Il
mal d’ufficio
…
l mobbizzato è sempre impreparato, non
trova mai le parole giuste, non riesce a reagire e combattere perché
non conosce ancora la 'cultura' del litigio … non è
ancora dotato di un agire in malafede. Nei suoi confronti sono
messe in atto critiche distruttive, assurde pratiche vessatorie e
sofisticati comportamenti lesivi costringendolo, nei casi più seri,
a fuggire dal posto di lavoro o liberarsi il più veloce possibile,
senza riflettere, dalla situazione stressante: abbandonare il
‘campo’ per sfinimento, per mancanza di autostima e per troppi
sensi di colpa; dimettersi da
quell'incarico, lasciare il lavoro, rassegnare
le dimissioni o, 'bene' che vada, aumentare eccessivamente i congedi
per malattia. Il congedo, tuttavia, non acquieta per niente la
situazione in atto ma la rende ancora più incandescente, tesa e
conflittuale: può scatenare gelosie, invidie,
ulteriori aggressioni e, soprattutto, comportamenti vendicativi più
sofisticati e violenti. Rapporti complessi, densi di
sottintesi, pieni di trappole, carichi di tensione, sempre comunque
difficili, se non impossibili, da gestire a livello individuale,
umano, relazionale e ansiogeno.
così, piano piano,
prende corpo nella mente del perseguitato - nonostante le sue
reali capacità e il suo vero talento di cui, purtroppo, non
ha mai la giusta consapevolezza - l’idea 'bizzarra' e
confusa di non essere adatto a quella professione o a quel
particolare ruolo … non idoneo a quel tipo di lavoro che spesso,
paradossalmente, è l’unico ad essere in grado a realizzarlo a
pieni voti ... pieno di rammarico per aver sprecato inutilmente anni
e anni di studio e formazione per quel tipo di lavoro diventato, a
causa di altri, odioso, fastidioso, faticoso e frustrante. Il
progetto infame è quello di gestire, umiliare,
sfinire e annullare l’altro;
smantellare non solo tutti i punti di riferimento che da tempo con
meticolosità, costanza, fatica e dedizione si è creato, ma
boicottare anche il suo lavoro in modo tale da costringerlo a rifarlo
più volte senza una vera ragione.
ono dinamiche relazionali - messe
in atto nei confronti di soggetti particolarmente
“influenzabili”, “suggestionabili” e “sensibili” -
sempre silenziose, ostili, inappropriate, complesse e persecutorie
rivolte a produrre confusione, amarezza,
logorio psicofisico e profonda insoddisfazione;
un modo di agire che isola, fa sentire 'indesiderati' e scomodi, rende
infelici, azzera talento, creatività, smantella interessi, passioni
e voglia di fare. Sono atteggiamenti che col tempo sfiniscono,
minano l'equilibrio psico - fisico
del malcapitato, mettono completamente al tappeto la vittima
designata ... lentamente la spengono, la rendono innocua, la
distruggono letteralmente, fino a farla diventare una presenza
insignificante. Inizia, il più delle volte, in sordina, in modo
apparentemente banale: un saluto negato oppure troppo formale,
uno sguardo in cagnesco, scherzi pesanti, cattive parole, battute a
doppio senso, insulti gratuiti, critiche ingiustificate, sabotaggio
degli strumenti lavorativi (allentare
i cavi del computer, riempirlo di virus, cancellare o nascondere le
password) … piano, piano si fa terra bruciata
intorno a lui, lo si isola sia dalla comunità lavorativa sia da
quella produttiva.
na situazione che porta - per
alcuni - ad un “inspiegabile” nervosismo, ad un
calo significativo della produzione e dell'attenzione … e
così il richiamo per scarso rendimento, incombe, diventa realistico
e fa godere immensamente l'istigatore, che si rinforza, si fa sempre
più 'credibile' agli occhi dei dirigenti e, soprattutto, salvatore
dell'azienda perché ha individuato finalmente, a suo dire, il
“sabotatore”.
ensa di essere un perdente ancora prima di iniziare qualsiasi
attività o rapporto, è convinto non essere 'completo',
mancante di qualche fantomatico ‘anello’ (così
amava definirsi Cristina all'inizio della sua esperienza
terapeutica), si crede 'difettoso' in ogni settore
della sua vita: familiare, affettivo,
professionale, sociale e lavorativo. Stati emotivi ricorrenti
come ad esempio il timore costante di fallire, forti sensi di colpa
per ogni possibile errore commesso e il terrore del giudizio altrui,
nel tempo per lui, diventano un fardello eccessivamente pesante da
sopportare. Ha poi un curioso chiodo fisso, un invalidante ritornello
mentale, un ricorrente, preciso e inconfondibile turpiloquio psichico
negativo che, sicuramente, oltre a sfinirlo
a
livello psicosomatico, non lo aiuta nei rapporti
e negli scambi produttivi con i colleghi: è tutta colpa mia,
non valgo nulla, sono un fallito, non riesco a concludere niente
nella vita ... si flagella continuamente con l’accusa di non aver
nessun valore, di avere poche capacità e scarsa cultura.
uesto
turbamento, accompagnato da tanta sensibilità e
insicurezza, non solo crea problemi sul posto di lavoro
ma non lo aiuta nemmeno nel suo ambiente familiare. Quando torna a
casa, infatti, l'atmosfera non migliora, trova spesso poca
sensibilità e scarsa attenzione: il tormento e
l’incomprensione vissuti in ufficio continuano … la
serata diventa la 'fotocopia' della giornata. Si
ritrova nuovamente coinvolto in
rapporti poco chiari, di scarsa empatia, inquinati solo da
consigli inappropriati e suggerimenti inutili. Non appena inizia a
sbottare, si lascia andare al suo tormento relazionale, comincia ad
esprimere il suo ‘mal d’ufficio’, viene
aggredito, offeso, ridicolizzato, insultato e colpevolizzato ancora
una volta. Come se la sua ‘storia’
attuale non fosse il prodotto di quelle dinamiche familiari e sociali
in cui è cresciuto, il risultato dell’incontro - scontro con
quell’ambiente in cui, dopo infiniti compromessi, ha sviluppato la
sua personalità … la sua identità “addomesticata”.
i pare già di sentire quei famosi giudizi di valore e ridicoli
ritornelli accusatori: “Sei tu che non riesci ad
adattarti, integrarti nel gruppo, ti metti sempre di traverso, in
disparte, non partecipi mai, sei una 'pecora solitaria' … Figurati,
con quella testa che ti ritrovi, poi, come potrai andare d’accordo
con la gente … Bisogna darsi da fare nella vita, prendere
posizioni, avere forza di volontà, grinta, essere decisi, imporsi,
dare delle spallate, affilare le unghie, farsi largo con forti
gomitate … In questo mondo di iene nessuno ti regala nulla, bisogna
farsi furbi, ricordatelo ... capito ... mi hai capito!!!”.
Arrivato in famiglia il tormento non da tregua, il malumore continua,
invece di trovare una buona accoglienza, comprensione, solidarietà e
un clima sereno, viene aggredito con un linguaggio accusatorio e
colpevolizzante che lo fa scivolare ulteriormente nella frustrazione,
nella disistima e nella palude depressiva … dalla padella alla
brace, viene sottolineata, rinforzata
e amplificata ancora una volta la sua sofferenza. Quando
si innesca il circolo vizioso, anche la famiglia può tendere ad
attribuire colpe e responsabilità alla vittima, minando il suo già
precario senso di sicurezza e togliendole così un prezioso punto di
riferimento. Spesso, purtroppo, per il nucleo familiare non è
sufficiente fare il proprio dovere e rispettare le regole. In questo
caso la colpa degli aggressori passa, paradossalmente, al mobbizzato
in quanto la vittima, a loro dire, ha ciò che si merita:
incapace
di relazionarsi, inadatta a vivere con gli altri … anzi, sono tutte
azioni utili per “svegliarla”, farla uscire dalla sua turris
eburnea
… razionalizzano il proprio comportamento dicendo di perseguire
l'interesse del mobbizzato, si giustificano sostenendo di volergli
bene, dargli un'educazione e una buona dritta sociale … una scusa
per avallare tutta una serie di atti illeciti e spregevoli.
n breve, sarebbe come dire: “Quella fanciulla è stata
violentata perché indossava una succinta minigonna” e ancora “La
mossa finanziaria, caldamente consigliata dal quel 'solerte,
brillante, attento ma birbaccione' promotore, è andata male, anzi un
vero fallimento, perché l'investitore non aveva nozioni di
economia”. Assurdo, inquietante,
diabolico e VERGOGNOSO … RICORDIAMOLO, il “mal d'ufficio”
rivela sempre un'azione ANTISOCIALE, blocca il dialogo, annulla la
comunicazione e, soprattutto, è LESIVA verso i più deboli.
Non dobbiamo cadere nella trappola che questa relazione odiosa
e perversa è una strategia a beneficio dell'altro ma
considerarla per quello che è realmente: una cattiva
comunicazione che toglie l'autostima, crea un rapporto pieno di
'tossine', “ingorga” e devasta la mente; un fenomeno poco
'pulito' e trasparente, a senso unico, sottile,
falso, contorto, conflittuale, fondato su luoghi comuni, con poca
saggezza, continui richiami, lamenti e consigli fuori luogo …
annulla il senso di identità e fa ammalare più facilmente. Trattato
come un estraneo, non trovando serenità e comprensione nemmeno nel
suo ambiente 'naturale', altro non può fare che
chiudersi a riccio e arrendersi: convincersi, a torto, che il vero
problema non sono gli altri ma lui … tutto si complica, si accumula
ulteriore disagio, si rivive un'altra pesante sconfitta e profonda
delusione. Ma in tutta questa confusione, sofferenza e ostilità
- provato emotivamente e fisicamente - come farà a
rialzarsi, a difendersi, uscire indenne dal mobbing?
osa fare: prevenzione e interventi.
E' bene precisare subito che non esistono formule magiche universali
per risolvere questo problema drammatico ed invalidante: ogni
situazione è diversa, unica ed irripetibile. Non esistono,
purtroppo, vaccini particolari o sieri miracolosi per guarire
da questa infamia. La prima cosa comunque è riflettere
attentamente sull'aggressione in atto, percepire attentamente con
calma il clima, l'atmosfera lavorativa, mettere a fuoco la situazione
con lucidità e consapevolezza; individuare
quelle dinamiche lavorative letali in modo tale da difendersi, al
momento giusto, con strategie mirate ed efficaci, se non risolutive.
GUAI isolarsi o
tirare i remi in barca, RICORDA
c'è sempre “qualcuno” sensibile e
disponibile a condividere un progetto di difesa
… persone “qualificate” pronte a sostenere, aiutare e
sconfiggere il MALE ... NON
sei MAI solo! E'
fondamentale avvalersi dei nuovi strumenti tecnologici, fotografare
la situazione con prove concrete, registrare, raccogliere ogni
elemento sempre in forma scritta; dati che potrebbero servire in
futuro come prova (richieste, fotocopie, luoghi, foto, persone).
ocumentarsi sulla sintomatologia, informarsi cosa si rischia a
livello psicosomatico quando si è dominati da un disegno diabolico e
persecutorio; molto importante è conoscere anche cosa rischia
sul piano giuridico il carnefice. Al di là delle varie
strategie messe in campo per evitare di cadere vittime di questi
comportamenti vessatori e terroristici sul posto di lavoro, credo sia
utile non avere MAI fretta e, soprattutto, “impegnarsi”
con un certo interesse nella propria attività, cercare in qualche
modo gratificazioni ma, soprattutto, evitare di rendere l'attività
lavorativa il solo (unico) scopo della vita. Per mantenere un
adeguato equilibrio è utile definire in modo più chiaro possibile
il proprio ruolo, perseguire i fini con impegno e migliorare con
responsabilità la preparazione personale (libri, assistere
dibattiti, approfondire la materia su cui si lavora, documentarsi,
confrontarsi … può essere utile frequentare un corso di
autostima); rivolgersi a specialisti o chiedere una consulenza
psicologica se può servire a chiarire, eventualmente, i propri
rapporti personali difficoltosi, conflitti o problematiche generali …
non c'è mai nulla di vergognoso nel voler conoscere e
approfondire il proprio stato emotivo, anzi è sempre una strategia
vincente, se non nell'immediato sicuramente nel futuro prossimo.
Imparare ed esprimere sempre, con le dovute maniere, pacatezza e
diplomazia, i propri disappunti, le proprie ragioni ed opinioni in
modo da non rimuginare continuamente: se lo stato d'animo è buono
aumenta, inevitabilmente, la sicurezza e la fiducia in se stessi, ma
anche a livello biochimico si crea equilibrio.
AI
tenere tutto dentro, perché le “schegge” emotive a lungo andare
creano nei vari organi e tessuti tensione, contrazione, infiammazione
e, infine, lesione … ammalano lentamente e fanno piazza pulita
delle difese immunitarie. Altri comportamenti
indispensabili per scongiurare questi fenomeni terroristici e
mantenere un giusto equilibrio sono la cooperazione e l'adattabilità
dell'individuo … e molta, molta pazienza. Queste
abilità individuali permettono di realizzare validi rapporti
interpersonali, un buon affiatamento (coinvolgimento) tra
colleghi e, quindi, realizzare il lavoro più facilmente, con maggior
soddisfazione, gratificazioni e riconoscimenti, ovviamente se è
presente una buona capacità di adattamento ai cambiamenti repentini.
L'adattamento comunque non è un fenomeno 'genetico' ma un
processo attraverso il quale è possibile stabilire una condizione di
equilibrio con il proprio ambiente: allenandosi e impegnandosi è
possibile raggiungere tale modalità sociale e, quindi, vivere in
sintonia con se stessi e il proprio gruppo … imparare l'abc del
rapporto e delle regole sociali. Il gruppo coeso è fondamentale
per contenere lo stress e, soprattutto, tenere sotto controllo i
malumori individuali.
omunque sia, al di là delle situazioni
specifiche è IMPORTANTE, DOVEROSO,
in una società civile, offrire sempre un intervento attivo ed
efficace a sostegno delle vittime. Non va dimenticato, inoltre, che
in alcuni paesi il mobbing è già riconosciuto come malattia
professionale, quindi, se vogliamo veramente cambiare qualcosa anche
da noi dobbiamo uscire dall'anonimato … documentiamoci,
prepariamoci e facciamoci aiutare quando non è possibile risolvere
la questione da soli.
L'autore
non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato
o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si
invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati
e accreditati in questo settore.
NB.
Le informazioni e le
interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non
sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al
quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o
terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore
educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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