PSICOTERAPIA
a
psicoterapia non è rivolta a correggere il tuo lato più “brutto”,
non insegna a diventare persone "migliori" o più "buone"
ma, semplicemente ti aiuta a coltivare, esprimere e realizzare la tua
vera unicità.
a
psicoterapia è un’esperienza che richiede sempre "serietà",
impegno, continuità e convinzione. La metodica terapeutica
(l'indirizzo scientifico, la scuola di pensiero) che “HAI” scelto
o la SEGUI oppure CAMBIALA … quando si fa qualcosa per se stessi,
per il proprio benessere e per la propria salute la cosa migliore
oltre a liberare la mente da inutili pregiudizi (racconti,
notizie e esperienze bizzarre, credere che sia un luogo di sofferenza
o di pettegolezzi ... tutte esperienze soggettive, spesso travisate,
elargite a buon mercato dagli “oppositori”: NON è
lacrimatorio!!!) bisogna anche essere
CURIOSI, avere una gran voglia di CONOSCERE: richiede DEDIZIONE e
FEDELTA’ altrimenti quello che stai facendo perde consistenza, si
indebolisce, fa perdere “FORZA” a tutto il processo curativo
(crea ulteriore squilibrio a livello biochimico, elettrico, ormonale,
relazionale).
ella
psicoterapia si trasferisce, nel corso del lavoro terapeutico, in
modo deciso ed intenso (transfert) sul terapeuta i propri vissuti - come avviene in
forma più o meno leggera in ogni relazione quotidiana tra gente
comune, sul partner, nel rapporto di coppia - quel variegato mondo
emozionale sviluppatosi nel tempo: questo fenomeno, altro non è che
un ri – vivere il genitore o la relazione che si desiderava avere
con lui.
UTTI, chi più chi meno, hanno qualche idea circa la psicoterapia, alcuni sono incuriositi, altri stimolati, qualcuno è sospettoso, ma nessuno è completamente indifferente, POCHI, comunque, possono affermare di conoscerla bene … al di là delle varie convinzioni questa “breve” descrizione è rivolta a TUTTE quelle persone “CURIOSE” e “COLTE” che vogliono capire di più.
n
psicoterapia compaiono tre elementi - più o meno marcati - che si
ritrovano in tutti i quadri clinici, qualunque esso sia: senso di
colpa, angoscia, aggressività ... una parte della personalità
rimasta "infantile", un vissuto per anni rattrappito ...
questa parte "infantile" si aggrappa all'analista che
diventa una figura di riferimento, fondamentale per tutto il percorso
… la psicoterapia è prima di tutto una
modalità relazionale, un dialogo tra pari, tra due colloquianti che
hanno compiti e ruoli diversi ma di uguale importanza.
n
generale, sono tecniche elaborate per il trattamento dei disagi
emotivi: una modalità terapeutica che offre - a seconda
dell’orientamento scientifico - non solo conforto ma permette di
esplorare la mente inconscia. Superare molti disturbi mentali ed
eliminare le false strutture della personalità … tutto ciò che
tiene prigionieri senza nemmeno rendersene conto, che impedisce di
vivere liberamente con se stessi e gli altri ... di amare.
Un’esperienza umana in cui non si viene giudicati, né biasimati,
né criticati e, tanto meno, puniti. Un luogo in cui, finalmente, non
si corre il rischio di recitare una parte … perché le maschere e le
corazze sono inutili, e il giudizio morale non ha alcun senso. Un
aiuto a tutti coloro che hanno in qualche modo offuscato le loro
potenzialità, che pensano in modo limitato e sospettoso, che vivono
in maniera arida e con vari blocchi mentali, che hanno bisogno di
dominare o di essere dominati, che sono impauriti e aggressivi, che
credono sempre di essere respinti, disapprovati, biasimati e
criticati. Aiuta a riflettere o modificare le relazioni con se stessi
e gli altri … ovvero, cambiare, ritornare se stessi, diventare
davvero autentici, riprendersi in mano la propria vita. E’ uno
strumento umano di grande “precisione” che si rivolge sia alle
sofferenze psichiche, a volte davvero considerevoli, devastanti e
invalidanti, sia a quelle fisiche.
n’esperienza affascinante e
sincera, di una portata terapeutica incredibile, non solo preventiva
ma soprattutto rivolta allo sviluppo interiore: scendere dentro se
stessi, per capire la propria personalità, per stroncare il
travaglio interiore e tutto ciò che “demolisce” la propria
salute, potare le radici marce, cercare i sassi inutili, drenare le
scorie tossiche accumulate nel processo evolutivo, fino a raggiungere
quelle sorgenti cristalline benefiche da tempo ostruite (chi
scrive ha potuto sperimentare personalmente questa grandiosa
avventura attraverso un’analisi adleriana). Fare il punto
sui vari turbamenti interiori e stati d’animo, veder chiaro su
diverse problematiche interpersonali, prendere coscienza dei propri
comportamenti e reazioni in società: conoscere, conoscere e ancora
conoscere. Un esplorare, quindi, con “grazia” e coraggio i
comportamenti umani (sani e patologici), “raddrizzarli” se sono
un po’ “tortuosi”, ridare al soggetto la sua profonda
autenticità e la sua libertà interiore: in breve, poter scegliere e
decidere. Un lavoro di intensa e tenace collaborazione, un impegnarsi
a fondo, uno scambio di parole, un rapporto unico, individuale e
soggettivo che si stabilisce tra analista e analizzato. Non dobbiamo
mai dimenticare che ogni individuo, al di là delle sue vicende
personali, è un essere sociale che cerca sempre se stesso dopo aver
deragliato, essersi “smarrito”: desidera l’armonia, la
completezza, andare verso i suoi simili e, soprattutto, non vivere
nel terrore e nella paura. La psicoterapia se ben fatta e condotta da
specialisti ben preparati non è mai un palliativo, ma uno strumento
efficace per conoscere in profondità se stessi, per riacquistare
fiducia ed autonomia: liberare tutti coloro che lo desiderano, dalla
sofferenza psichica insopportabile, dall’idea ossessiva di aver
ferito o irritato qualcuno, dalla tortura di essere considerati male
e chi si sente perennemente giudicati … un tormento ingiustificato
che accompagna per intere giornate.
ermette, inoltre, di comprendere meglio e di anticipare le conseguenze di alcuni comportamenti infelici; far risalire a “galla” certe difficoltà interiori di cui neppure l’individuo sapeva della loro esistenza, pur avendo la consapevolezza che nella propria vita qualcosa non funzionava per il verso giusto… trovare nuove dinamiche che permettono di sviluppare in modo naturale le proprie potenzialità e creatività in modo da poterle esprimere liberamente. Tali scambi verbali, all’inizio coscienti (fondamentale è sempre la relazione terapeutica), portano a un nuovo grado di consapevolezza, al sollievo del malessere emotivo, al cambiamento dei comportamenti disadattativi, permettono di congiungere armoniosamente le parti di una personalità divisa e disperata, e alla scoperta di atteggiamenti più vantaggiosi ed efficaci per affrontare il proprio mondo esistenziale. Le varie psicoterapie mirano a riconciliare il malato sia con ciò che egli è (realtà interna ed esterna che percepisce), sia a far ritrovare ciò che egli dovrebbe essere in funzione dei suoi bisogni. Questa possibilità di ricorrere contemporaneamente a dei tipi di assistenza complementari (biologici, psicologici e sociologici) permette un approccio terapeutico dei disagi emotivi in tutti i suoi aspetti in cui essi si esprimono. In Italia esistono una infinità di scuole, correnti e forme diverse di psicoterapia e ciascuna - pur avendo concezioni peculiari diverse circa quello che riguarda l’accostamento all’inconscio - può risultare più o meno efficace o, addirittura, risolutiva per quel particolare quadro clinico a cui si è sapientemente adattata. Alcune portano un aiuto pratico ed immediato, altre invece richiedono più tempo perché sono rivolte a “ricostruire” in profondità.
sse si differenziano per gli
obiettivi (scomparsa del sintomo o modificazione profonda delle
strutture psicologiche), per le metodiche terapeutiche attivate e per
le condizioni di applicazione. E’ bene ricordare comunque che non è
mai il paziente ad adattarsi a quella determinata scuola di pensiero,
ma è il metodo che deve adattarsi a lui, sempre alla sua
personalità. I risultati, poi, sono sempre in funzione del quadro
clinico, dell’età e della cronicità del malessere emotivo del
soggetto, nonché della personalità dello specialista e del suo
orientamento scientifico. La finalità principale di questo metodo di
trattamento è quella di influire sui pensieri, sul comportamento
sulle emozioni e sugli atteggiamenti attraverso il “verbo” e
l’ascolto … eliminare le false strutture della personalità per ri
- nascere nuovamente. ATTENZIONE, non è l’atteggiamento che viene
eliminato attraverso quella determinata metodica terapeutica, bensì
il bisogno di quel atteggiamento … perché il soggetto non avrà più
bisogno di compensazioni e stampelle. Ma chi sono queste donne e
questi uomini che appartengono al mondo della sofferenza? Essi sono
piccoli, grandi, tesi, nervosi, ansiosi, disinvolti, ironici,
sottomessi, diffidenti, introversi, sempre sulla difensiva. Si
trascinano dietro un’infanzia, un’adolescenza, una gerla
completamente piena di storia. Sono individui carichi di abitudini,
di modi di pensare, di angosce, di grandi ideali. Ognuno di essi è
immenso, unico ed irripetibile. Nessuno, pur appartenendo alla stessa
diagnosi, somiglia ad un altro. Molti sono rimasti sempre sul ciglio
della loro strada che vorrebbero ritrovare al più presto. Alcuni si
avvicinano a questa esperienza perché hanno sentito dire che “fa
bene”. Altri chiedono un consiglio di sfuggita … e qui si
confonde la schiuma con il resto del mare.
’analisi ortodossa
mai dirige e mai dà consigli al paziente (perché sarebbe una cosa
del tutto personale e soggettiva, col rischio che il paziente si
vincoli ad un modo di pensare non suo: l’analista deve essere
“neutro”), ma lo accompagna verso una maturità individuale,
lasciando sempre a lui la responsabilità e la capacità di poter
scegliere e decidere. Fa emergere una personalità libera e naturale,
il soggetto si ritrova come avrebbe dovuto essere se non si fosse
perso durante il cammino della vita, se non fosse stato “fuorviato”
da un ambiente intollerante e repressivo … evidenzia ciò che
resta, che rimaneva sepolto, inutilizzato, confuso, camuffato,
ridotto al minimo. L’analisi in profondità, a differenza della
consulenza, non è mai un trattamento d’urgenza e non prevede
nessuna formula di incoraggiamento: “dai non ti tormentare, fai un
piccolo sforzo e tutto andrà bene"… un qualcosa di
superficiale, senza nessun valore, patetico e paternalistico.
Aiutare, quindi, in piena libertà, a scoprire ed elaborare la
dinamica psicologica inconscia del paziente: una ricerca ricca di
sensazioni, profonda ed entusiasmante. Una metodica terapeutica
rivolta a cambiare, sempre se lo si vuole, il modo in cui una persona
sente, pensa, agisce ed entra in relazione con gli altri, in modo
tale che possa intuire e perseguire nuove strade esistenziali,
conquistare una consapevolezza diversa circa il suo comportamento e
acquisire buone capacità di reazione agli eventi. I disagi emotivi,
non bisogna dimenticarlo, sono l’espressione simbolica nella vita
cosciente - sotto forma di compromessi più o meno riusciti ed
efficaci - di conflitti tra le forze di repressione dei desideri e
quelle che tendono a farli accedere a livello cosciente… un
tentativo dell’organismo di ristabilire l’equilibrio, una
soluzione di compromesso, ma sempre un tentativo mancato di
adattamento (repressione: operazione psichica che cerca di far
sparire dalla coscienza idee o affetti che contrastano con la
personalità del soggetto).
a rimozione rientra nella sfera della
repressione, solo che è a livello inconscio. Si rimuove un ricordo
spiacevole senza essere cosciente di questa operazione: il ricordo
termina allora nell’inconscio … partono così delle
“compensazioni” che per tenerle in “piedi” necessitano una
quantità considerevole di energia, si attivano così atteggiamenti,
comportamenti, stili di vita, schemi mentali per compensare, si
agisce come se si fosse continuamente “inseguiti” da un qualcosa
di reale: ci si difende senza sosta dall’angoscia, dal senso di
inferiorità, dal senso di colpa, dall’aggressività repressa, da
una sensazione di essere continuamente fuori posto, di essere in
errore. Ma se invece lo si reprime consapevolmente non va a finire
nell’inconscio. La concezione energetica e dinamica delle forze
che governano la vita psichica induce a supporre che una quantità
notevole di energia è utilizzata per mantenere questo equilibrio
precario e per sostenere la lotta contro l’angoscia a scapito di
una normale salute mentale. La psicoterapia, rinforzando l’Io del
soggetto attraverso la relazione con lo psicoterapeuta, si pone come
obiettivo principale quello di permettere al materiale rimosso di
riaffiorare alla coscienza, in modo tale da liberare l’energia di
repressione utile, invece, alla maturazione affettiva. Si cerca di
mettere in luce - senza aumentare l’angoscia e le difese
psicologiche del soggetto, e in modo da evitare di ricadere negli
stessi rapporti fallimentari con gli altri - a scoprire a poco a poco
soluzioni intra e inter - personali migliori, più adulte, autonome
ed indipendenti. Sia l’intervento biologico (terapia farmacologica)
sia il metodo di trattamento psicoterapeutico, pur utilizzando
metodiche terapeutiche diverse, hanno un obiettivo in comune: il
cervello (chimica, ormoni, neurotrasmettitori). Non esistono quadri
clinici uguali e specialisti identici… nessuna persona somiglia ad
un’altra. Le persone che si sottopongono a questa metodica
terapeutica “trasferiscono” (vedasi meccanismo di difesa
“proiezione”) inconsciamente sul terapeuta i propri desideri,
bisogni, aspettative e speranze, che spesso sono in relazione a
persone importanti del loro passato (per C.G. Jung, invece, questo
fenomeno può manifestarsi non soltanto nel rapporto terapeutico, ma
in tutte le relazioni umane… ed è vero! Si reagisce in questo modo
in ogni circostanza, in ogni rapporto interpersonale intrapreso con
superiori, marito, moglie, collega, amici).
l trattamento si basa essenzialmente su questo fenomeno chiamato transfert: si tratta di una proiezione sulla persona dello psicoterapeuta, nelle condizioni particolari della cura, di sentimenti irrazionali generalmente legati a delle situazioni di conflitti infantili con le figure di riferimento. Il transfert, quindi, è un tipo di rapporto particolare che si sviluppa nel corso della cura, e mediante il quale il paziente rivive sullo psicoterapeuta relazioni e alcune emozioni dell’infanzia (una scarica di manifestazioni ostili oppure molto affettuose). Proietta sullo specialista gli affetti che erano fino ad allora inconsci… ciò che l’analista rappresenta per lui in quel preciso istante. Chi “debutta” in analisi, infatti, fin dall’inizio, attribuisce allo specialista sentimenti e comportamenti che non ha assolutamente: ammirazione, giudizio, irritazione, disprezzo, cattivo umore. Fenomeno in contrasto con il proprio modo di pensare. Il transfert può essere positivo, ed allora abbiamo dei sentimenti d’amore verso il professionista; può essere anche negativo, e far sorgere un odio profondo verso quest’ultimo (con queste caratteristiche - diffidenza, sfiducia, sospetto, rabbia, rancore, odio, timore - a seconda dell’intensità, il trattamento può essere davvero in “salita”). Riattivando il passato, il transfert crea una situazione nuova, attuale, una sfera intermediaria tra la malattia e la vita reale. L’interazione, il rapporto che si sviluppa tra il terapeuta e paziente (alleanza terapeutica) permette ad entrambi di lavorare insieme a questo grande progetto comune: ri-costruire e, quindi, guarire. Perché ciò accada, il paziente deve sentirsi libero, protetto, avere la massima fiducia e sentirsi sufficientemente a proprio agio con il suo terapeuta, mentre quest’ultimo deve mostrarsi autentico, adattabile, obiettivo, sincero, comprensivo, disponibile, partecipe e rispettoso, non recita, non giudica e non ammira: risulta importante quello che dice, ma ancora di più ciò che egli è… rispettare l’individualità in modo assoluto e, soprattutto, non deve “proiettare” i suoi problemi sul paziente (non deve vedere l’analizzato attraverso gli occhi di un suo inconscio particolarmente ingombro e turbato … in questo modo non potrebbe essere scevro da pregiudizi, non vivrebbe il rapporto in maniera neutra e senza giudizi di valore).
cco perché si
discute da tempo che questo trattamento sia riservato a chi abbia
avuto una solida ri-costruzione e “preparazione”. Non dobbiamo
dimenticare che anche l’analista è uno di questo mondo, è un
essere umano con sentimenti ed emozioni e, quindi, non è estraneo ai
conflitti interpersonali e immune ai condizionamenti sociali: ha
acquisito delle idee in un determinato ambiente, in una data cultura,
in un certo clima sociale. Un modo di vedere, di pensare e di agire
costruito da altri, spesso con modi tirannici, mortificanti e
svirilizzanti che spingono a mettere da parte i propri desideri e
passioni. Non c’è nessun essere umano che possa pretendere d’aver
seguito da sé la sua strada, anche lui, volenti o nolenti, dalla
nascita è stato preso nella gigantesca ragnatela della società. Se
il meccanismo “proiettivo” - ovvero non conoscere la parte buia
infantile e negativa della propria personalità - è pericoloso nei
semplici e comuni rapporti umani, in particolar modo fra genitori e
figli, ancor più drammatico lo è tra analista e analizzato perché
trascinerebbe quest’ultimo in un vissuto personale deformato,
fondato su false convinzioni e su prospettive deviate. L’analista,
oltre a “liquidare” la sua aggressività deve, comunque,
attraverso la sua profonda preparazione conoscere in tutti i suoi
dettagli questo meraviglioso viaggio e la meta luminosa, con tutte le
sue fermate intermedie, le insidie, le tempeste, per averle lui
stesso già affrontate. Indica la strada al paziente che prima vedeva
solo nebbia, insidie, paure, illusioni, deformazioni, angoscia …
chiudeva gli occhi davanti alle sue false sicurezze, alla sensazione
di essere in colpa, al suo rancore, all’odio e al disprezzo,
vivendo sempre ai margini di se stesso e di una esistenza in generale
avvelenata e che, paradossalmente, trovava del tutto naturale quel
suo vivere penoso.
TTENZIONE a
tutti coloro che vogliono rifilare l’autostima in 5 lezioni, un
esagerato rendimento in pochi incontri, chi vende illusioni e false
promesse di “efficienza” in breve tempo, perché a lungo andare
altro non procura che frustrazione, delusione e disperazione … chi
soffre non ha bisogno di queste meschinità! ATTENZIONE anche alle
cure interminabili, se già nei primi momenti non si sviluppa una
buona "alchimia" è meglio rivolgersi altrove.
uando
si inizia una psicoterapia bisogna prestare particolare attenzione
verso quei professionisti che mostrano "ESAGERATA"
sicurezza non solo verso se stessi ma anche verso la cura, hanno una
scarsa flessibilità a livello relazionale e usano una terminologia
troppo tecnica e incomprensibile … sono indizi davvero importante
per capire se si inizia il "trattamento" con il piede
giusto.
... non si devono mai alimentare aspettative eccessive. Coraggio, siamo ormai alle battute finali, ancora qualche “passo”!!!
gni
turbamento affettivo - non lo si ripeterà mai abbastanza - è sempre
legato a un conflitto relazionale profondo … è una crisi della
crescita. Conflitto tra amore e odio, tra sottomissione e rivolta,
tra un facile infantilismo e una difficile maturità. Un fenomeno che
deforma, arresta e inibisce la creatività della persona malata.
Molte barriere, tante complicazioni, infinite deviazioni, giganteschi
blocchi hanno sbarrato la strada nel processo evolutivo, ostacolato
la marcia interiore, l’autonomia, la realizzazione di se stessi.
Una strada ostruita da una rete di sbarramenti che impedisce l’azione
libera, spontanea e naturale. Il soggetto non solo cammina senza
sapere perché, ma vede il mondo secondo la sua realtà interiore, le
sue esperienze personali, in base alla sua personalità inibita,
deformata o rigida … vede il mondo esterno nella prospettiva dei
propri sentimenti inconsci, a volte normali a volte un po’ meno
normali. E’ vero, ogni fanciullo deve adattarsi alla società e al
rispetto degli altri, nessuno può farci niente, ma è fondamentale
capire che la buona riuscita di questa operazione sociale dipende
sempre dal modo con cui viene realizzata. Formare è un atto doveroso
e inevitabile nella vita, ma spesso, con certi personaggi
“insensibili” e tirannici (proibizioni, rimproveri, minacce,
castighi senza senso… strategie inutili e assurde piene di
umiliazioni … irragionevoli principi sclerotici), alla guida del
percorso educativo, non si ottiene altro che prevaricazione,
moralismi, sensi di colpa, disistima, paura e angoscia … ovvero, il
germe che avvelenerà l’esistenza di quel soggetto coinvolto in
quella battaglia.
n modo di vivere frustrante e cristallizzato che
blocca la mente, comportamento, competenze, lucidità e intelligenza:
non si osa imporre la proprio volontà tanto meno esprimere le
proprie opinioni… impossibile essere liberi, naturali e spontanei.
Qualsiasi individuo, in ogni attimo della sua vita, è la risultante
di ciò che è stato da quando è venuto al mondo. Ogni momento che
ha vissuto è l’inesorabile prodotto di infiniti altri momenti
(consapevoli o inconsapevoli) che l’hanno preceduto e, nel
contempo, diventa il punto di partenza di milioni di altri momenti
della sua vita (e di quelli che gli camminano a fianco). Si è
vincolati dagli atti dei genitori di turno, ai loro genitori e ancora
ai loro predecessori: una fantastica concatenazione. L’ombra
minacciosa e angosciante delle figure di riferimento - per i più
sfortunati - sembra comandare ancora adesso come un tempo, quando si
era completamente indifesi. Esse possono donare sicurezza o
insicurezza, accettare o rifiutare, formare o deformare, rendere
autonomi o sviluppare dipendenza, portare pace o angoscia, stima o
disistima, fiducia o sfiducia. Ciò che si faceva a cinque anni, ciò
che dicevano quelli dell’ambiente in cui si viveva, rimane impresso
(custodito) nelle cellule nervose, per il proprio bene e per il
proprio male … produce degli effetti coscienti invisibili sotto
forma di sensazioni e malessere diffuso. Il disagio emotivo,
pertanto, non si sviluppa all’improvviso, germoglia lentamente
nell’intimo della personalità … a volte si rimane aggrappati a
questo passato, invischiati al clima di quel periodo, si resta
disorientati e un po’ infantili. Un progetto sociale rivolto a
modellare un individuo secondo certe norme, determinate regole
educative e culturali dominanti. Un vivere comunque “sottomesso”,
come se si dovesse sempre rendere conto ad altri, in alcuni casi
pieno di giustificazioni, altre volte concentrati a fare sempre bella
figura, un volersi mostrare perfetti e senza errori, mai in funzione
dei propri desideri, ma sempre secondo le opinioni altrui: è
proibito esprimere le proprie esigenze, manifestare le proprie
opinioni.
anca davvero “qualcosa” … il soggetto interagisce
mettendo in bella mostra una falsa e rigida padronanza di sé, con un
costante e avvilente senso di impaccio. Poter scegliere e decidere
diventa un’illusione, si ha la sensazione di essere braccati da
qualcosa, isolati, incompleti, colpevoli, impotenti, confusi e
controllati; di vivere continuamente in uno stato di inferiorità, in
un mondo ostile popolato da strani e bizzarri giganti. Si mette in
atto una “commedia” già scritta da altri … un vissuto antico
che si ripete nel tempo presente, un passato che ritorna, che
vorrebbe esprimersi, ma che trova ostacoli alla sua realizzazione
(censura); si scontra con una realtà esterna (morale) nettamente in
contrasto con i desideri e i sentimenti rimossi, confinati
nell’inconscio (vedasi meccanismi di difesa). Una scelta
involontaria delle circostanze della propria vita, un vissuto
“falso”, non cercato, desiderato o voluto, semplicemente subito,
che si è formato durante l’infanzia e l’adolescenza, in cui il
soggetto continua a vivere senza nessuna consapevolezza: sa di
soffrire, ma il più delle volte ignora quello che avviene dentro di
lui. Un passato che non riesce proprio a dimenticarsi di lui: sempre
presente con le sue circostanze, le sue speranze, le sue
disperazioni, le sue felicità e infelicità. Impulsi di odio,
rancore e paura verso tutti coloro che lo hanno oppresso,
tiranneggiato, umiliato, spersonalizzato, che gli hanno creato una
profonda disistima e paralizzato la sua vera spontaneità. Ciò che
conta in una persona che soffre - anche se connesso con il periodo
dell’infanzia e dell’adolescenza - è sempre il disagio attuale,
i sintomi manifestati in tempo reale, il modo in cui reagisce in quel
momento preciso della sua vita e l’attuale disadattamento sociale.
i osserva rigidità di atteggiamenti, un vivere rattrappito, una
condizione psichica carente o assente - descritta già molte volte in
questo lavoro - che produce infinite difficoltà e distorsioni a
livello relazionale, che non solo crea insicurezza e disistima, ma
proprio per la sua povertà di contenuto, di gestione e di scarso
controllo emotivo, necessita di un continuo supporto e sostegno da
parte di altri… rende infelici se stessi e chi è a fianco. Ogni
persona che “debutta” in questa esperienza terapeutica rivive
direttamente certi stati emotivi invalidanti che nel tempo lo hanno
forgiato: teme giudizi, rimproveri, attribuisce al compagno di
viaggio (analista) strani comportamenti e sentimenti che non ha,
mette in atto quella vecchia relazione oggettuale inconscia chiamata
transfert (trasferire sull’altro i suoi sentimenti e viverli come
un fenomeno reale… spostare il proprio stato d’animo sull’altro,
attribuendogli dei sentimenti che non esistono). Il transfert può
essere positivo quando si è felici (trasferire sentimenti
amichevoli, affettuosi, fiduciosi, entusiasti) oppure negativo quando
si è infelici (sentimenti di odio, ostili, aggressivi, diffidenza,
sottomissione, timidezza). Non esiste relazione terapeutica senza
transfert, come è impossibile, in ogni relazione umana, non mettere
in atto questo meccanismo psicologico: trasferire simpatie o
antipatie, tenerezza o avversione sui vari interlocutori. Non va
dimenticato che l’orecchio dell’analista è sempre neutro,
comprensivo, umano, cordiale, obiettivo e imparziale, non esprime MAI
e poi MAI giudizi di valore. Egli ascolta con simpatia e con sincera
disponibilità per aiutare chi sta sempre di fronte a lui, non
comanda niente, non dirige e, soprattutto, non dà consiglio alcuno.
Se il quadro clinico del paziente è complicato o l’analista
impreparato (caratteristiche psicologiche personali irrisolte), le
angosce e i sentimenti di colpa faranno la loro comparsa rapidamente
in maniera incontrollabile, con il pericolo che il soggetto possa
interrompere il trattamento prematuramente, abbandonare il campo di
battaglia in anticipo (forzare il trattamento o la troppa rapidità
di manovra fa chiudere la porta di accesso al mondo inconscio: blocca
e compromette l’analisi). Senza i corretti passaggi e i giusti
dosaggi di intervento, il soggetto spogliato dalle sue difese e non
ancora rinforzato, non sarebbe in grado di tollerare consciamente il
materiale represso e, quindi, scapperebbe a gambe levate … e come
dice quella famosa parabola: “A voler arrivare troppo in fretta, si
rischia di non arrivare mai"!
iù l’ingresso della “prigione” si apre e più, paradossalmente, se non si rispettano i tempi soggettivi di consapevolezza, ci si afferra alle sbarre con tutte forze disponibili. Un’esperienza “a due” durante la quale entrambi i personaggi si impegnano a fondo per conseguire i migliori risultati: una grande collaborazione per raggiungere libertà e autonomia, rimettere in discussione tutto uno stile di vita che fa soffrire. Alcuni soggetti appartenenti a certi quadri clinici non si avvicinerebbero mai a questo trattamento psicologico: il narcisista, infatti, non ammetterebbe mai di avere problemi o fallimenti personali, mentre tutti coloro che non si fidano, che sperimentano disagio o terrore in una qualsiasi relazione umana (paranoie, schizoide, schizotipico, borderline), proprio perché tale esperienza è basata sulla fiducia, non sopporterebbero questo rapporto a due. Un rapporto, un legame umano che si consolida attraverso la parola, ed è proprio attraverso il “verbo” che ci si conosce, fino a raggiungere la vera consapevolezza (maturità). Una persona intraprende questa esperienza per esaminare, ricercare e correggere - se lo desidera - la sua vita profonda. Se si intraprende questa esperienza umana, si è completamente liberi di parlare, di dire tutto quello che passa per la mente, di tacere, di essere ironici e di esprimere l’ostilità, di essere aggressivi. E’ possibile eliminare quella “facciata” ingombrante, cambiare per ritornare ad essere se stessi, senza maschere e finzioni, ristabilire relazioni armoniose prima all’interno di se stessi poi con il mondo intero. Il paziente scopre dentro di sé risorse e spazi che non pensava di possedere e che non aveva mai intravisto … finalmente si rende conto che il giudizio di valore non ha alcun senso. E’ proprio in questo frangente che il paziente sviluppa e acuisce una profonda sensibilità: sente se è amato, accettato e non giudicato. Rivive sull’analista (proietta) le esperienze vissute con le figure di riferimento: amore, odio, violenze, aggressività, punizioni, sottomissione, rimproveri, giudizi, ricompense, ammirazione.
mozioni che erano state accuratamente sepolte - rimosse perché legate a sentimenti penosi - nel corso della propria evoluzione, cose che sembravano del tutto archiviate o completamente dimenticate per non soffrire. Così l’analizzato, in questo ambiente protetto, attribuisce al “compagno di viaggio” delle intenzioni (affetti o aggressività), concentra su di lui tutta la sua affettività in maniera meno rischiosa e controllata rispetto a quello che avviene fuori, nei suoi comportamenti quotidiani. Vivrà l’analista - secondo il suo atteggiamento interiore - alcune volte in maniera amichevole, gentile, affabile (si sente accettato e amato) oppure altre volte gli sembrerà ostile, con fare severo, di cattivo umore (si sente respinto e non amato). Anche una educazione “esagerata”, un rifugiarsi nella gentilezza e nella sottomissione (difesa), troppa cordialità da parte del soggetto nei confronti dell’analista (o nei rapporti quotidiani) può segnalare una forte ostilità, una grande aggressività o una profonda angoscia (più cortesia meno aggressività, un modo per essere amato, ammirato e accettato, non criticato o considerato male… non dare spunto per essere oggetto di biasimo). Un’altra resistenza classica è dimenticare o esitare di pagare l’onorario (di non trovare i soldi nella borsetta o portafoglio). Oltre ad esprimere la propria aggressività verso l’analista, segnala anche la squalifica dello stesso o della seduta: un incontro, a suo dire, poco proficuo, per niente utile a livello terapeutico, pieno di paura e confusione. Il disagio emotivo - nonostante sia una sofferenza spesso insopportabile - è anche una protezione, una stampella con cui non si riesce a farne a meno… tutto sommato, comunque, con tale “protesi” bene o male, anche se con con fatica, claudicando un po’ di qua e un po’ di là, si continua a camminare, un vivacchiare bene o male … spesso, però, più male che bene. Tutto questo, ricordiamolo ancora, è frutto di una reazione di opposizione, una strategia comportamentale - quasi mai riuscita - per gestire e preservare il proprio benessere … per proteggersi contro delle circostanze ritenute pericolose.
orazze e
difese che il soggetto si è costruito nel tempo credendole vere,
scambiandole per un processo naturale e reale (ma inconsapevolmente
recitava, interpretava una parte per sopravvivere), proteggendolo
però da continue “minacce”: paura, angoscia, disistima. Man mano
che procede l’analisi il soggetto, con stupore, si renderà conto
di vivere sempre e soltanto sull’apparenza di se stesso. Per anni e
anni ha vissuto e reagito con “difese” inappropriate e “false
sicurezze” che, pur essendo patologiche, in qualche modo lo hanno
protetto, rimanendo sempre per lui le uniche e più vantaggiose
strategie possibili di sopravvivenza … l’unico rifugio e salvezza
possibile per sfuggire all’angoscia. Una sicurezza “falsa”, un
“falso” modo di vedere le cose che ha indebolito la personalità,
ma è stata essenziale per sopravvive e proteggersi contro sentimenti
penosi, contro un sociale castrante e invadente (l’equilibrio
emotivo può essere raggiunto sia attraverso la salute sia attraverso
la malattia). Ci si rende conto che ciò che fu vero da sempre, non
lo è più … ma anche che la verità di oggi è la menzogna di
domani. Tale contenuto emotivo inconscio, comunque, non può
raggiungere velocemente la coscienza perché sarebbe una “minaccia”,
come ammettere le proprie debolezze, paure, vergogne e tante
insicurezze, di essere giudicati male, oggetto di biasimo e scherno.
Se si cerca togliere rapidamente queste difese, le proprie maschere,
non solo si scatena un permanente stato di allerta e una crisi
aggressiva, ma il soggetto, non sufficientemente “armato”, sarà
letteralmente terrorizzato perché teme di non riuscire a sopportare
l’angoscia, di essere solo, abbandonato, non amato, respinto,
criticato … l’angoscia farebbe sorgere una forte resistenza e un
potente blocco all’analisi.
… opposizioni, ritorsioni, resistenze e reazioni negative alla terapia da parte del paziente sono segnalate attraverso l’annullamento delle sedute o dimenticare di saldare la parcella.
… durante l’esperienza psicoterapica è facile che il terapeuta sia aggredito da chi non si sente amato o, peggio ancora, non si ama, perché trasforma la debolezza, la vulnerabilità e la frustrazione in aggressività.
… la consapevolezza è già terapia!!!
a
psicoterapia è un modo di vivere e vedere le cose con occhi
"curiosi", può essere utile per far girare lo sguardo su
percorsi diversi, osservare altri panorami, senza pettegolezzi,
consigli e giudizi di valore.
a
vedere cose che si credevano immutabili ... è un girarsi, senza
dolori, verso ciò che attrae realmente: la vera passione. Esplorare
territori inaspettati e spesso considerati, a torto, complicati ed
irraggiungibili … ricordiamo sempre, che la felicità arriva spesso
da percorsi inaspettati, per strade imprevedibili.
… fare psicoterapia significa prendersi cura di se stessi!!!
… allontanarsi, se lo si vuole, da una mentalità che condiziona, ingabbia, imprigiona!!!
ontro
– transfert … nel rapporto fra l’analista ed il suo paziente si
stabilisce, inevitabilmente, un movimento psico affettivo intorno al
quale si muove la comunicazione verbale tra i due soggetti in
questione. Il terapeuta non è mai, malgrado il suo desiderio, lo
specchio fedele che vorrebbe essere. I suoi atteggiamenti, come
reazione a quelli del paziente (il contro – transfert), possono, se
egli non li controlla, e se non ne prende coscienza, essere un serio
ostacolo alla guarigione del paziente, perché in questo modo
potrebbe essere bloccata la dinamica della situazione analitica.
RANSFERT.
Termine per definite il “legame affettivo” che si stabilisce fra
il paziente e lo psicoterapeuta., secondo leggi di una dinamica
inconscia. Questo o quel momento nel contratto suggellato dalla
situazione analitica stessa, alla insaputa del paziente, si
rivelerebbe in reazioni di attaccamento e di rifiuto su temi di amore
e di odio (transfert positivo e transfer negativo), lo psicoanalista
dovrebbe mantenere il controllo di questi transfert, strumento
catalizzatore e nello stesso tempo rivelatore di ricordi dimenticati
o rimossi. La presa di coscienza degli atteggiamenti amichevoli o
ostili, stabiliti nella sua infanzia e proiettati nella situazione
psico – analitica, permette di capire il suo comportamento e di
adattarlo in funzione degli elementi attuali; il transfert può
dunque essere definito come una relazione intersoggettiva “sperimentale” controllata dallo psicoterapeuta, ed un mezzo
fondamentale per la guarigione del paziente.
Perché è fondamentale l’EQUILIBRIO PSICOSOMATICO
motivi sono davvero tanti. Il corpo e la mente - come più volte
evidenziato - sono strettamente interconnessi: la salute dell’uno
influenza quella dell’altra. Gli stati emotivi, infatti, come
la solitudine e il dolore influiscono sul sistema immunitario,
rendendo la persona più vulnerabile alla malattia: si
verificano percorsi chimici che legano l’attività cerebrale ai
processi fisiologici dell’organismo. Un esempio concreto
è che il cortisolo e l’adrenalina - ormoni dello stress -
inibiscono la produzione di anticorpi e quindi riducono le difese
dell’organismo. Si sa da tempo, inoltre, che i globuli bianchi
(che combattono i virus) si bloccano temporaneamente nei soggetti
colpiti da un lutto. Le emozioni scatenano delle ondate di
“messaggi chimici” - i famosi
neuropeptidi - che raggiungono tutte le parti del
corpo, inducendo dei cambiamenti fisici che disturbano o
favoriscono l’omeostasi (processo con cui il corpo mantiene
l’equilibrio interno): possono impedire i diversi sistemi
dell’organismo di comunicare fra loro. A livello emotivo, lo
stress può determinare ansia, irritabilità e tratti depressivi,
ma non ha solo effetti psicologici, sul piano strutturale causa
tensioni muscolari, congestiona la circolazione, altera la
respirazione e alza la pressione, mentre sul piano biochimico può
avere effetti devastanti sulle molecole messaggere nel flusso
sanguigno, altera le funzioni dell’intestino, della
circolazione e della pelle e, non meno importante, indebolisce i
processi di riparazione dell’organismo. erti schemi mentali e modi di pensare (desideri, azioni, emozioni) possono causare o facilitare una serie di disturbi, come la sindrome dell’intestino irritabile, gli eczemi e le infezioni virali. In mancanza di omeostasi, dopo un lungo periodo di tensioni a livello biochimico, strutturale e psicosociale, si creano condizioni favorevoli per l’insorgere di disturbi infiammatori cronici, disturbi cardiaci e persino tumori. Ogni disagio emotivo, pertanto, oltre a portare con sé una profonda sofferenza soggettiva e una caduta del rendimento individuale, compromette - in maniera più o meno grave - i rapporti sociali e favorisce un rapido deterioramento fisico. Anche il malessere più leggero, con il suo linguaggio misterioso e ricco di significato, può alterare i rapporti - con se stessi e gli altri - influenzare l’andamento della salute e la vita quotidiana in maniera continuativa: paure, rinunce e limitazioni nelle scelte di vita si riscontrano facilmente … sono sempre all’ordine del giorno. In realtà, un errato modo di affrontare la vita può trasformarsi senza dubbio, proprio per le ragioni più volte esposte (le famose problematiche emotive rimaste insolute), in un persistente malessere, in una profonda sofferenza e in un qualche incomprensibile disturbo. Si pensi, ad esempio, le piccole deviazioni della condotta sessuale, le devastanti preoccupazioni, l’invalidante timidezza, i repentini cambiamenti dell’umore, le incontrollabili condotte evitanti e dipendenti. Tutte queste condizioni, oltre a distruggere fantasia e creatività, producono una notevole “stanchezza” e interferiscono con lo svolgimento delle varie attività quotidiane: una vita che in fondo in fondo non scorre più in modo lineare e del tutto tranquilla (anche l’interessato ne è consapevole seppur in maniera confusa). gni sintomo morboso è collegato ad una sofferenza, ad una esperienza spiacevole e può “svanire” se si scopre la giusta correlazione. I continui disagi emotivi, infatti, possono logorare i rapporti con i familiari e amici, che spesso abbandonano il campo perché si stancano di dare ascolto ad una litania di lamentele. Questi soggetti, per ironia della sorte, rischiano di restare isolati proprio quando avrebbero maggior bisogno di comprensione, di aiuto e di sostegno diretto. Considerare, pertanto, l’individuo solo dal punto di vista fisico è insufficiente. Quando una patologia ne provoca un’altra, ma ciascuna viene trattata solo per sé, resta ignorato un aspetto di base fondamentale: tutte queste malattie che si esprimono in maniera diversa potrebbero avere un legame, una causa in comune. Quanto più è radicato questo atteggiamento, cioè quanto più a lungo si dà la caccia alla singola malattia, tanto più scarse sono le probabilità di un successo globale. Ogni malato è stato “educato” a concentrarsi intensamente sui propri mali. Osserva se stesso, cerca tutte le possibili cause, anche quelle più remote. Spesso i suoi sforzi sono vani, in quanto egli indaga soltanto sull’aspetto corporeo e si aspetta, quindi, una solerte risposta da esso. Ma come andrebbero le cose se in questo scrupoloso “esame” egli cambiasse direzione, osservasse le sue condizioni sotto un aspetto del tutto diverso? Che piega prenderebbe tale fenomeno se egli cambiasse atteggiamento, cominciasse a sottoporre il proprio stato emotivo ad un esame più attento e critico? L’accesso psicologico alla malattia non è mai impossibile. Egli deve soltanto cominciare ad includere nelle sue riflessioni il suo personale atteggiamento, la sua interiorità e i propri bisogni più profondi … avere una visione più ampia, allargare lo sguardo e vivere in maniera più consapevole, libera e spontanea (non mi si dica per favore: “fosse facile” … ovviamente ogni cosa richiede allenamento). Bisogna pertanto porsi la seguente domanda: questo mio modo di vivere è l’unico possibile? Oppure è possibile assumere un atteggiamento diverso, più produttivo e meno dispersivo, più soddisfacente e gratificante, migliore e più vantaggioso verso la vita? a vita quotidiana riserva ad ogni persona disagi, preoccupazioni, conflitti, offese. Le aspettative non si realizzano. Si deve ricominciare, subire. Nessun individuo può essere sempre a posto, felice, sempre soddisfatto, sempre gioviale, sempre contento. Il soggetto che sottopone la propria condizione emotiva al setaccio, ad un esame critico significa che non vuol lasciare il proprio “benessere” in mano ad altri, ma vuole personalmente occuparsi della propria salute e della propria felicità in modo del tutto naturale, spontaneo, consapevole ed autonomo. Una persona che si occupa direttamente dei propri bisogni in maniera globale, tenendo presente sempre l’interazione fra corpo e mente in ogni sua sfumatura., ha deciso non solo di prendersi in mano la propria vita con grande spirito di onestà verso se stessa, ma vuol fare qualcosa di concreto e decisivo per ridurre i vari disagi e migliorare l’esistenza consapevolmente. Egli si trova di fronte al compito di trarre un bilancio. Se si vive principalmente in un latente stato di infelicità, di insoddisfazione, di irritabilità, di sfiducia, allora sussiste il fondato sospetto che ogni disturbo si trovi direttamente in rapporto con questa condizione psichica (conflitti irrisolti) … un fenomeno che se si è attenti nell’ascolto può raccontare molte cose di cui l’individuo non è a conoscenza, portare un prezioso equilibrio in sintonia con la propria natura e capire se si sta agendo secondo i propri desideri o aspettative. In breve, incanalarsi sulla giusta via del “benessere”, seguire le proprie passioni, cercare di realizzare un progetto di vita gratificante e soddisfacente … diceva Socrate: “Una vita non analizzata non è degna di essere vissuta”. segnali interni del corpo spontanei e autentici che ci accompagnano in ogni istante della giornata sono: sensazioni, emozioni, intuizioni … sono messaggi continui che possono far sbocciare le nostre vere potenzialità, percorsi davvero inaspettati, ma anche esprimere i disagi più profondi, segnalano quei modi di fare, tutta quella zavorra, comprese le deludenti aspettative, che riempiono la vita di sforzi inutili … voler essere sempre sotto i riflettori, sempre pronti ad ottenere l’approvazione, il bisogno di dimostrare di essere ciò che non si è realmente, accettare sempre tutto, indaffarati continuamente di aggiustare ogni cosa considerata fuori luogo, orientati a far piacere e buona impressione a scapito di quello che veramente si desidera, vivere per gli altri, il bisogno continuo di farsi in quattro per essere accettati, sono tutte situazioni che non permettono in nessun modo di realizzare se stessi: allontanano dalla vera felicità.
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Alla FINE del VIAGGIO
ccoci
dunque arrivati in fondo a questo breve viaggio. Ogni viaggio è
sempre unico come lo è ogni essere umano. In ogni percorso di
vita non ci sono mai soluzioni facili, scontate e rapide. La cosa
fondamentale è avere la consapevolezza che certi legami emotivi
profondi possono determinare squilibri energetici pronti ad
ostacolare l'armonia e la buona salute di ogni individuo. La
malattia non è mai banale o casuale ma è in rapporto diretto
con la propria "psiche". Aiutare, quindi, ad
ispezionare tutti quegli "androni bui" della mente e
quei tetri "vicoli ciechi" esistenziali, permette di
conoscere fino in fondo il proprio malessere emotivo, in modo
tale da evitare di girare a vuoto o di perdersi inutilmente ... un
dialogo che permette di comprendere i vari disagi
che generano tensione, contrazione e lesione. Una
esposizione che orienta a guardare in ogni angolo della propria
esistenza, per custodire al meglio la cosa più preziosa e
naturale che ogni essere umano possiede: la vita. Negli ultimi
tempi è diventato sempre più ovvio che la separazione
tradizionale tra malattia "organica" e "funzionale"
non ha alcun senso: per molti orientamenti scientifici questa
divisione non ha proprio motivo di esistere. Ci si rende conto
sempre più che le malattie si manifestano spesso su uno sfondo
caratterizzato da molti fattori eziologici, tra cui quelli
psicologici e sociali. Il paziente, pertanto, non è più
semplicemente il portatore di un "organo" ammalato, ma
lo si considera - come più volte evidenziato in questa breve
esposizione - nella sua interezza e lo si cura (si
DEVE) di conseguenza. Ne consegue che la comprensione
psicosomatica, il desiderio di "entrare" nei conflitti
emotivi intimi del paziente, dovrebbero far parte delle risorse
dello specialista quanto qualsiasi altra metodica terapeutica
convenzionale. Conflitti interiori, disagi emotivi e fattori
psicoenergetici influenzano sempre il decorso, la durata e la
natura della malattia organica ... e in qualche modo, a seconda
dell'approccio scientifico, possono intensificare la resistenza
alla terapia stessa. uesta "breve" esposizione, pertanto, senza sconfinare nella saccenteria, non ha solo l'intento di orientare e richiamare l'attenzione su certi vissuti esistenziali "avvizziti" da tempo, comprendere a livello cosciente i bisogni inascoltati, spesso considerati scabrosi e poco armonici, di far conoscere il termine "malattia" sotto un'ottica diversa rispetto alla concezione tradizionale (che, in nessun caso, deve essere considerata in netta opposizione), ma soprattutto condividere, verificare, dialogare e riflettere con molte persone curiose, sull'interazione corpo – mente ... preservare in questo modo il proprio bene più grande: la salute. Per comprendere cosa c'è dietro ogni malattia, il suo processo di prevenzione e il meccanismo di guarigione. Non insegna, quindi, a prendere "scorciatoie", ma ampliare ed approfondire le proprie conoscenze assopite, a stimolare nuove idee e a riflettere sulla propria esistenza offuscata ... imparare qualcosa di semplice e di diverso dal solito. Il mio più vivo desiderio, comunque, è quello di stimolare ad essere più attenti alle "grida" del corpo, far crescere l'interesse, la curiosità, la fiducia in se stessi e nella vita. Essere - seppur neofita - un regista attento, non una comparsa rassegnata e avvilita, nel prendere in mano e gestire il proprio ben - essere. In questo ambito, il fenomeno patologico viene interpretato non come una disgrazia divina o una pura fatalità, bensì come una strategia, un programma psicosomatico di auto - sopravvivenza attivato dall'organismo stesso: uno strumento per progredire nella propria evoluzione ... proprio come diceva Ippocrate. Le patologie, gli eventi e le situazioni esistenziali non vengono per ostacolare o sbarrare il libero fluire della vita ma, semplicemente, per liberare e indicare la strada giusta; segnalare che qualcosa nella vita non va per il verso giusto, per comprendere i vari malesseri e, quindi, guarire le piaghe dell'anima. a malattia, infatti, secondo questa visione, contiene nello stesso tempo in sé il seme del benessere e della guarigione. Restare padroni del proprio destino perché ciò che si fa e si farà di se stessi è sempre determinante per gli anni a venire ... ovvero si diventa artefici della propria "fortuna". Ogni descrizione esposta, significato espresso e qualsiasi interpretazione elencata, inoltre, deve sempre essere intesa come guida alla conoscenza interiore, mai come verità assoluta. Orienta la persona alla ricerca, segnala una direzione a volte più vantaggiosa e, soprattutto, stimola idee nuove ... una ipotesi diversa da quello che le accade. Non può in nessun caso essere interpretato come fenomeno automatico e generalizzabile (espressione uguale per tutti), una gabbia concettuale rigida o un'affermazione assoluta. Il vero obiettivo, quindi, é facilitare la lettura dei segnali - unici ed irripetibili, perché l'esperienza e i vissuti sono sempre soggettivi ed originali - del proprio mal - essere personale in maniera più naturale, semplice e sereno possibile. n modo diverso di esplorare il corpo e i vari organi, una visione sicuramente più rispettosa e umana che va alla ricerca dell'armonia nascosta dentro ogni essere umano ... un'apertura ad una dimensione globale di ogni essere umano che tenga conto sia dell'aspetto corporeo sia dei pensieri e delle emozioni. Un malato, quindi, considerato nella sua interezza, in barba alla concezione cartesiana e alla visione meccanicistica - deterministica newtoniana. Un fenomeno con un "volto" più umano, visto nella sua totalità: corredato di anima, emozioni, mente e corpo. Uno studio rispettoso dell'individuo (calato inesorabilmente in un mondo in continua evoluzione, sociale, culturale ed educativo unico ed irripetibile) con una sua storia personale, affettiva e relazionale in cui ogni attimo della sua esistenza attuale altro non è che il risultato di tutte le sue esperienze passate. Un modo armonioso per vincere le varie difficoltà che affliggono quotidianamente ogni essere umano, attenuando, se non addirittura eliminando le cause, per cui subisce traumi ... semplicemente perché non ci vede più chiaro nella sua vita. La vita è un labirinto in cui, molto spesso, se non si è muniti di un "sestante", si inizia un percorso sbagliato prima ancora di saper "camminare"! i auguro, inoltre, che questa breve esposizione - mediante una "chiara", seppur per molti versi farraginosa, descrizione dei fenomeni che concorrono ad ostacolare lo sviluppo umano - possa contribuire ad aiutare gli individui a giungere alla liberazione di se stessi senza perdersi mai nel regno dell'irrealtà. In breve, recuperare - sempre in armonia con le specifiche potenzialità individuali - autonomia, libertà, valori, abilità, talento, fiducia e rispetto di se stessi … avere sempre pensieri propri e poterli esprimere … esseri maturi e completi: il vero scopo dell’esistenza. Non dimentichiamolo MAI ogni persona è davvero unica e straordinaria!!! ICORDA, cerca di essere un po’ più “egoista”, prendi tutto ciò che puoi dalla tua vita, senza naturalmente essere lesivo verso altri … cerca di essere naturale, spontaneo e senza maschera, evita di vivere in funzione di qualcosa o di qualcuno perché primo o poi paghi ‘dazio’, PRENDI fin che puoi, divertiti, mangia cibi “buoni”, gustati se lo desideri in compagnia o da solo, a cena o in un momento di relax, un buon bicchiere di vino o qualunque cosa che ti piaccia veramente … cerca di essere orgoglioso del tuo corpo, riconosci il suo valore gratificandolo con calorosi contatti, piacevoli sapori, gradevoli suoni, eccitanti visioni e intensi profumi … non smettere mai di “studiare”, INFORMATI continuamente, SAPPILO, noi impariamo anche dalle persone antipatiche ed odiose, prendi da loro quello che ti fa star bene e ricambiale con la tua naturalezza e spontaneità senza esprimere giudizi di valore verso te stesso o verso di loro … goditi le cose intorno, gustale lentamente attraverso i tuoi sensi. ON TEMERE, sono le sensazioni che ti
mettono sulla strada giusta, ti permettono di scegliere, di
sentirti bene e in solida salute: di vivere più a lungo … non
lasciarti sfuggire niente, ‘INVESTI’ sulla tua felicità
personale, sulla salute, sul lavoro e, perché no, anche su una
buona situazione finanziaria che meglio si confà col tuo stile
di vita … partecipa attivamente al tuo benessere, NON lasciare
la gestione della tua vita in mano alla ‘fortuna’ o alle
‘stelle’, NON avere paura, affronta anche le cose difficili,
non temere le sfide complesse e sottili, perché nel tuo arsenale
fisiologico hai parecchie armi potenti e complesse in grado di
rispondere con saggezza al nemico, alla fine, altro non scoprirai
che possiedi buoni contenuti mentali e, con stupore, una grande
intelligenza e una fervida immaginazione (l’insicuro impiegherà
un po’ di più di tempo a conoscere queste sue preziose e
latenti qualità, ma con un costante allenamento raggiungerà il
traguardo) … non lasciare MAI il compito di ‘aggiustare’ la
tua esistenza ad altri …la posta in gioco è davvero alta: la
tua felicità! RICORDA, con un discreto divertimento, una giusta
attenzione e una buona concentrazione non solo puoi raggiunge la
massima efficienza, ma è anche possibile far pendere la bilancia
verso di te, con le mosse giuste, CREDIMI, NON è difficile
influenzare le avversità a tuo vantaggio. |
… la consapevolezza è già un inizio di TERAPIA!!!
|
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.
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