Il Male Oscuro … e
dintorni
apire le dinamiche
depressive è sempre una mossa utile e strategica per chiunque sia
coinvolto - nel bene o nel male - in questo disturbo
emozionale che provoca, senza fare sconti a nessuno, abbattimento,
sconforto, dolore fisico e morale. Una buona conoscenza allontana dal
pressapochismo, dai giudizi di valore e, soprattutto, evita di
etichettare in modo denigratorio questa condizione umana universale,
piuttosto diffusa, definendola il più delle volte con troppa
superficialità o, peggio ancora, come una pericolosa devianza
sociale: malattia mentale vergognosa, grave, incurabile e
contagiosa. Un atto cognitivo
importante per tutti coloro che, senza sconfinare nella
medicalizzazione, desiderano gestire con più consapevolezza e
disinvoltura tale turbamento psichico.
ndispensabile comunque
per tutti i componenti del nucleo familiare al fine di raffreddare
gli animi incandescenti e, soprattutto, incanalare tensione e
nervosismo su un territorio relazionale più gestibile e vantaggioso;
non solo stimolare relazioni sociali più distese e serene,
comportamenti più armoniosi ed equilibrati, ma saper anche
padroneggiare, con polso e determinazione, i vari rapporti affettivi
carichi di rancore e ostilità … sempre faticosi, conflittuali e
difficili da gestire. Fondamentale invece a livello professionale
per formulare una corretta diagnosi e, quindi, offrire un'assistenza
qualificata con la massima attenzione e solerzia possibile. Non
ci sono scuse. Definire
le varie sfumature dell'umore in modo chiaro e preciso, permette di
evitare una inutile sofferenza, di non cronicizzare il disturbo e,
soprattutto, di velocizzare il recupero psicofisico.
on bisogna dimenticare che la più mostruosa ed iniqua tirannia è l'ignoranza: solo la conoscenza può portare la libertà nel cuore, favorire il rispetto di se stessi, permettere di scegliere e di decidere liberamente su ogni cosa, avere cura della propria salute, impegnandosi però in prima persona con tutti i mezzi a disposizione … sapere dove andare a cercarla e imparare a discernere la verità … è importante cercarla, pretenderla, rivendicarla anche a livello individuale. Questo stato è un ingranaggio emotivo complesso che anche nella sua massima espressione appare a velocità ridotta, pieno di sovraccarichi, con tanti attriti e poca resa: un complicato meccanismo che, pur girando a vuoto, si surriscalda con estrema facilità e si esaurisce in fretta ... non è mai facile, anche per i più esperti, farlo funzionare a dovere o dirigerlo nella direzione giusta. Per dirla in termini più consoni al nostro lavoro, invece, la cosa è molto più complessa e delicata di quello che si potrebbe pensare, appare da subito una faccenda aggrovigliata e seria, legata ad una intricata rete di sistemi fisiologici e psicologici.
' un male di
vivere invalidante che ingabbia, annulla e cancella ogni gesto della
vita quotidiana, travolge come uno tsunami ogni cosa dell'ambiente
circostante e getta, chi soffre, in uno sconforto terribile, in un
devastante senso di vuoto affettivo e profonda amarezza … chi
è affetto da questo disturbo si trova catapultato in
un mondo pieno di ingiustizia, di critiche inutili, sorretto da un
amore che non è amore, senza senso e senza valori. E'
impantanato in un intricato crocevia di sentimenti e schemi mentali
privi di gioia, con molta sfiducia e nessuna agilità emotiva: mai
pronto al nuovo e per nulla disponibile al cambiamento; si
trova immerso perennemente nel torbido, in acque scure, in vortici
esistenziali pericolosi pieni di enigmi, di infelicità, un fenomeno
complicato e difficile da comprendere non solo per gli altri, ma
anche per se stesso; gelosia, invidia, rancore e rabbia non
lasciano scampo, spadroneggiano senza sosta, mettono definitivamente
all'angolo ... sentimenti che creano una vita scadente, senza
risorse e vitalità ... mettono letteralmente al tappeto.
l
depresso è condannato ad una vita
piatta e banale, ad un grigiore infernale paralizzante, ad una
visione del mondo in bianco e nero, ad una indifferenza glaciale,
impara molto presto ad arrendersi alla mediocrità con estrema
facilità, a vivere rapporti interpersonali spenti ed inutili;
qualsiasi tipo di relazione lo allarma, blocca le sue
ambizioni, gli impedisce di agire e prosciuga lentamente ogni sua
piccola risorsa vitale;
un personaggio carente di energia che resta a lungo inginocchiato
nell'ombra a supplicare, ad autoescludersi dal grande banchetto della
felicità. Un vivere senza
ebbrezza, con pochi desideri e nessuna passione; un
allontanamento da ogni legame importante, completamente escluso da
tutte quelle fonti che fanno star bene, danno piacere e fanno sentire
a casa propria … tagliati fuori da tutte quelle cose belle, amiche,
familiari e buone … ogni gesto d'amore è percepito come
pericoloso, falso ed ingannevole.
n
campione nel 'campare'
altrove, mai nel presente, perché è una dimensione temporale che
offre solo aspettative deludenti, una realtà senza senso, piena di
scontri, ostacoli e sconforto, appare sempre pericolosa e
insoddisfacente; un soggetto sempre alle prese con una
quotidianità tragica e noiosa, di rinuncia espiatoria …
si sente terribilmente
fragile, solo e maltrattato dalla vita.
Una quotidianità in cui non solo si azzera ogni spiccata capacità
affettiva, ma si annulla anche la minima attività di cooperazione
con gli altri, così come ne risente in qualità la concentrazione
nello studio e nell'attività lavorativa.
Un potere decisionale inesistente costringe il soggetto - dipendente
e sottomesso - ad accettare
un chiacchiericcio inutile, le opinioni e le cianfrusaglie mentali
altrui come se fossero un suo prezioso ed esclusivo prodotto
cerebrale: scambiando l'interno con l'esterno, confondendo
il suo vocio mentale con quello della piazza, equivocando l'Io
con il Tu (vedasi più avanti
l'esempio letterario di Madame Bovary).
isulta incapace di porsi come soggetto libero ed autonomo perché
portato a trasferire all'esterno la sua realizzazione: vive
in funzione dell'altro. L'Io
rappresenta ciò che sentiamo di essere nel rapporto con noi stessi,
gli altri ed il mondo intero … come
ci percepiamo, come organizziamo qualsiasi attività vitale e
realizziamo noi stessi in modo più vantaggioso, ampio ed autentico
possibile. Quando
questa istanza psichica è in buona
salute il nostro modo di
funzionare diventa plastico, ci rende curiosi, attivi e, soprattutto,
aperti al nuovo, alla conoscenza, allo scambio, alla voglia di fare;
disponibili al cambiamento che ci
permette di essere unici, staccati, distinti dal resto del mondo ma,
soprattutto, ci permette di interpretare liberamente ed autonomamente
le esperienze fisiologiche, psicologiche, affettive e sociali nel
tempo presente
pprofondimento tecnico. L'apparato psichico è composto da tre istanze: Es, Io, Super-Io. L'Es corrisponde all'inconscio, alle spinte pulsionali, è il serbatoio dell'energia psichica, i nostri desideri e le nostre emozioni; il punto più significativo dell'Es è che esso funziona secondo il processo primario di pensiero, una modalità di funzionamento mentale in cui l'energia psichica fluisce liberamente da una rappresentazione psichica ad un'altra senza obbedire alle leggi del pensiero vigile. l'Io invece rappresenta la sfera cosciente che permette di avere piena consapevolezza di essere se stessi e non altri … il principio dell'identità. E' collocato tra l'Es e il Super-Io.
pprofondimento tecnico. L'apparato psichico è composto da tre istanze: Es, Io, Super-Io. L'Es corrisponde all'inconscio, alle spinte pulsionali, è il serbatoio dell'energia psichica, i nostri desideri e le nostre emozioni; il punto più significativo dell'Es è che esso funziona secondo il processo primario di pensiero, una modalità di funzionamento mentale in cui l'energia psichica fluisce liberamente da una rappresentazione psichica ad un'altra senza obbedire alle leggi del pensiero vigile. l'Io invece rappresenta la sfera cosciente che permette di avere piena consapevolezza di essere se stessi e non altri … il principio dell'identità. E' collocato tra l'Es e il Super-Io.
ale istanza psichica, infatti, soggetta agli imperativi dell'Es
e del Super-Io,
rappresenta l'elemento di raccordo fra il mondo interno e la realtà
esterna. L'Io
si oppone alla soddisfazione immediata del desiderio esercitando una
funzione inibente … su tutte quelle cose che se realizzate
porterebbero al diniego oppure ad una punizione; sua prerogativa è
anche quella di presiedere alle operazioni difensive … vedasi i
meccanismi di difesa; svolge una funzione di regolazione fra processi
primari e processi secondari, ovvero fra principio del piacere e
principio di realtà. Il Super-Io,
invece, incarna l'autorità, i valori morali trasmessi
dall'educazione; preme per il mantenimento di una condotta morale
adeguata e guida alla realizzazione dei propri ideali; esso
costituirebbe per certi versi un censore nei confronti dell'Io
… frutto dell'interiorizzazione delle richieste e delle proibizioni
dei genitori; esso si strutturerebbe definitivamente grazie a quei
apporti che rispondono a esigenze sociali e culturali, quali
educazione,
morale e religione.
Tra queste tre istanze - quando non sono in equilibrio - si svolge
una lotta continua: il
conflitto scaturito può determinare il disturbo emotivo.
l nome (identità) ci
dice chi siamo. Dare un nome a qualcuno significa dargli un'identità,
distinguerlo da tutti gli altri, attribuirgli caratteristiche e
qualità che lo rendono unico. Se ben ricordo tale interpretazione la
ritroviamo anche nella Genesi: Adamo diede un nome a ogni
cosa. Un nome per distinguere
l'Io dall'altro
da sé, ma anche per sentirsi parte attiva di un tutto; un nome per
orientarsi nella mappa della creazione; un nome per conoscere e far
della conoscenza un patrimonio comune; un nome per non dimenticare;
un nome per comunicare con i propri simili, tessendo e intrecciando
storie e racconti; un nome per far emergere ed esorcizzare le paure
profonde … come quella della
solitudine, dell'abbandono, della “morte”.
Torniamo ancora una volta al nostro racconto. Il
soggetto controllato da questo disturbo è dominato da pensieri
intrusivi, fuorvianti e ossessivi che lo tormentano, lo rendono
completamente dipendente, schiavo di ogni cosa: sia
a livello sociale sia
affettivo … da schemi mentali indelebili impressi nella mente,
stampati nel cervello.
Un lamento mentale inutile e continuo che non solo lo ripiega su se
stesso e lentamente lo sfinisce, ma allontana da lui ogni gesto
affettuoso e sociale possibile perché l'interlocutore, in quella
relazione piuttosto difficile, non essendo d'aiuto, non potendola
cambiare, si sente inadatto, frustrato, impotente e perduto; un
ritornello ripetitivo ed avvilente scoraggia ogni buona intenzione e
allontana qualsiasi intervento spontaneo, lo condanna all'isolamento;
il
tarlo è sempre lì, pronto a monopolizzare, con un incredibile
ritornello mentale:
“Non
ce la faccio più, non so più chi sono e cosa voglio, cosa mi sarà
mai successo. Chi sono, da dove vengo, dove sto andando?”.
Ormai ha perso tutto,
immagine, forza e coraggio, non crede più a niente …
vive
in un mondo opaco, deprimente, un luogo in cui non splende più il
sole, tutti sono percepiti come minacciosi, ostili e cattivi.
onquistare la propria identità
attraverso l'altro è il più evidente e chiaro sintomo
dell'incapacità di porsi come individuo autonomo nel mondo;
una dinamica relazionale che con il suo senso di colpa ostacola la
possibilità di scegliere e di decidere liberamente.
Questo porta il soggetto ad un
mancato rapporto realistico col mondo circostante e, quindi, in
totale solitudine, non sa appropriarsi, in maniera naturale, dei suoi
veri ed importanti contenuti vitali: il suo prendere non si
concilia mai col dare, se non attraverso diffidenza, colpa,
aggressività e rancore … non sa
allungare la mano e prendere quell'attimo di felicità che gli spetta
di diritto.
uando ci si lascia modellare
completamente dal mondo circostante, si adottano atteggiamenti del
vicino, si assumono gli stessi interessi dell'altro, la vita si
spegne e perde il suo senso, la vera autenticità, la cosa più
preziosa: l''identità
... un fallimento totale, un
vivere i rapporti in malo modo, in maniera estranea e confusa in
questa immensa “valle di lacrime”.
Quando si lascia in mano ad altri il potere decisionale, l'unica
strada possibile per mettersi in salvo
è quella di proiettare
i propri guai, le cause delle proprie sofferenze sull'esterno, sugli
altri (solo loro diventano responsabili di tutto):
non si rischia nulla a livello
emotivo perché non si è mai in prima linea … un modo di reagire
che per alcuni potrebbe diventare un perfetto alibi
(non ci si scontrerà mai con critiche, rifiuti, abbandoni,
rimproveri, offese).
razie
ad esso, infatti, il depresso sosta nel più totale immobilismo.
Si tratta di una modalità
ottimale per non fare nulla, non prendere iniziative con le quali si
rischierebbe grosso: farsi
carico di doveri, impegni e “castighi” indesiderati.
Con questa strategia, quindi,
pur essendo improduttiva,
si mette in atto un comportamento che permette di assumere una
posizione particolarmente “comoda”
che, alla fine, anche se per certi versi risulta “vantaggiosa”,
consente di non decidere … mai
nulla.
on abituiamoci alla paura, a star male, invertiamo finalmente la rotta: il cambiamento, la “crescita” si trovano nella nostra gioia, vivacità, contentezza, curiosità, soddisfazione ... nel nostro 'DNA'; la passione ci fa conoscere il profumo della vita, ci orienta in ogni angolo del quotidiano, anche in quello più oscuro, dove comunque si può sempre trovare un colore speciale; è sempre possibile raggiungere un buon equilibrio e una forma di giustizia ragionevole in questa vita che, se vogliamo, può trasformarsi in un benefico e nutriente corso d'acqua calmo, tranquillo e scorrevole ... illuminare ogni anfratto del cuore, dove si può scrutare, da soli quando la situazione è leggera, con un aiuto qualificato invece quando le cose sono leggermente più serie e complicate. Ricorda, nessuno ha l'esclusiva della sofferenza … andiamo, puoi far meglio di così!
,
così, piano piano, la battaglia esistenziale e i conflitti
relazionali lentamente si fanno sempre più intensi e minacciosi;
questo stato, allora, incapaci di esprimere pensieri ed emozioni,
paradossalmente, si “combatte”,
lo si “vince”
isolandosi dal mondo intero, attraverso la rinuncia, prendendo le
distanze da se stessi, riempiendo la mente di cianfrusaglie e
assecondando sempre le voglie e i desideri altrui: unica
strategia vitale per sopravvivere, per essere considerati e accettati
… sentirsi, in qualche modo,
narcisisticamente 'valorizzati', finalmente riconosciuti …
ma per cosa? In
questo mal - essere
continuo pieno di precarietà affettiva e mortificazioni subite,
l'unico modo di vivere possibile è di negare se stessi,
ripiegarsi, genuflettersi, arrendersi, annullarsi, umiliarsi …
mettersi di traverso; ogni
cosa è inquinata da un doloroso passato, da una fusione simbiotica
insana e da ferite ancora aperte non rimarginate che, cancellando il
futuro, non solo annullano l'iniziativa e spengono ogni speranza, ma
generano aggressività, rabbia e rancore.
on si può pretendere che sia, di colpo, fatto a nostra misura, come
tutti noi, diverso da come è, perché la sua vita si è ormai
bloccata, stabilizzata sul non fare e lontana da ogni possibile
“ragionevolezza”:
non si veste più come un tempo,
non mangia più con gusto e, soprattutto, ha spento il sorriso, non
perché vuole fare il duro, ma semplicemente perché - attraverso
i suoi occhi - vede
intorno a se un mondo vuoto, grifagno, tenebroso ed ingannevole, solo
pieno di sguardi biechi e brutti musi, tristezza e rifiuti … alcuni
si sono già arresi da tempo, non lottano nemmeno più con il minimo
fastidio che hanno dentro e fuori di loro, preferiscono indugiare,
accompagnarlo per la sua strada, gestirlo assecondandolo.
Un personaggio smarrito e confuso, senza alcuna speranza
nel cassetto, incapace di spiegare a se stesso e agli altri perché
sta male, e non riesce a consolarsi
… non riesce a farsi guidare dal cuore perché i
suoi “motori interiori” non sono abituati a convivere con gesti
premurosi, a condividere momenti carichi di dolcezza, e tanto meno
allenati al senso di giustizia, a quel sentimento profondo di
affetto, compassione e tenerezza (tutte
cose che teme, ha giurato da tempo di non lasciarsi più influenzare
dai manipolatori del cuore, ricascare in quei tranelli affettivi
umilianti).
Lo sappiamo un po' tutti per esperienza diretta che
rivolgersi alla parte più intima di se stessi può risultare
doloroso e fonte di ulteriore ansia, soprattutto per chi dalla vita
ha subito ferite profonde che non si sono ancora rimarginate.
Questa situazione si verifica, come più volte sottolineato, quasi
sempre in seguito ad una sofferenza prolungata così violenta che il
cervello emotivo (amigdala) e il cuore non funzionano più in
sinergia o come dovrebbero muoversi naturalmente: in perfetta
armonia. In queste condizioni il cuore e il cervello non sono più
una bussola da seguire, ma una bandiera sfilacciata che sventola
ininterrottamente nella tormenta … nel dramma emotivo.
n
questo modo sarà più facile sfuggire alla realtà quotidiana, ma
più difficile avere una propria coscienza con contenuti originali e
intelligenti, riconoscere i propri desideri, capire chi si è
veramente, cosa si vuole realmente.
Un individuo con una mente confusa e distratta, alla ricerca continua
di compensazioni, di sublimazioni, di uno sguardo pieno di affetto,
di tenerezza e di un amore sincero e genuino … avere
una giusta riserva di calore per affrontare con grinta la vita, un
tepore da poterlo poi spendere nel quotidiano senza il timore di
restare improvvisamente a secco, attraverso rapporti maturi,
gratificanti e felici;
cercherà continuamente figure fantastiche,
straordinarie e irrealistiche capaci di riempire il suo antico vuoto
affettivo … purtroppo,
con l'inutile.
essuna persona reale però sarà mai in grado di soddisfare il suo bisogno d'affetto, saziare la sua bramosia d'amore. Una pretesa esagerata che nasce da carenze infantili in cui il soggetto non ha nemmeno il sentore di ciò che gli sta accadendo se non attraverso una leggera sensazione vaga e confusa di gelosia, invidia, vendetta, rivalsa e riscatto … non ha avuto il tempo di imparare a volersi bene … non gli è stata data la possibilità di costruirsi, senza trucchi, un'affettività sana, verso se stesso e gli altri, mai offerto un calore genuino, un naturale, spontaneo e forte abbraccio.
a esattamente che le offese sono passate, è perfettamente cosciente
che la guerra affettiva ormai è finita, che le parole espresse solo
con toni duri e freddi sono solo un incubo del passato, che
l'abbandono subito è soltanto un ricordo, per quanto drammatico e
atroce sia stato. Tutte cose che sa ma,
purtroppo, non le sente, non riesce a toccarle … a godersele per
ciò che sono realmente. Il depresso è alla ricerca
continua di un “Tu” che gli possa inviare immagini
rassicuranti, figure che possano dare un senso alla sua vita,
rimuovere quel forte senso di ingiustizia, acquietare quel profondo
tormento che lo dilania in ogni istante del giorno; “idoli”
che dovrebbero illuminare ogni anfratto del suo cuore, ridimensionare
la sua solitudine, riempire il suo vuoto interiore
(vedasi più avanti introiezione e
identificazione).
Incomunicabilità, dolore, senso di vuoto, solitudine, estraneità
del proprio corpo, rapporti conflittuali, ritiro degli interessi,
lentezza nei movimenti, assenza di iniziativa, un impressionante
mutacismo sono i veri ingredienti di questo quadro clinico;
tutti i “melanconici”, indipendentemente
dalla forma introiettiva
(colpa) o anaclitica
(dipendenza), in misura più o meno intensa,
vivono questi stati d'animo. Ma in alcuni casi, purtroppo non
così rari, il vivere travagliato porta a comportamenti lesivi
ed autolesivi … anche se sono
solo bisbigliati non devono mai essere ignorati, guai fingere o
sottovalutarli.
estire
l'ostilità silenziosa, questa profonda solitudine e
incomunicabilità, far uscire questo grido soffocato, questa voce
trattenuta, imprigionata nella gola, diventa difficile anche per il
professionista più preparato, attento e sensibile.
Il soggetto deve essere sempre, ma sempre, coinvolto
nel lavoro terapeutico, nel processo decisionale, deve avere un ruolo
attivo nel superare ogni eventuale riluttanza o diniego del
trattamento; qualora non si verificasse tutto ciò e il
rapporto terapeutico diventasse un campo di battaglia (critiche,
diffidenza, sfiducia, sospetto) deve essere incoraggiato a trovare un
altro specialista con cui possa sperimentare nuove sensazioni ed
emozioni, aiutarlo a guardare dentro se stesso in maniera più
tollerante ... garantirgli la massima clemenza ... aiutarlo a
comprendere le reazioni del cuore escludendo il cervello cognitivo.
i fronte ad una sofferenza mentale così complessa e delicata, il
nucleo parentale viene messo continuamente a dura prova, è
ripetutamente bersagliato da forti emozioni e da paure intense,
l'equilibrio man mano che passa il tempo si fa sempre più incerto ed
instabile: il
clima emotivo familiare e le dinamiche relazionali ed affettive
dividono, separano, disorientano, cambiano improvvisamente ogni cosa
come se ci fosse un copione invisibile da recitare; ogni
membro del gruppo - se
non preparato - si
sente impotente, frustrato e vulnerabile … il più delle volte
responsabile e colpevole. Tuttavia, in ogni caso,
avendo ben presente questo stato emotivo in tutte le sue sfumature
più drammatiche è possibile agire con fermezza, affrontare e
gestire la situazione in maniera non ostentata, ma decisa, più
consapevole e, quindi, superare il momento critico più facilmente,
offrendo un valido supporto relazionale leale e sincero.
l di là delle preziose conoscenze è sconsigliabile comunque mettere in campo iniziative avventate, attuare strategie isolate ed estemporanee su una situazione complessa, delicata, incerta, confusa e così importante a livello emotivo come questo quadro clinico … soprattutto formulare quelle paroline senza senso, sciocche, inutili e colpevolizzanti: “Ma cosa ti manca: hai una bella famiglia, un buon lavoro, un buon stipendio, tanti amici che ti vogliono bene, poi non dimenticare che molti stanno peggio di te … tutti hanno delle difficoltà; Ma cosa vuoi mai che sia: esci, divertiti, vai a fare shopping, muoviti vai in palestra … dai, vai fuori, stare con gli altri migliora tutto … guai sminuire la situazione o colpevolizzare; Smettila di piangerti addosso, devi essere forte; Se continui per questa strada prima o poi fai “sbandare” anche me ... mi fai star male; Basta una pillola e tutto ti sembrerà diverso … tutto brillerà di più (come la famosa canzone); Sei proprio un cocciuto, allora sei tu che non vuoi guarire”.
ossiamo evitare queste
etichette denigratorie e fare invece molto di più, iniziare bene con
gesti veri e parole giuste: ascoltare
(mai
far finta … hanno antenne sensibilissime! … ingannare o
imbrogliare non si fa mai del bene a se stessi e tanto meno agli
altri), ridurre gli
stimoli, evitare di riempirlo di troppe attenzioni, essere presenti
ma guai sostituirsi a lui, cominciare piano piano a fare le cose
insieme. Gestire da soli
un problema d'emergenza come questo, soprattutto quando si è
particolarmente coinvolti a livello affettivo può danneggiare o
peggiorare la situazione; essere sì presenti, ma mai gestire in
maniera superficiale ed impulsiva questo delicato dramma emotivo
… si rischia non solo
di essere trascinati nel pantano depressivo e di cadere nella
malattia mentale, ma di far aumentare le preoccupazioni,
l'insicurezza e il disagio: cronicizzare …
un disordine che porterà malessere a tutti e non farà altro che
produrre rapporti pessimi e tesi. RICORDIAMOLO bene che quando si è
tristi o travolti da tensioni emotive non è facile pensare ad altro,
diventa difficile massimizzare gioia e piacere: mettere ordine a casa
propria!
mpatia,
affetto e sostegno possono sicuramente essere una preziosa guida,
aiutare ad orientarsi nell'affrontare tale disperazione ma,
purtroppo, mai risolutiva. E' sbagliato pensare che le
dinamiche depressive, proprio per le sue complesse sfumature,
infinita complessità e severa gravità, si possano modificare con un
amore incondizionato e una comprensione totale nei confronti del
soggetto; utile
all'inizio ma insufficiente man mano che passa il tempo o la terapia
procede (specialista inesperto)… dopo qualche mese entrano in campo
dinamiche relazionali ed affettive molto complesse che solo chi ha
esperienza può gestire o risolvere; il
rischio maggiore è - nonostante
questi ammirevoli sentimenti - di sentirsi
demoralizzati, inadeguati, incompetenti e incapaci nell'affrontare il
problema depressivo.
nche per il professionista “troppa”
accettazione ed “eccessiva” comprensione possono
portare ad un atteggiamento passivo verso il depresso e, quindi,
ostacolare alcune dinamiche nel processo terapeutico; lasciare al
paziente mano libera di gestire la terapia come meglio crede è
sbagliato, ma di grosso, perché senza il confronto, la discussione e
il coinvolgimento non potrà mai scoprire, progettare e considerare
qualcosa di diverso: una nuova esistenza
e una nuova dignità … eludere
resistenze e difese significa lasciarlo nella palude depressiva, in
balia delle sue antiche ferite.
on qualsiasi tipo di “nemico” si abbia a che fare, non è saggio sferrare l'attacco tutto in un sol colpo. Si ricorda ancora una volta che la parte più difficile del processo psichico che porta a gestire il disagio emotivo consiste nell'ammettere che noi - niente e nessun altro - siamo la fonte dei nostri problemi … nel senso di come li percepiamo, li valutiamo e in che modo reagiamo ad essi. La ragione è molto semplice, non è difficile da comprendere: finché il disagio viene proiettato sull'ambiente circostante, al di fuori di se stessi, si avrà sempre un “buon” motivo per non affrontarlo. Fino a quando si sarà convinti che le cause della propria sofferenza è esterna a noi, tale disagio rimarrà al di fuori del proprio controllo. Fino a quando si ha la certezza che la responsabilità di tale malessere è di qualcun altro, quel soggetto “diabolico” continuerà ad avere piena supremazia su di noi … non solo canterà vittoria in ogni momento del quotidiano, ma avrà il controllo totale della nostra esistenza. Un altro aspetto fondamentale nel trattamento depressivo è quello di evitare il più possibile di sommergere il soggetto di complimenti esagerati e fuori luogo, formulare osservazioni positive non vere o nascondere i reali sentimenti negativi (“Ti trovo bene sai, hai una buona cera” … non è certo uno stupido, lui sa come stanno realmente le cose oppure “Come va, come va? Dai, tutto ok, tutto ok”. Dire cose inutili, banali e non vere si disorienta, si colpevolizza ancora di più, si crea impotenza, rifiuto e sopratutto si rinforza ancora una volta il diniego): il soggetto si sente ingannato e non capito nella sua profonda sofferenza (se fosse in grado di muoversi con le sue stesse gambe ne farebbe sicuramente a meno di soffrire in quel modo). Non è certamente terapeutico e costruttivo insistere sempre che tutto è bello e che ogni cosa è buona … la vita non inizia mai con - anche per la persona più “sobria” - “C'era una volta nel paese delle meraviglie ...”.
on dimentichiamo mai che i disturbi emotivi, anche quelli meno seri, interferiscono quasi sempre con la capacità dell'individuo di dare e di ricevere, di sentire ed esprimere i suoi sentimenti (amore, affetto … interessi, passioni, lavoro). Spiegare alcuni funzionamenti fisiologici, soprattutto quelli biochimici ed ormonali, informare direttamente il paziente, pertanto, in modo realistico circa il suo disturbo (senza pavoneggiarsi in lezioni o formule troppo erudite), non solo lo rende più fiducioso, si allevia la sua ansia, lo si aiuta a capire che non è responsabile del sua quadro clinico e che è ingiusto incolparsi per tutto, ma lo stimola anche ad aderire con più impegno alle metodiche terapeutiche proposte, fornendogli una nuova visione, un nuovo punto di vista diverso circa un possibile e più che probabile miglioramento; sottolineare, quindi, senza esagerazione, in maniera più che realistica, la possibilità di risoluzione del problema alle sue radici. Molto spesso chi ha avuto esperienze depressive in passato è più predisposto allo stesso tipo di reazione di fronte ad episodi negativi della vita … il conto volenti o nolenti se non ci si affretta a chiedere aiuto lo si deve pagare con tutti gli interessi. Quando si presentano i primi segnali di sofferenza è fondamentale che il vero quadro clinico depressivo non venga nascosto. Si tratta infatti di un disturbo progressivo: se non viene trattano con attenzione, pazienza e nel modo specifico, nella maggior parte dei casi si ripresenta in una forma ancor più virulenta rispetto alla condizione precedente ... si manifesta con accresciuta frequenza e intensità come qualsiasi altra dipendenza umana (alcolismo, droga, farmaci). Abbiamo sempre a che fare con atteggiamenti ed abitudini che impediscono di godere appieno la salute in maniera ottimale; il tutto - attraverso un repentino cambiamento biochimico - aumenta in maniera esagerata ... il rischio maggiore dunque è quello di ammalarsi. Di fronte ad uno scontro relazionale o durante un conflitto emotivo, infatti, si rilasciano sostanze chimiche che aumentano profondamente lo stress e il metabolismo; in tale frangente potrebbe rendersi necessario riequilibrare la chimica cerebrale in modo più deciso. E' un cancro dell'umore, che può privare ogni essere umano degli aspetti positivi della vita e distruggerlo lentamente peggio di molte malattie fisiche. Non bisogna sottovalutare che il senso di impotenza - caratteristica depressiva - agisce negativamente sulle difese immunitarie. L'atteggiamento verso la vita può rappresentare la differenza tra la depressione e il potenziamento del sistema immunitario: legame diretto tra il sistema nervoso e quello immunitario. Nelle cellule immunitarie esistono recettori per le sostanze chimiche prodotte dal cervello, una chimica che è associata a specifici stati d'umore, ciò significa che esiste un profondo legame biochimico tra emozioni ed immunità. La sensazione o la convinzione più esattamente di poter tenere sotto controllo un episodio, una determinata situazione migliora effettivamente l'azione del sistema immunitario.
n
realtà, la sensazione di gestire brillantemente una situazione offre
il vantaggio di vedere o meglio interpretare come stimolanti momenti
della vita altrimenti vissuti in maniera catastrofica … in
balia dello stress. Anche
la depressione ricordiamolo è, nel suo genere, un'energia che entra
nella mente per liberarla dalle impurità, dalle scorie da una vita
banale, per certi versi sbagliata, prima che succeda l'irreparabile
(la follia); non è un evento esterno che ci aggredisce
inspiegabilmente, è la campana del nostro campanile interiore che ci
segnala che noi non utilizziamo correttamente le nostre potenzialità
e, di conseguenza, ci stiamo spegnendo … annullando completamente.
Il nostro cervello non è programmato per vivere nella routine,
nell'abitudine, nella noia, ma ama decisamente il nuovo, godersi
appieno le avventure, cambiare continuamente visione del mondo
intero, avere prospettive diverse, stanare l'imprevisto, essere
coinvolto nella sorpresa, in un forte stupore … la vita è sempre
una grande sorpresa; solo
in questo modo la nostra “centralina” può secernere le sostanze
che ci danno forza e la vera felicità.
o stato depressivo cerca, a modo suo, di ripulire il cervello dalle cianfrusaglie inutili, da tutte quelle cose che pietrificano il tessuto cerebrale: abitudini, pensieri fissi, incertezze, dubbi e manie che immobilizzano completamente ogni gesto e voglia di fare. Il depresso ha sempre bisogno di rapporti genuini, di un raggio di sole che sciolga lentamente la sua rabbia … la sua malinconia. Un calore schietto e spontaneo che lo renda più cedevole e, soprattutto, lo prepari ad affrontare con serenità il nuovo … l'imprevisto. Per aiutare a capovolgere la situazione da negativa a positiva non bisogna farsi mancare un buon programma di attività fisica tranquilla; il tutto rende più forti e resistenti, potenzia la capacità di reagire a situazioni di tensione, migliora l'umore, mitiga stress e depressione e, quindi, rafforza indirettamente l'attività del sistema immunitario. L'attività fisica modifica la chimica cerebrale. Una mezz'ora al giorno di esercizio moderato (non è necessario sottoporsi a sforzi intensi ed eccessivi … lo sport deve essere sempre un grande amico) stimola il cervello a secernere i famosi ormoni dell'umore (beta – endorfine), che eliminano la depressione, creano sensazioni di benessere e di ottimismo. Coloro che hanno un comportamento attivo, non esagerato, presentano livelli minori di depressione, di ansia e livelli più elevati di supporto sociale e, soprattutto, si sentono meglio. I passi fondamentali per raggiungere il proprio benessere consiste proprio nel riconoscere i segnali di allarme, nell'ammettere che si sta soffrendo e nel cercare aiuto. Molte persone sono ancora convinte che rivolgersi agli “altri” per farsi aiutare sia un segno di profonda debolezza (quelli “buoni” ovviamente non i 'saccenti', il saputello: tutti bene o male ne conosciamo uno… pronti ad elargire favori smisurati, aiuti eccessivi e dare consigli inutili per sentirsi migliori o superiori). Non si dimostra mai debole chi cerca di prevenire un disagio curabile prima che si aggravi troppo, anzi, è invece encomiabile, dà sempre prova di grande sensibilità, di attenzione e di saggezza … di avere un buon rapporto con il suo corpo, la realtà e il mondo intero.
onoscere
tale sofferenza anche nella sua forma più “bizzarra”
sarà, invece, fondamentale al professionista per mettere in atto un
programma terapeutico specifico e, soprattutto, superare le
fastidiose ed improduttive resistenze iniziali; valutare
immediatamente la gravità del caso, allontanare la sfiducia nelle
possibilità terapeutiche e attivare il prima possibile la forma di
terapia più idonea. Riconoscere
in maniera chiara la sindrome depressiva e la sua precisa evoluzione
in soggetti che presentano frequenti lamentele somatiche piuttosto
che psicologiche è il primo passo da fare; guai non comprendere a
fondo le varie manifestazioni del fenomeno “depressivo mascherato”
o lasciarlo in sospeso per momenti 'migliori'; per capire in
profondità le cause o la gravità della situazione è necessario
esaminare, sempre, in ogni caso, ciascuno dei potenziali
“responsabili”. Bisogna stabilire se i sintomi
derivano da una malattia fisica (disfunzioni organiche, farmaci,
alcol, problemi tiroidei, diabete, tumore), da un disturbo di
personalità oppure insorgono in risposta ad una perdita, a eventi
della vita quotidiana o a fattori sociali stressanti (lutti,
abbandoni, conflitti, separazioni).
ualsiasi manifestazione fisica può provocare allarmanti stati d'ansia oppure tratti depressivi invalidanti ben marcati. Si tratta di una reazione più che naturale. Quando la malattia viene diagnosticata e trattata nel modo appropriato, lo stato emotivo connesso, quasi d'incanto, diminuisce di intensità o più semplicemente scompare. Manifestazioni ansiogene e depressive, infatti, possono segnalare o esprimere certe condizioni patologiche organiche, mentre una neoplasia, una malattia del sistema endocrino, digerente o respiratorio, ma anche l'abuso di sostanze chimiche, possono simulare un disturbo mentale. Ogni stato emotivo racchiude in sé una varietà di quadri clinici con infinite modalità espressive e reattive … un fenomeno che investe sia la sfera fisica sia la sfera psichica dell'individuo. Il corpo viene influenzato anche dal modo di pensare, dalle emozioni e dalla qualità dei rapporti interpersonali. Il modo di parlare a se stessi - e le abitudini con cui si struttura il proprio mondo circostante - ha un forte peso sull'umore, sugli atteggiamenti e sul comportamento. In generale, come abbiamo già visto e più avanti sottolineeremo in maniera ancora più dettagliata, coloro che hanno problemi emotivi tendono a comunicare con se stessi in modo fallace, confuso e ansioso.
l concentrarsi
continuamente su anticipazioni pessimistiche e irreali (attività
molto comune nel depresso) contribuisce, senza ombra di dubbio,
ad alimentare il malessere emotivo … sia ansioso sia
depressivo. Passare da
un'anticipazione catastrofica all'altra, trascurando la realtà,
scatena malinconia, malumore, agitazione, irrequietezza e ansia.
Queste influenze invisibili non finiscono lì, ma vengono trasformate
immediatamente in risposte fisiche e chimiche: non
mancano mai ormoni e sostanze chimiche cerebrali chiamate
neurotrasmettitori coinvolti in tali processi.
Questo cambiamento biochimico determina la produzione di sostanze
ormonali, quali il cortisolo
(apre i passaggi bronchiali, favorendo la respirazione),
le encefaline
e le endorfine
(abbassano la soglia del dolore) e
l'adrenalina
(accelera il metabolismo, la respirazione e il consumo
di energia). Si ricorda che la reazione dell'organismo
in risposta a stimoli esterni (stress),
se prolungata e immotivata, può dar luogo ad effetti psicosomatici
piuttosto complessi, ma sempre negativi e seri.
uando si pensa agli effetti dello stress sulle reazioni chimiche, ormonali e sulla salute bisogna però fare sempre una breve distinzione tra momento di disagio in cui tutto diventa minaccioso (distress) e forma positiva, quando si affronta la vita con entusiasmo (eustress). Possono diventare fenomeni di stress negativi, ad esempio, l'entrata nel mondo del lavoro, la malattia, avere poco tempo a disposizione per divertirsi, vita familiare, la nascita di un figlio, il bungy jumping; se queste situazioni sono fonte di gioia e di soddisfazione o rappresentano una sfida per il soggetto in maniera entusiasmante, determinano una reazione piacevole e positiva (eustress); se, invece, sono vissute come una minaccia, un pericolo o una frustrazione, creano uno stato di ansia e di angoscia profonda (distress).
livello generale sembra che il secondo modo di reagire - se si
protrae per troppo tempo - danneggi la funzione dei linfociti
(distress),
mentre è stato dimostrato che lo stress buono (eustress)
può migliorare l'attività immunitaria. Perciò
il buon uso dello stress dipende sempre sì dallo stimolo specifico
ma soprattutto da come si reagisce ad esso:
conoscerlo è importante per prendere le dovute distanze o gestirlo
in modo più vantaggioso possibile. Le
situazioni di stress, dipendono sempre da soggetto a soggetto.
Una
persona, infatti, può vedere un fenomeno difficile, in casa o sul
lavoro, come un'opportunità positiva: un'occasione
straordinaria che permette di incontrare persone nuove, raggiungere
un obiettivo gratificante e, soprattutto, avere l'opportunità di
mettere a frutto le proprie conoscenze, capacità e creatività ...
il proprio talento con passione ed entusiasmo.
Un
personaggio quindi aperto, disponibile a gettarsi nella mischia e,
nonostante le difficoltà che incontrerà, sarà stimolato, contento,
soddisfatto nell'affrontare le sfide della vita
… lotterà in modo costruttivo e con
piena soddisfazione. Si sentirà libero di
esprimere se stesso, di affrontare sfide, di correre rischi, di
raggiungere traguardi ambiziosi e di allargare l'orizzonte del suo
talento, della sua creatività. Sarà sicuramente più forte nel
gestire le difficoltà e potrà esercitare un controllo che, come
abbiamo appena visto, può aumentare la reazione immunitaria.
Al
contrario, un altro individuo - il suo opposto - può individuare in
una semplice e banale difficoltà una minaccia alla propria salute o
vita sentire, anticipando la situazione non del tutto realistica,
l'impulso di fare dietrofront, di ritirarsi, mettersi al riparo,
allarmandosi di quel che potrebbe accadere. In
un certo senso è convinto di avere poche probabilità di controllare
la situazione in atto. Questo,
ovviamente, influisce sulla convinzione dei risultati; sulla qualità
del suo impegno, dei suoi sforzi, sia nella vita privata sia nel
lavoro, e indubbiamente influirà sul suo modo di affermarsi a
livello sociale e sul suo futuro. Ma
cosa più drammatica è che “peserà” profondamente sulla qualità
della sua vita. La
conseguenza diretta è una depressione dell'attività del sistema
immunitario. Tra due persone che si
trovano ad affrontare la stessa situazione, una può trovarla
stimolante, l'altra deprimente. In altre parole, sarà il nostro modo
di reagire, il nostro atteggiamento a rendere una situazione positiva
o negativa. Di fronte ad una sollecitazione esterna, ad esempio un
pericolo improvviso (interpretato come ...), l'organismo allarmato
reagisce aumentando la produzione di alcune sostanze ormonali:
adrenalina
e cortisolo.
uesti ormoni modificano la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, il metabolismo e l'attività neuromuscolare, allo scopo di migliorare le prestazioni complessive dell'individuo. Questa risposta fisiologica può diventare patologica se lo stress è prolungato o causato da un evento non modificabile di alto impatto emotivo (reale o non reale determina ugualmente un cambiamento). Uno stress prolungato o eccessivo può dar luogo a sintomi mentali e fisici, quali ansia e depressione, palpitazioni, dolore e indolenzimento dei muscoli.
sintomi, trasformati in somatizzazioni, generano alterazioni del sistema neurovegetativo, di quello immunitario e del metabolismo. La stress quindi è sempre in relazione con l'aumento del rischio di insorgenza di patologie come l'infarto, l'ulcera e alcuni tumori. E' stato dimostrato che in soggetti gravemente depressi i livelli di cortisolo (ormone prodotto dalle ghiandole surrenali) sono doppi rispetto a quelli in soggetti non depressi e che tale ormone torna normale dopo la “guarigione”. Tuttavia, in alcuni casi di depressione il valore potrebbe essere basso. Il motivo potrebbe essere una depressione più persistente o addirittura cronica, anche se meno grave, associata a sensazioni di spossatezza e disperazione.
l cortisolo
è indice di una generica reazione allo stress e qualsiasi tipo di
'pressione' ne aumenterà i livelli. Al
contrario della serotonina non indica perciò necessariamente
l'esistenza di una depressione. Questo significa che il livello di
cortisolo potrebbe essere alto perché si è depressi, o a causa di
altri gravi problemi esistenziali. Potrebbe essere alto perché si è
in attesa di un intervento chirurgico o perché è appena cominciato
un nuovo lavoro in cui si prevedono molte responsabilità.
Gravi disturbi mentali comunque come la
depressione producono livelli di cortisolo più elevati, persino più
alti che nel caso di un tumore alla ghiandola surrenale.
Questa situazione biochimica è dunque un'ulteriore
dimostrazione di quanto la “mente”
e il “corpo”
siano inseparabili. Teniamo
presente che le sofferenze spirituali non solo coinvolgono sensazioni
di tristezza, il desiderio di vendetta, disperazione, ostilità,
depressione e frustrazione, ma accompagnano anche i dolori fisici
cronici. Più i dolori si prolungano nel tempo,
più diventano intensi. Molti dolori sono di natura
psicogena, cioè non hanno una radice fisica: il
dolore allora prende forma nella mente, nel senso che essa utilizza
la sensazione dolorosa come strumento per segnalare una disarmonia …
per stimolare a comprendere i vari atteggiamenti al fine di operare
un cambiamento profondo alla propria vita.
uello che si mette dentro è anche quello che si ottiene: siamo quello che crediamo di essere. Quindi attenti a quel che si pensa! Si possono evitare situazioni o persone, ma non si può sfuggire ai propri pensieri. Se si permetterà loro di essere sempre negativi, si sarà sempre propensi ad avere sentimenti, opinioni e atteggiamenti catastrofici. Pensare in modo libero e “realistico” può creare una sensazione di benessere e di aspettativa fiduciosa. Quello che diciamo direttamente a noi stessi con i nostri pensieri può cambiare radicalmente la qualità della nostra vita. I pensieri spazzatura o le immagini che si considerano irrazionali producono sempre ansia, tristezza e collera. E' importante cominciare ad esaminare certi tarli mentali, come ci si sente e come ci si comporta quando si fanno questi pensieri fissi ed invadenti: che genere di emozioni e di sensazioni provocano dentro. La ristrutturazione cognitiva non tarderà a darci una mano: permetterà di rimpiazzare tali modi di pensare con contenuti creativi e decisamente più costruttivi.
on è importante solo quello che diciamo a
noi stessi ma anche agli altri. Quasi tutti, infatti, ne
risentiamo in qualche modo dell'ospite indesiderato, della “prima
signora” (first lady), del compagno di ghiaccio, di
certe persone 'tossiche' che sfidano ogni logica, di
tutti coloro non certo a modo e non del tutto sulla nostra lunghezza
d'onda. Le persone invadenti, impiccione, curiose con cui si entra in
relazione - non essendo in grado di neutralizzarle -
influenzano sempre, nel bene o nel male, se non proprio la qualità
della nostra vita, i nostri pensieri e le nostre scelte. Il rapporto
con persone “tranquille” ci insegna ad essere “rilassati”
ed allegri; quello con persone negative,
invece, oltre a condizionarci e disorientarci, ci rende negativi ed
aggressivi. E' sempre utile decidere in tempo, con
lucidità, che cosa si vuole dalla vita e, soprattutto, scegliere la
compagnia che fa più per noi. Non dobbiamo dimenticare che le nostre
convinzioni si sono formate molto, ma molto tempo fa.
uando veniamo
al mondo riusciamo ad orientarci nell'ambiente solo ed esclusivamente
con l'aiuto delle figure di riferimento che “troviamo”
al nostro fianco. Il cervello è come una spugna: prende alla
lettera tutto ciò che gli viene proposto anche se non è reale, ma
attenzione fortunatamente tale organizzazione non è un fenomeno
genetico, e quindi immodificabile, si può - da adulti - sempre
aggiustare le cose, rendere ogni pianificazione il più vantaggiosa
possibile … creare una vita più entusiasmante, leggera e felice.
Se ad esempio ci hanno insegnato che siamo inutili e perdenti,
il nostro destino è quello di organizzare le cose con incertezza,
poca convinzione e nessuna determinazione … da
perdenti appunto. In breve, significa che questa
“incapacità” di agire è stata appresa in tutte le
sue forme possibili. Annullare tale convinzione comunque - con le
mosse giuste - non è mai troppo tardi … solo uscendo dal suo
ripiegamento interiore l'adolescente diventerà adulto; è
possibile scoprire che non siamo solo quelli che ci hanno voluto far
credere, ma saremo anche sorpresi e felici nel sapere di avere
ancora dentro di noi tante preziose risorse, tantissime cose buone da
dare – ricevere ... amare senza condizioni, in maniera libera e
spontanea … non mendicare più quello che ci spetta di diritto!
na diagnosi corretta,
ben fatta, da parte di un professionista esperto e qualificato porta,
in ogni caso, ad una serie di vantaggi importanti:
permette di pianificare velocemente un approccio terapeutico in modo
chiaro e preciso, fa aumentare la possibilità di guarigione e,
soprattutto, riduce la probabilità di fuga dal trattamento in modo
prematuro. Se
non ci si trova da subito sulla stessa lunghezza d'onda è bene
suggerire al paziente di sintonizzarsi su altre “frequenze” più
vantaggiose per il suo quadro clinico; il rischio maggiore è quello
di perdere tempo, creare un rapporto superficiale, un ambiente
diffidente e sospettoso non utile per l'intervento terapeutico.
n breve, si deve attivare un programma terapeutico guidato dal buon senso, discreta umanità e tanta, tanta professionalità; caratterizzato da un atteggiamento sinceramente amichevole, interessato, coinvolgente e non giudicante, mai spinto da una tecnica di lettura estemporanea, da improvvisazioni e pressapochismo. Mossi da conoscenze specifiche, nonché supportati da umiltà (consapevolezza delle proprie risorse e capacità), sincerità e rispetto si evita di commettere fin dall'inizio “sciocchezze” terapeutiche verso chi è già confuso e soffre le pene dell'inferno, ma soprattutto, in tal modo, si allontana una dannosa, fastidiosa e pericolosa cronicità; una relazione messa in piedi in un'atmosfera di accettazione, rispetto e comprensione, con tono sincero ed affidabile favorisce sempre buoni risultati, se non l'uscita totale dal pantano depressivo. Non sempre, comunque - mettiamoci il cuore in pace - una puntuale e attenta empatia o un atteggiamento sensibile sono sufficienti a gestire situazioni depressive importanti. I disturbi depressivi attualmente sono fra le malattie più diffuse. Si calcola ad esempio che nei prossimi decenni il 70% della popolazione, adulta e non, vada incontro ad episodi depressivi piuttosto seri.
ran parte
comunque dei depressi, attualmente, non sono censiti, trattati o
riconosciuti come tali (depressione mascherata); un fenomeno
emergente che coinvolge nuove fasce di popolazione: non
più casalinghe, ma adolescenti,
disoccupati, pensionati e anziani. Anche un approccio
generico ed eccessivi desideri salvifici, troppo invadenti ed
insistenti, non sempre sono utili e vantaggiosi, anzi, a volte
un'esagerata atmosfera di accettazione, un eccesso di attenzione non
solo può distruggere solidi rapporti familiari, ostacolare il
cambiamento e nuocere il processo terapeutico, ma trattenere il
soggetto nella palude depressiva per sempre (cronicizzare);
non è
sufficiente sdrammatizzare uno stato emotivo di questa portata con un
sorriso o con una botta sulla spalla, occorre recuperare il vero
senso dell'etica, una buona dose di pazienza e sapersi muovere in
questo difficile labirinto della mente stretto, gelido e oscuro con
grande serietà, sapienza, ed esperienza perché chi soffre, essendo
perennemente alle prese con disistima, incertezze e dubbi, scova
immediatamente - anche se in buona fede - l'adulatore, l'impostore o
il birbaccione di turno che cerca di sollevarlo con qualche giro di
mestolo ... magari
mettendo in serio pericolo
l'equilibrio psicologico e anni di duro lavoro.
li adulatori spesso sono i peggiori di tutti gli “amici” non hanno dignità e fanno perdere anche quella degli altri … bisogna lasciarli perdere. Non funziona proprio così! L'amore da solo non basta! Una cosa è l'amore, un'altra è il vero rispetto. Per aiutare veramente chi soffre occorre sempre saper mettere in atto - a prescindere dal ruolo e situazione - progetti terapeutici individuali o di gruppo ben strutturati e specifici! Bisogna sempre rivolgersi a chi ha maggiore probabilità di offrire un valido aiuto … non perché è il più bravo del reame, ma semplicemente per la sua formazione e, soprattutto, per la sua personalità idonea ad agire positivamente su quel quadro clinico … per l'esperienza accumulata in quel particolare disturbo.
i deve inoltre spiegare puntualmente al paziente con problemi
emotivi - in cui nel suo disagio spesso è assente un'affezione
organica e quindi si deve attivare un trattamento attraverso
strumenti psicologici e non direttamente organici - che con
quella scelta terapeutica non significa negargli assolutamente il
bisogno di una buona terapia: anche se è solo ansioso una certa
ragione ci sarà sicuramente. La
scelta migliore in certi casi gravi è sempre il trattamento
combinato: terapia farmacologica e terapia psicoterapia.
Il pericolo maggiore, per alcuni soggetti, infatti, quando non c'è
una prescrizione “oggettiva”, sarà appunto quello
di sentirsi delusi, non considerati, accettati e, quindi, cercare
inutilmente un professionista più compiacente o più, a loro dire,
attento, comprensivo.
isogna spiegare attentamente che la psicoterapia non ha niente a che fare con le fattucchiere, con quella forma di conforto che può dare chiunque, con la semplice suggestione o con l'effetto placebo; essa è una precisa metodica terapeutica scientifica ampiamente collaudata che stimola l'individuo, senza nessuna forzatura e nel massimo rispetto della sua natura, a cercare soluzioni più vantaggiose, rafforzare i rapporti con se stesso e gli altri ma, soprattutto, a comprendere le sue reali risorse. La psicoterapia è prima di tutto una modalità relazionale, un dialogo tra pari, tra due colloquianti che hanno compiti e ruoli diversi ma di uguale importanza; il paziente deve comprendere che ognuno di noi può trovarsi in una fase di stallo apparentemente senza ragione, ma che alla fine, con le mosse giuste, è in grado di superare ogni ostacolo della vita, scoprire come sfruttare al meglio il proprio talento, come vivere in modo più creativo e profondo la sua esistenza … e questo può avvenire solo se si è sulla stessa lunghezza d'onda, ci si impegna a riprendersi il controllo della vita; strumenti “verbali” che mirano a portare un equilibrio ormonale, rafforzare l'autostima, potenziare il senso di padronanza, una maggiore capacità e una giusta competenza nel dare e nel ricevere ogni cose: una buona gestione dei propri impulsi e sentimenti.
'obiettivo
di questo strumento terapeutico è rivolto a fare chiarezza su quanto
accade nel tempo presente, insegnare alcune metodiche psicosomatiche
per gestire le fasi acute della crisi, fornire inoltre gli strumenti
per rielaborare e gestire in modo vantaggioso tutte le ferite del
passato ... affrontare il futuro in modo più sicuro e sereno.
La psicoterapia inoltre si avvale di uno strumento non verbale
chiamato transfert. Il transfert è un
rapporto speciale tra professionista e paziente, che si sviluppa
durante un momento particolare del trattamento. Nel
transfert il soggetto rivive come presenti situazioni infantili che
sono all'origine dei suoi conflitti. I
sentimenti di amore o di odio che aveva provati allora si
trasferiscono sulla persona del professionista. Il
successo della “cura” dipende dal modo con cui il professionista
affronta e gestisce il
transfert.
Il
fenomeno del transfert, comunque, è osservabile in moltissime
situazioni o rapporti sociali o lavorativi … non necessariamente si
manifesta solo nell'attività terapeutica (ecco
perché nel quotidiano quello ci piace o non ci piace, ci appare
simpatico o antipatico, sensibile o insensibile, arrogante o umile
...).
gni rapporto professionale, lavorativo, scolastico, sociale, può essere infatti studiato in termini di transfert. Il transfert che si sviluppa tra malato e professionista ha di particolare, prima di tutto, una straordinaria intensità, e può essere estremamente aggressivo (una modalità relazionale che si manifesta attraverso la critica, la diffidenza, la gelosia, di non essere considerati, amati, si è convinti che tutti ci trascurano, ci escludono da ogni cosa anche la più banale ... il tutto è la conseguenza di problemi infantili non risolti che si rivivono nel tempo presente nei vari rapporti). Il transfert come relazione fondamentale che regola i rapporti tra paziente e professionista, ha una doppia funzione: è l'ostacolo più importante al ritorno degli elementi rimossi, a riprodurre le relazioni del passato, che il paziente ha vissuto nell'infanzia con le figure di riferimento. La resistenza che compare con lui è il segnale dell'esistenza di un conflitto che bisogna mettere in luce per portare il soggetto alla guarigione. Ma è anche il supporto delle proiezioni del paziente, che riuscirà a rivivere in tutta la loro intensità drammatica i conflitti e le inibizioni che hanno segnato il suo passato. Per questo è il più potente strumento terapeutico. E' compito del professionista dominare il transfert, servirsene e poi distruggerlo. La cosa però non è così semplice: esiste anche un contro – transfert. Con questo termine si indicano le complesse reazioni inconsce del professionista nei confronti del paziente … che gli riattiva i suoi conflitti. E' necessario quindi che prima che si sviluppi questo rapporto fantasmatico, chiave di volta del rapporto tra professionista e paziente, il professionista risolva i suoi disagi emotivi.
iassumendo,
possiamo dire che il transfert è un tipo di rapporto particolare che
si stabilisce nel corso della cura tra il professionista e il
paziente, e mediante il quale quest'ultimo rivive con il dialogo a
due alcune emozioni dell'infanzia. Ogni
relazione è affrontata da ogni persona come un'evocazione ed una
ripetizione di una situazione passata. Proietta sul
professionista gli affetti
che erano fino ad allora inconsci
(su qualsiasi
interlocutore o cosa … colleghi, amici, partner, insegnante,
lavoro, studio … e, così, per compensare le nostre carenze o i
vari eccessi di natura emotiva, senza neppure conoscere il perché,
andiamo alla ricerca di compagni di viaggio speciali, insignificanti, dominanti,
dipendenti, semplici, complicati, intelligenti, ottusi, attenti,
distratti, altruisti, egoisti, traditori, leali, banali, incantatori,
amorevoli, aggressivi, buoni, cattivi, sicuri, insicuri, sensibili,
arroganti, estroversi, introversi, protettivi, caldi, freddi …
depressi).
l
transfert può essere positivo, ed allora abbiamo dei sentimenti di
amore e di stima verso il professionista, si manifesta con un
abbandono fiducioso, una profonda ammirazione, una entusiastica
amicizia e, in alcuni casi, un attaccamento amoroso verso di lui;
può essere negativo, tale da spingere il soggetto a fuggire il
rapporto o la terapia, ad avere nei confronti dell'altro una certa
aggressività, sia spontaneamente per ragioni che meriterebbero di
essere chiarite, sia più semplicemente a seguito di una eventuale
mancanza di “sensibilità”,
che fa in qualche modo rinchiudere il soggetto nel proprio “guscio”;
può far sorgere non solo un odio profondo e diffidenza verso un
professionista, ma anche annullarlo, squalificarlo completamente (non
piace più, non vale nulla, non è più quello di un tempo... ha
tutti i difetti del mondo).
D'altra parte, il transfert soprattutto negativo può estendersi dal singolo al gruppo, dallo studente alla scuola, dal medico alla medicina, dal lavoratore all'imprenditore. Si resta spesso sorpresi di fronte all'ostilità o al disprezzo di individui ben scolarizzati ed intelligenti e, quindi, con un buon equilibrio cognitivo che criticano in blocco e senza avere uno sguardo complessivo e generale del rapporto o della situazione. Humour e ironia, aggiungiamo anche squalifica, - forme superiori, ben controllate e ben camuffate dall'aggressività - sono in realtà una forma di difesa ben nota contro una forza alla quale si è costretti a “sottomettersi” e che non si osa attaccare frontalmente.
on possiamo sfuggire. Il contatto affettivo
è proprio di ogni relazione umana: portiamo
in campo quello che abbiamo imparato, quello che sappiamo fare e
dare.
Il contatto è avvertito da entrambi: sia
chi agisce sia chi subisce.
Ognuno di noi può essere immediatamente buono o cattivo, reticente o
spontaneo. Alcuni irritano sordamente o vanno subito a genio al loro
interlocutore. La sfiducia o la fiducia non si possono simulare.
L'emozione o l'imbarazzo rendono più o meno facile qualsiasi
rapporto. Il seguito potrà, se ben gestito, confermare o modificare
questo primo legame. Una delle maggiori difficoltà
della cura “verbale” è appunto il modo di usare e
successivamente eliminare questo straordinario rapporto affettivo …
sentimenti riattivati, messi in atto in quel preciso, unico,
singolare rapporto. Una
relazione costantemente positiva nel lavoro terapeutico può
ostacolare una rievocazione di fantasie e conflitti del passato.
Quando il transfert non viene eliminato, il soggetto rimane in un
rapporto di dipendenza infantile nei confronti del professionista.
Riattivando il passato, il transfert crea una situazione nuova,
attuale, una sfera intermediaria tra la malattia e la vita reale.
Se si risponde ad ogni slancio del paziente non si farà altro che
bloccare sulla persona del professionista le forze che cominciano a
liberarsi.
ueste forze devono invece essere indirizzate alla vita reale … sui legami esistenti e sull'ambiente circostante, sperimentare liberamente sensazioni e sentimenti; il soggetto, avendo l'opportunità di esprimere spontaneamente il suo stato d'animo, in un ambiente controllato come quello che avviene nel setting terapeutico (banco di prova), può rendersi conto che non ci sono pericoli affettivi, che non rischia di inciampare in qualche tranello del passato, che non avrà a che fare mai più con certi squallidi ricatti e inganni, che non sbatterà contro nessuna delusione, che non ha assolutamente nulla da temere, che non c'è nessun azzardo nell'esprimere il proprio mondo affettivo e, quindi, potrà cominciare a viverlo liberamente nel suo ambiente reale.
l professionista quindi
deve rimanere distaccato, sia fisicamente sia mentalmente, non
rifiutare i sentimenti del paziente, ma neppure assecondarli
eccessivamente. Se può essere vinto il principio di piacere (ricerca
istintiva e continua del piacere), se il paziente riesce a
rinunciare ad una soddisfazione immediata per un appagamento più
lontano, differito nel tempo, se il trattamento può proseguire in
uno stato di leggera frustrazione e di ragionevole “astinenza”,
si potrà allora ottenere la risoluzione dei vari problemi emotivi.
Il transfert può essere vissuto, per alcuni specialisti, come una
resistenza. La resistenza è tutto quanto si oppone, in parole o
atti, alla continuazione della cura e allo sconfinamento dell'analisi
nel serbatoio dell'inconscio. Se il
transfert appare come una resistenza, è perché sostituisce al
ricordare conversando, alla associazione delle idee, una ripetizione
del fatto vissuto inconsciamente.
itornando nuovamente alla descrizione dello stato depressivo possiamo dire che questo caos emotivo spesso può essere confuso non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dai familiari più comprensivi e, soprattutto, può risultare estraneo, assolutamente non sentito o non interpretato nella sua reale gravità dai diretti interessati ... non riconosciuto completamente da chi lo vive direttamente; chi è alle prese con una tristezza invincibile, una perdita generalizzata della vitalità e lotta contro questo gelido ed oscuro modo di vedere e interpretare le cose, sia interne sia esterne a lui, sa perfettamente cosa intendo dire. Un fenomeno depressivo definisce il reale stato dell'umore: riguarda il fantastico mondo delle emozioni, a volte in eccesso a volte in difetto.
seconda dello scontro -
incontro con se stessi e gli altri è possibile sperimentare apatia,
euforia, vergogna, invidia, rabbia e ansia.
Le
persone soffrono di ansia quando sono “convinte” che qualcosa di
drammatico o negativo possa accadere loro in futuro. Ma
perché essere ansiosi per qualcosa che può non accadere mai?
E' fondamentale, quindi, essere presenti a se stessi (sentire,
conoscere attraverso i sensi),
concentrare i pensieri sul presente, non sul futuro. Il futuro può
non arrivare mai, ma il presente è sempre qui, a portata di mano, e
deve essere vissuto nella sua pienezza: rispetta
sempre in tempo reale il nostro metabolismo.
Questo anche quando si è malati; se sei alle prese con una seria
patologia conclamata, solo col “pensiero magico” la puoi
“confondere” o “annullare”; opporsi - non potendo risolvere
la situazione - significa creare ulteriore squilibrio psicosomatico …
le risorse fisiologiche rimaste vanno utilizzare per ricostruire,
rivitalizzare l'intero organismo.
ssere ansiosi significa anche
perdere ciò che sta succedendo nel presente. In quel momento,
quindi, si sta negando l'esistenza. Vivere il presente, godersi la
vita come si presenta non è facile ma con le mosse giuste, con
l'allenamento la cosa è possibile, il momento e il luogo che si sta
vivendo sono gli elementi più importanti, perché è quella la vera
esistenza, la realtà … è quello che sta accadendo in tutti i suoi
aspetti sia positivi sia negativi … rispettare e vivere bene il
tempo presente - non essendo in continua attesa o bloccati da
cianfrusaglie mentali - ci permette di non produrre inutilmente i
vari ormoni, e, quindi creare un ulteriore squilibrio biochimico. Al
di là della gravità, affrontare le cose con più difese, in
maniera più ottimale e con maggiori risorse fisiologiche è sempre
la cosa migliore.
e ciò non si realizza, il “destino” è segnato: si crea una drammatica chiusura in se stessi e nei confronti del mondo circostante; una perdita di interesse per ogni attività e passatempi, sentirsi come in un sogno: estranei nel proprio corpo; il tutto accompagnato da un rallentamento dell'attività, scoraggiamento e un senso di incapacità a svolgere anche il compito più banale, un'indecisione cronica e un calo dell'umore perlopiù persistente ... con il cuore sanguinante, spento, relegato nello scantinato buio delle emozioni, si rimane completamente impigliati nelle ragnatele affettive ... tutto diventa opaco, nessun sorriso e piacere, la vita sessuale è oramai un lontano ricordo. Un soggetto caratterizzato dal fatto che comincia qualsiasi cosa con entusiasmo ma perde rapidamente interesse. Un personaggio che si sente sempre fuori posto, che si lamenta continuamente di essere cattivo e lussurioso: avido, egoista, orgoglioso, vanitoso, geloso e invidioso.
ueste angosce non riguardano solo la risposta emotiva che dà
solitamente ai suoi pensieri, idee, atteggiamenti e ispirazioni, ma
anche l'attenzione riservata ai suoi bisogni psicologici e
fisiologici. Per
orientarci un po' in questo fenomeno umano possiamo paragonare il
depresso a chi ha sempre freddo e il “maniaco” (l'altra faccia
della medaglia), come vedremo più avanti, a chi non sopporta una
maglietta di seta sulla pelle neppure in presenza di due metri di
neve. Due personaggi estremi: uno grigio
(gelido) l'altro rosso (incandescente). Ogni
porta rivolta alla vitalità è chiusa, completamente sigillata sia
all'esterno sia all'interno. Un individuo in perenne
lotta con un tono dell'umore ballerino, una scarsa fiducia in se
stesso, un pessimismo cosmico e un senso di colpa distruttivo; una
lotta continua contro il senso di vuoto, la stanchezza,
la delusione, l'atteggiamento di chiusura verso le cose: una sfiducia
che affoga lentamente il corpo e la mente.
carsa
reattività mescolata a profonda stanchezza, mente dominata da un
continuo rimuginare e persistenti lamenti, pessimismo, autoaccuse,
vergogna, ricerca spasmodica di riscatto
e conferme, lettura della realtà completamente irrealistica,
iperattività fisica e mentale.
Tutti
modi di reagire che prendono forma nella delusione, nascono spesso da
una routine inutile, troppo piatta, che porta all’apatia e al
vuoto, fino a sfociare nel quadro clinico morboso … quello
depressivo.
Il corpo invia segnali per far capire che qualcosa non va nella
propria esistenza: insonnia,
stipsi, dolori muscolari, mal di testa, perdita della libido,
disturbi alimentari, digestivi, oppressione al torace, pensieri di
morte.
Una
modalità reattiva sbagliata con cui il soggetto scalpita, esige,
protesta ed esprime in silenzio giudizi di valore, seguendo l'assurdo
copione (inconsapevole) che la sua 'autodistruzioni' stimoli o meglio
serva a sensibilizzare l'intera umanità mentre, invece, altro non fa
che provocare negli altri solo barricate e continui rifiuti;
un
giudice che diventa insopportabile anche nei gesti più banali, crea
distanza ed abbandono; senza quel compenso affettivo tanto desiderato
altro non può fare che sperimentare un profondo senso di vuoto, di
perdita, imboccare la via della solitudine e della frustrazione. E
così la vita si restringe, non rimangono tante alternative, si passa
dal profondo
taedium vitae alla
perdita totale dell'élan
vital.
Concludendo questa parte non possiamo dimenticare un prezioso contributo letterario su alcuni aspiranti suicidi: “Non buttiamoci giù”. Un libro che affronta il tema della vita e della morte e che ci insegna quanto è difficile accettare la realtà; fa riflettere su alcune scorciatoie che apparentemente non costano fatica, soluzioni frettolose nel gestire il tormento esistenziale: il suicidio. Ma soprattutto ci fa capire quanto sia importante avere dei buoni amici che aiutano a sconfiggere la solitudine e anche quando i problemi appaiono insormontabili o esplosivi questo solido legame non solo accende la speranza e stimola ad impegnarci fino in fondo nelle cose quotidiane, ma ci sostiene e ci spinge a continuare, a non piegare il capo, a non scoraggiarci, a non smettere mai di sorridere: guai rinunciare a sognare … io ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere e apprezzare quest'opera letteraria attraverso un dono speciale, inaspettato: grazie Licia!
Concludendo questa parte non possiamo dimenticare un prezioso contributo letterario su alcuni aspiranti suicidi: “Non buttiamoci giù”. Un libro che affronta il tema della vita e della morte e che ci insegna quanto è difficile accettare la realtà; fa riflettere su alcune scorciatoie che apparentemente non costano fatica, soluzioni frettolose nel gestire il tormento esistenziale: il suicidio. Ma soprattutto ci fa capire quanto sia importante avere dei buoni amici che aiutano a sconfiggere la solitudine e anche quando i problemi appaiono insormontabili o esplosivi questo solido legame non solo accende la speranza e stimola ad impegnarci fino in fondo nelle cose quotidiane, ma ci sostiene e ci spinge a continuare, a non piegare il capo, a non scoraggiarci, a non smettere mai di sorridere: guai rinunciare a sognare … io ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere e apprezzare quest'opera letteraria attraverso un dono speciale, inaspettato: grazie Licia!
li
individui di questo genere, però, così raramente dediti
all'introspezione, possono essere in segreto terrorizzati dal
pensiero che, se abbassano la guardia, saranno di nuovo ridotti
all'impotenza dell'infanzia.
Da qualche parte, nei meandri nascosti del suo passato, ogni ex
bambino prodigio spesso, durante un'anamnesi clinica, ricorda una
figura che l'ha fatto sentire
impotente, inutile o insicuro.
La grande crisi in un personaggio simile è scatenata,
paradossalmente, dal raggiungimento del successo. Fino ad allora ha
dato per scontato, inconsciamente, che quando sarà arrivato in cima
detronizzerà una volta per tutte il dittatore interiore che un tempo
lo faceva sentire debole. In realtà non è così semplice, la
tempesta nera è brutale e soprattutto non fa sconti a nessuno …
bisogna imparare a “danzare” sotto di essa … il senso di
benessere emotivo non si improvvisa, c'è o non c'è … bisogna
ricostruirlo con rispetto, delicatezza, devozione ed affetto.
Chi non ha vissuto sentimenti di umiltà, confidenza, intimità e
gratitudine non potrà mai sentirsi degno di affetto, stima e
considerazione.
arà sempre alla ricerca di una figura di riferimento sensibile, disponibile, accogliente e protettiva: attenzioni che non ha o crede di non aver mai avuto nel giusto dosaggio. Un individuo cresciuto in una cultura dominante in cui la parola d'ordine è “Onora il padre e la madre” e non “Onora anche i figli” … lontani anni luce da un sincero rispetto, profonda considerazione verso la personalità e il divenire infantile. Un piccolo che spesso è chiamato a compensare carenze affettive, a soddisfare esclusivamente esigenze psichiche delle figure di riferimento (vedasi il caso clinico di Alessandro): desideri e aspettative impossibili da esaudire in quanto appartengono al mondo genitoriale di un tempo passato, alle loro dirette esperienze infantili non risolte (sentimenti riversati nelle dinamiche familiari); un fenomeno mascherato - pur essendo già grandi - da un forte desiderio infantile di essere amati, stimati e considerati continuamente da qualcuno; un bisogno che si farà sentire, poi, con il suo linguaggio incerto, con parole mancanti e una singolare gestualità capricciosa in ogni settore della vita quotidiana: familiare, scolastico, lavorativo e sociale; in alcuni casi, i figli, per dirla senza peli sulla lingua, sono usati dagli adulti per fini prettamente compensatori e narcisistici; non essendo stati amati (a loro volta) come avrebbero desiderato, nel nuovo rapporto si sentono frustrati e questo risveglia in loro invidia, insofferenza, malumore, continua aggressività, reazioni decisamente rabbiose e, spesso, parziale o totale rifiuto dell'altro, del piccolo … avversione, estraneità, cecità estesa verso i bisogni altrui. Una sofferenza non certamente voluta, del tutto involontaria, ma purtroppo a volte vissuta; un'esperienza fatta di ricatti e di deprivazioni, un affetto pagato con il sacrificio e schiacciato da eccessive richieste, aspettative esagerate, imposizioni assurde.
viluppa
il disagio depressivo chi ha ricevuto poca attenzione (figli
che a loro volta diventeranno genitori),
chi è stato costretto a fare da parafulmine alle frustrazioni
familiari e sociali ... chi ha vissuto direttamente una perdita di
affetto, una insufficiente protezione, non gli è stata garantita
nessuna tutela, una giusta protezione e un'adeguata sicurezza non ha
scampo: è un perfetto candidato a questo malessere.
La
vita è stata intessuta di circostanze negative, di umiliazioni, di
frustrazioni, di rinunce, di lotte senza speranza.
Quando
ciò si verifica con particolare intensità e continuità o esistono
situazioni in cui l'individuo è portato a crederlo, insorgono
sentimenti di disistima, di insicurezza, di timore, un'inquietudine
scaturita dall'orgoglio ferito, desideri molto spesso repressi e,
soprattutto, di rivalsa aggressiva contro l'ambiente circostante.
Questa desiderio di vendetta tende allora a sviluppare un meccanismo
di difesa, che può concretizzarsi in reazioni positive, sane
o morbose, attive o passive.
ra le compensazioni dal significato positivo possiamo includere le scelte, le decisioni e le azioni che conducono al successo o almeno ad un proficuo inserimento sociale. Fra le compensazioni negative spiccano invece i sintomi comportamentali del disagio emotivo e tutta la vasta gamma dei disturbi funzionali oggi sapientemente descritti dalla medicina psicosomatica. Molti si avvicineranno con diffidenza e sospetto non solo agli eventi della vita, ma anche al loro benessere, alla cosa più importante, preziosa e unica che ogni essere umano con tutte le sue forze dovrebbe perseguire: la salute e la felicità. Alcuni degli artifici che possono compensare questo scontro con l'ambiente o tendono a consolidare un vacillante senso di sicurezza sono embrionalmente di natura “patologica”, fanno parte, in forma diversa, del bagaglio difensivo di tutte le persone.
n
modo, ad esempio, di abbigliarsi clamoroso o invece dimesso, la
scelta di una professione subordinata o socialmente in vista, un
atteggiamento schivo o al contrario troppo “euforico” (espansivo)
nei confronti del prossimo, sono compensazioni comunissime di un
disagio interiore, indirizzate lungo la via dell'affermazione
aggressiva o del ripiegamento passivo, ma sempre con l'intento di
raggiungere un equilibrio più o meno fittizio, di ottenere una
rivincita verso l'ambiente oppure di evitare situazioni ritenute
umilianti, per gestire ferite importanti.
Quando si è piccoli, infatti, si impara a mettere a fuoco la propria
attenzione non solo sul comportamento che porta ad approvazione, ma
anche su quello che porta alla disapprovazione, in modo tale da
poterla gestire al meglio attraverso l'anticipazione. Bisogna fare
così, per mantenere il benessere (equilibrio)
e “raggirare”
il disagio.
osì lentamente si impara ad usare strategie
nell'affrontare la vita, a stare sull'attenti, ad aspettarsi sempre
qualcosa, a prestare eccessiva attenzione ai gesti di approvazione e
disapprovazione, di premi e punizioni …
il
tutto condito con agitazione, frenesia, ansia e angoscia.
L'ansia, infatti, non è altro che una continua attesa, l'anticipo
senza ragione di un dramma, di un evento catastrofico: intensa
preoccupazione o paura, uno stato fisiologico di allerta.
Ecco
perché spesso siamo presi da un senso di disagio diffuso senza
sapere le cause e conoscere il vero motivo di una certa condizione
psicosomatica, il perché di tale agitazione.
Poiché l'approvazione della figura di riferimento significativa ha
un grande valore, e poiché la disapprovazione nega la soddisfazione
e produce angoscia, il bimbo per sopravvivere attiva alcune strategie
specifiche per gestire la paura e l'insoddisfazione (meccanismi
di difesa).
Introiezione
e idealizzazione
sono i meccanismi di difesa utilizzati dalla persona depressa.
Introiezione:
attraverso
questo meccanismo di difesa, derivato dall'identificazione, si
trasferisce con modalità fantastica, dall'esterno all'interno
oggetti con le loro specifiche e singolari qualità
(rappresentazione, significato, valore, importanza). Inghiottire
l'oggetto angoscioso, facendolo scomparire all'interno di sé,
rappresenta la tattica difensiva del lutto melanconico; un'altra
forma di
introiezione
è
nota come
l'identificazione
con
l'aggressore
… presente nei tratti sadici ed impulsivi. Quando siamo legati a
qualcuno a livello affettivo o amiamo profondamente quella
determinata persona, questo meccanismo difensivo (introiezione) ci
permette di
depositare
dentro
di noi le loro rappresentazioni importanti, diventano parte della
nostra identità: le caratteristiche di quella persona “speciale”,
parziali o totali, diventano parte di noi.
e disgraziatamente questa
persona interiorizzata ci viene a mancare - separazione, abbandono,
rifiuto, lutto - sentiamo che anche dentro di noi abbiamo perso
qualcosa, siamo sminuiti, privi di valore, svuotati e deprivati di un
qualcosa di importante per noi … una
parte dentro di noi è morta, si è spenta e così un insopportabile
senso di vuoto interiore comincia a prendere forma.
Nei casi più gravi il soggetto comincia - a volte per recuperare a
livello inconscio l'oggetto perduto - a colpevolizzarsi o passare in
rassegna ogni ipotetico errore che pensa abbia fatto allontanare da
lui questa figura vissuta in modo piuttosto intenso, importante o
rappresentativo (non riesce a rassegnarsi della perdita).
L''identificazione,
invece,
è il processo psicologico per cui il soggetto assimila un aspetto,
una proprietà, un attributo di un altro e si trasforma totalmente o
parzialmente sul modello di questo.
L''identificazione
viene
messa in moto all'inizio con le immagini dei genitori, maestri,
fratelli, amici. Nell'idealizzazione,
invece, il soggetto attribuisce a sé o ad altri caratteristiche
esageratamente positive.
d esempio, è uso comune bere alcolici (o
abbuffarsi a pranzo e a cena),
pur conoscendo i danni derivati dall'assunzione di alcol etilico nel
nostro organismo, ma il bisogno di calmare, almeno temporaneamente, i
bollenti spiriti, la sofferenza dell'ansia ci induce a tale scelta. I
pericoli esterni sono quelli che potrebbero derivare dal
soddisfacimento dei desideri colpiti dai divieti sociali. I pericoli
interni derivano dalle varie tensioni, dal significato e dalle
rappresentazioni loro collegate. Se il soggetto non riesce a
mobilitare in tempo risorse energetiche sufficienti a mantenere
l'equilibrio psichico, la crescita delle tensioni interne può
provocare disturbi somatici e mentali. Se
la difesa può essere all'origine della malattia, la malattia può
essere un mezzo di difesa.
I meccanismi di difesa spaziano da livelli
difensivi altamente adattivi
(capacità
ottimale nella gestione degli agenti stressanti: umorismo, altruismo,
autoaffermazione, autosservazione, sublimazione)
a
livelli di cattiva regolazione difensiva
(fallimenti
vari nel contenere agenti stressanti fino a giungere a una
significativa rottura con la realtà: proiezione delirante, diniego
psicotico, negazione, allucinazioni, lamentarsi ma rifiutare l'aiuto,
scissione, identificazione proiettiva).
orniamo
ancora una volta a noi, all'argomento principale. Il depresso proprio
perché pensa di aver avuto poco dalla vita - per il suo infinito
bisogno d’affetto mai ricevuto nelle dose giuste - nei rapporti è,
oltre
a colpevolizzarsi in ogni istante del giorno,
petulante, disfattista, insoddisfatto, noioso e passivo.
E' un vero e proprio “demolitore”:
ogni
cosa per lui sembra perdere senso, si allontana dalla realtà.
Il “male
oscuro”
segnala un senso di fallimento, una vita vuota, senza progetti,
entusiasmo e passione, che non piace, spinge ad isolarsi, ad essere
sempre in un altro posto (passato
o futuro, mai nel presente),
annulla autonomia e movimento, odia i rumori e la luce: un
vero campione nel procurare tristezza e spegnere la vita.
on si potrà mai sottolineare abbastanza il fatto che lo stato
depressivo è al tempo stesso una forma di disturbo narcisistico
dell'Io (Io: istanza psichica che svolge la funzione di regolazione
tra il principio di piacere e il principio di realtà, presiede alle
operazioni difensive), un'ipertrofia maligna del Super-Io (Super –
Io: sistema psichico che preme per il mantenimento di una condotta
morale adeguata e orienta verso la realizzazione degli ideali, è un
censore e il frutto dell'interiorizzazione delle richieste e delle
proibizioni dei genitori) e un segno di disordine degli impulsi
aggressivi.
olte sono le tipologie depressive che
possono disorientare persino seri e preparati professionisti. Nella
recente letteratura scientifica troviamo (senza sconfinare nei
manuali tecnici DSM - IC 10) la monopolare
che si manifesta con un tono dell'umore “sempre” uguale
(diciamo prevalente), endogena
con squilibrio biochimico, psicogena
(indotta da eventi esterni) e la bipolare
(accompagnata da cicli
maniacali) che si esprime con tratti emotivi diversi
(oscilla tra fasi depressive e maniacali). La
depressione monopolare
è uno stato emotivo caratterizzato da tristezza, scoraggiamento,
disperazione, un abbassamento generalizzato della vitalità e perdita
del gusto di vivere: una
condizione che influenza la mente, il corpo, il comportamento, la
vita sociale e lavorativa.
a
vita appare grigia noiosa, in bianco e nero, priva di sapori, di una
trama davvero insensata e poco coerente, ogni attività diventa un
peso, anche quella che un tempo era motivo di entusiasmo e di
divertimento;
ore
per mettersi in piedi, per vestirsi o per prepararsi semplici
spuntini.
Una
trasformazione peggiorativa dell'umore e degli affetti, un pessimismo
che porta all'immobilismo o all'irrequietezza accentuata.
Diventa faticoso portare avanti le attività consuete, elementari e
gli atteggiamenti dominanti sono quelli della rinuncia, della
preoccupazione e della inadeguatezza. Schiacciati letteralmente da
piccole e banali responsabilità della vita quotidiana. Per
alcune persone diventa uno sforzo persino a mangiare mentre per altre
il cibo è un sollievo: ingoiano voracemente di tutto, soprattutto
dolci e alimenti ad alto contenuto calorico.
I
sintomi che dominano questo quadro clinico sono: sentimento di
tristezza e pessimismo, scarso interesse per il futuro, svogliatezza
e perdita di interesse, chiusura in se stessi, diminuzione dei
rapporti sociali, modificazione dell'appetito, alterazione del ritmo
del sonno, irrequietezza e diminuzione di ogni attività, difficoltà
di concentrazione, di assumere decisioni e responsabilità, senso di
inutilità o di colpa, pensieri tetri, di morte o di suicidio.
Tale
fenomeno mentale acuto, infatti, implica rallentamento del pensiero,
diminuzione del senso di piacere (anedonia), sensi di colpa,
avvilimento, disperazione, apatia, disturbi alimentari e del sonno.
ensazioni corporee spiacevoli con vere e proprie somatizzazioni:
testimonianza fisica della sofferenza (sensazione di vuoto interiore,
di oppressione allo stomaco - capacità di accogliere e digerire l'ambiente circostante - problemi intestinali - capacità o meno di trattenere e assorbire le cose quotidiane - alla schiena - insicurezza, non sentirsi sostenuti - cefalea - trattenere, un ingorgo di pensieri).
Non
solo l'umore costantemente triste è un sintomo rilevatore ma anche
le lacrime facili (la
commozione arriva troppo facilmente, si piange per un nonnulla …
una scena di un film, un semplice gesto, la visione di una banale
carezza),
il vuoto mentale (si
è assenti, il pensiero vaga senza meta, colmi di sensi di colpa),
la svogliatezza (la
stanchezza diventa cronica, tutto diventa faticoso)
e l'indecisione (ogni
scelta, anche la più banale, diventa una impresa titanica).
ome
abbiamo potuto vedere, il nucleo centrale della depressione consiste
in una marcata deflessione del tono dell'umore e solo se alcuni
sintomi sopraelencati si manifestano insieme quotidianamente, per un
periodo di tempo relativamente lungo, causando disagio notevole,
possiamo considerarla tale.
L'attività mentale (o
fisica)
può essere sia accelerata sia rallentata. A volte è presente una
agitazione molto fastidiosa in cui sembra davvero impossibile
riposare: stare
seduti o fermi.
Poi si è sempre stanchi e privi di energia: alzarsi
al mattino è un'impresa davvero difficile, richiede uno sforzo
enorme
(iniziare la giornata è un'impresa davvero complicata proprio perché
non si vede nulla di interessante in giro o da fare), sembra
di non aver riposato per niente.
In queste condizioni non si è in grado di far fronte alle piccole
attività domestiche o quelle lavorative, non ci sono stimoli
interessanti, coinvolgenti: tutto
viene trascurato, anche la cura e l'igiene personale, manca
completamente l'energia.
L'autostima è sotto terra, l'autosvalutazione non manca mai come
ingrediente principale dell'umore basso, ci si sente in colpa per
ogni cosa, anche per faccende che sono al di fuori delle proprie
competenze, di essere responsabili persino della propria malattia.
a mente è a dir poco paralizzata, confusa ed annebbiata, l'attenzione sull'attività lavorativa è inesistente e ballerina, perché i pensieri sono tutti concentrati sul proprio senso di inutilità, di rammarico e di disistima. E' presente una profonda incapacità di futurizzarsi. Il pessimismo verso il futuro, inoltre, vincola e produce la depressione, in quanto rende il soggetto demotivano a fare qualsiasi cosa: a collaborare anche nel progetto terapeutico. A volte sembra manifestarsi senza motivi e tanto meno attraverso una spiegazione razionale: pare davvero un'affezione invisibile. Ma per i più attenti non può passare inosservata perché il soggetto è sempre triste, sfiduciato, cupo, senza speranza, non desidera nulla e, soprattutto, ha perso il senso delle cose. Oltre a sentirsi colpevole e sacrificarsi per ogni cosa, non credere in se stesso, di non valere nulla e con un'autostima completamente azzerata, pensa che nella sua esistenza nulla si possa cambiare e che nessuno lo possa aiutare. Questa è la vera difficoltà per ogni professionista a far uscire il depresso dal suo "pantano" esistenziale.
entre la diagnosi dipende dal livello del turbamento
connesso al quadro clinico in questione, la prognosi, invece, dipende
dal grado di accessibilità del soggetto. Questo criterio ha la
precedenza su tutti gli altri criteri prognostici, poiché, sebbene
sia generalmente vero che l'accessibilità è in ragione inversa
della profondità del disturbo emotivo, ci sono però molte eccezioni
a questa regola. L'accessibilità all'influenza umana dipende dalla
capacità del paziente di stabilire il transfert (vedasi
articolo precedente),
ossia di ripetere in situazioni attuali e, in particolare, nel suo
rapporto con il professionista (di
qualunque indirizzo o scuola sia),
gli atteggiamenti emotivi inconsci sviluppati durante la vita di
famiglia della sua prima infanzia. I transfert, ricordiamolo ancora
una volta, possono essere a loro volta suddivisi in positivi
(amichevoli)
e negativi (ostili).
Dove prevalgono i transfert negativi sui positivi, il paziente tende
ad essere inaccessibile all'influenza, a qualsiasi relazione.
S'intende che anche l'inaccessibilità è una questione di gradi e,
per, il fatto che il paziente sembra inaccessibile, non ne segue che
egli sia inadatto al trattamento psicoterapico.
pazienti che hanno una costituzione depressiva, ad esempio, pur
nella gravità, si trovano in condizioni migliori (accessibilità
– transfert positivo)
che non i soggetti dotati da una disposizione persecutiva
(inaccessibilità
– transfert ostile).
Anche una valutazione accurata dei sintomi psicologici dell'infanzia
è importante ai fini della prognosi. Ed è evidente l'inestimabile
importanza per i genitori del fatto che il professionista sia in
grado di indicare in anticipo quali difficoltà potrà incontrare il
bambino nel suo sviluppo successivo. Esistono tre possibilità
principali: il
sintomo può sussistere anche nella vita adulta, come quando
rimangono inalterati l'avversione per certi cibi, o l'inibizione
intellettuale, o la prova del buio;
può
sembrare che esso diminuisca, mentre di fatto subisce solo uno
spostamento, come quando le difficoltà nell'ingerire il cibo sono
sostituite da difficoltà di apprensione intellettuale;
esso
può scomparire come sintomo per ricomparire come un disturbo
caratterologico o di comportamento.
rescindendo da tutto ciò, l'esistenza di un problema infantile è
un prerequisito per lo sviluppo di una psicopatologia adulta. Anche
se il disturbo infantile scomparisse spontaneamente, si dovrà avere
la massima cura per evitare situazioni di tensione psicologica
nell'infanzia più tarda, e per scegliere il più adatto sistema
ambientale, sia educativo sia sociale. Al di là dell'aspetto
tecnico, come
abbiamo potuto vedere, per alcuni,
la
depressione trova nell'atmosfera familiare un terreno predisponente.
Un buon rapporto con la figura di riferimento sereno, una vera
accettazione, una adeguata sensibilità ai segnali del piccolo,
allontanano la struttura depressiva. Con tali atteggiamenti di
confidenza e di intimità il bambino si sente rispettato, rassicurato
ed amato, non avrà nessun dubbio sul suo valore ... può
iniziare con sicurezza il proprio cammino evolutivo … affronterà
la vita con determinazione, andrà in battaglia anche con un semplice
“temperino”.
n
punto di riferimento assente, rifiutante o insufficiente, scostante,
assente, freddo e duro nei modi, inculcherà nel bambino il
"sospetto" di non valere nulla e di non essere amato,
indegno di affetto, stima e considerazione;
non rispettando quelle famosi fasi evolutive il bambino si troverà
davanti sempre compiti e situazioni non adeguate alla sua età
cognitiva (Esistono
quattro fasi evolutive fondamentali con precise capacità cognitive
per ciascuna). La fase
orale,
la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato prova a
succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo
piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene
definito autoerotico (può predisporre ad una buona autostima o
disistima, sicurezza ferrea o insicurezza nell'affrontare la vita.
La fase
anale o sadico anale
è caratterizzata dall'interesse che il bambino dimostra per le
funzioni della defecazione, espulsione – ritenzione, disponibilità
a dare oppure trattenere: affetto,
amore, dare e ricevere.
orrisponde all'apprendimento della pulizia, è decisiva nella
formazione del carattere del piccolo e della sua personalità adulta.
La fase
fallica,
verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e nella bambina
con la specificità dell'organizzazione sessuale (identità). Durante
queste fasi evolutive accade che ogni individuo si scontri con
difficoltà che gli sembrano insormontabili. Rischia allora di voler
regredire ad una fase anteriore … in quella fase in cui si è
sentito più o meno bene e protetto. Ogni disagio emotivo è
strettamente legato ad una fase evolutiva ben precisa e non superata
completamente. Ad esempio, l'ossessivo
– compulsivo
è fissato alla fase sadico – anale, l'isterico
e il depresso
alla fase orale, l'esibizionista
alla fase fallica.
l
mancato superamento di tali fasi in modo armonioso e soddisfacente
può produrre una personalità poco solida, può creare nel bimbo
dubbio, incertezza e disistima o, peggio ancora, convincerlo di non
essere in grado di fare niente nella vita; ogni azione che metterà
in atto sarà vissuta come fallimentare, piena di incertezze.
Dominato
da queste incertezze l'unica cosa che sa fare veramente bene è
quella di abbassare il capo, di rinunciare, tirare i remi in barca:
a
procrastinare, a non prendere mai decisioni.
Sono persone impaurite, molto sensibili ed intelligenti anche se
psicologicamente bloccate, ferme, ai margini, sempre al palo. Il
piccolo per la sua immaturità fisica e psichica non è autonomo e,
quindi, dipendente completamente dal suo ambiente.
e le figure di riferimento da cui dipende sono inaffidabili, poco
attendibili, può soltanto accettare la realtà con un senso di paura
continuo oppure, utilizzando il meccanismo
del diniego,
sviluppare dentro di sé la convinzione che è il solo e unico
responsabile di ogni situazione fallimentare o di tutti i rapporti
conflittuali
(senso
di colpa).
Anche la figura di riferimento iperprotettiva fa danni simili, si
sostituisce al piccolo bloccando ogni sua azione, iniziativa o
progetto;
un
bambino privato di ogni esperienza diventa insicuro, fragile,
inadeguato e incapace di prendere decisioni.
Questa descrizione esclusivamente ambientale sicuramente non piace a
molti, ed è giusto che sia così. Ogni professionista ha il suo
orientamento scientifico in cui crede, ha maturato le sue convinzioni
e conoscenze, si è sviluppato attraverso anni e anni di studio e
sacrifici. Capisco.
E'
vero, noi siamo fatti di materia, di energia, di chimica: atomi,
cellule, molecole, acidi, ormoni e mitocondri.
iamo
spinti continuamente da reazioni biochimiche e nessuno è in grado di
affermare con certezza quali dei due mondi è la scintilla che
infiamma la vita, chi per primo ha il privilegio di avviare la nostra
esistenza, chi ha l'esclusiva di questo formidabile processo
evolutivo: una chimica interna (ormonale) o stimoli esterni
(ambiente, cibo), ma quale per primo ha dato inizio al cambiamento?
Siamo dinamicamente strutturati e modellati da un'impronta fisica e
da forze ambientali: da
una parte abbiamo un mondo che spinge ed esige e dall'altra un corpo
che reagisce e si adatta … alcune volte bene altre volte un po'
meno bene.
Non
dobbiamo dimenticare che già il feto può - già
nel suo prezioso e tranquillo liquido amniotico
- ricevere segnali confusi, contraddittori ed ostili che possono
creare disarmonia e squilibrio. Ogni
disagio emotivo comunque può essere considerato conseguenza di un
unico fenomeno: i diversi fattori, biologici, psicologici e
ambientali interagiscono integrandosi in forma articolata ed è
fondamentale prenderli in considerazione complessivamente.
rendendo
in esame il nostro articolo sulla depressione, ad esempio, è
risaputo che questo quadro clinico ricorra più facilmente in alcuni
ambienti familiari rispetto ad altri, ma nessuno a tutt'oggi è
riuscito a stabilire con certezza in che misura il “passaggio” di
tale malessere emotivo sia geneticamente determinato e in che misura,
invece siano gli stili di vita o l'atmosfera affettiva dell'intera
famiglia a produrre il malessere emotivi alle generazioni successive.
in dal primo rapporto familiare parte una grande reazione (fisica
e mentale),
ovvero il principio
di sopravvivenza,
un personaggio che vuole affermarsi e che si difende dalla disarmonia
con tutti i suoi mezzi possibili (vedasi
meccanismi di difesa):
l'armonia
rende la vita piacevole e più vivibile mentre la disarmonia genera e
lascia quel senso quasi fisiologico e palpabile di angoscia.
A volte per togliersi dall'impiccio il più velocemente possibile
risulta più facile sposare una delle due tesi (ereditaria
o acquisita),
prendere posizioni per avvantaggiare o imporre il proprio
orientamento scientifico, il proprio narcisismo a livello
professionale … ma a quale prezzo? Bisogna stare molto attenti a
certe affermazioni. Se io non posso cambiare il mio “destino”
non muoverò un dito per modificare una certa situazione, anzi sarò
complice, l'asseconderò passivamente, l'accompagnerò
silenziosamente in punta di piedi, ma se ho la consapevolezza che le
mie decisioni possono invertire la rotta, portare benefici, un
qualche equilibrio alla struttura psicosomatica, sarò attivo e
determinato, l'attore principale di tale “spettacolo”
e, quindi, molte cose potranno cambiare. Sempre
cautela quindi,
attenti
allora a quel che si dice!!!
Possiamo concludere questo argomento sottolineando ancora una volta
la profonda sofferenza e i principali sintomi che denunciano tale
affezione. I
depressi si sentono inutili, feriti nell'amor proprio, sconfitti
nell'ambito affettivo, sociale e lavorativo, hanno una visione
pessimistica della vita e del futuro, rinunciano facilmente e non
elaborano più progetti.
Hanno perso l'autostima, possono sentirsi colpevoli o svalutarsi
(disistima).
l
loro dolore è grande, enorme, incredibilmente palpabile e visibile
anche ai familiari poco attenti e insensibili.
Di per sé questo stato - quando
si è lontani da una crisi vera e propria -
indica un fenomeno piuttosto comune, universale e profondamente
umano. Ogni
persona, in ogni momento della sua vita, dall'infanzia all'età più
avanzata, può sentirsi triste, priva di slancio, incapace di provare
piacere, portata a ritirarsi dai rapporti con gli altri.
Questo stato d'animo penoso può durare breve tempo, a volte una
giornata; quando
passa la 'burrasca', la persona si sente sollevata e avverte spesso
uno stato di euforia
(sentimento
piacevole, gioioso, di benessere e di fiducia in se stessa, spinta ad
agire).
'umore può essere depresso in modo spontaneo e naturale:
può capitare a tutti di sentirsi al mattino di umore ballerino e
svogliati, svegliarsi il più delle volte senza sapere il perché di
questa fastidiosa apatia.
Più spesso però si è depressi per qualche ragione: un
litigio, un abbandono, una separazione, un insuccesso scolastico o
professionale, la perdita del lavoro, il fallimento di un progetto
inseguito da molto tempo.
Tutti
questi sono avvenimenti che provocano quella reazione che il
linguaggio comune chiama dolore, tristezza, avvilimento o
semplicemente dispiacere (depressione
reattiva).
Questi
sentimenti non sono sicuramente tratti patologici. Sono normali
reazioni dell'uomo di fronte ad avvenimenti spiacevoli che impongono
una pausa, una sosta nella propria vita.
Chi
è triste ed abbattuto pensa con difficoltà al futuro, è piuttosto
vincolato al passato, portato a riflettere al presente in maniera
confusa, a ciò che gli sta accadendo con poca lucidità e
obiettività. Poi l'avvenimento viene superato, entra a far parte
dell'esperienza quotidiana (dopo
che si è superato il dolore ci si sente cambiati)
e si riprende a guardare avanti, a vivere … in modo più
determinato e sicuro.
a solidarietà degli altri o la partecipazione diretta alla vita
sociale aiutano a superare più attivamente il brutto momento. In
genere chi ha una maggiore ricchezza di interessi e di valori nella
vita riesce più facilmente a trovare un compenso e riprendersi più
velocemente.
Infatti gli avvenimenti che ci deprimono di più riguardano sempre la
perdita di qualcosa che ha per noi grande valore o anche che è parte
di noi: la
perdita di una persona cara, il distacco da un luogo a noi familiare,
la perdita della stima in noi stessi.
L'attuale stile di vita non sempre consente la libertà di vivere la
propria normale sofferenza. Sembra quasi che la rete degli impegni,
di relazioni, nella quale ciascuno è preso non lasci più spazio per
la pausa dopo un episodio grave. E
allora si arriva rapidamente ad etichettare senza un motivo concreto
ogni cosa.
Oltre
a bere per dimenticare oggi si usa anche prendere un mix di farmaci
per annullare il più piccolo e banale malessere … o come dicono
alcuni, anche solo per uno 'sballo fai da te' … sentirsi in qualche
modo “vivi”.
i
parla comunque di depressione come malattia quando essa dura a lungo
e modifica sensibilmente il normale atteggiamento della persona nei
riguardi dei valori della sua vita.
A
volte inoltre non sembrano esserci motivi immediati, tanto che nel
linguaggio tecnico classico si usa parlare di depressione endogena
per indicare appunto quei casi nei quali l'episodio depressivo sembra
essere causato dalla messa in moto di un meccanismo spontaneo
“interno” del soggetto (squilibrio
bio - chimico).
n
moltissimi casi invece se si è attenti e disponibili a comprendere
chi soffre, si riesce a cogliere un rapporto tra la depressione e le
sue vicende di vita.
Può trattarsi di un avvenimento importante, ad esempio la perdita
del ruolo sociale per il pensionamento ovvero di un avvenimento
apparentemente di poco conto, che però si verifica dopo molti altri
avvenimenti analoghi (la
famosa goccia che fa traboccare il vaso),
oppure ha un valore particolare per quel soggetto, ad esempio un
trasloco che lo sradica dall'ambiente in cui è sempre stato molto
legato … per anni e anni è stato il suo prezioso punto di
riferimento.
n
questo periodo storico la sofferenza depressiva è estremamente
diffusa (incertezza,
perdita del lavoro, poca disponibilità economica, troppe rinunce).
Per
fortuna non raggiunge sempre le forme del malessere grave, si
manifesta piuttosto come disagio, dolore diffuso, incapacità di
provare gioia.
Molti disturbi comunemente diagnosticati come tratti depressivi non
sono altro che depressioni che si trascinano a lungo e derivano
dall'impossibilità a vivere con soddisfazione e ad avere fiducia
nell'avvenire.
requenti sono queste sofferenze nelle persone
anziane, nei lavoratori a tempo determinato, nelle donne di
condizione “casalinga”:
tutti
coloro cioè che sentono sfumare la propria esistenza senza mai poter
raggiungere un senso di soddisfazione, sicurezza e appagamento.
Ed è facile capire perché: la
società in cui viviamo pone dei modelli ideali (benessere,
prestigio)
ma nega alla maggior parte delle persone i mezzi e le risorse per
realizzarli, per cui sono sempre più coloro che si sentono al di
sotto delle aspettative, si sentono frustrati, sconfitti, impotenti,
inutili e scontenti.
Chi presenta tratti depressivi ha - come
è già stato più volte accennato - un'altra grana piuttosto
invalidante, non sempre facile da gestire: un'estrema
rigidità cognitivo
– affettiva. I suoi sentimenti, spesso,
sono bloccati e congelati; un mondo per lui quasi del tutto
sconosciuto ma temuto, che non solo lo tormenta, lo svuota, lo fa
soffrire, ma rende la sua vita relazionale problematica, difficile,
se non impossibile.
'invidia,
ad esempio, sentimento molto comune nei tratti depressivi, è uno
stato d'animo pieno di ostilità e rancore che nel tempo avvelena la
vita, distrugge ogni relazione e rapporto affettivo. Questo
sentimento produce astio e sofferenza, isola dagli altro e rende
sospettosi. La costante preoccupazione che l'invidioso ha per la sua
posizione sociale o professionale provoca confusione, una sensazione
diffusa di inferiorità molto amara: si sente trascurato,
ingiustamente messo all'angolo, umiliato, non considerato. E'
accompagnato costantemente da incertezza, timore e da una vaga
impressione di essere fermo, immobile, che tutti lo sorpassino, che
anche la persona a fianco più insignificante abbia più gloria, più
successo, più considerazione a livello professionale, più
soddisfazioni nel sociale e una vita privata che funziona alla
grande; è più che convinto che nessuno interessi la sua opinione,
un suo parere e che, alla fine di tutto, qualcosa gli manchi: gli
sia stato sottratto indebitamente valore e dignità. Un tormento
infinito.
on queste profonde convinzioni pochi sentimenti lo
stimolano e lo distraggono. Sotto, sotto ha un desiderio feroce: di
avere qualcosa più degli altri, di provare al mondo intero di essere
il più bravo. La strategia utilizzata per rimanere a galla e
mantenere ben ferme queste convinzioni è quella di sminuire gli
altri, di minimizzare i loro successi. La cosa più importante e
vantaggiosa in questo frangente è quella di non “concentrarsi”
sull'altro - l'oggetto di invidia - ma guardar dentro a se stessi,
cosa veramente si desidera, cosa manca, cosa rappresenta
quell'aspetto tanto desiderato; non sperperare l'energia inutilmente,
ma sfruttarla, utilizzarla come un prezioso insegnamento senza cadere
nella vergogna. L'invidioso non passa mai inosservato: si distrae
quando qualcuno parla di un suo successo, non nota che l'amico del
cuore è calato di una quindicina di chili, che quel collega sempre
in disparte da un po' di tempo esce con la responsabile dell'ufficio
accanto. Ogni azione lascia trasparire un sentimento d'invidia … e
questo è sempre un problema sia a livello affettivo sia a livello
sociale.
a
gelosia è un altro sentimento che coinvolge lo stato depressivo.
Un personaggio diffidente, sempre convinto che nessuno sia
interessato a lui: gli
amici lo ignorano, guardano dall'altra parte, lo trascurano;
i colleghi non lo invitano a prendere il caffè, lo escludano,
tramano tra loro, si vedano a sua insaputa. Un personaggio che
anticipa disastri:
tradimenti, delusioni … di essere ferito e ridicolizzato.
La
gelosia, vecchia come il mondo, è uno stato d’animo caratterizzato
dalla paura - fondata
o infondata
- di perdere, in qualche modo, quella determinata cosa, l’amore
della persona amata quando questa esprime attenzione o interesse per
un altro … di
perdere l'attenzione di una persona che conta.
E' un fenomeno che provoca allontanamento perché conduce a
comportamenti svalutanti come l'esigenza di controllare e di punire
l'altro o di evitarlo. Ha
un andamento altalenante, legato alle emozioni, e si placa
temporaneamente quando la percezione di vicinanza con l'altro è più
intensa, per poi riesplodere quando questa sensazione diminuisce.
Insorge
quando ci si sente esclusi e l'attenzione dell'altro è un po'
fluttuante o scarsa.
uesta dinamica trasforma la gelosia in sentimenti negativi rivolti
all'altro, considerato responsabile del disagio che vive. E’
connessa a forti impulsi emotivi che spesso prevalgono e controllano
l’aspetto razionale. Tale
fenomeno non è sicuramente un sentimento naturale, ma uno schema
mentale che il geloso sa trasformarlo “sapientemente” in un
chiodo fisso che, man mano passa il tempo, fa sfiorire
inevitabilmente il sentimento d’amore.
Il più delle volte è il risultato della propria incapacità d’amare
in modo autentico oppure una modalità d’affetto infantile fondata
sulla dipendenza (non
si accompagna all’amore per gli altri).
E’ una emozione caratterizzata dalla passività in quanto considera
l’altro come se fosse “cosa
propria”
o un oggetto non per quello che vale realmente (possedere
il corpo e la mente di un’altra persona è sempre un’illusione!).
Oltre a sottrarre continuamente energia, perché consuma inutilmente
pensieri ed azioni, blocca in modo drammatico lo sviluppo
psicoemotivo ed impedisce alla coppia (lavoro, studio) di evolversi,
di svilupparsi e di crescere adeguatamente; tutto ciò toglie al
rapporto interpersonale spontaneità, libertà e fiducia reciproca
(ingredienti indispensabili per tenere in vita il rapporto,
rivitalizzare la coppia). Il geloso, inoltre, non si limita a
“sentire” attraverso veri e propri tormenti fisici (contrazioni
muscolari, mal di stomaco e di testa, tremori), ma trasforma il suo
vissuto di tormentato in tormentoso: attraverso controlli improvvisi,
telefonate, appostamenti, perquisizioni varie, verifiche sessuali (in
situazioni estreme si arriva persino a tenere sotto 'controllo' lo
sperma del partner: consistenza, quantità).
Chi è calato nel mondo della gelosia, giustificata o meno,
solitamente non vive nel concreto ma in una inutile e stressante
dimensione in cui la situazione è solo anticipata e temuta, ovvero
il geloso ipotizza di essere tradito, preso in giro, lasciato,
ferito: vive
continuamente fuori tempo.
Finché questo fenomeno resta entro limiti accettabili non causa
danni di sorta, ma è noto che la gelosia può far perdere
completamente il controllo e, quindi, assumere una dimensione
patologica grave. La caratteristica essenziale della gelosia
patologica (definita
anche “sindrome di Otello”)
è il dubbio delirante che il partner sia infedele. Ciò viene
creduto senza fondamento e a dispetto di qualsiasi argomentazione. Un
comportamento tipico è caratterizzato dalla ricerca ossessiva di
indizi che svelino l’infedeltà, con ripetute domande incrociate
poste al proprio partner e con affermazioni che possono portare a
liti violente. La frequenza di questa patologia è sconosciuta, ma
non è rara nei disagi emotivi ed è una delle principali cause di
omicidi e violenze. La
gelosia patologica è associata spesso non solo alla depressione, ma
anche ad altri disturbi di tipo psichico come la schizofrenia,
l’alcolismo e disturbi della personalità.
a persona che ne è colpita è completamente immersa nel dolore morale e nella disperazione più totale e, soprattutto, non è più capace di raffigurarsi un futuro semplice; è fermamente convinta di non avere alcuna possibilità di salvezza, sente in sé solo un cumulo di macerie, rovine, colpe e, il più delle volte, questi sentimenti possono trasformarsi in veri deliri e drammatiche allucinazioni. Trasmette spesso alla parte più profonda della mente segnali poco chiari, confusi, circa quello che si vuole per se stessi e si desidera dagli altri: solo veri e propri terremoti forti, niente altro che devastanti progetti distruttivi … tutte ferite inferte all'anima, frutto dell'indifferenza, delle dinamiche deludenti ed umilianti. Il rapporto tra il depresso e il suo ambiente non è sempre facile, anzi il più delle volte è ostile e conflittuale … sempre oggetto di scontro e di battaglia senza tregua. Molto spesso la gravità del suo stato, essendo il più delle volte mal interpretato o sottovalutato - visto in ogni caso di mal occhio e con poca simpatia - viene travisato, preso di mira ed etichettato in malo modo, ma sempre con tonalità dispregiative.
l soggetto viene stimolato ad
uscire da tale situazione con segnali aggressivi, inappropriati e
contraddittori: viene
esortato a distrarsi, a metterci un po' più di forza di volontà per
superare il suo stato d'animo, la sua diffusa apatia;
una
richiesta davvero fuori luogo per chi oramai è alla deriva, non
esiste più, vive ai margini della società, è fuori dal gioco, dal
mondo razionale, affettivo e relazionale.
Il risultato è che il depresso, attraverso questa incomprensione, si
sente ancora più impotente, incapace di reagire, avverte il rifiuto
degli altri e si isola ancora di più. In
condizione di isolamento aumenta il rischio del suicidio che è il
vero pericolo della depressione grave.
Dalla
depressione se ne esce ma occorre molto impegno, continuità,
costanza e pazienza (non
forza di volontà),
soprattutto tenere ben presente che può ripresentarsi in maniera più
virulenta ed aggressiva, con nuovi episodi più seri e comportamenti
di una certa crudeltà a distanza di tempo.
E'
importante quindi prevenire le ricadute e intervenire sempre con la
massima solerzia.
uando non sono particolarmente disturbati suscitano negli altri considerazione, tenerezza, “ammirazione” e spesso simpatia in quanto passivi e senza tante pretese … “troppo” disponibili e “accomodabili”; il tutto perché dirigono rancore, odio e critiche verso se stessi, difficilmente sull'ambiente circostante (pur covando rabbia, risentimento, rancore, desiderio di rivalsa verso ogni cosa) … per il birbaccione di turno, soddisfacendo il suo profondo narcisismo, lavorarselo per bene, diventa piuttosto facile, una passeggiata, un gioco da ragazzi.
n soggetto che non ha più alcun interesse e desiderio, i pensieri
sono macabri, pensa alla morte, se non al suicidio in maniera
ossessiva. I
pensieri e le azioni sono rallentati. La memoria è fallace, non
riesce a concentrarsi, a prendere decisioni. Il passo è lento e
faticoso, il viso fisso e triste … completamente ripiegato su se
stesso. Il movimento fisico lento è spesso mascherato da agitazione
e tensioni, che esprimono sempre una grande apprensione e ansia.
ltri sintomi o comportamenti, meno specifici, possono arrivare a manifestare una vera depressione: l'abuso di alcol o di tranquillanti, problemi dell'alimentazione - perdita di appetito o bulimia - sonno disturbato, risveglio precoce o insonnia, grande stanchezza al mattino che tende a scemare a fine giornata.
n altri casi, la sofferenza morale assume l'aspetto di un dolore somatico: aumento o comparsa di dolori alla schiena, disturbi digestivi, mal di testa, stanchezza cronica. La depressione è allora "mascherata" da uno o più sintomi fisici. Tale malessere continua a persistere malgrado esami clinici negativi spesso particolarmente approfonditi e trattamenti sintomatici specifici. In genere scompaiono quando si identifica l'origine mentale, relazionale, affettiva. Al di là delle varie classificazioni, comunque, qualsiasi tipo di
depressione dovrebbe inquietare non solo i professionisti ma anche i
familiari, perché dalla letteratura medica risulta chiaramente che
se i malati con problematiche di natura fisica sprofondano nella
depressione fanno fatica ad uscirne, e per alcune patologie
“importanti” la possibilità di sopravvivenza è davvero minima
(fonti OMS).
o
stato depressivo può sembrare un'esperienza patologica senza fine,
un buco nero nel quale si è caduti e dal quale non si riesce più ad
uscire.
Forse è vero, la luce in fondo al “tunnel”
spesso - con
quel caratteristico armamentario di sfiducia, apatia e passività
- si presenta poco chiara, non è subito visibile, non la si riesce
a percepire in tempo reale, in quel momento particolare, complesso e
difficile; non
dimentichiamo però che la depressione è sempre il segno di qualcosa
che sta cercando di germogliare, che vuole uscire allo scoperto, un
qualcosa che vuol farsi sentire, preme per farsi conoscere
...
ma
sempre un qualcosa di vivo, di nuovo, di eccitante … un tentativo
di cambiamento, un modo di fare e di reagire diverso! Il
processo di conoscenza crea una reazione ansiogena, determina sempre
apprensione, ma se si vive questa svolta con l'aiuto di una persona
qualificata è possibile scoprire che tale stato, per quanto strano,
complesso e difficile possa sembrare, sta offrendo percorsi diversi,
nuove possibilità e visioni, un cambiamento verso un equilibrio più
stabile e naturale … senso di soddisfazione e felicità.
E'
vero, in quel frangente si è disorientati e impauriti perché si sta
attraversando e sperimentando un percorso nuovo, buio, freddo, umido
e, quindi, così frastornati risulta difficile scorgere la luce.
A volte all'inizio non si ha la consapevolezza che si sta andando per
il verso giusto, difficile da capire che ci si muove nella direzione
più conveniente, straordinaria e vantaggiosa possibile, si sta
facendo qualcosa di importante e che la luce si presenterà al
momento opportuno. Non
soffermiamoci su questo stato, ma prepariamoci ad affrontare, ad
accogliere la nuova luce, quella più nitida, chiara ed illuminante …
quel benessere futuro che ci spetta di diritto.
Aprirsi alla propria sensibilità, su ciò che sta accadendo dentro e
che non è ancora venuto alla luce; lasciarsi
andare, all'istinto, alla consapevolezza più profonda.
In questa ottica la depressione è una fase momentanea, passeggera
che può insegnare qualcosa di importante e che non può mai essere
uno stato definitivo. Le
cose come vengono possono andare via. Questo stato passerà
è
più che certo.
a
quando scopre che è una femmina, Emma ricade nell'angoscia: si sente
ancora una volta persa e smarrita. La sua vita non è un caso a sé
perché ancora oggi, all’interno della nostra società, molte
persone si sentono come lei, vorrebbero essere qualcun altro, per
poter avere l’illusione di cambiare la loro esistenza. Mentre il
lettore si identifica con la protagonista e ne segue tutte le varie
vicissitudini amorose, Emma invece proietta, attraverso la certezza
delirante, i suoi castelli immaginari nella banale, noiosa e
provinciale realtà quotidiana; trasforma tutto in qualcosa di
splendido, fantasioso, irreale e magico, gente e luoghi si fanno
speciali, ma lei no, rimane fredda, incompresa ed abbandonata. Si
rifugia nella fantasia per poter gestire questa sua deludente realtà.
La protagonista del romanzo si sente sempre più insoddisfatta,
poiché le sue fantasie, che trascendono la sua vita, non potranno
mai prendere corpo, concretizzarsi, realizzarsi.
Per uscire da questa sofferenza emotiva, Emma cede al corteggiamento di un giovane studente timido e sognatore con cui non solo condivide il contatto fisico, ma anche il gusto per le cose belle della vita (Léon Dupuis). Ma quando il giovane improvvisamente si allontana senza dichiarare il suo amore Emma, ancora una volta delusa, sprofonda nuovamente nel disagio emotivo e intreccia un'altra relazione adulterina con un ricco proprietario terriero (Rodolphe Boulanger). Quando scopre che anche lui non se la sente di condividere la vita con lei rimane talmente scossa da questo rifiuto che cadde in una profonda depressione.
Per uscire da questa sofferenza emotiva, Emma cede al corteggiamento di un giovane studente timido e sognatore con cui non solo condivide il contatto fisico, ma anche il gusto per le cose belle della vita (Léon Dupuis). Ma quando il giovane improvvisamente si allontana senza dichiarare il suo amore Emma, ancora una volta delusa, sprofonda nuovamente nel disagio emotivo e intreccia un'altra relazione adulterina con un ricco proprietario terriero (Rodolphe Boulanger). Quando scopre che anche lui non se la sente di condividere la vita con lei rimane talmente scossa da questo rifiuto che cadde in una profonda depressione.
i fronte a questa quotidianità deludente,
oltre a chiudersi completamente in se stessa e cercare rifugio
persino nella religione (rievoca
i momenti passati in collegio),
inizia a delirare, fantasticare cose bellissime, completamente
diverse, sempre opposte alla realtà. Ma il mondo è piccolo: Emma
incontra nuovamente il suo giovane amante (Léon
Dupuis).
A quel punto scocca nuovamente la scintilla, cede nuovamente alla
passione amorosa ed inizia a frequentare il giovane amante ogni
settimana. Il marito però, rozzo ma non stupido, dopo qualche tempo
scopre la tresca. Qualcuno piuttosto avido e spietato, conoscendo la
storia, ne approfitta e per non divulgare certe notizie la ricatta
facendole firmare una cambiale. Emma non si limita solo a questo, ma
per compensare il suo profondo dolore, comincia a spendere ingenti
somme di denaro indebitandosi sempre di più. La donna non essendo in
grado di far fronte al ricatto e ai debiti accumulati, chiede aiuto a
tutti, ma nessuno si dimostra disponibile, tanto meno generoso …
soprattutto i due ex amanti non ne vogliono più sapere di lei;
arriva persino a prostituirsi senza estinguere completamente il
debito. Afflitta e umiliata da fallimenti, inganni e delusioni
(collegio,
matrimonio, giovane amante, l'altro partner più sanguigno,
commerciante birbaccione, farmacista logorroico)
non le rimane niente altro che il delirio, alcune fantasie bizzarre e
poche false illusioni ... una vita felice tanto desiderata ma solo
sognata.
oi arriva la vergogna che schiaccia l'unica sua strategia
di salvataggio: la fantasia (inclusa
la speranza che il ricattatore morisse);
è la fine, deve accettare la cruda realtà. Sola, abbandonata,
stanca di tutti e in preda alla disperazione, con l'aiuto del
farmacista Homais, si avvelena con l'arsenico. Ma cosa ci insegna in
realtà questa bellissima opera letteraria. Emma, frustrata
nell'attesa di un “Tu” che le rimandasse un'immagine rassicurante
e protettiva, che non è mai diventata un “Io”, muore attirando
su di sé l'attenzione di tutto il paese. Un personaggio che vive in
funzione dell'altro, lontano da se stesso … un'esistenza
completamente filtrata dalla depressione.
Quale
più totale espressione di puro narcisismo è l'autosoppressione?
Il libro non è sicuramente una lettura leggera e qualcuno potrebbe
temere di impantanarsi ancora di più leggendo questo capolavoro
letterario e quindi sprofondare in questo luogo misterioso e oscuro
come quello depressivo, ma credo sia molto più importante sapere che
tanti hanno vissuto o vivono questa terribile condizione … che
tutto sommato non siamo poi così diversi dagli altri, che non siamo
caduti in basso e tanto meno soli in questo mondo complesso in cui a
volte è davvero difficile sopravvivere per chiunque.
n altro aspetto fondamentale nel processo terapeutico è l'atteggiamento del soggetto di fronte alla malattia. Al momento in cui gli si comunica il suo stato patologico e successivamente (fisico – psichico), le reazioni dell'interessato possono essere di tre tipi: accettazione, rifiuto, compiacimento. L'accettazione può essere fiduciosa e cieca, lucida e cosciente, passiva o coraggiosa. Le inquietudini personali e quelle dei familiari permettono di dare un nome, un oggetto, all'ansia che origina dal sapere di essere malati e le danno una provvisoria soddisfazione. Anche l'intervento dello specialista, se ben considerato e stimato, riesce per un tempo relativamente breve a calmare quest'angoscia (vedasi ancora una volta il transfert). E' questo un atteggiamento immediato.
n altro aspetto fondamentale nel processo terapeutico è l'atteggiamento del soggetto di fronte alla malattia. Al momento in cui gli si comunica il suo stato patologico e successivamente (fisico – psichico), le reazioni dell'interessato possono essere di tre tipi: accettazione, rifiuto, compiacimento. L'accettazione può essere fiduciosa e cieca, lucida e cosciente, passiva o coraggiosa. Le inquietudini personali e quelle dei familiari permettono di dare un nome, un oggetto, all'ansia che origina dal sapere di essere malati e le danno una provvisoria soddisfazione. Anche l'intervento dello specialista, se ben considerato e stimato, riesce per un tempo relativamente breve a calmare quest'angoscia (vedasi ancora una volta il transfert). E' questo un atteggiamento immediato.
en diversamente sarà nei giorni
successivi, di fronte al disagio che modifica la sua vita e a seconda
che il soggetto si rassegnerà o
accetterà di esserlo. Sono due atteggiamenti molto
diversi: rassegnarsi
significa abbandonare la “posizione”
propria di ciascuno, che caratterizza la singola persona;
significa lasciarsi andare a “ruota
libera”.
Per contro, accettare significa assumersi la malattia di cui si è
affetti, farla propria e trarre, per così dire, il miglior profitto
possibile, cercando in ogni modo - guardandola ben direttamente in
faccia - di mettersi d'accordo con essa e di non lasciarsi gestire,
annullare, dominare ... sopraffare.
emostene, ad esempio, grande politico e più tardi ottimo oratore ateniese, essendo balbuziente fin da piccolo per superare questa sua difficoltà era solito allenarsi a parlare con dei sassolini in bocca per professare, appunto, in età adulta, l'arte oratoria. L'opposizione, infine, è una manifestazione esplicita di aggressività. E' il rifiuto della malattia. Più di frequente essa si esprimerà con una rivendicazione individuale e si limiterà ad un comportamento brontolone, a manifestazioni di cattivo umore di breve durata. Tra il patologico, la malattia, ed il ritorno alla normalità non ci sono confini ben definiti, così come tra il normale e il patologico. L'uomo tutto intero coinvolto nella malattia, può uscire segnato ma, molto più frequente di quel che si pensa, anche più forte di prima … con nuovi stili di vita, uno sguardo diverso, curioso, aperto e disponibile e, soprattutto, con modi di fare più consapevoli e spontanei.
entre la persona depressa è costretta a vivere la propria angoscia disperata fino in fondo, la persona maniacale cerca di sottrarsi a questa sofferenza con una specie di fuga continua, altrettanto disperata e inutile. I maniaco – depressivi presentano cicli ricorrenti di stati d'animo. Nei casi tipici, passano da una fase di depressione e inattività ad una fase di esaltazione mentale con iperattività (vedasi il caso clinico di Alessandro). Quest'ultima fase è di solito seguita, e a volte preceduta, da un periodo nel quale essi sembrano più 'normali', e che viene generalmente descritto come un momento di “sospensione” del malessere. In molti casi, questa fase apparentemente normale è caratterizzata da meccanismi ossessivi, e in realtà non è difficile scoprire tratti ossessivi nella personalità di tale quadro clinico.
lcuni filosofi
“estremisti” direbbero, senza pensarci su
due volte, che non merita di essere vissuta. Conoscere noi
stessi, comunque, rende il nostro cammino terreno particolarmente
realistico, ogni gesto quotidiano più interessante, importante,
significativo … per noi stessi e per
gli altri. In questo modo aumentiamo la possibilità
di modificare i limiti, abbattere gli ostacoli che restringono in
qualche modo il nostro spazio di libero movimento e, soprattutto,
sviluppiamo meglio i punti di forza. Nell'universo non c'è nulla di
completamente appartato, solo o isolato, e ognuno di noi, quando la
propria personalità è in ottima salute, fa affidamento sulle altre
per vivere in maniera più completa, armoniosa e soddisfacente.
eguire una alimentazione salutare e bilanciata contribuisce a rafforzare la struttura psicosomatica a resistere allo stress e agli sbalzi d'umore (complesso vitaminico B, potassio, magnesio, zinco, fosforo, vit. C, E … la vit. B1 - tiamina - è fondamentale per la produzione di energia, il metabolismo dei carboidrati e, soprattutto, per la funzionalità delle cellule nervose, quando manca si è stanchi e depressi; la vit. B6 - piridossina - è coinvolta nella formazione delle proteine organiche, dei trasmettitori chimici del sistema nervoso centrale, dei globuli rossi, fondamentale per l'equilibrio ormonale e la funzionalità immunitaria, una sua carenza è caratterizzata da depressione, convulsioni, intolleranza al glucosio e a un significativo calo della funzionalità nervosa; la vit. B12 - cobalamina - importante per la sintesi del DNA, una sua carenza porta a una diminuzione della funzionalità nervosa: danneggia la funzionalità mentale).
'ipnosi, come ogni tecnica terapeutica distensiva, può indurre un rilassamento profondo e migliorare le condizioni biochimiche dell'organismo. Con l'ipnosi non si perde mai il controllo, ma lo si acquisisce attraverso il suo buon equilibrio bio – chimico raggiunto dall'organismo: allontana il chiacchiericcio mentale, aiuta a diventare più decisi, forti, lucidi e sicuri. Con questa metodica terapeutica, infatti, si può interagire su diverse funzioni cellulari e stimolare reazioni adeguate per un buon funzionamento mente – corpo; in breve, utilizzando a proprio vantaggio tutte le risorse psichiche, cognitive e fisiche a disposizione, si crea una situazione biologica in cui si producono reali ed importanti cambiamenti ormonali. Pur fugace e difficile da misurare, la realtà dei fenomeni ipnotici non è più contestata e, soprattutto, viene utilizzata con buoni risultati in ogni campo medico. D'altronde è una condizione psicofisica facile da produrre anche in numerosi animali. La trance, che può raggiungere vari gradi di profondità, comporta un rilassamento fisico completo, fenomeni di profonda distensione e anestesia.
L'ipnosi medica viene usata ai fini sedativi e anestetici e, soprattutto, per certe affezioni psicosomatiche: disturbi del ritmo cardiaco, angoscia, asma, attacco di panico, obesità, ulcera gastrointestinale, disturbi urinari, impotenza, frigidità, dermatosi, ansia, depressione, disturbi ossessivi - compulsivi. Socrate diceva “Conosci te stesso”, questo è un assioma fondamentale per vivere in maniera discreta e consapevole. L'ipnosi è un mezzo per conoscere meglio il proprio 'Io', per aiutarlo a comprendere i suoi grandi tesori che spesso non sa di avere, a contenere le difficoltà esaltando i pregi … che sono sempre tanti e, soprattutto, preziosi se si è in grado di “soffocare” quei giudizi di valore, quel chiacchiericcio mentale inutile, prolungato e molesto; importante per aprire le porte ai desideri genuini più profondi, a ciò che stimola gioia e felicità, produce benessere e generosità, tagliando fuori tutta la confusione delle ostruzioni mentali, delle idee fuorvianti su se stessi … tutti quegli inutili, ostacolanti ed improduttivi pensieri relativi a “dovrei” e non “dovrei”. Più la società si evolve meglio si apprezza questa metodica terapeutica in tutti i suoi aspetti scientifici. Come ogni terapia, la tecnica ipnotica deve essere sempre attivata da una professionalità indiscutibile; ogni intervento gestito da pressapochismo può ostacolare, attraverso un muro di razionalità o squalifica, questa meravigliosa e preziosa forma di intervento.
Il rifiuto
invece può essere esplicito o mascherato. Il rifiuto esplicito è
raramente travolgente o violento, salvo in alcuni individui
particolarmente intolleranti. Più di
frequente il soggetto si limiterà a negare semplicemente il suo
stato. Nel pensiero magico o nella 'psicosi'
questa negazione ha come effetto di cancellare la solitudine che si
sta creando (pensiero non basato su criteri logici … vedasi lo
sviluppo cognitivo secondo Piaget).
i
conseguenza il soggetto “rifiuterà” non soltanto la diagnosi o
quel quadro clinico più o meno drammatico, ma anche le cure
necessarie. Questo atteggiamento, piuttosto frequente,
si nasconde spesso dietro fumose cortine di modi di fare pseudo
– razionali. Il diniego mascherato, in genere inconscio, si
esprime con manifestazioni di intolleranza ed è più frequente del
precedente (accettazione). Il
soggetto piuttosto confuso e disorientato si dimostra incapace di
adattarsi a nuove regole, a nuove carte distribuite dalla sorte, al
“gioco” imposto dalla nuova situazione che appare senza via di
uscita. Non si può nascondere che la malattia abbia
un “senso”, determini sempre un rimaneggiamento
della personalità, cambiamento che può essere fattore di un
arricchimento come ogni nuova esperienza, quando ovviamente il
soggetto sia ben integrato: offrire un'opportunità (non una
certezza) di cambiamento più lineare o salutare. La malattia,
qualunque essa sia, altera completamente l'omeostasi e alcuni
parametri vitali. Un fenomeno che, volenti o nolenti, emerge dalla
profondità, vuole a tutti costi mostrarsi, essere preso in
considerazione. E'
importante essere attenti e comprendere -
sempre con cautela e non cercare mai ossessivamente un senso dove non
c'è -
cosa spinge a fare o non fare.
i rende, ad esempio, più aperto,
più sensibile, più caloroso, più disponibile rispetto allo stile
di vita precedente? Quali sono ora i miei sogni e i miei progetti?
Come sono ora i miei affetti e le mie relazioni?
Quello che importa comunque non sono tanto le risposte a tali
quesiti, ma il modo di pensare e di fare ora in tempo reale (mente
– corpo): attivare se necessario un altro stile di vita,
mettere in cantiere rapporti più genuini, “sani”, naturali e
spontanei. Il dolore comunque irrompe e distrugge ogni schema
esistenziale, modifica ogni cosa: ci manda in crisi e ci rende
più fragili e deboli … ci butta nel vortice depressivo. La
malattia colpisce l'individuo nella sua totalità e non solo a
livello di un certo “organo”.
Tutte
le strategie per combatterla sono messe in atto per non fotocopiare,
non riprendere la vita precedente, continuare la solita routine:
l'angoscia si presenta con tante facce e, alla fine, può
somatizzarsi in tanti modi diversi … colpendo comunque l'elemento
più debole (apparato, organo). Il rischio
maggiore, in questi casi delicati, è che un alcolismo di
compensazione faccia la sua presenza: cerchi
frettolosamente di sedare o gestire tale irrequietezza.
Quanti
avevano una vita molto attiva o soltanto frammentaria, disritmica,
fanno sicuramente più fatica a piegarsi a queste esigenze per loro
totalmente nuove e, soprattutto, che frenano il loro stile di vita
precedente troppo frenetico o “compulsivo”.
l carattere un po' caotico della loro
vita abituale, che già esprimeva un certo squilibrio psicosomatico,
li rende ora poco disponibili ad adattarsi. Malgrado
la loro miglior buona volontà, a volte reale, essi non riescono a
piegarsi al nuovo modo di vivere; la loro tensione nervosa è
tale per cui avrebbero tutto da perdere se si integrassero con la
malattia. L'adattamento
è spesso più chiassoso, sotto forma di manifestazioni
psicosomatiche, di crisi di attacco di panico, che hanno il sigillo
della frustrazione e già fanno trapelare la ricerca di un “vantaggio
dalla patologia”, di cui è già stato detto nei precedenti
articoli. I tentativi di suicidio, infine, sono estremamente rari,
anche nel caso della rilevazione di gravi malattie. In genere,
avverranno più tardi; il tutto è sempre in funzione della
personalità e dei legami affettivi familiari solidi, autonomi e
genuini del soggetto (figli, genitori, lavoro e relazioni sociali
gratificanti … sicuramente sono anche una spinta al cambiamento e
alla vera guarigione).
n questo periodo iniziale si osserva
piuttosto un abbozzo di suicidio, più o meno sincero, facilmente
inserito in una certa messa in scena, un ricatto, come dire, un po'
teatrale, ma che non è mai privo di rischi. Non si ripeterà mai
abbastanza che la comunicazione di uno stato di malattia non può
essere lasciata al caso, in mano all'improvvisazione, ad
“imbroglioni”, anche se non può essere sempre data
in modo semplice ed univoco. Essa, lontana da ogni menzogna, deve
essere fatta con sensibilità, tatto, garbo, coinvolgimento, rispetto
per il soggetto e tutti coloro che potrebbero supportarlo in modo
costruttivo, adattandola soprattutto al suo quadro clinico
(personalità … una corretta diagnosi psicologica non dovrebbe
mai mancare nella cartella clinica). Bisogna comunque ripetere
fino alla noia che ogni caso fa a sé e, quindi, il saper gestire
tale comunicazione varia da persona a persona e in base a chi si ha
di fronte: un individuo già debilitato non è in condizione di
sopportare un certo verdetto schietto e diretto; la pura “verità”
- che può non essere recepita nella sua vera complessità -
lo getterebbe in un atroce forma di angoscia profonda che si potrebbe
certamente, con i verbi giusti, evitare; in breve, una evidente
mancanza di tatto e di carità da parte del professionista.
Il
compiacimento
nell'essere malato invece si traduce in una tendenza a valorizzare la
malattia. Più
che parlare di masochismo, molto raro, bisogna pensare ad un certo
narcisismo, al quale pochi sfuggono. Ciascuno,
paradossalmente, cerca di dare importanza alla propria malattia e
questo è un motivo inconscio di valorizzare se stessi
… di ricevere finalmente
quell'attenzione sempre desiderata ma mai avuta (non a caso
l'ospedale per alcuni rappresenta un luogo di protezione,
consolazione ed aiuto non solo per “situazioni” difficili … una
“grande” madre che accudisce e protegge il proprio figliolo).
enso non ci sia terapeuta che non abbia tra i suoi ricordi
espressioni di questo tipo: “Mi
dica pure con franchezza, lei non aveva mai visto una faccenda simile
… non sono un caso facile, vero?”, “La mia è una tragedia,
sono davvero un caso raro, di eccezionale gravità … per fortuna
ora sono qui … senza dubbio il suo intervenuto è proprio in zona
Cesarini”. Nessuno è insensibile al fatto di
essere - o di trovarsi di fronte - “un caso raro”.
Si potrebbe paradossalmente aggiungere che quando non si ha quello
che si ama, bisogna amare quello che si ha: in questo caso la
malattia, in mancanza della salute. Una reazione molto nota
riguarda la disponibilità affettiva.
i
parla molto spesso dell'egoismo dei malati e della loro astenia
affettiva. Altri, al contrario, hanno posto in
evidenza una loro iperestesia ed una loro morbosa sensibilità. La
realtà va al di là di questa apparente contraddizione.
C'è in effetti una disponibilità affettiva: il soggetto aveva
stabilito con i suoi e con l'ambiente circostante legami talvolta
vecchissimi. Questa grande esigenza affettiva, ripartita su un
certo numero di oggetti, era nel suo insieme soddisfatta e ben
fissata. Essa
diventa ora libera e disponibile in ragione della rottura determinata
dalla malattia e dello sradicamento brutale che hanno inciso sul
vivo.
a questa situazione nasce un'angoscia
diffusa dei primi momenti e l'ipersensibilità che è piuttosto la
messa a nudo di una preesistente sensibilità. Questa
affettività liberata non può restare a lungo disponibile;
essa cerca di fissarsi di nuovo, e due vie le sono possibili. Qualche
volta il circuito si chiude, le esigenze affettive vengono investite
sul soggetto stesso, generando un egocentrismo che raggiunge spesso
le punte di uno spiccato egoismo: è
allora che si osserva il ripiegamento su se stessi, il rifiuto di
ogni preoccupazione, di ogni pensiero che riguardi gli altri ed
infine l'assuefazione. L'istinto di conservazione è
alla base di questo offuscamento delle nostre reazioni affettive; la
sofferenza che si prolunga nel tempo, per il fatto stesso della
durata, finisce per sminuirsi nella sua totalità fino a
distruggersi, per così dire, a danno evidente del deterioramento
profondo della personalità totale. Altre
volte, al contrario, questa affettività disponibile si proietta e si
fissa sul mondo esteriore. L'inerzia e l'immaginazione
orientano allora gli investimenti affettivi, non sempre in modo
felice né molto altruista. Il sentimento di solitudine diventa
insopportabile al soggetto, anche quando si trova tra i suoi ed egli
ricorrerà ad un altro punto di riferimento, che in genere è lo
specialista se ben visto e stimato (transfert positivo).
L'ansia
non può restare fluttuante; essa deve trovare un investimento e si
indirizzerà o verso il mondo esterno, sotto forma di aggressività
più o meno latente, mascherata dietro ragioni che sono spesso solo
dei pretesti, oppure si rivolgerà contro il soggetto, sotto forma di
reazione depressiva, che la malattia spesso legittima, ma che può
assumere dimensioni eccessive, quando finisce per esprimere solo
ansia. In altri casi porterà il soggetto a
comportamenti fallimentari, quando il suo psichismo è strutturato in
maniera tale che egli cerca con tutti i mezzi di non realizzare
quanto egli sostiene di voler fare. Più avanti con la sublimazione,
il soggetto può superare la malattia, cercando di farne buon uso,
ricavandone sul piano sociale, umano, morale o spirituale benefici
secondari, lodevoli e legittimi. La compensazione
è una sana reazione: essa ha lo scopo di
controbilanciare, su un differente terreno, l'inferiorità supposta o
la difficoltà incontrata, quasi a stabilire un equilibrio.
emostene, ad esempio, grande politico e più tardi ottimo oratore ateniese, essendo balbuziente fin da piccolo per superare questa sua difficoltà era solito allenarsi a parlare con dei sassolini in bocca per professare, appunto, in età adulta, l'arte oratoria. L'opposizione, infine, è una manifestazione esplicita di aggressività. E' il rifiuto della malattia. Più di frequente essa si esprimerà con una rivendicazione individuale e si limiterà ad un comportamento brontolone, a manifestazioni di cattivo umore di breve durata. Tra il patologico, la malattia, ed il ritorno alla normalità non ci sono confini ben definiti, così come tra il normale e il patologico. L'uomo tutto intero coinvolto nella malattia, può uscire segnato ma, molto più frequente di quel che si pensa, anche più forte di prima … con nuovi stili di vita, uno sguardo diverso, curioso, aperto e disponibile e, soprattutto, con modi di fare più consapevoli e spontanei.
orniamo
ancora una volta a noi, al tema principale. Accanto al triste e
doloroso stato depressivo esiste un altro mondo emotivo
caratterizzato da un atteggiamento particolarmente “sciolto”
e
molto più “leggero”,
di spensierata euforia, di immotivata ed esagerata fiducia in se
stessi; una
grande energia e allegria che a lungo andare confonde e stanca
l'interlocutore, anche se, a volte, per molti può essere un
interessante modello sociale ideale da seguire, con cui
identificarsi.
Un personaggio che, considerata la sua vivacità ed esuberanza, non
disdice l'uso frequente del 'calicino' e droghe varie per rallentare
in qualche modo la sua vita “spericolata”
ed
“esagerata”;
un
bere smodato che, nonostante l'umore alto, serve a calmare una
notevole angoscia esistenziale, reggere una precaria stabilità,
gestire un'anima piuttosto fragile, vincere una profonda insicurezza
e disistima.
Ricordiamo
ancora una volta che la situazione che troviamo intorno a noi da
piccoli struttura, o meglio condiziona, il nostro sviluppo futuro:
influenza comportamenti,
atteggiamenti, schemi mentali e modi di pensare.
Seri
conflitti o privazioni, infatti, bloccano la nostra capacità di
evolvere … congelano
ogni condizione fisica e psichica (chimica,
ormonale, elettrica).
Trovarsi
di fronte a conflitti minori o affrontare certe sfide più o meno
complesse possono invece dare stimoli maggiori alla crescita delle
nostre vere potenzialità e risorse.
n
questo modo, alcuni sentimenti che crescono, non solo si
svilupperanno bene e in modo armonioso, ma daranno un senso diffuso
di soddisfazione e vitalità, un prezioso slancio alla voglia di
fare.
Là dove alcune nostre capacità sono state limitate, o sono comunque
“deboli”,
la struttura psicosomatica
sarà
in difficoltà, bloccata o poco attiva o, chissà, magari troppo
“disorganizzata”.
Il bambino ha bisogno di regole, di confini netti, ma anche di
flessibilità. L'ambiente
caldo e ricco di stimoli è fondamentale per uno sviluppo armonioso e
sano. Un ambiente troppo duro, poco tollerante, caratterizzato da
voce dura e alta, pieno di pregiudizi e incomprensioni diminuisce nel
piccolo la capacità di sincerità, di apertura, di onestà .
Il
terrore di una eventuale punizione spinge alla bugia, alla finzione,
al sotterfugio (la
menzogna è sempre e solamente un segnale: il segno che il fanciullo
non si sente più completamente in confidenza con le figure di
riferimento; a torto o a ragione, egli immagina che l'altro non può
comprenderlo).
uindi, bisognerà innanzitutto adoperarsi per
ristabilire la 'vecchia'
fiducia.
Quando è possibile, il cucciolo va compreso e visto come un boy
scout, un grande esploratore della vita e aiutato con empatia a
risolvere gli errori che gli capiterà di fare; tutte
cose che ognuno di noi nel bene o nel male deve affrontare e superare
nel modo più vantaggioso possibile per godersi e amare la vita così
com'è: raggiungere maggior soddisfazione, benessere e felicità.
Repressioni, traumi, conflitti dell'epoca dello sviluppo hanno
conseguenze importanti e lasciano ferite che avranno bisogno di molto
tempo per rimarginarsi. E' fondamentale, senza
insegnare niente a nessuno,
rendersi conto che, nonostante i piccoli chiedano e vogliano maggiore
indipendenza, ci possono essere difficoltà serie se essi vengono
spinti troppo presto e con eccessiva forza nella vita delle
responsabilità adulte, dove tutto quel che è infantile viene
ridicolizzato o sottovalutato. Il piccolo ha bisogno di una sottile,
crescente indipendenza e allo stesso tempo di essere tenuto per mano,
al guinzaglio con dolcezza e amore.
a una fame insaziabile di fatti
riguardanti il mondo che lo circonda e la sua maniera di funzionare.
Le informazioni sono divorate e assimilate con grande rapidità e la
caccia di altre notizie è continua … non
bisogna sostituirsi a lui perché si sentirebbe completamente
ignorato, non ascoltato non modo giusto.
La qualità delle opportunità di “gioco”
riflette
la libertà e i confini che un ambiente concede e offre a lui.
L'opportunità o la libertà di esplorare è solo un aspetto. Ci
devono anche essere confini che non devono risultare né troppo
rigidi né troppo molli e permissivi. Gli estremi in entrambe le
direzioni, possono portare a confusione, ad ansietà e insicurezze.
Il
ruolo dei genitori nella guida e nella protezione dei figli non è
mai semplice. Se essi sono troppo ansiosi, troppo severi o
iperprotettivi possono portare il figlio a diventare impacciato,
pauroso o ribelle.
Quando c'è poca guida il piccolo può diventare insicuro, perché
incontrollato, si sente allo sbaraglio, non protetto: teme
di non considerato e per nulla amato.
Non ci sono formule o regole categoriche che aiutino a trovare il
giusto equilibrio. Ogni fanciullo è unico e i bisogni di ciascun
bambino sono diversi. Non c'è ambiente che non produca traumi, d'un
tipo o d'un altro, che non produca blocchi, sfide … eccessive
difese.
e ce ne sono “abbastanza”
(“scosse”),
per ciascun stadio della crescita - capite,
affrontate e rielaborate -
allora il risultato è salutare e c'è una grande voglia di
conoscere, di vivere; i
“turbamenti”, se ben gestiti, producono sentimenti calorosi e
vivi che aprono a nuove opportunità, alle battaglie che la vita ci
chiede di affrontare senza tante pretese … solo rispetto.
Un
modello relazionale caratterizzato da conflitti, ripetuti abbandoni o
separazioni traumatiche
(lutti,
divorzi, violenze fisiche o emotive, critiche fuori luogo, scarsa
attenzione a livello emotivo, eventi del tutto nascosti al piccolo,
senza permettergli di rielaborare emotivamente e cognitivamente
l'accaduto) lo
troviamo in soggetti che hanno sviluppano una personalità chiamata
maniacale.
Chi
inciampa in questo sofferenza presenta un comportamento di sfida,
altezzoso, frenetico, apparentemente pieno di buone intenzioni e
progetti fantastici per migliorare, a suo dire, una parte
dell'ambiente o del mondo intero.
E'
un disturbo psichico consistente in euforia, buonumore scatenato,
straordinaria fiducia in se stessi, iperattività continua.
La
persona che attraversa una crisi maniacale infatti è presa in un
vortice continuo di idee, di iniziative, di movimento senza controllo
e sosta.
La mania può comparire poco prima o subito dopo un episodio
depressivo (depressione
bipolare),
oppure può presentarsi isolatamente.
entre la persona depressa è costretta a vivere la propria angoscia disperata fino in fondo, la persona maniacale cerca di sottrarsi a questa sofferenza con una specie di fuga continua, altrettanto disperata e inutile. I maniaco – depressivi presentano cicli ricorrenti di stati d'animo. Nei casi tipici, passano da una fase di depressione e inattività ad una fase di esaltazione mentale con iperattività (vedasi il caso clinico di Alessandro). Quest'ultima fase è di solito seguita, e a volte preceduta, da un periodo nel quale essi sembrano più 'normali', e che viene generalmente descritto come un momento di “sospensione” del malessere. In molti casi, questa fase apparentemente normale è caratterizzata da meccanismi ossessivi, e in realtà non è difficile scoprire tratti ossessivi nella personalità di tale quadro clinico.
iò fa pensare che durante le fasi “normali”
e “intermittenti” il
soggetto sia in grado di tener testa alle sue difficoltà emotive per
mezzo di meccanismi ossessivi (rituali,
pensieri, schemi mentali, idee),
ma che durante le fasi depressive o maniacali ricorra a difese più
primitive, e perciò manifesti forme di comportamenti più arcaici
('psicotici').
Nella mania, le reazioni depresse sembrano assenti, sebbene, ad un
esame accurato, se ne possono spesso scoprire delle tracce e, in ogni
caso, la sottostruttura è depressiva. Una condizione maniaca può
apparire come un attacco sporadico, e in tal caso la prognosi
dell'attacco stesso sarà spesso favorevole. Gli intervalli fra gli
attacchi ricorrenti della mania variano notevolmente e la condizione
può diventare cronica. Nella “malinconia”,
manca la fase esaltata, se non per quel tanto che essa è
rappresentata da stati di depressione cronica grave e di radice
profonda. S'intende che i mutamenti dello stato d'animo sono comuni
fra gente che non presenta nessun segno di disagio emotivo, e perciò
la sequenza delle fasi nella malattia “bipolare”
leggera
è considerata a volte come una esagerazione delle alternanze normali
del sentimento.
Inoltre,
è noto a tutti che quando delle persone “normali” debbono subire
stati prolungati di stress, umiliazioni o delusioni, esse tendono a
reagire dimostrando un diminuito interesse alle cose della vita; ed è
anche noto che esse cercheranno qualunque sollievo della loro
tensione con un particolare sfoggio di allegria, spesso però forzato
e indotto artificialmente, come nel caso dell'ebrietà.
La
prova più convincente della natura narcisistica della depressione la
si trova studiando la struttura maniacale che, a un esame
superficiale, sembra presentare una completa antitesi del quadro
depressivo.
Il
soggetto, infatti, si sente “bene” (euforia), pieno di energia e
voglia di fare, anzi direi proprio febbrilmente attivo. L'euforia
spesso può raggiungere uno stato di megalomania, e l'attività
diventare letteralmente frenetica.
l depresso soffre di una sembra una profonda perdita della stima di
sé, mentre il maniaco sembra aver acquistato una misura esagerata di
fiducia, una immensa ed esagerata stima di sé. La sua vitalità
appare sovrabbondante, in contrasto con la condizione arida,
svitalizzata e vuota del soggetto depresso. In
entrambi casi, però, le manifestazioni sono davvero esagerate,
abnormi.
L'amor di sé enormemente esagerato del maniaco è altrettanto un
segno di debolezza quanto l'apparente mancanza di amore di sé del
depresso. Ciò
è confermato dalla fugacità delle idee, delle azioni e dei rapporti
con gli oggetti che si manifesta nei casi maniacali.
Le attività mentali di cui volta a volta si tratta sono
letteralmente “sfuggenti”,
e manifestano una scarsissima capacità di veri rapporti con
l'oggetto, il che è sempre il segno di un debole sviluppo della
personalità. Entrambi
i tipi presentano le reazioni di carattere della dominazione e
dell'oppressione emotiva: indici inconfondibili di una struttura
emotiva malsicura e vorace.
Certi depressi, oltre ad avere idee aberranti circa la propria
“inamabilita”, accusano apertamente i loro familiari di non
amarli, di non comprenderli … di non capire completamente il loro
profondo dolore.
'importanza
dei fattori narcisistici e istintuali nella depressione può essere
confermata dallo studio di quei casi in cui si può individuare un
fattore precipitante; generalmente parlando, un insuccesso nel lavoro
o nell'amore, di tipo traumatico, può provocare una depressione
(insuccesso
negli affari, perdite di denaro o di reputazione, situazioni che
danno origine al rimorso, delusioni nei rapporti amorosi o perdita di
oggetti d'amore, morte di persone cui il soggetto potenzialmente
depresso era emotivamente molto attaccato).
La reazione traumatica primaria, allora, dà origine a una
regressione e lesione narcisistica. In
molti casi non si potrà scoprire nessun evidente fattore
precipitante, e il caso apparirà di tipo più endogeno che non
reattivo.
Uno studio più attento, però, indica che esistono fattori
precipitanti i quali hanno ottenuto un effetto per il tramite del
loro valore simbolico; ossia, la mente inconscia ha scoperto una
situazione che minacciava una perdita e l'ha interpretata in termini
di mancanza od offesa traumatica: il
soggetto potrà allora manifestare idee aberranti di perdite di
denaro o di povertà.
Una
simile identità inconscia fra il cibo, il denaro e l'amore, si
osserva in casi di delinquenza giovanile, tossicodipendenza e, in un
senso più negativo, nella paranoia.
'esistenza
di fattori predisponenti costituzionali, nonché organici, viene
generalmente data per certa, ma su questo aspetto della malattia ci
sono ancora molte cose da dire e da chiarire: non sono state fatte
osservazioni univoche e precise (non
bisogna mai dimenticare che si “trasmettono” cellule ma anche
cultura, modi di pensare, idee e comportamenti).
E' tuttavia facile stabilire la presenza di certe predisposizioni
psichiche e tendenze funzionali, e in particolare di un'incapacità
di resistere a tensioni traumatiche. Non soltanto il depresso
reagisce male a stati di frustrazione, ma sembra incapace di
sopportare il minimo indugio delle soddisfazioni istintuali. Egli
manifesta anche una certa ipersensibilità al dolore psichico, ed è
perciò molto facilmente “toccato” spesso si troverà una storia
di precoci malattie fisiche riguardanti le funzioni nutritive. In
generale, ci sono buone ragioni per supporre un eccesso
costituzionale di masochismo primario.
I
maniaci più gravi, invece, per rendersi la vita meno sgradevole,
usano meccanismi che allontanano dalla realtà (psicotici),
li fanno sentire onnipotenti:
si
sentono immortali e sono convinti che in nessun modo potranno essere
feriti.
Astuti
nel trasformare, attraverso il meccanismo di difesa del diniego,
situazioni dolorose con tinte umoristiche; risulta per loro più
facile ribaltare o negare emotivamente certe ferite dolorose in un
atteggiamento più spensierato e positivo …
una
strategie per superare certi limiti e disagi affettivi
(gestire
ad esempio la perdita di una persona cara con una certa ilarità …
sorridere ad un funerale … ridere in una situazione imbarazzante …
sorridere per contrastare momenti difficili e scomodi);
presenta
spesso notevoli difficoltà ad avvicinarsi emotivamente a situazioni
serie.
Un
soggetto comunque con un cervello brillante, pieno di idee e
programmi a getto continuo ma sempre con risvolti eccessivi,
esagerati, negativi e colmo di insane passioni … fino
ad arrivare prima o poi allo sfinimento, all'inevitabile esaurimento;
un 'esibizionismo'
sfrontato
apparentemente fatto di garbo, spigliatezza e buone maniere.
n
pensiero imbizzarrito che non distingue più tra ciò che è reale e
ciò che è fantasia: il parlare è veloce e del tutto incoerente,
non segue nessuna logica e passa da un argomento all'altro con
estrema facilità. Un
personaggio che zigzagando tra euforia e tristezza, con i suoi bassi
e alti portati agli estremi, si presenta attivo, agitato, disordinato
e poco lucido, spensierato ma anche pieno di guai
… imprigionato
nella confusione più totale.
Dominato da eccessiva euforia può imbarcarsi in progetti grandiosi e
pericolosi, per poi lasciarli il più delle volte a metà,
abbandonarli come se niente fosse, senza nessun ripensamento. Poiché
tale disagio compromette il potere di giudizio, questi soggetti che
ne sono affetti rischiano il più delle volte di prendere decisioni
impulsive, con conseguenze disastrose:
non
rispettano scadenze, sfidato le proibizioni, spendono di più di
quello che hanno a disposizione e, soprattutto, aggrediscono
violentemente tutti coloro che si mettono di traverso nei loro
progetti insensati … tentare di farli ragionare è del tutto
inutile.
E'
l'altra faccia della medaglia depressiva (il suo opposto) che spesso,
al suo esordio può sfuggire a chiunque, non viene presa in
considerazione per i suoi stati d'animo apparentemente spensierati,
allegri e felici:
quello
stato patologico drammatico definito dagli addetti ai lavori “mania”.
La
mania si esprime in due modalità reattive: euforica e disforica.
Nella forma euforica lo stato d'animo è pervaso di ottimismo,
creatività, potenza ed energia illimitate: la vita diventa un gioco,
offre possibilità innumerevoli, tutto ciò che la fantasia riesce ad
immaginare è teoricamente realizzabile.
ltrettanto comune, ma molto
meno gradevole, è nella sua forma disforica: accanto all'elevazione
del tono dell'umore ci sono irritabilità, agitazione, stato di
continua eccitazione e, contemporaneamente, frustrazione, momenti di
depressione e paranoia (vedasi padre di Eleonora). In forma leggera
(ipomaniacalità)
può
essere difficile per molti riconoscere i vari tratti patologici in
maniera chiara e precisa. Un
modo di fare comunque - anche nella sua forma down - sempre
eccessivo, esaltato, agitato, spensierato ed inconcludente da non
sottovalutare mai perché dannoso e pericoloso per il soggetto stesso
e per gli altri. Poiché
una sofferenza di questo tipo preclude la possibilità di condurre
una vita normale è sempre il caso di chiedere un aiuto qualificato.
on bisogna mai dimenticare che una gestione equilibrata
dell'emotività e una corretta alimentazione rinforzano le difese
immunitarie, rendono più felici e, soprattutto, allungano la vita.
La prima mossa da fare quando il disagio emotivo appare serio è di
cercare un aiuto professionale che possa aiutare ad esprimere le
sensazioni e a sviluppare modi nuovi per reagire a situazioni
difficili. Una problematica complessa come quello dello stato
depressivo non può accontentarsi di risposte semplicistiche.
Condurre
questi soggetti a cogliere il significato della loro sofferenza
rappresenta la vera posta in gioco.
Si può rinunciare, infatti, solo a ciò che si è compreso;
sapere,
quindi, di che cosa si soffre non soltanto riduce l'angoscia che ne
deriva, ma soprattutto fornisce efficaci alternative alla
rassegnazione, alla disperazione e può mettere in campo ottime
strategie di intervento.
E'
stato detto più volte in questi articoli che una vita senza
riflessioni, poco esaminata, per nulla vissuta, offusca i rapporti
quotidiani e la visione del mondo: diventa banale, intricata,
difficile, completamente aggrovigliata.
olti
sono gli strumenti utili per conoscerci meglio, mantenerci in buona
salute e, quindi, vivere bene con noi stessi, gli altri, con il mondo
intero. Anche il cibo, comunque lo si giri, con il suo specifico
principio attivo, rientra in questo tipo di “saggezza”. Per
alcuni è un potente “farmaco” a tutti gli effetti:
“cura” la mente e il corpo in ogni
sua parte (il 70% ca delle difese immunitarie sono
presenti nell'intestino). E' fondamentale per chiunque rendersi
conto di come il cibo possa influenzare sia l'umore sia la salute a
livello generale. Quello che si
ingerisce, creando una buona funzionalità a livello psicosomatico,
può essere responsabile di come ci si sente realmente.
Sostituire gradualmente i cibi che in
eccesso producono tossine, scatenano agitazione e ansia è sempre una
buona mossa per gestire l'umore e affrontare con energia le sfide
della vita. Se l'alimentazione è scadente o
inadeguata, potrebbe essere utile chiedere ad un professionista
qualificato vitamine ed integrazioni dietetiche.
eguire una alimentazione salutare e bilanciata contribuisce a rafforzare la struttura psicosomatica a resistere allo stress e agli sbalzi d'umore (complesso vitaminico B, potassio, magnesio, zinco, fosforo, vit. C, E … la vit. B1 - tiamina - è fondamentale per la produzione di energia, il metabolismo dei carboidrati e, soprattutto, per la funzionalità delle cellule nervose, quando manca si è stanchi e depressi; la vit. B6 - piridossina - è coinvolta nella formazione delle proteine organiche, dei trasmettitori chimici del sistema nervoso centrale, dei globuli rossi, fondamentale per l'equilibrio ormonale e la funzionalità immunitaria, una sua carenza è caratterizzata da depressione, convulsioni, intolleranza al glucosio e a un significativo calo della funzionalità nervosa; la vit. B12 - cobalamina - importante per la sintesi del DNA, una sua carenza porta a una diminuzione della funzionalità nervosa: danneggia la funzionalità mentale).
iò
che si mangia modifica la chimica cerebrale e influisce sull'umore
(anche un solo pasto può mettere in moto un processo bio –
chimico importante). Sta diventando sempre più evidente e chiaro
che la chimica e le funzioni cerebrali possono essere influenzate nel
senso negativo o positivo a seconda di quello che ingurgitiamo.
Un'alimentazione sana e specifica è in grado di stabilizzare
l'umore, esaltare i tratti positivi della personalità, rendere le
funzioni cognitive migliori e aumentare l'efficienza mentale. La
quantità e la qualità determinano, nel bene o nel male, sempre un
cambiamento metabolico.
carboidrati
semplici (zuccheri raffinati entrano in circolo
più velocemente) e complessi
(prodotti integrali: riso, mais, miglio, frutta, lenticchie,
fagioli … entrano nel torrente sanguigno lentamente durante la
giornata) sono mutati in glucosio
(assimilati dai villi intestinali)
quando risultano in eccesso - oltre ad essere assorbiti - sono
trasformati, dietro stimolazione dell'insulina, dal fegato, in grasso
saturo (Ldl) … ecco
perché è importante mangiar bene - conoscere la quantità di
glucosio contenuta nei singoli alimenti che andranno a stimolare il
pancreas a produrre l'insulina - ma soprattutto far funzionare a
meraviglia la cellula epatica.
carboidrati che si
trovano nei cereali integrali stimolano la produzione di un
neurotrasmettitore importantissimo per l'umore (serotonina),
che produce sensazioni di benessere e di pace interiore. Tale ormone
calma l'ansia, schiarisce la mente, allevia la depressione e
favorisce il sonno. In realtà, ci si sente più lucidi, più
rilassati, meno stressati e molto meno distratti dopo un buon pasto
di questi carboidrati integrali (sempre però in equilibrio con
le proteine); una alimentazione bilanciata con certi
nutrienti, quindi, non solo può ridurre la sensazione di stress e di
tensione, ma può migliorare la capacità di concentrazione.
'assunzione eccessiva di cibi proteici, invece, aumentando la
dopamina e la noradrenalina - due neurotrasmettitori che accentuano
la sensibilità e l'aggressività, entrando in contrasto con quelli
del buon umore - può abbassare il livello cerebrale della serotonina
(la serotonina è un neurotrasmettitore fondamentale per
molte funzioni fisiologiche: sonno, comportamento sessuale,
aggressività e disturbi del comportamento alimentare e depressivo).
E'
importante mantenere ad ogni pasto un giusto equilibrio tra
carboidrati e proteine:
i primi sono importanti per fornire energia a cellule nervose,
muscolari ed eritrociti, il secondo composto organico risulta
fondamentale per ricostruire e sostituire il materiale biologico
invecchiato (fini plastici).
na
alimentazione disordinata (eccesso, difetto, junk food) crea una
disfunzione cellulare: una serie di squilibri metabolici che mettono
in pericolo la salute ... e, quindi, non solo disfunzioni
enzimatiche, neuronali ed ormonali, che il corpo intelligentemente
cerca di correggere fin che può, ma anche l'inizio di malattie
degenerative. Anche un'alimentazione
distratta e disordinata può remare contro una corretta
assimilazione, rallentare, ostacolare o rendere nemici tra di loro i
vari principi nutritivi regolarmente introdotti. Quando
si mangia in maniera poco corretta si verifica una carenza nutritiva
oppure una vera e propria aggressione chimica al metabolismo, sono
messe in pericolo centinaia di funzioni
(nervose, enzimatiche, ormonali); l'organismo non avendo la
corretta quantità e i giusti dosaggi, perde la sua funzionalità,
viene aggredito dai radicali liberi ... e dallo stress (non si
deve dimenticare la lotta anche con gli additivi, spesso tossici,
contenuti nei vari alimenti). E' corretto selezionare i cibi,
cosa si mangia, ma altrettanto importante è conoscere tutte le
sostanze presenti in essi e come reagiscono tra di loro (carico
glicemico, sali minerali, vitamine).
l
caffè ad esempio è uno dei mostri sacri della nostra alimentazione
ma, se preso in eccesso, non è privo di effetti indesiderati che
possono boicottare o ostacolare l'assimilazione di altri nutrienti
(funzionalità) … chi soffre di panico o i veri 'caffeinomani'
conoscono molto bene certi suoi danni (stimola le ghiandole surrenali
a produrre adrenalina). Tale bevanda, inoltre, quando si esagera, non
solo diminuisce la biodisponibilità di certi nutrienti, ma determina
effetti anche 'pericolosi'; la caffeina entrando in conflitto con
altre sostanze può rallentare l'omeostasi o bloccare il loro
assorbimento. Un eccesso di tale bevanda può far “male” a molti
composti chimici (sostanze organiche): tiamina, riboflavina,
magnesio, potassio, calcio.
uando non si
mangia correttamente il corpo segnala sempre un certo malessere, la
sua non corretta funzionalità, che non funziona bene, che non ha una
certa stabilità ed equilibrio; questi segnali sono chiari e precisi:
odore, stanchezza, gonfiore, gas
intestinale, respiro corto, rossore, sete continua, febbriciattola,
urina (odore e colore), feci molli o stipsi, eruzioni cutanee
… tutti problemi che possono essere evitati e risolti - quando
non sono sottovalutati o trascurati - utilizzando una corretta
alimentazione e modificando il proprio stile di vita. Non bisogna mai
dimenticare che ognuno di noi sviluppa nel tempo una preferenza per
determinati cibi. E' meglio lasciar mangiare ciò che si desidera
piuttosto che non mangiare niente. Anche la consistenza del cibo è
importante per coloro che sono svogliati e tendono ad alimentarsi
poco; alimenti che richiedono meno abilità per essere assimilati,
piccoli bocconi ad esempio, si mangiano più facilmente di una grossa
bistecca.
a come bisogna mangiare?
Il primo passo è rivolgersi sempre a persone qualificate, aperte,
che non confondono mai il loro operato con soluzioni magiche ...
competenti mai “estremiste”, ma soprattutto
che tengono conto degli aspetti psichici ed emotivi … che
considerano l'individuo che mangia nella sua unicità, GUAI isolarlo
dai suoi contenuti emotivi. Ho sempre insistito sulla
necessità di masticare con cura gli alimenti in modo tale da
ottenere un'assimilazione più completa possibile e non imporre allo
stomaco (che dispone solo dei succhi gastrici) il lavoro che
dovrebbe essere espletato dai denti … una masticazione che
trasforma totalmente in pappetta liquida gli alimenti prima di essere
inghiottiti. Tale procedura, sempre a mio parere, presenta
numerosi vantaggi: una diminuzione globale della quantità di
alimenti assorbiti, una buona salute orale e la diminuzione delle
feci dovuta all'assenza quasi totale di rifiuti alimentari. Lo
so, è difficile da mettere in pratica, sembra un'operazione alquanto
strampalata e può essere realizzata con possibili risultati positivi
solo da quegli “ammalati” che non tollerano il
minimo rifiuto nel tubo digerente. Una masticazione da 25 a 30 volte
per boccone potrebbe essere sufficiente. Qualora si vada di fretta,
risulta più vantaggioso mangiar meno che mangiar male. Non è
indispensabile osservare un completo silenzio durante i pasti. Chi
mangia da solo spesso mangia troppo e in fretta. Una conversazione
pacata su un argomento piacevole favorisce quel rilassamento che
facilita una digestione più agevole. Per contro, non bisogna mai
agitarsi e discutere animatamente … se
è possibile scegliamoci i commensali! Attenzione
alle regole dei naturisti, come ad esempio mangiare all'inizio del
pasto tutti gli alimenti crudi, compresa la frutta: il bolo
alimentare potrebbe essere talmente veloce da non permettere ai villi
intestinali l'assorbimento di nutrienti e vitamine importanti.
a salute va conquistata senza sforzo. Ogni conquista
comunque implica una lotta e le armi per il combattimento le dobbiamo
scegliere noi. Sta sempre a noi sferrare l'attacco contro le idee
sbagliate, i pregiudizi, le abitudine nocive. Spesso - e ciò
rappresenta sicuramente l'aspetto più difficile - ci si deve
scontrare con familiari, colleghi ed amici … subire
rimostranze e sarcasmi. Si passerà per un fenomeno
originale, se non strano, per quello che non fa nulla come gli altri,
forse addirittura per un “diverso”. Ma
che importa! Quando
i risultati saranno visibili, si faranno sentire, si verrà
ampiamente ricompensati, non dall'opinione pubblica, ma semplicemente
dalla nostra energia e vigore: la salute migliorerà a vista
d'occhio, gli scherni diverranno meno frequenti ed alcuni, sprovvisti
di conoscenze importanti, arriveranno al punto di seguirci.
nche se costituiscono un aspetto collaterale, vanno sempre coltivati
l'esercizio fisico, la vita all'aria aperta, l'aria e il sole …
diventano strumenti poco utili solo se si continua ad assorbire
un nutrimento tossico. Una alimentazione corretta, conforme
alla nostra fisiologia è la carta vincente, senza la quale ogni
altro sforzo è vano; prima di raggiungere tale stato bisogna sempre
rimettere in sesto un organismo minato da anni di intossicazioni da
alimenti e veleni vari; è possibile raggiungere un equilibrio
organico perfetto soltanto dopo un periodo di tempo abbastanza lungo:
non di diventa abili atleti andando una volta al mese in palestra
o leggendo le note introduttive di un manuale di ginnastica …
aspettiamo prima di dire che quella “cosa” non è sufficiente,
che una buona alimentazione non funziona o come dicono “alcuni”
che il cibo non è un “farmaco”. Si ricorda
ancora una volta che tutti gli articoli pubblicati hanno un solo
obiettivo quello di informare, di fornire dati, dare indicazioni in
modo tale che ognuno, in base al proprio bagaglio conoscitivo, possa
verificare, scegliere e decidere, rivolgersi alle persone giuste,
qualificate, e nel contempo allontanarsi dagli “estremisti”,
da tutti coloro che per puro narcisismo e poca sensibilità sono
interessati a “gonfiare” solo altre cose.
e
preoccupazioni, i conflitti in famiglia, la noia, le difficoltà
pratiche di una vita di code, di traffico caotico e di rumore, il
bisogno di piacere agli altri, le ambizioni professionali, le
difficoltà economiche che in questo periodo storico si fanno
particolarmente sentire, l'angoscia di vedere il tempo devastare il
proprio corpo, distruggere la propria immagine, sono tutte cose che
rendono un quotidiano difficile, stressante e, per alcuni, davvero
raccapricciante; visioni e schemi mentali che
rallentano la vita, stancano inutilmente, che aggrediscono
improvvisamente e si attaccano come ventose tossiche ad ogni istante
del giorno, che possono creare irritabilità, chiusura totale verso
se stessi e gli altri; fanno vedere il
mondo attraverso le lenti dell'incertezza, del sospetto, della
diffidenza e della paura.
n breve individui
“disorientati”, incapaci di vivere serenamente con se stessi ed
il mondo intero, avere relazioni interpersonali interessanti,
amichevoli, distese e fiduciose; modalità reattive che non aiutano
per niente ad apprezzare la vita, anzi allontanano completamente
dalla gioia e dal piacere delle cose semplici. Dominati
continuamente da questi atteggiamenti bisogna, imparare,
in fretta, a combattere le aggressioni della vita quotidiana, lo
stress, le delusioni, la fatica, a salvaguardare il proprio buon
umore e la propria salute; diventa allora indispensabile gestire,
adottare strategie per far fronte a questi inganni e trappole
mentali, cercare soluzioni dentro se stessi.
i sono
molto strategie e tecniche per giungere alla conoscenza di se stessi,
sviluppare una buona capacità di capire rapidamente gli altri, per
sapersi mantenere in forma e attivare le proprie potenzialità
fisiche ed intellettuali. Tecniche
per imparare a trattare il proprio corpo con simpatia e rispetto,
“nutrendolo” correttamente, nel fare le cose giuste e non
permettendogli di diventare un pesante fardello, di essere
perennemente in riserva, un motivo di ansia e di imbarazzo:
imparare a conoscersi e a tollerarsi,
diventando per se stessi un astuto terapeuta e un buon consigliere,
aperto ed indulgente. Tecniche per riuscire a essere
per gli altri anche un amico insostituibile, disponibile, gioviale,
generoso, fidato, ma soprattutto libero e naturale, rispettoso della
propria unicità. Molte tecniche, insomma, per acquisire quel
particolare modo di fare disteso e calmo che è caratteristico di chi
sta bene con se stesso e accetta di buon grado, con buon umore e
affabile curiosità la diversità degli altri.
Entriamo
nel tecnico.
Ci sono, infatti, nel paesaggio terapeutico, oltre ad una corretta
alimentazione (vedasi articolo precedente), molte tecniche
terapeutiche importanti che stimolando mente e corpo - riducendo
l'ansia e i suoi effetti collaterali negativi - possono
migliorare lo stato d'animo, rinvigorire lo stato sociale e
l'attività immunitaria (biofeedback,
ipnosi, massaggio psicosomatico, rilassamento progressivo);
non solo prevengono la depressione del sistema immunitario ma
riescono a stimolare e potenziare ogni relazione, aiutano con grande
saggezza a combattere le minacce provenienti dall'esterno (stress,
virus, batteri, parassiti … ma anche personaggi invadenti ed
inconcludenti!);
proteggere l'intero sistema psicosomatico quindi
in tempo utile può essere
vantaggioso a prevenire catastrofi, se non mettere al riparo da
tormenti e malattie importanti.
a prima tappa nella
metodica terapeutica “distensiva” consiste
nell'allenare e aiutare il soggetto a concentrarsi sull'interiorità.
Aiuta l'individuo ad 'astrarsi' dal mondo circostante e
accantonare per un po' di tempo le preoccupazioni, mettendole in
stand by, facendole aspettare un poco, secondo le sue esigenze ed i
suoi gusti personali, quanto basta al metabolismo e al cervello per
ritrovare il loro equilibrio
e la loro intimità. La
strategia migliore per riuscire in questa astrazione è cominciare
con tre respirazioni lente e profonde, che stimolano il sistema
parasimpatico e allentano il brusio mentale, fanno
pendere la bilancia verso il “freno” psicologico.
ATTENZIONE, la metodica terapeutica
ipnotica non fa mai perdere il controllo, anzi rinforza il sistema
immunitario, l'intero organismo, stimola sicurezza, crea armonia e
lucidità; uno dei due emisferi cerebrali, dx o sx, è comunque
attivo e sempre in contatto con l'operatore (dx:
altamente creativo e intuitivo - arte, musica, spiritualità, mente
femminile più sensibile alle sfumature emotive -; quello sx, invece,
riguarda la logica e la razionalità - matematica, linguaggio,
scienza, mente maschile -).
erché l'effetto di queste
respirazioni sia massimo, si deve accompagnare con attenzione il
respiro fino al termine della fase di espirazione, poi fare una pausa
per qualche secondo, finché l'inspirazione successiva si avvierà
spontaneamente. Il respiro è un elemento basilare della salute e del
processo di guarigione; se eseguito con una certa “insistenza”
e regolarità è responsabile della pace interiore e
dell'equilibrio bio – chimico (buon
flusso sanguigno, ossigenazione). E' importante
ricordare che gli esercizi di respirazione costituiscono un aspetto
fondamentale e singolare nel programma terapeutico ipnotico.
L'ipnosi, infatti, assieme ad un respiro corretto, sfrutta anche la
“visualizzazione” (immagini) in quanto
chiave di collegamento tra mente e fisico; nessuna
parte del corpo e nessun processo patologico sono fuori dalla portata
di questo strumento. In alcuni casi la visualizzazione
può portare alla “guarigione” completa
(equilibrio), in altri può aumentare l'efficacia delle
terapie convenzionali diminuendone la “tossicità”.
Per aumentare la probabilità che la tecnica funzioni, bisogna
utilizzare immagini provviste di una 'forte' risonanza
a livello emotivo. Non basta, ad esempio, sentirsi dire di immergere
il proprio corpo in un liquido gradevole, caldo e profumato. E' molto
più probabile che si riesca ad attivare il sistema immunitario se ci
si serve di immagini cariche di emozioni, siano esse naturali o
fantastiche. Questa metodica terapeutica non elimina nel soggetto né
l'attenzione, né la percezione, né il tono muscolare. Risponde
dolcemente agli stimoli verbali dell'operatore, che riesce ad
“addormentare” alcune zone cerebrali mantenendo
sempre, in altre, consapevolezza e lucidità.
ur non essendo una
tecnica pericolosa il suo percorso terapeutico non deve mai essere
intrapreso da terapeuti inesperti e condotto in modo selvaggio. E'
chiaro che i metodi approssimativi non sono mai consigliabili in
nessun ambito: il terapeuta deve essere sempre ben preparato
nella tecnica che intende utilizzare. Qui non si tratta di
avere o optare verso una forma di terapia spensierata e ottimista ma,
piuttosto avere di fronte un operatore che può diventare un pericolo
pubblico; lo specialista non deve avere
solo una discreta familiarità della situazione patologica, ma anche
ottime conoscenze tecniche nel formulare un programma terapeutico per
intervenire su quelle condizioni funzionali o psicosomatiche sempre
con caratteristiche uniche.
Non bisogna
mai dimenticare che tutti i provvedimenti terapeutici dei disturbi
emotivi sono suddivisi anzitutto secondo le tecniche impiegate e, sin
secondo luogo, in base alla funzione o attività della mente verso la
quale sono diretti. Dal punto di vista della tecnica, vi sono
soltanto due forme principali di psicoterapia, e cioè la
psicoanalisi con tutti i suoi derivati e le tecniche distensive.
Queste ultime modalità terapeutiche sono rivolte principalmente ai
sintomi di cui il paziente si lamenta; l'ipnosi fa parte di queste
metodiche terapeutiche e, quindi, può fornire un contrappeso emotivo
- attraverso elaborazione e catarsi - al sintomo o al fattore
precipitante più ovvio, esplorando ampiamente i precedenti
psicologici che hanno dato origine a quel singolare malessere emotivo
e fisico.'ipnosi, come ogni tecnica terapeutica distensiva, può indurre un rilassamento profondo e migliorare le condizioni biochimiche dell'organismo. Con l'ipnosi non si perde mai il controllo, ma lo si acquisisce attraverso il suo buon equilibrio bio – chimico raggiunto dall'organismo: allontana il chiacchiericcio mentale, aiuta a diventare più decisi, forti, lucidi e sicuri. Con questa metodica terapeutica, infatti, si può interagire su diverse funzioni cellulari e stimolare reazioni adeguate per un buon funzionamento mente – corpo; in breve, utilizzando a proprio vantaggio tutte le risorse psichiche, cognitive e fisiche a disposizione, si crea una situazione biologica in cui si producono reali ed importanti cambiamenti ormonali. Pur fugace e difficile da misurare, la realtà dei fenomeni ipnotici non è più contestata e, soprattutto, viene utilizzata con buoni risultati in ogni campo medico. D'altronde è una condizione psicofisica facile da produrre anche in numerosi animali. La trance, che può raggiungere vari gradi di profondità, comporta un rilassamento fisico completo, fenomeni di profonda distensione e anestesia.
L'ipnosi medica viene usata ai fini sedativi e anestetici e, soprattutto, per certe affezioni psicosomatiche: disturbi del ritmo cardiaco, angoscia, asma, attacco di panico, obesità, ulcera gastrointestinale, disturbi urinari, impotenza, frigidità, dermatosi, ansia, depressione, disturbi ossessivi - compulsivi. Socrate diceva “Conosci te stesso”, questo è un assioma fondamentale per vivere in maniera discreta e consapevole. L'ipnosi è un mezzo per conoscere meglio il proprio 'Io', per aiutarlo a comprendere i suoi grandi tesori che spesso non sa di avere, a contenere le difficoltà esaltando i pregi … che sono sempre tanti e, soprattutto, preziosi se si è in grado di “soffocare” quei giudizi di valore, quel chiacchiericcio mentale inutile, prolungato e molesto; importante per aprire le porte ai desideri genuini più profondi, a ciò che stimola gioia e felicità, produce benessere e generosità, tagliando fuori tutta la confusione delle ostruzioni mentali, delle idee fuorvianti su se stessi … tutti quegli inutili, ostacolanti ed improduttivi pensieri relativi a “dovrei” e non “dovrei”. Più la società si evolve meglio si apprezza questa metodica terapeutica in tutti i suoi aspetti scientifici. Come ogni terapia, la tecnica ipnotica deve essere sempre attivata da una professionalità indiscutibile; ogni intervento gestito da pressapochismo può ostacolare, attraverso un muro di razionalità o squalifica, questa meravigliosa e preziosa forma di intervento.
e la
depressione, invece, è iniziata da molto tempo, è necessario un
approccio analitico per individuare (assieme al paziente) i
motivi dell'insorgenza e del perdurare di tale disagio. A questo
punto è importante sottolineare che il discorso vale per la
depressione clinica vera e propria e non per la sensazione di essere
un tantino “giù” di corda che tutti proviamo,
prima o dopo. Se la depressione è di carattere temporaneo e di tipo
“reattivo”, cioè causata da determinati eventi
(malattia, separazione, abbandono, divorzio), alcune tecniche
ipnotiche - non solo per eliminare lo stress, ma anche per
aumentare la fiducia in se stessi - potrebbero rivelarsi davvero
efficaci. Una terapia comunque su misura non solo permette di far la
pace con il mondo intero, ma facilita anche il fluire delle idee
naturalmente, in maniera libera, spontanea e senza sforzo: si
trovano facilmente le parole per esprimere pensieri e i gesti sono
sempre rapidi ed efficaci.
Questo è anche lo stato in cui si è più pronti ad adattarsi a qualsiasi imprevisto, perché la propria fisiologia è in equilibrio ottimale, aperto a tutto, e sa trovare le soluzione alle esigenze contingenti. La psicoterapia - come l'insieme di un procedimento terapeutico - può essere applicata a patologie sia fisiche sia psichiche. Sotto questo nome si devono quindi comprendere non solo i trattamenti psicologici destinati a correggere turbe psichiche, che d'altra parte rispondono a volte molto meglio a terapie organiche, ma anche le terapie puramente psichiche destinate a dare sollievo o risolvere turbe di natura fisica. Queste tecniche, a seconda delle scuole e del loro orientamento scientifico sono, soprattutto in Italia, particolarmente numerose e spaziano dalla rieducazione, appoggio e sostegno alle tecniche di derivazione psicanalitiche.
L'attività fisica, inoltre, spesso citata e suggerita, è fondamentale per chiunque, ma il più delle volte, può esserlo ancora più vantaggiosa per i soggetti con un quadro clinico depressivo. Un soggetto che ha svolto regolarmente attività fisica durante il giorno, molto probabilmente dormirà come un ghiro di notte! Camminare, specialmente all'aria aperta, è sempre un buon esercizio. Gli individui ai quali piace ballare trovano questa attività stimolante e gradevole, estremamente piacevole, e spesso anche la musica, oltre ad agire su alcune aree cerebrali specifiche, rappresenta un ottimo intrattenimento, persino per condizioni piuttosto serie. RICORDIAMOLO, ancora una volta, che l'esercizio fisico - con il suo specifico cambiamento ormonale - rende più lucidi, decisi e sicuri, rinforza l'autostima e soprattutto aiuta a gestire la vita in modo vincente … discriminare ciò che è vero e ciò che è falso, serve a vivere veramente la realtà, a non spaventarsi più.
lcune carenze o ritardi, pur essendo variabili indipendenti dall'attività terapeutica, naturali per certe condizioni patologiche, se protratte eccessivamente nel tempo e ingiustificate, sono pericolose per la salute. Chi soffre non chiede mai il pressapochismo, di essere curato a metà, ma semplicemente umiltà, onestà intellettuale e professionale, e se lo specialista non gli dà quanto chiede egli andrà - ed in effetti va - a cercare altrove quello che non gli si dà: gli imbroglioni, i ciarlatani, i mediconi e i veggenti solo lì pronti ad operare a loro modo, facendo leva esclusivamente sul terribile ed invalidante tormento emotivo; i mass media, i personaggi del bar dello sport, i parrucchieri per signora, i portieri, la vicina di casa, poi, possono sconvolgere ancora di più la situazione, rincarano in maniera spicciola e superficiale la dose: hanno influenza fortunatamente solo su coloro che vengono trascurati da quegli specialisti che sottovalutano i problemi psicologici ed emotivi; bisogna prestare sempre la massima attenzione ad ogni sofferenza che si presenta senza un evidente substrato anatomico; alcune sbadataggini confondono, ogni carenza diventa pericolosa, si ritorce contro il professionista, mette in pericolo il lavoro terapeutico magari da tempo in atto … suo e di altri. E' sempre fondamentale comprendere i vari stati psicopatologici, chiarire le reazioni del malato di fronte alla sua malattia, di fronte alla terapia e di fronte al professionista, le reazioni del terapeuta nei confronti del malato ed infine le reazioni dei due, malato e professionista, quello che emerge nel corso del colloquio iniziale (transfert, controtransfert).
Alessandro, primogenito, con il suo “bipolarismo” e la sua corazza psoriasica non è più tra noi da molto tempo. Figlio di un noto commerciante di stoffe conobbe, da subito, il dramma del castigo, dell'abbandono, del conflitto e della morsa agghiacciante della solitudine. Un padre assente e una madre alcolizzata non solo lo hanno lasciato al suo destino, ma se ne sono serviti come sostegno nei loro momenti di sconforto, di smarrimento e di scarsa lucidità. Ridicolizzato da alcuni compagni ed insegnanti per il suo aspetto piuttosto disordinato e goffo, abbandona la scuola superiore ancora prima di iniziarla.
Anche non ricordare Eleonora e la sua profonda cicatrice sarebbe stato un racconto irriverente e incompleto. Sfregiata alla fronte in un giorno di festa così importante come il Natale all'età di sei anni non la si poteva certo dimenticare; una storia davvero dolorosa e drammatica che ha scosso a quell'epoca un po' tutti: conoscenti, vicini, famiglia e l'intero paese (padre personaggio pubblico). La vicenda iniziò con un rifiuto: non voler mangiare i tortellini in brodo perché temeva di soffocare. Anche se in famiglia circolava, con una certa insistenza, voce che la nonna fosse morta proprio per un incidente simile, il suo rifiuto era legato più ad una normale e banale gelosia infantile che una preoccupazione reale: voleva semplicemente la minestra condita con burro e salvia come suo fratello. Bruscamente strattonata e violentemente schiaffeggiata rimase inchiodata sulla sedia, non mangiò nulla, pianse e urlò fino alla seconda portata. Appena le fu possibile tentò di scappare per rifugiarsi nell'appartamento della zia dirimpettaia. Aprire una porta bloccata a quell'età è davvero difficile. Eleonora rimase immobile, pietrificata, incollata alla porta dalle urla e minacce del padre.
onfonde la notte con il giorno. Di notte guarda DVD (horror) di giorno dorme. Nasce Gilberto poi, dopo qualche anno, Maria. Il marito semplice ma piuttosto attento, affettuoso e innamorato, sempre più preoccupato per il suo stato, la spinge ad entrare in terapia. Per circa un anno sospende, gradualmente, le aspirine. Conduce una vita apparentemente normale, ma i chili erano oramai davvero troppi: impossibile eliminarli. Muore a 58 anni con un adenocarcinoma. Anche Eleonora voglio qui ricordarla che si sta muovendo in un clima sereno, in un'atmosfera affettuosa e accogliente, con tante belle luci colorate, la schiena e le sue manine aperte appoggiate alla porta che osserva sottecchi quel magico mondo natalizio incantato … stupidamente sottratto e negato da figure tormentate.
Questo è anche lo stato in cui si è più pronti ad adattarsi a qualsiasi imprevisto, perché la propria fisiologia è in equilibrio ottimale, aperto a tutto, e sa trovare le soluzione alle esigenze contingenti. La psicoterapia - come l'insieme di un procedimento terapeutico - può essere applicata a patologie sia fisiche sia psichiche. Sotto questo nome si devono quindi comprendere non solo i trattamenti psicologici destinati a correggere turbe psichiche, che d'altra parte rispondono a volte molto meglio a terapie organiche, ma anche le terapie puramente psichiche destinate a dare sollievo o risolvere turbe di natura fisica. Queste tecniche, a seconda delle scuole e del loro orientamento scientifico sono, soprattutto in Italia, particolarmente numerose e spaziano dalla rieducazione, appoggio e sostegno alle tecniche di derivazione psicanalitiche.
L'attività fisica, inoltre, spesso citata e suggerita, è fondamentale per chiunque, ma il più delle volte, può esserlo ancora più vantaggiosa per i soggetti con un quadro clinico depressivo. Un soggetto che ha svolto regolarmente attività fisica durante il giorno, molto probabilmente dormirà come un ghiro di notte! Camminare, specialmente all'aria aperta, è sempre un buon esercizio. Gli individui ai quali piace ballare trovano questa attività stimolante e gradevole, estremamente piacevole, e spesso anche la musica, oltre ad agire su alcune aree cerebrali specifiche, rappresenta un ottimo intrattenimento, persino per condizioni piuttosto serie. RICORDIAMOLO, ancora una volta, che l'esercizio fisico - con il suo specifico cambiamento ormonale - rende più lucidi, decisi e sicuri, rinforza l'autostima e soprattutto aiuta a gestire la vita in modo vincente … discriminare ciò che è vero e ciò che è falso, serve a vivere veramente la realtà, a non spaventarsi più.
idere
con gusto, a più non posso, a crepapelle, può aiutare a migliorarci
in alcuni momenti delicati della vita, gestire qualche periodo
difficile, affrontare e “superare” certi disagi momentanei; una
grande opportunità di cambiamento a costo zero che può modificare
lo sguardo severo su se stessi e migliorare la realtà circostante.
Anche questa è bella, dirà qualcuno contrariato, magari infastidito
e un po' offeso perché alle prese, da tempo, con un disagio fisico e
mentale particolarmente serio che non ha proprio nulla a che vedere
con qualcosa di comico o divertente. Ma cosa mi dice mai questo
saccente, per non dire sfacciato ed irriverente.
Al di là della
facile battuta, l'umorismo è un modo sottile ed intelligente di
interagire, interpretare, apprezzare e rappresentarsi il mondo in
modo diverso, vivace, ma realistico. RICORDA, il mondo è
sempre come te lo fai!. Sulla sofferenza non si deve mai
scherzare, non si deve, per nessuna ragione, usare espressioni
sarcastiche su un tema così importante e delicato come il dolore, la
malattia … la depressione. L'ironia comunque non solo
vince alcuni malesseri psicosomatici e migliora la qualità dei
rapporti sociali, ma può diventare - con il suo specifico
cambiamento ormonale - un prezioso e sofisticato “farmaco”;
l'umorismo libero e spontaneo, non essendo spietato
come il sarcasmo, attira comprensione e scatena simpatia, facilita i
rapporti, libera dalle tensioni, dalle emozioni negative e dai
pensieri spazzatura.
empre basandoci su dati concreti, più che
scientifici, è stato dimostrato che una vita felice, gioiosa ed
allegra, una dose quotidiana di buonumore, fa salire i livelli
dell'immunoglobulina: ovvero
quelle famose molecole prodotte dal corpo
coinvolte nella difesa immunitaria e responsabili del benessere
emotivo in generale. Siamo fatti così. Non dipende
assolutamente da strane scuole di pensiero, da metodi scientifici
confusi o complicati e bizzarri orientamenti professionali legati a
impostazioni metafisico - teologica … tanto
meno da me, quindi diamoci da fare!
Si “salva”
dagli ingorghi emozionali, infatti, chi più di altri ha sviluppato
anche il senso dell'ironia, riesce a dare e ricevere sollievo
attraverso il sorriso, il buon umore e l'allegria, a prendere il
mondo così com'è, a essere tollerante verso le debolezze altrui e,
magari, ridere delle proprie: chi ci riesce fa entrare davvero
il sole nelle stanze tetre e buie dell'esistenza. Spesso gli
uomini gioviali sono nemici del pessimismo e del bicchiere mezzo
vuoto, amano l'allegria, la buona compagnia e, soprattutto, sono
soddisfatti, contenti di sorridere e di far sorridere: aiutano
ad accettare l'inevitabile con il buon senso … con il buon umore.
Basta un semplice sorriso spontaneo e
naturale per modificare la chimica cerebrale, rilassare i muscoli e
far aumentare la produzione delle endorfine, sostanze chimiche simili
ai sedativi che danno la sensazione di benessere e di buonumore.
E' lo stato di “bonaccia” e di quiete che “cambia” il
cervello non il frastuono, l'inferno o il chiacchiericcio inutile!
Quando si ride si ha una contrazione temporanea e un successivo
rilassamento dei muscoli: questa
azione porta ad una buona distensione e alla riduzione della
pressione sanguigna. Anche respirare
profondamente è uno dei metodi più naturali e semplici, ma più
efficaci per tenere sotto controllo l'ansia e, nel contempo,
somministrare una buona energia anti - depressione. Una
corretta respirazione, un adeguato volume polmonare profondo e
prolungato è rilassante e, soprattutto, energizzante: allenta
la tensione, facilita la lucidità e favorisce la concentrazione.
onvinzioni personali e atteggiamenti possono influenzare la chimica
e la vita di ogni essere umano. Si tratta
in realtà di filtri attraverso i quali valutiamo se un'esperienza è
positiva o negativa, ci è d'aiuto oppure rappresenta una minaccia.
In realtà, convinzioni e atteggiamenti sono gli strumenti per
determinare se si soffre di depressione e, soprattutto, definire
quanto debilitante essa potrà essere per il sistema immunitario.
Stile
di vita, atteggiamenti, abitudini e convinzioni varie, come tanti
altri aspetti nel quadro emotivo, sono entità che sfuggono al
razionale, difficili da spiegare e ancora più difficili da capire
… soprattutto
quando percepiamo e ci scontriamo continuamente con un universo
vissuto come poco rispettoso, per nulla amichevole e troppo
invadente. Ma
perché abbiamo certe convinzioni? Semplice, la
pretesa, l'illusione che l'universo ci presenti, in ogni momento del
quotidiano, quanto di più positivo, vivo e meraviglioso ha di sé,
spesso, ci allontana dalla realtà e
così non solo restiamo delusi, amareggiati, pieni di rancore e
avvelenati da un vivere conflittuale, ma anche dominati da un
profondo sentimento di vendetta che governa e distrugge ogni affetto,
rapporto, gesto e azione.
Non
dobbiamo dimenticare che in ogni organismo c'è il più creativo,
astuto, formidabile e battagliero schieramento terapeutico che si
possa trovare in natura e la salute di questa fantastica struttura
dipende essenzialmente il più delle volte da noi, anche dalla nostra
ironia, dal nostro stile di vita, dal nostro modo di mangiare, dai
nostri schemi mentali e dal nostro comportamento quotidiano
… dal
modo in cui ci rispettiamo, guardiamo e viviamo le cose.
Dentro il corpo ci sono incredibili poteri di guarigione che, se
fornita la giusta assistenza, è in grado di proteggersi da varie
malattie. Assumersi l'impegno quindi di mantenerci in discreta salute
e adottare un tenore di vita che rafforzi il nostro stato emotivo e
fisiologico rappresenta un nuovo modo di avvicinarsi al mondo
complesso della malattia. La
patologia è sempre una deviazione, transitoria o permanente, dalla
condizione di equilibrio o, usando un linguaggio più tecnico e
professionale, di omeostasi. La malattia invade
violentemente la nostra vita spezzando e smantellando ogni cosa:
schemi, modi di pensare, abitudini, stili di vita e
atteggiamenti.
istrugge e modifica ma ci dà anche una
grande opportunità: di invertire la
rotta, di cambiare un certo percorso esistenziale … qualora
ovviamente sia ancora possibile. L'impegno
e il desiderio di cambiare le cose sono due “ancelle”
indispensabili per l'individuo che si cala nel suo profondo e inizia
a dialogare con i suoi abissi più minacciosi ed oscuri.
Come abbiamo più volte evidenziato nei vari articoli precedenti,
ciascuno di noi è in grado di creare le condizioni che indeboliscono
o rafforzano la struttura psicosomatica, favorendo o ostacolando le
varie aggressioni patologiche. In ogni settore della vita, inoltre, i
rapporti equilibrati, armoniosi, coinvolgenti, compresi quelli con se
stessi, favoriscono una salute migliore. Essere
perennemente imbronciati, isolati, soli, senza contatti con il mondo,
non solo ci impedisce di avere buoni rapporti con noi stessi e gli
altri, ma soprattutto ci “indebolisce” … a lungo andare ci fa
ammalare.
Prima
di sentirci davvero a contatto con gli altri in maniera genuina
dobbiamo però sentirci davvero in sintonia con noi stessi, per non
smarrirci nei dubbi, nei sospetti inutili e nei vortici conflittuali
che scaturiscono dalle nostre convinzioni, modi di pensare, dai vari
e complessi vissuti … rapporti umani. Essere
obiettivi, imparziali, in buoni rapporti con noi stessi, richiede
maturità e saggezza, sono tratti complessi e difficili da
realizzare, soprattutto se abbiamo subito torti o traumi psicologici.
L'essere umano cerca relazioni con gli altri per svariate ragioni, ma
ognuno cerca la stessa cosa: essere
riconosciuto, considerato, rispettato, stimato e amato per la propria
unicità, mentre nello stesso tempo vuole disperatamente amare,
sentirsi libero e sulla stessa lunghezza d'onda di un altro essere
umano. E' in questo contrasto di sensazioni che
riusciamo in qualche modo a trovare noi stessi, il ruolo che ci
compete e il nostro posto nell'ambito del sociale.
uesta è la sfida
di tutte le sfide; ma chi riesce a vincerla, o per lo meno a trovare
un equilibrio adeguato, la ricompensa è davvero grandiosa: una
migliore salute fisica, psicologica ed emotiva. Il
recupero dalla depressione non è mai facile, ha bisogno di molto
tempo, pazienza e amorevoli attenzioni (senza sforare
nell'eccesso), sia che i sintomi siano stati “curati”
nel modo giusto sia nel caso in cui non lo siano stati. A livello
personale, comunque, per risolvere situazioni emotive difficili, non
ci sono scorciatoie, si deve desiderare di cambiare e, soprattutto,
impegnarsi a farlo. Non esiste la bacchetta magica, dipende il più
delle volte da noi … e, naturalmente, da un professionista
competente e sensibile. Quindi,
se le cose non funzionano per il verso giusto, vogliamo che la nostra
esistenza continui così oppure vogliamo impegnarci per cambiarla in
meglio?
inché non cambiamo dentro di noi,
finché non lavoriamo sui nostri sentimenti, sulla nostra mente,
modificare i nostri pensieri e la visione del mondo niente al di
fuori di noi cambierà. Qualsiasi cosa si
stia facendo, godiamoci il presente, il passato e il futuro non
esistono, sono entrambi fuori tempo. Vogliamo
rimanere incatenati al vecchio, a tutto ciò che è già trascorso, a
rimanere immobili, impotenti, minacciati da quello che deve ancora
accadere? Non rimandiamo
per nessuna ragione la felicità! Non dobbiamo poi dimenticare che
tutti coloro che hanno a che fare con un disturbo emotivo mostrano,
il più delle volte, un atteggiamento remissivo, diffidente, critico
e sospettoso. Vale poco, se non nulla, essere severi o solo
minacciarli. Piuttosto che confrontarsi con i demoni del loro
malessere, preferiscono evitarli. Anche se tale modalità reattiva
produce un sollievo momentaneo, a lungo termine, cronicizzando
abitudini e comportamenti, si rivela disastroso, davvero
controproducente: istiga alla rassegnazione; tollerare comunque tale
stile di vita significa annullare ogni speranza, spegnere lentamente
ogni iniziativa, cancellare il più piccolo tentativo di rinascita,
bruciare completamente la possibilità di riscatto; smarrito,
immobilizzato, imprigionato alle caviglie e ai polsi non gli rimarrà
altro che guardarsi e leccarsi le ferite … che altri spesso hanno
prodotto.
oncludendo
possiamo dire, sempre in maniera più responsabile e professionale
possibile, che qualunque tecnica si decida di attivare o adottare per
alleviare il malessere del vivere quotidiano, rivolgendosi ovviamente
a persone qualificate, sensibili ed esperte in questo settore o
specifico quadro clinico, possiamo starne certi che ne trarranno
beneficio sia l'atteggiamento mentale sia l'integrità del sistema
immunitario. Da ultimo non bisogna dimenticare che l'ansia, il
bisogno e la voglia di uscire subito da questo tunnel doloroso
spingono alcuni soggetti - e non soltanto le anime semplici -
a consultare spesso professionisti più orientati al cinismo
commerciale che coinvolti sul benessere altrui. Spesso sono
“centri” improvvisati, gestiti da ex pazienti, 'diplomati',
guaritori estemporanei che illudono, praticano trattamenti misteriosi
ma, alla fine, sempre molto costosi o inutili … perdita comunque di
un tempo prezioso; anche se sono in buona fede, le loro
improvvisazioni, spesso, ostacolano o rallentano un
intervento professionale tempestivo e qualificato … creano
cronicità.
a forza di persuasione adottata da alcuni di
questi “birbaccioni” non è certamente nei loro
fantasiosi e miracolosi trattamenti, ma semplicemente fanno leva e
speculano sull'eventuale ritardo o lentezza dei vari trattamenti
curativi tradizionali attivati da persone qualificate; tutti vorremmo
che ogni processo terapeutico funzionasse con la massima rapidità,
ma ogni reazione a qualsiasi trattamento ha i suoi tempi, è sempre
soggettiva e, soprattutto, dovuta a parecchie variabili:
cronicità, età, ambiente, cultura e quadro clinico
frammisto; ogni persona è un caso a sé, unico ed
irripetibile: se non si interviene con un
programma terapeutico specifico si può causare non solo una
sofferenza inutile, sostare nell'immobilismo nei confronti di buone
soluzioni, ma anche provocare danni importanti se non irreparabili.
lcune carenze o ritardi, pur essendo variabili indipendenti dall'attività terapeutica, naturali per certe condizioni patologiche, se protratte eccessivamente nel tempo e ingiustificate, sono pericolose per la salute. Chi soffre non chiede mai il pressapochismo, di essere curato a metà, ma semplicemente umiltà, onestà intellettuale e professionale, e se lo specialista non gli dà quanto chiede egli andrà - ed in effetti va - a cercare altrove quello che non gli si dà: gli imbroglioni, i ciarlatani, i mediconi e i veggenti solo lì pronti ad operare a loro modo, facendo leva esclusivamente sul terribile ed invalidante tormento emotivo; i mass media, i personaggi del bar dello sport, i parrucchieri per signora, i portieri, la vicina di casa, poi, possono sconvolgere ancora di più la situazione, rincarano in maniera spicciola e superficiale la dose: hanno influenza fortunatamente solo su coloro che vengono trascurati da quegli specialisti che sottovalutano i problemi psicologici ed emotivi; bisogna prestare sempre la massima attenzione ad ogni sofferenza che si presenta senza un evidente substrato anatomico; alcune sbadataggini confondono, ogni carenza diventa pericolosa, si ritorce contro il professionista, mette in pericolo il lavoro terapeutico magari da tempo in atto … suo e di altri. E' sempre fondamentale comprendere i vari stati psicopatologici, chiarire le reazioni del malato di fronte alla sua malattia, di fronte alla terapia e di fronte al professionista, le reazioni del terapeuta nei confronti del malato ed infine le reazioni dei due, malato e professionista, quello che emerge nel corso del colloquio iniziale (transfert, controtransfert).
arebbe un
grave errore concludere l'articolo sul “male oscuro” senza citare
alcuni veri protagonisti di questo devastante e crudele quadro
clinico: i veri gladiatori della storia, tutti quei combattenti
che hanno avuto la meglio o la peggio su questo 'stravagante' e
singolare compagno di viaggio. Amici importanti che hanno lottato
contro questa Idra minacciosa, difficile da decapitare, che mi hanno
insegnato ad apprezzare e conoscere alcuni segreti della vita in modo
più concreto, lucido e chiaro, nella sua vera essenza: ad
amarla e rispettarla in tutte le sue sfumature ... per quella che è
realmente. E' passato tanto tempo, alcuni non ci sono
più, molti hanno chiuso con i “sospesi”
dell'infanzia e pochi, per fortuna, hanno ancora qualche conto da
saldare: sono
ancora braccati dal tormento delle ferite del passato.
Alessandro, primogenito, con il suo “bipolarismo” e la sua corazza psoriasica non è più tra noi da molto tempo. Figlio di un noto commerciante di stoffe conobbe, da subito, il dramma del castigo, dell'abbandono, del conflitto e della morsa agghiacciante della solitudine. Un padre assente e una madre alcolizzata non solo lo hanno lasciato al suo destino, ma se ne sono serviti come sostegno nei loro momenti di sconforto, di smarrimento e di scarsa lucidità. Ridicolizzato da alcuni compagni ed insegnanti per il suo aspetto piuttosto disordinato e goffo, abbandona la scuola superiore ancora prima di iniziarla.
a sua presenza assidua e costante in casa, però,
fa peggiorare le cose: non essendo ritenuto “presentabile”,
gli si vieta definitivamente l'ingresso nell'azienda di famiglia.
Il fratello minore si vergogna e lo esclude da ogni rapporto, dal
giro dei suoi amici, fa terra bruciata intorno a lui: famiglia,
clienti, vicini. Soffre d'insonnia e
mangia in continuazione, non ha amici e si trova sempre più
“voluminoso”, piuttosto “ingombrante” e soprattutto solo.
Intorno ai diciassette anni ci fu il suo primo ricovero e le prime
terapie antipsicotiche. Ripresosi momentaneamente dalle varie
difficoltà, trova lavoro come montatore meccanico in una piccola
azienda bolognese. Sembra che le cose vadano per il verso giusto. Si
sposa, nasce la figlia. Ma dopo un po' la psoriasi si fa sentire, si
diffonde in quasi tutto il corpo e in alcune zone sanguina: cuoio
capelluto, ascelle, dorso, mani, gomiti e arti inferiori
(la
psoriasi segnala un problema di identità: non
ci si sente riconosciuti;
è legata a problemi relativi alla separazione, ai sensi di colpa e
al sentimento di vergogna, gelosia, invidia; un fenomeno che peggiora
in condizioni di stress ... lo stato d'animo e l'equilibrio emotivo
influenzano fortemente la sintomatologia).
omincia molto presto a tamponare il disagio emotivo con qualche
“calicino” in più a pranzo. La sua somiglianza con
l'attore A. Sordi è davvero stupefacente. Cerca di
ammorbidire i rapporti e gli animi con alcune recitazioni e
imitazioni estemporanee, qualche sketch umoristico, ma nulla si
muove, tutto rimane uguale se non peggio … il più
delle volte la sua performance infastidisce, crea un'atmosfera tesa.
L'attore poi essendo un personaggio di altri tempi non avrebbe mai
convinto e coinvolto gli spettatori di nuova generazione (figlia e
i suoi amici), anzi l'insistenza e la messa in atto di tale
comicità era fonte di vergogna per tutta la famiglia; un modo di
fare che buttava ancora di più benzina sul fuoco, creava
incomprensione, vergogna, risentimento, rabbia, disapprovazione ed
allontanamento (soprattutto da parte della figlia e famiglia
biologica). Dopo qualche tempo, l'olio emulsionabile utilizzato
per lubrificare i pezzi meccanici al lavoro, crea ulteriore
sofferenza e tormento: le mani si infiammano, bruciano e
sanguinano, rendono il lavoro - nonostante i guanti - difficile, se
non impossibile. La catena di montaggio è impegnativa e
stressante: non riesce a rimanere nei
tempi fissati, i compagni cominciano a perdere la pazienza perché
devono fare anche il suo lavoro. Ci sono
parecchie assenze. Aumentano richiami e minacce di
licenziamento.
on è ben visto dal titolare dell'azienda e tanto
meno dai colleghi. Alessandro comincia a segnalare la sua solitudine
e la sua sofferenza con un linguaggio incomprensibile, conosciuto e
decodificato solo da lui, si esprime come può, a modo suo: gesti
confusi, stranieri per gli altri e, soprattutto, per i familiari.
Le sue assenze mentali, il suo sguardo fisso nel vuoto, la sua
affettività piatta, le sue stranezze aumentano di giorno in giorno,
creano nuove tensioni in famiglia; la bimba comincia a isolarsi,
lo allontana dalla sua vita. Nel frattempo la figlia cresce,
diventa adolescente: il suo rifiuto aumenta, non gli rivolge
neppure uno sguardo, una minima parola … pare che a quell'epoca
frequentasse personaggi poco raccomandabili, ma per lei
“indispensabili” per distrarsi, calmare il tormento e gestire la
vergogna, sottrarsi da quella atmosfera conflittuale e rabbiosa
(altra tensione in famiglia). Finalmente
arriva la pensione. Molte cose sembrano risolte,
soprattutto per la psoriasi. Ma dopo la quiescenza, la sua presenza
continua in paese e in casa diventa ingombrante e fastidiosa.
Continua a bere anche fuori pasto, al mattino al bar un caffè e tre
parti di alcol scadente. Passa da periodi di depressione a momenti di
esaltazione (mania) sempre
più rapidamente, annullando quasi completamente l'intervallo tra i
due stati emotivi. Nei momenti di euforia vende ogni
cosa, bicicletta e scooter compresi ... la moglie dietro a
ricomprarli. Aumentano i rifiuti in maniera decisa,
aggressiva e drastica, mentre le bevute diventano più che
ravvicinate, non solo a pranzo e a cena, ma anche a colazione, in
ogni momento del giorno e, nel contempo, anche il dosaggio di
psicofarmaci raddoppia. I ricoveri si fanno più ravvicinati …
viene legato a letto per la sua incolumità.
i
ripete di nuovo il copione, ritornano i vecchi fantasmi: la
gente lo evita e gli ride in faccia, diventa lo zimbello del paese,
la figlia lo rifiuta, si vergogna e si allontana da lui
definitivamente, la moglie sfinita resiste più per imbarazzo e
risentimento che per senso di umanità.
Rimane tutto il giorno da solo a fissare il vuoto. Esagera con le
sostanze (alcol, psicofarmaci, sigarette). Alessandro
muore in solitudine all'età di sessantadue anni per un arresto
cardiaco improvviso. A me piace ricordarlo ancora una
volta con i suoi occhioni color azzurro mare, fissi nel vuoto e poco
pretenziosi, alla ricerca di piccole e semplici cose; che abbia
trovato finalmente un po' di pace, gioia,
comprensione, tenerezza e amore … quella calorosa stretta di mano
tanto desiderata ma sempre negata … che possa aver avuto
finalmente, quella tenerezza, quel forte abbraccio tanto supplicato,
ma sempre rifiutato ... quel calore umano inseguito da tempo, ma mai
incontrato.
…
vederlo ancora una volta umile e commosso durante
il racconto della sua fiaba preferita: “La storia del bruco e
della farfalla”. Una favola per lui importante che per metà della
sua vita gli ha insegnato, nel bene e nel male, a non arrendersi …
di superare tante montagne e, finalmente, con le sue ali tutte
variopinte arrivare fin lassù … in pace.
Francesca
ha vissuto, dalla nascita alla preadolescenza, in due mondi
conflittuali completamente diversi ed ostili tra di loro. I primi
giorni della settimana viveva con la famiglia materna, nel weekend
con il padre nonché il convivente della madre. Il padre, da sempre
giocatore incallito, è una figura insensibile, minacciosa e
violenta. Gli riesce bene ad aggredire non solo figlia e moglie, ma
anche carabinieri, poliziotti, medici e tutto ciò che si “muove”
in giro. Anche se era molto considerato e stimato nella sua attività
di artigiano, non lo era certamente per la sua sensibilità verso il
prossimo, non sfuggiva a nessuno la sua aggressività e l'arroganza
nei confronti della gente, di chi si metteva di traverso … la poca
disponibilità verso la natura umana; la sua fama di violento
spaziava ed esplodeva in ogni settore e in tutte le direzioni
possibili: famiglia, dipendenti, clienti, amici ... nel sociale, non
sopportava l'attesa! Pare sperperasse a poker in una sola serata,
senza battere ciglia, con fare da sbruffone, somme superiori a venti
milioni.
l ritorno a casa, però, dopo ogni perdita, piuttosto
frequente, frastornato dalla rabbia e disorientato dai fumi
dell'alcol, la prima a farne le spese era la compagna e poi,
svegliatasi dalle urla, la figlia. Impossibile sfuggire, nonostante
le denunce, a questo personaggio manesco, furioso, prepotente,
aggressivo e violento. Francesca come tutte le bambine era vivace e
curiosa: ballava, saltava e toccava tutto. Cosa che non doveva
fare assolutamente perché il padre doveva riflettere, riposare,
stare tranquillo e in silenzio, guai disturbarlo. Doveva essere
lasciato in pace, perché doveva riprendersi, recuperare le forze …
dal lavoro o dal gioco d'azzardo notturno?
Quando Francesca toccava qualcosa, a lui non gradita, era solito
reagire - o come diceva lui per insegnare criterio e“buone”
maniere - “avvicinando”, ripetutamente sul
dorso della mano la sigaretta o lo zampirone, a seconda dello
'strumento' a portata di mano in quel momento, provocando importanti
ustioni (le cicatrici erano ancora ben visibili a distanza di
decenni). Un giorno sua madre recatasi dai genitori, stanca dei
vari maltrattamenti decise di non ritornare indietro, di non
continuare la convivenza e rimase a casa dai suoi. Il terrore
momentaneo si trasformò in una fortuna permanente. Il personaggio si
presentò a casa dai suoi suoceri furibondo e armato fino ai denti,
sfondò il portone e la picchiò a sangue.
u arrestato e allontanato
per sempre da entrambe le donne, ma i semi dell'infelicità erano,
purtroppo, già germogliati da tempo in Francesca ... una vita,
fin da subito, tormentata, difficile, in salita e piena di rinunce.
La madre di Francesca invece era una figura insicura, dipendente,
assente, gelida, di bella presenza ma insignificante, un volto di
cera, che non esprimeva nulla; un soggetto che non riusciva mai a
sottrarsi, a resistere ai vari incantamenti; un personaggio
fantasma con uno sguardo smarrito, sperduto, pieno di sensi di
colpa. La bimba per lei, da subito, era stato solo un errore di
giovinezza (la piccola è stata accudita fin dalla nascita dai
genitori materni). Dopo varie “battaglie”
relazionali ed affettive Francesca è riuscita a trovare un suo
equilibrio, un compagno giusto, vivere un rapporto soddisfacente, di
buona qualità. Ora conduce una vita più o meno regolare e felice,
ha messo su famiglia e ama profondamente i suoi due piccoli. Ad ogni
incontro tra amici mostra, quando può permetterselo, la mano
a pugno, aprendola poi improvvisamente, non per minacciare qualcuno,
ma come gesto di forza, di pace, di apertura, di disponibilità;
per segnalare a modo suo la battaglia vinta, la riconciliazione col
mondo intero … certamente non molto generoso nei suoi confronti.
Tante belle cose Francesca!
Anche non ricordare Eleonora e la sua profonda cicatrice sarebbe stato un racconto irriverente e incompleto. Sfregiata alla fronte in un giorno di festa così importante come il Natale all'età di sei anni non la si poteva certo dimenticare; una storia davvero dolorosa e drammatica che ha scosso a quell'epoca un po' tutti: conoscenti, vicini, famiglia e l'intero paese (padre personaggio pubblico). La vicenda iniziò con un rifiuto: non voler mangiare i tortellini in brodo perché temeva di soffocare. Anche se in famiglia circolava, con una certa insistenza, voce che la nonna fosse morta proprio per un incidente simile, il suo rifiuto era legato più ad una normale e banale gelosia infantile che una preoccupazione reale: voleva semplicemente la minestra condita con burro e salvia come suo fratello. Bruscamente strattonata e violentemente schiaffeggiata rimase inchiodata sulla sedia, non mangiò nulla, pianse e urlò fino alla seconda portata. Appena le fu possibile tentò di scappare per rifugiarsi nell'appartamento della zia dirimpettaia. Aprire una porta bloccata a quell'età è davvero difficile. Eleonora rimase immobile, pietrificata, incollata alla porta dalle urla e minacce del padre.
na figura di riferimento perennemente su di giro, irritata, agitata
e violenta: in uno stato di continua all'erta ed
eccitazione. Poiché la bimba
non si tranquillizzava, il padre, in un attimo di rabbia, le lanciò
un osso di prosciutto; un gesto incredibile, a dir poco
terrificante, rivolto più a terrorizzarla che tranquillizzarla;
un gesto, non certamente isolato e unico, con conseguenze disastrose.
Spesso però le traiettorie non hanno le direzioni desiderate o
volute. E così l'oggetto colpisce violentemente la porta e 'solo'
di rimbalzo colpì Eleonora in piena fronte. Nonostante la ferita
profonda e la perdita importante di sangue non la portarono al pronto
soccorso; risolsero la questione con una semplice fasciatura a mo' di
turbante e acqua fredda. La giornata si concluse a letto al calduccio
fra le braccia di zia Giulia. Passano in silenzio le festività
natalizie, ma dopo qualche settimana comincia il calvario. Arrivano i
primi mal di testa e le visite specialistiche (si diceva in
giro che, essendo vivace, aveva battuto accidentalmente la testa
contro il cancello). Ma niente,
nessun danno organico … “solo” un brutto cheloide!
Due giorni a scuola e quattro a casa. In terza elementare, insegnante
di sostegno perché non riesce a concentrasi: “non
capisce niente”, pare ci siano problemi cognitivi … è “strana”,
parla da sola.
Comincia ad assumere un'aspirina al giorno per alleviare quel forte
dolore alla nuca. In cattive condizioni culturali arriva ad
iscriversi alla scuola alberghiera. Non riesce a concentrasi, si
addormenta sul banco: bocciata … poi ancora e ancora
una volta bocciata. Prima
sconfitta. Trova
lavoro come commessa in un supermercato vicino a casa sua. Per i
continui mal di testa non riesce a svegliarsi al mattino in un orario
decente e arriva tardi al lavoro quattro giorni su cinque. Dopo
qualche mese viene sostituita e licenziata. Seconda
sconfitta. Diagnosi:
“psicosi maniaco depressiva”
(disturbo bipolare).
Si fidanza, si sposa, mette su casa. Aumenta
il dosaggio dell'aspirina: una media di tre compresse al giorno.
onfonde la notte con il giorno. Di notte guarda DVD (horror) di giorno dorme. Nasce Gilberto poi, dopo qualche anno, Maria. Il marito semplice ma piuttosto attento, affettuoso e innamorato, sempre più preoccupato per il suo stato, la spinge ad entrare in terapia. Per circa un anno sospende, gradualmente, le aspirine. Conduce una vita apparentemente normale, ma i chili erano oramai davvero troppi: impossibile eliminarli. Muore a 58 anni con un adenocarcinoma. Anche Eleonora voglio qui ricordarla che si sta muovendo in un clima sereno, in un'atmosfera affettuosa e accogliente, con tante belle luci colorate, la schiena e le sue manine aperte appoggiate alla porta che osserva sottecchi quel magico mondo natalizio incantato … stupidamente sottratto e negato da figure tormentate.
ancora, tante belle cose a: Alice, Anna,
Anita, Angelo, Arianna, Armando, Aurora, Assunta, Ada, Ambra, Adele,
Agata, Aida, Agnese, Aldo, Americo, Amedeo, Alberto, Alessio,
Alfredo, Andrea, Adolfo, Achille, Alfonso, Alfio, Alessandra,
Achille, Barbara, Beatrice, Benedetta, Belinda, Bianca, Berenice,
Betta, Bibiana, Bruno, Benito, Betti, Benedetto, Battista,
Bartolomeo, Camilla, Carmen, Carolina, Chiara, Cinzia, Carlo, Cesare,
Carmelo, Emanuela, Eleonora, Enrica, Emma, Emiliana, Edoardo, Egidio,
Emilio, Flavia, Filomena, Franca, Floriana, Fulvia, Fabrizio,
Fiorenzo, Francesco, Fortunato, Lisa, Lara, Letizia, Laura, Luciana,
Luisa, Luciano, Lorenzo, Marcella, Mafalda, Martina, Mario, Massimo,
Mattia, Nadia, Natalina, Nicoletta, Nicola, Nicolò, Natale, Pia,
Piera, Patrizia, Paola, Paolo, Patrizio, Pietro, Raffaella, Rachele,
Rita, Rossana, Remo, Renzo, Renato, Romeo, Ruggero, Stella, Stefania,
Sonia, Silvana, Salvatore, Sandro, Zaira, Walter.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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