolutamente, deve sempre comportarsi in maniera controllata e razionale;
sviluppano un’immagine falsata di se stessi e dell’altro … in certe occasioni
gli viene chiesto, a livello affettivo, di fare da stampella, da sostituto al
partner “assente”).
osì, il fanciullo, fin dalla tenera età, per rompere questi meccanismi caotici e contradditori, non avendo modelli precisi da seguire, è costretto - per colmare una profonda carenza d’affetto e avere uno sguardo in più - a recitare, simulare, impressionare, piacere a tutti i costi, imparare l’arte dell’apparire e del saper sbalordire: diventa un ottimo artista nell’oscurare ogni abbozzo di infelicità perché lo devono vedere sempre felice e contento (interpretare il ruolo del bambino perennemente felice) … si difende da se stesso e dagli altri (contro le situazioni frustranti) attraverso la “maschera” del sorriso diventa radioso e splendente anche se non è necessario … spesso, fuori luogo, per nulla. Un bimbo piccolo, privo di guida e modelli univoci da seguire, con pochi “strumenti” di sopravvivenza a disposizione (fisici e mentali), di fronte a questa paralizzante solitudine, al timore di non essere considerato, poco amato e, soprattutto, per accattivarsi l’affetto dell’altro, deve indossare immediatamente la maschera del sorriso (difesa contro la sofferenza), trovare velocemente una soluzione a questa sua profonda insicurezza ed incertezza, imporsi all’attenzione altrui, strabiliare, affermare se stesso, fare “colpo”: accattivarsi, simpatie, strappare agli interlocutori un breve accenno di sorriso e attirare la massima attenzione … in breve, deve imparare con solerzia a sedurre e sollecitare l’altro, astutamente improvvisare e disporre di un grandioso savoir – faire (imponendo la sua presenza riesce a gestire e neutralizzare in qualche modo questo sentimento di rivalità ed “esclusione”… si comporta così perché teme di essere svalutato, respinto). Deve continuamente esagerare e ingigantire le proprie emozioni sempre plateali, violente e contraddittorie, sedurre e manipolare gli altri per raggiungere i suoi obiettivi: ama dominare la scena, avere la massima attenzione e, soprattutto, smantellare un’eventuale giudizio di valore, evitare critica e disapprovazione… passa velocemente con grande abilità dalle emozioni più intense a quelle più fredde.
er raggiungere i suoi obiettivi, spesso, non solo dovrà affrontare situazioni superiori ed inadeguate alle sue capacità e competenze cognitive (struttura mista isterico – depressiva; per il terapeuta è sempre importante conoscere con quali quadri clinici genitoriali, questi soggetti, hanno avuto a che fare) ma diventare adulto velocemente prima del tempo (un ruolo che, se non supportato, porta facilmente al senso di inferiorità e disistima). Come è bravo a recitare di fronte ad una grande ed immensa platea altrettanto abile è nel disertare e cambiare pubblico, ambiente o compagnia quando non è seguito, adulato, considerato e ammirato, quando non è più sotto le luci della ribalta … atteggiamenti nel dare spettacolo che, spesso, creando confusione, degenerano nella megalomania, nella finzione e nella bugia, possono evolvere verso la psicosi o a una completa ed invalidante disorganizzazione della personalità … spesso viene confuso, a seconda della gravità (nevrotica o psicotica), con la personalità psicopatica, narcisistica e dissociativa.
on questi presupposti ed esperienze relazionali prende il via la struttura isterica caratterizzata da un forte desiderio di affermazione, un bisogno eccessivo di considerazione, una esagerata ambizione e una malsana competizione: non deve solo essere sempre il primo ma anche grandioso in ogni cosa, al centro dell’attenzione e degli applausi … tutto condito con la mancanza di autenticità, poca costanza e scarso senso di responsabilità, frivolezza e superficialità (rimanere un bambino irresponsabile).
Ama il preludio sessuale più che l’atto vero e
proprio (deve sedurre e piacere …
mascherare la sua dipendenza): un’attività ludica
in cui deve governare e vincere a tutti i costi ... ha bisogno dell’altro per
sedurre, confermare la sua abilità, per
essere ammirato, per stupire, per aver garantito il suo pubblico quotidiano.
Un’altra cosa che odia - essendo una ferita narcisistica dolorosa già sperimentata a suo tempo nella triade - è
quella di essere abbandonato, una mossa che preferisce sempre giocare
d’anticipo … anticipare l’evento. Non ci sono sintomi fisici che questo quadro clinico non possa
produrre: paralisi, aerofagia, vomito, afonia,
frigidità o anorgasmia, contrazioni muscolari, blocchi all’apparato
scheletrico, svenimenti, deliri, amnesie (conversione
somatica isterica … senza avere alcuna base anatomica). Il
malessere avviene quasi sempre in pubblico, perché ha bisogno di dare
spettacolo: una simulazione, ovviamente, in buona fede, dovuta appunto al suo
disagiata percorso evolutivo.
uggestionabile, incostante, immaturo è, come già detto, alle prese con un conflitto antico. I suoi disturbi sono la manifestazione di un desiderio contrastato che non può soddisfarsi altrimenti, ma spinge il soggetto ad attirare su di sé l’attenzione degli altri. La sua carta vincente è nella gestualità, ovvero nel muoversi, nel vestirsi, nell’attirare l’attenzione con il corpo ... nell’apparire è davvero un grande campione. Va in terapia solo quando teme che il suo disagio emotivo possa intaccare la sua “grande” bellezza”, la sua armonia e vitalità fisica, perdere fascino: non possa più impressionare, fare colpo.
La difficoltà principale di cura con questi soggetti,
anche con i più sani cioè quelli con un contenuto
nevrotico,
è stabilire una amichevole, solida e cordiale alleanza terapeutica in modo tale che non possa
più fuggire dalla realtà (rifugiarsi nella seduzione, nelle buffe moine, nelle bizze
e nei capricci infantili):
cioè attivare un clima genuino collaborativo
anche se
sono molte le resistenze che ostacolano tale lavoro
…
sono convinto che il terapeuta abbia sempre un
intuito geniale sulla loro
condizione emotiva senza
conoscerli veramente.
ella terapia esaminano attentamente le metodiche terapeutiche adottate più per procurarsi piacere e soddisfazione che per la loro efficacia curativa (un contatto riparatore, quello che non hanno mai avuto con le prime figure di riferimento). Il rapporto terapeutico - mai frettoloso, ma sempre tollerante, rispettoso e delicato - non deve essere per nulla intrusivo e direttivo, tantomeno “rumoroso” (più il terapeuta rimane in silenzio meglio è, deve ascoltare!). L’isterico deve imparare a sentire e interpretare realisticamente queste sue percezioni, imparare ad essere “responsabile”, ad amare, sentirsi veramente amato senza nessuna condizione ma, soprattutto, deve arrivarci da solo … favorire la massima fiducia nelle sue capacità (quello che non ha mai avuto) … facilitare l’unione tra pensiero e sentimento.
Tel. 0532.476055
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi
diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un
valore educativo, non prescrittivo.
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