giovedì 21 maggio 2015

-DEPRESSIONE Tristezza..


TRISTEZZA … la grande oppressione

Risultati immagini per depressione nei dipinti


a tristezza è uno stato d’animo variabile e davvero singolare: un grigiore malinconico paralizzante, una nube completamente scura che offusca e allontana anche i momenti più belli, una visione della vita in bianco e nero  che, lentamente, giorno dopo giorno, si impossessa dell’esistenza umana in maniera subdola, devastante e, il più delle volte, in forma stabile.
Una vita apparentemente senza senso, senza speranza, una sensazione di invisibilità, di impotenza, di trascuratezza, di grande rassegnazione e, soprattutto, segnata da una felicità incerta o piuttosto fugace. I riti forzati e le abitudine quotidiane, oltre a preparare un terreno per la disistima, spengono e pietrificano la mente tormentata. E’ una condizione di sofferenza, passeggera per i più fortunati, di grande prostrazione psicosomatica connessa a delusioni e a situazioni negative vissute sempre in tempo reale (la tristezza si affaccia quando la vita procede su un binario che non tiene conto delle esigenze reali… una  rinuncia a vivere). Il morale è completamente a terra, appesantito da continue rinunce e da un pensare negativo che, paradossalmente, diventa l’unico conforto: l’agire pessimistico è talmente radicato che non si intravede all’orizzonte nessuna via d’uscita a questo dolore prolungato. Lo stato di abbattimento affettivo, opprime profondamente l’esistenza e quei pochi comportamenti “finti” realizzati, in contrapposizione alla spontaneità, sono intrisi di insoddisfazione, stanchezza cronica e di profonda apatia.

ale sentimento, comunque, pur ostacolando le normali attività quotidiane, a differenza della depressione vera e propria che isola completamente il soggetto dal suo ambiente, non impedisce di vivere una vita più o meno normale: le cose sono realizzate con fatica, accompagnate sempre da un senso di infelicità, inutilità, amarezza e pessimismo. Un dramma che spesso emerge quando il vissuto è costellato da continue delusioni e, a livello sociale, ci si ostina a tenere in vita rapporti sbagliati, soffocanti che mortificano la propria personalità perché vissuti con un senso di estraneità e di distacco (dire sempre “sì” favorisce le relazioni malate); si è perso, da tempo, il piacere della relazione, dell’autonomia e il senso vero dell’autenticità. Si perde il comando della propria esistenza, si diventa gregari, non più protagonisti ma solo comparse della propria vita, lasciando in tal modo che il “personaggio fasullo” che si incarna decida e prenda il sopravento nella guida del proprio destino: lentamente, per il quieto vivere, per la paura di sbagliare, si sta rinunciando alla vita e ai propri desideri, lasciando il comando a quel “censore” interno che pilota i vari comportamenti, al proprio “stile di vita” o a un modello di vita rigido disegnato da altri.

uante idee e convinzioni, infatti, non ci appartengono in maniera genuina, ma piuttosto arrivano dall’interiorizzazione di dettami dell’infanzia. Quando finisce l’infanzia, però, questi dettami non sono “evaporati” ma inesorabilmente si sono concretizzati in stili di vita, modi di reagire e schemi mentali  (tratti che caratterizzano la personalità, unica ed irripetibile). La sofferenza di chi è triste è talmente evidente, palpabile e visibile che per i non addetti ai lavori, i termini “tristezza” e stato “depressivo” sono diventati praticamente sinonimi. Nonostante il soggetto abbia la sensazione di essere colpito pesantemente dal “malocchio”, di essere sfortunato, angosciato dal male e dall’ingiustizia, difficilmente manifesta in maniera spontanea un sentimento di rabbia o di frustrazione: non esprimersi mai e cancellare ogni negazione dal proprio linguaggio verbale indebolisce e fa ammalare (spegnendo la vita si tiene a bada anche la rabbia). La persona triste, paradossalmente, suscita facilmente negli altri grande ammirazione e particolare simpatia. 

iò è dovuto al fatto che essa, proprio perché difficilmente esprime sentimenti di rabbia e giudizi di valore, appare in ogni momento generosa, sensibile e comprensiva verso le manchevolezze altrui. Come la psicosomatica insegna, anche il sentimento di tristezza può influenzare il corpo (spia del malessere). Uno stato emotivo piuttosto intenso, infatti, se non ascoltato, può caricare di stress l’organismo e impedire, attraverso uno squilibrio bio – chimico, all’organismo di funzionare come dovrebbe realmente. Quando l’umore diventa ballerino, infatti, sarà il corpo a farne le spese attraverso: l’apparato muscolo – scheletrico (mal di schiena, cefalea), l’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, ipertensione), l’apparato respiratorio (asma, raffreddori frequenti), il dolore allo stomaco (ulcera), il calo del desiderio sessuale (impotenza generale), il sistema immunitario (più esposti a malattie).


Risultati immagini per tristezza nei dipintiCOSA FARE. Il benessere (la voglia di vivere) si ritrova facendo leva su quel gigantesco serbatoio di risorse interiori che ognuno possiede e a cui, stranamente, non si presta mai abbastanza attenzione (si è incapaci di attingere): desiderio, passione, divertimento, piacere. Quando ci si sente sfortunati, spenti, colpiti da una perdita, delusi o vittime di una ingiustizia immotivata, lasciarsi coinvolgere in qualcosa che dia veramente una svolta e un senso alla vita è la prima strategia comportamentale da mettere in cantiere (da soli quando il fenomeno è leggero o, se si vuole, con uno psicoterapeuta quando la situazione è piuttosto significativa, confusa ed invalidante). Si ricorda, inoltre, che la condizione di tristezza non può essere cancellata magicamente con il “pensiero positivo” o con la “forza di volontà”, perché se il processo razionale è errato o disturbato anche il suo prodotto porta inevitabilmente a conclusioni fuorvianti e di sofferenza. Alla larga, quindi, dai saccenti improvvisati che con qualche suggerimento o metodica terapeutica estemporanea garantiscono, col rischio di cronicizzate il fenomeno e creare più danni, facili soluzioni.

arà inoltre fondamentale - proprio per evitare di intasare ulteriormente il cervello di inutili detriti e, quindi, riappropriarsi dell’immagine più autentica di se stessi – eliminare, attraverso interventi specifici, tutta quella zavorra mentale superflua come ad esempio le parole vuote che non dicono nulla e servono solo a riempire dei momenti esistenziali insignificanti, gli incontri banali e faticosi che non danno alcuna soddisfazione, gli impegni eccessivi ed inutili che portano dritti a frustrazioni continue. Attenzione anche alle abitudini, ai ruoli fissi e agli schemi mentali che calcificano il cervello e portano lentamente alla tristezza più profonda. Tutti atteggiamenti che non permettono al soggetto di cavalcare l’onda del benessere, di occupare uno spazio importante nel mondo esistenziale lasciando in esso un’impronta unica e speciale che fa sentire davvero bene…  colorare di piacere ogni momento della giornata: non più persona qualunque ma regista della propria vita.

RICORDA, la depressione segnala una vita che ristagna, immobile, bloccata … un modo di muoversi pieno di indifferenza, rimpianti, apatia e timore: un procedere addormentato, spento senza  energia ed entusiasmo, niente di interessante all’orizzonte.



NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
 
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 0532.476055 
E mail: bonipozzi@libero.it

Nessun commento:

Posta un commento