sabato 18 maggio 2024


Poi dicono che siamo complicati … molto spesso, anche strani e bizzarri!!!


lcuni maestri del genere noir sono soliti - per impressionare il lettore - ambientare le loro storie in luoghi angusti, macabri, cupi e misteriosi, mescolando, il più delle volte, vittima e carnefice, nonché bene e male. Io invece più “terreno”, alquanto fantasioso e piuttosto creativo, per nulla ambizioso a livello letterario, inizio la narrazione scritta - senza ovviamente sconfinare nel banale o nel mondo horror - con un “grido” spaventoso e disperato. Il nostro racconto esistenziale comincia con un urlo forte, acuto e terribile: la nostra vita inizia - nel bene o nel male - con una “rinuncia”; si deve fare a meno - ovviamente quando l'ambiente “acquatico” è favorevole - della quiete uterina. La vita autonoma ha origine con una “perdita”, con una “separazione”, con un “abbandono”, con un “taglio”: al cordone ombelicale. Un evento che - se mal gestito - lascia un “segno” profondo nel neonato; un futuro in salita, caratterizzato da incertezza, confusione, insoddisfazione, disperazione e dolore … le prime “fatiche” sperimentate nella vita aerea!!! Una “privazione” di dimensione universale che se non trova un ambiente adeguato e un clima “sociale” favorevole lascia, nel corpo e nella mente, un “segno” indelebile, può influenzare in maniera significativa ogni meccanismo fisiologico, lo stile di vita, la sensibilità emotiva e la capacità d'amare del futuro individuo. Un fenomeno che con la sua impronta iniziale può dare inizio ad una “deviazione” neurologica prematura, ad un vero e proprio cambiamento biochimico ed ormonale; una modificazione per alcuni insignificante, ma per molti piuttosto importante considerata l'immaturità neurofisiologica, la totale dipendenza fisica e l'inadeguata “strumentazione” difensiva a disposizione del piccolo. La capacità di provare amore e attaccamento è una caratteristica essenziale dei mammiferi; veniamo al mondo troppo indifesi per poter sopravvivere senza il nutrimento e il sostegno che ci derivano dalla presenza di un forte legame madre/figlio.

n attaccamento vissuto con incertezza può diventare motivo di sofferenza futura; incomprensioni, perdita di qualcuno o qualcosa cui siamo particolarmente legati, ci possono far precipitare in una lunga e penosa sofferenza … creare un profondo senso di vuoto interiore. Anche l'amore confuso, mescolato ad insicurezza, ostacola le scelte nel divenire, la vita futura ... può portare all'isolamento e ad un inequivocabile malessere emotivo, tanto a livello sociale quanto nel mondo scolastico e lavorativo. Se poi a questa modesta protezione si aggiunge, nel tempo, insensibilità, manipolazione, qualche abbandono, poca considerazione, scarso rispetto e alcune relazioni tossiche, il gioco è fatto: il senso di inferiorità, con tutti i suoi atteggiamenti colpevolizzanti e paralizzanti, è servito!!! Una condizione emotiva che non solo trova facilmente nel clima familiare un suo humus fertile, particolarmente sfavorevole per uno sviluppo sano, ma può anche predisporre alla visione di un mondo invadente, persecutorio, ostile e cattivo, ad una realtà assai pericolosa e piuttosto insidiosa. In alcuni casi, poi, pianto e tristezza, non possono mai essere espressi in modo libero e spontaneo perché minano la serenità, possono creare panico, produrre timori vari, ferire e rendere insicuro l'altro … generare squilibrio, portare tensione, allarmare e disorientare chi è preposto ad accudire e proteggere. Questo però non significa che per forza bisogna sconfinare nell'eccesso opposto: guai ad avidità di dominio o a gesti iperprotettivi che si sostituiscono all'azione, al decidere e al scegliere per l'altro … del piccolo. E così, piano piano, con questa atmosfera relazionale poco serena, si fa strada la convinzione di valere poco, di non meritare nulla dalla vita, se non attraverso “voli pindarici” ... riscatto ed espiazione; rassegnazione, sopportazione, passività, timori, insicurezza e disistima preparano un'esistenza incerta e difficile: fanno imboccare, fin dall'inizio, un percorso fuorviante, sterrato, disagiato e pericoloso … si entra nella vita, nel mondo sociale già zoppicando. Una visione del mondo che rende eccessivamente sensibili alla sofferenza e alla sventura altrui, limita i gesti, frena le scelte e, soprattutto, ostacola la capacità di far valere le proprie opinioni in ogni settore della vita. Se fin all'inizio non siamo mai stati graditi, guardati con rispetto, accuditi con dolcezza, toccati con dolcezza, avvolti nel calore, benvoluti, rassicurati, accarezzati e nutriti con amore avremo, come risultato finale, un “prodotto” umano con caratteristiche di scarsa qualità; un individuo che può presentarsi con svariate sfumature: spesso autodistruttive e paranoiche; incapace di godere, insicuro, pessimista, rinunciatario, con poca fiducia in se stesso e negli altri … tutte caratteriste affettive e relazionali che anziché avvicinare allontanano invece di unire dividono!; in ogni situazione si sente fuori luogo, in prestito, sembra che nessuno l'abbia desiderato o voluto su questa terra. Un soggetto 'trasparente' mai in prima linea, ma sempre con mansioni di gregario: perennemente dietro le quinte. RICORDA, chi non rischia mai, deve accontentarsi di poche cose, di scarti e briciole, resterà sempre debole, malnutrito ed affamato: della vita … chi rinuncia a vivere “muore” mille volte, mentre quelli con “grinta”, una sola volta, diceva quel famoso poeta. Un personaggio che attraverso i suoi vari meccanismi di difesa primitivi ed inefficaci farà - quando va bene - scelte mediocri, rimanderà qualunque cosa perché in ogni settore della vita si sente inadeguato, insicuro, si considera l'ultima “ruota del carro”; non sarà mai in prima fila, sul palco della vita, il primo attore; primeggiare per lui significa uscire allo scoperto, esporsi alle critiche del mondo intero e, soprattutto, dovrà assumersi ruoli impegnativi e rischiosi … anche cose “normali”, quello che la vita ci chiede ogni giorno; gli altri poi potrebbero vedere - attraverso atteggiamenti e modalità relazionali - quelle profonde “mancanze”, scoprire quelle eventuali “debolezze”, quella spasmodica avidità mai sazia di carezze, quel vuoto incolmabile d'amore, quell'antica carenza di affetto, quel bisogno di calore primordiale mai ricevuto se non attraverso minacce o dolorosi compromessi. Si diventa malati cronici di disistima … si è alla ricerca continua di un buon sorriso, di un gesto affettuoso, di una carezza ed un abbraccio caloroso. Si diventa malati cronici di disistima … una ricerca continua di un buon sorriso, di un gesto affettuoso, di una carezza ed un abbraccio caloroso. Il comportamento umano si può dividere in due parti: soddisfazione e sicurezza; categorie, comunque, strettamente connesse, caratterizzate dalla ricerca di soddisfazione dei bisogni, dalla ricerca di sicurezza e benessere sociale. Le soddisfazioni e la sicurezza sono considerate gli scopi, o stati finali, del comportamento umano, e cioè dei processi interpersonali. Tale fenomeno, nel linguaggio comune, spiega in termini generali che cosa si cerca in se stessi e nelle varie situazioni con altre persone, siano esse reali, fantastiche o una combinazione di queste due qualità.

a ricerca delle soddisfazioni è una risposta ai bisogni biologici primari, tra i quali il cibo, bevande, sonno e, non meno importante, l'appagamento del desiderio sessuale. E' facile notare direttamente che per tutta la vita la ricerca delle soddisfazioni è provocata fisiologicamente da un aumento di tono (tensione) in alcuni muscoli striati e lisci; il raggiungimento di tale obiettivo è accompagnato da un senso di benessere, da un rilassamento generale dell'attività muscolare, con tendenza alla diminuzione dell'attenzione, dell'allarme e della vigilanza, e con una marcata propensione al sonno. In parole più semplici, una soddisfazione provoca una diminuzione di tensione sia nel corpo sia nella mente. L'altra categoria, ovvero la sicurezza, proviene direttamente dal bagaglio culturale e sociale dell'uomo: tutto ciò che è fatto da lui e che sopravvive come “monumento” alle sue esperienze precedenti. Non solo tutti quei movimenti, azioni, parole dette, pensieri, fantasie, che appartengono più alla cultura di cui un dato individuo è stato imbevuto, ma anche dalla organizzazione e funzionalità dei suoi tessuti connettivi, delle sue ghiandole del sistema endocrino e nervoso ... tutto ciò rientra propriamente in questa classe della ricerca di sicurezza. Qual è l'origine del bisogno di sicurezza? Tutto inizia con quel famoso “taglio” (nascita); ogni persona diviene, con quel gesto, a sua insaputa, un essere sociale … il lattante impara, attraverso il comportamento della figura di riferimento che appartiene a quel preciso nucleo culturale, le regole sociali nel bene o nel male. Molto prima di capire cosa sta succedendo, il lattante riceve non solo, dal nuovo ambiente, sensazioni specifiche (caldo, freddo, senso di sazietà, contrazione, tensione, rilassamento …), ma anche qualche impressione sugli atteggiamenti di coloro che si prendono cura di lui. Dopo qualche tempo, poi, lo si educa deliberatamente, insegnandogli che cosa si considera giusto e che cosa invece è sbagliato .. che non bisogna fare assolutamente sia a livello culturale e sociale sia dal punto di vista morale ... il tutto sancito da quel preciso patrimonio educativo. Anche gli impulsi biologici vengono condizionati socialmente, cioè modellati secondo le forme approvate da quel sapere. A differenza di quanto accade per le soddisfazioni, il raggiungimento della sicurezza esige la “gestione” o meglio la “conservazione” di una certa quantità di tono muscolare. Si dice che alcuni muscoli non sono mai completamente rilassati e che anzi molti di essi sono in uno stato continuo di allerta (tensione costante al trapezio … confusa spesso con l'artrite cervicale) ... tono piuttosto considerevole anche durante il sonno più profondo (vedasi spasmo ipnico, scosse muscolari, mioclonie, bruxismo …) … in breve, non ci si lascia andare completamente agli eventi sia di giorno sia di notte! I cambiamenti di sicurezza comunque sono accompagnati da cospicue modifiche di tono in tutti i principali sistemi muscolari del corpo. Le soddisfazioni raggiunte, secondo i modelli socialmente approvati e accettati dalla cultura del momento, provocano un senso profondo di benessere, di compiacimento, di sicurezza … di profondo rilassamento. 

uesti bisogni, non solo si sperimentano continuamente, ma quando per qualche ragione non possono essere soddisfatti secondo quel tipo di educazione o modelli culturali, che si sono appresi nella prima parte della vita, si prova una sensazione di intenso disagio, di malessere, di insicurezza, di inquietudine, di disagio piuttosto diffuso ... si sperimenta una profonda angoscia (condizione di profondo malessere fisico ed emotivo). Questo non vuol dire che i bisogni si sono trasformati in insicurezza ed angoscia, ma che essi sono sentiti come qualcosa che mette in pericolo un certo equilibrio psicofisico, creano all'erta, e cioè che si trovano in conflitto con la necessità di ottenere quel preciso stato di quiete, benessere e lucidità: raggiungere i propri obiettivi e progetti con fiducia, equilibrio e lucidità. La mancata soddisfazione di tali bisogni in maniera lineare e “naturale”, accompagnata da insicurezza, crea una diffusa e profonda “privazione” e, quindi, per farla breve, si è in prima fila come candidati a produrre tristezza e tratti melanconici; ci si ritrova in ogni occasione a fare i conti con un umore ballerino ed invadente: un personaggio non solo con un grave defedamento organico, ma anche con caratteristiche depressive persistenti. Il suo agire essendo permeato di motivi passivi, di inadeguatezza, di insicurezza e di indegnità, si concretizza in una rinuncia continua, sia nascondendo sentimenti sia camuffando passioni e desideri. Una reazione rivolta a compensare quella dolorosa ferita d'amore … quell'affetto tanto desiderato e mai ricevuto nel giusto dosaggio; una strategia messa in atto per ottenere più carezze e calore ... per ottenere un gesto affettuoso, maggior considerazione e attenzione è disposto a sacrificarsi, a scendere a patti con ogni cosa, a qualunque costo, anche di rinunciare alla sua vita reale (vedasi il racconto di Esopo: “Patto leonino”): offrire un eccesso di disponibilità, una forma di altruismo ingannevole e un esagerato senso del dovere. Non dobbiamo dimenticare che la reazione depressiva, come ogni stato emotivo complicato, doloroso e difficile, è una delle possibili risposte ad uno stato continuo di sofferenza psicofisica; un tentativo, un evitamento, un aggiustamento mal riuscito per eludere l'impotenza di fronte alla sofferenza fisica e psicologica. Sarà una vita governata da remissività e accondiscendenza, caratterizzata da scarso ardore, intessuta di delusioni, da un fare forzato, piena di grigiore e lamenti a non finire; sempre spinta da una smania irragionevole e da un desiderio assurdo di “nutrire” completamente gli altri per sentirsi più vivi. Un agire, comunque, non soltanto ai margini della vita e nettamente in contrasto con il vero sentimento d'amore puro, schietto e genuino, senza catene, ma che tiene lontano anche dal mondo degli affetti sani, che obbliga a rinunciare alla propria individualità: il tutto condito da un'ideologia sacrificale, da un grande senso di frustrazione e da una enorme aggressività dirompente; un dare rivolto esclusivamente ad offrire un'immagine mascherata da troppa disponibilità e da “bravo ragazzo” solo per avere in cambio più stima, sostegno e maggior considerazione: raccattare qualche misera briciola di affetto in più … tutto ciò, comunque, nel tempo, mina la salute psicofisica!!! E' bene ricordare che un debole stato di salute fisico continuo indica che il metabolismo non funziona a dovere … il corpo non riesce a gestire completamente l'effetto tossico dei batteri. Un debole stato di salute di natura mentale o emotiva, invece, indica una situazione simile con riferimento alla nostra personalità, alla nostra abituale maniera di adattarci … come vediamo e consideriamo il mondo circostante. Non possiamo evitare gli effetti “infettivi” di batteri invadenti, ma dei nostri stessi errori di interpretazione: una visione e un modo di fare fallace nel senso che conduce ad un comportamento inadeguato, ad uno sfinimento … diffidente e in disparte. Comportamento che non è funzionale, che non ci dà mai soddisfazione e libertà … quello che vogliamo realmente. Questo modo di fare non è semplicemente sciocco, è dannoso. Ricordiamo, che vestirsi con abiti infantili e strani è puerile, reagire invece ai nostri problemi in modo infantile è più che inutile e dannoso.

he cosa sono, dunque, questi stati d'animo alternati e confusi? Queste interpretazioni fuorvianti e valutazioni erronee? E come possono colpirci o arrecarci danno? Per scrupolo analitico esaminiamo questi atteggiamenti in termini di pensiero, sentimento e comportamento. Il più grave errore di interpretazione nel nostro modo di pensare è che andiamo dietro ai nostri desideri piuttosto che alla realtà per dominare i nostri contenuti mentali. Questo ha come risultato, naturalmente, un giudizio insufficiente e poco realistico. Nel nostro modo di pensare interpretiamo erroneamente le conseguenze delle nostre azioni (proiettati nel futuro, quindi, si vive nell'apprensione … ansia!). Chi soffre di qualche disagio emotivo ha, inoltre, la tendenza di ripetere i propri errori … è come se camminasse su due binari paralleli. La gente in “equilibrio” può fare sbagli in maggiore o minore numero di chi soffre a livello affettivo, ma commette errori diversi perché la sua visione è più obiettiva e concreta, e ciò dimostra che ha risolto alcuni dei suoi problemi o che ha saputo gestire - attraverso i suoi singolari meccanismi di difesa - gli errori senza danni particolari all'anima ed è in grado di proseguire spedito nel suo cammino ... di andare avanti in maniera più o meno serena, felice e fiduciosa in quello che realizza. La gente che fa sempre lo stesso errore più e più volte mostra di essersi fermata, bloccata, arenata a livello emotivo ad un certo stadio di sviluppo (con il suo cambiamento biochimico, anche fisico). Il più importante errore cognitivo di interpretazione di chi soffre è di sottovalutarsi, di punirsi, di trattarsi miseramente, guardarsi di sbieco, con sospetto, diffidenza e severità … è un personaggio affamato di affetto ... alla ricerca continua del grande amore … impossibile!!! Questo atteggiamento è il risultato di una misera immagine di se stessi. Una persona con una infelice immagine di se stessa può veramente sembrare che stia cercando di aumentare il proprio valore, ma il tentativo è male indirizzato, appare superficiale e poco creativo, e indica che non ha un concetto di sé sufficientemente buono … felice. Questo atteggiamento si estende inevitabilmente ovunque, in ogni sguardo, in tutte le cose che tocca o è coinvolto: alle relazioni di parentela, agli amici, al mondo del lavoro e quello scolastico. Generalmente è un soggetto che ha rapporti tesi con i genitori, con i fratelli, con la moglie/marito, con i figli, con il datore di lavoro, con gli insegnati. Egli interpreta in modo inesatto non solo i loro sentimenti, ma anche i suoi stessi prodotti mentali ed emotivi … li vive come autoritari, minacciosi, aggressivi e offensivi. Con gli amici è esigente, tende ad interpretare erroneamente e severamente ogni loro azione, mentre con gli insegnati tutto è dovuto perché, a suo dire, sono impreparati. Si concentra troppo - per mantenere alta l'autostima - su se stesso: non sa conversare ed è un esibizionista. Il fatto è che non sa fuggire dalla sua stessa prigione, dalla sua invalidante camicia di forza. Ciò che è al di fuori di lui non lo soddisfa abbastanza, e questo lo turba e lo disturba parecchio; interpreta, quindi, erroneamente, il più delle volte, la vera natura delle relazioni sociali (si aspetta più di ricevere che di dare!). Egli non sa differire, vuole ciò che vuole, quando lo vuole … subito, immediatamente!!! Non conosce empatia, la sua indifferenza emotiva è più che evidente. Il suo errore di interpretazione consiste nel non riuscire a capire che deve anche dare, che deve imparare a sviluppare l'abilità che lo lega agli altri. Ma invece di impegnarsi a sviluppare relazioni del dare ed avere, agisce come se scambiasse tutti per quelle vecchie immagini tossiche, quelle famose figure di riferimento che hanno potuto dare solo quello che loro stessi hanno ricevuto a suo tempo (“padre”, “madre” … figure di rifermento in generale) e se stesso per un bambino mai cresciuto ... e “grida”, urla forte, “grida” ancora a più non posso. E naturalmente la gente rifiuta un simile approccio. Nel complesso i sentimenti tendono ad essere più negativi che positivi. Essi sono sorretti - in modo più o meno evidente - dalla collera, ansietà, rifiuto, diffidenza e pessimismo.

hiunque sia cronicamente negativo, arrabbiato pessimista, deve per forza interpretare in modo errato le situazioni che affronta, perché la vita non è conforme ai suoi stati d'animo … alla sua visione, a suo dire, sempre corretta e giusta. Un vissuto che, spesso, appare buio, in altri momenti neutro, spesso in bianco e nero, talvolta sbiadito e poco promettente. Se ci appare quasi sempre in un solo modo, monocolore, c'è qualcosa da rivedere in noi … riflettere sul nostro modo di vedere le cose. Il comportamento inoltre esprime pensiero e sentimento; questo non è meno vero quando i pensieri sono in funzione degli stati emotivi, sebbene non sempre siano riconoscibili come tali. Spesso hanno poca perseveranza perché interpretano erroneamente il valore delle cose che fanno. Non appena incontrano un ostacolo, il più delle volte rinunciano, giustificano il loro modo di fare: “Cosa vuoi mai, continuare, proseguire, insistere, non ne valeva realmente la pena … sono tutti sforzi inutili, si parte già sconfitti” e, così, stanno immobili, se ne stanno lì fermi ad aspettare … che qualcuno li sorregga, doni loro un caloroso abbraccio e un tenero sorriso. Questo è un errore di interpretazione, una vera razionalizzazione. Il loro campo d'azione è limitato. Essi tendono a ripetere le stesse cose … vanno a senso unico … se si va a privilegiare una solo area della vita, prima o poi, la si atrofizza. Ricorda, anche solo lavoro e niente svago rende frustrati e “difettosi”. Il disagio emotivo, dunque, colpisce il nostro modo di pensare, di sentire, il nostro comportamento. Ci sono quattro campi in cui si esprimono questi stati emotivi. Il primo è la vita familiare. Collera cronica, ostilità, atmosfera pesante e tensione in casa propria indicano sofferenza ... bisogno di aiuto. Il secondo campo è il lavoro. Aggressione, senso di colpa, depressione, alienazione possono seriamente minare la capacità di una persona nello svolgimento di qualsiasi attività. Il terzo campo, lo svago, è spesso trascurato, pur essendo un importante contrappeso nella nostra vita, perché in questa società globale e competitiva e frenetica siamo sempre sotto pressione per creare, produrre e lavorare in modo compulsivo … avere tutto subito e sempre di più!. Quindi lo svago, essendo un fenomeno soggettivo, deve soddisfare i nostri bisogni più profondi e non lasciato in mano alle pressioni che la società esercita su di noi. Potrebbe esserci d'aiuto il tirar fuori qualcosa dalle nostre tendenze aggressive per soddisfare i nostri inesauditi bisogni d'affetto e d'amore. La gente che non ha vie di uscite rilassanti, interessi esterni, che non fa altro che lavorare tutto il giorno e dormire tutta la notte, non può continuare a lavorare in mezzo alle sue difficoltà emotive … prima o poi crolla sotto il peso dei sentimenti ignorati. Il quarto campo, la vita sociale, urta con gli altri tre campi e oscura le loro possibilità e i loro espedienti. All'inizio della nostra vita possiamo sviluppare facilmente una povera immagine di noi stessi perché ci sentiamo rifiutati e inevitabilmente soffriamo per essere stati respinti, perché dipendiamo moltissimo dalle figure di riferimento che ci aiutano. Una dura disciplina o più propriamente un'atmosfera priva di amore e di approvazione, ci dà un misero concetto di noi, e dozzine di esperienze distruttive con fratelli, amici, insegnanti e altri lo sottolineano, lo rinforzano … non ci fanno mancare proprio nulla!!! Quante volte nella mia attività ho ascoltato opinioni inutili e dannose, formulate per gestire o schiacciare quello in difficoltà ... il più “debole”, indifeso: “Taci tu che sei piccolo, cosa vuoi mai sapere” o ancora peggio “Taci tu che non capisci niente … quando avrai la mia età allora sì che potrai parlare … esprimerti”. Sembrano battute d'altri tempi, fantasiose, ma capitano ancora oggi e con una certa frequenza, più di quanto si possa pensare. Come risultato - per pulirci e tamponare le ferite - sviluppiamo dei meccanismi difensivi pasticciati o inadeguati, anche se utili per superare il momento difficile ... per sopravvivere; a volte non proprio vantaggiosi e felici … che ci aiutano ad andare avanti, ma che ci insegnano ad interpretare il mondo non in maniera realistica. Questi processi psichici, infatti, non sono molto efficaci, perché non siamo abbastanza cresciuti per sviluppare difese o strategie cognitive funzionali, adeguate e risolutive. Tuttavia le rinforziamo, edifichiamo su queste misere fondamenta e sviluppiamo un autentico modo di vivere che implica mania di persecuzione, evasione, ritiro, interpretazioni sbagliate; in breve, i nostri famosi e variegati disagi emotivi. Dopo un po' di tempo questo modo di vivere diventa così normale che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo veramente perché è ciò cui siamo abituati a fare.

a se quell'essere ha ricevuto “poco” o “nulla” a livello affettivo, mai sperimentato sentimenti di intimità e gratitudine, vissuto rapporti conflittuali con figure ostili, dure, fredde, deludenti e scostanti, spinto ad affrontato responsabilità e compiti inadeguati per il suo momento evolutivo, quanta bontà, sensibilità, comprensione ed empatia genuina potrà offrire a se stesso e agli altri? E' difficile rispondere con precisione a questo complesso e farraginoso interrogativo perché in ogni suo gesto ci sono infinite sfumature, in ogni suo atteggiamento si cela sempre - dietro un manto candido di beatitudine, di apparente calma e di un egoismo ben mascherato di altruismo - un'aggressività distruttiva muta, lì pronta ad esplodere da un momento all'altro, sempre trattenuta e mai espressa, una rabbia repressa e un odio silenzioso verso qualcuno e ogni cosa che incontra; non sente e nemmeno ascolta più i suoi desideri più profondi, perché il suo corpo oramai è sfinito, stanco, logoro, abbandonato e pieno di “lividi” … completamente sbiadito e sfilacciato come un vestito dismesso!!! Se ti ritrovi in questi atteggiamenti appena descritti significa che stai precipitando nel vuoto, entrato a tua insaputa nel teatro della melanconia, scivolando silenziosamente su un terreno sterrato … un palcoscenico in cui stai recitando il dramma di un vissuto pieno di amarezze, colpe, rovine, solitudine, tristezza ed ipocondria … un demone del passato che prepotentemente fa sentire la sua voce nel presente, annullando completamente ogni interesse e, soprattutto, la voglia di vivere. ATTENTO, ti stai muovendo su un territorio pericoloso e minato: quello depressivo. Lo stato depressivo - senza scomodare i poeti romantici - non solo è una sofferenza familiare a tutti noi nota, ma anche inevitabile per i motivi espressi fin dall'inizio della nostra narrazione (“taglio” … separazione, perdita, abbandono). Molte persone sono smarrite e confuse, procedono silenziosamente nella loro vita fra gli estremi di tale stato; altre, in maniera leggermente più stabile, mantengono un prevedibile e desiderabile equilibrio … sanno gestire e mantenere un discreto stato emotivo stabile, anche se non duraturo nel tempo. Ma più o meno siamo tutti coinvolti, tutti colpiti in una certa misura da quello stato d'animo persistente chiamato umore ballerino … come dire, “qui sine peccato est vestrum primus lapidem mittat”. Un fenomeno che si sovrappone al nostro modo di fare e stabilisce, volenti o nolenti, l'autentico tono emotivo della nostra vita quotidiana. Un giorno saltiamo giù dal letto con il piede giusto, con una discreta energia, sentendoci magnificamente vivi: una giornata che sa di “buono”, direbbe, ancora una volta, un noto spot pubblicitario; un altro giorno, invece, ci alziamo con i denti stretti, con una incomprensibile voglia di non fare, con un inspiegabile bisogno di urlare, isolarsi da tutti, non si notano le cose attorno e non ci siamo per nessuno: si è stanchi ancor prima di iniziare. Non ci sono rapporti creativi con i nostri simili ma, paradossalmente, scopriamo, improvvisamente, di aver tanta energia, attenzione, simpatia e un occhio di riguardo solo per quei piccoli animaletti “indifesi” che fanno tanta tenerezza, hanno bisogno di infinite coccole e tanto calore, necessitano di tanto affetto e smisurato amore … “creature” che, nonostante le loro esigenze specifiche, non “tradiranno”, non “deluderanno” mai, non “riserveranno” brutte sorprese e, soprattutto, ricambiano in ogni momento attenzione ed affetto in maniera del tutto disinteressata e spontanea (vedasi il mio libro: “Le chiese che curano”, la storia di Olao) … si cerca di compensare il mal tolto, quel prezioso “nutrimento” che è stato sottratto o, peggio ancora, svenduto e negato: attenzione, considerazione, affetto e amore … solo loro riescono, in questo frangente, elargire protezione, sostegno e compassione in abbondanza!!! A colui che teme la società e il mondo intero, la compagnia di animali arreca, in certi momenti, oltre alla muta approvazione, disponibilità e spensieratezza, anche un discreto buon umore … quel giusto calore che alimenta la vita. Quanti ricordi d'infanzia richiamano alla memoria certi momenti di calorosa effusione d'amore, di liberazione di fronte a un cane o a un coniglietto che ascoltavano, con aria attenta e comprensiva, quei grandi dolori che il piccolo non osava esternare per paura di essere richiamato o criticato!!! Ricordo Erika che, ancora oggi, durante una seduta, con le lacrime agli occhi, rievoca i bei momenti trascorsi con il suo bel siamese: “Se non avessi avuto la sua compagnia ora, forse, sarei ancora più inguaiata”; ha condiviso per tutta l'infanzia pasto, letto, giochi, confidenza ed “ascolto” … un vero, prezioso, indimenticabile ed unico amico!!! In questo stato emotivo di “ritiro” sociale non possiamo fare altro che imboccare un destino mediocre, già segnato … ma non da noi!!!; ci si ritrova, poi, ancora una volte, a muoversi in ogni direzione senza concludere nulla, fissando il vuoto, consumando ogni risorsa vitale. Reagiamo di meno agli stimoli e alle influenze sociali; evitiamo volutamente ed astutamente gli assembramenti di esseri umani; ci alleniamo alla trascuratezza e al disordine: le donne non curano più unghie e capelli, mentre l'uomo si lascia andare ad un vestiario disordinato e scadente, poco pulito. Questo articolo, comunque, come ogni narrazione fin qui realizzata, non ha niente di saccente, non cerca colpevoli, tanto meno responsabili, la sua finalità è quella di far riflettere o orientare - chi è curioso ed interessato - a capire se la tristezza che si sperimenta è da valutare come una normale o momentanea alterazione dell'umore o se invece è l'espressione di una condizione clinica più seria, che necessita di una diagnosi e di un trattamento adeguato. RICORDIAMOLO, ancora una volta, che una diagnosi precoce e un corretto trattamento sono indispensabili per ridurre la sofferenza, ridimensionare le conseguenze di tale stato emotivo e per evitare, soprattutto, che causi gravi danni a se stessi e agli altri … più di ogni altra cosa a piccini ed indifesi. Il tempo, comunque, non ricuce ogni ferita … alla larga dai saccenti e noiosi che colpevolizzano e sbandierano a destra e a sinistra una infinità di sciocchezze: “Non ti preoccupare, non è niente, tanto prima o poi tutto passerà” , “Non fare il bambino, sono tutte fisime le tue”.

così, lentamente, senza accorgercene, diventiamo “strani”, insofferenti, apatici, indolenti e passivi; non c'è nulla, al momento, che ”infiamma” la voglia di vivere, stimola curiosità, progetti ed interessi ... che alza l'asticella del buon umore!!! Quei piccoli gesti che prima erano il nostro cavallo di battaglia e fonte di piacere, che ci facevano divertire e sorridere senza alcun risparmio, ora ci confondono, non ci danno soddisfazione, non ci rallegrano più; niente ci interessa, nulla ci coinvolge, diventiamo diffidenti, abulici, freddi, tristi, scoraggiati e scontrosi; dominati da un senso di futilità e di fallimento, ci troviamo improvvisamente impantanati nel dubbio, immersi nell'inadeguatezza, esposti ad ansia, impotenza e vergogna; giriamo a vuoto, stanchi, spompati e privi completamente di energia, restiamo immobili a fissare ciò che ci passa davanti senza muovere un dito … nemmeno le provocazioni più cattive e le prese in giro più imbarazzanti ci stimolano a reagire … pericolose abitudini che, come vampiri, succhiano senza sosta energia, tolgono completamente ogni forza fisica e mentale. Ogni attività, quando manca vigore, non solo subisce una importante flessione produttiva e favorisce un calo notevole di vitalità, ma diventa anche fonte di continue mortificazioni ed infinite delusioni; lavoro, rapporti sociali ed attività sessuale, anziché darci qualche sollievo alla nostra incessante e frenetica sofferenza emotiva, spaventano ancora di più perché ci sentiamo sempre fuori luogo, inadeguati e, soprattutto, mai a casa nostra … sensazioni che, improvvisamente, attivano disistima, creano continui conflitti ed inutili battaglie. L'unica cosa in cui siamo dei veri campioni, che sappiamo fare molto bene senza alcun risparmio è concentrarci ossessivamente sui nostri turbamenti e dolori: un profondo sconforto che sembra non avere fine. La nostra giornata allora, senza alcun motivo apparente, si colora di tinte scure, di tristezza e scoraggiamento profondo; ci sentiamo continuamente minacciati ed impauriti anche quando le circostanze in cui ci troviamo non giustificano affatto simili sentimenti catastrofici, di distacco ed estraneità agli eventi. Ripiegati su se stessi e portati a generalizzare ogni cosa in modo del tutto pessimistico e negativo, abbiamo sempre - in qualsiasi settore della vita - reazioni esagerate, il più delle volte, per non dire sempre, a nostro svantaggio. Questa non è una visione reale, autentica, oggettiva del mondo circostante, ma è dettata dal nostro profondo scoraggiamento, da una insensata ed inspiegabile difensiva ad oltranza, e dal nostro “umore ballerino” nei suoi riguardi: una disposizione d'animo, una interpretazione cognitiva, un giudizio emotivo che, ancora una volta, ci fa piombare nell'ansia, nell'apatia, nel disagio, nell'inquietudine e nel rimuginio patologico. Le cose in sé non sono - il più delle volte - né belle né brutte, né buone né cattive: imputiamo ad esse solo sterili ed incompleti giudizi di valore; tali valutazioni, comunque, dipendono dai nostri gusti, dai nostri desideri e soprattutto sono generate dalle nostre interpretazioni ed aspettative: facciamo tabula rasa intorno a noi, contaminiamo con il nostro stato d'animo più che pessimista ogni cosa che incontriamo … affrontiamo il mondo intero con singolari stili di pensiero ansiogeni e con pura valenza negativa!!! A volte, diventiamo ansiosi perché non solo siamo convinti che c'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in noi e in quello che facciamo ma, soprattutto, vediamo cattive intenzioni in ogni angolo … anche negli altri a prescindere dal rapporto.. Guardiamo la nostra vita come se fossimo in una “valle di lacrime”, in cui non conviene sostare … bisogna abbandonare velocemente - per evitare l'annullamento - ogni cosa il prima possibile. Ricordiamolo, ancora una volta, che privarci continuamente di ogni cosa, materiale o spirituale che sia, ci deprime profondamente.

ossiamo sentirci tagliati fuori dalla possibilità di una meritata soddisfazione, e più ci sentiamo calpestati, meno facciamo per ottenerla … quindi, meglio starne fuori, isolarsi … così non rischiamo nulla, richiami, valutazioni e giudizi vari; il tutto però convoglia verso un continuo isolamento, annullamento e privazione; il fenomeno ci spinge, ineluttabilmente e in modo spietato, dritti, dritti nelle fauci della tristezza e nella solitudine: nel malessere depressivo; possiamo sentirci - anche se non proprio alla lettera in questo quadro clinico - come una nullità senza nome, in un confuso, impersonale corpo strutturato dove domina il senso di vuoto e apatia … alla ricerca continua di una piccola e lontana speranza di riconoscimento. La noia, inoltre, che spesso è confusa con la fatica, conduce alla depressione. Presi in un intreccio perverso di diffidenza, inattività e di noia, cominciamo a sentire che la vita sta passando velocemente su di noi. Prestiamo sempre meno attenzione agli eventi e alle situazioni perché, nella nostra attività sempre uguale, si richiede meno impegno ed attenzione alle cose; poiché ci siamo allenati a non “sentire”, a non prestare attenzione alle situazioni e alla vita in generale, presto finiamo col non essere più sufficientemente in sintonia con le nostre sensazioni, con la nostra esistenza … poco attenti alla quotidianità, senza entusiasmo e vivacità. Cominciamo a perdere di vista ciò che potrebbe far smuovere qualche minuscola passione e farci sentire vivi … stimolare una piccola apertura, un senso di leggerezza e sollievo … un vero e significativo riordino emotivo duraturo. E così il nostro malessere depressivo aumenta. Anche la paura della vecchiaia, con tutti i suoi rallentamenti fisici (ormonali) e psichici (cognitivi), ci rema contro, può favorire lo sviluppo di questo singolare stato emotivo. Noi viviamo in un mondo globale, in un ambiente iperattivo nel quale abbiamo cominciato ad agire e a produrre senza limiti, abituati ad avere ogni cosa immediatamente ... tutto e subito … differire diventa un eufemismo se non una brutta parola … per i giovani, poi, è una situazione non negoziabile … ora, adesso, all'istante!!! 

'età avanzata ci rende impacciati, limita non solo la nostra mobilità, ma anche la nostra ragion d'essere ... non ci sono più scopi e progetti nella propria vita, ciò è, per alcuni, davvero deprimente!!! Meno dobbiamo preoccuparci per qualcosa, più facilmente ci sentiamo depressi. Ma perché il nostro senso di fallimento o la perdita di qualcosa che amiamo deve affliggerci in questo modo drammatico? Perché questa apatia, perché non l'indifferenza o l'ira? Perché la perdita reale è determinata da una profonda rottura dentro di noi, piuttosto che di qualcosa intorno a noi. La perdita reale non è altro che la stima di noi stessi. Con la perdita di un bene materiale, di denaro, di prestigio, di un'opportunità, ci sentiamo meno adeguati. Con la perdita di una persona, invece, una importante parte di noi se ne va a causa della nostra identificazione con quella figura affettiva (identificazione: meccanismo di difesa secondario, processo mediante il quale un individuo costituisce la propria personalità assimilando uno o più tratti di un altro individuo e modellandosi su di essi). E' come se una parte di noi si annullasse completamente, il centro del nostro essere fosse stato tagliato via … improvvisamente non abbiamo più sicurezza, quel faro guida si è spento, siamo smarriti e rimasti senza supporto. Il guaio sta nel fatto che la nostra condizione emotiva spesso è sproporzionata alla perdita che affrontiamo, che ci sembra di subire. Ciò induce a credere fermamente che la stima che avevamo di noi stessi non era ben solida, forte, inossidabile, radicata in profondità. La nostra “disponibilità” a questo stato emotivo complesso - risultato di un insieme di precedenti privazioni che spingono alla dipendenza - abbassa la soglia della nostra coscienza, esigendo che la soddisfazione si riduca sempre di più in noi: alla fine ci “svegliamo” dalla parte sbagliata del letto. Ma la soluzione è sempre la stima in se stessi. RICORDIAMOLO ancora una volta che la stima è il fulcro, il centro emotivo su cui poggia la nostra armonia, il nostro prezioso equilibrio e libertà. La stima di sé, di una persona che soffre a livello emotivo, è controllata e regolata non dal soggetto, ma completamente dalle situazioni esterne: dagli altri. Molte persone cercano costantemente l'elogio e la giustificazione, l'ammirazione, l'attenzione, l'affetto: quell'amore sempre mendicato, desiderato con grande insistenza ed estrema umiltà, ma mai avuto, purtroppo, nel giusto dosaggio; il risultato è che abbiamo di fronte un individuo pateticamente e perennemente affamato di attenzione, considerazione e di complimenti. Il bambino, come è stato più volte sottolineato in questo articolo, comincia la sua vita come un piccolo “animale”; è interessato soltanto a soddisfare i suoi istinti (nutrirsi). Dopo un po' impara che non può fare a meno di certe figure di riferimento. Isolarsi, stare da solo e senza regole è davvero pericoloso; si sentirebbe perennemente inutile e “schiacciato” dall'ambiente circostante ... dominato da un senso profondo di impotenza. Insieme agli altri può fare tutto, da solo non può fare nulla. Impara presto che il suo senso di soddisfazione dipende dai suoi genitori e che il loro amore o la loro disponibilità ad accettarlo è una garanzia di aiuto per lui: un porto sicuro per la sua sopravvivenza. Così si sente confortato al massimo non soltanto quando è con loro, ma anche quando - avendoli interiorizzati - non ci sono; intuisce, impara, mette a fuoco, razionalizza che l'essere accettato da queste figure di accudimento è cosa buona, tranquilla, serena e giusta.

l bisogno di sentirsi al sicuro, essere accuditi, accettati, considerati ed amati diventa il requisito essenziale per la sopravvivenza del fanciullo … un bisogno fondamentale che se non è soddisfatto ha effetti devastanti simili agli istinti quando vengono repressi (fame, sete, sessualità …). In primo luogo, questo amore dovrebbe essere offerto spontaneamente, senza manipolazioni e ricatti ma, purtroppo, queste figure di riferimento imparano molto presto - mettendo in atto quello che hanno acquisito, appreso a loro volta direttamente dalla vita - ad esigere e somministrare qualcosa in più circa quanto assimilato (mettono del loro), e così il piccolo scopre di vivere in un mondo con delle regole ben precise: di approvazione e di disapprovazione. Dopo un po' l'amore è offerto soltanto se obbedisce, aderisce, segue certe regole sociali, agisce conformemente alla volontà del gruppo sociale in cui è inserito. Scopre, ben presto, a proprie spese, che le malefatte generano disapprovazione, i gesti aggressivi creano ritorsione, la paura stimola il panico, il timore sviluppa ansia, mentre le azioni buone un'attesa di approvazione, considerazione e piena accettazione. Il piccolo impara a riconoscere, nel bene o nel male, un giudizio di approvazione e uno di disapprovazione, talmente bene da applicarli con un certo automatismo alle sue azioni … a se stesso, ad ogni cosa che fa o pensa di fare. Non appena distingue ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, comincia a formarsi una coscienza propria ... il bisogno di fare le cose “giuste” diventa il primo passo per essere accettati ... requisito fondamentale per promuovere i suoi sentimenti con un certo grado di soddisfazione. All'inizio, ogni piccolo ha avuto bisogno di pensare che “buono” e “cibo” coincidono (vedasi i miei articoli relativi al cibo: alimentazione, obesità, bulimia, anoressia ...); subito dopo si aspetta di sperimentare un giusto calore affettivo, di essere avvolto in un'atmosfera di rispetto e di amore; non appena è un po' cresciuto ha bisogno di sentire che, “scimmiottando” i grandi, sta agendo in maniera “giusta” e “buona” … che sta imitando e adottando in modo corretto gli atteggiamenti suggeriti con una certa ripetizione … o imposti con autorità e severità!!! Dal momento che fin dalla nostra infanzia siamo continuamente “richiamati” all'ordine e, il più delle volte, giudicati, ben presto impariamo a valutare noi stessi … sputiamo sentenze con la stessa moneta e severità. E quando facciamo qualcosa che riteniamo non appropriata alla situazione o allo scopo, perché frutto di autoritarismo, ci sentiamo in colpa (la colpa è la sensazione diffusa di aver fatto qualcosa di sbagliato); in breve, siamo piuttosto critici e severi, giudichiamo che non siamo degni di attenzione, considerazione, approvazione, stima e lode … scivoliamo nella convinzione di essere dei veri birbaccioni!!! Poiché tutto diventa un dolore mentale insopportabile tentiamo, con estrema difficoltà, di riguadagnare l'approvazione degli altri con ogni strategia possibile, compatibile ovviamente con lo sviluppo cognitivo … conciliabile con l'età. All'improvviso confondiamo capricci e la nostra “indegnità morale” o la nostra colpa inesistente con gli effetti che ogni nostro “difetto” potrebbe avere su di noi e gli altri. Ogni volta che rinunciamo, manchiamo di fare qualcosa per la nostra soddisfazione, non solo sminuiamo noi stessi, ma siamo anche, improvvisamente, profondamente delusi; ancora una volta - per mantenerci in “equilibrio”, cominciamo a ricercare al di fuori la conferma del nostro valore. E' bene ricordare che il senso di colpa è un sentimento che può smantellare completamente il nostro equilibrio emotivo e, soprattutto, non deve essere confuso con la colpevolezza. A livello giuridico, ad esempio, si deve giudicare la colpevolezza di uno che ha commesso un vero reato, quindi, la sentenza arriverà da una figura esterna (giudice), che non è né la vittima né il colpevole (il giudice, ovviamente, dovrebbe essere imparziale e non lasciarsi influenzare, proprio perché è una figura “estranea”, che ha i suoi vissuti … altrimenti potrebbe agire in modo sospetto, ovvero: “le leggi per gli amici si interpretano mentre per i nemici si applicano!”). Si parlerà allora di una colpevolezza reale, legata ad un fatto concreto. Il sentimento di colpa, invece, indica il modo in cui un'azione passata è vissuta in modo negativo, a torto o a ragione, dal soggetto (ricorda, le cose del passato o del futuro che agitano sono collegate rispettivamente con lo stato depressivo - trascorso - e ansiogeno - anticipato -)è la sensazione di aver commesso qualcosa di male, anche se, in realtà, si è bianchi e puri come un giglio!!! Una colpevolezza sana è una colpevolezza proporzionale sia in qualità sia in quantità. Porta al rimpianto e al rimorso, ma non all'odio di sé, tanto meno forma giudici severi che non perdonano e non si sentono “sbagliati” per aver espresso un verdetto di condanna. Dissuade semplicemente dal reiterare tale gesto, senza escludere il ventaglio di passioni e di piaceri … di vivere una vita sana, libera e autonoma, senza essere lesivi verso se stessi e gli altri. Non si può, a priori, screditare la colpevolezza, essa può essere pesante, sterile e disperante, ma è anche l'espressione della sensibilità nei confronti dell'altro, la spia accesa per la coscienza quando indica il rifiuto o l'indifferenza. Non si è mai completamente umani senza acquisire un'attitudine a sentirsi colpevoli. Uno dei maggiori problemi posti da questo sentimento di colpa viene dal fatto che non c'è sempre consapevolezza: coscienza reale della situazione. Può manifestarsi all'insaputa di una persona, attraverso uno dei suoi effetti indiretti: irritabilità, tristezza, risentimento, vuoto, apatia. Questo senso di colpa, più o meno cosciente, è talvolta compatto, duro, resistente. Non bisogna dimenticare che questa condizione emotiva è spesso associata ad un irresistibile bisogno di punizione. Non è comunque sempre possibile differenziare, separare in maniera netta il senso di colpa dal bisogno di espiazione. Per un atto riprensibile che non dovrebbe comportare che una “leggera bacchettata” sulle dita o un semplice rimprovero, si assiste alle volte a delle misure auto - punitive sproporzionate se non drammatiche. 

questo riguardo ci sono studi davvero interessanti circa la frequenza anormale di incidenti automobilistici che avvengono dopo un litigio con un familiare “importante” … da cui si è dipendenti oppure legati da un vincolo affettivo significativo. Al di là della perdita di attenzione dovuta ad un legittimo sovraccarico emozionale e stressogeno, potrebbe anche trattarsi dell'espressione concreta di un bisogno incosciente di punizione … espiare un “debito” di natura relazionale o affettiva. Per noi psicoterapeuti la situazione è molto chiara. Lavoriamo spesso con soggetti che resistono accanitamente ad ogni sollievo di sintomi, che sembrano perdutamente legati alla sofferenza affettiva, e ciò perché, paradossalmente, tale situazione, questo modo di fare, di reagire, assicura loro il “castigo” che credono di meritare. Non è raro trovare in certi soggetti l'installazione di un tratto depressivo dopo un litigio o una reazione di rancore e rabbia. Tornando ancora una volta allo stato depressivo, spesso, passiamo il tempo cercando ossessivamente amore piuttosto che offrirlo. E così le nostre relazioni sono, quasi sempre, insoddisfacenti perché nessuno può darci ciò che domandiamo con quel tono, voracità e insaziabilità … che ci spetta comunque di diritto come esseri umani, per imparare a rispettare noi stessi e gli altri!!! L'insoddisfazione nell'amore diventa insopportabile perché tale inclinazione è molto importante per il nostro destino … per il nostro benessere ed equilibrio psicofisico. Dedichiamo noi stessi a questo, alla ricerca continua e morbosa di qualche tenerezza, spesso, a spese degli altri aspetti della nostra vita (lavoro, studio, amicizie). Diventiamo dubbiosi, gelosi ed invidiosi ... in realtà più gelosi che amanti!!! Non siamo amanti, siamo soltanto disperatamente alla ricerca di amore, di considerazione, di attenzione, di approvazione … di quel calore che non si è mai ricevuto, se non con un certo grado di impazienza, frettolosità, irritazione e distacco. Alcune persone vanno alla ricerca dell'approvazione totale e dell'amore estremo lavorando in maniera eccessivamente dura e conseguendo molto di più del necessario. Altri sono magnanimi nei riguardi di una colpa; certi ancora si lasciano andare ad una specie di giostra sociale frenetica per non restare un attimo isolati: da soli. Queste strategie spesso ci offrono momentaneamente una “reale”, anche se instabile, possibilità di essere accettati e considerati. Ma sforzarsi così duramente per ottenere un tenero sorriso ed essere accettati, diventa un impegnativo e faticoso modus vivendi … spesso fonte di frustrazione e delusione anziché soddisfazione e piacere. Invece di rallegrarci per la convinzione di essere amati, continuiamo ad avere paura, incertezza: domina il dubbio di essere accettati soltanto per quel tempo in cui lavoreremo duro (ci comporteremo) in quel modo fino allo sfinimento. Se ci fermiamo, pensiamo, abbiamo la sensazione che perderemo tutto … siamo come una foglia al vento, soli abbandonati a noi stessi, senza aiuti, supporti e consigli ... in balia dei capricci del mondo. Man mano che invecchiamo, diventiamo stanchi ed impazienti, ma dobbiamo continuare perché non abbiamo altro che queste risorse emotive. Non coltiviamo quelle relazioni più profonde che potrebbero aiutarci a costruire un'interiorità più soddisfacente e vantaggiosa … più valida e sicura; con queste incertezze, senza questa solidità interiore siamo prigionieri, continuiamo a “spostarci” da una sedia all'altra senza fare nessun progresso reale. Questo ci esaurisce, ci toglie potenza. L'energia utilizzata per tutto ciò, che consumiamo inutilmente ci priva della nostra forza e della nostra vitalità, lasciandoci non solo disposti (esposti) alla depressione in generale, ma anche meno capaci di goderci la vita … godere di quello che gli altri possono veramente offrire. Vediamo abbastanza spesso della gente il cui riso è sospettosamente forte e apparentemente sano. Se essi gioissero della vita soltanto a metà di quanto vorrebbero farci credere, non sarebbero così stanchi per la maggior parte del loro tempo. Viviano in un mondo che valuta attentamente e scrupolosamente ciò che ciascuno ha conseguito e che incoraggia il giudizio morale. E, ancora, impariamo queste consuetudini attraverso una esperienza personale diretta, nei nostri primi anni di vita, dalle nostre figure di riferimento. Dapprima esse ci guidano poi, attraverso vari automatismi, pilotiamo noi stessi sullo stesso sentiero esistenziale, e come risultato soffriamo facilmente di un forte senso di sfiducia, delusione e frustrazione.

uando siamo frustrati, ci trasformiamo in persone furiose; quando diventiamo scontrosi ed esprimiamo i nostri sentimenti aggressivi siamo prontamente rimproverati; quando siamo rimproverati ci sentiamo in colpa e con tale sentimento sviluppiamo un bisogno di punizione, il più delle volte attraverso la sofferenza, sacrificio ed espiazione. Tutto questo redarguire aspramente - se realizzato senza dare spiegazioni chiare - crea confusione, sminuisce la stima in se stessi e aumenta la dipendenza dagli altri proprio nel momento in cui si cerca, con fatica, di costruire fondamenta emozionali solide. Ma sostenere la stima di noi stessi tramite gli altri o attraverso le approvazioni esterne, generalmente non è fonte di vero benessere, anche perché poche persone sono realmente interessate a comprendere e sostenere i nostri problemi personali. Così nascono, piano piano, in noi dei sentimenti di grande inadeguatezza e privazione che, alla fine dei conti, ci conducono ad un'ulteriore conferma del nostro senso di colpa ed inquietudine … sottolineando, a torto, contenuti mentali di poco di valore. Il risultato di questa spirale deprimente di causa ed effetto è dato dal nostro quadro clinico, da conflitti prodotti dalla nostra personalità. Siamo mossi, ad esempio, dal bisogno di conseguire obiettivi per soddisfare le richieste dei nostri genitori e della società in cui viviamo, nel contempo conserviamo anche un bisogno di fallimento per soddisfare (gestire) il bisogno di punizione che deriva dai nostri sentimenti di colpa. Siamo guidati dal desiderio di essere amati, ma abbiamo anche la necessità di esprimere ostilità. Questi continui conflitti relazionali, il più delle volte silenziosi, sminuiscono completamente non solo la nostra vitalità, ma annullano anche i nostri bisogni, desideri ed interessi … che, a lungo andare, ci fanno ammalare sia nel corpo sia nella mente!!! Ancora peggio, invece di agire in base all'uno o all'altro di questi bisogni contraddittori, agiamo contemporaneamente in base a tutti e due, confondendo i nemici dai nostri amici … persino la famiglia da noi stessi. Un individuo, ad esempio, può scegliere una determinata professione perché può, inconsciamente, aver concluso che se non può ottenere l'amore (attenzione, considerazione, affetto) di cui ha bisogno, per svilupparsi in modo armonioso ed equilibrato, lo potrà trovare nell'ambiente lavorativo, dove tutti finalmente lo apprezzeranno per il lavoro svolto con indefesso zelo, per la sua meticolosità e, soprattutto, “bravura”. Ma diventare un “bravo” professionista richiede non solo di passare attraverso centinaia di tentativi ed infiniti “fallimenti”, ma anche sopportare ripetuti insulti e a volte accettare anche eventuali rifiuti.

osì, per ottenere considerazione e l'amore di cui ha bisogno, si sottomette ripetutamente ad ogni cosa: spegne letteralmente i suoi bisogni e desideri. Sogniamo le soddisfazioni, la serenità, la quiete, la tranquillità, goderci una vita diversa, ma siamo spinti, sempre più, ogni giorno, a sottoporci a sforzi prolungati e continuativi, a metterci alla prova, ad aumentare il nostro valore agli occhi degli altri e di noi stessi in modo non del tutto realistico che crea solo malessere e sfinimento psicofisico. Assistiamo abbastanza spesso a un curioso conflitto fra il nostro giudizio razionale e il nostro comportamento quotidiano estremamente illogico, ma non possiamo trattenerci dal comportarci così, con questo modo di reagire oscillante ed altalenante senza sosta. Un individuo desidera la sicurezza finanziaria che è un aspetto della sua voglia per aumentare la stima, ma con questi sbalzi emotivi rischia più di quanto dovrebbe. Nel momento in cui si trova in balia del suo tormento psichico vuole sempre di più (dice quella famosa parolina: “più, più, ancora più … ma quanto ancora di più”?) … in tal modo aumenta la sua insicurezza, non importa quanto grande sia la promessa che il futuro può prospettare o offrire. Ciò è molto simile alle difficoltà che la gente affronta quando gioca d'azzardo (vedasi il mio l'articolo “La lusinga del diavolo”). La cosa più difficile è smettere quando si sta vincendo ... questo semplice fatto suscita realmente un problema spiacevole, quando si gioca con l'intenzione di vincere!!! … ma si può sempre vincere? Viviamo in una società in cui i nostri desideri sono stimolati anche di più rispetto a ciò cui la nostra stessa immaginazione mira. I talk show, la televisione i film e le varie diavolerie tecnologiche, e così tutti i mezzi a disposizione della pubblicità, ci portano a credere che il successo e le soddisfazioni sono conseguibili facilmente e subito per chiunque. L'eroe e l'eroina si abbracciano e vivono felici e contenti per sempre!!! Fumate le sigarette di “grido”, usate il deodorante “giusto”, guidate la macchina del “momento”, solo così la vostra sarà una vita felice, piena di soddisfazione, attenzione e considerazione. Ma quando la vita “felice” ci sfugge per una ragione o per un'altra, ci sembra che qualcosa ci sia stato sottratto ingiustamente, e infine siamo profondamente delusi, dispiaciuti, frustrati e depressi; il tutto però è stato costruito sulla sabbia: sulla fragilità. 

iviamo anche in un “mondo” ostile, nel quale siamo completamente accerchiati da birbaccioni; dobbiamo contare su ogni cosa, insistere per i nostri diritti, competere per un lavoro, per la nostra condizione sociale, per la soddisfazione sessuale … e ancora proteggere le nostre proprietà e quindi discutere con la compagnia di assicurazione perché ci rimborsi le autentiche perdite in cui siamo incorsi spendendo per assicurare noi stessi. Tutto ciò ha un effetto deprimente e minaccioso su di noi. I legami personali profondi stanno diventando sempre più rari. Con tutta la gente che ci passa intorno velocemente, di corsa, è difficile avere una conversazione, per non dire amicizia; non ci sono più contatti, empatia, l'isolamento è pressoché totale, si prospettano nei prossimi anni quadri clinici depressivi e psicotici davvero difficili, allarmanti, se non gravi … un mondo sociale pieno di incertezza produrrà confusione, sbandamento, violenza e sofferenza ovunque. Come risultato ci sentiamo inutili e continuamente minacciati. In una società che adora la gioventù - perché scarseggia, ma preziosa perché fa le spese tecnologiche - anche il normale e naturale processo di invecchiamento è minaccioso … la vecchiaia diventa una spesa eccessiva se non inutile. Ma, soprattutto, esponiamo noi stessi a queste influenze a causa della disponibilità che è in noi verso lo schema frustrazione – ostilità – colpa. Spesso agiamo impulsivamente e lottiamo irosamente quando le forze che sono in noi e intorno a noi ci opprimono. Successivamente soffriamo un riflusso di senso di colpa e tentiamo di giustificare la nostra ostilità piuttosto che liberarcene. E' già abbastanza spiacevole non avere ciò che vogliamo. Ancora peggio è imparare che non siamo capaci di ottenere ciò che è in programma da tempo. Ma questo è soltanto il principio. Impulsivamente componiamo le difficoltà rovinando le nostre amicizie, con gli altri, e quindi diventiamo apprensivi per paura di quello che possono pensare di noi. Non appena ci domandiamo qual è la loro stima per noi, la stima di noi stessi diventa instabile. Incapaci di mutare la situazione immediatamente, siamo lasciati bisognosi, insoddisfatti e impotenti. E tanto minore è il concetto che abbiamo di noi stessi, tanto meno vediamo in maniera rosa le nostre possibilità per il domani. La gioia, la soddisfazione, il piacere diventano sbiaditi, più lontani … sempre più lontani e ancora più lontani!!! Resta soltanto lavorare ma senza forze come si fa … non rimane altro che dormire … rimanere in disparte. In compenso sopraggiungono, ben presto, la noia, la tristezza e la depressione. La diagnosi depressiva - anche se sono dati che interessano più agli addetti dei lavori che all'uomo comune - è un processo a due fasi. Con la prima è necessario identificare correttamente la sindrome depressiva e, questo, richiede un'indagine accurata su vari sintomi in essa contenuti:

Disturbi del sonno;

Perdita di interesse o piacere (anedonia);

Sentimenti di colpa o di essere senza valore;

Astenia;

Difficoltà di concentrazione e disturbi mnesici;

Alterazioni dell'appetito (troppo o poco);

Agitazione o rallentamento psicomotorio;

Ideazione suicidaria.

er formulare la diagnosi di depressione, secondo il DSM V, devono essere presenti almeno cinque dei sintomi, indicati nell'articolo precedente, per una durata di almeno due settimane. La seconda fase del processo diagnostico riguarda la causa più probabile di questo malessere emotivo. Come altre sindromi, tale stato può insorgere in associazione ad altre condizioni psico fisiche e manifestarsi in diversi modi. E' necessario determinare se i sintomi sono causati o aggravati da una malattia organica, da farmaci o da una situazione sociale conflittuale. In caso affermativo, la depressione viene definita secondaria. Se questi fattori sono, invece, assenti, viene definita primaria o disturbo affettivo primario. COSA FARE. E' facile omettere dal quadro clinico complessivo del paziente la malattia depressiva, poiché molti dei suoi sintomi caratteristici quali stanchezza, dolori di stomaco, funzioni intestinali alterate, perdita di peso (o aumento) e insonnia vengono erroneamente attribuiti al disturbo fisico sottostante. Non fate l'errore di considerare tale disagio emotivo come una naturale conseguenza delle circostante o peggio ancora del fato, potrebbe essere causa di una sofferenza mentale ancor più drammatica, che può aggravare ulteriormente il malessere fisico. Il trattamento adeguato di tale fenomeno in corso di malattia fisica è fondamentale per diminuire il rischio di ulteriori complicanze e per favorire una più pronta guarigione dalla condizione medica di base. I gravi effetti di questo disagio emotivo non devono mai scoraggiare le persone che soffrono di questo disturbo. La cosa fondamentale è riconoscere questo quadro clinico come una “vera” malattia che coinvolge sia la mente sia il corpo, quindi, essere convinti e bisognosi della necessità di un trattamento solerte ed adeguato. Per i suoi effetti devastanti - su se stessi ed il mondo circostante - è inutile soffrire e, soprattutto, lasciare scorrere il tempo sperando che esso sia il medico migliore e che, quindi, risani ogni ferita aperta. Proprio per la sua complessità e delicatezza del fenomeno, anche in presenza di disturbi sostanzialmente simili, un intervento “estemporaneo” può portare un miglioramento in una persona e provocare un peggioramento in un'altra. Per questo un aiuto adeguato può richiedere a volte più tempo rispetto ad altri quadri clinici simili. Recenti studi hanno messo in evidenza che molti individui che soffrono di questo malessere nascondono il loro dolore non solo ad amici e parenti, ma purtroppo anche al professionista qualificato; preferiscono non curarsi per paura che la loro situazione diventi nota e, quindi, avere risvolti negativi sulla professione o rischiare di trovarsi isolati a causa del pregiudizio diffuso verso le convinzioni che circolano attorno alle malattie mentali. Forse ora più che mai è necessario che la gente comune, così come le persone preposte alla salute in generale, comprendano che il benessere psichico rappresenta un aspetto essenziale ed indispensabile per la salute dell'intero organismo. Tutti devono essere in grado di orientarsi, di riconoscere, di gestire i sintomi dei vari disagi emotivi, di decidere quando è il momento di chiedere aiuto e di valutare se una terapia è appropriata ed efficace. Anche le forme più lievi dei disturbi emotivi possono infatti comportare gravi sofferenze soggettive e una serie di paure, rinunce e limitazioni nelle scelte di vita; si pensi, ad esempio, alla timidezza patologica, alle deviazioni della condotta sessuale, ai disturbi lievi dell'immagine corporea, all'iperreattività dell'umore, ai disturbi del controllo degli impulsi, alle condotte evitanti e dipendenti. 

ondizioni che in passato sono state sistematicamente ricondotte ad un difetto di volontà, e di cui oggi si cominciano a cogliere gli aspetti morbosi, e quindi la necessità di integrare contemporaneamente i trattamenti medici e psicologici … considerare mente e corpo un'unica entità, non come mondi separati e in contrapposizione!!! Chi decide dunque di uscire dalla trappola nera della depressione è bene che si prepari ad effettuare questo percorso con un certo stato d'animo fiducioso, non passivo: con la voglia di conoscere ed imparare qualcosa di nuovo. Niente pregiudizi, quindi, ma nemmeno comode scorciatoie e facili illusioni. Si ricorda che la depressione si manifesta a livello psicologico con profonde modificazioni nel modo di percepire il mondo, negli atteggiamenti, nel comportamento, nella personalità e soprattutto nell'umore; risulta indispensabile, pertanto, un aiuto nel ricostruire a livello di immagine e di autostima una personalità che può uscire profondamente segnata dagli effetti di questo malessere emotivo. Un aiuto psicologico può aiutare non solo a rafforzare la fiducia in se stessi, ma anche accettare le eventuali perdite a livello creativo e relazionale ... gestire rapporti interrotti causati dalla malattia, a ricreare un progetto realistico di vita e riportare un equilibrio bio - chimico all'interno dell'intero organismo. Le persone che soffrono di questa malattia perdono completamente l'energia, si sentono come paralizzate anche nelle più piccole scelte quotidiane, provano una terribile sofferenza esistenziale caratterizzata da uno stato di continua angoscia e tristezza. Chi è affetto da questo disturbo tende di solito ad evitare le normali relazioni sociali, a rinchiudersi in se stessi. ATTENZIONE quando l'umore diventa nero e alla mente si affacciano frequenti pensieri negativi: di morte!!! In alcuni casi tale malessere si instaura a seguito di avvenimenti specifici, non necessariamente negativi. Altre volte la causa scatenante può essere individuata in disturbi fisici, quali malattie infettive, tumori. Può essere una separazione, la perdita di una persona cara, ma anche un "banale" cambiamento repentino ... per quanto sia un evento meraviglioso, anche la nascita di un figlio può disorientare: bisogna adattarsi velocemente al cambiamento ... difficile per chi ha poche risorse!!!. Spesso insorge senza una causa apparente. Al di là della presenza o meno di cause esterne, si pensa che il soggetto colpito abbia sempre in sé delle componenti emotive drammatiche, residui di sofferenze antiche, un fenomeno che si trascina dall'infanzia.

l primo passo per controllare la depressione è sapere e, ancora, sapere, sempre sapere; il paziente e i familiari devono conoscere bene cause, sintomi, complicanze e possibilità di trattamento. Non si tratta solo di informazioni generali, bisogna valutare il singolo caso cercando di capire quali stimoli ambientali hanno scatenato l'episodio depressivo, se esiste un reale rischio di suicidio e come può essere ridotto, quale trattamento è più indicato per quel caso specifico, quali sono i sintomi d'esordio e se è possibile identificarli con chiarezza. Più cose si sanno su questa condizione emotiva dolorosa, sconvolgente e devastante, per averle direttamente sperimentate e non, più facile sarà affrontare e gestire la malattia e, quindi, non esserne sopraffatti. Tutto il malessere comunque viene prodotto dalla nostra singolare visione del mondo; da tutte quelle strategie adottate che ci aiutano - seppur in maniera non del tutto corretta - ad affrontare le necessità primarie della vita. Il passato condiziona gli eventi che scatenano l'episodio depressivo e determina quel certo tipo di sofferenza che permetterà, al soggetto, di affrontare le cose con un certo “equilibrio” ... seppur patologico!!! Le previsioni del paziente sul suo futuro possono essere alterate da tanti altri eventi; alcuni possono aprire una strada per un successivo sviluppo della personalità e verso la salute emotiva; altri possono chiudere la strada a questa possibilità, e allora le relazioni interpersonali disturbate vengono mantenute, perché questo è l'unico modo possibile di continuare a vivere. Scopo di questa iniziativa culturale (articoli), suggerita dagli addetti ai lavori e non è, senza peccare di narcisismo, quello di aiutare a conoscere con un certo anticipo e “comprendere”, se questo è possibile, i disagi della vita per poterla rendere più “facile”; capire se la tristezza che si prova è da prendere in considerazione come una normale alterazione dell'umore o se invece è l'espressione di una condizione clinica seria, che necessita di una diagnosi e di un trattamento adeguato. Diagnosi precoce e trattamento sono, infatti, indispensabili per ridimensionare le conseguenze della depressione e per evitare che causi danni ancor più gravi o diventi un modo "normale" di vivere; non si può fare a meno di constatare che, nel formulare strategie terapeutiche e procedimenti per la loro realizzazione, si deve tenere sempre presente di un elemento importante: l'ordine sociale, come origine dei vari problemi, che poi sono essi stessi dei segni evidenti di difficoltà interpersonali ... in un certo senso con un alto livello di insicurezza relazionale ed affettivo. Ma cosa possiamo fare quando siamo in queste condizioni di apatia, disistima, indifferenza ed isolamento? Quale genere di aiuto efficace, a prescindere dai vari orientamenti scientifici, posiamo offrire a noi stessi? La prima cosa da fare è “muoversi”, fare, impegnarsi in attività ginniche senza mai esagerare (nuoto, cross-country podistico o semplicemente camminare tra la natura … cosa che io preferisco!!!). Mettere il cappello al chiodo e correre, di notte o di giorno, con il sole, pioggia o neve va sempre bene; vi sentirete bene perché il cervello (ipofisi), attraverso il movimento, produce quelle preziose endorfine benefiche per la nostra felicità (cortisolo, insulina, catecolamine, dopamina ...) … alza l'asticella dell'umore. E' fondamentale che mettiate in moto ciò che rimane sotto il controllo della vostra consapevolezza e che spingiate voi stessi ad alcune attività piacevoli … essere presenti a se stessi, significa sentire, risvegliare le buone sensazioni!!! Leggete, ma non state seduti a pensare l'universo in termini filosofici o a guardare continuamente la televisione; quando ci si trova con un umore pessimo o ballerino, queste non sono cose da fare … si diventa come quel cagnolino che si morde la coda!!! Correte, giocate, fate del giardinaggio, ripulite e mettete in ordine la “cantina” … qualunque cosa va bene e se qualcuno vi dice che quella cosa è inutile, beh mandatelo dove volete … sapete già dove mandarlo. Idealmente, dovreste fare qualcosa di diverso dalla vostra attività abituale. Se siete ad esempio un vigile urbano che va in giro a piedi tutto il giorno, non vi consiglio di correre in mezzo allo smog per liberarvi di tale sofferenza. Ma non tutti sono agenti della polizia municipale. In ufficio, quando è possibile, create una scrivania accogliente, con dei bei colori stimolanti, un ambiente gradevole con un'atmosfera gradita. L'idea principale è di essere attivi, in movimento. Le persone con un quadro clinico depressivo frequentemente non riescono a dormire; ciò significa che c'è troppa adrenalina nel sangue, non sono abbastanza stanche, anche se la pensano diversamente. TENIAMO sempre ben presente che il vero stato emotivo depressivo invita all'inattività, al letargo. In secondo luogo, qualunque cosa facciate, fatela se possibile con altre persone, mai da soli.

a tendenza di chi è perseguitato da questa sofferenza emotiva è di isolarsi, star fuori dal mondo ... niente di più sbagliato!!! E' proprio in questo momento di “segregazione” forzata che bisogna farsi aiutare; chiamare gli amici, quelli veri però, poco invadenti, che non danno consigli, ma che sanno ascoltare e, soprattutto, quando si chiede loro un parere, alla fine rispondono: “quello che decidi tu va sempre bene”. La gente può favorire una ragionevole distrazione, distogliere l'attenzione ossessiva da se stessi e facilitare l'integrazione nella comunità. Andate anche alla ricerca dei vostri “nemici” se è necessario. A volte potranno essere aggressivi o magari scontrosi verso di voi, ma l'ira è sempre meglio dell'isolamento e della depressione … del male oscuro!!! Cercate di fare le cose gradatamente ... quelle che desiderate realizzare con chi vi fidate, che avete, a suo tempo, astutamente “selezionato” tra tanti invadenti, poco simpatici e criticoni ... con loro, vi sentirete sempre a casa vostra e al sicuro ... aiutateli, se ve lo chiedono, nelle loro faccende: stimoleranno nuove reazioni ed insieme potete sviluppare nuove idee, raggiungere diverse soluzioni inaspettate con grinta ed entusiasmo, nonché attivare progetti innovativi e creativi. Fate qualcosa con la gente, ma soprattutto realizzate il tutto per voi, con impegno e soddisfazione: che dia veramente una sensazioni di sollievo e di vera felicità. Proprio per questi gesti, avrete una nuova visione di voi stessi e, quindi, una crescente e discreta autostima. Interagendo a livello sociale è possibile ricostruire una solida fiducia in se stessi e negli altri … aiuterà ad essere più decisi, sicuri, determinati e, soprattutto, a creare una nuova forma di benessere emotivo in modo duraturo. Ricorda, se le fondamenta sono solide, la tua stima aumenta!!! Se lo scopo, invece, è quello di piangere soltanto sulle loro spalle, vi abbandoneranno dopo un attimo. Una cosa eccellente, al fine di salvaguardare la salute psicosomatica, è una corretta alimentazione; alcune scelte alimentari specifiche sono ottimali per il nostro benessere biochimico generale; non una dieta rivolta a mantenere esclusivamente la “linea” e a contenere le calorie, ma semplicemente conservare una buona salute sia nel corpo sia nella mente; attraverso una corretta alimentazione, infatti, vengono stimolati alcuni neurotrasmettitori e una biochimica mentale adeguata che fa bene all'intero organismo. RICORDA, un “carburante” scadente rende svogliati, apatici e stanchi; più probabile si manifesti un cattivo rendimento anche sul lavoro o, peggio ancora, un coinvolgimento in relazioni superficiali e dannose. Se non vi sentite bene o in forma, è quasi certo che una volta a casa cerchiate conforto in un qualcosa di energizzante come ad esempio qualche cucchiaiata in più di “nutella” oppure patatine piene di grassi … vegetando poi davanti al televisore per un tempo indefinito!!!

' un treno su cui si rischia di salire in qualsiasi momento, ma scendere richiede un po' più di consapevolezza, allenamento e, soprattutto, l'impegno. Per un buon funzionamento fisico, mentale ed emotivo è necessaria un'alimentazione adeguata e di buona qualità; lo si dice da sempre, in tutte le salse, ma non si sa bene il perché c'è sempre questa inutile resistenza, un qualcosa che rema contro e ci butta a capofitto sul cibo spazzatura … allontana dal fare le scelte giuste in qualsiasi settore della vita perché rende inattivi, vuoti, spenti e stanchi. Alla fine, con queste carenze nutrizionali non siamo in grado di affrontare nemmeno semplici e banali stress quotidiani che ci si parano davanti. Con sostanze scadenti, l'equilibrio dinamico delle sostanze chimiche all'interno del nostro cervello salta, manifestando stati d'animo che gli addetti ai lavori chiamiamo ansia e depressione … mette in moto ogni possibile grado di agitazione … quello che mangiamo influenza sempre, volenti o nolenti, i nostri pensieri e le nostre azioni … i nostri organi emuntori invocato aiuto, ma noi dove siamo? Se avete a cuore la vostra salute mentale ed emotiva - e il modo in cui queste si legano alla condizione fisica - sapete già che i rimedi offerti dal mercato possono influenzare e dirottare su percorsi poco salutari ... mettono l'accento più su strategie di vendita che su i benefici di una corretta e sana alimentazione. Dopotutto, la persona che chiede aiuto ad un professionista del corpo e della mente - se non bara - non è per niente in uno stato di completa salute, felice, la più serena e tranquilla del mondo. La “dieta” corretta per la biochimica della mente rappresenta non solo un'alternativa sana, ma fornisce anche un'energia di qualità. Perché non conoscere ciò che di meglio c'è in voi e lucidarlo fino a farlo brillare? Vediamo un po' di mettere a fuoco la situazione. Il cervello presiede a tutte le attività volontarie del corpo (le funzioni motorie e il sistema muscolo – scheletrico), sollecita la respirazione, coordina la digestione, gestisce la crescita e lo sviluppo, assicura la riparazione dei tessuti e funge da centralina del sistema nervoso. Il cervello è il nostro interprete del mondo circostante e monitorizza le informazioni raccolte dai cinque sensi. L'encefalo umano si divide in due parti. Uno strato esterno più recente chiamato neocorteccia o corteccia cerebrale, e una regione interna più primitiva nota come archipallio (corteccia cerebrale, di più antica formazione nel telencefalo dei vertebrati, precursore dell'ippocampo dei mammiferi. L'archipallio è situato dorsalmente e medialmente nell'emisfero cerebrale ed è un centro secondario di coordinazione in tutti i vertebrati terrestri). Si pensa che la corteccia cerebrale si sia evoluta in tempi più recenti che sia la sede della percezione, dell'apprendimento, del ragionamento, della coscienza e della morale. Nell'archipallio, che include l'ippocampo e il tronco cerebrale, dominano le emozioni e gli umori: paura, ansietà, felicità, amore, eccitazione e tante altre cose non completamente chiare. Cellule nervose specializzate chiamate neuroni costituiscono la struttura fondamentale del cervello. Il cervello umano possiede cento miliardi di neuroni e ciascuno ha circa centomila collegamenti verso gli altri: ogni secondo, miliardi di messaggi viaggiano tra un neurone e l'altro, per attraversare il collegamento, o sinapsi, questi messaggi si affidano a sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori.

neuroni immagazzinano i neurotrasmettitori, emettendoli in risposta a segnali elettrici. Quando ciò accade, il neurotrasmettitore si aggancia ai recettori presenti nei neuroni vicini, emettendo a sua volta un segnale elettrico. E' così che sentimenti, pensieri ed emozioni attraversano il nostro cervello. I recettori e neurotrasmettitori sono in corrispondenza biunivoca, come una serratura con la sua chiave: perché il messaggio venga trasmesso è necessaria l'accoppiata giusta. Una volta completata la sua missione, un neurotrasmettitore può essere demolito ed espulso dall'organismo, riassorbito nel neurone o semplicemente restare in circolo. Praticamente tutti i neuroni del sistema nervoso centrale, compreso il cervello, vengono attivati da neurotrasmettitori eccitatori - come ad esempio il glutammato - e spenti da neurotrasmettitori inibitori, tra cui l'acido gamma - amminobutirrico (GABA) e la glicina. La maggior parte del flusso di informazione altamente organizzato che attraversa il cervello viene regolata dalle fibre nervose contenenti il neurotrasmettitore eccitatorio glutammato attraverso la corteccia cerebrale. I messaggi possono essere trasmessi in un solo modo: tramite un neurotrasmettitore. I neurotrasmettitori sono composti di amminoacidi (le componenti basilari di tutte le proteine), che ricaviamo dai cibi. Una dieta inadeguata ci rende quindi incapaci di produrre i messaggeri chimici adeguati, necessari per un buon funzionamento cerebrale. Un'alimentazione ottimale, attraverso un cibo di qualità e integratori giusti, conserva l'equilibrio del cervello e questo a sua volta provvede alla quantità giusta di neurotrasmettitori, da cui deriva un senso generale di forza e di benessere. Alcune persone perdono il gusto per il cibo e devono sforzarsi di mangiare, o addirittura essere forzate da altri. Altre invece si rifugiano nel cibo e non riescono a smettere di mangiare, ingoiando voracemente di tutto, in particolare dolci e alimenti ad alto contenuto calorico (sensazione di pienezza … da bambini la pienezza viene data principalmente dalla conferma dei punti di riferimento, da grandi è un bisogno per esprimere il proprio essere; un amore scarso, poco appagante, mai avuto nel giusto dosaggio … e così ogni carenza la compensiamo col cibo). Usare i cibi giusti per riequilibrare la biochimica della mente ci aiuta a funzionare in maniera ottimale senza sacrificare parti di noi stessi sull'altare del benessere emotivo. RICORDA, il cervello si trasforma fisicamente in risposta alle nostre esperienze. I neuroni sviluppano nuove connessioni grazie alle nuove sensazioni e persino a causa dei pensieri. Quando apprendiamo qualcosa o cerchiamo di fare qualcosa di nuovo o proviamo una determinata esperienza per la prima volta, il cervello a tutti gli effetti cresce o altera la propria struttura per accogliere le nuove informazioni. La dieta, dunque, per la biochimica della mente, può restituirci un discreto benessere. Cartesio diceva: “Penso, dunque sono”. Ma pensare non è un'attività distinta dall'essere. Ci va più vicino quel famoso personaggio della Walt Disney quando affermava: “Sono quello che sono”. Mente e corpo non sono due entità che procedono in parallelo: esse costituiscono un'unità singola e noi esistiamo contemporaneamente su più piani diversi, e al tempo stesso, in maniera indivisibile, pensiamo, viviamo e proviamo sentimenti. La dieta per la biochimica della mente ci ricorda che quello che accade nel cervello fisico è la “mente” metafisica. Sono le nostre emozioni, i nostri pensieri, i nostri stati mentali … i nostri stili di vita. Facciamo alcuni esempi. 

lcuni sono in crisi perché si trovano con poca serotonina, molto cortisolo nel sangue, molta istamina, poco zinco e magnesio ed elevati livelli di rame. Livelli bassi di serotonina nel cervello sono concordemente ritenuti un segno di depressione. La serotonina nel sangue è strettamente correlata alla serotonina nell'encefalo e ha quindi senso mirare a rilevare questo neurotrasmettitore. La serotonina è strettamente correlata con l'umore: quando aumenta, l'umore migliora, quando diminuisce, la depressione incalza. Anche nelle persone ragionevolmente equilibrate, i valori della serotonina variano con l'umore del momento. Un livello alto di istamina, inoltre, può essere un buon indicatore per il nostro stato depressivo. Nella depressione risultante da livelli elevati di istamina, normalmente i soggetti sono lucidi, tristi e visibilmente depressi; una quantità eccessiva di istamina può portare al suicidio. L'istamina bassa è responsabile di alcuni disturbi mentali come ad esempio forme maniacali o addirittura allucinazioni. Il cortisolo può essere un altro indicatore dello stato depressivo; in soggetti gravemente depressi i livelli di cortisolo sono doppi rispetto a quelli in soggetti non depressi; si possono comunque trovare livelli bassi in soggetti con depressione cronica. Il cortisolo è indice di una generica reazione allo stress e qualsiasi tipo di sforzo o pressione ne aumenterà i livelli. Al contrario della serotonina non indica perciò necessariamente l'esistenza di una depressione. Questo significa che il livello di cortisolo potrebbe essere alto perché si è depressi, o a causa di altri gravi problemi esistenziali (stress, paura, fobia). Disturbi mentali come la depressione producono livelli alti di cortisolo. Alla depressione inoltre sono state associate carenze specifiche di determinate sostanze, come la vitamina C e le vitamine del complesso B: acido folico (una sua carenza abbassa il livello di serotonina, crea spossatezza, previene e inverte, assieme alla B12, l'ipoglicemia; un buon metabolismo cerebrale ha bisogno di questa sostanza), tiamina (B1), cobalamina (B12), piridossina (B6), acido pantotenico (B5) e riboflavina (B2). Gli alimenti di seguito indicati, alla luce delle attuali conoscenze, si sono dimostrai utili nel “gestire” la depressione non grave. Spinaci, cavoli, asparagi, funghi, uova e cioccolato: contengono alti livelli di triptofano e flavonoidi. Semi di zucca: ricchi di acido folico, contribuiscono a regolare gli sbalzi d'umore; pesce azzurro e salmone (gli omega 3 salvano da problemi tiroidei e aiutano a livello depressivo); legumi; frutti di bosco.

TTENZIONE, alcuni neurotrasmettitori cerebrali che trasportano i nutrienti e proteggono il cervello, come ad esempio gli amminoacidi, sono collegati a specifici modelli alimentari. Un pasto contenente solo alimenti ricchi di carboidrati provoca un innalzamento del tasso dell'aminoacido triptofano (precursore della serotonina) nel sangue e nel cervello. Curiosamente, un pasto misto di carboidrati e proteine innalza, è vero, il triptofano nel sangue, ma non nel cervello. Questo perché l'insulina prodotta dopo l'assunzione dei carboidrati ha la proprietà di aumentare il livello di triptofano ematico, che poi passa nel cervello. Nei pasti ricchi di proteine, al contrario, l'abbondanza di altri aminoacidi che sono trasportati al cervello dallo stesso sistema di trasporto del triptofano, si rivela competitivo ai danni di quest'ultimo aminoacido. Indispensabili “veicoli” del triptofano sono tutti gli alimenti ricchi di zucchero (fichi secchi, miele, cioccolato, latte, formaggi, cachi, banane, carni bianche, uova, pesce, semi girasole, di soia, di sesamo ...). I carboidrati complessi (pasta, pane, riso, orzo, farro, mais, segale, patate …) fanno bene al cervello perché rilasciano un flusso energetico lento e continuo. Contro la depressione è opportuno aumentare anche il livello dell'aminoacido tirosina che nel sistema nervoso viene trasformata nei neurotrasmettitori adrenalina, noradrenalina e norepinefrina (per la loro funzione, vedasi articoli precedenti) ... particolarmente utile nel trattamento di questo disagio psichico. Anche le abitudini del sonno possono modificarsi in entrambe le direzioni; alcune persone non riescono più a dormire una notte intera in modo soddisfacente, altre invece dormono molto più del solito, e nonostante questo di giorno si sentono stanchissime. L'insonnia può assumere diverse forme: difficoltà ad addormentarsi, numerosi risvegli nel corso della notte, interruzione precoce del sonno prima dell'alba. Spesso i cambiamenti nelle abitudini alimentari e nel sonno vanno di pari passo: le persone che fanno fatica a dormire perdono generalmente anche l'appetito e sono piuttosto agitate, mentre chi dorme tanto tende a mangiare molto e a essere giù di tono. La depressione non deve mai essere confusa con un episodio di naturale tristezza o un momento di grave prostrazione che si manifesta in ogni persona quando viene a trovarsi in certe situazioni vissute come “difficili” (malattia, separazione, licenziamento ...). L'umore nero è qualcosa di più drammatico, grave, doloroso e, soprattutto, persistente. Si tratta di una vera incapacità di sperimentare gioia, piacere (anedonia), vivere un vero e proprio coinvolgimento emotivo. Le persone che hanno sofferto di questo quadro clinico dicono che la loro vita si era “addormentata”, bloccata, spenta completamente … hanno sperimentato un tragico, lungo e monotono trascorrere del tempo. Non si trova più interesse per nessuna attività, mentre in alcuni casi più gravi viene meno anche il desiderio di alimentarsi … il corpo è in avaria, la vita si ferma!!! Ci si sveglia il mattino in preda ad una profonda angoscia e anche gli affetti più cari, sono messi sullo sfondo … ci si allontana dal circuito sociale, ogni cosa diventa sempre più opaca e minacciosa … un buio sinistro all'orizzonte controlla e domina ogni momento della giornata!!! Qualsiasi semplice e banale attività provoca una fatica a dir poco ingestibile, che sembra insuperabile; la disperazione immobilizza, paralizza la giornata, si impossessa lentamente del corpo, della mente, dei gesti e dello spirito. La caduta di ogni interesse disorienta, provoca difficoltà di concentrazione, cresce invece il senso di vuoto, noia ed apatia. Chi è affetto da questo malessere emotivo tende di solito ad evitare le normali relazioni sociali, a rinchiudersi in se stesso, a rintanarsi in casa e, se possibile, buttare via la chiave. L'umore diventa persistentemente cupo, a tinte scure, e alla mente si affacciano con frequenza ossessiva, insistenti ed eccessivi brutti pensieri, di perdita, di dolore, di non valere nulla; il passato domina con la sua negatività: sono successe cose “brutte” e solo cose cattive ci riserverà il futuro … si è dominati completamente da incessanti orazioni penitenziali. Si instaurano facilmente dei gravi sensi di colpa, come ad esempio, di non essere stato un buon genitore, un bravo figlio, la moglie giusta, un discreto lavoratore o un vero amico. Qualsiasi gesto di sostegno da parte dei familiari o dello specialistica non serve a nulla: niente riesce a neutralizzare, ad eliminare questa profonda convinzione drammatica, radicata profondamente in fondo al cuore. Spesso, sono gli altri che hanno dei seri problemi!!! In alcuni casi il disturbo non arriva mai a conseguenze così gravi da indurre la persona che ne è colpita a ricorrere a cure specifiche e qualificate (viene vissuto come marginale oppure “normale”); questo stato, però, si cronicizza e può durare molti anni senza che vi sia un reale cambiamento o miglioramento, un piccolo risultato positivo … l'unica cosa reale – oltre ad un peggioramento sicuro - è che la vita sfugge di mano … non si vede un benché minimo spiraglio di luce in fondo alla giornata. Un'altra visione di primaria importanza per aiutare chi è calato in questa dimensione affettiva ed emozionale è uscire e usare qualche premura, attenzione verso se stessi. Quella fanciulla che compra, ad esempio, ogni tanto, un nuovo foulard - senza inciampare nell'acquisto compulsivo o prosciugare completamente il conto e i suoi risparmi - tutte le volte che si sente un po' giù di corda è più saggia di quanto la maggior parte della gente pensi; tieni presente, comunque, che non tutti gli “interventi”, per gestire questo tipo di disagio, costano denaro …bisogna per forza spendere, ci sono tante cose utili e valide, a portata di mano, che non costano nulla!!! Anche trattenersi un momento, alla fine della giornata, quando lasciate il vostro posto di lavoro, e si osserva il sole che tramonta, risplende dietro gli edifici vicini, può essere d'aiuto: sollevare il vostro spirito, dare una spinta creativa (la luce solare stimola la produzione di neurotrasmettitori: serotonina). Siate curiosi e guardate i vari contorni con gli occhi curiosi del pittore naif. Al di fuori della semplice percezione, potete rendere più acuta la vostra abitudine di rallegrarvi per qualcosa di vivace, buono e colorato. Infine, quando siete depressi, chiedete aiuto senza alcun timore; se non vi va bene quel tipo di sostegno o professionista cambiateli immediatamente, non perché l'aiuto sia somministrato da un incapace, ma semplicemente perché quel personaggio o orientamento scientifico non fanno per voi ... non vi trovate sulla stessa lunghezza d'onda; non si deve mai confondere, comunque, la propria diffidenza, paura e varie fobie con la scarsa professionalità altrui. Se sei seduto ai piedi della scogliera non esitare a farti aiutare … non c'è niente di vergognoso, chiedere una mano, non significa essere impotenti, perdenti o deboli, ma al contrario più 'forti' perché, finalmente, desideriamo trattarci bene, prendere in mano e gestire la nostra vita … fare e ancora fare, poi, di nuovo fare, cose utili e vantaggiose per crescere lontano dai propri fardelli e tormenti inutili. RICORDA, nessuno si è mai liberato da questo malessere affrontandolo con un colpo di spugna ... in un gesto solo. Ciò comunque non significa necessariamente aiuto specialistico. Quando la situazione è leggera, ogni persona che sia in rapporti amichevoli con voi, ogni vostro parente con cui siete in sintonia e buona armonia, può aiutare a sollevarvi l'animo con amore, esprimendo anche un proprio pensiero genuino e senza fare pressioni fuori luogo, ma semplicemente stando insieme, ascoltandovi senza esprimere giudizi di valore. Anche il più “duro”, il più forte di noi può avere i piedi d'argilla, ha bisogno di attenzione, considerazione ed amore. Ma se voi non lo chiedete, come farà la gente a sapere che ne avete bisogno? Quando siete depressi, date l'impressione che non ve ne importa niente della gente che è intorno a voi. Esse a loro volta reagiscono girandosi dall'altra parte, non occupandosi affatto di voi … magari, non conoscendovi a fondo, sono pieni di pregiudizi per i vostri comportamenti “incomprensibili, più propensi, pronti ad etichettarvi e farvi terra bruciata. La prossima cosa che dovete sapere, è che ciascuno sta schiena contro schiena, guardando in direzioni opposte. Quando siete preoccupati e non aperti al nuovo, nessuno vi rivolge la parola, perché la vostra mente non è lucida o libera, ma prigioniera di un eccesso di inquietudine e diffidenza. RICORDIAMO ancora una volta che l'informazione e la consapevolezza sono dei preziosi elementi nella prevenzione, nella rimozione di timori e pregiudizi, e soprattutto nella motivazione a curarsi. Per controllare questo stato mentale e liberare le vostre energie, provate queste “strategie” di seguito indicate … per comprendere e mettere a fuoco le cose realisticamente bisogna essere lucidi ... ci vorrà un po' di allenamento, ognuno ha il suo tempo, ma se messe in cantiere con una certa continuità funzionano.

1. Concentratevi maggiormente sul tempo presente: è una buona difesa contro l'agitazione, che per definizione riguarda il futuro e ci proietta in un tempo inesistente (futuro - ansia). Chiedetevi se la vostra preoccupazione riguarda qualcosa che potete (o dovreste) controllare e se la risposa è “no”, allenatevi a non prenderla in considerazione … non preoccupatevi, concentratevi su altre cose più coinvolgenti … ora, adesso!;

2. Rendetevi conto che se vi state preoccupando eccessivamente, dovete cambiare atteggiamento; può essere utile '”connettersi” con i propri sensi: olfatto, gusto, tatto, vista, udito (la nostra vita passa attraverso i sensi … melodia, profumi, cibo gustoso, carezze, tepore possono sciogliere le vostre tensioni). Visualizzate un posto tranquillo e pacifico, come un lago di montagna o un paesaggio piacevole … create una bella storia, annusate un profumo gradevole, che dia sensazioni travolgenti e di euforia ... buone sensazioni non solo a livello cerebrale!;

3. Fate diventare la vostra preoccupazione un “ego distonico” (coerente con l'immagine e la percezione di se stessi). Di solito ci si preoccupa continuamente perché si dà valore a quel atteggiamento. Si pensa che possa servire. Farne un “ego distonico”, per dirla nel linguaggio degli addetti ai lavori, significa rendersi conto che il sintomo in questione non “è” nel proprio interesse e, quindi, risulta fondamentale imparare a guardarlo con sospetto e con distacco, come negativo … GUAI abbandonarsi ad esso … le preoccupazioni ossessive fanno invecchiare più rapidamente il corpo e la mente. Chi si preoccupa in continuazione usa a sproposito e non pienamente il proprio cervello;

4. Qualunque cosa vi succeda, pensate che ha il suo lato “buono”, può essere un'esperienza fondamentale per affrontare le tappe successive della vita. Per esempio, se qualcuno sterza tagliandovi la strada, immaginate che sia a vostro vantaggio: una specie di promemoria a rallentare; magari proprio in fondo al vicolo, dopo il rettilineo potrebbe esserci una pattuglia della polizia o un autovelox. Un rimedio immediato è senz'altro utile, se non indispensabile, ma più importante è ciò che possiamo fare per prevenire tale debilitazione. Possiamo naturalmente eliminare i due maggiori fattori che ci rendono predisposti a tale quadro clinico, cioè il senso di privazione continua e lo struggente senso di colpa, in gran parte inconsci e che abbassano la stima che abbiamo di noi stessi. Ma possiamo fare anche molto di più. La prima mossa, cosa che possiamo realizzare facilmente con determinazione e passione, è l'autentico impegno per rimanere in buona salute (attività fisica, buona alimentazione, vivere il sociale); la malattia produce sempre uno stato depressivo. Anche peggio della malattia è quel continuo stato di apatia e profonda indifferenza verso ogni cosa.

opo aver lavorato eccessivamente e quando siamo troppo stanchi, ci trasciniamo in giro sull'orlo della malattia rimuginando in qualche modo se stare in piedi o andare a letto. In questa condizione diminuiamo la nostra attività, e così facendo aumentiamo la nostra disposizione ad essere depressi. Non potete dire “Andiamo fuori e divertiamoci” se vi sentite afflosciati come un cencio. Conservarsi in buona salute richiede attività fisica, non necessariamente pesante, ma piuttosto un'attività regolare, come passeggiare, salire le scale, imparare qualche passo di danza … muoversi in armonia con il proprio ambiente circostante sia fisico sia sociale. Quando facciamo qualcosa che richiede un esercizio fisico, svegliamo una parte di noi stessi ... esclusa quasi sempre. E' certo che l'esercizio fisico favorisce la secrezione nel cervello di sostanze chiamate “endorfine”, che inducono un senso di benessere. Migliora l'umore e riduce l'ansia. Non è necessario che sia qualcosa di energico, come sollevare pesi o il lancio del disco. Anche pochi esercizi di stretching in salotto o rispolverare i libri della propria biblioteca bastano a sollevare lo spirito. L'importante è scoprire ciò che funziona per noi e quando. Il guaio è la terribile apatia che ci colpisce. Guardiamo la polvere in casa e pensiamo a tutte le cose che bisogna fare; allora prendiamo un altro caffè e decidiamo di rimandare la pulizia dei mobili a quando “ce la sentiremo”. Ecco com'è la depressione. Non vale la pena di pulire la casa, perché tanto si sporcherà un'altra volta. Alla polvere ci penseremo più avanti. Magari domani o dopodomani, chissà … forse mai! Ma se non cominciamo mai, domani sarà la stessa cosa. Fermatevi a considerare per un momento la cifra complessiva dei vostri movimenti fisici nel corso di una giornata. Potreste essere, a dir poco, sbigottiti. Certi movimenti sono davvero tipici e curiosi (ipotesi di viaggio di un depresso o di un candidato a tale stato). Scendo quattro scalini entro nella macchina, guido fino a Ferrara, lascio la macchina al parcheggio più vicino al posto di lavoro, faccio mezzo isolato e arrivo al posto di lavoro, mi siedo e resto lì fino a sera. Alla fine della giornata passeggio per mezzo isolato, guido fino a casa, salgo quattro scalini, mi siedo per cenare, poi mi trasferisco nel salotto a guardare passivamente qualche diavoleria (con tutti i danni che si creano mangiando di sera è davvero un dramma sia per corpo sia per la mente). Il nostro bisogno di attività fisica è tanto importante quanto il nostro bisogno di riposo, di cibo, di acqua e di aria. Anche se stiamo seduti, i nostro corpo cerca di soddisfare il bisogno di movimento. Nessuno di noi sta seduto assolutamente immobile. Ci muoviamo un po', perché siamo costruiti in modo tale che quando un insieme di muscoli si contrae, l'altro si espande. Non possiamo immobilizzare completamente tutto il nostro corpo. Se poniamo in riposo una parte, l'altra parte è in tensione; questo è il motivo per cui non possiamo stare seduti perfettamente immobili. Se ce ne stessimo seduti assolutamente immobili per un tempo pari a venti minuti, ci si fermerebbe la circolazione in fondo alla schiena. Questo è uno dei problemi più gravi nel trattamento dei paraplegici. Spesso siamo stanchi, non per il troppo lavoro ma per il fatto che siamo inattivi e annoiati. Il fatto curioso è che tentiamo di liberarci della nostra stanchezza stando fermi. Ma lo star fermi non può mai liberarci dalla fatica. Ciò di cui abbiamo bisogno è un'attività fisica: correre con moderazione attorno al caseggiato o fare un giro attorno alle mura di Ferrara immersi nel verde. Se il nostro bisogno di attività fisica resta insoddisfatto, ci rimane un senso di privazione. Siamo in grado di “alleggerirci” della depressione anche riconoscendo il valore della varietà. Se facciamo qualcosa in continuazione, la monotonia tende a tirarci giù di morale. Maggiore è la monotonia, minore sono le richieste di attenzione. La prima legge dell'attenzione è il movimento. Ogni cambiamento allontana dalla monotonia, dalla noia. Tentare ogni cosa è sempre la soluzione migliore per toglierci dallo stato di apatia, dalla sofferenza … prendere le distanze dal tarlo mentale! Non vedere l'ora di fare o avere qualcosa in programma aiuta anche a sconfiggere il malessere depressivo. Dovremmo ricordare che una delle caratteristiche principali della depressione è il non avere speranze. Se la cosa vi rende felici e soddisfatti, fate piani a lungo e a breve termine.

i piacerebbe fare un viaggio in nave? Progettatelo, anche se non avete molta speranza di riuscire a farlo. Quello che importa è conoscere, risvegliare interessi, essere coinvolti ed informati su nuovi dettagli; sperimentare entusiasmo durante la ricerca di nuove informazioni; magari, chissà, si possono scoprire cose davvero impensabili; alla fine vi rallegrerete semplicemente per aver letto cose davvero curiose, che non sapevate ... scoprire notizie importanti sulle diverse modalità di navigare. Potreste anche trovare, con grande sorpresa, che entro poco tempo il vostro viaggio non sarà poi così irrealistico. Forse, in base alle informazioni raccolte potreste accontentarvi anche di un viaggio breve, più ridotto, più adatto alle vostre possibilità. Progettate le prossime vacanze estive che, tutto sommato, anche se mancano poco più di tre mesi, non sono poi così lontane. L'idea è di rallegrarsi, facendo dei piani e di anticipare gli eventi … solo se naturalmente, nel tempo presente, nutrite interesse, vi sentite coinvolti, pieni di passione … soddisfatti in quello che state progettando o realizzando; si può gioire nel fare dei piani tanto quanto si gioisce delle cose che sono state già vissute. Ciò non condiziona la “realtà”, la spontaneità, la naturalezza e la creatività; potete anche cambiare - all'ultimo momento - i vostri piani se ne trovate uno migliore ... col fare piani per il futuro, inoltre, sapete perfettamente che avrete sempre qualcosa da fare … l'importante è che quel gesto coinvolga mente – corpo e non sia forzato, ma stimoli curiosità e produca sempre un senso di soddisfazione nel tempo presente. E' anche importante che vi preoccupiate della vostra vita sociale. Ciò significa che qualche volta bisogna accettare inviti non completamente graditi ed essere un po' più socievoli, anche se lo stato d'animo non è completamente alle stelle. Ma ciò ha un senso preciso, poiché questo è il modo con cui non solo siamo attivi, ma estendiamo anche il numero delle nostre conoscenze. Se andiamo ad un “aperitivo” dovremmo tentare di andarci con almeno un amico in più, uno che vi inviterà o qualcuno che inviteremo. Ogni cosa che facciamo per migliorare i nostri rapporti dipenderà sempre dalla nostra voglia di fare e dal nostro quadro clinico: qualcuno guarderà l'iniziativa con sospetto, molti con diffidenza, alcuni con sufficienza, altri ancora mah … ; tutto ciò che si mette in cantiere, comunque, per andare d'accordo con la gente ci aiuta a prevenire la depressione perché diminuisce la nostra ostilità, rabbia, rancore e il nostro senso di colpa, e perciò la troppa facilità alla melanconia. Non bisogna mai dimenticare che noi impariamo anche da coloro che ci sono antipatici!!! La miglior via per faciliitare la propria capacità di andare d'accordo con la gente è di partire dal principio che ciascuno ha qualcosa da offrire ed è compito nostro trovare che cosa di interessante ha questo o quello. E tutti, ma tutti, hanno qualcosa da offrire. Anche l'orologio che non funziona più è “giusto” almeno due volte al giorno!!! E' facile accettare i lati positivi che vediamo nella gente, la difficoltà nella vita sta nel scendere a “patti”, quando la “giostra” è ancora in funzione, nell'accettare i loro difetti, nel modificare le nostre reazioni leggermente in modo da potere stabilire qualche modalità di relazione in più … ovviamente senza mai annullarci, rinunciare alle proprie necessità!!! L'esasperazione non porta da nessuna parte, non ci fa arrivare in nessun posto. Quando più a lungo restiamo sdegnati, non importa se giustificati o meno, tanto più il nostro modo di reagire è ostile e saremo “abbandonati” con un bel po' di rancore e senso di colpa. 

n modo di sicuro successo per introdursi in ogni situazione sociale è allenarsi a “sentire”, ascoltare gli altri. Se seguite attentamente una persona sufficientemente a lungo, essa vi dirà anche se non sempre, e ogni altro cui capiti la stessa cosa, che siete unici, quanto siete di “valore” e che idee “intelligenti” manifestate … se non altro siete vivi!!! Il fatto è che impariamo dalle altre persone, anche da quelle noiose. Ascoltare ci aiuta a mantenere flessibile il nostro punto di vista personale. Ci impedisce di annoiare le altre persone con le nostre opinioni e con i nostri problemi. Un altro modo per impedire la depressione è sviluppare vie di uscita per l'ostilità e la rabbia silenziosa (sport, affari, politica, cultura, viaggi … travel therapy). Interessi occasionali e ovvi che offrano entusiasmo ed euforia, bilanciano anche il rancore che nutriamo esageratamente verso le cose. Un viaggio ben organizzato, una cena ben fatta, un dipinto o una porcellana che ci riescono bene ci danno un senso di soddisfazione, e ciò tende a diminuire quel sentimento fastidioso ed inutile di vuoto, odio, animosità, astio, antipatia … e, quindi, il nostro senso di colpa e di depressione. Il senso di colpa, sensazione sgradevole di aver commesso un'azione cattiva, essendo una delle cause prime della depressione, rende il sesso - se gestito male - un importante fattore di malessere. Se le cose stanno così perché l'attività sessuale, a sua volta, è una delle basi fondamentali del senso di colpa (ricordate quella famosa “mela”? … dai, il peccato originale!). Una sana vita sessuale è generalmente necessaria per evitare la depressione (il depresso non avendo energia, poca forza, ha una vita sessuale spenta, lo stimolo fisico è inesistente se non in forma infantile … i suoi gesti sono rivolti alla ricerca di protezione, stima, considerazione, calore ed affetto, a rievocare quell'amore primordiale, a suo dire, mai avuto). Intere biblioteche sono state dedicate a questo problema; qui diciamo solo che poco è sempre meglio di una vita asessuata. Un altro mezzo per prevenire questo stato di fiacchezza fisica e morale è riconoscere le nostre tendenze personali nei confronti della depressione. Molti sono come prigionieri dei lati negativi della loro personalità ed è questo a spingerli a cercare spesso in maniera frettolosa aiuto. Non dobbiamo mai dimenticare che una prima parte del processo di guarigione consiste nel ripristinare una visione a tutto tondo delle tendenze “innate”. A volte basta davvero poco per piantare quel seme. Poi sta ai singoli annaffiare, averne cura finché non germoglierà e darà il frutto. Possiamo essere troppo abituati a sentirci un po' tristi, ad esempio, la notte della domenica oppure quando gli amici se ne vanno. E' un genere di tristezza che segue le attività piacevoli di fine settimana, un sentimento che può aver avuto inizio nell'infanzia, quando abbiamo lasciato i nostri “compiti” da fare all'ultimo momento e non abbiamo potuto finirli, con la prospettiva minacciosa del lunedì mattina. Bene, se la notte della domenica non è piacevole, mettiamoci in testa di stare con la gente la domenica sera. Eliminate la possibilità della depressione con qualche piacere extra, evitate lo schema comportamentalistico che vi deprime. Sicuramente è di aiuto fare un periodico esame di se stessi, delle proprie fondamentali norme di vita e dei propri valori. Il nostro tenore di vita spesso è troppo alto per noi. Ce ne vantiamo, ma esso non ci procura nessun benessere se non possiamo farvi fronte. Prendiamo in considerazione, invece, la possibilità di abbassarlo. Ricordo Marco infatuato dell'auto del momento. Mi diceva: “Sa dottore quante cose potrei fare con quell'auto? Poi, tutte le conquiste che potrei realizzare … ah davvero infinite”! Marco non poteva permettersi quella spesa perché era in cassa integrazione e, soprattutto, non aveva risorse economiche disponibili. Intere sedute sono state dedicate ad esaminare tutti i pro e i contro della spesa avventata in modo troppo impulsivo. Nonostante i vari tentativi di portarlo alla ragione, di farlo riflettere e di ponderare bene la cosa, la comprò. Dopo qualche mese si rese conto che non era in grado di sostenere le spese; la tenne chiusa nel garage ancora per un po' di tempo e poi dovette venderla … e affrontare i vari problemi sia materiali sia psicologici che la questione ha lasciato in eredità. Non c'è bisogno che siate la persona più onesta, la più brillante, la più intelligente o la persona che lavora più sodo nel mondo. Se riducete le vostre prospettive esagerate in qualche modo troverete che andate molto più d'accordo con voi stessi e con gli altri (smettete di utilizzare in ogni situazione quella famosa parolina “più”, “più” e, ancora, “più” … bisogno di considerazione, attenzione ...)

Vi sono delle occasioni in cui dimenticare qualcosa è meglio che farne giustizia, in cui la compassione è più comprensiva dell'onestà. Ridere ricompensa spesso più che conoscere, e la bellezza è spesso preferibile all'accuratezza. Riassumendo, la depressione è una situazione di diminuzione dell'attività, caratterizzata dal nascere di un forte rancore, da una sensazione diffusa di rifiuto e da un profondo senso di futilità. Anche le terapie sono difficili da portare avanti, un “tira e molla” continuo, spesso la continuità è inesistente: si disdice all'ultimo momento, per futili motivi, anche l'incontro terapeutico … è sempre l'altro che non ha saputo gestire, comprendere, aiutare!!! Siamo in trappola, sentiamo che non c'è via d'uscita. E' una camicia di forza, un penoso imprigionamento in noi stessi. Tali sentimenti sono generati da un senso diffuso di privazione più spesso che da una privazione autentica e dalla perdita del sentimento del proprio valore: autostima. L'ostilità e il senso di colpa hanno in ciò un posto eminente e culminano nella tendenza a giudicare se stessi troppo severamente. In uno stato di depressione la nostra volontà di fare le cose è seriamente danneggiata. Ciò è il motivo che rende così difficile trovare una via d'uscita alla depressione; essa è quasi autoperpetuantesi. Ce ne allontaniamo, qualunque sia la nostra disposizione nei confronti della depressione, col tenere vivo il nostro impegno nel fare le cose, attiva la nostra disponibilità e volontà. Ciò è più importante che tenere basso il nostro peso o tenere i nostri risparmi in banca. Facciamo ciò non solo attraverso dei piani, pensando o parlando. L'azione ha valore. Muovetevi, fate qualcosa! Idealmente dovremmo cominciare ad agire per abitudine. Ora, fra le cose che facciamo abitualmente, due tipi di attività ricompensano in maniera particolare. II primo è mantenere la nostra abitudine a reagire “favorevolmente”, muoversi con la gente in modo, naturale, genuino, libero e spontaneo; il secondo è seguire i nostri interessi con zelo sufficiente da essere assorbiti e coinvolti completamente in essi. Un altro mezzo ancora più efficace per reprimere la depressione è qualcosa che migliori e ampli il nostro punto di vista. I nostri interessi si sviluppano meglio attraverso una prospettiva sulla vita, che è prima di tutto qualcosa che ci aiuta, piuttosto che un punto di vista critico, negativo o, magari, per certi versi, distruttivo. Le cose non sono esattamente buone o esattamente cattive; esse sono anche migliori o peggiori. Il fatto è che la cosa peggiore che può capitare raramente accade. Questo aiuta la nostra prospettiva … la nostra reale visione. Ci aiuta a vedere che la vita non è così avara da non offrirci una seconda possibilità. Molte persone agiscono come se amassero un certo sport più di se stesse, ciò nondimeno il gioco richiede veramente di più se “giocato” così. Ogni cosa ha valore qui, ora, adesso; la vita è più generosa nel permetterci di ignorare, di dimenticare, di tentare di nuovo. Tutto ciò che abbiamo da fare è imparare a “costruire”, ad apprezzare qualcosa anche idealmente se ci fa piacere e, finalmente, metterci in moto.

disturbi depressivi nei bambini. Non è necessario essere scolarizzati o estremamente acuti per riconoscere un bambino isolato, confuso, smarrito e “disperato”: alle prese con una profonda amarezza, un inconfondibile stato di grave abbattimento e sconforto. Un piccolo che, nel complesso, è esitante, insicuro, caratterizzato da slanci maldestri seguiti da improvvisi indietreggiamenti; un fenomeno che dà - nella sua forma più larvata - l'impressione di un bimbo controllato da due forze contrarie, disorientato, perso e completamente in balia degli eventi. Se nelle prime fasi evolutive, sviluppiamo la convinzione che non è prudente e saggio fidarsi della gente, impariamo ben presto, velocemente, anche a non fidarci di noi stessi. Senza una solida fiducia in noi stessi, si crea nella nostra mente - attraverso circuiti cerebrali forzati - convinzioni irrazionali, incoerenza e una certa contraddittorietà; per cui se ci troviamo isolati, separati dagli altri nell'infanzia, siamo costretti - il più delle volte angosciati e terrorizzati - a tentare da soli la scalata esistenziale … trovare un aggiustamento improvvisato, un adattamento estemporaneo per sopravvivere a questi profondi sentimenti di disistima, impotenza e disperazione. Il cucciolo che non riesce a fidarsi di coloro che lo circondano - poiché costoro, a suo dire, non gli danno il loro affetto ed amore incondizionato - impara ad essere sospettoso, non fidarsi di nessuno … diffidare di chiunque, anche della sua ombra!!! Una fastidiosa allerta, insicurezza, diffidenza, paura e disistima governano ogni suo gesto. Questi sono i primi segnali inequivocabili di una sofferenza depressiva. In tal modo, può crearsi una profonda convinzione irrazionale che se le cose vanno male, siamo noi i responsabili, i veri colpevoli, gli unici “perseguibili” per un qualcosa che non abbiamo mai commesso … siamo noi i veri artefici di ogni possibile fallimento; attraverso queste esperienze deludenti, la personalità comincia a prendere forma … si attiva così un percorso in salita … sono in quelle precise fasi evolutive che, attraverso quei rapporti relazionali complicati e difficili, si gioca tutto: viene plasmato, nel bene o nel male, il nostro destino. E' allarmante quanto sia facile per i piccoli trovarsi in uno stato confusionale, in una situazione che non riescono a gestire, sostenere o a comprendere completamente le sfumature degli eventi in maniera univoca e concreta, uscendone con la convinzione di avere causato essi stessi il problema, di essere stupidi o cattivi, di meritare quelle precise 'sanzioni' e continue punizioni. Succede una cosa molto semplice che sfugge, però, a molti. Quando ad esempio i genitori litigano o si separano - se non si fanno le mosse giuste e chiarite perfettamente le cose - il piccolo, con quel tipo di disistima e sfiducia che ha addosso, suppone che ciò sia accaduto perché lui è stato “cattivo”, abbia in qualche modo boicottato la situazione, manomesso la relazione, influenzato il rapporto: più semplicemente crede di essere diabolico e cattivo. Oppure, ancora più grave, nel caso della morte di qualcuno con cui il bimbo aveva un buon rapporto affettivo, vivere tale decesso come un fatto avvenuto per colpa sua … si considera responsabile dell'evento. Tutto ciò che i piccoli non capiscono, proprio per la loro immaturità cognitiva, diventa materia di incubi e causa di pensiero negativo (… e non solo a livello onirico). La paura di esser abbandonati può permeare ogni aspetto della vita, mostrandosi sotto forma di scarsa efficienza ed eccessivo perfezionismo: “Se realizzo quella prova o compito alla perfezione, mi considereranno sicuramente, mi ameranno perdutamente … i miei sforzi saranno certamente riconosciuti, apprezzati e ricompensati!!!

'esibizionismo, purtroppo, prende spesso strade diverse, spegne ed annulla ogni cosa: “Nessuno mi ama, perciò devo attirare l'attenzione su di me in ogni momento” … anche facendo il “pagliaccio”. Nei momenti depressivi la paura di essere abbandonati, non considerati e amati può aumentare a tal punto da sfuggirci di mano. Se la mia grande paura è la mancanza d'amore, durante tale sofferenza finirò - essendo ossessivamente concentrato solo su quel sentimento - per credere che mi sta succedendo realmente quanto pensato e temuto. Certamente è una sensazione, una impressione, e per quanto coloro che ci circondano possano credere di aiutarci e prendersi cura di noi, non sappiamo apprezzarlo perché ci sentiamo isolati, esclusi dal contatto umano, siamo convinti di essere su un altro pianeta … poiché siamo carenti di un qualcosa di indefinito, reale o immaginario che sia, ci mancano sempre quei vissuti, quei gesti di attenzione, considerazione e amore indispensabili per rinforzare la personalità e creare stabilità emotiva ... senza di tutto ciò, non ci rimane altro che pensare di essere difettosi!!! Come si riscontra nell'adulto, anche i piccoli sono soggetti a sbalzi d'umore e si sentono confusi, malinconici o giù di morale. Sebbene i sintomi della melanconia, come il sentirsi tristi e apatici, siano presenti nei fanciulli di tutte le età, il quadro clinico depressivo è più intenso, doloroso, persistente ed invalidante: molto più grave, angoscioso e penoso. Tale condizione emotiva prende forme diverse a seconda dell'età; chi si trova in età prescolare può diventare apatico, perdere interesse al gioco e piangere spesso con estrema facilità, per un nonnulla; uno invece delle scuole elementari tende magari ad isolarsi in maniera più marcata dai familiari e dagli amici, ha difficoltà a livello scolastico e appare triste e demoralizzato; l'adolescente, invece, è scontroso, polemico con tutta la famiglia, la gente e l'intero corpo insegnate, rifiuta pertanto incombenze e compiti a casa, abbandona ogni attività sportiva che prediligeva e svolgeva, il più delle volte, con successo. Ad ogni età i fanciulli depressi sono irritabili ed estremamente autocritici verso loro stessi e gli altri. Come avviene negli adulti, le cause all'origine della depressione nei piccoli sono molto complesse. Alcuni “ereditano” dei tratti sia fisici sia emotivi. Spesso vivono insieme ad un genitore con difficoltà emotive o profondamente depresso. A volte tale sofferenza insorge in seguito ad uno stress di estrema gravità o ad una perdita traumatica, esperienze comunque che trascinano verso sentimenti di impotenza, di disperazione, di disistima ... di non valere nulla. Ci sono elementi diversi che possono esercitare una certa influenza a seconda dell'età. Tra i più piccoli, i più importanti campanelli d'allarme che preannunciano la depressione sono gli eventi negativi della vita: morte, separazione, delusione continuata e dissesto finanziario della famiglia. I bambini che tendono a colpevolizzarsi o quelli pessimisti, sono convinti che il futuro riserverà loro sempre solo cose o situazioni brutte e negative ... sicuramente predisposti a sviluppare un senso di fallimento ... tale disagio emotivo!!! Nei piccoli, la depressione anche in forma leggera è un fenomeno che non deve mai essere sottovalutato, perché può interferire a livello cognitivo, con lo sviluppo fisico, della personalità e l'acquisizione delle abilità di base … vanno ascoltati sempre con molta attenzione!!! Poiché i genitori sono spesso troppo coinvolti emotivamente e, quindi non riescono a reagire con fermezza e lucidità, conviene sempre sentire un parere qualificato. Anche lo sviluppo psicomotorio può essere perturbato. Certi ritardi testimoniano, spesso, un grave stato depressivo, siano essi globali o settoriali (linguaggio, controllo sfinterico, abilità motorie). La frequente disarmonia del ritardo, le cattive condizioni socioeconomiche che in questo periodo storico, per alcuni, non mancano di certo, l'ambiente affettivo sfavorevole, devono incitare ad andare al di là della semplice diagnosi di disturbo emotivo. Anche se sviluppano una modesta depressione spesso non riescono - considerata la loro immaturità psicofisica - ad uscirne velocemente, se la trascinano per un lungo periodo … una sofferenza davvero difficile lasciarsela completamente alle spalle con disinvoltura o facilità. Gli eventi negativi e il profondo disagio in un fanciullo in fase evolutiva sono in grado di influire sull'identità in modo tale da rendere il piccolo più vulnerabile e sensibile nei confronti di tale affezione per tutta la vita. Per analogia con la clinica dell'adulto, un certo numero di sintomi, di seguito indicati, in particolare di natura psicosomatica, sono considerati come equivalenti depressivi:

Enuresi;

Insonnia;

Asma, eczema;

Obesità, anoressia sporadica.

ICORDA, un episodio depressivo, senza una terapia tempestiva ed adeguata - anche se apparentemente banale - si può trascinare per mesi e mesi … cronicizzare!!! Come negli adulti, anche nei piccoli un trattamento rapido ed appropriato migliora il suo decorso … rende la vita più serena e felice!!! In generale, quanto più precocemente la depressione si manifesta - fa la sua comparsa nelle prime fasi evolutive - tanto maggiore sarà la sua gravità. L'opera di prevenzione della depressione nei piccoli considerati a rischio, rappresenta un nuovo fulcro di interesse dagli sviluppi particolarmente promettenti. Un buon approccio consiste nell'informare, attivare speciali corsi “antidepressione” in cui i bambini, diversamente dell'adulto, imparano a pensare prima di agire, a mettere in dubbio i pensieri volti all'autocritica e a gestire i conflitti con gli altri. Strategie pratiche di reazione come queste risultano particolarmente utili per i ragazzi che stanno per entrare nel territorio emotivamente complesso e “difficile” come quello dell'adolescenza. Bisogna comunque uscire velocemente da questo stato, da questa profonda sofferenza. Per realizzare tutto ciò è necessario cominciare con qualcosa di semplice, creativo e ristrutturante: iniziare quando si è in un momento di forza, di lucidità, abbastanza decisi e sicuri, con poche, piccole e semplici strategie. E' sempre il caso, comunque, di chiedere aiuto quando il soggetto si trova “impantanato” in alcuni dei seguenti sintomi:

E' sempre triste, demoralizzato, irritato;

Non ha più interesse per le attività preferite di un tempo;

Ha smesso improvvisamente di partecipare a sport o attività ludiche;

E' sempre stanco, pigro e letargico o, al contrario, diventa agitato e irrequieto per niente;

Si isola sempre più dagli amici e dai familiari;

Si finge malato per non affrontare le sue responsabilità, come ad esempio rifiuta di andare a scuola;

Diventa polemico su tutto;

Piange spesso e per un nonnulla;

Non ha interesse (o troppo) per il cibo;

Mostra poca stima verso se stesso e gli altri o non li considera proprio;

E' soggetto a incubi e ha un sonno estremamente agitato;

Rifiuta ogni attività scolastica;

Riporta in maniera continuativa votazioni scadenti a scuola.

e è stato risposto affermativamente ad un numero significativo a queste domande e se i sintomi persistono da qualche settimana, potrebbe trattarsi di un disturbo abbastanza serio: depressivo, con tutte le sue sfumature invalidanti. La differenza essenziale nella diagnosi depressiva infantile, rispetto agli adulti, è che il loro stato d'animo può essere irritabile piuttosto che triste e anziché perdere peso essi si limitano a non aumentare in modo normale. La prevenzione, comunque, è sempre un approccio primario ed indispensabile; conoscere alcune dinamiche sociali, la relazione madre – figlio è essenziale non soltanto come profilassi a livello depressivo, ma soprattutto per l'igiene mentale in generale: una garanzia per il futuro benessere emotivo. Si ricorda ancora una volta che la figura di riferimento non deve mai essere additata nemmeno colpevolizzata, ma semplicemente aiutata!!! Concludendo, questa profonda sofferenza difficilmente passa inosservata. Il volto è terreo, l'espressione poco mobile, gli occhi fissi, le sopracciglia aggrottate, la testa vuota, una stanchezza grandissima con spasmi viscerali e dolori vaganti; i solchi nella fronte urlano, avvertono che la crisi è vicina, se non è già attivo lo stato depressivo vero e proprio … anche ai più distratti non possono passare inosservati alcuni atteggiamenti di disperazione e quell'espressione mimica di rabbia che, accompagnati da singolari lamenti, modificano un equilibrio relazionale già difficile se non precario o al capolinea. Nei casi peggiori la depressione è come una densa nube che scende su di noi del tutto inattesa. E' la paura del buio più profondo, come diventare improvvisamente ciechi, sordi, muti, paralizzati. Eppure, spesso, chi sta intorno, non conoscendo il vero dramma in profondità, proprio perché in realtà non sa nulla o poco di tutto ciò, si aspetta che nonostante il malessere diffuso tu resista … tu sia diverso, più forte, più volitivo, più deciso, più sicuro; per farla breve, uscire fuori alla svelta da questa situazione!!! Un braccio rotto dice alla gente che c'è qualcosa fuori uso, ma quando la mente, per poter sopravvivere, si esclude dalla realtà, non ha molti strumenti per segnalarlo … per dire al mondo intero il dolore straziante che ha dentro usa sentimenti sfocati ... confusi. Spesso la depressione riguarda sentimenti sepolti che lottano per essere riconosciuti. Se pensiamo di poter decidere che siamo “adatti alla salita”, dovremo lavorare in modo tale da poter fare i conti con quelle emozioni, quei sentimenti sotterrati da tempo.

l senso di oscurità e di prigionia dà luogo a diverse immagini della depressione. Alcuni evocano mentalmente una profonda, stretta buca dalle pareti diritte, o il fondo di una fenditura in una scogliera. E' totalmente buia e non vi sono appoggi per arrampicarsi, per mettere i piedi al sicuro. Si è soli, isolati, persi, ed il silenzio toglie il respiro. Altri “vedono” la prigione, su un ripido pendio, una gabbia che penzola sopra una fossa senza fondo. Qualunque sia l'immagine, le sensazioni si assomigliano. Ma questo non consola affatto, non attutisce per niente tale sofferenza. Per ogni persona depressa, il sentimento di estraneità rispetto a qualunque altro essere umano è estremamente drammatico e profondamente doloroso. La depressione è un'esperienza misteriosa, anche se abbastanza comune, che isola e di cui soffrono numerose persone. Se si pensa di non valere nulla, di essere brutti, goffi ed inaccettabili, non solo prendiamo le distanze dal tempo presente, ma siamo anche incapaci di guardare il passato con piacere e il futuro con speranza. La mancanza di fiducia distrugge l'autostima, spegne ogni cosa, si è sconfitti prima di iniziare la giornata: “Non so fare niente, Non sono buono a nulla, La mia vita è un continuo fallimento”. Poi, quel senso di colpa che non abbandona mai: “E' tutta colpa mia”. E per non farci mancare nulla alteriamo l'immagine del nostro corpo: “Sono grasso, basso, ho una brutta pelle, pochi capelli, il naso deve essere ritoccato, i seni sono due mele cotte, bisogna rimodellare il più presto possibile i fianchi ad ali di farfalla” … nulla diverte, niente piace, anche le cose più belle sono escluse dalla felicità. Come sottolineato più volte, per molti individui, lo stato depressivo e l'ansia vanno di pari passo; può trattarsi di una condizione passeggera o di scarsa importanza. In altri casi, tale stato può diventare un elemento preponderante. In questo caso non bisogna esitare: è necessario chiedere un aiuto qualificato. Per lievi e passeggere crisi depressive, che durano al massimo qualche giorno, un approccio self – help può essere d'aiuto se non indispensabile. ATTENZIONE, alle terapie che restano concentrate sul dolore: bisogna uscire dal vortice della sofferenza. Le azioni, comunque, per controllare tale malessere prima che degeneri in autolesionismo sono riassunte e affrontate nel modo seguente:

annotare scrupolosamente gli elementi stressogeni cui si deve far fronte ed elaborare strategie per affrontarli in modo graduale;

impegnarsi su attività piacevoli e rilassanti che servono a staccare il cervello da fissazioni, timori e paure;

analizzare attentamente i pensieri, le situazioni e il futuro, e se sono negativi, muoversi, fare cose che permettano di interrompere il disco rigato pessimistico;

se i sintomi persistono o se ci si sente disperati e incapaci di affrontare, la situazione, è giunto il momento di chiedere un aiuto con la massima solerzia.

enza esagerare, possiamo dire che la depressione è il peggior dolore psicosomatico conosciuto dall'uomo; anche se non lo si dice in giro, è riconosciuta come una delle maggiori preoccupazioni sanitarie di questo periodo storico. Uscirne non è mai facile, anche con le mosse giuste e qualificate: è necessario impegno, fiducia, pazienza e poco orgoglio ... “saggezza” da ambo le parti; risulta fondamentale sia preparazione sia impegno per smantellare, pezzo per pezzo, questo gigante infernale e, soprattutto, una grande maturità emotiva ad accettare eventuali rinunce a sedute all'ultimo minuto ... vedersi disertare gli incontri. Un professionista esperto “accetta” questa sua strategia perché è l'unica situazione sociale in cui, il paziente, si sente libero, per certi versi può scegliere e decidere; deve tastare il terreno, la reale, vera e genuina disponibilità emotiva dell'altro … non può sopportare un'altra delusione!!! Cerca un “ultimo” sorriso caloroso, sincero in cui comprenda intuitivamente che il suo interlocutore sia sincero ... si trova in uno stato di armonia fra quello che pensa e quello che prova, fra cognizione ed emozione … un punto da cui si può comunque iniziare a costruire. Anche il professionista deve dimostrare onestà intellettuale; se la metodica terapeutica attivata tarda a dare i suoi frutti o meglio non funziona deve inviare il paziente ad un collega con risorse professionali diverse e più incisive. Il soggetto è inerte e prostrato. La sua attività spontanea è ridotta al minimo, i suoi gesti sono lenti, incatenati, profondamente dolorosi. Può restare seduto per ore ed ore, immobile con lo sguardo fisso e la testa inclinata in un atteggiamento di concentrazione dolorosa (la testa piegata, al di là dell'artrite cervicale che alcuni lamentano, può essere confusa con alcuni tratti schizoidi). L'avvenire è nero, se poi si rientra nella categoria degli ipocondriaci, la certezza è che non si potrà mai più uscire dal tunnel, guarire completamente. Se si crede colpevole, ha la certezza che l'anatema è vicino: il castigo è senza rimedio. Una mente che non dimentica! Qualunque cosa sia, per lui non vi è soluzione, non c'è più nulla da fare, tutto è perduto. La melanconia è come un'onda che si avvicina; un'onda cupa, scura, densa, pesante. Ci si sente ripiegare su se stessi; l'apatia, la non voglia di fare, il buio, la solitudine, sono momenti terribili della propria vita. Si sono smarrite completamente le emozioni. Il lavoro che diventa estraneo, la perdita del desiderio col partner, il rifiuto di uscire con gli amici. NO, grazie preferisco restare qui, solo … è più sicuro e vantaggioso … meglio non correre rischi!!! Non fare, aspettare, tutto si sbiadisce, perde colore, tutto diventa ripetitivo … inutile. Spesso per non cadere in quello stato ci si muove in direzioni obbligate ... ci si annulla facendo cose che non coinvolgono, non interessano, non piacciono. La melanconia è acqua stagnante, un lago fermo in cui si teme di caderci dentro in ogni momento … è pieno inverno, ogni cosa è fredda, si è avvolti costantemente dal gelo!

ICORDA, l'onda della depressione se ne va solo se la trasformi nell'onda del piacere e della gioia … nella vita vera. Il cuore, la pelle, gli occhi, si lasciano penetrare solo dalla curiosità, dalla bellezza, dall'armonia e dal flusso della vita autentica; la senti muovere dentro con tutti i suoi toni e le sue sfumature magiche ... i suoi cambiamenti si trasformano in soddisfazione e voglia di fare! Con consapevolezza, osserva senza giudicarti, l'ansia che ti attanaglia, la paura che spesso ti paralizza, la resistenza con cui ti opponi all'esistenza; la vita ti chiede solamente di farla uscire e percorrere con te la via della felicità che di diritto ti appartiene. Al contrario, con certi atteggiamenti mentali negativi, l'angoscia la trovi in primo piano, con segnali fastidiosi e ben precisi: oppressione, soffocamento, cenestopatie multiple; uno straripamento emotivo il cui aspetto a volte, per i non addetti ai lavori, potrebbe sembrare inventato, comico o teatrale; un fenomeno che, comunque, non si dovrebbe mai sottovalutare perché crea un'autentica e drammatica sofferenza psico - fisica. L'ideazione è lenta (bradipsichismo), è impoverita, spogliata completamente, ridotta all'osso; i ricordi sono evocati con difficoltà solo quelli brutti primeggiano, gli sforzi di attenzione e di concentrazione sono quasi impossibili. Il soggetto non può seguire una discussione o concentrarsi su una lettura; nella maggior parte dei casi l'orientamento e la percezione sono integri; non si presta attenzione al mondo circostante e si prende in esame solo gli elementi che possono alimentare le proprie devastanti ruminazioni. Si perde il gusto per la vita! Il campo di coscienza è invaso da una tristezza invadente, contagiosa, fatta di noia, di rimpianti, di disperazione; un fenomeno comunque sempre indipendente dai fatti esterni: niente può consolare il “melanconico” sprofondato nella sua infelicità. Parla poco e si muove ancora meno, se è coinvolto risponde lentamente, a monosillabi, con un tono di voce cupo e monocorde; i suoi segnali verbali, quando si ha la fortuna di sentirli, sono interrotti continuamente da sospiri e gemiti. Spesso risulta reticente e 'astuto' nel tentativo di nascondere o minimizzare il suo malessere profondo. Nel corso di una “melanconia” ansiosa è invece l'agitazione a dominare il quadro clinico. Molte forme d'ansia, perdurando, possono “sfociare” in uno stato depressivo mascherato che è un quadro clinico più diffuso e, specie nelle sue forme più sfumate, uno dei disagi psichici più difficili da riconoscere. Si calcola che più del cinquanta per cento dei pazienti che affollano gli studi dei medici di base siano dei depressi (dati OMS). Chi è al suo fianco deve prestare attenzione quando comincia a perdere l'interesse per alcuni aspetti della vita: lavoro, affetti, sessualità, piacere di stare con gli altri. Quando si è dominati dall'umore tetro, ci si isola e ci si trascura. Non si esce più, si dialoga a monosillabi, si evitano gli amici, si perde ogni spirito di iniziativa, si diventa inappetenti (o bulimici) e la libido latita, è assente, sparita completamente; sarebbe, però, un errore immaginare che tutti i depressi siano sempre di umore nero, sospettosi e distaccati. Lo possono essere a periodi, o per lo meno solo a momenti apparire tali, perché questi soggetti sono in generale bravissimi nell'occultare i loro disturbi.

TTENZIONE, questi individui non sono dei “mascalzoni” o astuti “birbaccioni”, ma semplicemente cercano di mettere in atto strategie per evitare di soffrire e, soprattutto, di azzerare frustrazioni, schivare richiami, condanne e rimproveri il più possibile; di gestire in qualche modo quelle relazioni oggettuali difficili, piene di critiche, violenze e incomprensioni. La depressione si può suddividere in due grandi categorie: quella reattiva e quella endogena; la prima è conseguente ad un evento spiacevole se non addirittura angoscioso, come la morte di una persona cara, la perdita del posto di lavoro che, in questo periodo storico certamente non manca, una grave malattia, la separazione coniugale, le delusioni amorose, i rovesci finanziari. La depressione di questo tipo, collegabile direttamente ad un trauma esistenziale, è quella più facilmente recuperabile e la sua risoluzione è dovuta più che ai “farmaci”, al trascorrere del tempo (chi muore giace e chi vive prima o poi si dà pace!), ai cambiamenti di ambiente, nuove amicizie, ai viaggi e alle distrazioni (la travel therapy è un efficace strumento terapeutico; una strategia che uso da tempo e porta a risultati davvero sorprendenti ... alza sempre l'asticella del buon umore). La seconda, invece, quella endogena è la forma più difficili da “trattare” e talvolta, purtroppo, senz'altro irrecuperabile; sono quelle che comparendo senza evidenti motivi, inducono a pensare che esse siano da ricollegare a fattori costituzionali. Pare che la depressione colpisca più le donne che non gli uomini secondo un rapporto di tre a uno e si manifesta o si ripresenta con la sua forma più decisa, soprattutto, in primavera e in autunno. Le ore più penose della giornata sono in generale quelle di primo mattino come stanno a dimostrare i suicidi dei depressi che avvengono specialmente all'alba, quando il soggetto si sente incapace di affrontare le fatiche e gli impegni di una nuova giornata. Con il progredire del giorno - che comincia scoppiettando, ma poi, riscaldandosi, trova un minimo di ritmo - l'umore del depresso tende a migliorare e può apparire o farsi addirittura brillante e vivace nelle ore della tarda sera. Inutile dire che se sposati, maschi o femmine che siano, i depressi mettono a dura prova la pazienza del coniuge e non pochi matrimoni che si scindono in età avanzata trovano il loro principale motivo nella depressione di uno dei coniugi, se non di ambedue. Bisogna comunque uscire da questo stato di profonda inquietudine e sofferenza. Perciò è necessario cominciare con qualcosa di “buono”: iniziare quando si è abbastanza in forza, sicuri e decisi, il prima possibile, con una sola e piccola strategia. Se sei da solo non mirare troppo in alto! Il piano d'azione comunque deve essere sempre realistico, deciso e graduale; anche il professionista deve essere sempre una figura di riferimento solida e determinata ... non deve mai lasciarsi influenzare dalla minaccia di un eventuale abbandono del trattamento sanitario, sospendere la terapia, dal pessimismo cronico e timori immotivati. Non serve assolutamente muoversi all'impazzata cercando di operare su diversi fronti, ottenere numerosi miglioramenti contemporaneamente; tutto apparirebbe frustrante, deludente e penosamente lento … è sempre vantaggioso affrontare un problema alla volta con rigore, attenzione e continuità. Cerchiamo di mettere in cantiere magari una conquista alla settimana. Tieni presente che la depressione, pur essendo comune, è una malattia opprimente, grande, misteriosa, difficile da afferrare e gestire, per cui, data la gravità della situazione, molti, durante il tentativo di cambiamento cedono, “preferiscono” rinunciare.

'unico modo di procedere è sempre un po' alla volta. Se la affrontiamo in modo frammentario, si possono ottenere buoni risultati, vincere battaglia e guerra contemporaneamente. Tieni ben presente che ogni momento particolarmente brutto della nostra esistenza - come ogni cosa della vita finisce - in realtà passa, può terminare anche se ora esiste e fa male. Se cominciamo a mettere a fuoco le cose belle e le cose brutte siamo in grado di capire cosa succede nel nostro animo e nelle nostre emozioni, comprendere il messaggio che questa sofferenza ci invia. A volte tale stato assume un andamento ciclico; a periodi di depressione, cioè di invincibile tristezza, di pessimismo, di noia, di mutismo, fanno seguito periodi di grande ottimismo, di rumorosa allegria, di eccessiva fiducia in sé e negli altri. Ciò trae in inganno i malati, ma soprattutto i familiari quando una forma depressiva presenta questa bipolarità di comportamento, perché essa rientra nel numero delle depressioni difficili da trattare (psicosi maniaco depressiva o semplicemente 'bipolare' in cui l'umore alterna fasi di euforia smodata, detta “mania”, e tristezza totale). Tra le forme depressive più sfumate, solo di qualche nota comune sotto il tema malinconico, vanno ricordate quelle che compaiono in relazione a ricorrenze fisiologiche come, per esempio, le mestruazioni. Non poche donne entrano in uno stato di agitazione o depressivo una settimana prima della comparsa del mestruo. Altre sperimentano la depressione per periodi più o meno lunghi dopo aver partorito e specialmente dopo il primo parto. Anche i primi segni della vecchiaia (menopausa, andropausa) possono accompagnarsi con un senso di inadeguatezza e di inutilità che è sentito soprattutto da quanti si sono abituati a vedere nell'efficienza, nel vigore fisico e nella bellezza, i valori massimi della vita. La depressione, come abbiamo visto, non risparmia neppure gli adolescenti ed i fanciulli: le statistiche non lasciano dubbi, ci dicono che i suicidi per depressione nei soggetti, tra i dodici e diciotto anni, sono in progressivo aumento. Anche certi medicinali, soprattutto se presi per lunghi periodi, possono portare a forme depressive che però passano quasi sempre a rapida guarigione non appena se ne sospenda il trattamento. Talvolta le depressioni da farmaco possono rappresentare la spinta determinante verso quello che è il rischio maggiore della solitudine, il suicidio.

'autosoppressione, specie tra gli anziani, ha toccato in questo periodo storico punte molto alte. Certe situazioni connesse con la vecchiaia come la solitudine, la mancanza degli affetti, la perdita del ruolo sociale, il vigore fisico e mentale che, improvvisamente viene a mancare, possono portare un soggetto già predisposto a non vedere altra soluzione alle proprie disavventure che la soppressione di sé. A scanso di equivoci, è forse il caso di ricordare che non bisogna scambiare per depressione ogni abbassamento del tono dell'umore. Il nostro umore è - a secondo delle fasi evolutive - come il cielo montano: ora è sereno, più tardi nuvoloso; si entra nel patologico solo quando le nubi sono pressoché scure, piene d'acqua, persistenti e minacciose. Solo allora siamo in pericolo, dobbiamo temere il peggio! Vi sono, infatti, abbastanza mali reali per aggiungervi quelli immaginari, fatti solo di apprensione, timori e paure. Sarebbe quindi un grave errore chiamare “depressione” ogni carico di preoccupazione che entra come una costante nella condizione umana. L'intervento psicosomatico in questi ultimi anni ha portato un importante contributo al trattamento della depressione. Vantaggi che possono estendersi in maniera significativa al sistema immunitario; con l'approfondirsi degli studi sull'immunità è stato, infatti, osservato che l'ansia generalizzata e in particolare il disturbo depressivo persistente sono spesso responsabili di una insufficiente risposta immunitaria; un fenomeno che, a lungo andare, fa ammalare più facilmente e ritarda la guarigione. Se il soggetto senior è più esposto alle malattie infettive e degenerative, ciò può dipendere anche dal fatto che tra gli anziani il numero degli ansiosi e dei depressi è maggiore che nei soggetti junior. La necessità di continuare la normale vita sociale porta spesso questi soggetti a fingere di provare interessi che ormai non avvertono più; presentano un sorriso stampato, “finto”, si sforzano nel tentativo di fare domande interessanti e intelligenti per essere ancora considerati, sembrano sempre attivi ma girano a vuoto. Fanno fatica a concentrarsi e a svolgere una banale attività anche se a ritmi molto più lenti di un passato recente. Il momento più brutto della giornata è, quindi, il risveglio: la nuova giornata appare senza scopo e si viene subito attanagliati dall'ansia e dalla tristezza in modo così violento da togliere perfino l'energia per alzarsi dal letto. Anche il momento di andare a letto non è percepito come la possibilità di rilassarsi e riposarsi, al contrario si viene assaliti dalla paura di rimanere svegli per gran parte della notte a rimuginare pensieri negativi, brutti ricordi o di essere subito assaliti da incubi, da un futuro invadente … da drammi oscuri esistenziali. Questi ritornelli negativi finiscono per convincere la persona depressa di avere sbagliato ogni cosa nella propria vita. 

l sonno insufficiente si accompagna poi la stanchezza diurna e un grave senso di prostrazione. Questi soggetti vedono la loro vita trasformarsi in una sofferenza continua e lacerante, un dolore interno, difficilmente comprensibile a chi non lo ha mai provato. Se non si intravvedono altre vie di uscita da questa situazione, nella mente, iniziano ad affacciarsi sempre più frequenti pensieri pessimistici, terribili, drammatici e catastrofici. Il depresso è una persona bisognosa di affetto continuo e a volte i pensieri di morte proclamati servono per cercare di ottenere l'attenzione e l'appoggio dei familiari … è sempre meglio però non rischiare, nessuno è in grado di stabilire la gravità della situazione. Mai comunque arrendersi ai vari tentativi di ricatto, lasciarsi influenzare dalle minacce di voler rinunciare o abbandonare le cure, dal catastrofismo e timori del paziente … sempre rispetto, ma mai indietreggiare o negare la realtà, solo professionalità, pazienza e continuità lo possono aiutare ... “salvare”. Per efficaci che siano le metodiche terapeutiche attualmente, i depressi non devono, però, attendersi tutto dai vari trattamenti (aspettative esagerate, miracoli vari) … mai delegare tutto a “questo o questa”!!! Esiste uno stretto rapporto tra le condizioni dell'organismo e quelle della mente, per cui il nostro malessere migliorerà più rapidamente se ci preoccuperemo del nostro stato fisico. Chiunque sia seduto al chiuso, facendo pochissimo moto e mangiando tutte quelle “schifezze” che gli fanno male, ha molte probabilità di sentirsi depresso e, soprattutto, difficile uscirne fuori come vincitore. Bisogna migliorare gradualmente le nostre condizioni fisiche. Dobbiamo armarci di pazienza e impegnarci parecchio perché la strada è piuttosto lunga e dissestata. Questo ci permette di stare meglio con noi stessi e gli altri. E' necessario occuparsi del proprio corpo, sia perché è l'unico che abbiamo, sia perché trovare i pezzi di ricambio è davvero difficile e complicato. Sappiamo infatti che trattarci bene è positivo, come mangiare in modo equilibrato, fare esercizi fisici e aggiungere elementi alla nostra provvista di strategie per i giorni cupi. Le persone che restano aggrappate ad antichi rancori e che rinunciano a dimenticare sono spesso impegnative, a volte odiose e spesso sgradevoli. Coloro che sono concentrati su se stessi, rancorosi ed arrabbiati, diventano una pessima compagnia. La depressione, infatti, è legata alla rabbia; stato clinico e sentimento sono strettamente intrecciati; repressione e rabbia diventano un meccanismo di difesa che produce depressione. Il depresso non è mai “buono” come vorrebbe far credere o apparire; si mimetizza da “cordiale” che è una cosa molto diversa nel rapporto con la realtà … se potesse metterebbe a ferro e a fuoco ogni cosa!!! In terapia è importante che questa rabbia possa, in un contesto ben strutturato, defluire spontaneamente; bisogna alzare il coperchio della pentola che bolle, gestire con grande professionalità tale situazione difficile e molto complicata ... non è sempre facile saper liberare lentamente e con prudenza il vulcano che ribolle … trovare velocemente un grandioso atto terapeutico che funga da cassa di 'decompressione'. Indipendentemente da quello che è successo e da quanto traumatico, ingiusto o sleale sia stato, la nostra salita sarà più facile se ci liberiamo dei vari fardelli, dell'inutile zavorra … svuotiamo completamente la gerla!!! Dobbiamo toglierci lo zaino o, altrimenti il suo peso, ci trascinerà giù. A prevenire e, soprattutto, curare la depressione serve molto il cercare di mantenere i contatti sociali, le amicizie e gli affetti. Nel rapporto con le persone non bisogna però sempre tutto attendersi, bisogna anche dare. E dare significa molte volte ascoltare, saper semplicemente stare insieme. A volte un tale piacere non è purtroppo neppure avvertito, ma è perseverando che ad un certo momento ci si accorge quanto utili, a noi e agli altri, siano stati tali contatti relazionali. Perché depressi, magari a periodi, lo siamo più o meno tutti e lo stare insieme dà sollievo al dolore ... ci fa bene!!! ATTENZIONE a non confondere il quadro clinico depressivo con la struttura narcisistica o masochista. Queste personalità appena indicate, infatti, sono caratterizzate da fantasie onnipotenti, da sentimenti di vergogna, autodistruzione, noia e disperazione, mentre lo stato depressivo di tipo più “melanconico” è dominato da sentimenti di colpa, iniquità, avidità, rabbia e odio per se stessi.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore informativo ed educativo, non prescrittivo.

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