Quel fantastico mondo della Medicina Psicosomatica ...
APPARATO DIGERENTE
a “fluidità” della bile prodotta dal fegato, raccolta dalla cistifellea (se non è accolta in questo organo passa nel sangue: itterizia) e inviata attraverso il condotto biliare del duodeno è sempre un funzione dello stato emotivo: gioia, ira, furore, paura e tristezza (ogni processo interessa l’intero organismo) … felicità o infelicità, tristezza o allegria, contentezza o scontentezza sono stati che volenti o nolenti, se non lasciati fluire liberamente, si ripercuotono sul corpo attraverso secrezioni, modificazione del sangue e dei tessuti.
Cancro - mente … l’influsso della psiche.
Chakra.
Lo stomaco è connesso al terzo C. (riguarda la personalità, libertà e controllo, essere se stessi).
STOMACO … una meravigliosa linea di difesa.
… la rabbia impotente viene presa in consegna dalla stomaco: fare finta, controllarsi, non far trapelare nulla ... l'acido che corrode lo stomaco.
INTESTINO.
... produce anche l'ormone (95%) della felicità: la serotonina ...
uando si parla di colite si fa riferimento a un malessere che presenta diversi "volti" e che tende a manifestarsi in maniera soggettiva. Imparare a leggere il suo linguaggio è essenziale per comprendere e affrontare il disagio, tutt’altro che banale, come la colite. Ogni colite è un fatto a sé, anche se all’interno delle diverse manifestazioni sintomatologiche è possibile individuale tratti comuni che aiutano a capire il senso profondo di questo disturbo, spesso, particolarmente invalidante. E’ ben diversa infatti una colite che colpisce nel pieno della notte con crampi, da una che si manifesta prima di affrontare situazioni stressanti o compromettenti. Occorre, inoltre, prestare attenzione anche ai momenti e alle fasi evolutive (della vita) in cui questo malessere si manifesta. Crampi dolorosi, ventre gonfio, attacchi di diarrea o costipazione ostinata. E’ questo il linguaggio d’organo attraverso il quale l’intestino racconta il malessere e il profondo disagio di chi soffre di colite. Conflitti aperti ma negati e una personalità complessa e tendente all’introversione sono tratti tipici del colitico che manifesta difficoltà ad interagire con il proprio ambiente in modo fiducioso e sereno. Attraverso un’accurata analisi dei simboli legati al mondo intestinale emergono varie caratteristiche connesse in chi soffre di stipsi e di colite. Chi soffre di disturbi intestinali è difficile che si conceda ad acquisti spensierati, o doni consistenti. Tranne in qualche raro momento per pentirsene subito dopo. Il suo spiccato senso di possesso lo porta a trattenere avidamente tutto ciò che è suo. Tipica di questo carattere è la tendenza a collezionare ogni cosa e a non buttar via nulla, neppure le cose vecchie o inutili. Relazioni finite, amicizie concluse, ricordi abitudini ormai inadeguate: tutto va tenuto e conservato. Il colitico sviluppa un vero e proprio attaccamento verso il vecchio, da cui non riesce a separarsi. I ricordi e i cimeli del passato ingombrano la sua vita come scorie tossiche, esattamente come fanno le feci nell’intestino. E gli impediscono di fare spazio al nuovo, di evolvere e cambiare con il tempo. Risultare “a modo”, “per bene”, è molto importante per il colitico che ci tiene a dare un’immagine di se “pulita” e sempre impeccabile (di tanto in tanto chiunque può essere sfiorato da queste caratteristiche, ma per il colitico esse sono dominanti e continuative: sono pochi i momenti di sollievo). Movenze e gesti sono studiati e trattenuti, fino a risultare talvolta artefatti e innaturali. La naturalezza (spontaneità) è scambiata spesso, a torto, per volgarità e mancanza di raffinatezza e viene poco apprezzata anche negli altri.
’atteggiamento controllato e difensivo verso il nuovo traspare anche nei rapporti con gli altri. Ama confrontarsi con persone che percepisce simili a lui, difficilmente si lascia attrarre da persone diverse, per quanto in fondo lo incuriosiscono. Preferisce muoversi su un percorso o un terreno conosciuto e rifiuta tutte quelle situazioni che potenzialmente potrebbero farlo cambiare. Il colitico, il più delle volte, ha un atteggiamento moralista che gli fa assumere posizioni inflessibili verso errori e debolezze proprie ed altrui. Ci tiene molto alla buona educazione e a risultare corretto e onesto. Spesso il suo idealismo sconfina in un atteggiamento mistico. Chi soffre di colite ha nei confronti dello sporco una vera repulsione, è davvero esagerato. Persino gli odori del corpo vengono considerati disdicevoli e vergognosi. Ecco perché spesso il colitico fa un eccessivo uso di profumi, deodoranti e detergenti. Anche con la fisicità e la sessualità spesso è difficoltoso e inibito, dimensioni ritenute pericolose e particolarmente “difficili”. Il malessere fisico provoca tre tipi di atteggiamenti differenti: avido, aggressivo e insicuro. La stipsi è un malessere che anche nei bambini ha un’origine di natura profonda e sottile. Per il bambino le feci hanno un significato più profondo che per l’adulto. Sono tre infatti gli atteggiamenti alla base della stipsi infantile: atteggiamento aggressivo, tipico dei bimbi con un carattere egocentrico, che tendono ad attirare l’attenzione su di sé attraverso il malessere fisico. In questo caso è consigliabile stare con il bambino anche in bagno, rendendo l’evacuazione un momento gioioso. Atteggiamento insicuro: tipico dei bambini remissivi, la loro paura è quella di deludere. Atteggiamento avido: il bambino mangia voracemente e tende a mantenere tutto per sé. Nella maggior parte dei bambini stitici l’aggravante del disagio è l’insistenza incessante dei genitori. Niente di più sbagliato, quando il bimbo si siede sul vasino, o spesso ancor prima di avvertire qualsiasi stimolo a defecare, i genitori cercano di forzare il bimbo al tanto sospirato “regalino”. In questo modo si perde uno degli ingredienti indispensabili per questo atto: la naturalezza. E’ importante cercare di coinvolgere il bambino in situazioni piacevoli, giocose, rilassanti che impediscano l’insorgere della cosiddetta ansia di prestazione. I dolorosi crampi addominali, lo spasmo e la contrattura muscolare tipici di quella forma di colite parlano di una lotta interna, una sorta di “tira e molla” tra la tendenza a procedere in avanti e verso l’esterno (spirito di iniziativa, aggressività) ed un movimento che agisce in direzione opposta.
hi ne soffre cronicamente risulta quasi sempre una persona decisamente formale, spesso incapace di portare fuori la propria rabbia e le proprie parti “impresentabili”, manifestandole apertamente nelle situazioni spiacevoli. Soprattutto vi è una attrazione – repulsione verso tutto ciò che inquina un’immagine di sé linda e inappuntabile. Questo sintomo fastidioso fa spesso la sua comparsa in situazioni significative, quando cioè si avverte l’attenzione o addirittura l’ostilità dell’altro e se ne teme il giudizio o la disapprovazione. Soprattutto nei luoghi affollati si può avvertire la sensazione di non avere spazio e contemporaneamente può insorgere la paura di rivelare, attraverso i propri rumori, quelle parti di sé, che si vogliono tenere nascoste. Può accadere così che la pancia si metta a “borbottare” rendendo manifesta proprio la presenza e l’attività di quelle parti tanto temute. In genere questo soggetto con tale tipo di colite è fortemente imbarazzato quando si trova in mezzo agli altri e cerca di occultarsi ogni volta che la pancia “rumoreggia”. Trattandosi molto spesso di pulsioni sessuali trattenute, è probabile che agendole più liberamente, inizialmente almeno a livello immaginario, questo sintomo si possa attenuare. Pur se nella maggior parte dei casi si tratta di una forma occasionale e sporadica di colite, quella cioè da cibi guasti, si può ugualmente riconoscere, quando il problema assume connotati di cronicità o di ripetitività, un significato più profondo. Così, eliminare frequentemente, in seguito a vomito o diarrea, certi alimenti (latticini, frutta e verdure non lavate, fritti) assume il senso di un rifiuto e del timore che qualcosa di poco pulito vada ad inquinare e alterare il corpo e la mente. E’ proprio l’incapacità a tollerare che cibi poco genuini o poco lavati vengano trattenuti nell’organismo e, seguendo i tempi fisiologici, regolarmente espulsi, a delineare la personalità di chi soffre di questo tipo di disturbo. Si tratta per lo più di persone molto attente alla pulizia interna ed esterna, spesso inclini a controllare la provenienza dei cibi, la loro composizione e tutti i possibili effetti sull’organismo. Questa tendenza al controllo è generalizzata e rivela in particolare il timore di avere qualcosa a che spartire con un mondo esterno considerato improprio e inferiore, l’idea di un contatto imprevisto che rischierebbe di alterare una dimensione interiore considerata pressoché perfetta. L’evento scatenante, ovviamente, è l’ingestione di cibi e bevande potenzialmente tossiche o verso le quali può scatenarsi un’intolleranza. La reazione di rapida espulsione di queste sostanze da parte dell’intestino è tesa a salvaguardare l’integrità. Non bisogna dunque intervenire troppo precocemente per controllare l’intensità della scarica, ma piuttosto favorire la fisiologica disintossicazione dell’organismo. L’ideale asetticità ricercata nell’alimentazione si può analogamente estendere al campo delle relazioni interpersonali. La paura di venire contagiati (fisicamente, ma anche emotivamente) dagli altri può condurre infatti anche ad una progressiva chiusura sociale. Ecco perché è importante “assaggiare” un po’ di tutto – cibi, bevande, ambienti, persone, situazioni – ovviamente avendo cura di scegliere, perlomeno in un primo momento, gli elementi che risultano maggiormente tollerabili.
gni spostamento, ogni viaggio, comporta la necessità di modificare, anche per poco tempo, le proprie abitudini e di saper affrontare qualche imprevisto. Quando si viene sradicati da situazioni e relazioni ben conosciute, e pertanto non preoccupanti, e catapultati in luoghi in cui l’insolito e il confronto con esperienze nuove sono inevitabili, può insorgere, insieme all’inconsapevole timore di non essere pronti ad assimilare questi cambiamenti, anche una sofferenza intestinale. Se è vero che ogni mutamento (fisico, psichico, ambientale) può essere accompagnato da uno stato di leggera ansia e preoccupazione, chi soffre di questo disturbo manifesta una spiccata sensibilità e ricettività nei confronti dell’ambiente che lo circonda. In particolare risulta evidente la difficoltà a distaccarsi da cose o situazioni passate e la necessità impellente di rifiutare ogni possibile cambiamento. Ancora una volta, per analogia, l’intestino si fa interprete di questo disagio attraverso la veloce espulsione di cibi appena ingeriti. Non solo i viaggi, ma anche tutte le occasioni di cambiamenti significativi sul lavoro o nella vita affettiva possono scatenare la sintomatologia colitica in coloro che sono predisposto a ciò. L’ansia e la preoccupazione che possono subentrare in occasione a tali mutamenti costituiscono già un’ottima spinta fisiologica, unita al tentativo di liberarsi al più presto di quanto appena incontrato, prima che sia incorporato ed elaborato. Il motto “mai lasciare la strada vecchia per la nuova” da un lato esprime la necessità di avere punti di riferimento stabili e sicuri, dall’altro non considera un aspetto fondamentale della vita: attraverso nuovi incontri ed esperienze l’uomo arricchisce e modifica la visione di sé e del mondo. Così, ogni cambiamento porta in sé una rinuncia, ma anche il potenziale della crescita individuale. Accettare consapevolmente questa rinuncia in favore di una evoluzione della propria personalità è pertanto l’obiettivo a cui questi soggetti devono tendere.
… il caldo espone l’apparato digerente a stress, attacchi batterici e virali … per riequilibrarlo prova con gli oligoelementi: manganese – cobalto; per le infiammazioni usa Vaccinium myrtillus, tarassaco e malva.
INTESTINO TENUE
er una buona funzionalità, bisogna eliminare: alcol, carne e formaggi che provocano una putrefazione, oltre alle uova troppo cotte, pane bianco, salumi grassi, ingredienti troppo piccanti, zuccheri raffinati. Ha invece bisogno di: prodotti latteofermentati, yogurt e lievito in caso di irritazione. In caso di parassitosi: aglio e crescione; con problemi infiammatori: alghe e lieviti freschi; infezione: carote, ciliegie, fragole, lattuga, patate, mele, pomodori, porri, sedano, spinaci, uova; apporto di sali minerali: alghe, cavolfiore, lenticchie, rape, sedano, soia; cerali specifici: frumento (adatto a migliorare la funzionalità), riso non brillato, segale. La sua massima espressione energetica è dalle 13 alle 14; se è presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi. Migliora con il sapore amaro. Se si hanno problemi di circolazione sanguigna, di cistite, o di presenza di gas nell’intestino, significa che l’intestino tenue non funziona bene. Fornisce, con il cuore, il massimo del suo sforzo energetico in estate. Il punto di massaggio sarà la vertebra sacrale 1 (S1: stitichezza, infezioni cutanee, colite).
INTESTINO CRASSO.
Colite … con la scarica diarroica si cerca in qualche modo di purificarsi (allontanare, scaricare) da idee e contenuti mentali inaccettabili, vissuti come “sporchi".
FEGATO … il grande alchimista.
Il fegato essendo collegato con la rabbia ci parla dell’incapacità di metabolizzare l’ira: pezzi di un vissuto e di ricordi non smaltiti nel tempo.
egato e cistifellea (raccoglie e “spruzza” la bile) non solo hanno un legame con fenomeni di irascibilità e indignazione (rabbia, ira, collera) ma segnalano anche coraggio, fermezza e speranza … sono organi che possono incidere sulla vita emozionale di ogni soggetto fornendo vivacità oppure possono spegnere la voglia di vivere (amarezza, delusione, apatia, depressione).
Il fegato si ammala quando:
troppo vittimismo;
dipendenza affettiva;
si è tristi e rassegnati;
rabbia trattenuta, repressa;
Una SPINA nel fianco
i sono emozioni intense ed invadenti che - a seguito di frustrazioni, risentimenti, amarezza nei confronti delle situazioni o persone - non si esauriscono proprio per niente in un semplice stato di eccitazione mentale, ma provocano una violenta e debilitante reazione fisiologica (reazioni nervose e ghiandolari: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, tensione muscolare, esantemi, stanchezza, sudorazione, ulcera, insonnia, emicrania, problemi tiroidei…). Ogni stato d’animo, volenti o nolenti, si traduce sempre in una condizione fisica: un momento di felicità fa sentire leggeri, un’emozione intensa accelera il battito cardiaco, uno stato di tristezza opprime il petto o irradia nei muscoli una pesantezza che ostacola il movimento. Tale sollecitazione emotiva se permane per molto tempo nell’organismo, oltre a far soffrire, silenziosamente intossica la vita, modifica il comportamento, distrugge i rapporti affettivi, crea insicurezza e lentamente spegne l’autostima. Si diventa vulnerabili a livello cognitivo, la capacità di adattamento si sgretola, mettendo continuamente in discussione le proprie abilità e capacità nei rapporti sociali. Un fenomeno davvero pericoloso quando sfugge al controllo (diventa insistente, più forte di noi), si trasforma in rancore (legarsi al dito una vicenda) e dura al di là dell’evento che può averlo scatenato. Soggetti che prendono fuoco facilmente, si usava dire un tempo, con la “miccia” assai corta. Quanto affermato può essere tranquillamente verificato nelle vicende di cronaca nera. Se, ad esempio, ascoltiamo attentamente le interviste fatte ai vicini, agli amici o ai parenti del “mostro sbattuto in prima pagina” i contenuti appaiono sempre positivi, scontati e nettamente in contrasto con il gesto avventato commesso dal soggetto: era una persona a modo, sempre con un atteggiamento benevolo, gentile, educata, silenziosa, anche se un po’ schiva, ma molto, molto buona e tranquilla. In realtà, per i più attenti, non è mai stato un individuo sereno e tranquillo ma sempre in tensione, taciturno, schivo, trattenuto, controllato, con una vita compressa, che ribolle come un vulcano in piena attività.
a rabbia esplosiva, quella paralizzante, è una modalità espressiva impropria che, paradossalmente, permette di farsi “sentire”, di “affermarsi”, diventa una protesta e una rivendicazione in chiave violenta verso un ambiente insensibile, sordo e cieco, vissuto, sempre dal soggetto, come ostile, ingiusto e conflittuale. La manifestazione più specifica di questo fenomeno è il risentimento che si sviluppa in genere in funzione a un senso di ingiustizia diffuso a fronte delle responsabilità e degli sforzi eccessivi di cui spesso, il soggetto, più di altri, si fa carico. E’ un sottofondo emotivo accompagnato sempre da un atteggiamento di critica (irritazione, sfuriata, mutismo, rimprovero, fastidio, disappunto, odiosità) verso le situazioni e la gente in generale. Assume caratteristiche evidenti quando la si ritiene giustificata, ed è proprio in questa circostanza che può concretizzarsi in una forma davvero violenta. Al di là degli aspetti patologici, la rabbia, con la sua forza propulsiva, sapientemente gestita, rende efficienti, può offrire infinite opportunità, aprire altre porte, percepire nuove occasioni, cambiare la propria vita che, senza la sua spinta aggressiva, non si avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Questo sentimento, portato agli estremi (cattiva gestione), se permane a lungo nell’organismo, secondo la medicina cinese, provoca un ristagno di energia nel fegato e, quindi, un forte dolore al fianco destro (“spina” nel fianco). Quando si usa, invece, un atteggiamento ripetutamente esplosivo verso l’ambiente circostante, si sottrae energia necessaria al funzionamento di tale organo. Questa modalità reattiva, particolarmente impulsiva ed ingestibile, oltre a segnalare difficoltà di ordine emotivo, può predisporre la ghiandola epatica a varie patologie. Prepara e facilita, nel tempo, un terreno adatto per disfunzioni e malattie più o meno degenerative. Saper gestire, pertanto, in maniera appropriata anche le manifestazioni di rabbia aiuterà a mantenere in ottima salute questo organo così prezioso al nostro benessere.
La rabbia triste viene raccontata dal fegato: una rassegnazione e una profonda amarezza.
Ricorda che il fegato ha bisogno di piccoli bocconi semplici e leggeri, non di esagerazioni, per riprendersi sono necessarie buone vitamine (C e gruppo B), quindi, frutta (lontano dai pasti) e verdura fresca a volontà … bandire alcolici, limitare caffè e cioccolato, molluschi e crostacei.
SAPEVATE che ... la vitamina B1 e la vitamina C sostengono e proteggono il fegato ... la vitamina B3 e lo Zinco lo disintossicano.
LO STOMACO
ATTENZIONE, le delusioni possono bruciare più del cibo piccante consumato a tavola ... MAI fingere di stare bene!!!
l dolore, una voce che ci rivela che qualcosa non va. Una voce da ascoltare e non da “far tacere”. Il corpo è un grande alleato che tramite la “sofferenza” avverte un modo d’essere sbagliato, di comportamenti ed emotività che probabilmente non ci appartengono. Così la lettura psicosomatica può mostrare gli aspetti che determinano le gastropatologie, partendo da segnali minimi, atteggiamenti e piccoli gesti preziosi che spesso non vengono visti e restano ignorati. Una separazione, un lutto. Oppure semplicemente l’arrivo della primavera o di una nuova stagione. Sono molti i fattori che possono scatenare le “proteste” dello stomaco, quasi tutti caratterizzati dalla "sindrome" del cambiamento. L’addio di una vecchia situazione per una nuova sembrerebbe la scintilla che fa nascere gastrite e ulcere. Ma non solo: è durante il pasto, quando emozioni e cibo si incontrano, che lo stomaco rischia di farsi sentire con bruciori e nausee violente. L’apparato digerente diventa, così, un termometro che rivela disagi e destabilizzazioni in corso. Un pasto, la vacanza, il gruppo: tutti i cambiamenti in cui gli attacchi si fanno sentire. I momenti di cambiamento, infatti, il non riuscire ad adattarsi con facilità alla transizione, può provocare nausea e vomito, proprio perché la nuova situazione “non va giù” (traslochi, cambiamento del posto di lavoro, nuova situazione sentimentale). A digiuno, prima di pranzo e cena, lo stomaco libero richiama la sensazione di “vuoto d’amore”: il bruciore che ne deriva si placa solo quando viene introdotta una dose di cibo/affetto. In mezzo alle persone, poi, per il timore di ricevere una critica, la bocca dello stomaco si chiude e si contrae per non fare entrare i pericolosi giudizi degli altri. In vacanza: lasciarsi andare tutto in un colpo ad uno stile di vita più libero trova corpo e psiche impreparati; così lo stomaco, sottoposto al surplus di lavoro, oppone un rifiuto a queste richieste. I tratti di personalità più comuni in chi soffre di gastrite e ulcera sono un alto livello di introversione, un’apparente indipendenza e un atteggiamento che vorrebbe essere ironico, ma che risulta sarcastico e spesso irritante (corrosivo). Inoltre la dimensione quotidiana di chi ha “lo stomaco in subbuglio” è ricca di altre sfumature che rendono il carattere dell’ulceroso molto complesso. Ciò che è più evidente nei soggetti con gastrite è un’aggressività che difficilmente riescono a gestire: sono infatti molto sospettosi e qualche volta arrivano anche ad avere veri e propri complessi di persecuzione.
n fuoco che divampa (produzione eccessiva di acido cloridrico) indica una rabbia che vorrebbe scoppiare e che invece rimane bloccata dentro. Così il bruciore è il sintomo di un’emozione trattenuta che ribolle e “corrode” internamente. La gastrite altro non è che uno stato infiammatorio dello stomaco, il bruciore deriva da una iper produzione di acido cloridrico (sostanza indispensabile per sciogliere le proteine) ... un eccesso in pratica arde lo stomaco. Da un punto di vista simbolico, come più volte sottolineato, esprime spesso una carica aggressiva, focosa appunto, che non trova adeguato sfogo all’esterno e che finisce col diventare un’auto aggressione. Per quale ragione ad essere colpito è proprio lo stomaco? Si tratta di una “scelta d’organo” primitiva: la nostra prima modalità di conoscere il mondo, di relazionarci con gli altri consiste nell’atto del mangiare. Insieme al primo cibo, il latte materno, portiamo dentro tutto ciò che esso rappresenta: amore sicurezza, dedizione. Ma anche tensioni, ambivalenze, angosce, scatti d’ira, nervosismo, impazienza … lo stesso accade anche per le esperienze di cui ci “nutriamo”: anch’esse sono intrise di emozioni da “digerire”. Senza saperlo ogni giorno portiamo dentro di noi varie tossine (emozioni, impegni eccessivi, tensioni, contrarietà, arrabbiature, arroganza) che ci tocca, volenti o nolenti, digerire, da cui non sappiamo difenderci e lo stomaco ne fa le spese. Cosa succede allora dentro di noi? La mucosa può ispessirsi o assottigliarsi, in ogni caso compromettere le sue funzioni, soprattutto quando la nostra capacità di affrontare le cose, le situazioni della vita si indebolisce. Si tratta di difficoltà di relazionarci con un ambiente che percepiamo come invadente, aggressivo a noi (per il nostro modo di pensare) e potenzialmente nocivo. E’ il caso di contesti ed impegni lavorativi particolarmente pressanti, esigenti e competitivi ma anche di dinamiche familiari conflittuali ed autoritarie. La gastrite non nasce a caso: essa si nutre a pieno dei disagi e delle sofferenze; imparare a conoscere la sua “voce”, permetterà di capire cosa non va in se stessi. Il bruciore tipico della gastrite viene spesso descritto da chi lo prova come una fiamma che divampa e “mangia” dall’interno. In effetti, l’aumento dell’acidità gastrica equivale a un meccanismo autoaggressivo, all’esplosione che non trova sbocchi. Il “fuoco gastrico” (produzione eccessiva di acido cloridrico) può anche manifestare dubbio, sfiducia e sospettosità nei confronti degli altri. Al contrario una carenza della produzione di succhi gastrici può svelare una forte mancanza di energia nel “digerire” situazioni, cose o persone della vita di ogni giorno. Chi soffre di gastrite sa bene cosa voglia dire sentire le fiamme nello stomaco, il bruciore che sale lungo il canale digestivo, dando sensazioni di calore doloroso. E ciò, se facciamo caso, accade soprattutto quando proviamo rancore o pensieri inaccettabili verso qualcuno o verso se stessi (soprattutto quando non riusciamo ad esprimerci per ciò che siamo realmente). Pensieri inaccettabili che il più delle volte dobbiamo trattenere: non possiamo esternarli per non generare dei conflitti.
Lo stomaco si ammala quando:
Si è continuamente irritati;
Non si riesce a "mandar giù" cose o situazioni;
Si rifiuta di accettare le cose, persone, atmosfere ... il mondo intero.
TIRA FUORI LA TUA VOCE!!!
o
sapevi che pulendo l’intestino e purificando il sangue con cereali
integrali (Vit. Gruppo B), frutta e verdura (tarassaco, radicchio,
cicoria) mantieni leggero e sano il tuo “involucro”?... NO a
carne e prodotti lattiero caseari … mangia riso, orzo e grano
saraceno in abbondanza, qualche albicocca e patate lessate per
spegnere il “fuoco”, togliere pesantezza, acidità, proteggere
dal reflusso, rinforzare l’intestino e curare le “ferite” dello
stomaco … durante le scariche diarroiche evitare cibi integrali!
Anoressia mentale.
Bulimia.
BULIMIA … fame da bue.
Bisogno di grande attenzione e, contemporaneamente, timore di non esserne degni. Un continuo oscillare tra desiderio di dipendenza (abbuffate) e la difficoltà di rendersi autonomi (vomito) … rende nemica la tavola.
Colite
Emorroidi.
Sono varici (vene dilatate e tortuose) ano – rettali localizzate all’interno o all’esterno dell'orifizio. La loro uscita è favorita da condizioni di stipsi e di diarrea… ruota attorno al tema dello spingere “fuori”, del “lasciare la presa”. E’ un fenomeno presente in persone che vivono un eccessivo senso di pressione sociale o di impegni esistenziali che non piacciono più e, quindi, sono costantemente sotto tensione e sforzo continuo (nel lavoro e nella vita). Uno stato di tensione che favorisce indignazione, collera, rancore, senso di impotenza e di colpa.
Le emorroidi
Gastrite
Quella FAME irresistibile
SOVRAPPESO... i bocconi amari della mente
uando si è chiusi, avvitati su se stessi, spenti, statici, tristi e depressi, l’energia del corpo rallenta e ristagna (metabolismo lento). Con il cibo è possibile ristabilire, spesso in modo sbagliato, un rapporto armonico con le condizioni psicologiche: anestetizza e calma ogni “appetito” … anche quello sessuale. L’assunzione del cibo, in forma morbosa, infatti, non serve a mantenere in salute il corpo ma a “saziare” altri bisogni di natura emotiva: sicurezza, compagnia e calore affettivo. Il cibo è un forte simbolo a cui è legato un valore sociale molto profondo che, nel tempo, può compensare e distrarre da mancanze o rimpianti esistenziali. Una consolazione facile ed immediata, davvero a basso costo dal punto di vista economico, ma con risvolti drammatici a livello psicosomatico. Gli alimenti, dunque, oltre a nutrire il corpo, veicolano infiniti altri significati culturali, affettivi e psicologici. La cartina tornasole di quanto appena affermato è che quando si è completamenti presi dalla gioia, passione, felicità e soddisfazione non si percepisce alcun stimolo della fame, si dimentica perfino di mangiare. In pratica, se l’esistenza scorre senza entusiasmi, immediatamente, la mente si getta a capofitto sul cibo per portare un po’ di consolazione e un parziale senso di calma. Chi è calato in questa dimensione continua a subire la vita facendo cose poco stimolanti, a cui spesso non crede, tutte esperienze per la maggior parte deludenti, monotone, ripetitive e sempre uguali: uno sforzo che, a lungo andare, “appesantisce” e rovina completamente la “forma”. Una personalità poco “incisiva” che non riconosce realisticamente il proprio valore, visibilmente disorientata, smarrita, imprigionata, irrequieta e fagocitata dalle sue stesse rinunce.
bbandonando completamente la strada della passione e del divertimento, si diventa piano piano sempre più estranei alla soddisfazione e al godimento: il cibo altro non è che un potente tappabuchi, viene usato come sostituto di attività entusiasmanti e piacevoli. Quando il senso di deprivazione è diffuso - togliendo sempre più spazio alle esigenze personali - la fame, come per incanto, si riaccende con smodata voracità. Alla fine della giornata, tirando le somme, la vita appare spenta, troppo addomesticata, statica, piatta, che non emoziona più … allora, sfiniti, ci si butta letteralmente su un colmo bicchiere di fresca “nutella”. Un vivere fatto di continue rinunce, frustrazioni e insoddisfazioni: se l’esistenza si “restringe” il corpo si “appesantisce” e si “gonfia” velocemente. Più si reprime quello che conta realmente nella vita, più ci si scatena a tavola attraverso piccole o grandi abbuffate. Dipendere dagli altri, non farsi valere, dire sempre sì, troppa disponibilità senza un vero tornaconto, creare a tutti i costi un mondo privo di problemi, eccessivamente conciliante per il quieto vivere (annullarsi e mettere la propria vita in mano ad altri): ecco i peggiori nemici che tolgono felicità, allontanano da se stessi, annullano l’autostima, fanno saltare i bottoni e allargare la cintura. Le cose invece che cancellano questa particolare dipendenza, sopprimendo completamente la fame nervosa, sono: innamorarsi, passione per il lavoro, per qualche hobby e per le novità, una sessualità “selvaggia”, viva e coinvolgente, e una sana amicizia. E’ un grave errore riversare i lamenti vari e le frustrazioni nel piatto, la felicità va sempre ricercata fuori dalla tavola perché il malcontento, a lungo andare, allarga e fa aumentare i buchi della cinghia. Per contrastare il “peso” bisogna cavalcare il piacere, risvegliare la passione e godere delle piccole cose che stanno attorno … e sono davvero tante se si cercano nella direzione giusta. Per raggiungere tale equilibrio psicosomatico sarà utile - da soli o con l’aiuto di un esperto - liberare la creatività e il proprio talento ma, soprattutto, togliere i “bocconi” amari dalla mente e “alimentarsi” delle piccole gioie quotidiane.
on ci sono dubbi, quando le situazioni assorbono completamente, ogni attimo diventa un’occasione speciale, si è felici, eccitati, soddisfatti, la dispensa rimane piena e il frigo perennemente chiuso. Molte sono le metodiche terapeutiche psicosomatiche utili per raggiungere armonia, equilibrio e forma. Ascoltare e osservare se stessi è sempre il primo passo. Conoscere poi il conflitto da cui scaturisce la fame nervosa risulta fondamentale non solo per affrontare il disagio psicologico ma anche per rendere più duraturi e stabili gli effetti di una eventuale dieta… che va realizzata sempre senza ossessioni, sforzi e sacrifici vari. Quest’ultime, sono tutte parole che evocano il senso di fatica, di tortura ed immergono completamente in un’atmosfera di cupo sacrificio, creando in tal modo sensi di colpa, inutile stress, frustrazione e disistima. Come si può “competere” o, meglio, pensare di sostituire l’effetto piacevole e “appagante” del cibo se si sceglie la strada del tormento corporale, se si pratica la tortura e la privazione?
OBESITA'
Problemi ALIMENTARI
BULIMIA NERVOSA
una grande necessità d’amore ma anche un enorme bisogno di rifiutarlo
ome accade per la maggior parte dei disturbi emotivi, il contesto culturale gioca un ruolo significativo: chi vive in una società industrializzata viene continuamente bombardato da messaggi che sottolineano, specie per le donne, l’importanza di una linea perfetta, essenziale non solo per la bellezza fisica ma anche per raggiungere il successo in campo economico e sentimentale. La maggior parte delle persone è in grado di regolarsi nell’alimentazione senza difficoltà. Molte persone mantengono un peso più o meno stabile anche senza particolari controlli sulla dieta, basandosi solo sul proprio appetito. Il problema è che l’appetito non è automaticamente regolato come lo sono il bisogno di bere o di respirare. Se non respiriamo adeguatamente moriamo in pochi minuti; se non assumiamo adeguate quantità di liquidi moriamo in pochi giorni; ci vogliono invece settimane per morire di fame. Questo minor controllo sul comportamento alimentare è causa, in situazioni estreme, di anoressia nervosa, bulimia nervosa, obesità. Non esistono disturbi emotivi analoghi - se non a livello analogico - rispetto alla regolazione del respiro o all’assunzione di liquidi perché queste funzioni sono di importanza vitale e non presentano margine di tolleranza.
olti problemi legati all’alimentazione non sono veri disturbi mentali, sebbene chi ne soffra possa avere conseguenze emotive e possa trarre giovamento da una psicoterapia. Gli adolescenti e i giovani mostrano spesso varie forme di comportamento alimentare, che includono diete frequenti, abbuffate e vomito per evitare di ingrassare. Questi comportamenti che sono molto più comuni dei veri e propri disturbi dell’alimentazione, non sono quadri clinici gravi, ma aumentano il rischio di sviluppare abitudini alimentari più pericolose e possono essere le prime avvisaglie di problemi potenzialmente gravi, per cui non devono essere, per nessuna ragione, ignorati.
soggetti bulimici possono arrivare a consumare più di 15.000 calorie in una singola abbuffata, ma ciò che causa i danni più gravi è la successiva eliminazione di quanto si è ingerito. Gli acidi gastrici contenuti nel vomito irritano le gengive e corrodono lo smalto dentario portando alla formazione di numerose cavità. Il vomito ripetuto priva l’organismo di sostanze nutritive e liquidi essenziali, il che provoca disidratazione e squilibri a livello degli elettroliti. La deplezione potassica (ipokaliemia) compromette la funzionalità del cuore e di altri muscoli e può causare aritmie cardiache e, in alcuni casi, la morte improvvisa. Altre complicanze includono spasmi muscolari alle mani e ai piedi, palpitazioni, irritazione e sanguinamento dell’esofago e dello stomaco e disturbi dell’apparato digerente. Molte persone credono erroneamente che l’uso di lassativi o di diuretici acceleri la perdita di peso e perciò fanno spesso uso di questi preparati. In realtà l’assunzione di lassativi e di diuretici provoca una ritenzione di liquidi di rimbalzo, prolungando così la sensazione di gonfiore e rinforzando il ciclo di eliminazione del cibo ingerito. L’abuso di lassativi comporta gravi complicazioni, tra cui stipsi e prolasso del retto, nonché la rara condizione nota con il nome di colon catartico, che richiede un immediato intervento chirurgico. Anche nel caso in cui sembrino avere un peso e una salute normali, i soggetti bulimici possono soffrire degli effetti psicologici dell’inedia, che includono cambiamenti di umore, affaticamento e depressione. Tra queste persone si riscontra inoltre un’incidenza superiore alla media di disturbi d’ansia, disturbi bipolari (sindrome maniaco – depressiva) e disturbi di personalità; hanno difficoltà a livello sessuale o mostrano comportamenti impulsivi autodistruttivi quali il taccheggio, la promiscuità e l’automutilazione.
… hanno avuto esperienze con una figura di riferimento controversa.
Dieta … togliamo dalla mente i bocconi amari.
Ulcera
rosione del tessuto epiteliale, mucoso o cutaneo, accompagnata la lesioni... una grande rabbia e rancore che rode internamente … la vendetta diventa l’obiettivo principale, fino a trasformarsi in autodistruzione … il rancore non espresso si trasforma in distacco e odio represso, mettendo a rischio completamente il benessere psicofisico … insieme al companatico ingeriamo anche le esperienze della vita, le digeriamo ed entrano a far parte del corpo: vissuti indigesti e difficili da mandar giù … se la vita è amara lo stomaco e l’intestino protestano: esprimono il proprio dissenso o avversione “bruciando”.
L’Ulcera Peptica
(dal greco peptikos “digestivo”) consiste in una perdita di sostanza della mucosa gastrointestinale, generalmente nello stomaco (gastrica) o subito dopo nel duodeno (duodenale).
… un maggior afflusso di sangue e ipersecrezione di acido cloridrico a livello gastrico … un eccesso di fuoco che “brucia”, ovvero una forte aggressività trattenuta nei confronti di un ambiente vissuto come minaccioso … diverso è il discorso della colite che segnala un bisogno di eliminare velocemente certi contenuti emotivi ritenuti inaccettabili.
Un piccolo “sorso” di collera
’essere
umano, sappiamo, non manda giù solamente pane e companatico,
egli inghiottisce anche l’umiliazione, la delusione per la sua
mancata realizzazione o promozione, una catastrofe finanziaria o
affettiva e tanti sentimenti di colpa. Paradossalmente, l’organo
della digestione, cioè lo stomaco, si comporta come se dovesse
realmente digerire tutto ciò, come se fosse di fronte a un
succulento pasto. Produce dunque il suo acido gastrico, che in
questa situazione è una sostanza corrosiva non necessaria, la
quale col tempo attacca la sua mucosa: lo stomaco in pratica
mangia se stesso. In realtà, la secrezione e la circolazione di
tale organo viene influenzata in maniera determinante da reazioni
emotive e particolari stati d’animo (fame di amore, affetto,
stima, rispetto, rabbia, collera, autonomia, dipendenza, ecc.).
Lo stomaco, pertanto, partecipa a reazioni di cui il soggetto,
molto spesso, non ha consapevolezza. Se lo stomaco produce acido
cloridrico ma non riceve nulla, nessun cibo scende a riempirlo,
tale sostanza prodotta, tuttavia, non può neutralizzarsi,
quindi, insorge un pericoloso funzionamento a vuoto: i conflitti
aperti o nascosti si esprimono attraverso un preciso segnale
ammonitore, cioè con un disturbo allo stomaco. Molto spesso, si
riscontra nei malati di stomaco, dopo una lunga terapia priva di
successo, una guarigione in maniera spontanea, a volte, del
tutto inattesa. Tale guarigione, apparentemente miracolosa,
diventa comprensibile solo quando si prendono in esame le
condizioni e cambiamenti di stili di vita del paziente. hi
soffre di mal di stomaco si riconosce già dal suo aspetto
esteriore. Egli non è quasi mai grasso, mai corpulento, a
livello costituzionale è slanciato, pallido, sottile. Di solito
è un individuo che prende “troppo” sul serio le cose della
vita: è alle prese con un continuo rimuginare. Estremamente
sensibile, nervoso, facilmente irritabile. Si preoccupa dentro di
sé, si dedica al lavoro più degli altri, cerca in maniera
spasmodica continuamente successo, affermazione e riconoscimento,
in breve, ha una vita caratterizzata da un ritmo vorticoso e
un’attività molto intensa con il continuo rodersi interiore
caratteristico appunto di chi soffre di stomaco. Anche
l’aggressività in questi soggetti è particolare e
“corrosiva”. E’ contorta, indiretta, cova interiormente ed
emerge a fatica (trattiene le cariche aggressive). Qualora
dovesse venire a galla, però, è particolarmente graffiante,
piena di sarcasmo: si potrebbe definire un’aggressività al
“vetriolo”. Il motivo di tale strategia nasce dal fatto che
questi individui sono legati a un doppio filo (la dipendenza) a
situazioni e a persone di cui soffrono nel fare a meno; ecco
perché, quando si arrabbiano, in qualche modo tendono a
trattenersi: temono di rovinare il rapporto e, quindi, trovarsi
soli. Può accadere che reprimano i loro desideri, che possono
restare inconsapevoli e addirittura non trovare alcuna forma
espressiva, compensati da un’esibita affermazione di autonomia;
ma può anche accadere che li esprimano apertamente e si
scontrini con l’incomprensione da parte del loro ambiente
circostante. tipi di personalità risulteranno, nei due casi, opposti, ma in entrambi ci sarà comunque un certo grado di frustrazione, in relazione al desiderio di ricevere, affetto, attenzione, ecc. Anche a livello sessuale è presente la dimensione conflittuale, e dunque i rapporti saranno vissuti in modo estremamente ambivalente. In realtà, vuole affermare la propria autonomia e al tempo stesso cerca la dipendenza, attivando meccanismi spesso carichi di aggressività, quasi sempre repressa o magari assente, proprio per paura di restare deluso nel proprio bisogno d’amore. Non dobbiamo dimenticare che vive in uno stato di profonda dipendenza, di cui però ha molto timore e che vuole nascondere a tutti i costi. Un tale individuo può apparire come il tipico soggetto “rampante” ma è invece particolarmente spaventato dall’idea che qualcuno possa accorgersi della sua grande esigenza di rassicurazione. Cosa fare. Le metodiche terapeutiche sono tantissime, molto efficaci anche come prevenzione: alimentazione, agopuntura, rilassamento … ma, soprattutto, è importante che la persona impari, attraverso un aiuto qualificato, due elementi fondamentali: chiedere agli altri ciò di cui sente il bisogno – superando la paura di ricevere un rifiuto – e essere meno pretenzioso e severo con se stesso. a RABBIA … permette in qualche modo di affermare le proprie posizioni… se la fai uscire, se ne va anche la gastrite! … quando si cerca di far tacere la rabbia per troppo tempo, il corpo trova sempre la sua modalità espressiva: un modo di esprimerla per vie traverse … la rabbia nasce sempre quando per troppo tempo ci si è voluti adeguare a un ruolo, un modello o a un personaggio perfetto: coerente, altruista, tranquillo, moderato, bravo ... la rabbia, agendo sul ritmo cardiaco, fa aumentare la circolazione sanguigna, quindi, calore e gonfiore (infiammazione). pesso
il malato di stomaco non ha bisogno di dieta ma di imparare a
sviluppare la capacità di accogliere e “digerire” tutto ciò
che incontra … lo stomaco è davvero un “sismografo” per
molti stati emotivi … sono i conflitti aperti o nascosti a
comandare male questo organo: “fame” di amore, affetto,
stima, offesa, rispetto possono provocare un aumento della
secrezione gastrica, proprio come la fame di cibo. |
Quando i pensieri inquieti fanno “CORRERE”
na lotta inconscia tra bene e male… un fenomeno che dà voce al bisogno di rimuovere contenuti emotivi vissuti come inaccettabili, “sporchi”… se le necessità più intime e vere sono represse o sacrificate all’altare dei “doveri”, l’intestino si ribella per riportare il colitico sulla giusta strada… l’intestino sconta spesso i sensi di colpa (pentirsi per quel che si è fatto).
CONCLUSIONI e piccole CURIOSITA’
osa si nasconde dietro il malessere digestivo? Perché questi organi deputati alla digestione si ammalano? Ricordiamo che l’apparato psichico (le emozioni più autentiche bloccano l’intestino) è il primo motore della digestione: stomaco, intestino e fegato scontano tensioni e stress ma, soprattutto, una forma di pensiero “zavorroso” che li appesantisce giorno dopo giorno. In questo modo la vita quotidiana diventa davvero indigesta. Digerire significa anche assimilare ciò che ci circonda. Il cervello, quindi, la fa da padrone. Tollerare, accettare, elaborare, assimilare sono “elementi” che si addicono al cibo quanto ai vari processi mentali … bisogna svuotare la mente per alleggerire lo stomaco. Secondo questa concezione, ne deriva che ad attivare o a bloccare la digestione, può essere sia il mangiare sia un pensiero … un’emozione che a esso simbolicamente si associa o si sostituisce. Gastrite, nausea, acidità: i segnali dell’organo principale della digestione rivelano una difficoltà ad amarci e ad accettare le proprie emozioni più naturali e spontanee… un rospo che proprio non va giù. Spesso la colpa è di una cattiva respirazione legata all’ansia, ma anche di un atteggiamento famelico e avido che spinge a portare dentro in fretta il cibo per riempire un vuoto angosciante (si veda “Obesità”) … l’areofagia segnala un conflitto tra il bisogno di riempirsi e la resistenza ad accogliere ciò che viene dall’ambiente circostante. Chi ha difficoltà digestive fatica a prendere posizioni e a vedere il mondo come uno spazio ricco di opportunità … così questo soggetto rimane sempre indeciso e confuso su chi è e sul da farsi. Ha paura delle novità e dell’ignoto, non cambia idea … segue sempre le abitudini.
orrelazione viso – apparato digerente. L’aspetto del viso segnala disfunzioni, riflette sempre la condizione fisica, lo stato generale di salute degli organi interni. Se riusciamo a leggere il viso possiamo comprendere le condizioni dei nostri organi interni. I segni sul viso, pertanto, corrispondono all’eliminazione delle tossine in generale (diagnosi). Studiando il viso è possibile comprendere lo stato di salute degli organi interni ma anche, se vogliamo, correggere tali disfunzioni. Se si osserva attentamente il viso, in particolare la bocca è possibile comprendere cosa rivelano gli organi digestivi si sono indeboliti: hanno perso la loro capacità di elaborare e di assorbire. Il labbro superiore gonfio ci segnala la condizione dello stomaco, mentre il labbro inferiore (gonfio e sporgente: costipazione cronica) corrisponde al Tenue e al Crasso. Anche un cambiamento (foruncoli = accumulo di grasso) della parte centrale della fronte è un segnale degli intestini Tenue e Crasso (eccessivamente dilatati). La zona, invece, tra le sopracciglia (solchi verticali, foruncoli: accumulo di grasso) segnala la condizione del fegato. Gli angoli della bocca corrispondono al duodeno. Un cambiamento di colore alle labbra segnala problemi digestivi. Anche la lingua segnala una certa disfunzione (punta: Tenue e Crasso; radice: Stomaco). Nell’estremità esterna delle sopracciglia (viso esterno) si esprime la Milza. Una carnagione del viso color giallastra indica disturbi al fegato, cistifellea, e pancreas.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
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