Medici generici e psicoterapeuti
... alle prese con disagi psicosomatici
e terapie psicosomatiche, la cui
originalità è basata sullo studio della relazione medico – paziente, si
stabiliscono sia a livello del medico generico sia a livello dello psicoterapeuta. Ognuno dei
due deve evitare una tentazione: il “generico” è sempre attratto dalle
pregiudiziali organicistiche, lo psicoterapeuta da quelle psico – genetiche.
Mi spiego meglio: quando un generico
deve trattare un caso di un malato alle coronarie, avrà la tendenza ad
imputare l’insieme della sintomatologia allo spasmo coronario … tutto ciò che è connesso all’apparato
cardiocircolatorio. La maggior parte del tempo, non prenderà in considerazione
i problemi “nervosi” che, come causa aggiunta, tenderà a regolarli con la somministrazione
di benzodiazepine (Valium, Tavor, Alcion, Xanax). Egli può, da allora in
conseguenza di questo pregiudizio organico, ‘sorvolare’ su un conflitto grave
sul piano professionale, sociale o familiare del soggetto, che lo spasmo
coronario costituisce un mezzo per evitare, ossia un beneficio secondario (vantaggio
che un malato trae dalla sua situazione, che gli permette di evitare le
difficoltà della vita e di beneficiare, di una maggiore sollecitudine da parte
dell’ambiente familiare). Posto di fronte allo stesso malato, lo
psicoterapeuta spiegherà facilmente la sintomatologia con i conflitti emotivi (rabbia,
aggressività, dipendenza, fuga nella malattia) e questo pregiudizio ‘psico – genetico’ rischia di fargli
trascurare una eventuale lesione coronaria organica che necessita di un certo
numero di precauzioni semplici e indispensabili. In ognuna delle due
discipline, è dunque sempre possibile tralasciare qualcosa. In ragione del
rapporto numerico organicismi – psicoterapeuti, avviene più spesso che psicoterapeuti
siano ‘passati’ a lato di una diagnosi organica. Ma avviene anche il contrario,
più spesso sconosciuto, di organicisti che optano per una diagnosi eziologia psichiatrica.
In realtà, il trattamento dovrà tener conto dei due aspetti del problema che
sono embricati e dialetticamente collegati.
onviene qui non cadere nella falsa
soluzione della divisione di questo tipo di paziente fra un organicista (che si occuperebbe dei problemi
cardiologici) ed uno psicoterapeuta (che
si occuperebbe dei problemi psicologici). E’ questo tipo di ‘divisione’ di
“spezzettamento” del malato che porta ad una fuga dalla responsabilità e che,
se fosse ammessa, condurrebbe a non considerare la medicina psicosomatica come
importante ed indispensabile contributo al benessere del malato. Il trattamento
deve restare autenticamente psicosomatico e determinarsi ‘sulla totalità del
malato’. E’ allora necessario considerare alcuni criteri nella scelta del
trattamento migliore. Nel caso di una
malattia breve, per esempio, è certo che gli elementi
psicologici, se hanno importanza, cedono il passo alle terapie chimiche o
fisiche. Il medico generico che cura un soggetto colpito da una affezione microbica
acuta febbrile o da una affezione traumatica avrà soltanto pochi problemi di
relazione con il malato da risolvere … anche, se detto tra di noi, non dovrebbe
mai trascurarli (perché sono proprio i
fattori psicologici i veri nemici del sistema immunitario). Non bisogna mai
dimenticare, infatti, che lo stress protratto nel tempo espone a certi processi
morbosi: un soggetto perennemente in tensione diventa terreno fertile per lo
sviluppo delle malattie.
attori psicologici autodistruttivi come ad esempio rabbia,
angoscia e senso di colpa invisibile sono oramai ritenuti, da tutta la comunità
scientifica, i veri nemici della salute. E’ nel corso di questi contatti che il
medico generico stabilisce con il suo paziente, un tipo particolare di
relazione. Egli si inserisce nella famiglia ed acquisisce numerose informazioni
in una situazione allora semplice, informandosi che potranno aiutarlo
notevolmente, sia per risolvere con il minimo di energia il problema, sia per
essere più informato, se nuovi episodi patologici lo portano, in un secondo
tempo, a rivedere lo stesso paziente. E’ nella
situazione di malattie lunghe che il problema di relazione viene
in primo piano. Lo scopo non è la guarigione, ma un adattamento fra il paziente
e i sintomi. Il ruolo del medico è di saper trattare con il malato e la sua
malattia. La maggior parte dei malati rientra in questa categoria. Anche senza
parlare delle affezioni di natura emotiva, la maggior parte delle patologie
reumatiche, cardiologiche, endocrinologiche, una gran parte delle affezione
respiratorie, traumatiche, digestive costituiscono degli stati patologici duraturi.
Il mito della guarigione, perseguito dalla maggior parte dei medici generici è
una illusione alla quale essi stessi spesso credono. La difficoltà è di rinunciare
a guarire la malattia e di far vivere il malato ‘nelle miglior condizioni
possibili’.
el resto, poiché la malattia è duratura, la ripercussione
psicologica è evidente: il soggetto nella
situazione di malattia è una entità psicosomatica modificata. Chi,
allora, deve incaricarsi del paziente? Qui si pone un problema difficile,
perché è dalla soluzione che gli si dà che dipende l’evoluzione della malattia.
Sfortunatamente, questa soluzione è affidata attualmente quasi sempre al caso.
Per risolverla, è necessario considerare alcune caratteristiche della
situazione del malato per definire un programma. In alcuni casi, ci si
contenterà di definire un programma terapeutico che tenda alla soppressione dei
sintomi; in altri casi un programma che ricerchi la soluzione delle cause dei
sintomi. L’ambizione di quest’ultimo è più elevata. Ma non è in causa soltanto
il desiderio del medico. Piuttosto frequentemente non è augurabile, talvolta
impossibile, risalire fino ad una soluzione eziologia. Accade in realtà che il
sintomo debba essere ‘rispettato’ dal medico quando è diventato parte
integrante dell’equilibrio psicosomatico del soggetto, e questa è una soluzione
difficile da ammettere, da parte di un terapeuta. Così il programma si
stabilisce tra:
- Rispetto del sintomo;
- Sparizione del sintomo senza guarigione della personalità del malato;
- Ristrutturazione eziologia che fa sparire ipso facto il sintomo.
e si sopprime il sintomo, il paziente potrebbe non poter fare le spese della sua aggressività ormai liberata e l’equilibrio della sua esistenza viene così spezzato. La gastralgia può allora evolversi verso una sintomatologia più grave: organica (ulcera) o psichiatrica (psicosi o nevrosi bene che vada). Questa nozione di equilibrio è esattamente dimostrata da episodi di compenso che sopravvengono nell’occasione di traumi o problemi affettivi minimi, senza rapporto con la patologia che instaurano. Prima dell’incidente vi era un equilibrio precario fra lamenti e benefici, e l’irruzione di un leggero sovraccarico rompe il rapporto e mette in moto un avvenimento patologico più o meno grave. Di fronte a queste personalità fragili ancora in equilibrio, è necessario guardarvi due volte prima di intervenire, poiché la soppressione del sintomo potrebbe avere il ruolo di rottura cataclismica. Se, al contrario, la situazione è più favorevole, il trattamento potrà avere per scopo la soppressione del sintomo. Qui intervengono due fattori:
- Sarà necessario dare al malato qualcosa ‘al posto’ del sintomo;
- La condotta è diversa a seconda che il sintomo ‘abbia un significato’ simbolico ‘o assuma soltanto un ruolo energetico’.
el caso in cui il sintomo abbia
un significato, quello che il medico dovrà offrire al paziente, è una relazione
nella quale potrà simbolicamente scambiarsi il materiale bloccato nel sintomo: amore – odio, paura, angoscia, rabbia, dipendenza,
aggressività. Questo potrà avvenire senza passare attraverso la
presa di coscienza. In questo caso, il paziente resterà capace, in seguito, di
ricorrere ad un nuovo episodio patologico se si riproduce un conflitto dello
stesso ordine. Avrà accettato l’abbandono del sintomo ma la sua personalità non
sarà modificata. Se il sintomo non ha un significato simbolico, il suo
abbandono non si farà che contro un ‘compenso’ affettivo, da parte del medico (rassicurazione, confidenza…).
a anche qui,
se l’analisi del transfert non avviene, il paziente manterrà la sua carenza di
personalità che gli farà riprendere una evoluzione verso la patologia, se le
difficoltà conflittuali si riproducono. Infine, in alcuni casi, il programma
terapeutico può aver l’ambizione di ristrutturare la personalità del paziente e
questo può essere effettuato soltanto attraverso una psicoterapia specifica.
L’accessibilità a questo o a quel programma risulta dall’unione di diversi
fattori, che è difficile, ossia impossibile, analizzare esaurientemente e la
cui possibilità di sintesi finale dimostra la vera capacità del professionista
in questione. Ciò che egli ‘sente’ possibile o no, è il frutto di questa
sintesi della quale molti elementi restano inconsci e formano il ‘desiderio’ che
si ha di trattare quel malato in quella maniera. È anche dalle diverse
soluzioni che si danno a questo tipo di problema che nascono le discussioni fra
colleghi, ossia fra scuole di pensiero, ed è la diversità dei terapeuti che fa
sì che per ‘un’ malato non esista che ‘una’ soluzione. Diciamo per prima cosa
che è necessario considerare diversamente il malato che presenta una ‘lesione’
e il malato che si chiama funzionale.
el malato che presenta soltanto disturbi funzionali, la mira terapeutica può essere legittimamente più ambiziosa. Vi sono, d’altra parte, numerose possibilità che la scelta dell’organo leso abbia un significato e, di conseguenza, che l’elemento relazionale psicoterapeutico debba assumere un ruolo dinamico essenziale. Diciamo che, in assenza di lesione, la situazione sembra più promettente, più fertile di possibilità. È curioso constatare che il medico organicista abbia un sentimento contrario. Egli preferisce la lesione perché è la lesione che egli ha imparato a trattare.
Bonipozzi dott.
Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la
diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore
educativo, non prescrittivo.
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