ono
molti i fattori che intervengono in queste situazioni: ignoranza
circa l'educazione dei figli, assenza di modelli ben definiti,
maternità o paternità nell'adolescenza, mancanza di un partner o di
un familiare di sostegno, stress causato dalla povertà.
La maggior parte di questi carnefici condivide una storia psicologica
simile e, da piccoli, questi genitori
violenti
- non
hanno avuto scampo -
si
sono sentiti abbandonati,
trascurati, incompresi, inappagati e biasimati;
non si sono mai sentiti protetti, amati e accettati per quello che
erano veramente.
anno ricevuto una lezione di vita in cui è stata negata libertà, spontaneità, leggerezza, spensieratezza, gioia … una fanciullezza interrotta, deviata ... non è stato permesso di vivere come bambini normali nel fantastico cortile del 'mulino bianco'. In molti casi sono stati loro stessi oggetto di violenza o di abuso, se non fisico, perlomeno di natura psicologica, sviluppando un sentimento di vergogna, indegnità, sgradevolezza e impotenza. Un rapporto primario infelice, senza stimoli, con poca attenzione e scarsa considerazione ... una vita intera persa a mendicare uno sguardo caloroso, ad elemosinare una carezza o un gesto affettuoso. Questa carenza affettiva li spingerà a cercare per tutta la vita un amore impossibile, idealizzato, irreale e 'fiabesco' … il nostro viaggio, nel bene e nel male, parte da lì.
apita,
spesso, che questi soggetti cerchino durante il loro cammino di vita
- purtroppo
trovandole
- persone con problemi simili ai loro, e quando il nuovo rapporto non
è più in grado di soddisfare quelle
famose aspettative
primordiali, i loro desideri e i loro bisogni psicologici,
essi si sentiranno respinti,
rifiutati, abbandonati, disorientati, smarriti, persi
…
non
soltanto nei rapporti affettivi, ma in ogni settore della vita:
scolastico, lavorativo, sociale, culturale.
In
base a questi singolari vissuti, secondo il loro metro di
valutazione, il loro modo di vedere le cose e le loro necessità
emotive, i figli potrebbero compensare, diventare in qualche modo
l'estrema risorsa per ottenere quel famoso amore (tanto
desiderato e mai avuto
…
intensamente cercato e mai trovato);
ma se non viene “rispettata”
per filo e per segno quella
visione, quel modo di pensare, quelle attese del tutto irrealistiche,
saranno i figli stessi a diventare a loro volta vittime di violenza
inaudita.
Tale
atto, comunque, non sempre si realizza in ambienti socialmente
degradati o economicamente difficili. Il gesto estremo viene spesso
compiuto, secondo alcune accreditate ricerche, perlopiù da madri
scolarizzate e appartenenti ad un contesto sociale più o meno
agiato. Le condizioni economiche precarie, di profonda emarginazione
e di ignoranza totale oramai, non solo non “interessano”
più al grande pubblico - sempre
alla ricerca di emozioni forti e assetato di novità -
ma non fanno più notizia e, soprattutto, non aumentano la tiratura
di alcuni giornali …
ci
si concentra su una 'normalità' che,
però, 'normalità'
non è mai.
La
cronaca nera, infatti, enfatizza e ha particolare predilezione per
avvenimenti che scaturiscono da situazioni di “normalità”,
fa colpo, attira l'attenzione del lettore, lo inchioda più
facilmente su quelle pagine con notizie drammatiche: fa
più notizia!
gni nascita, comunque, può essere vissuta da alcune madri come un
momento difficile, un ostacolo, una vera e propria tragedia
esistenziale, un impedimento al proprio agire: può
essere vissuta come una congiura, una potente “maledizione”.
La piccola vittima - il
più delle volte
- non è mai desiderata o voluta; purtroppo,
è capitata per leggerezza, immaturità e irresponsabilità.
Alla base di questa azione diabolica spesso incontriamo madri con una
dinamica relazionale e di convivenza difficile, con sentimenti
contrastanti, legami complicati e conflittuali; una
grande difficoltà emotiva a prendersi cura o di amare i propri
figli: manifestare sentimenti (lo
stato di 'salute' della mamma o delle sue reazioni è sempre in
funzione dell'età della vittima).
La madre, spesso, si sente impotente, frustrata, messa da parte,
insicura, incapace di sviluppare efficaci, valide e mature relazioni
con se stessa ed il bambino
…
se
non viene affiancata da esperti, supportata o aiutata da persone
qualificate, sensibili e competenti, essendo già fragile, crolla, e
con lei tutto quello che le sta attorno.
Spesso terrorizzata - se
non in un continuo stato di panico -
al solo pensiero di non essere in grado di adempiere alle elementari
funzioni materne, non riesce a soddisfare in maniera adeguata le
proprie esigenze e quelle del piccolo;
l'unico
pensiero dominante in alcuni infanticidi, per quanto assurdo possa
sembrare, è che solo la morte può evitare alla vittima il destino
peggiore della morte stessa
(vedasi
stato depressivo).
Solo in pochi casi esse si inseriscono in un chiaro contesto
psicopatologico drammatico che testimonia gravi disturbi psicotici
(psicosi
reattiva post-partum).
L'infanticidio non è un fenomeno raro - non
appartiene esclusivamente a questo periodo storico
- è sempre esistito in tutte le società e culture. La storia,
infatti, ci tramanda racconti molto noti, brutali e inquietanti.
er gli amanti della cultura classica non può certo sfuggire la tragedia di Euripide; una madre (Medea) gelosa e vendicativa, uccide i suoi figli per rivalsa nei confronti del marito (Giasone) che l'aveva tradita e abbandonata. Si racconta, infatti, che Medea sopprime i figli come conseguenza del gesto abbandonico da parte di Giasone, che la ripudia per sposare Glauce. La donna annienta i propri figli con assoluta freddezza e determinazione, usandoli come arma per “colpire” il responsabile della sua solitudine, della sua inquietudine, del suo tormento e del suo profondo dolore. Un personaggio diabolico che colpisce brutalmente il più debole, lascia sgomenti perché si arroga il diritto del bene e del male, di vita o di morte, così come dà la vita la può anche togliere … dal mito alla sindrome di Medea.
Tornando a noi, non dobbiamo dimenticare che la nascita di un figlio, per alcune madri, è sempre una fase sociale e psicologica delicata e complessa, può essere vissuta con immensa gioia ma anche con inquietudine, smarrimento e disperazione senza via d'uscita; un grande calvario, una vita dove si concretizzano profonde paure, diffuse insoddisfazioni e infinite amarezze.
uò essere il prodotto di un grande amore infinito, di una passione
esagerata, di un desiderio intenso, ma anche di un vuoto immenso e di
una profonda solitudine. Tale
nascita può riattivare nella neo mamma relazioni, esperienze,
ricordi, fantasmi emotivi e vissuti drammatici con le proprie figure
di riferimento:
ambiente
familiare d'origine.
E così la realtà attuale non viene più vista per quella che è, ma
filtrata e deformata attraverso le proprie esperienze passate, i
propri ricordi infantili (personalità,
il proprio quadro clinico),
attribuendole un significato minaccioso, crudele, di disgrazia, di
tragedia o di sofferenza diffusa …
un
malessere ingestibile ed
interminabile.
Il
nucleo familiare, allora, non essendo più un “porto” sicuro e
protettivo, diventa un luogo in cui si creano solo impegni, eccessive
frustrazioni, infiniti doveri e troppe responsabilità.
La maternità allora si scontra con la vera realtà, un'esperienza
concreta che non ha niente a che fare con le fantasie e i raggiri del
mondo economico, con quell'immagine fiabesca e pittoresca propinata
dagli spot televisivi: brava
madre, efficiente, saccente, preparata, alle prese con una attenta e
sofisticata alimentazione “biologica”, un pannolino anallergico,
unguenti miracolosi e profumati.
Questa è una fase sociale che non solo richiede responsabilità e
maturità ma, in alcuni casi, necessita di un supporto culturale
valido e di un sostegno concreto. Riconoscere in anticipo i fattori
di rischio e cogliere le varie richieste di aiuto con un certo
anticipo non solo è fondamentale, ma doveroso per una corretta
profilassi e cura …
prevenire
e seguire attentamente sempre con mille occhi questo singolare
momento sociale complesso e delicato.
Bisogna tenere ben presente che, il più delle volte, tale evento non
appare mai come un fulmine a ciel sereno; sono fenomeni che non
arrivano all'improvviso, ma sono SEMPRE
preceduti da pensieri strani, bizzarri e confusi: sia
di autosoppressione sia di infanticidio.
olti sono i segnali di “cedimento”
e di pericolo: irrequietezze,
confusione, aggressività, reazioni ingestibili, urla esagerate verso
il piccolo, minacciarlo, strattonarlo, colpirlo ripetutamente con
rabbia e con l'intento di fargli male, ignorarlo, allontanarsi da lui
se piange o è in pericolo.
Anche
alcune idee psicotiche (delirio)
possono essere preziosi segnali o utili indizi: non
é mio figlio quello lì …
qualcuno vuole portarmelo via o fargli del male …
è l'incarnazione di un Santo o di un Demone.
Queste persone, purtroppo, come per tutti i disagi emotivi, non
avendo mai una chiara consapevolezza della loro sofferenza, non
chiederanno per nessun motivo un aiuto diretto; se il sostegno verrà
“supplicato”,
lo chiederanno con un loro codice preciso, a volte in maniera sfumata
e incomprensibile ...
un
aiuto che difficilmente troveranno in modo solerte e adeguato, in
questa società fredda e assente, di “grande” e confusa civiltà,
dei potenti G 7 e dei G 20, in questa globalizzazione senza identità.
Un
fenomeno, comunque, che vale per tutti i disagi emotivi, in quanto
questi soggetti sono talmente confusi e disturbati che non si rendono
conto della loro sofferenza, della loro esistenza condotta a stenti,
fatta di vuoti e senza vitalità.
Può anche essere difficile per i familiari ammettere a loro stessi o
ad altri che i propri cari sono pericolosi, sono a rischio di un atto
inconsulto, incontrollabile.
a per quanto ardua possa essere la
soluzione del problema, il pericolo è troppo grande per
sottovalutarlo, per non ascoltarlo o, peggio ancora, chiudere gli
occhi, girarsi dall'altra parte: ignorare
importanti
segnali
d'allarme ...
bisbigliati,
mascherati, nascosti.
Accertamenti e cure sono essenziali. In ogni caso il “trattamento”
(anche
TSO se necessario)
è sempre rivolto a recuperare la speranza, la fiducia e la lucidità,
ridare il piacere nelle piccole cose per affrontare il futuro
autonomamente, la vita in maniera reale, più vantaggiosa e serena.
Qualunque sia il problema è importane capire che la vita, in mezzo a
tante difficoltà, può anche essere ricca di soddisfazioni … coraggio,
nessuno è colpevole, cerchiamo aiuto e andiamo avanti!
a
violenza, purtroppo, come abbiamo visto, non si ferma sulle strade
principali delle grandi metropoli. Pare che un terzo degli omicidi
avvenga all'interno del nucleo familiare. Un altro fenomeno
raccapricciate e drammatico di violenza domestica è l'uxoricidio
ovvero, traducendolo in un linguaggio più moderno, femminicidio:
soppressione
della “moglie”.
Un delitto a sfondo passionale che distrugge l'oggetto principale del
“grande
amore”;
la
vittima designata diventa una preda e, nel contempo, proprietà
esclusiva dell'altro: tu
sei solo mia e se non lo vuoi essere non sarai di nessuno, hai capito
bene, RICORDATELO!!!
cenari
sconcertanti messi in opera da soggetti violenti, crudeli e con un
umore piuttosto ballerino: ex
partner che negano o rifiutano di essere tali ...
di
non contare più, di passare in seconda posizione …
di essere stati messi fuori dal gioco amoroso.
Ma
è davvero amore? Io direi proprio di no.
Per quanto ci si sforzi a comprendere questa “violenta passione”,
non
potrà mai essere considerata - in nessun caso - una relazione di
buona qualità o il frutto di una 'sana' gelosia.
Ma per capire meglio e mettere un po' di luce su questa complessa
tragedia umana, dobbiamo partire da lontano ...
da
molto lontano.
Orbene, non c'è dubbio che due persone non si scelgono mai a caso
(vedasi l'articolo "la coppia che scoppia").
Ci sono ogni volta elementi inconsci che fanno sì che quei due
soggetti si incontrino e, avvenga o non avvenga, il colpo di fulmine,
si innamorino e si mettano insieme …
formino
un focolare più o meno caloroso (un incontro 'criminale' come amava
definirlo Baudelaire).
E' vero, infatti, che gli opposti si attraggono, specialmente nella
giostra dell'amore:
molti
scelgono un partner dalle caratteristiche comportamentali diverse e
complementari alle proprie, e poi magari litigano una vita intera per
l'incapacità di tollerare quelle differenze che, all'inizio dei
giochi, avevano stimolato l'attrazione e fatto apprezzare
quell'amore, già nelle prime fasi difettoso,
se non “folle”.
el rapporto complementare - soggetti che presentano tratti psicologici diversi - si parte già con il piede sbagliato: il tutto si regge non sull'autonomia e la libertà individuale, ma su una forma di dipendenza patologica … si ha bisogno dell'altro per completarsi … non si è mai in grado di scegliere e decidere liberamente. Dentro ciascuno di noi ci sono delle immagini, delle credenze, delle valenze che ci spingono verso una persona anziché verso un'altra: si trova nell'altro ciò di cui si è carenti. E' fin troppo banale e facile risalire - sempre restando saldamente con i piedi per terra - a quei rapporti che il piccolo ebbe con le proprie figure di riferimento: il bambino con la mamma e la bambina con il babbo, cioè a quel famoso e tanto criticato triangolo relazionale chiamato “complesso di edipo”, dove si formò quella scintilla che poi farà scattare il desiderio, la passione 'adulta' verso l'altro … quelle profonde radici psicologiche infantili, prodotte dall'esperienza diretta con l'altro, che faranno il bello o il cattivo tempo nei futuri rapporti ... relazione affettiva e amorosa sana o malata; antichi conflitti che il soggetto proietterà successivamente, sulle situazioni attuali e che gli impediranno di affrontarle con sicurezza, piacere, gratificazione affettiva. I modi di reagire da adulti, di reagire alla vita, sono sempre il prodotto delle nostre esperienze precoci, delle nostre relazioni con gli altri; del “ruolo primario” con la figura di accudimento, spesso, tutt'altro che felice. Alcuni frequentemente hanno alle spalle una storia infantile di invadenza, di privazione, di delusione, di svalutazione o di abusi psicologici … esperienze che sconvolgeranno relazioni e influenzeranno i vari comportamenti futuri in maniera indelebile … per tutta la vita.
ATTENZIONE,
però,
anche certi atteggiamenti cone un eccessivo permissivismo, troppa
disponibilità o esagerata attenzione possono nuocere, fare dei seri
danni, ostacolare il libero movimento del fanciullo e renderlo
fragile,
timoroso e insicuro.
aria
era una mamma molto insicura e apprensiva verso il figlio Giulio: guai
giocare a pallone perché si suda e si prende il raffreddore, ci si
ammala;
imparare ad andare il bicicletta non se ne parla proprio perchè può
cadere e rompersi una gamba (Giulio ha imparato ad andare in
biciletta a tredici anni, vestito da 'palombaro'
con la tuta antigraffio in agosto); non può frequentare gli
amichetti, perchè sono tutti maleducati, aggressivi e violenti …
possono influenzarlo e portarlo sulla cattiva strada. Doveva
mangiare, per educazione e rispetto, alla stessa ora e sempre le
stesse cose. Ora Giulio ha venticinque anni con una depressione
importante, si trova solo, in compagnia di sconfitte e fallimenti
... isolato completamente dal mondo reale
… sociale
affettivo e scolastico…
ha
paura della gente …
non è riuscito a sviluppare in maniera naturale le sue difese
“immunitarie”.
essuno
potrà mai ridargli quello che ha perso.
Mi dispiace Giulio … per non aver potuto fare di più. Ogni
cucciolo, all'inizio, è sempre in uno stato esistenziale di
dipendenza, di prematurità fisiologica, nasce con un equipaggiamento
insufficiente per adattarsi attivamente all'ambiente (neotenia)
...
questo
ruolo è ricoperto, nei primi anni, dall'ambiente familiare del
fanciullo.
Se le figure di riferimento da cui dipende sono persone inaffidabili
o male intenzionate, può soltanto scegliere se accettare quella
realtà, e vivere in una cronica paura, oppure negarla; rimuovere il
tutto con rabbia e ostilità, convincersi che la fonte di infelicità
dipende “solo
da lui”
…
un senso di vuoto di cui non si ha nessuna consapevolezza, non si
conosce l'origine; ecco perchè quando soffriamo non riusciamo a
capire i motivi, le ragioni del malessere in atto. Un
attaccamento iniziale “corretto”,
attento e rispettoso, invece, attiverà e svilupperà nel fanciullo
immagini,
previsioni e aspettative positive non solo per quanto riguarda la
soddisfazione dei suoi bisogni infantili, delle sue reali esigenze e
necessità fisiche, ma saranno fondamentali anche per la sua
sicurezza, autostima, serenità e fiducia
nei confronti della madre e del mondo in generale (del
femminile, del maschile
...
della vita).
Stili di vita e schemi mentali che verranno poi utilizzati nella
scelta del partner, nella relazione amorosa futura:
lavorativa,
scolastica ...
una
'perfetta' riproduzione -
con l'aggiunta di un pò del nostro -
dei primi rapporti infantili.
La mancanza della fiducia di base, associata all'assenza di
esperienze di amore con la figura materna o paterna, ha gravi
implicazioni non soltanto per chi avrà un destino patologico, ma
influenzerà tutti indistintamente …
ognuno
di noi, chi più chi meno, si sentirà bloccato nel conoscere i
segreti della vita, svilupperà inconsapevolmente il germe di quel
rapporto difficile e malato …
sarà
sempre sospettoso, diffidente, insicuro, titubante verso se stesso e
gli altri.
Il
fatto di non essere stati amati e accettati per quello che si era
realmente predispone ad una ferita narcisistica profonda, a un dolore
intollerabile e spesso incolmabile.
ueste
ben note dinamiche relazionali creano nel piccolo il sentimento
diffuso di essere cattivo, di essere difettoso, di non meritare
nulla, si sente responsabile di aver allontanato una persona
indispensabile ed 'affettuosa' e, quindi, di doversi impegnare con
tutte le forze per evitare che la propria rabbia e ostilità provochi
in futuro altri abbandoni, altri dolori …
il
rischio è grosso e, quindi, molti - a loro insaputa - rinunceranno a
vivere in maniera libera, spontanea ed autonoma.
Fenomeno ben conosciuto di chi si occupa del disagio emotivo
depressivo e che si riscontra, soprattutto, in quei soggetti che
rimangono con un compagno violento, impulsivo e instabile, ritenendo
che, se solo si comportassero in maniera “diversa”,
se fossero migliori o più buoni, il partner cambierebbe, smetterebbe
di maltrattarli …
di
sopprimerli …
un'assurda convinzione, una eredità emotiva infantile che domina
completamente la mente adulta.
Ricordo
perfettamente i racconti, il modo di pensare e i sensi di colpa di
Teresa
- in
terapia per importanti tratti depressivi
- quando il marito tornava a casa di notte ubriaco:
“Sa
dottore, se non passassi tutto quel tempo con il piccolo, fossi più
attenta ai suoi desideri, più servizievole e disponibile alle sue
richieste forse smetterebbe di bere, sarebbe meno violento nei miei
confronti, più affettuoso …
chissà ...”
…
anche
a lei il dubbio era rimasto! Consapevolezza,
comunque, importante per iniziare un vero cambiamento emotivo. Un
modo di pensare ed agire davvero drammatico e pericoloso che fa
cambiare le carte in tavola:
la
vittima diventa il carnefice, responsabile del comportamento
aggressivo e violento del partner …
davvero
una bella beffa del rimosso;
un
atteggiamento che ostacola lo spazio di libero movimento, manda
in frantumi l'autostima e annulla l'identità.
ra
Teresa sta bene e vive con Dario, suo figlio ormai grande …
ha incontrato un'altra persona: ama senza aspettarsi ricompense, sa
quello che vuole e si fa rispettare.
Individuando
un suo percorso sano e consapevole è riuscita a smantellare quel
circolo vizioso perverso e pericoloso
... da
quel “chissà” ha cominciato a riflettere, a pensare solo a lei e
al piccolo; finalmente ha scelto di vivere: si è seduta al posto di
guida ...
di vero comando.
ATTENZIONE,
però, non si cerca un capro espiatorio, non possiamo considerare
colpevole qualcuno di certi fallimenti emotivi: non
c'è colpa
...
è
stato ripetuto solo il grande copione della vita, oggi a me domani a
te.
Forse quella figura di riferimento non è stata preparata alla
cooperazione; forse è stata oppressa e infelice nella sua vita
infantile e poi in quella coniugale: è
confusa e tormentata dalla sua situazione ...
a
volte inciampa nella disperazione e cade
nello sconforto.
Questo,
comunque, non deve MAI avallare, giustificare ogni azione umana, ma
far riflettere sulla natura complessa del disagio emotivo, in modo
tale che ognuno di noi, in base alle proprie risorse, competenze e
capacità, possa tendere una mano a chi ne ha più bisogno.
Chi è lesivo in maniera così crudele verso gli altri non può
beneficiare della 'condizionale'
... di
attenuanti di “pena”!!!;
guai agire per rivalsa o per vendetta, ma per aiutarlo a trovare una
sua dimensione, salvaguardare la sua vita, quella degli altri e,
soprattutto, il “futuro”: quello
dei figli.
Il
femminicidio non deve mai essere spiegato, né tanto meno scusato,
come la conseguenza di un disagio mentale. La
maggior parte degli episodi di violenza e delle aggressioni, più o
meno riuscite, è finalizzata ha un preciso obiettivo:
quello
di vendetta, di annullare l'altro, di assumere un ruolo sociale o
sessuale dominante, di essere superiore …
imporre il “grande“ potere maschile …
cercare di rimediare a quella famosa ed invalidante ferita
narcisistica.
E' un fenomeno complesso, difficile da arginare e prevenire perché,
spesso, la vittima designata è scelta con cura, attraverso
meccanismi relazionali perversi ...
si
trova
in
una posizione di svantaggio.
Sono persone, spesso, con forti sensi di colpa e con grandi
aspettative, che si lasciano facilmente influenzare; rimangono -
nonostante
l'evidente brutalità
- con un partner violento e impulsivo (vedasi
Teresa).
Il birbaccione,
comunque, non è sempre facile da individuare perché, all'inizio,
appare disponibile, premuroso, comprensivo, altruista, apparentemente
ben intenzionato: un
lupo mimetizzato da agnello.
i sono molte avvisaglie utili per riconoscere se si corrono dei
rischi o pericoli con il proprio partner. La cosa più evidente è
che il carnefice tende, nel
nome del rapporto,
ad annullare e schiacciare lentamente la personalità del partner … sa
sempre tutto e cosa fare per il benessere dell'altro.
Urlare, nullificare, minacciare, mortificare, offendere, rompere il
mobilio sono tutti comportamenti distruttivi, mai isolati
…
sempre
segnali di inaudita violenza.
Quella rabbia che il bambino ha dovuto, a suo tempo, rimuovere per
sopravvivere, si è evoluta: è
'ritornata'
e proiettata
con la forza di un adulto.
Un soggetto sempre in guardia, attento a non farsi controllare,
dominare …
pronto
ad aggredire per non ripetere quella famosa sofferenza infantile di
frustrazione, violenza e sottomissione …
fenomeno troppo doloroso per riviverlo ...
uno
stile di vita orientato alla competizione, impostato a dominare,
vincere e superare gli altri.
Questo fine è il risultato dell'educazione ricevuta nella prima
infanzia, di messaggi contraddittori, delle rivalità e delle lotte
competitive di figli che non si sono mai sentiti parte integrante
della loro famiglia …
sentiti in una vera casa casa con tanto di focolare. Possiamo
liberarci di questi svantaggi soltanto attraverso una sana
educazione; aggiungendo al tutto 'ingredienti'
genuini e legami di buona qualità basati sul contatto,
ascolto, sostegno, attenzione, fiducia e accettazione dell'altro
… mai
un'eccessiva permissività, ma un'attenta e affettuosa fermezza.
All'inizio del nostro viaggio esistenziale non vogliamo poi molto:
essere considerati, rispettati e accettati per quello che siamo e non
per quello si vorrebbe che fossimo. Se
vogliamo fare del bene e rendere felici i nostri figli dobbiamo fare
solo una cosa: occuparci
veramente e seriamente di loro
…
osservarli
e comprenderli in modo tale che possano trovare la loro strada, la
loro vera unicità, ovvero, stimolare la conoscenza ... favorire ogni slancio
libero e autonomo, ma sempre nel rispetto della persona,
delle regole e dell'altro.
NB.
Le informazioni e le
interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non
sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al
quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o
terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore
educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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