lunedì 1 febbraio 2016

-OMOSESSUALITA'


Omosessualità


iene definita come un’inclinazione affettiva e attrazione fisica per individui dello stesso sesso. Ci sono poi casi di omosessualità occasionale cioè favorita da costrizioni abitative: carcere, collegio, marinai, ecc. L’omosessualità femminile si dice lesbismo (o saffismo); l’omosessuale maschile pederastia, quando lega adulti a giovani adolescenti (sodomia è invece la penetrazione anale, che non è un comportamento  necessariamente omosessuale). Il travestitismo, presente in molti casi di omosessualità, è connesso con dinamiche psicologiche particolari (narcisismo, esibizionismo) o con forme di prostituzione maschile. Forme larvate di tale comportamento sono presenti nell’adolescenza non come abitudine sessuale ma semplicemente per conoscere e scoprire il proprio corpo e quello dell’altro (in questo periodo evolutivo, si possono verificare reazioni incontrollabili  di panico perché, dopo la prima esperienza, l’adolescente può scoprire la propria tendenza che,  fino ad allora, era rimossa). L’omosessualità è una delle possibili modalità espressive dell’affettività e, nel contempo, una delle polarizzazioni possibili della sessualità. In breve, è chi predilige stabilmente rapporti omosessuali  a quelli eterosessuali. I confini tra omosessualità ed eterosessualità non sono tuttavia sempre netti: occorre infatti considerare che molte persone eterosessuali hanno rapporti omosessuali in qualche momento della loro vita; che la maggioranza degli omosessuali hanno anche rapporti eterosessuali e che un numero crescente di persone, soprattutto giovani dei due sessi, ha più o meno frequenti rapporti omosessuali per un periodo di vita di alcuni anni, pur mantenendo più evidente un orientamento eterosessuale nell’insieme della vita sociale.

ra l’omosessualità esclusiva con rifiuto e repulsione per i rapporti sessuali con l’altro sesso e l’omosessualità occasionale, compatibile con la etero-sessualità esistono tutte le gradazioni possibili. Non è possibile descrivere un profilo generale e fedele dell’omosessualità. Esistono infatti tutti i gradi nel modo di presentarsi tra il soggetto chiaramente effeminato e chi vuole mostrarsi come tale, il soggetto che passa del tutto inosservato, e il soggetto che, al contrario, a volte se pur in modo non “convincente”, si comporta virilmente nelle azioni, nei discorsi e negli sport. Allo stesso modo tutti i gradi possibili esistono tra omosessualità vergognoso, pieno di sensi di colpa che teme lo scandalo e ricerca in tutti i modi, compreso il matrimonio, di nascondere le sue inclinazioni e l’omosessuale che si dichiara come tale, che si fa notare, che sceglie la cultura caratteristica di questo ambiente (il gergo, le riviste, l’attività, i locali pubblici) o una militanza più o meno provocatoria. L’oscurantismo e i pregiudizi sociali di cui l’omosessuale è oggetto, è stato chiamato in causa per spiegare certi tratti della sua relazione con l’altro. Questo comportamento sessuale in genere segreto e clandestino imprime alle persone un certo modo di essere. L’aspirazione ad una relazione di coppia è frequente, ma la sua realizzazione aleatoria, per una certa instabilità sessuale più che affettiva e per complicazioni passionali frequenti (gelosia, minacce di vendetta, ricatti, tentativi di suicidio) spiegano l’alternarsi di rotture e di riconciliamenti provvisori.



tratti di personalità più spesso segnalati sono la suscettibilità, l’assenza di aggressività manifesta, l’attenzione al conformismo sociale. In molti disagi emotivi vi è un orientamento omosessuale, in genere condizionato dalle circostanze, interessato, venale, privo di qualsiasi implicazione affettiva. La seduzione che lascia il posto all’ostilità, le reazioni turbolenti, le scenate, i passaggi all’atto punitivo sono caratterizzati dall’impulsività, dalla vigliaccheria o dalla crudeltà. In alcuni disturbi psicotici (tratti schizofrenici) le tendenze omosessuali, la paura di diventare omosessuali o la certezza di essere considerato tale sono abbastanza frequenti e si accompagnano a volte a sensazioni di cambiamenti corporei e sessuali. In certi deliri cronici di interpretazione e persecuzione si ritrovano temi di aggressione omosessuale, la certezza che gli altri siano a conoscenza e parlino della propria omosessualità (sia che sia stata o no realizzata); a volte è proprio dopo un primo rapporto omosessuale o dopo il suo equivalente simbolico che si sviluppa un processo delirante. 

li aspetti clinici dell’omosessualità femminile sono paragonabili a quelli maschili. Sembrano rare le organizzazioni di personalità “disturbate” mentre le fissazioni omosessuali, in particolare nell’isterica, sono frequenti, ma rimosse. Possibili sono le reazioni depressive, dovute sia a fatti contingenti (separazione, isolamento), sia all’omosessualità in sé e per sé. Un desiderio omosessuale o la paura legata a un’omosessualità latente può esprimersi in uno scompenso delirante. Per molti questo comportamento è una vergogna, per altri una malattia, per alcuni una bandiera di liberazione sessuale. Anche la tradizione organicista, pur con disparità di opinione, non scherza: ci ha abituati ad una definizione - ancora molto diffusa - come una perversione dal cattivo esito prognostico. Soltanto le teorie psicoanalitiche hanno avuto il merito di sfatare l’idea che tale comportamento è riconducibile ad una tara ereditaria o congenita (scuola genetica) o che fosse una malattia causata da squilibri endocrini o metabolici (scuola organicista). Al di là delle varie interpretazioni e definizioni è importante ribadire che la sessualità adulta - omo ed eterosessuale - è sempre il risultato degli aggiustamenti realizzati nel corso della vita, a partire dalla bisessualità originaria di tutti gli uomini.


a parola “omosessualità” tuttavia è un termine che descrive un comportamento e non dice nulla dell’organizzazione psichica che lo determina, che può essere diversa da caso a caso. Sotto questa etichetta, inoltre, molte persone comprendono ogni genere di situazioni che non sono tipicamente eterosessuale: dal narcisismo al transessualismo, all’inibizione sessuale. Per comprendere, comunque, questa complessa e variegata modalità espressiva umana (… e non) è necessario porsi alcune domande: “Questa condizione è il risultato di una società confusa che non può accettare nuove forme di esperienze erotiche?”, “Oppure, è un - difetto - della natura che merita di essere chiamato come si fa comunemente - invertito -?”,  “E ancora, è il risultato di un conflitto sociale, di un individuo traviato che, per svariate influenze, ha ceduto - in un momento di difficoltà personale - alle tentazioni favorite da un rapporto familiare infelice?”. Un elemento particolarmente interessante che dovrebbe far riflettere, è l’atteggiamento aggressivo, espresso dalle persone cosiddette “normali” nei confronti di questo comportamento sessuale. Tale gruppo sociale, molto spesso, appartenente a suo dire alla sfera della normalità, manifesta avversione, ostilità, disprezzo e una grande voglia di “menare le mani” alla sola vista di un omosessuale, anche se da parte di questo ultimo non ci sono stati comportamenti provocatori o offensivi. Un altro aspetto sociale curioso è che in molti paesi occidentali l’omosessualità maschile è oggetto di scherno e di rifiuto (condannato) mentre, quella femminile tollerata. Nelle culture maggiormente sviluppate l’omosessualità diventa un sistema di vita. La suddivisione del lavoro, la stratificazione dell’organizzazione sociale e il conflitto fra tendenze aggressive e passive isolano la persona sensibile, che ha difficoltà ad imporsi,  creano un ambiente in cui queste qualità sono accettabili (attività culturali, teatro, arte, moda, arredamento, disegno)

enché comunità di omosessuali esistano in quasi tutte le grandi città, esse  cominciano ad uscire dall’oscurità solo da pochi decenni. Solitamente l’omosessuale è un individuo ancora isolato nella grande comunità degli uomini e delle donne eterosessuali (…si veda  l’attuale dibattito in parlamento). A volte, senza un partner egli è solo, insicuro e angosciato. Un altro elemento che emerge dall’esperienza clinica è che molto spesso gli omosessuali sono di intelligenza superiore alla media (l’ipotesi può essere confermata se prendiamo in esame i personaggi illustri che furono omosessuali… e sono tanti!) ma presentano scarsa emotività. Egli, è vero, possiede spesso una profonda intelligenza e notevole creatività, ma è drammaticamente limitato nelle manifestazioni emotive (non esprime facilmente l’ira - seriamente e in modo deciso - o la tristezza, e sentimenti come l’entusiasmo, l’eccitazione e la gioia  - non di rado mancano). Tale insensibilità emotiva va di pari passo - a livello somatico - con l’insensibilità fisica (solitamente è pallido, ha gesti e movimenti privi di spontaneità). Solitamente l’omosessuale, anche se non lo manifesta apertamente, prova paura, ostilità e disprezzo verso il sesso femminile. E’ dimostrato dai parrucchieri celebri e dagli stilisti di moda, le cui creazioni falsano la femminilità. Tutto ciò è evidente in opere teatrali in cui la donna è spesso presentata come un essere insensibile, dominatore e crudele. E’ dimostrato, inoltre, dal fatto che l’omosessuale si sente superiore alle donne in tutte quelle attività femminili come la cucina, l’arredamento, il design. Il “problema” degli omosessuali, infatti, è principalmente un “problema” di atteggiamento verso le donne, e solo secondariamente implica l’attrazione sessuale per gli uomini. Non è raro trovare nel vissuto della persona omosessuale, una madre immatura (possessiva) e con disturbi emotivi. 

pesso la causa del suo attaccamento al figliolo è dovuta alla profonda insoddisfazione vissuta con il marito. In questo conflitto il figlio è costretto a “sostituire” il padre, ad ascoltare la madre che invade i suoi sentimenti, ed è indotto, inoltre, a compiti ambigui apparentemente innocui  come ad esempio  aiutarla a vestirsi o a svestirsi e, soprattutto, viene scoraggiato dai rapporti con altri ragazzi o ragazze. Il padre che non è sicuramente esente da disagi emotivi, in questo clima familiare, reagisce in maniera violenta nei confronti del figlio umiliandolo, schiacciandolo e criticandolo pesantemente. In questo conflitto familiare il ragazzo anziché allontanarsi dal “controllo” della madre si attacca sempre di più ad essa in quanto diventa la sua protettrice contro il genitore che è vissuto in maniera violenta e come nemico. Il senso di femminilità o di mascolinità, infatti, viene acquisito attraverso l’interazione fra i tratti costituzionali innati del soggetto e le aspettative di coloro che si prendono cura di lui  secondo il ruolo proprio del suo genere. Per la maggior parte delle persone il risultato finale è una chiara identificazione con le donne e con gli uomini in sintonia con l’anatomia dei genitali.

uando chiedere sostegno.  L’omosessualità non è sicuramente una perversione (come sostengono le insoddisfacenti ed inadeguate concezione classiche su questo tema) o un problema di identità, tanto meno una oscura patologia per cui, non esiste una modalità terapeutica specifica. I farmaci, pertanto, possono essere impiegati solo nel caso in cui tale fenomeno è dominato dal conflitto e dalla tensione elevata, ma non possono certo aiutare una persona a sviluppare relazioni oggettuali inesistenti. Questo comportamento è considerato oggi, dopo lunghi dibattiti, non tanto un problema dell’individuo, quanto una manifestazione di intolleranza della società verso modi “diversi” di esprimere la propria identità e creatività in genere. E’ importante imparare a non vedere a tutti i costi “difficoltà” laddove c’è soltanto, per esempio, una visione ed una aderenza diversa ai canoni dello stereotipo maschile e femminile. 

ome è già stato evidenziato, sembra che la società occidentale sia molto più tollerante con le ragazze che manifestano comportamento maschile che non i ragazzi che manifestano comportamenti femminili (forse perché è ancora una società basata sul maschilismo? … società che chiede al maschio prestazioni da “duro”?). La difficoltà a conformarsi allo stereotipo culturale di maschio e femmina non è un criterio sufficiente per formulare una qualche diagnosi “funesta”. Ci deve essere un marcato disagio interiore ed una profonda sofferenza - emarginazione, disapprovazione e relazioni, a dir poco crudeli, da parte di colleghi - per richiedere un intervento terapeutico. La psicoterapia rappresenta il trattamento di prima scelta per alleviare la sofferenza, attuale e futura, che deriva appunto da una incomprensione sociale. Gli obiettivi principali di questo intervento sono contenere il senso di colpa che deriva dal “pensare” in modo diverso (… la colpa si accompagna spesso al bisogno di punizione) e cercare di far emergere uno stile di vita più naturale, spontaneo e più soddisfacente possibile … ma soprattutto assumere liberamente il ruolo che si desidera ed imparare a non dare definizioni di se stessi né delle situazioni in cui si è coinvolti. 

arà utile, inoltre, qualora siano visibili segni di profonda sofferenza, prendere le distanze anche da certi atteggiamenti falsamente progressisti che vorrebbero negare evidenti difficoltà proiettando tutte le cause di disagio nel sociale. Spesso etichettarsi “sono omosessuale” e attribuire a questa scelta diversa ogni difficoltà, può essere un alibi difensivo per sfuggire alla ben più radicale, angoscia esistenziale che dovrebbe farci chiedere “chi sono?”.  Essere omosessuali, comunque, non è né meglio né peggio che essere eterosessuali, perché la sessualità, per entrambi, può essere grande, piena di profondi significati ed … immensa. Tutte le persone che si trovano in questa “situazione”, pertanto, dovrebbero focalizzare la loro attenzione e curiosità sul desiderio sperimentato, senza lasciarsi fuorviare e frenare dai pregiudizi… guardando con grande curiosità dove esso (desiderio) conduce; perché contrariamente a quello che si pensa l’eros è immenso e misterioso: per cui anche se lo ingabbiamo in schemi e in stili di vita convenzionali, desidera sempre andare oltre, verso lo “sconosciuto”, verso nuovi percorsi e verso l’infinito.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
 

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 -  0532.476055
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