Panico,
fobia
ed ipocondria
dolorose trappole mentali che rovinano la vita …
come
dominarle e vivere meglio
n breve ripasso sul sistema nervoso centrale e periferico per capire il fenomeno fisiologico e psichico messo in atto dalle dinamiche ansiose.Il sistema nervoso centrale (SNC) è composto dal cervello e dal midollo spinale. Il sistema nervoso periferico (SNP) è collegato col midollo spinale e consiste di un ampio insieme di nervi con sottili diramazioni che si estendono in tutto il corpo. Una parte del SNP, chiamata “sistema nervoso autonomo” (SNA), controlla funzioni come l'essudazione o il battito delle palpebre. Queste funzioni sono autonome e non sono sottoposte a una regolazione conscia; ciò non solo è cosa buona ma anche fondamentale per la nostra salute. Non potremmo mai funzionare perfettamente in equilibrio se dovessimo dire a noi stessi: “La temperatura è salita, forse sarebbe bene che cominciassi a traspirare”, oppure “Un granello di sabbia mi sta arrivando nell'occhio, sarebbe meglio che battessi le palpebre”. Invece ciò avviene per riflesso … una reazione naturale che ci salva dal nemico indesiderato. Il SNA è composto di due gruppi di nervi: il simpatico e il parasimpatico. Il simpatico stimola ed eccita; il parasimpatico ci tranquillizza, ci deprime. In uno stato di benessere e di equilibrio fisiologico l'uno bilancia l'altro. Sia il simpatico sia il parasimpatico sono collegati a tutti gli organi controllati dal SNA (cuore, stomaco, intestino, alcuni muscoli) – a tutti – tranne che alle ghiandole surrenali. Soltanto il simpatico è connesso con le ghiandole surrenali (adrenalina – 'ad rena': presso il rene). Così, quando l'adrenalina è immessa nel sistema circolatorio, e respiriamo più rapidamente, le nostre pulsazioni aumentano e anche la pressione del sangue ... in poco tempo ci viene il collo completamente rosso! Non possiamo dire a noi stessi: “Adesso mi calmerò, perché è contro producente arrabbiarsi”. Non possiamo annullare immediatamente il nostro stato di ira perché il parasimpatico, quello che dovrebbe equilibrare, non è connesso alle ghiandole surrenali … il simpatico continua ad immettere l'adrenalina nel circolo sanguigno. Dobbiamo completare il ciclo, aspettare che si “esaurisca” l'adrenalina, quindi agire secondo la nostra ira, oppure starcene seduti; trovare delle strategie che solo un professionista esperto in questo specifico quadro clinico può suggerire.
er dirla ancora una volta in termini rigorosamente scientifici ma di facile "comprensione", senza troppo banalizzare, possiamo dire che il cervello emotivo (limbico) prende il controllo di tutte le funzioni corporee: il cuore scalpita, lo stomaco si contrae, gli arti inferiori e superiori tremano, la sudorazione è abbondante. Contemporaneamente le funzioni dell'altro cervello razionale (corticale, neurocorteccia) sono azzerate dal flusso dell'adrenalina: il cervello razionale rimarrà "off line" e, quindi, incapace di organizzare un comportamento coerente a tale situazione … il cervello rimane vuoto sotto il controllo delle emozioni.
Ecco perché è assurdo dire ad una persona ansiosa “Non
hai forza di volontà … non hai midollo spinale”
oppure “Non
ti impegni sufficientemente per risolvere i tuoi problemi”
… ogni
etichetta è sempre superflua, tutta roba in più, crea solo tormenti
e dolori inutili, disistima e un disagio profondo.
Certi schemi mentali o modi di pensare connessi al timore o a paure
provocano sempre, una profonda reazione fisiologica e, quindi, una
risposta psicosomatica. Quando è eccessivamente elevata il livello
di funzionamento diminuisce drasticamente: il
cuore batte forte, si arrossisce in pubblico, la tensione irrigidisce
i muscoli
(ecco perché chi soffre di panico ha sempre problemi alle ossa e ai
muscoli), l'attivazione
dello stomaco e del colon scatena fastidiose contrazioni addominali
… il tutto accompagnato, per i meno fortunati, da dolorose scariche
diarroiche.
Tanto l'ansia fisiologica con le sue premonizioni è utile e
preziosa, altrettanto l'ansia patologica con le sue inconsistenti
paure ed inquietudini è causa di insicurezza e di sofferenza. Come
vedremo nei prossimi articoli, anche un'alimentazione sbagliata, il
fumo, l'alcol e le droghe in genere provocano una risposta fisica
allarmante.
'ansia
può manifestarsi nei vari rapporti interpersonali, può nascere dal
lavoro, da conflitti emotivi interni, dall'ambiente circostante, da
una salute incerta, dall'insicurezza economica come pure da
avvenimenti esistenziali importanti come ad esempio parto, lutto,
matrimonio, divorzio.
Soprattutto,
è ansiosa ogni situazione che noi percepiamo come tale.
Ci sono persone che si trovano bene e progrediscono in una
determinata situazione mentre altre vivono la medesima situazione in
uno stato di perenne tensione e infinita paura. La scarsità di
stimoli può generare tanta ansia quanto il loro eccesso. Ma l'ansia
diventa dannosa solo quando non riusciamo a controllare la nostra
reazione ad essa: riconoscere
questo costituisce il primo, vitale passo per ridurre i dannosi
effetti sulla nostra vita. Entro certi valori, l'ansia è considerata
normale e di solito non è fonte di preoccupazione;
anzi, necessaria perché rende più lucidi, attenti, concentrati,
dinamici ed efficienti a livello di prestazioni. Per la maggior parte
dei soggetti, tuttavia, il malessere ansiogeno e così grave e
persistente che diventa debilitante, crea qualche “smarrimento
vertiginoso”
alquanto difficile da descrivere ... improvvisi
sbalzi d'umore, fastidiosi lamenti e pensieri terribili.
'ansia
patologica
comunque ha sempre come suo primo bersaglio la mente ed è questo che
la rende particolarmente bizzarra ed incomprensibile …. attiva
ed anticipa sconforto, strane situazioni, gravi effetti nocivi,
pericolosi, il più delle volte inesistenti.
La mente in preda all'ansia, infatti, invece che di sicurezza e di
determinazione diventa motivo di continui dubbi ed incertezze. Il
“vero”
ansioso dubita sempre di dire o di fare qualcosa di sbagliato. Ciò
lo costringe a chiedere continuamente consiglio agli altri anche per
le scelte più banali (da
cui penose ed umilianti condizioni di dipendenza)
oppure a cercare di combattere le proprie perplessità esternando una
spavalda sicurezza che spesso ferisce la suscettibilità di quanti lo
avvicinano. Ogni ansioso vive la sua ansia in modo del tutto
personale e questo spiega la grande varietà dei disturbi connessi a
questo stato che si possono osservare. Per questo soggetto ogni cosa
può diventare motivo e oggetto d'ansia, ma più che tutto è nel
multiforme campionario del malessere emotivo che egli trova i motivi
delle sue preoccupazioni.
'ipocondria,
caratterizzata appunto da un'esagerata preoccupazione per la propria
salute e da una morbosa paura nei riguardi della malattia, è un
disturbo nevrotico che si ricollega direttamente all'ansia. Non vi è
malattia più o meno grave, più o meno diffusa di cui l'ansioso non
creda di riscontrare in sé i sicuri segni con una sofferenza e con
un esagerato dispendio energetico su cui è inutile e crudele fare
dell'ironia: tra
avere veramente un tumore e temere di averlo, nei confronti del
soffrire la differenza non è poi tanta.
ausa di sofferenza sono per l'ansioso anche i rapidi e quasi sempre ingiustificati cambiamenti d'umore: da un'allegria e da una vivace loquacità qualche volta persino eccessive egli può passare ad un improvviso mutismo e ad una condizione depressiva importante che gli fa vedere come indisponente e odioso quanto fino a poco tempo prima gli era stato motivo di piacere e di entusiastica accettazione. Tutto questo naturalmente non fa che aumentare la sua interna insicurezza perché esso è quasi sempre lucido e severo quando si tratta di giudicare se stesso. In lui è come se convivessero due persone: una che si agita e soffre, l'altra che freddamente osserva. Egli è spesso così consapevole delle sue bizzarrie e delle sue immaginarie paure che sarebbe davvero cattiveria ricorrere a richiami o rimproveri. Quello che teme maggiormente in questo frangente, in questi momenti drammatici pieni di dubbi ed incertezze è l'impatto sociale: essere disprezzati, ridicolizzati o rifiutati. I pensieri automatici principali legati all'ansia prodotti in certe situazioni sociali - durante il confronto o la competizione - possono essere sintetizzati nel modo seguente: “Non solo farò scena muta in quella situazione, ma anche la figura da sciocco e così tutti rideranno di me”, “Non sono bravo come gli altri e, quindi, fallirò” … un pensiero quasi sempre presente è quello di non valere un granché.
ono
sensazioni oltre la soglia della consapevolezza, impercettibili, ma
alquanto 'rumorose' che l'accompagnano in ogni momento della
giornata, che lo fanno sentire costantemente inadeguato e impacciato:
un
vero estraneo a casa sua.
Soggetti con modi
di pensare e rituali mentali che interpretano pericolose certe
situazioni della vita che in realtà sono del tutto innocue; modelli
di pensieri distorti relativi a minacce e pericoli inesistenti ma
vissuti a livello psicofisico come drammatici, se non letali … una
“reale” tragedia fisica.
Chi è “controllato”
dall'ansia si sente continuamente imbarazzato, agitato, nervoso o
irritato, si sente a disagio continuamente, ha paura anche senza un
motivo apparente, oppure il suo timore è sproporzionato rispetto
alla reale pericolosità dell'evento scatenante. Tale “imbarazzo”
psico
– fisico
può assumere per alcuni connotazioni più specifiche e manifestarsi
attraverso curiose risposte psicologiche:
terrore improvviso ed inspiegabile (attacchi di panico), paure
ingiustificate per oggetti o situazioni (fobie: disturbo acuto),
disagio nei confronti delle relazioni e delle attività sociali
(fobia sociale … parlare, mangiare, partecipare a feste, cerimonie,
diventa un supplizio) o una sofferenza cronica (ansia generalizzata).
lcuni all'improvviso cominciano a respirare male, ad avere capogiri,
a sudare, si sentono un po' strani, goffi, impacciati, storditi,
completamente prosciugati, esausti e soprattutto deboli, se non
subito più tardi, senza una vera giustificazione; qualsiasi cosa si
faccia, i sintomi peggiorano, tutto sembra irreale e distante dalla
realtà … nausea,
sudorazione, cuore martellante e senso di soffocamento contagiano il
panorama emotivo, gestiscono ogni cosa, la fanno sempre da padroni.
n'angoscia terribile domina la scena: sto
per morire o diventando pazzo?
Un senso di impotenza accompagna pensieri negativi e pessimistici:
non
ce la farò mai ad uscire da questa situazione, da questa
interminabile sofferenza … la morte è vicina!
Forma
ansiosa o infarto imminente?
E' sempre la seconda ipotesi che prende il controllo, che domina
l'evento. Tutto sembra sfidare il senso comune o la ragione. Non si
riesce proprio a scacciare dalla mente quell'idea incombente: questa
volta sta succedendo realmente, sto veramente morendo.
Il
sintomo sconvolgente principale è sempre l'incapacità di
controllare i propri sintomi fisici, mentali ed emotivi.
Molte sono le persone affette da questo disturbo invalidante, ma solo
una minima percentuale cerca sostegno adeguato, un aiuto di alta
“qualità”;
talvolta, il senso di colpa o la vergogna li induce a nascondere la
loro reale condizione. Spesso questi soggetti proprio per le loro
“stranezze”
non sono capiti, non viene compreso il grande dramma in tutti i suoi
aspetti, anzi il più delle volte sono considerati immaturi,
impostori, bugiardi, imbroglioni e approfittatori. Sono molte le
persone che non vogliono ammettere di soffrire di disturbo d'ansia
perché, ancora oggi, lo considera appunto come un segno di debolezza
o di immaturità. La maggior parte delle persone, pur 'inciampando'
in
ogni settore della vita quotidiana (sociale,
scolastico, lavorativo),
si arrangia da sola, soffrendo in silenzio, o utilizzando metodi
estemporanei non proprio adeguati e vantaggiosi per attenuare i vari
sintomi (alcol,
cibo, droghe).
Il “fai
da te”
spesso costringe a fare esattamente le cose che alimentano o
aggravato ancora di più la situazione problematica, lasciando
inalterata la struttura sottostante: schemi
di pensiero negativi che facilitano ulteriormente il malessere
emotivo
(isolamento, evitamento).
a maggior parte delle persone che si aiutano da sole spesso,
purtroppo, peggiorano il loro stato emotivo, vanno incontro ad un
fenomeno più complesso e forse creeranno ulteriori difficoltà a
livello lavorativo e aggiungeranno maggiori problemi nei loro
rapporti quotidiani: cronicizzeranno
più facilmente aggravando ulteriormente la situazione sociale,
lavorativa ed emotiva.
Soffrire in silenzio, “spegnendo”
il dolore per anni, non è mai la mossa giusta per garantirsi un
reale benessere e un futuro migliore. Bisogna cominciare a pensare in
un altro modo, a dire “Mai
più in silenzio”.
Se non si risponde positivamente a quel preciso trattamento
individuale in corso, forse è il caso di consultare altri
specialisti: probabilmente
si ha bisogno di un'altra visione della situazione, altre metodiche
terapeutiche o trattamenti diversi
(non
deve mai essere comunque confusa la propria diffidenza con la vera
professionalità altrui … la cosa fondamentale è che quel rapporto
terapeutico in atto ci deve far sentire al sicuro, a casa, stimolare
interesse, la voglia di fare e di conoscere … e, soprattutto, non
pensare che dalla sera all'indomani si possa trovare una soluzione
definitiva … bisogna aspettarsi tre passi in avanti, uno indietro,
otto in avanti, due indietro … fino a raggiungere abilità e
competenze definitive, camminare con le proprie gambe).
l tempo purtroppo non guarisce sempre tutte le ferite: il
nostro cervello non dimentica mai.
E'
importante, quindi, farsi aiutare perché il panico può essere
presente sia come disturbo a sé stante, sia come manifestazione di
un quadro clinico serio, molto più grave e doloroso: evolvere
verso
lo
stato depressivo.
Non
si ha mai comunque un quadro clinico “puro”,
esiste sempre una struttura
'frammista',
sempre una sovrapposizione tra ansia e depressione con risposte
psicologiche diverse e specifiche a seconda di come viene percepita
la realtà.
Il
soggetto ansioso,
infatti, intravede sempre qualche buona prospettiva per il suo
futuro, non tutto è perduto, pensa di essere in grado - pur con
fatica - di fronteggiare certi problemi esistenziali e di riuscire
gestire il suo malessere, ha la forza di chiedere comunque un aiuto,
mentre il paziente depresso,
perennemente dispiaciuto e triste, avendo già rinunciato da tempo ad
intere categorie di obiettivi, vede tale dimensione spazio temporale
come vuota, inesistente; si svaluta, si sente un fallito, sempre
sconfitto prima di iniziare ogni cosa, tutte le esperienze in atto
sono valutate negativamente, è profondamente convinto che ogni cosa
intrapresa andrà male, porterà inevitabilmente alla sofferenza,
per lui non esiste alcun rimedio … nessuna terapia potrà aiutarlo.
TTENZIONE,
però, prova ansia non tristezza come il
depresso. Pur essendo un individuo critico e rigido
riesce a percepire gli aspetti positivi della sua personalità.
Queste persone “sfortunate” devono, rispetto agli
altri, affrontare qualcosa di molto più grave ed invalidante:
i disturbi d'ansia. Le varie manifestazioni dell'ansia
hanno sempre un serio impatto a livello psicologico,
somatico e sociale.
Il punto in cui un'eccitazione positiva e
gestibile si trasforma in una dannosa super ansia è diverso per
ciascuno di noi, ma il meccanismo fisiologico è uguale per tutti.
La reazione del corpo allo stato ansioso consiste in una complessa
catena di cambiamenti fisici e biochimici che riguardano
l'interazione tra cervello, sistema
nervoso e numerosi ormoni. Come risultato il corpo
entra in uno stato di agitazione. Il nostro corpo è sempre - se
non è completamente fuso - in possesso di una energia
disponibile per rispondere alle varie situazioni, che si tratti di un
pericolo mortale, di partecipare ad una festa o di dover affrontare
una scadenza; in risposta all'ansia,
l'adrenalina (l'ormone secreto dalle ghiandole
surrenali che agisce sulla circolazione, sulla respirazione e sul
metabolismo), l'aumento della
pressione sanguigna, del ritmo cardiaco e dell'immissione di ossigeno
e il sangue che fluisce verso i muscoli si “coalizzano”, si
combinano in modo da fornirci la forza, l'energia e la lucidità
mentale di cui abbiamo bisogno per dare il meglio di noi stessi.
l cuore e i vasi sanguigni giocano, infatti, un ruolo importante
nell'ansia: il loro livello di
eccitazione può essere stimato misurando il battito cardiaco.
Il battito cardiaco di un uomo in buona salute (60 –
65 battiti al minuto a riposo) può elevarsi
rapidamente fino a 190 – 220 battiti al minuto quando
il sistema simpatico risponde a una situazione di competizione. Il
corpo trattiene il sodio, incoraggiando così la ritenzione dei
liquidi e aumentando il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna. Il
cuore è sottoposto ad un lavoro eccessivo e di conseguenza batte
irregolarmente o troppo velocemente. Aumenta la probabilità di
coagulazione del sangue. Quando la situazione è stata superata, il
sistema parasimpatico (sistema antagonista al simpatico)
prende il sopravvento permettendo a tutti gli organi di rilassarsi e
rigenerarsi. Anche altre parti del corpo sono coinvolte nella
risposta. Il sistema digestivo si blocca e l'afflusso di sangue alla
pelle e allo stomaco diminuisce (e questo spiega perché l'ansia
può provocare l'ulcera peptica). Lo
stomaco secerne maggiori quantità di acidi ma non è in grado di
ripristinare le funzioni digestive. I grassi e le
proteine immagazzinate nel fegato vengono decomposti e liberati sotto
forma di nuova energia. Se lo stato di eccitazione permane, le pareti
dello stomaco si irritano e aumentano le secrezioni acide, la pelle
suda, i muscoli si contraggono per prepararsi all'azione. La
respirazione diventa più veloce e meno profonda. Il cortisolo
(ormone prodotto dalle ghiandole surrenali) converte il
glicogeno immagazzinato nel fegato in zucchero che viene immesso nel
sangue per fornire energia istantanea.
ostanze chimiche come
adrenalina e la noradrenalina
vengono liberate direttamente nel sangue per produrre un'ondata di
energia nel corpo; i vasi sanguigni si dilatano e la pressione del
sangue aumenta (ecco perché chi soffre di panico teme l'infarto …
i sintomi sono gli 'stessi'). I muscoli della vescica e del retto
si rilassano (pronti ad eliminare ogni cosa 'ingombrante' …
urina, feci a prescindere dalla consistenza). Che la situazione
da affrontare sia drammatica o di scarsa importanza, l'iniziale stato
di eccitazione rimane lo stesso (finché rimane nel circolo
sanguigno l'adrenalina). Ma il corpo, se sottoposto a pressioni
prolungate e persistenti, continua a produrre quantità aggiuntive di
sostanze chimiche, mettendo così in moto ulteriori processi per
mantenere l'energia … inutile
perché quando il problema è solo nella nostra mente non c'è
assolutamente niente da risolvere, nulla da combattere.
Se lo stato di tensione continua, le
ghiandole surrenali producono sostanze chimiche antinfiammatorie che,
mentre aumentano la rigenerazione dei tessuti, deprimono il sistema
immunitario difensivo. Se tutti questi cambiamenti si
protraggono nel tempo, il corpo continua a cercare di adattarsi alla
tensione e alla pressione crescenti. Alla fine, si esaurisce. Da una
condizione di ansia eccessiva e ininterrotta possono derivare una
serie di malattie piuttosto gravi e, in alcuni casi, persino la morte
... non scherziamoci su! La causa di tutto ciò ha,
come abbiamo potuto vedere in premessa, poco a che fare
con i luoghi e le situazioni e va ricercata in paure,
timori e preoccupazioni ... un fenomeno radicato profondamente solo
nella mente … insicurezza
e suggestione sono alla base di tutto, del modo di pensare, di
reagire.
on lo si direbbe, ma i più esposti
all'ansia acuta sono quegli individui metodici e compassati,
sentimentalmente un po' freddi, che sembrerebbero esserne più al
riparo … “solide” colonne con base d'argilla! La
vita non ci chiede mai di essere dotati della forza straordinaria dei
“titani”, ma solo più flessibili, più aperti al nuovo e pronti
a cambiare “strada” quando è necessario … sapere
che la vita presenta “trappole” in cui si può inciampare e
cadere, ma con la consapevolezza che è possibile anche rialzarsi da
soli. Così invece non è perché, malgrado le
apparenze, si tratta di soggetti i quali fin dalla loro fanciullezza
hanno cercato di attutire le tensioni dell'ansia mediante il più
scrupoloso controllo delle loro reazioni, la più rigida osservanza
dei loro diritti scolastici, civili, professionali e un attaccamento
quasi maniaco alla puntualità, all'ordine e alla pulizia ... che
hanno dovuto imparare velocemente ad essere bravi “trasformisti”
per sopravvivere, per far fronte a regole educative rigide ed
irrispettose. Tutto questo per sentirsi sempre
a posto e per non dar motivo a nessuno di riprenderli o giudicarli
per qualche loro sbaglio o dimenticanza. Sono questi individui così
controllati, precisi, pignoli, abitudinari che quando perdono il
controllo di sé lo perdono in quel modo così clamoroso e drammatico
che è proprio delle crisi acute d'ansia.
I
segnali legati all'ansia:
iflessi
nervosi (segnali fisici).
Il corpo umano registra l'ansia in zone diverse, particolarmente
sulla testa e sui piedi. Riflessi nervosi portano ad aperti segnali
fisici, molti dei quali sono costituiti da abitudine acquisite nella
fanciullezza. Segnali più gravi vengono trasmessi sotto forma di
malattia legate all'ansia. Essi variano a seconda dell'organo che
costituisce l'anello più debole della nostra costituzione fisica
(“dimensione dell'organo” direbbero ancora una volta gli
psicosomatisti; ogni organo ha una sua funzione simbolica, lo stomaco
ad esempio riguarda la capacità di rielaborare, di accogliere, di
accettare, di “digerire” le sostanze … anche quelle
psicologiche (vedasi la produzione di acidità a seconda
dello stato emotivo), la dimensione della pelle - specchio della
propria salute - è quella relazionale, riguarda il contatto, lo
“scambio”, separazione, allontanamento, perdita, mentre il
sistema immunitario ci segnala lo stato di allerta, la capacità di
“difesa” .. dai batteri ma anche da certi personaggi).
La cosa
certa è che
il
disagio emotivo protratto nel tempo fa ammalare!!!
Mangiarsi le unghie, serrare le mascelle, tamburellare con le dita,
digrignare i denti, battere con i piedi, toccarsi continuamente i
capelli sono i suoi segnali principali.
Malattie
legate all'ansia. Mal
di schiena, asma, mal di testa, disordini digestivi, dolori
muscolari, emicranie, problemi sessuali, eruzioni cutanee.
ambiamenti
d'umore. L'ansia
influenza il nostro stato d'animo in molti modi diversi. Vi sono
cambiamenti di umore superficiali e altri molto profondi e
persistenti. Irritabilità e impazienza costituiscono le
manifestazioni superficiali dell'ansia e dell'aggressività
sottostanti. Irrequietezza e frustrazione, se continuativi, sono
segnali più gravi e possono degenerare in aperta ostilità e rabbia.
Questa condizione emotiva può spesso essere prodotta dalla mancanza
di controllo o scarsa soddisfazione nel lavoro. Noia ed apatia sono
sentimenti “piatti”, spesso associati a carenza di stimoli,
mancanza di gioia, poco entusiasmo. Più lo stato emotivo è a terra,
“giù”, come senso di colpa e vergogna, come pure la sensazione
di non farcela o di non avere nulla davanti, più siamo alle prese
con problemi psicologici gravi; la vita diventa un inferno su ogni
versante: scolastico, lavorativo e sociale. Un cambiamento repentino
che si manifesterà attraverso: collera,
sensazione di non riuscire a fare le cose, disistima, impazienza,
irritabilità, irrequietezza e depressione.
segnali più comuni sono:
aggressività,
comprare cose inutili, disturbi del sonno, fare più cose
contemporaneamente, esplosioni emotive, lasciare i lavori incompiuti,
reazioni esagerate e sproporzionate per la situazione, parlare troppo
forte o troppo velocemente. L'ansia più la
“spegni” più si “riaccende”, più la nascondi e più appare
sul palcoscenico della vita, più cerchi di eliminarla e più esplode
nel corpo e nella mente … esplode dentro di noi perché si vuole
sembrare diversi e tutti di un pezzo, ci si mette continuamente sotto
esame, si sta andando contromano, si stanno facendo cose non sentite
e, soprattutto, testardamente e ostinatamente non si vuole cambiare
nulla nel proprio stile di vita … fino a soffocare la propria
vera natura. La quantità e il tipo di ansia che riusciamo a
gestire prima che la salute ne sia danneggiata varia da individuo a
individuo. Ma prima o poi, tutti noi siamo soggetti a un punto di
“rottura” oltre il
quale comincia quel fastidioso processo: tensione,
contrazione, lesione … anche la 'colonna' con un capitello di marmo
ben fatto e saldo si sgretola ... anche il personaggio più forte
prima o poi perde vigore, si ammala. L'ansia, infatti,
prodotta in modo continuativo può creare una grave tensione in tutto
l'organismo il quale non sempre è in grado di realizzare tutte le
funzioni necessarie con regolarità ed esattezza.
hi soffre di ansia
è sempre pronto a mescolare le carte, perde facilmente la capacità
di giudizio, può presentare un comportamento di rifiuto del suo
stato e, quindi, con molte probabilità, tenderà a rifiutare o
negare il suo reale disagio, il suo profondo e costante malessere.
Ecco perché è importante far circolare tra la gente quella preziosa
formula di apertura mentale piena di speranza: “Anche
se c'è molta strada da fare, guai restare soli, mai più in silenzio
… tutto, con le mosse giuste, diventa importante”.
Nessuno è ritenuto responsabile del fatto di avere una malattia
fisica, ma c'è la tendenza, ancora oggi, a guardare con sospetto, o
addirittura con disprezzo, chi è avvolto dalla depressione o
dall'ansia; in qualche modo, è come se ci aspettassimo di poter
esercitare un controllo maggiore sui disagi emotivi (vedasi
sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico nel precedente
articolo). Questo atteggiamento è illogico, ingiusto, inutile e
controproducente: soffrire di depressione o ansia non è segno di
immaturità, di debolezza personale o morale, più di quanto lo sia
essere colpiti da qualsiasi altra malattia fisica. Per nessuna
ragione ci si deve addossare la colpa di qualche disagio emotivo: la
cosa di cui ci si può rimproverare, se mai, è di non volerlo
affrontare, prenderlo per le corna nel modo giusto e qualificato, di
non cercare aiuto e di rifiutare o non seguire la terapia in corso.
RICORDIAMOLO ancora
una volta che l'atteggiamento e il modo di interpretare noi stessi e
il mondo circostante è fondamentale. E'
importante “impegnarsi” nel fare le cose e “sforzarsi” di
stare bene: se ne ricava
vantaggi sia a breve sia a lungo termine.
Le
malefatte della depressione
utte
le varie forme d'ansia sin qui elencate, perdurando, possono portare
ad un quadro clinico depressivo piuttosto serio. Un fenomeno emotivo
che di fatto spegne ogni desiderio vitale, abbassa nel complesso ogni
attività, paralizza anche le più piccole scelte quotidiane, non c'è
nulla che possa smuovere dalle proprie posizioni rigide ed
irrealistiche, ogni cosa scoraggia e fa allontanare da tutto ciò che
si 'muove'; evitiamo le persone, preferiamo la solitudine alla
compagnia. Siamo sempre tristi e scoraggiati:
concentrati solo su un corpo vuoto ed inerte, su eventuali torti
passati e su laceranti turbamenti. Quando si è in
uno stato depressivo, tendiamo a darci tanto da fare senza concludere
un bel nulla, passiamo un sacco di tempo seduti e nei casi più gravi
a fissare niente, il vuoto; ci si trascina in situazioni
insostenibili, intervallate da un pensiero dominante, di non farcela
più, di perdere completamente il controllo: ostaggi di
una voglia irresistibile di farla finita. Oltre ad una
pena profonda ed una disarmante apatia emotiva, l'accompagna una
gestualità bizzarra, un corpo curvo, un viso irrigidito e un vagare
con uno sguardo perso nel vuoto … prigioniero della sua
terrificante solitudine riesce a calpestare, seppur a fatica, le
piccole “risorse” rimaste. Il più delle volte siamo stanchi,
abbiamo voglia di dormire, reagiamo anche di meno alle sollecitazioni
dell'ambiente esterno; non notiamo le
cose sane e belle che ci circondano, ma solo immagini tenebrose,
brutte e fastidiose. Siamo portati a generalizzare, il
più delle volte a nostro svantaggio. La nostra interpretazione del
mondo, il giudizio emotivo che diamo ad ogni cosa ci fa piombare in
un dubbio tormentoso, in un profondo turbamento e in una angoscia
invadente. Agiamo come se i nostri organi sensitivi fossero
imprigionati, spenti, anestetizzati. E' difficile mettere a fuoco la
sua drammaticità, riconoscere e comprendere veramente le sue
complesse sfumature, la sua singolare struttura e il suo disagio
profondo. La cosa immediatamente riconoscibile è che il depresso ha
perso interesse per la maggior parte degli aspetti della vita:
lavoro, affetti familiari, sessualità, al piacere di stare con gli
altri … è incapace di godere e di provare piacere
(anedonia direbbero ancora una volta gli addetti ai lavori).
uando è preso dall'umore nero, si isola, si trascura … la
pulizia rimane in 'sospeso' ... si trascura il vestiario … l'aria
triste e rassegnata oltre ad invecchiare esageratamente solca il viso
e rende tenebroso tutto il resto. Non esce più, il dialogo
si fa stringato, a monosillabi, evita gli amici, perde ogni spirito
di iniziativa, diventa inappetente o al contrario bulimico (alcuni
rinunciano altri si rifugiano nel cibo), non sente più, se non
qualche scintilla breve, isolata e confusa … la
sessualità è fuori portata, inesistente, non ci sono le forze
necessarie nemmeno per iniziare un piccolo approccio.
La capacità comunicativa si spegne, diventa inesistente, avviene
sempre meno a livello del modulo orale: il
tutto si concentra sul “gestuale” e sul “visuale”.
Una perdita di contatto che fa soffrire in silenzio: sentire
esiliati in una “terra di nessuno”. Il
senso dell'amore, della verità, della giustizia, della dignità sono
tutte bussole emotive che hanno perso completamente il loro
“magnetismo”: ci si allontana dalla realtà, dalla bellezza e dal
sapore dell'esistenza. L'autostima è a terra, ci si
sente di valere meno di zero, di essere un peso morto per tutti, e,
soprattutto, la persona peggiore che esista su questa terra.
i
si sente ridicoli, incapaci e in colpa per tutto, anche per il fatto
di aver indossato l'abito grigio della depressione. Si
passa il tempo a rimuginare su eventuali errori del passato, con la
certezza di aver rovinato la propria vita e quella degli altri. La
mente è sempre più confusa ed annebbiata, non ci si concentra più
sulle cose da fare, sul lavoro, non si rimane nemmeno con un occhio
socchiuso su quelle letture che un tempo erano buone e divertenti,
diventa difficile focalizzare l'attenzione su una situazione
problematica specifica, si è completamente assillati e distratti da
pensieri tristi e rassegnati, sull'inutilità delle cose e dei propri
gesti … si ha che fare con un futuro
incerto e senza speranza, mentre il passato continua a tormentare con
i suoi strazianti sensi di colpa … ogni cosa, la più banale, può
mettere a rischio il complesso equilibrio relazionale … viene a
mancare la cooperazione, tutto ciò che può aiutare la risoluzione
dei conflitti o mettere fine a penose frustrazioni viene a mancare …
tutto lentamente si oscura sia a livello razionale sia a livello
emotivo. Prendere una decisione non è facile, anzi il
più delle volte è impossibile, non ci sono le forze, si ha la
sensazione che la vita non sia più degna di essere vissuta.
arebbe
comunque un errore immaginare che tutti i depressi siano tutti in
queste condizioni, sempre di cattivo umore, sospettosi, distaccati.
Lo possono essere a periodi, intervallati da brevi periodi di
relativo benessere, o solo in certi momenti apparire tali, perché
anche questi soggetti sono bravi “camaleonti” a
mimetizzarsi nell'ambiente circostante, bravissimi nell'occultare i
loro disturbi … non “sentirli”! Spesso per
'restare' nell'ambiente sociale fingono di provare
interessi che non sentono più; per
galleggiare in questo mondo per loro ostile si inventano sorrisi,
domande coinvolgenti ed “originali”, di essere dinamici, attivi,
mentre in fondo alla loro anima avvertono solo il desiderio di
restare soli, lontani da tutti. Non dimentichiamo,
inoltre, che dato il legame diretto tra la mente e il sistema
immunitario, sembra plausibile che lo stato mentale o l'atteggiamento
psicologico di un soggetto possano influire sulla progressione delle
malattie. Pare infatti che la possibilità di controllare la
situazione e mantenere un atteggiamento flessibile e di apertura
(positivo) abbiano un effetto benefico sull'attività
immunitaria. Coloro che hanno problemi fisici importanti, ma che
hanno un comportamento attivo ed attento, presentano un grado minore
di depressione e di ansia, livelli molto più elevati di supporto
sociale; in breve, si sentono meglio, più combattivi, riescono ad
uscire più facilmente ed in maniera meno traumatica da situazioni
dolorose ... sono
in grado di godere dei piaceri della vita, degli avvenimenti e delle
esperienze quotidiane più di chi è intrappolato nella palude
depressiva.
o stato depressivo si può suddividere in due
grandi categorie: quelle reattive
(conseguenti ad un evento spiacevole se non addirittura angoscioso,
come la perdita di una persona cara, la perdita del posto di lavoro,
una grave malattia, un divorzio, una delusione amorosa, i rovesci
finanziari) e quelle endogene.
La depressione relativa a queste situazioni (reattiva), e cioè
collegabile ad un trauma esistenziale, è sicuramente quella più
facilmente recuperabile a livello terapeutico; la sua soluzione è
dovuta più che alle medicine al trascorrere del tempo, ai
cambiamenti di ambiente, a nuove amicizie, ad uno stimolante travel
therapy e alle distrazioni in genere. Forme più difficili da
recuperare, da ricomporre, sono quelle cosiddette endogene
(determinate da fattori interni: traumi fisici e psichici), le
quali, comparendo senza evidenti motivi, attraverso chiare
“espressioni” emotive, inducono a pensare che esse
siano da ricollegare a fattori soprattutto genetici e costituzionali,
ed infatti in molte di tali forme è riconoscibile un sicuro tratto
familiare (ma
non dimentichiamo quella famosa formula più volta espressa nei vari
articoli, quella inutile e fuorviante etichetta: tua nonna era …,
tua mamma era …, tuo fratello non è da meno e tu non vorrai mica
essere per caso diversa?).
a percentuale di ricadute in seguito ad interruzione unilaterale della terapia da parte del soggetto con questo disturbo depressivo importante è piuttosto alta. Qualche anno di psicoterapia è il minimo richiesto per contrastare atteggiamenti negativi radicati, scongiurare false credenze e relazioni interpersonali problematiche presenti da troppo tempo. Il trattamento della depressone mira a interrompere il circolo vizioso di inattività e perdita di piacere nelle cose, cui seguono inevitabilmente isolamento sociale, sfiducia in se stessi, disistima, riluttanza ad uscire dal proprio guscio. Si cerca di spezzare questa sequenza di disperazione, coinvolgendo il soggetto in attività piacevoli: stimolare la creatività (massaggio psicosomatico, movimento, cinema, disegno) … tutte cose che fan bene al corpo ma anche alla mente; i professionisti più “smaliziati” sanno perfettamente che non bisogna correre, non bruciare le tappe e soprattutto non avere aspettative eccessive … lasciarsi andare al pessimismo o farsi distruggere dalla delusione. L'inizio di un 'grandioso' cambiamento è sempre un minuscolo gesto: fare un bagno caldo, mangiare un gelato, guardare un programma televisivo, godersi il sole, fare una camminata, un giro in bicicletta … è sempre un buon inizio felice che dà sempre buoni risultati, se non immediati sicuramente più tardi. In breve, ritrovare la voglia di fare, essere di nuovo attivi, riprendere il controllo sulla realtà aumenta la speranza di guarigione.
e ore più penose della giornata sono in generale quelle del primo mattino, quando il depresso si sente incapace di affrontare le fatiche e gli impegni di una nuova giornata. Con il progredire del giorno, come un vecchio motore diesel che comincia a scoppiettare, ma poi, riscaldandosi, trova il “giusto” ritmo, l'umore se non inciampa nei suoi fantasmi, tende a migliorare e può farsi un tantino luminoso nelle ore del crepuscolo. Inutile dire che se questi soggetti convivono, maschi o femmine che siano, mettono a dura prova la pazienza del partner e non pochi rapporti che scivolano nella separazione, trovano il loro principale motivo nella depressione di uno dei due, se non di ambedue. A volte tale stato emotivo assume un andamento ciclico e a periodo di vero malessere, cioè di invincibile tristezza, di pessimismo, di noia e di mutismo, fanno seguito periodi di grande ottimismo, di esagerata e rumorosa allegria. Di eccessiva fiducia in sé e negli altri.
iò trae in
inganno i malati, ma soprattutto tutti coloro che sono a fianco:
quando
una forma depressiva presenta questa bipolarità di comportamento,
essa rientra purtroppo nel numero delle depressioni difficili da
trattare. Tra le forme depressive più sfumate,
solo di qualche tonalità sotto la comune malinconia, vanno ricordate
quelle che compaiono in relazione a ricorrenze fisiologiche come, per
esempio, la sindrome mestruale. Non poche donne entrano in uno stato
depressivo una settimana prima della comparsa del ciclo. Altre
sperimentano tale stato emotivo per periodi più o meno lunghi dopo
aver partorito e specialmente dopo il primo parto (depressione
post partum). Anche i primi segni della vecchiaia (andropausa,
menopausa … i livelli ormonali alterano l'umore) possono
accompagnarsi con un senso di inadeguatezza e di inutilità che è
sentito soprattutto da quanti sono abituati a vedere nell'efficienza,
nel vigore fisico e nella bellezza, i valori massimi della vita. Come
abbiamo già potuto capire nell'articolo sull'adolescenza, la
depressione non risparmia nessuno, neppure i fanciulli. Certe
situazioni inoltre connesse con la vecchiaia come la solitudine, la
perdita degli affetti, la perdita del ruolo sociale, la perdita del
vigore fisico e mentale, possono peggiorare la situazione.
scanso di equivoci, è forse il caso di sottolineare che non bisogna scambiare per depressione ogni abbassamento del tono dell'umore. Il nostro umore è come il tempo in questo periodo: ora sereno e caldo, subito dopo nuvoloso e freddo … si entra nello stato patologico solo quando tutto è buio, le nubi hanno coperto completamento il “cielo”, ostacolando totalmente la visione di ogni cosa che è intorno. Sola allora possiamo preoccuparci e, quindi, cercare soluzioni immediate. Vi sono abbastanza malesseri veri e dolorosi per aggiungervi quelli tetri ed immaginari, fatti solo di tormento, previsioni negative, apprensione e paura (ipocondria). L'autostima ci può aiutare ad uscire da questo profondo tormento (per approfondire l'argomento si rimanda ai vari articoli già pubblicati su l'autostima). La stima di se stessi è il fulcro, il centro emotivo di gravità su cui poggia il nostro equilibrio. L'autostima di una persona depressa è regolata non dalla persona ma dagli altri. Essa cerca costantemente l'elogio e la giustificazione, l'ammirazione, l'amore degli altri. Ha una “fame” atavica, non di companatico ma di attenzione, approvazione e complimenti. La prevenzione del malessere depressivo deve cominciare il più presto possibile. Cercando, ad esempio, di allevare il cucciolo in un ambiente il più possibile tranquillo e sereno (non “permissivo”), dove non gli manchino quelle attenzioni, quei gesti d'amore e quelle manifestazioni d'affetto di cui ha bisogno non meno del cibo. Per gestire e prevenire la depressione è fondamentale comunque sempre una piccola spinta iniziale a voler uscire da tale stato, serve molto il cercare di mantenere i rapporti, i contatti sociali, le amicizie, gli affetti. Nel rapporto con gli altri non bisogna però sempre e tutto attendersi, volere, bisogna anche dare … la vita è basata sempre sulla reciprocità, sul dare e sul ricevere. E dare significa molte volte saper ascoltare, saper semplicemente stare insieme senza nulla chiedere, ma per il solo piacere di fare le cose con gli altri … stare con gli altri, beneficiare e godere della compagnia reciproca.
oltivare i rapporti non solo ci ridà vitalità ma aiuta anche a
costruire un'interiorità più solida e valida. A volte un tale
piacere non è purtroppo neppure avvertito, ma è con l'allenamento e
perseverando che un bel momento ci si accorge quanto utili a noi e
agli altri siano stati tali contatti.
Perché depressi, magari a singhiozzo, lo siamo più o meno un po'
tutti e lo stare insieme ci fa sentire importanti, ci allena ad
essere concentrati, ad essere riflessivi e, soprattutto, aiuta a
pianificare… ci fa bene. Tutti, ma tutti, indistintamente, anche i
più “fortunati”, devono fare i conti con una vita che lascia
l'amaro in bocca: momenti
difficili, sconfitte, delusioni … nessuno vi sfugge!
Non temere è possibile, con relativa facilità, tornare ai bei
tempi, a quelle situazioni di benessere già vissute anche se in
momenti lontani. Coloro che hanno un comportamento attivo presentano
livelli minori di depressione, di ansia, livelli più elevati di
supporto sociale, in breve, si sentono meglio, più combattivi,
riescono ad uscire più facilmente e in maniera meno traumatica da
situazioni conflittuali e dolorose ... si
rimettono in piedi più facilmente di fronte alle avversità della
vita. Sono
in grado di godere dei piaceri della vita, degli avvenimenti e delle
esperienze quotidiane più di chi è intrappolato nella palude
depressiva. Tutto dipende dal nostro atteggiamento, in che modo
“guardiamo”
le contrarietà e, quindi, con quale spirito affrontiamo i vari
ostacoli esistenziali.
'attacco
di panico è un fenomeno psicosomatico che non solo spazza via ogni
certezza e blocca completamente tutta l'energia vitale, ma lentamente
spezza la vita; è accompagnato da sintomi fisici fastidiosi,
angosciosi e drammatici da gestire, da pensieri catastrofici,
dolorosi, alimentati sempre da tratti ossessivi
– compulsivi:
comunque
lo si giri è sempre un grande mostro con molte 'teste': un compagno
scomodo, terribile ed inquietante. Le
paure di chi soffre di panico - pur
non avendole ben chiare a livello di consapevolezza
- non passano mai inosservate:
possono
essere comprese nei termini dell'eccessivo impatto a livello
relazionale e sociale
… dell'esposizione
alla socializzazione.
Il
timore dominante di questi soggetti - anche se offrono in ogni
momento un'immagine forte e perfetta - è quello di non essere
considerati, stimati ed apprezzati; in ogni occasione temono di
essere disprezzati, rifiutati o ridicolizzati.
Generalmente, il segnale per l'attivazione di tali aspettative è la
loro percezione di non contare molto pur avendo notevoli capacità:
la
sensazione
di
essere fuori luogo, di valere poco, di avere un “comportamento
inetto” … un perfetto incapace.
Così,
un individuo che si comporta in modo incerto, indeciso e insicuro -
oppure in casi estremi da spavaldo e con senso di superiorità nei
confronti degli altri - è soggetto sempre ad marchio infamante, ad
etichette come: “Sei
infantile, un bambinello antipatico, un immaturo, un tardivo, un
incapace nel gestire la tua vita … cresci una buona volta!”.
Un soggetto percepito come “acerbo”,
asociale, scontroso e carente di capacità sociali, che viene
respinto in situazioni interpersonali per via delle sue difficoltà
relazionali, rischia di essere isolato dal gruppo sociale e diventare
un sicuro candidato al quadro clinico depressivo. Così, ancora una
volta, la sua ansia acuta lo dissuade dall'eseguire azioni che
potrebbero suscitare “rappresaglie”
sociali ... tranelli
emotivi che bloccano la vita relazionale e lavorativa;
ma non tutto risulta negativo perché se tale stato ansioso è ben
gestito e non turba completamente l'equilibrio psicosomatico può
accrescere la pressione a sviluppare un comportamento più adattivo e
fiducioso. L'ansia,
quindi, se ben gestita - con l'aiuto di un professionista qualificato
- è un potente stimolo alla socializzazione e alla maturità …
anche emozioni considerate negative come la vergogna e l'invidia
possono essere un punto di partenza, di sprone a fare sempre meglio,
ad uscire dalla noia e da una vita quotidiana spenta.
a paura della critica, della disapprovazione, invece, quella patologica, stimola l'ansia e lo spinge a controllare il suo comportamento … ad evitare questo, quello … ogni cosa ritenuta fonte di agitazione. In tal modo, l'ansia può inibire e condurre ad un ulteriore super controllo da produrre un comportamento goffo ed impacciato per i quali il soggetto può venire criticato e ridicolizzato … e così si presenta la tensione, poi di nuovo ansia e ancora tensione … ansia … tensione … ansia ... un meccanismo psicosomatico che non finisce mai. Tutto si fa minaccioso ogni imprevisto paralizza e manda al tappetto … tutto viene messo in discussione e poi evitato per non scontrarsi con brutte sorprese emotive … per paura del confronto e di sbagliare; la vita stessa diventa estranea, piena di dubbi e di contraddizioni. Si pensa di essere “strani”, con qualche curioso e bizzarro difetto di “fabbrica”, perché il tutto sembra manifestarsi dal nulla o in momenti in cui non c'è assolutamente nulla da temere … un luogo o una situazione in cui realisticamente non c'è alcunché di “spaventoso”. All'inizio, probabilmente non si rendono conto che si tratta di un disturbo d'ansia e temono, al contrario, di avere un problema cardiaco, il che è comprensibile, perché molti dei sintomi di panico sono fisici (bocca impastata, tachicardia, sudorazione, tremori, stanchezza, dispnea, nausea, vertigini, insonnia, sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento … il tutto condito da strani formicolii, mancanza di respiro, una curiosa tremarella addosso e una violenta stretta allo stomaco … un vuoto allo stomaco imbarazzante).
on
bisogna dimenticare che c'è una stretta relazione tra stato d'animo
e condizione fisica.
Il
battito cardiaco, la temperatura della pelle, la pressione del sangue
e la respirazione sono tutti influenzati dallo stato mentale.
Sono correlati fisiologici di tale stato emotivo anche i “crampi”
allo stomaco prima di un esame o di un appuntamento galante. In tutti
coloro che hanno fatto una simile esperienza, a crisi superata,
rimane però il terrore che tutto ciò possa ripetersi. Il
fatto curioso è che delle crisi acute d'ansia quasi mai viene
incolpata l'esplosione ansiogena, bensì i luoghi dove tali crisi
sono drammaticamente vissute: un
po' come i bambini che picchiano la ghiaia su cui sono scivolati.
Ecco allora che quando la crisi è manifestata in una piazza, vissuta
in luoghi ampi e spaziosi (agorafobia:
: αγορά
-
piazza, φοβία
-
paura
… paura
della piazza)
le si attribuisce la causa; quando invece la crisi si è verificata
in un corridoio, in una piccola stanza con poca aria o in una cabina
di ascensore
la
colpa viene immediatamente addossata ai luoghi chiusi e ristretti
(claustrofobia:
claustrum
- luogo chiuso,
phobos
-
fobia … paura degli spazi chiusi).
ituazioni in cui non solo si teme di sperimentare altri episodi di
ansia acuta, ma si ha la certezza inequivocabile che possano
ripresentarsi e compromettere ancora una volta buona parte
dell'equilibrio e della stabilità emotiva, una condanna anticipata,
prevedibile ed inevitabile ... con
un
altro attacco ancora più violento.
Ci si ritrova sempre lì, a scrutare minuziosamente ogni parte del
corpo alla ricerca di qualche segnale fisico che possa giustificare
quell'attacco d'ansia repentino. Terrorizzato, si allontana da quei
luoghi o si chiuderà in casa per paura che l'episodio si ripeta in
una forma ancor più virulenta, con maggiore intensità
(supermercato,
luoghi affollati, ristorante, cerimonie).
Questo tipo di comportamento è noto con il nome di agorafobia; si
evitano quei luoghi dai quali potrebbe essere difficile allontanarsi
in caso di attacco di panico, oppure sopportano una situazione con
estremo disagio. Spesso queste paure arrivano ad includere tutte le
situazioni simili a quella in cui si è verificato un attacco
d'ansia. In questo modo, il comportamento di evitamento può
intensificarsi, limitando i gesti e le attività dei soggetti, che
arrivano anche al punto di non uscire più di casa.
on lo si direbbe, ma i più esposti agli attacchi di ansia acuta
sono quegli individui metodici e compassati, sentimentalmente un po'
freddi, che sembrerebbero esserne più al riparo … mai fuori dalla
portata del Dio Pan – ico (vedasi
il mito di Pan. Una figura mitologica che viene a svegliarci, a
toglierci quella maschera che nasconde le vere sembianze, riproduce
lineamenti “fittizi”di un personaggio che si è perso, alle prese
con un profondo senso di inutilità ... il Dio Pan – ico arriva
per bloccare questa “recita” quotidiana fasulla, liberarci da una
vita ingabbiata, rigida e controllata che non scorre più …
restituirci, con l'attacco, quel che ci spetta veramente:
spontaneità, gioia e piacere).
Così invece non è perché, malgrado le apparenze, spavalderia ed
estrema sicurezza, si tratta di individui 'costituzionalmente'
ansiosi, i quali fin dalla loro fanciullezza hanno cercato di
attutire le tensioni di questo stato ansiogeno mediante il più
scrupoloso controllo delle loro reazioni, la più rigida osservanza
dei loro doveri civili, scolastici, professionali e un attaccamento
quasi maniacale alla puntualità, all'ordine e alla pulizia.
utto
questo per sentirsi sempre a posto e per non dar motivo a nessuno di
riprenderli per qualche loro “negligenza”,
sbaglio o dimenticanza. Sono questi individui così controllati,
precisi, pignoli, abitudinari che quando perdono il controllo lo
perdono in quel modo così clamoroso e drammatico che è proprio
delle crisi acute d'ansia … per vivere non è necessario essere più
forti ma più aperti, essere disponibili al nuovo pronti, se
necessario, a cambiare percorso o direzione.
Questo modo di fare è sempre in relazione con una forte increzione
di sostanze chimiche (produzione
di ormoni da parte di una ghiandola endocrina e loro immissione nel
torrente circolatorio
… eliminazione
ed elaborazione dei neurotrasmettitori, ormoni)
da creare contrazioni muscolari, agitazione motoria, sbalzo
improvviso della pressione arteriosa: tutti
fenomeni a cui fanno seguito uno stato di collasso, confusione
mentale,
annebbiamento
della vista e talvolta perdita di lucidità.
Questo naturalmente in quei soggetti che, sia pure in modo
approssimativo, arrivano a rendersi conto della gravità della
situazione.
a
ricordato che il solo pensiero di un grave pericolo corso e di cui
non si sia avuta subito piena coscienza può innescare quegli stessi
meccanismi fisiologici che entrano in funzione nel momento stesso in
cui ci troviamo a fronteggiare una pericolosa emergenza reale. Non
bisogna mai dimenticare che gli attacchi di panico,
l'agorafobia
e la claustrofobia
non solo la fanno da padroni in ogni situazione, vivere a metà la
vita, ma possono influire in modo significativo sui vari rapporti
sociali, lavorativi ed affettivi … lacerano
ogni rapporto,
distruggono
la vita relazionale, annientano la coppia. Molte
relazioni, infatti, sono felici, all'inizio. Ma succede raramente che
tutto proceda senza intoppi, mentre la vita e le situazioni si
evolvono: la
forza di un rapporto dipende dalla capacità di adattamento dei due
partner fino al momento in cui le circostanze esistenziali li mettono
a confronto con le loro risorse sia personali sia di coppia.
Inoltre, bisogna ricordare che la coppia 'tipica'
non
esiste. Il rapporto ha bisogno tanto di “disciplina”
quanto di
“tenerezza” e
di amore.
L'appoggio fornito da un insieme di regole rispettose, aiuta a
prevenire ansia e confusione domestica, e rende la vita quotidiana
più armoniosa, tranquilla e serena ... senza
tanta apprensione e sbalzi di umore.
e si riuscirà ad abituare i figli alla disciplina e al rispetto
delle regole di un fare civile, si otterrà maggior rispetto e si
ridurrà le possibilità di conflitto nel periodo dell'adolescenza e,
soprattutto, aiuterà a gestire l'ansia. Ognuno di noi è
caratterizzato da possibilità e debolezze particolari, e il successo
del rapporto dipende molto dalla nostra capacità di riconoscerle e
di trovare, in maniera estemporanea, una vantaggiosa ed idonea forma
di adattamento. Insistere
o aspettarsi che il nostro partner incarni l'immagine che gli abbiamo
attribuito fin dal primo incontro, provoca grandi tensioni nella
coppia … e tanti, tanti, tanti fallimenti.
Attendersi
scrupolosamente o mantenere a tutti i costi che noi e il nostro
partner saremo sempre disponibili, pazienti, coscienziosi, attenti e
'sedati' come agli inizi della relazione è ingiusto o davvero poco
realistico.
La
fragilità e la fallibilità umana restringono la possibilità di
trovare un compagno di viaggio perfetto o magari di esserlo sempre
noi stessi.
Se riusciamo ad amare senza tanti “come
e perché”,
accettare le debolezze (senza
assumere un ruolo di “infermiere”)
del nostro partner e a concentrarci sulle sue qualità, più
probabilità avremo di uscirne vincitori … far
funzionare la coppia in maniera più libera ed armoniosa.
on
c'è quindi da stupirsi se i soggetti con disturbo di panico e
agorafobia - poco flessibili e più vincolati al passato che al
presente - cadono in depressione … “arrancano” in un mondo
pieno di dubbi, si torturano amplificando un ordine mentale fasullo
ed inutile, con troppe idee confuse ed eccessive opinioni che
ostacolano la creatività (“Sto
facendo la cosa giusta? Ma è proprio questa la persona che fa per
me? Continuo questo lavoro o ne cerco un altro? Corro o non corro,
Mangio o non mangio” … il dubbio amletico sfianca)
… si allontanano proprio da tutte quelle cose che desiderano e che
potrebbero essere utili al loro benessere. Guai quindi farsi
influenzare da quello che è passato … quello che si è realizzato
non si può “ritoccare” o modificare a proprio piacimento è già
accaduto, non tornerà mai più come prima, serve a ben poco
estrapolare una sequenze di una certa situazione e portarla nel tempo
presente, tale vissuto non lo si può cambiare è già stato
realizzato nel bene o nel male… rimuginare, senso di colpa e
rimpianti creano solo disordine, fragilità e sofferenza … PANICO!
osa
fare.
Per
trattare con successo il disturbo da attacco di panico è necessario
innanzitutto riconoscere la natura comune delle sensazioni fisiche e
della paura:
appartengono
entrambe al quadro clinico, facilmente riconoscibile e trattabile, di
un disturbo d'ansia.
Come abbiamo più volte sottolineato, la frequenza e l'intensità
degli attacchi di panico variano da persona a persona o si fanno più
intensi in certi diversi periodi della vita di un individuo
(passaggio
scolastico, entrare nel mondo del lavoro, fidanzamento, matrimonio,
nascita di un figlio).
Possono esserci uno o due attacchi di panico alla settimana, per mesi
o anni; oppure brevi periodi in cui tale fenomeno ansiogeno è più
frequente, fino a dieci o venti al giorno. Alcuni hanno pochi
attacchi nel corso della vita, ma la paura che si ripresentino rimane
alta, così come le complicate strategie che mettono in atto per
evitarli. Queste persone, alla disperata ricerca di una relazione
causa
– effetto
tra un dato evento ambientale e l'attacco, iniziano a evitare luoghi
e situazioni ritenuti pericolosi; in
breve tempo si tengono lontani da aree sempre più estese e si
ritrovano chiusi in casa oppure escono solo con grande difficoltà:
una condizione questa, già più volte evidenziata, chiamata
“agorafobia”.
cco come un attacco conduce all'agorafobia. La preoccupazione e
l'imbarazzo di poter avere un altro attacco davanti a tante
situazioni, a molti sconosciuti, senza poter scappare, prendono il
sopravvento e quest'ansia - modificando
lo stato fisiologico
- porterà al nuovo attacco. La zona di pericolo si allarga
progressivamente e la paura cresce: così
quel soggetto svilupperà un'avversione verso tutte le situazioni
che, a suo giudizio, possono scatenare nuovi attacchi.
In breve tutta la sua esistenza è imprigionata nello sforzo di
rimanere entro i confini di una zona di “sicurezza”,
al riparo da futuri attacchi. In casi estremi questi soggetti sono
completamente isolati dal mondo, non guidano più ... sono
intrappolati in casa propria, convinti che ogni piccolo passo fuori
di essa possa scatenare un attacco di panico.
Rimanere in casa, ovviamente, non è la soluzione più giusta, gli
attacchi possono sopraggiungere anche lì, soprattutto quando si è
soli. La
cosa fondamentale, al di là della gravita, è che l'attacco di
panico - con
le mosse giuste
- può essere sconfitto … definitivamente.
Esistono varie metodiche terapeutiche efficaci e ogni soggetto può
trovare quello che fa al caso suo. Farmacoterapia e psicoterapia, da
sole o combinate nei casi più gravi, raggiungono ottimi risultati.
La psicoterapia insegna a gestire globalmente la situazione, come
”evitare”
che una sensazione fisica sgradevole diventi un attacco di panico.
Chi è estremamente attento a controllare ogni minima sensazione
corporea e pensa subito al peggio impara che molte di esse sono più
che normali, per esempio che alcune palpitazioni di breve durata non
hanno necessariamente un significato patologico.
ono
previste anche tecniche distensive ed esercizi pratici: una sorta di
allenamento alla percezione delle proprie modificazioni fisiologiche,
anche per motivi indipendenti all'ansia patologica.
L'iperventilazione
è un altro sintomo di cui spesso i pazienti sono inconsapevoli. Sono
sufficienti pochi minuti di respiro rapido e superficiale per
eliminare tanta anidride carbonica che causa fastidiosi giramenti di
testa o strani formicolii; questi a loro volta provocano ansia,
l'ansia fa aumentare l'iperventilazione, che amplifica ulteriormente
la sensazione negativa, fa aumentare l'ansia e peggiora il quadro
psicosomatico generale. Questo circolo vizioso può essere interrotto
con una rieducazione della respirazione, imparando a riconoscere
l'iperventilazione e a evitarla, respirando lentamente e con il
diaframma. Un'altra cosa fondamentale, utile e che contribuisce a
gestire lo stato di panico è avere bene in mente che ognuno di noi
non è perfetto: possiede
virtù e difetti.
Riconoscere
che non siamo infallibili, che siamo esseri terreni, con insicurezze
e debolezze, rappresenta la prima mossa per sentirsi bene con se
stessi e in equilibrio a livello fisiologico… non
si è continuamente sotto sforzo per sembrare diverso da quello che
si è … indossare la veste di questo o di quello ... essere buono,
bravo … dimostrare di essere intelligente in ogni occasione e
situazione … ma che spreco di energia … che fatica!!!
IENI
ben
presente che “guardare”
in faccia o “accogliere”
i propri punti deboli può permetterti di rinforzarti, crearti
fondamenta solide … agevolare
il tuo percorso di maturazione.
Se cerchi invece di dimostrare a te stesso e agli altri di sapere
sempre tutto, di essere tutto d'acciaio, inossidabile, può diventare
una scusa, una strategia per evitare di cadere nella delusione, per
non cambiare rotta, per non affrontare certe situazioni … quante
volte recitiamo quel famoso ritornello per giustificare le nostre
scelte di evitamento, per non affrontare i veri ostacoli: “sono
tutte sciocchezze non mi ci perdo nemmeno”
… girarsi dall'altra parte non è mai la soluzione migliore. MAI
ignorare i segnali piccoli o grandi che siano. Se possiamo confidare
su una sana autostima, su un'immagine realistica ed adeguata,
dovremmo allora essere in grado di valutare in modo veritiero e
concreto le nostre qualità e le nostre mancanze e, soprattutto,
interpretare in modo corretto tutto ciò che ci circonda.
ebbene
sia un fenomeno causato da uno stato emozionale, l'ansia può
provocare sintomi fisici fastidiosi, se non debilitanti (squilibrio
dei mediatori neuro-chimici).
Un intervento tempestivo e qualificato non solo permetterà di
apprezzare la vita per quello che è veramente, offrirà un'ancora di
salvezza per guarire ma, soprattutto, servirà a garantire un futuro
migliore con se stessi e gli altri;
creare condizioni per favorire l'espressione e la conferma di se
stessi incentivando la spontaneità. Troppa
routine e pochi desideri impoveriscono la mente e fiaccano le
energie.
Troppe
responsabilità e doveri, d'altro canto, possono portare alla
confusione e ad una totale disorganizzazione.
Troppo
di entrambe le cose finisce, prima o poi, con diventare una profonda
fonte ansiogena: la
soluzione sta quindi sempre nel trovare il giusto equilibrio per
mantenere l'efficienza e la possibilità di divertirsi anche
lavorando. Le
metodiche terapeutiche psicosomatiche, inoltre, sono indispensabili
per controllare e gestire il flusso adrenalinico prodotto in tutte
quelle trappole mentali che sono all'origine dei diversi stati
ansiosi.
e tecniche distensive, infatti, modificando in maniera permanente
alcuni parametri fisiologici, migliorano lo stato psicofisico, le
dinamiche evolutive, amplifica energia e potenzialità, rende più
attivi e lucidi nel risolvere i vari problemi della vita quotidiana.
Non va dimenticato che nel corpo in stato di completo rilassamento
avvengono cambiamenti precisi e misurabili. Alcuni dei cambiamenti
più significativi sono messi in moto dai due sottosistemi del
sistema nervoso autonomo. Il
sistema simpatico,
quando il corpo è completamente rilassato rallenta le sue funzioni
(il simpatico controlla la temperatura del corpo, la digestione, il
battito cardiaco, il respiro, la circolazione, la pressione sanguigna
e la tensione muscolare). Viceversa,
il parasimpatico
aumenta considerevolmente le sue prestazioni, riducendo il consumo di
ossigeno e rallentando le funzioni come l'eliminazione del biossido
di carbonio, il ritmo cardiaco e respiratorio, la pressione
sanguigna, il livello di acido lattico e di colesterolo nel sangue …
è
la risposta opposta all'eccitazione causata dall'ansia.
utti
hanno dei timori, delle perplessità, dei dubbi o delle paure. C'è
chi ha paura di guidare o di volare, chi si sente a disagio alle
feste con molta gente, chi odia i ragni (aracnofobia:
paura dei ragni … di essere 'intrappolati' nei rapporti),
ma queste persone - al
di là di tutti i mali e pericoli possibili
- riescono a viaggiare, a socializzare e a muoversi con una certa
disinvoltura anche tra
le sottili ragnatele delle loro
stanze, nonostante sia presente uno stato d'ansia acuto. Di tutte le
nostre sofferenze emotive l'ansia è la più capricciosa, violenta,
disarma, paralizza il corpo e la mente, influisce - quando
supera un certo valore
fisiologico
- negativamente su di noi e blocca completamente ogni 'uscita',
la più piccola attività viene annullata, persino i pensieri sono
congelati. Io e la paura siamo nati gemelli, ripeteva ad ogni
incontro pubblico il famoso filosofo T.Hobbes … come
dire che non abbiamo scampo, siamo nati con la paura!
E' più facile trovare il modo di sgomentare chiunque piuttosto che
trovare il modo di essere simpatici o piacere a tutti. Constatiamo
il potere della paura nelle nostre stesse reazioni ad essa.
Il nostro modo di considerare la fantasia, il dubbio, il senso di
colpa o l'ostilità ad esempio, è qualcosa di distaccato e di
intellettuale. Dove si tratta di paura la maggior parte di noi cerca
immediatamente il modo di superarla. Vi sono più manuali su come
controllare, bandire la paura e trattare l'ansietà, su come gestire
le preoccupazioni e, quindi, di cominciare a vivere, di quanti ve ne
siano su tutti gli altri stati psicologici messi insieme. Ciò
dipende
dal fatto che esistono ancora oggi molti fenomeni che “allarmano”,
che “impauriscono”,
che “spaventano”
in questo mondo supertecnologico. Nonostante questi raffinati,
sofisticati e preziosi strumenti informatici comunque nessuno può
venderci la protezione dalle corrosive, irrazionali paure che tanti
di noi alimentano.
eniamo
al sodo. Chiamiamo
una paura specifica “fobia”,
mentre chiamiamo un momento di apprensione vago e persistente
“ansietà”.
Una
fobia è chiara, ben definita; al contrario l'ansietà è uno stato
perlopiù indefinito e penetrante.
L'ansietà,
come abbiamo già visto, implica un senso cronico di anticipazione,
di inquietudine.
Siamo
costantemente concentrati sul futuro, preoccupati che qualcosa vada
male, o sentiamo un vago senso di impotenza, o una tormentosa
agitazione che ci spinge a disapprovare, a rifiutare ogni cosa … a
intravedere sempre un senso di fallimento.
L'ansietà si differenzia dalla paura per il fatto che invade,
“violenta”
completamente il nostro tono emotivo, il nostro stato d'animo,
piuttosto che semplicemente alcuni aspetti della nostra vita. Le
fobie sono le paure più drammatiche, ma l'ansietà ci insegna
qualcosa di più sul perché sperimentiamo la paura. L'ansietà è
molto più ristretta a ciò che può essere chiamato inclinazione
alla paura, cioè la nostra tendenza ad alimentare la paura.
'ansietà
è il terreno emotivo grazie al quale la paura nasce.
Le fobie invece - sofferenza
ansiogena più diffusa
- sono paure fuori dell'ordinario, irrazionali, intense e persistenti
nei confronti di eventi, oggetti o situazioni particolari; uno
stato emotivo che amplifica e assolutizza un semplice evento o una
normale situazione.
Uno stato emotivo che si “risolve”
apparentemente
con
la “fuga”
o nel “raggirarlo”
in maniera goffa e poco realistica … evitando
l'incontro diretto.
Il rituale di evitamento, infatti, di un certo luogo “dovrebbe”
aiutare a gestire la situazione vissuta come minacciosa o pericolosa:
tiene
o meglio dovrebbe tenere lontano il 'male', sotto controllo
l'angoscia per quella cosa
particolarmente
temuta…
ma
come abbiamo già visto nella discussione dell'ansia difficilmente è
così.
uando
la paura è sproporzionata all'ostacolo effettivo e provoca uno stato
d'ansia paralizzante e un comportamento di “fuga” non
giustificati siamo di fronte ad una fobia di rilievo clinico.
Qualunque oggetto o situazione può scatenare terrore. L'universo
fobico può essere suddiviso in tre categorie: agorafobia,
fobia sociale e fobia specifica.
Le fobie possono essere viste come uno dei tanti modi con cui
l'ansioso cerca di liberarsi delle sue innumerevoli paure. Si tratta
di una illusione che trova la sua giustificazione nelle sofferenze
che l'ansioso prova dentro di sé e da cui vorrebbe ad ogni costo
liberarsene …
il prima possibile.
ra le innumerevoli forme di fobia si può ricordare: la
claustrofobia
(paura del luoghi chiusi),
l'agorafobia
(paura
dei luoghi aperti),
l'aerofobia
(paura per l'aria),
la cinofobia
(paura
per i cani),
l'acrofobia
(paura
per l'altezza),
l'osmofobia
(paura
per gli odori),
l'emetofobia
(paura
per il vomito),
l'ofidiofobia
(paura per i serpenti),
l'apifobia
(paura
per le api),
la rupofobia
(paura
per lo sporco),
la cryophobia
(paura
per
il freddo),
la homilofobia
(paura
per i sermoni),
la brontofobia
(paura
del tuono),
la
bacillofobia
(paura
dei bacilli),
l'aerofobia
(paura
delle correnti d'aria),
l'iofobia
(paura
dei veleni),
l'eritrofobia
(pura
di arrossire),
l'autodisosmofobia
(paura
di emanare cattivi odori),
la jalofobia
(paura
di trangugiare frammenti di vetro).
E la lista è davvero lontana dall'essere completata … perché
ogni cosa, a seconda del proprio stato d'animo, può diventare in
qualsiasi momento oggetto di fobia.
Bisogna
comunque sottolineare che esse assumono carattere patologico quando
ostacolano l'azione o diventano così ossessive da togliere
completamente vitalità, la serenità e la pace interiore … la
voglia di vivere.
Tra gli adolescenti più sensibili, specie se iperprotetti, è
abbastanza diffusa la la fobia della scuola: essa
si manifesta al momento di entrare nell'edificio scolastico o anche
quando si avvicina l'ora di entrarvi.
a sua sintomatologia è piuttosto dolorosa: senso
di nausea, vomito, dolori addominali, pianto e “inceppamento” del
verbo.
La maggior parte dei fanciulli riesce a superare questo problema
emotivo con una certa rapidità; se rimane impigliato in questa
tortura c'è la possibilità che ci siano altri problemi che vanno
approfonditi: eccessiva
ansia da separazione oppure una scuola che fa “paura”.
In più di un caso l'oggetto della fobia serve da paravento alla vera
causa della paura che il soggetto ha cercato di cancellare dalla
propria mente. Così spesso chi soffre di bacillofobia o della paura
di emanare odori (molto
presente in età avanzata)
non immagina che la vera causa delle sue paure possa risalire a una
“contaminazione”,
vera o presunta, della sua personalità morale. Ecco
perché le fobie costituiscono un altro esempio dell'ambiguità del
linguaggio con cui l'ansia vuole esprimersi.
apire
il significato di certi disturbi ansiosi equivale ad avere in mano la
chiave per sbarrare la porta alle tensioni …
ai
vari disagi e presagi … ad una profezia disastrosa.
Ma per risalire alla vera causa di questa espressione emotiva non è
sempre facile perché occorre molto impegno e “coraggio”
per leggere questo meccanismo, per guardare dentro di sé:
per poterlo fare si rende spesso indispensabile un aiuto qualificato
che sia in grado di interpretare questo mondo fantastico con prudenza
e gradualità, capace di orientarsi nel mondo interiore con la
“bussola” della sensibilità, della conoscenza, della pazienza e
della serenità.
Specie quando si tratta di bambini si può tentare di
desensibilizzarli dalle loro paure facendoli avvicinare con cautela,
prudenza e gradualità all'oggetto delle loro fobie e così dando
loro modo di assicurarsi della sua innocuità … si
accrescere
il controllo e la fiducia in se stessi.
vari disturbi d'ansia si classificano in base allo stimolo che
provoca il sintomo e come si manifesta. Nell'attacco
di panico
l'ansia è improvvisa, raggiunge il culmine in pochi minuti e si
risolve in poche ore, mentre l'ansia delle fobie
è strettamente legata allo stimolo fobigeno, si scatena solo in sua
presenza, quando non c'è via d'uscita. Nel disturbo emotivo
generalizzato l'ansia è una condizione cronica non legata ad uno
stimolo specifico. Le persone che soffrono di qualche fobia sono
terrorizzate da una imprecisata minaccia al loro benessere, possono
sviluppare una forte dipendenza da una figura di riferimento:
“persona
di supporto”;
senza di essa rischiano di non uscire mai più dal loro “nido”.
Alcune persone di supporto aiutano i soggetti fobici a far fronte
alle limitazioni imposte dalle loro paure; altre invece possono
incoraggiare in modo inconsapevole questa dipendenza rinforzando le
profonde paure del soggetto …
non trattate o lasciate da sole queste persone cronicizzano, “vanno
alla deriva”.
Se possono fare affidamento su una persona di supporto riescono il
più delle volte a mascherare o nascondere tale disagio a tutti ...
tranne
alle persone vicine.
uesto soggetto può mettere a dura prova il rapporto di amicizia o
la vita coniugale in quanto tale disagio modifica il comportamento
reciproco e, quindi, rischiano il più delle volte di trovarsi più
soli ed isolati. Togliersi
dall'impiccio fobico, comunque, non è mai cosa facile.
Questi soggetti pur soffrendo in profondità raramente cercano aiuto
perché hanno la consapevolezza che il loro comportamento è banale,
infantile ed assurdo (in
questo modo lo rendono cronico);
solo
quando sono alle strette, cioè non riescono a condurre una vita
normale, mettono in atto una strategia di “fuga” che compromette
le capacità professionale e interferisce con la vita familiare,
allungano la mano … accennano un piccolo sostegno. Il
fatto, però, che il fobico abbia piena consapevolezza
dell'irrazionalità delle sue reazioni e, quindi, privo di tratti
psicotici, rende tale disagio, anche se difficile da trattare,
sicuramente curabile. Le fobie, infatti, lasciate sempre in mano ad
esperti, rientrano fra i fenomeni patologici suscettibili di
trattamento terapeutico. Grazie ad un vasto arsenale di metodiche
terapeutiche è possibile favorire la guarigione, cioè fornire un
“set
di pronto soccorso”
di interventi ai quali ricorrere nei momenti di crisi, per
contrapporre alla reazione fobica, ormai appresa, altre alternative,
quando si percepisce lo stimolo scatenante o si vive in una
situazione ben precisa che è causa del profondo disagio fobico. Va
ricordato che tale malessere emotivo non guarisce da solo ma può
avere un effetto logorante, invalidante e cronico: conoscere
le cause della paura non significa farla scomparire completamente e
restituire le forze.
erciò è molto più efficace lavorare sui meccanismi psicosomatici
per superarle, in modo da ottenere esperienze positive di successo
che a loro volta non solo rendono un metabolismo bio
– chimico
tranquillo, armonioso ed equilibrato, ma costituiscono una
vantaggiosa motivazione. L'ansia e la tendenza a “fuggire”
da determinate situazioni diminuiscono, il morale si alza,
l'autostima raggiunge buoni livelli, la qualità della vita e la
capacità di affrontare direttamente gli incarichi quotidiani
familiari e lavorativi migliorano alla grande, gli interessi ed il
voler “fare”
aumentano … un
trattamento specifico che rende il “sentire” e i rapporti
interpersonali più soddisfacenti.
L'addestramento, comunque, a raggiungere buoni livelli di autostima
aiuta i fobici ad esprimere le proprie esigenze e i propri desideri
qualunque essi siano e ad acquisire, con il tempo necessario,
maggiore sicurezza nei rapporti con il mondo circostante …
raggiungere
autonomia, indipendenza e quella libertà tanto desiderata.
Tutte le metodiche terapeutiche distensive (ipnosi,
rilassamento progressivo, meditazione) possono
rivelarsi utili come terapie integrative (interventi
che agiscono sul corpo e sulla mente).
E' molto importante non sottovalutare mai la sofferenza fobica
perché, spesso, questi soggetti possono gestire o combattere i loro
sintomi attraverso sostituti alquanto pericolosi come alcol o droga
e, a lungo andare, entrare nel mondo della cronicità, in un quadro
clinico molto più serio ed invalidante, difficile da trattare:
inciampare, ancora una volta, in un grave quadro clinico depressivo.
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi
diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore
informativo ed educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 – 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
Nessun commento:
Posta un commento