ornando ai nostri tempi, niente è più inquietante dell’ascoltare un
racconto fatto da chi ha vissuto un attacco di panico. Tale esperienza
viene definita come un fenomeno imprevedibile, squassante, incontrollabile,
inaspettato, e senza un apparente legame con eventi ansiogeni esterni.
Assale a tradimento, soffoca completamente le speranze, paralizza le
certezze, brucia di colpo tutte le abitudini, rompe ogni schema possibile,
morde e fugge stremando completamente il soggetto. Ecco che cos’è l’attacco
di panico: una doccia fredda che mette in ginocchio e manda a tappeto anche la
persona più “dura” ... a prescindere dalla sua reale “statura”.
Irrompe all’improvviso, devasta la psiche mandando completamente in tilt
tutta la “centrale operativa”.on meno fortunato è il corpo a cui viene assegnato il compito ingrato di gestire,
di sbrigare tutte le brutte faccende di “casa” con sintomi piuttosto invalidanti: oppressione al torace
tachicardia, dispnea, respiro corto, mani sudate, stordimento, disturbi
viscerali e sessuali, brividi, vampate di calore, forti dolori allo
stomaco, impulso irresistibile alla fuga. Questo malessere colpisce
a dieci anni come a settanta, indipendentemente dalla posizione sociale e
dal profilo culturale. Chi ne è colpito ripetutamente tende ad isolarsi
sempre più, a evitare luoghi, cose e persone che gli possono ricordare il
momento terribile dell’attacco: una
vita davvero “senza vita”. Non solo è presente la paura di morire ma si
teme, a torto, di non essere più in grado di condurre una vita normale: un
evento psichico che può allontanare pericolosamente da se stessi. opo
alcune esperienze, infatti, più o meno raccapriccianti, si comincia a
vivere costantemente nell’attesa ansiosa di un altro attacco. In molti casi
l’agitazione - l’energia in eccesso
non espressa - fa aumentare un’incontrollabile preoccupazione per la
salute o, peggio ancora, il timore di avere gravi malattie inspiegabili.
Improvvisamente, tutto si trasforma in un incubo incomprensibile.
L’adozione di meccanismi difensivi, per scongiurare e arginare questo
fenomeno terrificante conduce, pian piano, a una schiavitù cronica: la peggiore sciagura che possa capitare
... l'isolamento. Dopo l’attacco di panico, infatti, la persona sembra
aver smesso di esistere e, nel contempo, il suo unico obiettivo è quello di
sopravvivere ai mille ipotetici pericoli. Chiudersi in una “gabbia protettiva” è una delle
reazioni più comuni di fronte all’esperienza panica. La “gabbia mentale”,
però, nel tempo, si radica a tal punto che il soggetto, qualsiasi cosa
faccia, deve fare i conti con essa: “Posso andare? Cosa incontrerò"? osa mi
accadrà? Ce la farò? Ma ci riuscirò? Resterò bloccato? Sarò accettato? Chi
mi porterà soccorso? Soffocherò? Chi mi salverà? Sarò in grado? E’
pericoloso?" e così, dominato da un turbinio di pensieri
catastrofici, non può più scegliere ciò che gli piace, ma ciò che “può
fare” rispetto alle sue reali esigenze. Mi ricordo Aldo che non
andava in autostrada da anni e anni: era tormentato dal pensiero di non
ricevere tempestivo soccorso nel caso si verificasse uno dei suoi soliti attacchi
(asse ipotalamo - ipofisi - surrene sempre attivo). Che dire dei sudori di
Sergio: detestava le lunghe file negli uffici pubblici perché, carico di
tensione, pensava di avere una postura ridicola. aurizia, poi, si faceva
accompagnare ovunque dalla figlioletta di quattro anni; si sentiva sicura
solo con lei, ma cosa può fare la piccola durante un attacco così violento?
Nulla, l'importante era credere che non ci sarebbe stato nessun attacco
(niente adrenalina e zero cortisolo). Una prigionia quotidiana, cronica e
frustrante, a cui il cervello, attraverso la sua tempesta ormonale dice un
secco “no”. Non arriva mai per caso: trae
origine e linfa dal quotidiano, da tutti gli eventi che ingabbiano
l’esistenza in schemi rigidi, immutabili, comprimendo e appiattendo
gradualmente il mondo interiore ... istinto, desideri e passione.
Dietro questo fenomeno si nasconde sempre una parte di se stessi che è
stata tenuta in “letargo” o, magari, non si è saputo esprimere e
valorizzare in modo adeguato. Chi segue rigidamente il modello di vita in
cui è inserito rischia di non essere mai se stesso e di vedere “annichilita” la propria personalità.
Per il quieto vivere, attraverso i rospi ingoiati che fanno ribollire di
continuo lo stomaco, si crea un personaggio inquieto ed inutile, una
seconda pelle che va stretta e tira da ogni parte … assale allora il timore di “perdersi”, non sapere più chi si è
veramente. I meccanismi di difesa adottati, comunque, oltre a diventare
dei veri carcerieri, non fanno più vivere, tolgono ogni gioia, ostacolano
la realizzazione di se stessi e, soprattutto, spengono i veri desideri … una
vita che non scorre più. Il panico, quindi, è la vita che non si
vive più, la felicità che si nega … fa “saltare” il proprio stile di vita
fittizio. iventa una reazione “estrema”, spesso inconsapevole,
caratterizzata da tanta energia prodotta e non usata, uno scontro con un
sistema di vita che non è più in armonia con la propria natura profonda: sacrifici,
tensioni e sofferenze accumulate che, all’improvviso, si trasformano in
panico (come Pan con la sua amata
Siringa ... la sua astinenza d'amore; proprio lui il dio che incarna la
fecondità, la vitalità della carne ... si dimena, si dibatte, si divincola,
cerca con tutta la sua forza di
smantellare la sua prigione fino ad esplodere). Spesso, per obblighi o per necessità, ci si trova a
realizzare e a dire cose diverse dai propri desideri, cercando di fare del
proprio meglio e seguendo sempre i dettami altrui, viene imprigionata, per
comodità, la vera identità dentro uno steccato ben preciso, dentro confini
ben definiti; si chiudono, però, progressivamente i propri orizzonti
esistenziali … ma c’è un’energia, una tensione, un’agitazione dentro che
spinge altrove, impone un cambio di rotta; assale chi ha spento la
vivacità, negato il piacere e smarrito la felicità. Un grido di ribellione
ad uno stile di vita che va contro le proprie vere esigenze, cerca di
smantellare, attraverso sintomi fisici e tratti depressivi, quei contesti emotivi
- affettivi a tinte forti, inutili e colmi di artificiosità. ’attacco serve di monito perché, volenti o nolenti, obbliga a prestare
attenzione a ciò che sta accadendo alla propria vita emotiva … a
smantellare quei rapporti aridi e difficili con il mondo. In
pratica, usa le maniere forti per smuovere, far uscire il soggetto dalla
palude delle convenzioni, del conformismo in cui se cacciato ma,
soprattutto, scuoterlo per impedirgli di soffocare la vita … spinge a cambiare atteggiamento - uscire da quel personaggio che recita di
solito - per tornare ad essere
felice. E’ sempre, comunque, il segno di una vitalità profonda,
completamente compressa su un’identità costruita a tavolino e indossata
come maschera impenetrabile; l’attacco vuole allora trasformare, aprire nuovi canali
energetici: spinge ad allargare gli orizzonti, aprirsi, a realizzare i
propri sogni, ad ampliare lo sguardo su nuovi mondi … brucia quel copione scritto da altri, strappa
quella maschera di un personaggio banale ed inutile ... vuole dare più
spazio alla vita vera.
… il panico più lo eviti (ti sforzi) e più lo aumenti …
più lo tieni sotto controllo e più ti sfugge di mano … più lo si comprime e
più diventa esplosivo … ATTENTO, se lo controlli esplode … se
tenti di bloccarlo attiva un meccanismo ansiogeno devastante che si autoalimenta,
spinge a vivere sempre dietro lo schermo, in sordina, dietro le quinte a
fare da comparsa … alcuni tipi di ansia bloccano quando si pensa di essere
ridicoli (vedasi Sergio), di fare brutta figura, di essere FRAGILI: uno sguardo troppo centrato
su un personaggio fasullo … è una lotta interminabile, un’opposizione
continua perché si vuole offrire un’immagine perfetta, pura e senza
macchia, si ha paura di vivere le situazioni in prima persona … picchi di
inquietudine che emergono quando si vuole essere sempre vincenti,
dimostrare di essere bravi, candidi, buoni e intelligenti a tutti i costi,
di piacere a tutti indistintamente … lo stato di allerta, di pericolo
imminente, allora, indica che si sta andando contro mano, che si rinnega
quello che si è realmente: segnala un modo di vivere forzato in cui non
sono accettati i propri limiti e si mascherano le proprie debolezze … il PANICO interrompe un programma, una
recita, una finzione in cui da tempo si è scivolati … RICORDA, dare spazio agli interessi
si accende completamente la vita … investire in attività piacevoli mette
sempre in moto le energie mentali giuste.
pesso
inizia
con pianti e tremori … paura di non farcela, sempre in balia dell’esterno …
pensieri che assillano: la soluzione è fermarli! … è un’energia che arriva
per smantellare la gabbia dei rapporti sbagliati … più si rinuncia alla
spontaneità per assecondare e adeguarsi agli altri più la vita si spegne …
viene mantenuta in piedi un’immagine finta che crea solo insicurezza e
disistima … l’atteggiamento combattivo poi la protrae nel tempo: diventa
cronica.
I sintomi dell’ansia: sentirsi incompleti,
senza pace, mai appagati, avere la certezza che la felicità sia
impossibile, essere sempre col pensiero altrove mai nel tempo presente,
girare a vuoto senza riuscire a riempire, a costruire … una forza
misteriosa e potente pronta a trasformarsi in creatività … un deciso e
secco ultimatum che vuole smantellare subito schemi mentali inconciliabili
con la vera natura, abbattere quelle abitudini che bloccano l’energia
vitale … la PASSIONE.
Lo
stato di allarme ansiogeno “strozza”, toglie il respiro, non passa mai
inosservato, viene prepotentemente preso in consegna ed elaborato dal corpo
... si cerca di dar voce al mondo interiore … diventa portavoce delle
emozioni ancor prima della coscienza, se ci si sente alle "STRETTE"
un organo prima o poi lancerà l'allarme, un codice preciso che deve essere
letto e interpretato ma, soprattutto, CURATO:
1. Petto. Una costrizione in
questa zona non solo impedisce una normale attività respiratoria e
determina un senso di soffocamento ma va diritta al cuore, si manifesta a
livello cardiaco … spesso sono scambiati per infarto (dolore, aritmia,
tachicardia, palpitazioni);
2. Tessuto muscolare. Paralisi, rigidità e
tremori sono all’ordine del giorno. Lo stato di tensione crea un diffuso
stato di contrazione muscolare (cervicale, debolezza, formicolio,
torpore);
3. Intestino e apparato urinario. Questi apparati sono i
primi inequivocabili ricettori emotivi (nausea, gastrite, colite,
urinare spesso).
· L’ansia segnala sempre che
qualcosa non funziona, per farci capire che è necessario interrompere una
finzione, una fastidiosa recita in cui si è scivolati...
· Il corpo non lascia in pace perché ha qualcosa di molto importante
da comunicare: costringe ad occuparsi di se stessi, perché c’è qualcosa nel
quotidiano che non si sta vivendo oppure che non ci appartiene.
Il Disturbo da
Attacchi di Panico (DAP), come abbiamo potuto
vedere, è uno stato piuttosto complesso di disagio psichico caratterizzato
dall’insorgere improvviso di angoscia acuta e incontrollabile che lascia, a
dir poco, atterriti ... la realtà oltre ad essere insostenibile è notevolmente alterata.
Si presenta sulla scena in modo del tutto inaspettato, spesso senza motivi
evidenti e giustificati. Assale
all’improvviso con effetti devastanti sul corpo e sulla mente (come l'urlo di Pan). Solitamente
tale stato d’animo raggiunge il picco in pochi minuti e si esaurisce del
tutto, o quasi, nel giro di mezz’ora circa. ambe imbizzarrite, stomaco
“stretto” in una morsa, fronte madida di sudore, iperidrosi alle mani,
cuore che inizia a battere a velocità insostenibile, problemi respiratori,
gola strozzata, violenti spasmi, o peggio ancora, scariche diarroiche
improvvise (fenomeno ben conosciuto
dagli studenti prima di un esame importante!), questa è la
fenomenologia raccapricciante ed "interminabile" di chi vive tale
malessere. L’esperienza, a volte, è talmente intensa che la persona può
rimanere sfinita anche per alcuni giorni (a seconda del "pieno" di adrenalina fatto). Questi
episodi sono vissuti come un incubo, una catastrofe imminente, tanto sono
le violente sensazioni di terrore e di impotenza. e crisi di panico
accompagnano, come abbiamo appena visto, diversi sintomi psicofisici: palpitazioni,
sudorazione, sensazione di soffocamento, vertigini, formicolio, rossore al
viso (eritrosi), paura di perdere il controllo, cambiamenti di temperatura,
senso di irrealtà, dolori al petto, paura di morire, disturbi all’apparato
digerente. Quando il panico diviene
una consuetudine, fino a diventare una “paura della paura”, stravolgendo
completamente la routine, il terrore di morire e la paura di impazzire
costituiscono le premesse per una condizione di vita piena di limiti e di
salti agli ostacoli. L’adozione di “strategie difensive” per scongiurare
tale disagio conduce lentamente a una schiavitù cronica. La persona,
dominata dai cosiddetti comportamenti “evitanti” finisce col trovare un
minimo di pace solo all’interno delle mura di casa (prigioniera in casa sua e rassicurata solo dai riti quotidiani). olto spesso è quell’attenzione esagerata e quell’attesa angosciosa di un
attacco successivo a far sì che la condizione di panico possa ripetersi in
determinate situazioni. E’ un fenomeno che spinge ad isolarsi, a temere
tutto, a volte anche le terapie. Questa “gabbia protettiva invisibile” è
presente nel cervello del soggetto sotto forma di una lunga lista personale
di cose che si possono realizzare oppure evitare (luoghi, incontri, cene, spostarsi, cambiamenti, situazioni emotive
intense, viaggiare, confronti, prove ed esami, attese). Il soggetto,
quindi, dominato da questa paura, altro non può fare che fissarsi sulle
solite abitudini: una vita, spesso, superficiale, piena di limiti, noiosa,
ripetitiva e banale … non vive più, soffocato da se stesso. Il malessere
può dipendere da un comportamento non idoneo (errato), da scelte che non appartengono alla propria
personalità, da una mentalità (appresa)
che condiziona in maniera negativa: conformismo e comportamenti
costantemente nella norma in apparenza assicurano, ma in realtà spengono
perché soffocano le vere necessità ed esigenze naturali di ogni individuo.
Esprimere i propri sentimenti, esserne consapevoli, poterli sperimentare
sempre in un clima “protetto” senza censurarli, è il primo passo per vivere
in armonia con se stessi, evitando in tal modo quell’alternanza tra la
maschera di “buone maniere” e il terrore di essere travolti dall’improvviso
erompere di sentimenti che, per il quieto vivere, sono stati nascosti
troppo in profondità. Una strada che, oltre a far salire l’ansia (produrre eccessivamente adrenalina e
cortisolo), porta lontano da se stessi e dritti ad una soffocante e
opprimente frustrazione. Si entra, quindi in una spirale di paura: paura di
stare male. Quando si è presi dall’ansia, si reagisce con paura, ed è
proprio questa modalità reattiva che tiene in trappola. In questo frangente
il corpo si prepara ad affrontare la situazione reale (il più delle volte solo ipotizzata, pensata ... temuta): gli
ormoni dello stress (adrenalina, ACTH; asse ipotalamo - ipofisi - surrene)
entrano nel flusso sanguigno del soggetto per prepararlo a sfuggire la
situazione oppure a rimanere ad affrontarla. uanto più si è spaventati e
ansiosi, tanta più l’adrenalina viene prodotta e di conseguenza si
accentua, inevitabilmente, la sintomatologia (il battito cardiaco
accelera, il respiro diventa affannoso, si può tremare o sudare
abbondantemente). In realtà, il panico arriva quando si è lontani
da se stessi, si seguono modelli di vita che non sono propri, ci si sforza
di aderire a qualcosa o a piacere a qualcuno … fino a consegnare la propria
vita in mano ad altri e, quindi, diventare inutili. La paura di
perdere l’equilibrio, il terrore di essere inghiottiti dal vuoto, la
sensazione che la terra si apre sotto i piedi trascinando giù, sono tutti
stati psicofisici che chi soffre di panico conosce bene: gira come un
funambolo sospeso nel vuoto, e il baratro diventa un buco nero da cui
fuggire sempre e comunque, finché l’esistenza si riduce via via alla
ricerca spasmodica di uno sbocco (via
d’uscita) … ma non si sa bene da cosa. Emerge una vita statica, poco
travolgente, caratterizzata da un tempo che non passa mai in cui la
lungaggine, gli ozi (girare a vuoto),
la noia e la monotonia la fanno da padroni. Una reazione che dà voce alle
proprie esigenze più profonde, quel vivere che odia le abitudini, la vita
pianificata e spenta. n breve, un profondo senso di inadeguatezza che,
proprio perché ignorato, va a cronicizzarsi in uno stato di scontento con
cui si convive o che, nelle situazioni peggiori, si tramuta in ansia,
depressione o panico. Proprio per queste ragioni, alcune scuole di
pensiero, ipotizzano che gli attacchi di panico siano generati da schemi
mentali caratterizzati da percezioni distorte della realtà, pensieri
automatici e convinzioni errate. Non sempre comunque una profonda emozione
è sinonimo di attacco di panico. Quando è presente un motivo reale a
giustificare l’ansia, come ad esempio affrontare una semplice situazione
problematica o sostenere un esame, siamo alle prese con un timore o una
paura. Per quanto possa essere sgradevole la paura è un’emozione
indispensabile perché prepara in maniera adeguata, attraverso la produzioni
di neurotrasmettitori, ad affrontare le difficoltà del momento. Cosa
fare Il raggiungimento del benessere dipende dalla
capacità di abbassare il livello d’ansia e, naturalmente, di mantenerlo
basso. Questa condizione può essere raggiunta attraverso metodiche
terapeutiche basate su tecniche distensive e concentrative ad orientamento
psicosomatico. Con queste tecniche non solo è possibile “gestire” sensazioni
ed emozioni, ma anche fermare il chiacchiericcio mentale. I metodi
terapeutici distensivi (ipnosi, moxa, massaggio psicosomatico,
rilassamento frazionato) non solo
affrontano la sintomatologia in atto ma risultano fondamentali a livello di
prevenzione. Un altro intervento qualificato sarà quello di agire sul
respiro che è sempre in sintonia con le proprie emozioni spiacevoli e/o
piacevoli. Una persona calma ha il respiro lento e profondo, una persona
che soffre di panico, invece, respira in maniera superficiale ed
accelerata, attivando in tal modo manifestazioni fisiologiche alterate ed
esagerate (troppo ossigeno fa girare
la testa eccessiva anidride carbonica crea formicolio). Agire sul
respiro, pertanto, aiuta ad interrompere quel circolo vizioso che
caratterizza il fenomeno panico.
· emere il giudizio altrui, i pensieri e i legami sbagliati sono la
vera causa della fragilità: bisogna "guardare" le cose in maniera
diversa... cambiare sguardo, punto di vista: concentrarsi sul presente e
mai sul passato o futuro ... solo in questo modo è possibile recuperare la
vera autenticità. Ci si ammala quando si perde la spontaneità, la propria
immagine ... quando si fanno esperienze non in funzione con le proprie
esigenze e desideri ma secondo quello che vorrebbero gli altri per noi.
... si ha bisogno ancora di TENEREZZA materna
... della MAGIA infantile ... della grande PASSIONE!!!
… il PANICO, attraverso
l’ansia, vuole che tu trovi il tuo vero percorso, esalti i tuoi gusti e il
tuo unico e originale stile di vita, senza sensi di colpa.
RIASSUMENDO. Se il DAP è fortemente disturbante per la vita relazionale, sociale e lavorativa, va
risolto. I rapporti, come abbiamo visto, non solo sono complicati e
difficili, ma si rischia la "rottura", la separazione; la realtà
oltre ad essere insostenibile è notevolmente alterata. Se non si riesce da
soli, bisogna affidarsi ad uno specialista. Le metodiche terapeutiche attivate, oltre alla psicoterapia, saranno
tutte rivolte a raggiungere un giusto equilibrio tra mente e corpo.
l
senso di interezza, infatti, deriva sempre dall’armonia dell'unità
psicosomatica e tutto ciò può essere raggiunto attraverso interventi mirati
come ad esempio agire su l’iperventilazione, ovvero ripristinare la
funzionalità respiratoria (migliorare
la respirazione riduce il flusso adrenalinico e, quindi, il timore di
patologie cardiovascolari), una adeguata attività fisica migliora il
metabolismo e il sistema linfatico di un corpo ormai alla deriva, una sana
alimentazione può stabilizzare i livelli glicemici, imparare a rilassarsi,
invece, è utile per sconfiggere lo spasmo muscolare cronico e, quindi,
vivere in maniera più armoniosa e “aperta”.
uando si è in
armonia, in equilibrio con se stessi e gli altri diventa più facile per
chiunque guardare finalmente questo MOSTRO in faccia, fissarlo dritto negli
occhi ... con questa determinazione e lucidità altro non gli rimane che
scappare a gambe levate!!!
Capita spesso a seguito di letture “illuminanti” - dopo aver letto una
breve introduzione di un racconto entusiasmante, qualche riga di un
articolo eccitante o poche pagine di un libro a dir poco originale - di
rimanere per un attimo disorientati, aver voglia di gettare tutto a mare,
di cambiare completamente la propria vita, annullare ogni cosa in maniera
definitiva … fare scelte e prendere
decisioni, a volte, in maniera confusa per aderire ad aspettative altrui. NON
LO FATE, NON FATEVI INFLUENZARE dalla
prima impressione, di quanto è stato scritto (qui o da altre parti), prima di "agire" LEGGETE,
LEGGETE, LEGGETE e poi RILEGGETE ancora il contenuto di ogni
scritto, solo dopo averlo ”metabolizzato” e “indossato” a pennello potete
fare, o non fare, la vostra scelta ... ma
sempre libera, autonoma, equilibrata, lucida, oculata e responsabile …
RICORDIAMOLO, le cose che ci
fanno star bene sono - senza ombra di dubbio - quelle che nascono dentro di
noi naturalmente e spontaneamente, prodotte sempre senza forzature e non quelle prese in prestito da scritti
o da influenze strane, sofisticate, artificiali.
L’autore non si assume
alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza
del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a
rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.
NB. Le informazioni e le
interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono
in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre
indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il
presente articolo pertanto ha un valore
educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 E mail: bonipozzi@libero.it
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