martedì 24 ottobre 2017

LA TENTAZIONE ESTREMA … il suicidio adolescenziale.

LA TENTAZIONE ESTREMAil suicidio adolescenziale.


uesto ventunesimo secolo non “regala” solo disastri ambientali, conflitti nelle relazioni umane, drammi e guerre, ma vede svilupparsi - in tutti i paesi industrializzati e non - anche un fenomeno sociale a dir poco inquietante: un numero sempre crescente di giovani mette la propria vita a repentaglio, e questo in proporzioni mai raggiunte. Tale gesto, in alcune aree geografiche, supera gli incidenti stradali come numero di decessi annuali (gli incidenti stradali e il suicidio rappresentano oggi le due cause principali di morte giovanile). Questa situazione drammatica disorienta in quanto contrasta nettamente con la felice considerazione secondo cui, in questo fantasticoperiodo storico, il comfort materiale e le aspettative di vita non hanno mai conosciuto un simile benessere (progresso)

gni suicidio o tentato suicidio è sicuramente espressione di una vicenda drammatica che si concretizza sulla scena di una profonda disperazione interiore. Il dramma del suicidio adolescenziale, sempre complesso ed enigmatico, oltre a sfuggire in gran parte alla coscienza stessa del soggetto, si intreccia e si presta continuamente a svariate spiegazioni: fattori personali, familiari, malattia, precarietà delle condizioni sociali, perdite affettive, convinzione di essere trascurati o abbandonati, percezione di un’immagine alterata di sé nello sguardo altrui



nche abitudini, modi di fare e comportamenti devianti, rigorosamente connessi fra loro come etilismo (in termini moderni binge drinking), tossicomania, bulimia e anoressia, possono essere una ulteriore tentazione all’azione estrema.

onostante vi siano diverse ipotesi interpretative, un’infinità di moventi possibili, rimane sempre, in ogni caso, impossibile identificare a posteriori una causa scatenante univoca. E’ bene comunque precisare, proprio per evitare preconcetti particolarmente diffusi, che nessun fenomeno sociale (o psichico) preso singolarmente (isolatamente) non può rendere conto o spiegare completamente tale condotta autosoppressiva. Infatti, un evento doloroso può rappresentare, come in qualsiasi altra persona, un fattore scatenante o aggravante, ma mai la causa esclusiva di un gesto così cruento. 

e turbolente dinamiche relazionali che caratterizzano l'adolescenza - connesse al mondo psico - ormonale - sociale pieno di conflitti, incertezze, tensioni, ansia per il futuro, bisogno di autonomia e rassicurazioni - sono sempre le prime ad essere prese in considerazione (caratteristiche tipiche di questa fase evolutiva). Trasformazioni che, come vedremo, comportano mutamenti a diversi livelli: fisici, sociali e psicologici. Fanno la loro comparsa i caratteri sessuali secondari, entra in campo, in punta di piedi, la complessa capacità riproduttiva (identità sessuale): freni”, “richiami” e “controlli” la fanno da padroni.



olti atteggiamenti, inoltre, iper - protettivi da parte dei familiari vengono speso vissuti come ostacoli a sviluppare la propria identità e quindi combattuti strenuamente e in casi estremi con comportamenti insani, atti di vandalismo oppure tentativi di suicidio. Non è una cosa semplice, molte sono le ansie, le frustrazione, le ribellioni e i vari tormenti connessi a questo fenomeno; un gran bisogno di indipendenza domina la scena. Tale libertà di agire in autonomia, però, viene percepita, da parte del soggetto, come una “perdita” delle sicurezze che, nel tempo, si sono costruite e rinforzate - più o meno bene - attraverso le dinamiche familiari … ecco, allora, che si fa strada un vivace conflitto, un profondo timore e dubbio, quell'eterna tensione dentro se stessi che si manifesta attraverso l'indecisione … tutti stati emotivi che caratterizzano questo grande e importante momento evolutivo; prende corpo una oscura e complessa difficoltà ad effettuare questi importanti cambiamenti, questo passaggio dall'adolescenza all'età adulta: costruire gradualmente un pensiero autonomo. 


ICORDIAMOLO che questi fanciulli - anche se sono dei veri campioni nel provocare e bravi acrobati nel manipolare - non sono demoni, desiderano l’indipendenza ma nel contempo la temono, vogliono solo sperimentare la vita autonomamente, con le loro reali capacità, verificare fino a che punto possono spingersi, conoscere quali sono i limiti e le loro risorse. ATTENZIONE, però, a non sottovalutare mai la durata e l'intensità del fenomeno in atto … sono tutti segnali che vanno considerati SEMPRE a rischio, molto, molto significativi e importanti. La cosa certa è che prima di passare all’atto, come ogni essere umano in pericolo, il giovane lancia segnali di sconforto (anche di rottura: fuga, nervosismo con esplosioni improvvise, insonnia, violenza, aggressività fuori luogo, ubriachezza) difficili quasi sempre, purtroppo, anche per i più esperti, da decodificare. Il segnale è sempre mascherato perché il giovane non vuole esporsi, teme in maniera esagerata la critica, di essere umiliato, magari di non essere capito completamente da parte dell'adulto e, quindi, ridicolizzato o addirittura di essere considerato sciocco, ingenuo, inadeguato, stupido, bizzarro, infantile … se non pazzo. Lo sviluppo e l’estendersi, pertanto, di questi segnali indicano non la certezza ma, sicuramente, un alto rischio di passaggio all’atto.



TTENZIONE
, comunque, a tutte quelle frasi fatte, elargite, spesso, anche da rispettabili professionisti: “Vede signora, se il fanciullo si ritira nella sua stanza è perché ha le sue “necessità” fisiologiche”. Non sempre, purtroppo, è così. E' vero, in questo periodo evolutivo ci sono specifiche, urgenti “esigenze” e abbondanti “frenesie” corporee, ma anche tanti momenti di sbandamento in cui, non di rado, si covano terribili pensieri … una meditazione funesta facilitata dall'abbandono e dalla solitudine. Questo non significa che dobbiamo violare continuamente la privacy altrui ma, semplicemente, essere più sensibili, disponibili e attenti a queste delicate situazioni. 


ICORDIAMOLO, un occhio attento, sereno e lucido prende atto dei problemi, ma non è mai invadente, non esagera e nemmeno ingigantisce, è solo realista. Sapere comunque che una certa inquietudine e profondi sconvolgimenti psicofisici danno vita ad una adolescenza movimentata e confusa non significa per questo che alcune sofferenze non possano essere contenute, superate e risolte (A. Adler nei suoi bellissimi “Principi di psicologia individuale” ne fa il suo cavallo di battaglia a livello psicoterapeutico). Contrariamente a quello che si pensa, proprio perché è un processo evolutivo anche costruttivo e non solo di sofferenza, molti giovani in crisi riescono ad uscire “rinforzati” da tale situazione di smarrimento (a volte da soli, altre volte con l'aiuto dei genitori, altre volte ancora con un esperto che conosce le dinamiche emotive adolescenziali). NO a troppe attenzioni, diamo il tempo necessario perché possano trovare, attraverso le diverse fasi di assestamento, un loro equilibrio.


O permissivismo, ma comprensione e fermezza, MAI derisione. MAI saltargli addosso o aggredirlo solo perché ha fatto scelte che non combaciano con le nostre che, in fondo in fondo, vorremmo fare per lui ... solo perché il suo percorso di vita non coincide con il nostro … aiutiamolo a diventare ciò che è realmente. PREPARIAMOCI ad insegnare, ma anche ad apprendere e conoscere la sua spensieratezza, il suo entusiasmo, la sua energia e, se non la spegniamo, la sua voglia di vivere ... il suo meraviglioso mondo “incantato”. 



timoliamolo ad essere autonomo, dandogli la possibilità di scegliere, decidere e affrontare i problemi quotidiani con le sue vere risorse, in piena libertà (sempre però nel rispetto dell'altro), in modo tale che possa sperimentare direttamente, come la vita chiede, benessere oppure malessere, conoscere la vittoria ma anche la sconfitta, ma soprattutto saperlo ASCOLTARE, ASCOLTARE e ASCOLTARE ancora. NO solo beni materiali e voluttuari, ma CONDIVISIONE e VICINANZA. Un altro aspetto significativo negli adolescenti che tentano il gesto estremo - pur essendo sempre un atto di non lucidità - è quello di non appartenere ad un quadro clinico specifico, particolarmente grave. E’ raro, infatti, trovare la vera follia psicotica in questi fanciulli; è presente, sicuramente, un meccanismo psichico, bizzarro, morboso, privo però di analogie con il disturbo mentale. E’ indubbio, comunque, che molti di essi presentano - più frequentemente di quanto in genere non si pensi - disturbi accentuati di natura ansiosa e depressiva da richiedere, a volte, immediate cure specialistiche; oppure fastidiosi disturbi psicosomatici, spesso confusi con vere e proprie malattie organiche, somatizzazioni come: cefalea, dermatiti, stanchezza. insonnia, nausea, vomito, sinusiti, problemi intestinali e respiratori, dolori diffusi alla schiena, alle articolazioni, all'addome, difficoltà a deglutire. 


ali condizioni fisiologiche mascherate, molto spesso, vengono sottovalutate ed etichettate grossolanamente come momenti passeggeri stressanti piuttosto che angosce e sentimenti depressivi profondi (non sempre sono percepite come segnali d’allarme che precedono la crisi). Un atteggiamento non solo è dannoso per la reale presa di coscienza di questo grave problema ma, soprattutto, perché esclude un adeguato e tempestivo consulto medico - psicologico. Il fanciullo, senza dare consigli a nessuno, deve essere accettato così per ciò che è veramente, e non per quello che vorremmo che fosse ... questa è la prima mossa per stimolare un rapporto felice e sereno … per evitare situazioni complesse e, soprattutto, brutte “sorprese”.

Risultati immagini per fiabe per bambiniCosa fare. L’incomunicabilità, il malessere, l’estraneità del proprio corpo, i rapporti conflittuali in famiglia sono stati d’animo con cui tutti gli adolescenti, in misura più o meno intensa, volenti o nolenti, sono costretti a sperimentare … scendere a patti durante il loro percorso evolutivo. Ma in alcuni casi, purtroppo, la strada travagliata verso quella età definita “adulta” conosce, come già evidenziato più volte, anche comportamenti lesivi ed autolesivi, che vanno dalle fughe, alle condotte violente, alla tossicodipendenza fino alla tentazione estrema di togliersi la vita. Gli stessi adulti, il più delle volte assistono impotenti ed increduli a questi drammatici lenti naufragi, senza sapere come affrontare il problema che, per nessuna ragione, si dovrebbe drammatizzare ma nemmeno banalizzare o sottovalutare. E' necessario mettere a fuoco (discutere) le dinamiche interpersonali senza eccessive ed inutili colpevolizzazioni: ascoltare senza esprimere giudizi di valore e nemmeno esercitare volontà di censura, ma nemmeno una eccessiva e distruttiva condiscendenza … oppure quelle frasi colpevolizzanti che non portano da nessuna parte Te l'avevo pur detto che non si doveva fare” … comprensione ma, soprattutto, fermezza e determinazione. In breve, valutare con estrema lucidità la possibilità di un intervento personale o la necessità di una terapia qualificata o specialistica. 


n presenza di manifestazioni particolarmente drammatiche, gli adulti non devono mai rimanere inerti, GUAI isolarsi; anche se la tentazione di scomparire o girarsi dall'altra parte è molto forte, perché è una situazione non solo drammatica e destabilizzante, ma profondamente dolorosa. … in un attimo viene resettata tutta una vita: va in frantumi passato, presente e futuro. Nessun ragazzo in difficoltà sarà sorpreso (o rifiuterà) se gli si comunica l’inquietudine suscitata dal suo comportamento o dalle sue parole; non è uno sciocco tantomeno uno psicotico, ha sempre un buon rapporto con la realtà per cui sarà ben felice, seppur con una certa titubanza iniziale, farsi aiutare a portare la pesante valigia” della vita. Esplorare i fattori critici, le origini, evidenziare i segnali d’allarme che precedono le crisi, illustrare le tipiche reazioni dell’ambiente familiare non può far altro che stimolare nuovi modelli di relazione, instaurare un nuovo clima di confidenza comunicativa e salutare. Una problematica complessa come quella del suicidio adolescenziale non può accontentarsi di risposte semplicistiche. Il compito principale, pertanto, sarà quello di “accompagnare” (condurre) l’adolescente a scoprire (cogliere) il significato della sua drammatica sofferenza: si possono trovare soluzioni solo su ciò che si è compreso … si è consapevoli. In questo modo, sapere di che cosa si soffre non soltanto placa l’angoscia che ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci strumenti terapeutici e ottime alternative alla rassegnazione e alla disperazione.

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QUESTA BREVE ESPOSIZIONE HA SCOPO SOLO INFORMATIVO E NON CURATIVO. IL FINE DI QUESTO LAVORO (come ogni articolo pubblicato) E’ QUELLO DI INFORMARE, “TOCCARE” QUANTE PIÙ’ MENTI POSSIBILI IN MODO TALE CHE OGNI SINGOLO INDIVIDUO POSSA ESSERE STIMOLATO AD APPROFONDIRE (se lo desidera) I VARI ARGOMENTI TRATTATI E, QUINDI, ESSERE IN GRADO DI FARE SCELTE IL PIÙ’ POSSIBILE MIRATE, RESPONSABILI E CONSAPEVOLI PER IL PROPRIO BENESSERE. RIFLETTERE, SCEGLIERE E DECIDERE LIBERAMENTE … PER CRESCERE.

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LA CONSAPEVOLEZZA E' GIÀ' TERAPIA!!!

L'autore non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.

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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo, pertanto, ha un valore educativo, non prescrittivo.

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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
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mercoledì 18 ottobre 2017

Buone notizie … sul “MALE OSCURO”



Buone notizie … sul  MALE OSCURO

(Brevi frammenti di psicosomatica)



l quadro clinico depressivo non è, come spesso ritenuto dal pensiero comune, un banale e semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano, in maniera piuttosto evidente, il modo in cui il soggetto ragiona, pensa, raffigura se stesso, percepisce gli altri e, soprattutto, vede l’ambiente circostante. Una condizione psicosomatica inquietante che non solo uccide lentamente i rapporti familiari e sociali, ma toglie energia e annulla ogni forza di reazione ... spegne completamente la vitalità. Un soggetto con un vissuto a pezzi, una vita fatta di rinunce e contraddizioni: odia restar solo ma si isola dal mondo, vuole amore ma lo 'rifiuta' perché teme di essere deluso. Sembra che niente possa scuotere queste persone, nulla riesce a spronarle: sono bloccate nel passato e incapaci di formulare progetti per il futuro; nonostante il loro profondo tormento, paradossalmente, non “vogliono” aiutarsi o farsi aiutare. 

on serve allarmarsi, ma neanche liquidare questo disagio con qualche giro di mestolo o, peggio ancora, come semplice fattore caratteriale. Quante volte mi sento dire: “Ma sa dottore mia nonna era fuori come un balcone, mia mamma come un poggiolo e io non ho proprio scelta, non posso mica essere diversa, non crede ...”. A parte l'ironia, più o meno riuscita, è bene precisare che la genetica propone e l'ambiente dispone; certe sofferenze emotive, volenti o nolenti, sono sempre il prodotto di uno stile di vita, della cultura o dell'ambiente in cui si vive: quasi sempre, ahimè, frutto di rapporti maldestri. E' vero, si ereditano cellule e molecole, ma si apprendono anche modi di fare, di reagire e di pensare che, a loro volta, possono modificare la struttura neurofisiologica si insegnano cose belle ma anche cose brutte.
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on dobbiamo MAI e poi MAI girarci dall'altra parte, ignorare questa silenziosa sofferenza, questa drammatica e profonda scontentezza: la tristezza va sempre ascoltata, bisogna sentire cosa ha da “dire” fin dall'inizio, per evitare che cronicizzi o “sfoci” in quadri clinici ancora più complessi e dolorosi. La manifestazione più evidente è la caduta dell'energia, accompagnata da un senso di vuoto, di indegnità, di inadeguatezza, di rinuncia, di sfiducia e di pessimismo … il senso di colpa controlla e gestisce completamente la sua vita. Il depresso ha un gran bisogno di tenerezza, di stima, di amore, di considerazione, di prendere e di ricevere: tutte cose “incrociate” ma mai vissute direttamente nelle sue fasi evolutive. In lui sono presenti carenze antiche, ormai incolmabile, bisogni arcaici non ancora soddisfatti: stima, affetto e considerazione … un'attenzione mai conosciuta. Quel vissuto legato all'esperienza drammatica di abbandono si ripresenta ora con tutta la sua drammatica crudezza; un dialogo affettivo, con le figure di riferimento, da sempre cercato e mai trovato; una vita strutturata e rivolta a compensare quell'amore primordiale negato, che non c'è mai stato e mai ci sarà (così, come lo vorrebbe lui). Una ricerca concitata di un qualcosa che, purtroppo, non troverà MAI … una brutta storia senza futuro. E così, tra la gente, cerca con grande avidità quello che non ha mai avuto, se non di sfuggita: un gesto affettuoso, un caloroso abbraccio, una tenerezza, una carezza, un bacio, uno sguardo buono e gentile
Risultati immagini per un gesto gentile nei dipintiUn estenuante girare a vuoto tra parole non dette e gesti negati. Le giornate allora trascorrono monotone, caratterizzate da rinunce, contraddizioni e da un continuo ripiegarsi su se stessi … la parola d'ordine è una sola, rimandare, differire 'urgentemente' ogni cosa … anche l'affetto (aggressività muta). Questa tragedia emotiva si caratterizza per la sua incomunicabilità, quasi sempre sgradevole e accusatoria, ovviamente non per sua volontà. Si sente perennemente fuori posto, in prestito, precario, confuso, poco amato e per nulla stimato: un vivere in bianco e nero, una visione della vita quotidiana “appannata” … uno stato di grande confusione, tormento e inquietudine. 

na profonda abulia si impossessa del soggetto, scarsa reattività, immobilità, rigidità, servilismo, ritualità anticreativa, mancanza di gusto per la vita, squilibri affettivi sono all’ordine del giorno e, nei casi più gravi, sono espressi atti violenti contro se stesso (autosoppressione) e gli altri. I sintomi psichici, comunque, includono sensazioni di inutilità, inadeguatezza, difficoltà di concentrazione e memoria, rancore, solitudine e disperazione, spesso associate a perdita di interesse nel lavoro, nella vita familiare e sociale. ATTENZIONE, queste caratteristiche non vanno interpretate come “difetti”, non sono etichette per denigrare qualcuno, ma solo modi per definire alcune modalità reattive poco vantaggiose per se stessi e gli altri: come vede la sua vita e interpreta il mondo.

l depresso è convinto di essere un fallito, di non essere più in grado di svolgere i compiti che gli sono richiesti e per questo finisce per colpevolizzarsi e, soprattutto, isolarsi dal mondo. Tra i malesseri fisici possono essere inclusi perdita di energia, debolezza, lentezza nei movimenti, insonnia, bocca asciutta, problemi digestivi, intestino pigro e stipsi … cosa più drammatica, perdita di contatto con il corpo. In alcuni casi si può perdere o prendere peso (dipende dalla stato ansiogeno … più si è presi dall'ansia e più si divora) e spesso si possono accusare, in maniera più o meno invalidante, disturbi mestruali e sessuali.

In alcuni scritti di Ippocrate e Galeno troviamo un profilo unitario inquietante del depresso; una personalità descritta, già allora, come inibita, severa, fragile, alle prese con un amore insaziabile e incapace di sperimentare piacere (anedonia); un personaggio destinato ad un destino nefasto: di contrarre persino il cancro (vedasi “Arte medica Antica” - “Medioevo e medicina”).

n alcune persone tale malessere (depressione reattiva, anaclitica) è associato a fattori esterni: lutto, divorzio, lavoro, licenziamento, pensionamento, problemi affettivi e di coppia. In questo periodo storico - in questo curioso e bizzarro mondo globale - la depressione è percepita come una malattia in crescita esponenziale, in pratica una sorta di pandemia che trova radice in un modello di vita inadeguato ad affrontare una realtà confusa, frenetica e in perenne cambiamento (una specie di Babele senza torre). Il cervello, infatti, non è costruito per vivere nella frenesia, nell’abitudine e nella noia, ma ama la spontaneità, la naturalezza, vuole vivere imprese affascinanti, cambiare prospettive, cerca l’imprevisto e la sorpresa; ha bisogno di un “cibo” particolare e nutriente: entusiasmo e passione. Solo in questo modo può secernere le famose sostanze del buon umore (serotonina, noradrenalina, dopamina). La depressione il più delle volte si manifesta senza trombe e tamburi (senza preavviso), ma possiamo percepire, se siamo attenti, la sua atmosfera pesante, la sua drammatica e silenziosa presenza … ma anche i suoi preziosi insegnamenti. Tristezza, insicurezza, ruminazione mentale, senso di impotenza, perdita della speranza, disperazione, paura, isolamento, fastidio, insoddisfazione, confusione e irrequietezza, infatti, sono tutti stati emotivi che vogliono segnalare una cosa soltanto: che stiamo perpetuando schemi esistenziali decisamente obsoleti, oppure copiati, imitati, non nostri, che non ci appartengono.


Chi si oppone a questa sofferenza emotiva o tenta di zittirla con qualche strategia estemporanea (sostanze psicoattive: alcol, fumo, cibo … tutte cose che “addormentano” il cervello) rischia di cronicizzarla, oppure preparare il terreno a una nuova depressione più complessa e dolorosa. Mai fingere di stare bene perché lo sforzo stimola alcuni mediatori neuro – chimici antagonisti, peggiorando in tal modo la situazione psicosomatica, di per sé, già complessa e, soprattutto, precaria: angoscia, affanno e tachicardia vanno a ruota libera. In realtà questo stato, così come l’ansia, non va mandato indietro (soffocato), ma va lasciato, ovviamente sempre con un aiuto professionale qualificato (sempre se lo si desidera veramente … mai suggerito o spinto da altri), agire e gestito in modo più produttivo e vantaggioso possibile: metterlo a tacere ('nuotare', sostare, rimanere nella sofferenza) è solo un modo per renderlo ancora più forte e potente. 


a crisi depressiva, pertanto, arriva per liberare il cervello, per far vivere in maniera “spontanea - naturale”, rompe quegli schemi mentali che imprigionano, imbavagliano e annientano l'intero psicosoma; una vera e propria capacità del cervello che, saggiamente, “suggerisce” quando è il momento di “svoltare”, cambiare direzione nel percorso quotidiano, anche se tutto ciò a volte è impercettibile o si cerca di resistere (non si vuole ascoltare). Proprio per questa ragione è necessario smettere di recitare il solito personaggio, anche se nell'immediato può sembrare utile perché riempie dei “vuoti”, può rassicurare o mettere apparentemente al “sicuro” dalle turbolenze emotive. E così per il buon vivere si annullano i propri desideri, si evitano i cambiamenti repentini, l’imprevisto, quello che si desidera veramente viene annullato, spento, cancellato; si “sceglie” allora una scorciatoia, una vita piatta ... si va contro mano. Un quotidiano sempre uguale, contraddittorio, spesso inutile, senza alti e bassi: un mondo noioso e banale che ingabbia la felicità.
a vera esistenza, invece, scorre altrove, lontano dal personaggio precostituito, dalla grigia maschera che si indossa ogni giorno, dai rapporti stantii e banali. Ecco, allora, che si rimane intrappolati: più si trascura la vita, più si fa sentire lo stato depressivo. A volte, invece, uscire dal solito cliché farà sentire meno stanchi, meno banali, più vivaci e curiosi; aprirà a uno stato di nuova e stimolante compartecipazione con la realtà … si farà pace, finalmente, con il mondo intero. RICORDA, il cervello si trasforma fisicamente in risposta alle nostre esperienze. I neuroni sviluppano nuove connessioni grazie alle nuove sensazioni e persino a causa dei pensieri. Quando apprendiamo qualcosa, cerchiamo nuovi traguardi o proviamo una determinata esperienza per la prima volta, il cervello a tutti gli effetti cresce o altera la propria struttura per accogliere le nuove informazioni.
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ICORDA, se non affronti i conflitti perché temi di perdere l’armonia, se inibisci continuamente l’aggressività perché ami i rapporti ‘troppo’ sereni, se continui a tacere e a sopportare ogni cosa per il quieto vivere “rischi” di inciampare nella depressione.


L SEGRETO PER FARCELA
. Per riscattare una vita “spenta” e, soprattutto, per riequilibrare la chimica cerebrale, cominciamo a mangiare “bene”, non è tutto ma sicuramente un buon inizio. La carne bianca, infatti, contiene il triptofano (amminoacido) precursore della serotonina (neurotrasmettitore); livelli bassi di serotonina nel cervello sono un segno di depressione. Una dieta, inoltre, a base di carboidrati integrali (carboidrati complessi, mai semplici), aumentando la serotonina possono aiutare a gestire la depressione. Il depresso ha bisogno di molta luce (un vero e proprio bagno di luce; vedasi SDA: Disturbo Affettivo Stagionale), in quanto la sua lunghezza d'onda agisce su due neurotrasmettitori (serotonina e dopamina) indispensabili per regolare l'umore. Anche alcuni oligoelementi come Rame - Oro - Argento se assunti con una certa continuità possono supportare nei momenti difficili; per la sindrome ansiosa, invece, assumere Manganese - Cobalto - Litio - Fosforo - Magnesio. 


TTENZIONE, non utilizzare MAI le sostanze naturali per sentito dire, perché se possono far bene possono anche far molto male. Come ad esempio prendere l'Iperico se si assumono già farmaci antidepressivi di sintesi. Anche la Rhodiola rosea, in certe situazioni, può essere di grande utilità: alza la serotonina, allevia la stanchezza e aiuta la memoria. In un momento di forte stress e nei casi di leggera depressione, la Sequoia gigantea (MG) può diventare un grande alleato, soprattutto, per chi è abituato a piangersi addosso e per chi ha la sensazione di essersi infilato in una situazione che non presenta soluzioni.

RICORDIAMOLO, quando siamo in buona “forma” facciamo le scelte migliori e creiamo le condizioni più vantaggiose.


QUESTA BREVE ESPOSIZIONE HA SCOPO SOLO INFORMATIVO E NON CURATIVO. IL FINE DI QUESTO LAVORO (come ogni articolo pubblicato) E’ QUELLO DI INFORMARE, “TOCCARE” QUANTE PIU’ MENTI POSSIBILI IN MODO TALE CHE OGNI SINGOLO INDIVIDUO POSSA ESSERE STIMOLATO AD APPROFONDIRE (se lo desidera) I VARI ARGOMENTI TRATTATI E, QUINDI, ESSERE IN GRADO DI FARE SCELTE IL PIU’ POSSIBILE MIRATE, RESPONSABILI E CONSAPEVOLI PER IL PROPRIO BENESSERE. RIFLETTERE, SCEGLIERE E DECIDERE LIBERAMENTE … PER CRESCERE.

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martedì 10 ottobre 2017

Una “SPINA ” nel fianco …

Una  “SPINA ”  nel fianco

brevi frammenti di psicosomatica
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i sono emozioni intense ed 'invadenti' che - a seguito di frustrazioni, risentimenti, amarezza nei confronti di situazioni o persone - non si esauriscono, proprio per niente, in un semplice stato di eccitazione mentale, ma provocano una violenta e debilitante reazione fisiologica (reazioni chimiche, elettriche, nervose e ghiandolari: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, tensione muscolare, esantemi, stanchezza, sudorazione, ulcera, insonnia, emicrania, problemi tiroidei). Ogni stato d’animo, volenti o nolenti, si traduce sempre in una condizione fisica: un momento di felicità fa sentire leggeri, un’emozione intensa accelera il battito cardiaco, uno stato di tristezza opprime il petto o irradia nei muscoli una pesantezza che ostacola il movimento (un potente mediatore chimico viene convogliato nei muscoli)


ale sollecitazione emotiva se permane per molto tempo nell’organismo, oltre a far soffrire, silenziosamente e lentamente “intossica” la vita, modifica il comportamento, distrugge i rapporti affettivi, crea insicurezza e lentamente spegne l’autostima. Si diventa vulnerabili a livello cognitivo; la capacità di adattamento si sgretola, mettendo continuamente in discussione le proprie abilità e capacità sia nell'ambiente lavorativo sia nei rapporti sociali. Un fenomeno davvero pericoloso quando sfugge al controllo (diventa insistente, più forte di noi!), si trasforma in rancore (legarsi al dito una vicenda) e dura al di là dell’evento che può averlo scatenato. Soggetti che prendono fuoco facilmente, con la “miccia” assai corta, si usava dire ai miei tempi di scuola.



uanto affermato può essere tranquillamente verificato nelle vicende di cronaca nera. Se, ad esempio, ascoltiamo attentamente le interviste fatte ai vicini di casa, agli amici o ai parenti, del “mostro sbattuto in prima pagina”, i contenuti dei loro interventi appaiono sempre positivi, scontati e nettamente in contrasto con il gesto avventato, commesso dal soggetto: era una persona a modo, sempre con un atteggiamento benevolo, gentile, educata, silenziosa, anche se a dire il vero, penandoci bene, un po’ schiva, ma molto, molto buona e tranquilla. Ma proprio davvero? In realtà, per i più attenti, non è mai stato un individuo sereno e tranquillo, ma sempre in tensione, taciturno, schivo, trattenuto, controllato, con una vita compressa, che ribolle come un vulcano in attesa della sua naturale attività. Un personaggio che accumula, nel tempo, tanta tensione senza mai riuscire ad incanalarla e utilizzarla in maniera produttiva. Quando un individuo non riesce a fare quello che desidera, a realizzare le cose che si è prefissato - ovviamente in base ai suoi schemi mentali (secondo una sua logica, spesso, non in sintonia con la realtà) - sviluppa un'aggressività esplosiva, diventa una vera e propria polveriera, si scaglia furiosamente su tali situazioni frustranti per ottenere in qualche modo, a torto o ragione, attraverso anche la violenza fisica, “soddisfazione” o “giustizia”

una battaglia persa in partenza, un conflitto inevitabile per gli individui rigidi, incapaci di adattabilità, in quanto il mondo non sarà mai come lo si vuole o secondo le proprie aspettative. La vita con questo soggetto, spesso, sempre ipercritico e con la cura esasperata sui dettagli (sono sempre gli altri sbagliati, difettosi, in torto … il meccanismo proiettivo è molto forte e profondo), diventa difficile e conflittuale perché crea, nell’interlocutore disagio: una diffusa sensazione di imperfezione, di incertezza e una profonda insicurezza. Sono moltissimi i termini linguistici che si riferiscono a questa condizione emotiva (ira, collera, furore), la rabbia comunque è quella che descrive in maniera più appropriata questa reazione psicosomatica intensa. 


l sentimento di rabbia stimola, attraverso l'adrenalina, l’attivazione del tessuto muscolare e se per qualche ragione l’attività viene “soffocata” i muscoli rimangono in tensione, completamente contratti. Questo meccanismo spiega l’origine di molte fastidiose contrazioni alle spalle, al collo, allo stomaco, alla mascella e alla zona sacrale (l'adrenalina accelera il metabolismo). E’ un fenomeno che ha radici sia biologiche (la frequenza è connessa ai vari ormoni e neurotrasmettitori: adrenalina, noradrenalina, cortisolo, testosterone, acetilcolina, dopamina, glutammato, GABA, serotonina) sia culturali: il bambino che piange viene additato come una femminuccia, la bambina che si infuria, invece, viene immediatamente richiamata all’ordine perché tale reazione “negativa” contrasta con l’immagine sociale della donna: debole, passiva, dolce e materna (sembra strano, ma è un comportamento maschilista ancora oggi ben visibile nei rapporti interpersonali ... nonostante siamo nel 2017 … il sentimento non appartiene al genere!). Non è la rabbia in sé altamente pericolosa, bensì quella non espressa (repressa o trattenuta).

osì, a seguito di continue repressioni, di contrarietà mai espresse, di grandi litigi senza mai sbottare, improvvisamente, basta un nonnulla, una semplice banalità, per eruttare come un vulcano nella sua piena espressione. La rabbia esplosiva, quella paralizzante, è una modalità espressiva impropria che, paradossalmente, permette di farsi sentire, di affermarsi, diventa una protesta e una rivendicazione in chiave violenta verso un ambiente insensibile, sordo e cieco, vissuto, sempre dal soggetto, come ostile, ingiusto e conflittuale. Il fegato, infatti, essendo collegato con la rabbia ci parla, come vedremo più avanti, dell’incapacità di metabolizzare l’ira: pezzi di un vissuto e di ricordi non metabolizzati, non smaltiti nel tempo. La manifestazione più specifica di questo fenomeno è il risentimento che si sviluppa, generalmente, in funzione a un senso di ingiustizia diffuso a fronte delle responsabilità e degli sforzi eccessivi di cui spesso, il soggetto, più di altri, si fa carico. E’ un sottofondo emotivo accompagnato sempre da un atteggiamento di critica (irritazione, sfuriata, mutismo, rimprovero, fastidio, disappunto, odiosità) verso le situazioni e la gente in generale; un fenomeno che non fa vedere le cose come sono realmente … nemmeno la felicità. 

ssume caratteristiche evidenti quando la si ritiene giustificata, ed è proprio in questa circostanza che può concretizzarsi in una forma davvero violenta. Al di là degli aspetti patologici, la rabbia, con la sua forza propulsiva, sapientemente gestita può essere utile, rende efficienti, può offrire infinite opportunità, aprire altre porte, percepire nuove occasioni, cambiare la propria vita che, senza la sua spinta aggressiva, non si avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Questo sentimento invece, portato agli estremi o espresso in maniera sbagliata (cattiva gestione … sbottare in continuazione … non rispettosi delle risorse energetiche), se permane a lungo nell’organismo, secondo la medicina cinese, provoca un ristagno di energia nel fegato e, quindi, un forte dolore al fianco destro (“spina” nel fianco).



uando si usa, invece, un atteggiamento ripetutamente esplosivo verso l’ambiente circostante, si sottrae energia necessaria al funzionamento di tale organo. Questa modalità reattiva, particolarmente impulsiva ed ingestibile, oltre a segnalare difficoltà di ordine emotivo, può predisporre la ghiandola epatica a varie patologie. Prepara e facilita, nel tempo, un terreno adatto per disfunzioni e malattie più o meno degenerative. Saper gestire, pertanto, in maniera appropriata anche le manifestazioni di rabbia aiuterà a mantenere in ottima salute questo organo così prezioso per il nostro benessere. Tornando in occidente, con i piedi per terra, se vogliamo comprendere in quali condizioni si trova questo eccezionale organo vitale, è necessario mettere a fuoco alcuni sintomi. 



l fegato è uno degli organi interni della digestione. Agisce come filtro tra lo stomaco e il cuore. La sua azione è molto importante nella formazione del sangue e nella trasformazione dei protidi (proteine) e dei lipidi (grassi). Esso neutralizza anche sostanze nocive e produce enzimi, ormoni, vitamine e, naturalmente, è legato alla formazione della bile. Senza di esso gli alimenti non si adatterebbero ai bisogni delle nostre cellule e l’organismo si intossicherebbe (regola i livelli e le concentrazioni delle varie sostanze nel sangue). Inoltre neutralizza molti degli elementi tossici contenuti nei medicinali. Da questo possiamo comprendere che vi è una notevole quantità di alimenti e farmaci che “colpiscono” il fegato. I disturbi che lo riguardano sono l’epatite, gli itteri (accumulo di elementi biliari nel sangue), la cirrosi, le litiasi biliari (formazione o presenza di calcoli), le coliche epatiche.


a vi sono anche disturbi indiretti con conseguenze sulla digestione, il meteorismo, i bruciori di stomaco, le anemie, le carenze di sali minerali, l’obesità o il dimagrimento. Anche l’ipertensione, i disturbi della vista e dell’udito, l’artrite, l’artrosi, l’asma, i raffreddori da pollini, i reumatismi, le emorroidi, la tubercolosi e il cancro sono spesso legati indirettamente al fegato e alla cistifellea. Quando vi è una disfunzione del fegato, il colorito è giallo - verde e il soggetto avrà mal di testa, meteorismo e gonfiori, capogiri e risvegli verso le prime ore del mattino. Ai numerosi alimenti proibiti nel quadro clinico che riguarda fegato - cistifellea, bisogna aggiungere il cioccolato (anche se contiene un prezioso elemento antidepressivo), il pane bianco, il caffellatte, che è un vero veleno, un consumo eccessivo di carne e naturalmente l’alcol (fonte OMS). Il colesterolo, che erroneamente viene frequentemente attribuito alle patologie cardiache e vascolari, è da imputarsi anche al fegato. L’ipertensione può provenire da una disfunzione del fegato e il malato rischia di venir colpito da disturbi come l’infarto o determinate malattie delle arterie. Quando non riesce a compiere interamente il suo lavoro, sollecita il pancreas, che si esaurisce e rende il soggetto vulnerabile alle malattie infettive e ai disordini nervosi. 


uesto organo è quindi il grande “chimico” dell’organismo (non a caso in alcuni ambienti scientifici è definito come “Il grande alchimista”). È un organo dalla vitalità incredibile: è infatti capace di ricostituirsi sette volte nel corso di una vita e può funzionare anche se la sua porzione attiva è ridotta a un quinto. Dopo la digestione di un pasto tutto il sangue degli intestini penetra direttamente nel fegato. Questo tratterrà gli elementi necessari e neutralizzerà le tossine che saranno eliminate attraverso il suo secreto: la bile. Ma se il fegato non riesce a neutralizzare le tossine, la bile scorrerà nell’intestino tenue carica di tossicità e provocherà, nel migliore dei casi, il vomito. La presenza di una eccessiva quantità di bile nell’intestino disturba la digestione e provoca dolori acuti con presenza di gas e di acidità che risalgono nello stomaco. 



na bile troppo irritante e troppo corrosiva viene immagazzinata temporaneamente nella cistifellea che ha la funzione di neutralizzarla. Una delle importanti attività del fegato è la suddivisione del glucosio che permette l’azione muscolare. Numerosi incidenti muscolari, soprattutto negli sportivi, nei quali l’intensità della preparazione fisica non è stata accompagnata da un adeguato regime alimentare, sono imputabili al fegato. 


isualizzazioni e segnali: viso tendente al verdastro, pelle giallastra e cuoio capelluto grasso, risveglio verso le due o le tre del mattino, crampi ai polpacci, irritabilità, mal di testa che comincia alle tempie e scende verso la nuca, artrite e artrosi, calcoli a livello della vescica biliare, pelle che presenta macchie, difficoltà di digestione e nausea. Cibi troppo piccanti o eccessivo consumo di frutti di mare creano diarrea.

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Gli ortaggi utili al suo benessere: carciofi (acqua delle foglie … se si sa con precisione la sua provenienza), cipolla, limone, spinaci; tutti i tipi di cereali. Ingrossamento: asparagi, carote, cicoria, dente di leone, olio di oliva, pompelmi, ravanelli, ribes nero. Congestione: crescione e rapa (drenanti), sedano, uva spina. Insufficienza epatica: asparagi, carciofi, carote, gambi di sedano, limoni, rabarbaro, ravanelli, soia. Le controindicazioni saranno: burro, caffè, olio di semi, grassi, carboidrati semplici. Per riequilibrare la cistifellea: lievito di birra fresco. Ingorgo della cistifellea: olio di oliva spremuto a freddo purissimo al mattino a digiuno. Per i calcoli biliari: dente di leone, pomodori e uva. Massaggiare, per mantenerlo in armonia, la vertebra dorsale 9 (D9: tutti i disturbi epatici, dolore ai muscoli adduttori, dolore alla minzione, dolore ai tendini, tendenza ai crampi muscolari). Il sapore aspro stimola fegato e cistifellea. La lunghezza d'onda del colore verde ha un effetto “distensivo” sulla cellula epatica.
Risultati immagini per spina nel fegatoATTENZIONE, una sostanza può far bene ad un organo ma male ad un altro (Es: l'asparago è un ottimo depurativo ma sconsigliato per problemi renali). Il fegato fornisce il massimo dello sforzo energetico in primavera. Fegato e cistifellea (raccoglie e “spruzza” la bile) non solo hanno un legame con fenomeni di irascibilità e indignazione (rabbia, ira, collera), ma segnalano anche coraggio, fermezza e speranza … sono organi che possono incidere sulla vita emozionale di ogni soggetto fornendo vivacità oppure possono spegnere la voglia di vivere (amarezza, delusione, apatia, depressione). Non a caso nel linguaggio popolare si usa la seguente espressione: “Quella persona ha parecchio fegato”.


a mitologia, con Prometeo, rende più chiara questa locuzione. Come il mito ci segnala inesauribilità, impavidità, abnegazione e rinnovamento anche il fegato ci comunica caratteristiche analoghe: energia, trasformazione, conservazione. Prometeo, figlio del titano Giapeto e della ninfa Climene, fratello di Atlante, Emipeteo e Menezio, possedeva il dono della preveggenza. Previde il diluvio che Zeus voleva mandare sulla terra per punire i mali dell'umanità. Una leggenda lo descrive come il progenitore dei primi uomini, ma altre narrazioni (le mie scolastiche) non concordano; sono comunque tutti d'accordo nel proclamarlo uno tra i maggiori benefattori dell'umanità. Dopo che gli dei ebbero distrutto i titani, nella lotta per la conquista dell'universo, concordarono con gli uomini il tributo che questi avrebbero dovuto pagare loro. Poiché Prometeo, sebbene discendesse dai titani, combatté a fianco degli dei, fu scelto per decidere in che modo si doveva compiere il sacrificio: saldare questo debito. 

rometeo allora uccise un bue e lo divise in due parti: una formata dalle carni ricoperte dalla pelle dell'animale, l'altra formata dalle ossa nascoste sotto uno spesso strato di grasso. Chiese quindi a Zeus quale parte preferisse; il Dio non avendo ben capito l'inganno, volle la parte delle ossa, lasciando quindi l'altra ai mortali (uomini). Quando scoprì l'inganno, volle punire tutto il genere umano privandolo del fuoco. L'astuto Prometeo, però, riuscì a rubare alcune faville di fuoco dalla fucina di Efesto (o dall'Olimpo: dal carro del Sole ... non è ben chiara la cosa) e riportò il fuoco sulla terra. L'ira di Zeus questa volta si mostrò nella figura di Pandora (prima donna plasmata da Efesto); successivamente il Dio incatenò Prometeo al Caucaso, dove un'avida aquila si recava ogni giorno per divorargli il fegato, mentre di notte ricresceva. Tale supplizio sarebbe durato per l'eternità se Eracle non lo avesse liberato. Prometeo ricompensò l'eroe informandolo che solo 

tlante avrebbe potuto raccogliere i pomi d'oro che questi stava cercando. In seguito aiutò Chirone a morire (figlio di Crono, nacque metà uomo, metà cavallo). Il centauro aveva infatti natura immortale ma stanco di vivere, la cambiò con la natura mortale di Prometeo, che divenne in tal modo immortale. La rabbia “triste” (ira passiva) viene raccontata dall'organismo e precisamente dal fegato: una predisposizione d'animo di diffusa rassegnazione e profonda amarezza. Una preziosa descrizione, circa questo delicato tema, ci viene offerto anche da San Tommaso. Nel suo “Quaestiones disputatae”, infatti, evidenzia sapientemente tre tipi d'ira vissuti attraverso il corpo: ira cordis (risiede nel cuore), ira locutionis (si esprime con le parole) e ira actionis (si esprime attraverso l'azione)


he dire inoltre dell'arrabbiatura silenziosa del vecchio pescatore che dopo aver catturato quell'enorme pesce, tagliandosi persino le mani, se lo vede divorare completamente dagli squali; quello che rimane di quel grande pesce, al suo ritorno, è solo lo scheletro, ma lui non si scoraggia è soddisfatto della sua grande impresa (Il vecchio e il mare di E. Hemingway).


ICORDA, il fegato ha bisogno di piccoli “bocconi” semplici e leggeri, non di esagerazioni, per riprendersi sono necessarie buone cose, anche di vitamine (C e gruppo B), quindi, frutta (lontano dai pastiATTENZIONE se si ha il diabete e quanti carboidrati sono già stati assunti) e verdura fresca a volontà … bandire alcolici, limitare caffè e cioccolato, molluschi e crostacei … il fegato si ammala anche quando: si è tristi e rassegnati, per troppo vittimismo, per rabbia trattenuta, repressa e per dipendenza affettiva.

QUESTA BREVE ESPOSIZIONE HA SCOPO SOLO INFORMATIVO E NON CURATIVO. IL FINE DI QUESTO LAVORO (come ogni articolo pubblicato) E’ QUELLO DI INFORMARE, “TOCCARE” QUANTE PIU’ MENTI POSSIBILI IN MODO TALE CHE OGNI SINGOLO INDIVIDUO POSSA ESSERE STIMOLATO AD APPROFONDIRE (se lo desidera) I VARI ARGOMENTI TRATTATI E, QUINDI, ESSERE IN GRADO DI FARE SCELTE IL PIU’ POSSIBILE MIRATE, RESPONSABILI E CONSAPEVOLI PER IL PROPRIO BENESSERE. RIFLETTERE, POTER SCEGLIERE E DECIDERE LIBERAMENTE …  CRESCERE.

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