Salute … questa grande sconosciuta
i
pensa che, nel corso della vita, una persona su tre circa sia colpita
da un malessere psicosomatico, variabile per origine ed importanza
(Fonte OMS). Un tema, quello della vulnerabilità emotiva, offuscato
e dominato ancora oggi dalla trappola dei pregiudizi, senso di
vergogna, timori ingiustificati e pressappochismi. Un'opinione
piuttosto diffusa che ostacola l'apertura mentale e mostra una realtà
completamente alterata … rende, se non ci s'avvede, mediocri;
un'abitudine o, meglio, una “furbizia” manipolatoria messa in
atto - per sentirsi meglio - da coloro che pensano di essere sempre
senza macchia: mors
tua vita mea. Un marchio d'infamia che, spesso,
si dissolve solo quando si ha la certezza che gli altri cambieranno
opinione o considerazione nei nostri confronti. Sono, infatti,
numerosi e profondamente radicati i giudizi di valore che ostacolano,
in maniera silente, la prevenzione, la diagnostica e la cura di
questo singolare tormento umano.
essuno è ritenuto colpevole per il
fatto di avere l’epatite, il diabete, il tumore o l’ipertensione,
ma c’è la tendenza a guardare con sospetto, diffidenza, se non con
disprezzo, tutti coloro che presentano problemi a livello emotivo.
Soffrire di un problema psichico non è segno di debolezza personale
o morale, più di quanto lo sia essere colpiti da qualsiasi altra
malattia fisica. Il malessere emotivo non indossa mai vestiti comodi,
all'ultimo grido, vistosi e alla moda, meglio non farsi notare, non
essere visti: perché la mente dei “sani”, colta di sorpresa, di
fronte a certe inspiegabili “stranezze”,
“stravaganze” o “bizzarrie” può
SPAVENTARSI.
Il fenomeno emotivo - restando sempre nel linguaggio della moda - ha, comunque, una sua precisa “griffe”, uno stile inconfondibile, circondato sempre da mistero, sguardo perso, passo incerto e speranze fugaci. Ecco allora, tra la gente per “bene”, ombre tenebrose, figure “schiacciate” sui muri che si muovono lentamente, con sospetto e grande difficoltà; immagini che con passo silenzioso, veloce e malfermo - per evitare occhiate severe, indiscrete e, soprattutto, per zittire (eludere) domande inopportune - sono costrette a diventare trasparenti ed invisibili. Così, lentamente, la vita sociale si spegne, i pochi rapporti interpersonali sono caratterizzati perlopiù da vile indifferenza, profonda intolleranza e da un diffuso senso di fastidio; ogni piccola occhiata contiene un segnale ben preciso: rivolgiti altrove, dai muoviti, vai oltre, non sostare, passa velocemente, questo non è il tuo territorio.
Il fenomeno emotivo - restando sempre nel linguaggio della moda - ha, comunque, una sua precisa “griffe”, uno stile inconfondibile, circondato sempre da mistero, sguardo perso, passo incerto e speranze fugaci. Ecco allora, tra la gente per “bene”, ombre tenebrose, figure “schiacciate” sui muri che si muovono lentamente, con sospetto e grande difficoltà; immagini che con passo silenzioso, veloce e malfermo - per evitare occhiate severe, indiscrete e, soprattutto, per zittire (eludere) domande inopportune - sono costrette a diventare trasparenti ed invisibili. Così, lentamente, la vita sociale si spegne, i pochi rapporti interpersonali sono caratterizzati perlopiù da vile indifferenza, profonda intolleranza e da un diffuso senso di fastidio; ogni piccola occhiata contiene un segnale ben preciso: rivolgiti altrove, dai muoviti, vai oltre, non sostare, passa velocemente, questo non è il tuo territorio.
a “diversità”
porta sempre con sé, oltre a spese inestimabili (assenze dal
lavoro), la compromissione dei rapporti interpersonali e il
rapido deterioramento psicosomatico. Anche le forme più lievi dei
disagi psicosomatici possono determinare profonde sofferenze
soggettive: paure diffuse, svalutazione, senso di inferiorità,
disistima, torpore smanioso, incapacità di esercitare una
professione in maniera continuativa, non essere in grado di occuparsi
correttamente di se stessi e dei propri familiari. Il posto
di lavoro, poi, diventa letteralmente una polveriera, un territorio
di battaglia, un luogo arido e monocolore; ogni piccola cosa crea
fastidio ed irritazione, un banale gesto diventa una seccatura, un
pretesto per emarginare, umiliare e fare dispetti … mascherare i
veri motivi del contrasto; tutto si trasforma in un senso di
insofferenza e disgusto. Un'atmosfera lavorativa che blocca,
stanca, rende infelice anche se quell'attività piace … ci si sente
continuamente disorientati, a disagio e fuori posto. La vita sociale
- vissuta al minimo e con il freno a mano tirato - oltre a cancellare
i punti di riferimento, è sconvolta da scelte sbagliate, sommersa da
desideri confusi, dominata dal dubbio, disorientata da continue
rinunce e irragionevoli limitazioni.
i pensi, ad esempio, ad alcuni
non gravi problemi della condotta sessuale, ai disturbi del controllo
degli impulsi, all’umore ballerino, alle dipendenze patologiche, ai
comportamenti evitanti e dipendenti. Manifestazioni che in passato
sono state sistematicamente ricondotte a un difetto di volontà o ad
una qualche imprecisata debolezza emotiva, e di cui attualmente si
cominciano a cogliere gli aspetti “morbosi”, e quindi la
necessità di integrare gli opportuni interventi terapeutici. Un
malessere che segna la vita non solo alle persone che ne sono
affette, ma anche alle loro famiglie, ai pochi amici e ai colleghi.
Riconoscere le proprie difficoltà non significa essere dei mostri o
dei falliti, ma semplicemente avere la consapevolezza della
situazione, capire se c’è qualcosa che non funziona in modo tale da
porre rimedio alla sofferenza invalidante; solo in questo modo è
possibile attivare quegli strumenti utili a correggere i percorsi
sbagliati. Imparare a vivere in modo più gratificante, rispondere
alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, avere una
immagine di sé più realistica, stabilire relazioni soddisfacenti e
mature con gli altri, adattarsi alle condizioni esterne e ai
conflitti interni, ritrovare l’autostima e la sicurezza,
riacquistare il controllo di se stessi e scoprire che ci sono sempre
delle alternative; inoltre, al di là della visione pessimistica del
bicchiere mezzo vuoto, esiste sempre la possibilità e la capacità
di prendere le decisioni giuste (percezione molto cara a Lodovico,
in terapia per un invalidante tratto 'schizoide', da cui non si
schioda di un mm dal bicchiere mezzo vuoto, anche in eventi e
circostanze positive; non scommetterebbe nemmeno un 1 centesimo di €
sul bicchiere mezzo pieno … per il momento non è certamente un
campione di ottimismo!).
' fondamentale, inoltre, avere ben
presente che possiamo agire solo su i nostri meccanismi interiori,
non su quelli altrui; sarebbe una battaglia inutile e persa in
partenza, quello che vogliamo noi non è detto che corrisponda a
quello che desidera l'altro. Conoscere anche la funzionalità del
sistema neurovegetativo è di cardinale importanza; sapere se in quel
determinato “momento” della giornata domina nel
nostro SNP il ramo simpatico (sistema nervoso
periferico deputato a stimolare, contrarre, eccitare ... agisce,
attraverso la produzione di adrenalina, sul cuore, pupilla, bronchi,
muscoli, apparato digerente, vescica) o parasimpatico
(facilita quiete, rilassamento, riposo ... agisce sull'energia in
generale e sulle secrezioni salivari, gastriche, biliari). Il dominio
dell'innervazione simpatica è legata all'ansia cronica, allo
stress, all'attacco di panico e al temperamento collerico. La
dominanza parasimpatica è caratteristica degli individui
aperti, calmi e disposti a cedere (non a tirare i remi in barca ma
semplicemente riflettere, a non combattere contro i mulini a vento a
tutti i costi e, quindi, attivare inutilmente il simpatico).
n
simile panorama impone, attraverso una corretta informazione
scientifica, l’attivazione in tempo reale di strumenti terapeutici
e preventivi, atti a promuovere la salute mentale. Ignorare la
sofferenza emotiva - anche solo circoscritta a qualche indefinita
stanchezza, svogliato sentimento o ad un innocuo pensiero persistente
- può fuorviare dagli impegni sociali quotidiani, minare la capacità
lavorativa, rendere difficili i rapporti con la gente e, soprattutto,
non essere più in grado di svolgere con soddisfazione le attività
elementari di tutti i giorni. Un aspetto fondamentale della salute
emotiva è l’autostima, il senso di fiducia in se stessi, un sano
orgoglio che dà ad ogni individuo la sicurezza per adoperarsi a
raggiungere gli obiettivi, per aprirsi agli altri, costruire solide
amicizie e relazioni strette … a livellare i picchi emotivi.
ALCUNE DOMANDE
Come sapere con certezza se esiste un problema.
Non è
sempre facile capire se le cose non funzionano per il verso giusto
perché certe sofferenze si sono talmente consolidate nel tempo che
possono essere tranquillamente mimetizzate o confuse con
comportamenti del tutto considerati “normali”; un
insieme di pensieri, credenze, fantasie e sentimenti, talmente
presenti nel nostro agire, bagaglio culturale e comportamentale che
sono considerati non solo del tutto regolari, ma necessari. L’unico
modo per avere questa certezza è verificare le proprie impressione
con uno specialista esperto e preparato in questo settore.
on
dobbiamo dimenticare che molti “segnali” o sintomi
sono presenti in più quadri clinici (comorbilità) per cui risulta
difficile anche per un esperto fare una diagnosi adeguata. Anche se
l’autodiagnosi rappresenta un primo passo utile, il suo valore è
per definizione limitato da piccoli preconcetti e da atteggiamenti
interpretativi sbagliati. Non è possibile pretendere di
padroneggiare le mille difficoltà di una vera diagnosi solo perché
si è letto un articolo su internet o alcune pagine di un libro;
quando i problemi sono significativi, continuativi e debilitanti è
SCONSIGLIABILE curarsi da soli. Come dice quella famosa
locuzione: ‘Un avvocato che si difende da solo non ha tra le
mani che un cliente sciocco’ e impacciato. Capire che si ha un vero
problema è difficile, soprattutto perché la maggior parte degli
individui manifesta solo sintomi lievi e occasionali (soprattutto se
si sconfina nei tratti psicotici). Se mettessimo insieme tutti coloro
che hanno sofferto di depressione per qualche giorno o di ansia per
qualche settimana, che hanno vissuto anche un solo attacco di panico,
che di tanto in tanto si abbuffano di cibo, bevono un po’ troppo o
hanno fatto uso di droghe, arriveremmo ad includere almeno il 95%
della popolazione.
irca un quarto di queste persone soffre di un
disturbo diagnosticabile che richiede, forse, un trattamento deciso e
tempestivo. Non esiste, purtroppo, una linea di demarcazione netta
fra chi è affetto da una sofferenza importante e chi soffre soltanto
di piccoli disagi o dolori occasionali che fanno parte della vita di
tutti. Decidere se si è “normali” o no è molto
facile quando ci si trova a uno dei due estremi, cioè se non si ha
un segno di malattia o se i sintomi sono veramente conclamati, ma è
molto più difficile se si è fra i tanti che si situano in posizione
intermedie. E’ importante sottolineare che un sintomo non basta per
diagnosticare un quadro clinico, sempre caratterizzato da un insieme
definito di sintomi e da un decorso caratteristico. Prima di trarre
conclusioni affrettate è importante sottolineare che i problemi per
essere tali devono condizionare seriamente lo stato fisiologico, la
vita affettiva e sociale in maniera CONTINUATIVA e non
essere soltanto causa di un leggero disagio.
eve coinvolgere vari
settori della vita e condizionarla: biologico, sociale,
affettivo, relazionale, lavorativo. Dato che il confine tra
salute e malattia non è facile da tracciare, è importante fare
attenzione a non sottovalutare né sopravvalutare la propria
condizione. Il rischio più grave è quello di minimizzare i
problemi: almeno tre quarti delle persone affette da un disturbo
curabile non riceve l’assistenza necessaria. Anche la tendenza alla
sovradiagnosi è molto diffusa e si può facilmente incontrare in
soggetti ipocondriaci che ingigantiscono i problemi fino a farli
diventare malattie davvero terribili … RICORDA,
problemi non adeguatamente trattati danneggiano sia il corpo sia la
mente ... i rapporti con se stessi e gli altri
Quali
sono le cause di un problema
Rispondere
a questo quesito può essere molto facile per alcuni malesseri, meno
per altri: esistono però principi generali che possono essere
applicati a tutti i casi. La maggior parte del disagio emotivo trova
origine in una particolare vulnerabilità che interagisce nel tempo
con le difficoltà che l’ambiente pone sul proprio cammino. Certe
condizioni possono accrescere le probabilità di un singolo individuo
di soffrire di depressione, di attacchi di panico o di alcolismo,
nello stesso modo in cui possono incrementare il rischio individuale
di soffrire di diabete, malattie cardiovascolari o tumori. NON
bisogna MAI
dimenticare la cattiva alimentazione che può innescare una serie di
squilibri anche a livello cerebrale (c'è un formidabile test di
Lesser-Kapklein che permette di correggere gli eccessi e le carenze
nutritive.
edasi Home page www.studiobonipozzi.it:
Test. Un questionario che mette a fuoco -
attraverso atteggiamenti, comportamenti e modi di pensare - gli
squilibri nutritivi individuali; quadri clinici legati alla carenza o
all'eccesso di elementi nutritivi: sbalzi di umore, tratti ossessivi
- compulsivi, depressione, ecc. Vengono presi in
esame i vari modi di reagire - stress fisico e psicologico - connessi
a eccessi o forme di carenze biochimiche nel corpo in un determinato
momento del soggetto esaminato).
La nostra storia, comunque, si struttura, nel tempo, attraverso forze
genetiche ed ambientali. I fattori ambientali che ci hanno modellati
e che ora svolgono un ruolo decisivo nelle nostre scelte sono stati
davvero numerosi: da traumi fisici a influenze familiare negative, a
tutte le possibili difficoltà della vita, compresa l'attuale crisi
economica. Siamo, comunque, tutti dei
“sopravvissuti” a quelle inevitabili esperienze evolutive
con piccoli o grandi “lividi” ....
ancora, purtroppo, dolorosi (fase*
-
disagio emotivo … legame tra
fase evolutiva e malattia). Al contrario, un ambiente con figure di
riferimento sensibili e disponibili, particolarmente idoneo e attento
può contrastare lo sviluppo del disagio emotivo … allontanare
le “ferite” nel corpo e nella mente.
*
FASE. Esistono quattro fasi
fondamentali. La fase orale, la prima, è caratterizzata dal
piacere che il neonato prova a succhiare il seno della madre o le
proprie dita. Questo primo piacere, che il bambino sente tramite il
proprio corpo, viene definito autoerotico. La fase anale è
caratterizzata dall'interesse che il bambino dimostra per le funzioni
della defecazione e della minzione (espulsione, ritenzione).
Corrisponde all'apprendimento della pulizia, è decisiva nella
formazione del carattere del bambino e della sua personalità adulta.
La fase fallica, verso i quattro – cinque anni, coincide nel
bambino e nella bambina con la specificità dell'organizzazione
sessuale. In seguito alla pubertà si realizza l'ultima fase, la fase
genitale.
ccade spesso in queste fasi evolutive che il piccolo
si scontri con difficoltà che gli sembrano insormontabili. Rischia
allora di voler regredire ad una fase anteriore. Se non può assumere
le sue caratteristiche di adulto, tenta di tornare il bambino di un
tempo. Si mette sulla strada che può condurlo sia sulla regressione
completa (perversione) sia alla lotta contro il desiderio di
perversione (disagio emotivo). Ogni perversione e ogni disagio
emotivo (che è il suo negativo) si caratterizza con la fissazione ad
una fase che dovrebbe essere integrata alla personalità adulta.
L'ossessivo è fissato alla fase anale, l'isterico alla fase orale,
l'esibizionista alla fase fallica.
Come
affrontare il senso di amarezza
n
problema emotivo rappresenta molto spesso una condizione difficile
sia per il corpo sia per la mente. Nessuno d’altra parte può
essere certo di avere una vita facile, e molte persone soffrono di
problemi fisici e psichici peggiori di quanto si immagini
generalmente. L’atteggiamento più saggio è di “accettare” con
un certo “savoir faire”, le carte che sono già
state distribuite, bisogna cercare di giocarle nel miglior modo
possibile. NO pensare di rinunciare, a sottomissione,
sconfitta o fallimento ma come un momento di grande riflessione,
rimanere in stand by per recuperare energia e, quindi, pronti ad
agire; pensare e ripensare ai problemi non serve a nulla, solo a
soffrire inutilmente, ad avvitarsi su se stessi, soprattutto quando
non si può avere il controllo sulle cose (produce in maniera
eccessiva solo adrenalina).
vviamente deve passare un certo
periodo di tempo prima che si possa raggiungere questo grado di
“accettazione” e, soprattutto, una piena capacità
di reazione davanti alle avversità. Il passo più importante
consiste nel capire che la vita, anche nelle avversità, può essere
ricca di soddisfazioni se si cerca di assumere il controllo del
disagio e se si lavora con “impegno” e “attenzione”
per limitare le complicanze; ma se si lascia che sia il malessere ad
avere il sopravento e a divorare dall’interno, il risultato è
quello di vivere tra mille difficoltà e sofferenze. Capire che non
si è soli e che si può uscire dai momenti difficili rende più
sicuri, più coraggiosi, più sereni… discretamente forti e
più “pazienti”.
Perché
iniziare un trattamento adesso
iconoscere
e trattare certi malesseri al loro esordio, prima che possano
diventare parte integrante della vita e del modo di pensare, comporta
vantaggi notevoli. E’ un po’ come riparare una perdita del tetto
di una casa con prontezza, prima che danneggi il soffitto e i muri di
casa; la tentazione quasi irresistibile - se si hanno pochi denari -
è di lasciare perdere e di continuare a occuparsi delle proprie
cose, ma prima o poi la perdita rovinerà l’intonaco e quello che
avrebbe potuto essere riparato in maniera semplice ed economica
richiederà costosi lavori di ristrutturazione.
isure preventive e
interventi tempestivi rappresentano la strategia più saggia e
conveniente. Lo stesso vale per i disagi emotivi. Più si è
depressi, compulsivi o soggetti al panico, più le zone cerebrali
responsabili di questi sintomi diventano capaci di generarli; questo
fenomeno viene definito con una strana parola kindling (accensione):
è molto più facile domare le fiamme prima che il fuoco diventi un
vero e proprio incendio. Molti studi dimostrano che numerose malattie
rispondono in maniera più veloce e completa se la terapia è
intrapresa nelle fasi iniziale del decorso, prima che i sintomi siano
diventati per il soggetto, e per il suo cervello, un modus vivendi.
Un trattamento tempestivo riduce anche il rischio di successive
ricadute e migliora nel complesso la qualità di vita dell'individuo.
Decidere di aspettare può essere una tentazione, ma è quasi sempre
una cattiva idea, a meno che i sintomi non siano lievi, ambigui, di
breve durata o legati a una condizione transitoria …
Il
modo migliore per fare una cosa è FARLA.
E’
colpa mia
a
maggior parte delle persone che soffrono di questi problemi tende a
sentirsi colpevole. Da un lato, purtroppo, atteggiamenti sociali non
particolarmente elastici contribuiscono spesso a rinforzare questa
convinzione, questa sensazione diffusa, attraverso una serie di
ingiuste stigmatizzazioni. Nessuno è ritenuto responsabile, come
più volte accennato in premessa e secondo lo spirito di questi
articoli del mercoledì notte, di avere il diabete,
l’ipertensione, una malattia cardiovascolare o una polmonite, ma
c’è la tendenza a guardare con sospetto, o addirittura con
disprezzo chi è depresso, ansioso o dipendente da una sostanza; in
qualche modo è come se ci aspettassimo di poter esercitare un
controllo maggiore sui disturbi mentali. Questo atteggiamento è
illogico, ingiusto, inutile e controproducente: soffrire di un
disagio emotivo non è segno di debolezza personale o morale, più di
quanto lo sia essere colpiti da una qualsiasi malattia.
TTENZIONE,
c’è una sola eccezione importante riguardo a questa
considerazione; avere un problema di tipo psichico non solleva quasi
mai da eventuali responsabilità legati a comportamenti criminali o
immorali. Negli ultimi tempi si è diffusa sempre più, in alcuni
ambienti giuridici, l’assurda tendenza a presentare la malattia
mentale come scusa per giustificare tutta una serie di atti illeciti
e spregevoli; per fortuna, questo atteggiamento si rivela in genere
fallimentare in sede legale e si spera che possa progressivamente
sparire anche dai programmi televisivi che si occupano di tali
problemi … non si è responsabili della malattia ma lo si è
del comportamento. Gli individui con qualche problema emotivo
spesso devono compiere sforzi maggiori rispetto agli altri per
controllare gli impulsi e per rispettare i sentimenti e i diritti
altrui ... capire questo fa parte della responsabilità che
comporta essere malati.
Che
cosa fare per stare meglio
ercare
di assumere il controllo della situazione anziché subirla è sempre
una strategia vincente. Sapere, diceva quel saggio di cui mi sfugge
il nome, equivale a potere: è fondamentale cercare di informarsi e
di imparare tutto il possibile sulla propria malattia.
’impegno
per cercare di rimanere aggiornati deve essere costante; anche
internet può essere utile ed indispensabile, mantenendo, però,
sempre il giusto senso critico e comparativo; non è il rumore
informatico che può far male, ma la sua esagerata influenza
assecondata dalla nostra passività. Grazie ai progressi della
ricerca e della tecnologia le conoscenze aumentano in maniera rapida
e continua. Ancora più importante è essere seguiti da un
professionista “sensibile” a questi temi, capace di aiutare a
capire sempre di più le problematiche emotive e a porle nella giusta
prospettiva: è fondamentale fare attenzione a questo particolare
aspetto, sono molti i pazienti che si lamentano del fatto che il
professionista scelto non li tiene sufficientemente al corrente della
patologia in atto. All’inizio è meglio che il soggetto sia
informato su quanto sta succedendo e sulle diverse possibilità
terapeutiche: se lo specialista non è anche un buon docente
capace e volenteroso, non è necessario insistere… meglio, non
perdere tempo, sceglierne un altro (per entrambi!) non solo è utile,
ma fondamentale). Infine, è importante cercare di conoscersi
meglio.
li esseri umani sono dotati di un grande spirito di
osservazione per quanto riguarda tutto ciò che li circonda…
eccetto se stessi. Una buona conoscenza di sé è un requisito
fondamentale per cercare di migliorarsi, e succede facilmente di
trovarsi davanti anche zone oscure quando si guarda l’unico oggetto
che non si riesce mai a distinguere chiaramente: se stessi. Cercare,
con calma, di imparare di più sui propri comportamenti
caratteristici, su quello che piace e che non piace, sui punti di
forza, le debolezze, le inclinazioni, le attitudini, i pregiudizi e
le paure presenti; per comprendere e rendere più obiettivo questo
quadro introspettivo può essere d’aiuto verificarlo con persone
che si ritengono affidabili. Per superare un problema di questa
natura bisogna veramente “mettercela tutta”: impegno costante,
"onestà" e duro lavoro sono di importanza cruciale, ed
essere un buon paziente non è davvero facile. I veri progressi si
ottengono a poco a poco, compiendo piccoli passi, azioni normali che
prima della terapia si cercava di evitare, accettando più
tranquillamente se stessi.
uello che si riesce a fare a casa, per conto proprio (il vero banco di prova) è in genere di uguale importanza del lavoro svolto durante le sedute terapeutiche: mettere in pratica ciò che si è imparato e affrontare le situazioni che normalmente si cerca di sfuggire. Molti disturbi hanno un decorso cronico o, più spesso, ricorrente. Se si sono vissuti parecchi episodi di malattia, è altamente probabile che accada ancora, a meno che non si cerchi di affrontare il problema in maniera seria, radicale e decisa: questo significa, di solito, cercare di acquisire una visione a lungo termine della patologia e prendere le misure necessarie per mantenerla costantemente sotto controllo… ricordarsi che l’amore per se stessi, può dare soddisfazioni maggiori di quelle derivanti da successi lavorativi e mondani o dall’accumulo di beni di cui in realtà, a volte, non si ha veramente bisogno.
Come
può contribuire la terapia rinsaldare i rapporti
Spesso
i disagi emotivi sono fonte di grande tensione e continue
incomprensioni all’interno della famiglia o dell’ambiente di
lavoro. E’ particolarmente importante, anche se spesso difficile,
che tutti i membri della famiglia cerchino di evitare un
atteggiamento di biasimo reciproco. Bisogna rendersi conto che il
disturbo emotivo può creare una situazione in cui è difficile
vivere serenamente (non è facile convivere) non è esaltante stare
vicino a una persona sempre depressa, eccitata, terrorizzata, in
preda agli sbalzi di umore e alla collera o assorbita in rituali
privi di senso, per fare qualche esempio. E’ comprensibile che i
familiari perdano la pazienza e diventino a loro volta irritabili,
frustrati e intolleranti nei confronti di chi soffre. La situazione
da affrontare non è quella che si aspettavano e possono non essere
preparati.
iù i familiari impareranno a conoscere il problema, meno
tenderanno a biasimare per eventuali comportamenti “bizzarri”; in
caso contrario potrebbero pensare che il malato è ostinato,
irresponsabile, egoista, ostile o incapace di amore. Una maggiore
conoscenza della malattia permetterà loro di capire quello che il
sofferente sta attraversando e di attribuire la colpa non al soggetto
ma alla malattia; li aiuterà anche ad accettare aspetti del
comportamento che in precedenza avevano giudicato sconcertanti, e a
reagire meglio quando si ripresenteranno. La speranza è di riuscire
ad aiutarsi reciprocamente e a diventare ancora più uniti di prima
della comparsa della patologia: condividere il problema (sempre se lo
vogliono entrambi) può spingere tutti a rivolgere una maggiore
attenzione alle cose veramente importanti della vita. Di solito i
disturbi mentali non compaiono all’improvviso.
i possono
determinare cambiamenti nel comportamento, impercettibili all’inizio,
che il partner, i genitori, i fratelli o gli amici intimi notano, ma
attribuiscono a stress o a un recente insuccesso. Se il cambiamento
diventa più visibile o perdura per settimane o mesi, essi possono
manifestare preoccupazione, ma ancora non sono in grado di intuire
che davvero esiste un problema. In questo frangente è utile fare un
passo indietro e guardare nella maniera più obiettiva possibile al
proprio amico o parente. Che cosa precisamente è cambiato? In che
maniera la persona agisce diversamente da prima? Da quanto tempo si
sono notati questi cambiamenti? Sembra che stia peggiorando? In
particolare è corretto chiedersi se la persona cara:
• Da diverse settimane sembra triste, depressa o di cattivo umore;
•
Pare che stia
perdendo le energie e si sente sempre stanca;
•
Non sembra trarre
alcuna soddisfazione da attività piacevoli;
•
Lamenta problemi di
sonno;
•
Pensa con insistenza
alla morte o parla di suicidio.
•
Manifesta forti
oscillazioni dell’umore;
•
Sembra tesa, nervosa
o irrequieta;
•
Appare confusa o ha
problemi di concentrazione o di pensiero;
•
Prova improvvise
sensazioni di panico o di terrore;
•
E’ diventata
estremamente sospettosa o timorosa degli altri;
•
Fa fatica ad andare
d’accordo con gli altri in casa o al lavoro;
• Beve
più del solito;
•
Usa sostanze
illegali;
•
Non si è ripresa da
una crisi che risale a parecchi mesi addietro;
•
Sembra incapace di
controllare o di fermare comportamenti autodistruttivi, come il gioco
d’azzardo;
•
Ha perso interesse
per il sesso o non ha più le stesse prestazioni;
•
Si
lamenta di sintomi fisici preoccupanti senza che ci sia una causa
medica precisa;
•
Accenna a idee
bizzarre e grandiose;
•
E’
diventata minacciosa, aggressiva o violenta.
Concludendo
Incoraggiare la volontà di star bene
Parlare
sempre in termini non drammatici ma realistici (guarigione, nuova
vita, nuovo lavoro), non a scapito dell’onestà dei propri
sentimenti e dei propri timori. Dare e aspettarsi rispetto e fiducia.
Assegnare a tutti membri della famiglia dei doveri nella conduzione
della casa e un posto nelle discussioni familiari. Mai essere
iperprotettivi con il malato, non fargli un trattamento speciale e
mai permettere che si nasconda dietro la sua “diversità”.
Cercare
delle informazioni
ebbene
ci siano poche risposte già confezionate alle molte domande che
insorgono quando una famiglia si trova ad affrontare un disagio
emotivo, esistono alcune linee guida generali che potranno essere
d’aiuto. Domande sull’istruzione, sulle opportunità d’impiego
e su altre questione pratiche devono trovare risposte sicure. Fare
delle verifiche con il terapeuta, leggere libri e articoli. Essere
preparati “prima” del malessere.
Vivere
la propria vita
er
quanto sia difficile farlo, quando si è costretti a confrontarsi con
un membro della famiglia con dei problemi, ogni persona deve
continuare a coltivare i propri interessi e a vedersi con i propri
amici. Sfoghi come questi rilassano, aiutano a controbilanciare
l’atmosfera tesa che c’è in casa e tengono in contatto con
comportamenti “normali”.
Imparare
a riconoscere i segnali d’allarme
Cercare
di valutare le parole, le azioni o gli atteggiamenti che precedono i
problemi, e cercare di calcolarne le ricorrenze. Se si hanno dei
dubbi di fronte ad una certa gravità, è doveroso consultarsi con un
specialista di questi disagi.
Non
aspettarsi troppo da se stessi
E’
probabile che di tanto in tanto ci si senta stanchi, adirati o
risentiti. Accettare che il proprio lavoro e le relazioni personali
incontrino delle difficoltà per questa situazione. Ricordarsi che
non si è di ferro, poche persone possono sempre essere pazienti e
generose.
Non
darsi inutilmente la colpa
Un
disagio emotivo può essere causato da stress ambientale, da
squilibri biochimici (stili di vita, modi di pensare, atteggiamenti)
e da molti altri fattori conosciuti e sconosciuti. Rotture
dell’armonia familiare o fatti particolari nella storia della
famiglia hanno di certo contribuito, ma essi sono raramente gli unici
responsabili.
Parlare
della situazione
uò
darsi, come in molti casi, sia molto difficile discutere della
propria condizione con gli amici intimi, perché essi non hanno
alcuna percezione, o ne hanno ben poca, di quello che realmente si
sta attraversando e quindi non sanno come reagire.
Non scoraggiarsi troppo presto
La
ripresa di un disagio emotivo richiede del tempo (è sempre in
funzione della cronicità, quadro clinico, età, cultura). Come una
ferita di natura fisica, la sua guarigione è graduale e non può
essere affrettata. Non ci si deve scoraggiare per temporanee battute
d’arresto: non cercare un colpevole quando le cose vanno male.
Anche le piccole ricadute possono essere parte integrante della
terapia … quando un bambino, ad esempio, ha imparato a "camminare",
anche se inciampa e cade, è sempre in grado di rialzarsi!
Le
strategie
’esercizio
fisico si è dimostrato positivo non solo per il corpo, ma anche per
la mente. E’ anche un modo efficace per ridurre l’ansia:
camminare, nuotare, fare attività semplici e senza sforzo. Una
possibile spiegazione consiste nel fatto che l’attività fisica
aumenta l’afflusso di sangue e l’ossigenazione del cervello e
altera il livello delle varie sostanze chimiche del cervello
provocando così modificazioni nell’umore.
Una
corretta alimentazione
anto
il corpo quanto la mente per funzionare in piena efficienza hanno
bisogno di un’alimentazione corretta. Le abitudine sbagliate -
saltare i pasti, ingozzarsi in fretta e furia, sgranocchiare
cibo-spazzatura - possono creare malessere fisico e disagio
psicologico, come l’incapacità di concentrarsi sui propri compiti,
di rilassarsi e di godere della compagnia degli altri.
Le
tecniche di rilassamento
sistono
speciali tecniche di controllo dello stress che aiutano a produrre,
attraverso l’attivazione di endorfine, uno stato di rilassamento,
cioè uno stato di calma fisica e mentale che è l’opposto del
riflesso attacca o fuggi, caratterizzato da ritmo cardiaco rapido,
sudorazione, aumento della pressione arteriosa (vedasi adrenalina).
Terapie
er
la maggior parte dei disturbi emotivi esiste un gran numero di
terapie efficaci e questa è un’ottima cosa, perché dà la
possibilità di scegliere il trattamento o i trattamenti che meglio
si adattano ai propri bisogni e desideri, alle proprie preferenze e
possibilità economiche.
uando
si parla di “salute” non è facile essere sempre chiari, precisi
e, soprattutto, trovare risposte semplici, rapide e sicure. I
problemi cronici, spesso, persistono perché sono già stati fatti
vari tentativi, si sono cercate altre vie d'uscita e, purtroppo, sono
fallite. Molte sofferenze sono tenute in vita dal tentativo di
prendere una scorciatoia, tagliare il traguardo senza rispettare le
regole, sperperando eccessivamente le energie rimaste, interpretando
erroneamente i messaggi e, non meno importante, dal fatto di non
assumersi delle “responsabilità”.
TTENZIONE,
però, il concetto di responsabilità non ha niente a che fare con il
giudizio di valore, ma indica semplicemente la consapevolezza dei
propri gesti, non ci sono costrizioni e tantomeno forzature, ogni
decisione è libera ed autonoma; si decide autonomamente e si
utilizzano, di volta in volta, strumenti adeguati per raggiungere
determinati risultati o obiettivi ... sempre in sintonia con i propri
pensieri e progetti mai in funzione del parere altrui; una
consapevolezza che permette di conoscere in anticipo le proprie
azioni. Essere se stessi, ma soprattutto essere liberi ed autonomi
nelle proprie scelte.
Un articolo comunque non è mai una soluzione a certi problemi, tuttavia è fatto di idee e di riflessioni che rispecchiano una certa scuola di pensiero … un determinato orientamento scientifico. Alcuni di questi concetti possono essere più utili di altri, ovvero più appropriati a certi problemi specifici. Altri suggerimenti possono dare una “spinta” per ampliare nuove conoscenze. Quando si cerca una soluzione, l'unico fattore sconosciuto è il tempo. Nessuno può prevedere con precisione quando un problema cronico sarà risolto; le molte frustrazioni e delusioni dovute alle proprie aspettative disattese e ai ripetuti fallimenti provocano un enorme consumo di energie.
a la natura dei problemi cronici rende essenziale astenersi
da qualsiasi previsione affrettata, che potrebbe produrre un'ennesima
delusione e scoraggiamento, rendendo il problema ancora più profondo
e radicato. Molti - perduta ogni speranza per il futuro - cadranno
lungo la strada della dipendenza, della mancanza di speranza, dello
sconforto, proseguendo il loro percorso circolare. Assumersi la
responsabilità significa accettare il problema come proprio,
impegnarsi a fare tutto quello che è in proprio potere per
risolverlo … senza cadere nel tranello di demandare il tutto ad
“altri”. Questo significa spesso respingere i consigli di coloro
che “dovrebbero” essere più esperti.
on è raro sentirsi dire -
anche da persone del “mestiere” - in maniera categorica: “Io so
cosa è giusto per te, ogni “strategia” diversa sarebbe una
follia”. Comunque, al di là delle belle parole, non esiste una
panacea, non ci sono soluzioni facili e rapide, ogni viaggio è
sempre unico ed irripetibile. Sono tante le parole utili di
consiglio, i suggerimenti, le metodiche terapeutiche che possono
aiutare durante questo percorso verso la salute, o almeno additare i
vicoli ciechi, affinché li si possa evitare … evitare di cacciarsi
in labirinti senza via d'uscita. Alla lunga, sta a noi trarre il
massimo dalle varie risorse di cui si dispone realmente e, quindi,
raggiungere il miglior risultato possibile.
La
consapevolezza (intesa come conoscenza, essere presenti a se
stessi, permette di agire in modo autentico, libero da
condizionamenti e pregiudizi … allontana dagli “automatismi”)
è sempre la consigliera migliore e può aiutarci, con le mosse
giuste, ad uscire da questa dolorosa gabbia che nel tempo abbiamo
costruito:
Scegliere
un aspetto del problema, un elemento circoscritto, e considerarlo
come una partita difficile di un gioco in cui si vuole VINCERE;
uddividere
la “faccenda” nei suoi vari fattori: avversario, sfida, capacità
richieste, scopi e qualsiasi altra componente che è possibile
individuare;
Accumulare
le risorse positive di cui avere bisogno per migliorare la propria
posizione nel “gioco”. Rendersi conto di ciò che si impara dai
vari tentativi … nella “battaglia”;
Assumersi
la responsabilità di mettere in pratica un atteggiamento differente,
un nuovo approccio, una nuova risposta al problema;
Rendersi
conto che il problema è solo una parte della propria vita, non
permettere che la possa invadere completamente.
L'autore non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.
NB.
Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio
medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per
qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto
ha un valore
educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
- E mail: bonipozzi@libero.it
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