La persona deve stare sempre al centro di ogni cosa …
sia nella salute sia nella malattia
’essere umano, nel bene e nel
male, deve essere messo sempre al di sopra di ogni sua storia personale … considerarlo, guardarlo e ascoltarlo con grande attenzione,
MAI colpevolizzarlo o osservarlo con superficialità. Si sa da
tempo, in maniera inequivocabile, che tutte le ‘storie’ sociali ‘complesse’, protratte
nel tempo - vissute con l’idea di
violenza, tensione e costrizione - rischiano di modificare o alterare
negativamente l’equilibrio psicosomatico e, quindi, generare numerose
situazioni di scompenso a livello fisiologico; nei casi peggiori, purtroppo, predisporre
a ‘strane’ ed invalidanti malattie. L’organismo, infatti, di fronte alle
situazioni difficili è ‘costretto’ a mobilitare tutte le sue capacità difensive
per fronteggiare quelle situazioni considerate o vissute come ‘minacciose’. Il
corpo, pertanto, non in linea con le emozioni (incomprensioni, manipolazioni, fragilità, insicurezze) è sempre
messaggero di conflitti interiori e di tutte le risorse vitali inascoltate: uno stato confusionale che annulla e
allontana da se stessi. Il fattore di ‘aggressione’ può essere fisico (trauma, agente tossico o infezione),
come pure psicologico (emozione). Il
modo di interagire con il mondo circostante, infatti, può avere - quando
si manifesta in maniera conflittuale - un effetto devastante se non patogeno sul
corpo e sulla mente. Non ci sono ormai più dubbi, le numerose e sofisticate
ricerche effettuate da tempo dalla disciplina scientifica PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) hanno ampiamente dimostrato
l’aspetto negativo (o positivo) di
tale insolita modalità reattiva. Anche se in questo settore molto rimane da
fare, parecchi sono comunque gli studi disponibili e accreditati - non fantasiosi come molti vorrebbero far
credere - che evidenziano una netta correlazione tra stili di vita
‘complicati’ e la comparsa dell’eventuale malattia.
ffrontare la vita sempre di
petto, con un atteggiamento ansioso e insicuro, azzerare gli interessi e
neutralizzare le spinte individuali non solo può rendere confuse e inefficaci
le azioni quotidiane ma può fare ammalare seriamente anche il corpo. Atteggiamenti
e modi di reagire che, a lungo andare, possono influenzare la storia, il
decorso e l’efficacia delle varie metodiche terapeutiche in atto. In realtà,
sembra che lo stato di salute di ogni individuo - volenti o nolenti - dipenda dall’interazione sociale e dalle
risposte che egli dà agli stimoli sia interni sia ambientali (non vanno esclusi e sottovalutati nemmeno
tutti i veleni che quotidianamente si è costretti a ingurgitare; ma anche in
questo caso se le difese immunitarie sono basse - per le questioni sopra
indicate - basta davvero poco per ‘avvelenarsi’).
Quando un individuo è
sottoposto a continue tensioni, interminabili lotte, alle prese con importanti cambiamenti
di vita e rapporti più o meno impegnativi, si attiva immediatamente, a livello
cerebrale, una risposta ormonale (asse ipotalamo -
ipofisi - surrene);
l’intensità di questa situazione reattiva, comunque, è sempre unica e
soggettiva, ovvero si manifesta a seconda dell’interpretazione, del giudizio e
del significato che il soggetto attribuisce a quel particolare evento. La
reazione dell’organismo, in quel frangente, è caratterizzata da modificazioni
neuroendocrine strettamente collegate tra di loro, che fanno intervenire l’ipotalano
(centro delle
emozioni del cervello), l’ipofisi e le ghiandole surrenali (centro della
reattività). Quando ci si sente ‘minacciati’ o ‘frustrati’
l’organismo produce immediatamente una serie di sostanze neurochimiche, sia
neurotramettitori sia neurormoni (cortisolo,
adrenalina, noradrenalina): reazione
che si manifesta in tutti gli individui sottoposti ad aggressione vera o
presunta. gni relazione ‘difficile’, pertanto, vissuta con un senso di
impotenza, di solitudine, di sfiducia, di disperazione, percepita in maniera
minacciosa, frustrante e insoddisfacente determina, attraverso un cambiamento bio – chimico, modificazioni fisiologiche importanti
(pressione
sanguigna, iperglicemia, infiammazione), problemi cognitivi (attenzione
ballerina, memoria offuscata), comportamentali (immobilismo
catatonico, agitazione diffusa ed irrefrenabile) e, non meno importante, un
calo significativo delle difese immunitarie. Un fenomeno che,
con la sua onda ormonale improvvisa, può contribuire allo sviluppo di varie
patologie, tra cui malattie cardiovascolari, dell’apparato digerente,
ghiandolari e infettive. Le emozioni di rabbia, di contrarietà e
di rancore trattenute, poi, si esprimono in cefalea, gastrite e crampi addominali;
quelle relative a commozione, gioia ed entusiasmo si traducono in vertigini e
tensione cervicale; invece la paura, l’imbarazzo continuo e la tristezza
parlano attraverso la colite, nevralgie e rigidità muscolare; mentre il
trattenere i sentimenti e il desiderio sessuale si esprimono in tachicardia,
ansia e depressione. Il corpo con i suoi disturbi si fa testimone di tutte le
sofferenze e di tutte le insoddisfazioni a cui non si riesce a dare una
spiegazione chiara e diretta: si fa
carico del malessere rimasto a lungo ‘imbavagliato’ e tenuto costantemente ‘nascosto’. E’ la passività, il senso di
negazione, la continua rinuncia a se stessi che, trasformando il corpo
attraverso il ‘boicottaggio’ delle risorse riparatrici (omeostasi), sacrificando
la vitalità, predispongono l’organismo al mal - essere più profondo. Molte
persone, ad esempio, scelgono di camuffare l’ira dentro se stesse.
uando sono
prese dalla tristezza, non sopportano che qualcuno possa “sbirciare” o vederle
mentre piangono. Quando sono orgogliose, non mostrano nessun cedimento … non lo
manifestano per nulla al mondo!. Nascondono le emozioni perché un certo tipo di
cultura ha insegnato loro che è sbagliato mostrarle, che è una grande debolezza
e appartiene alla sconfitta … nulla però è più nocivo di tale
atteggiamento! Quando si sente un’emozione e la si blocca, si reprime questo
processo del tutto naturale - come sopra
più volte evidenziato - ci si mette di traverso nei confronti di una
reazione umana normale; fenomeno che, invece, dovrebbe manifestarsi spontaneamente,
liberamente e autonomamente in ogni azione quotidiana … sempre ovviamente nel
rispetto altrui. Le reazioni naturali, dopo tutto, sono state fatte per proteggere
o salvare l’individuo; un’emozione trattenuta o negata, creando tensione,
scoppierà prima o poi in un malessere organico. Quando si è tristi gli occhi si
riempiono di lacrime, significa che il corpo sta dando una mano, mostrando all’ambiente
circostante più vicino - oltre a portare
equilibrio e scaricare la tensione - che si ha bisogno di sostegno
affettivo. Rifiutare di lasciar scorrere le lacrime e, quindi, bloccare l’equilibrio
cerebrale che si verrebbe invece a creare nell’esprimere tale dispiacere, si nega il
conforto che tutto l’organismo sapientemente ha deciso di chiedere e di mettere
in atto.
Molti, in terapia, ascoltando questo modo di pensare mi “aggrediscono”
affermando: "Guardi che lei non me la
racconta mica giusta; mi dica un po’, come mai allora mi trovo in questo stato,
in questa condizione proprio adesso che ho raggiunto un importante successo
professionale - da sempre voluto,
conquistato con forza di gomiti e unghie affilate - una carriera brillante,
un traguardo davvero invidiabile sia a livello lavorativo sia a livello
sociale?”. La risposta, per il
lettore attento, potrebbe essere semplice e non molto lontana dalle
affermazioni fin qui descritte. Se si continua, infatti, ad avere un cervello troppo occupato e concentrato a ‘recitare’
la parte di leader, incentrato ossessivamente sugli impegni e sacrifici, sul
timore di deludere, su obblighi insensati, su schemi mentali fissi e solo sui
risultati da conseguire a tutti i costi, non potrà mai e poi mai decollare, produrre tutte quelle preziose sostanze
che fanno bene all’umore; un cervello in “attesa”, proprio per la continua e
snervante tensione, non sarà mai aperto, pronto ad ascoltare serenamente, in
grado di guardare felicemente lo scorrere della vita. Un cervello
con schemi mentali rigidi, sempre in lotta e pieno di tensioni per realizzare
cocciutamente i vari obiettivi sempre uguali, monotoni e noiosi PERDE completamente il senso delle cose che
gli sono vicine, nonostante i vari sforzi (inutili)
non coglierà mai le sfumature della vita: curiosità, leggerezza, apertura, opportunità, spensieratezza,
entusiasmo, gioia, libertà, spontaneità, vera passione per il lavoro,
apprezzare e saper cogliere i momenti più belli e gioire delle cose che ha.
olti
lettori avranno già in mente la risposta … da qui il passo è breve. Il
disagio allora si fa sentire per smantellare quei comportamenti ‘forzati’
e ‘innaturali’,
quella falsa sicurezza emotiva da tempo adottata, quelle forzature e quei
percorsi rivolti solo ad ottenere cose effimere e transitorie, quel senso di
inadeguatezza diffuso per non aver raggiunto magari quella posizione vincente
tanto desiderata … una lotta continua
per arrivare ancora più in alto, quello stile di vita sofferente che non gli
appartiene e che, proprio per questo, è costretto a mettere in scena un
personaggio diverso da quello reale, sempre teso, deprimente, insoddisfatto,
vuoto, rigido, aggressivo, triste, intriso perennemente di livore e caparbietà.
Sempre lontano da se stesso, dal divertimento e dai suoi veri interessi,
guarderà la vita con diffidenza e sospetto, fino a quando, a posteriori, si
lascerà travolgere da profondi rimpianti (da
quell’onda ormonale violenta e inadeguata), sarà “stritolato” dalla
micidiale morsa dei rimpianti e rimorsi per le esperienze passate non vissute a
pieno, non trattenute, lasciate sfuggire di mano (come dice una bellissima canzone di Fabrizio De Andrè: “Le passanti”)
… una vita spenta, senza più stupore, gioia e passione. I
segnali fisici (stanchezza cronica, mal di fegato e di stomaco,
oppressione al torace, crampi, vampate di calore, ulcera, cefalea, mal di
schiena) e psichici
(frustrazione,
attacchi di panico, disistima, depressione) segnalano che si stanno
facendo cose non più in sintonia con i propri desideri, si sta andando contro
la propria volontà; il mal – essere allora segnala che siamo soffocati da
obblighi e rinunce: dispiaceri e dolori
si fanno “carne”.
Questo è il motivo per cui bisogna curare SEMPRE il malato MAI solo la malattia!
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi
diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un
valore educativo, non prescrittivo.
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