mercoledì 14 febbraio 2018

BULIMIA … fame da bue.

BULIMIA … fame da bue.


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in dalla nascita, l’uomo mangia non soltanto per vivere: su questo atto biologico si radicano fattori emozionali e sociali che rendono indissolubili gli aspetti fisiologici e psicologici dal comportamento alimentare. Il primo contatto sociale, infatti, consiste nel ricevere il nutrimento; atto indispensabile alla vita, allo sviluppo e al mantenimento delle diverse funzioni: fisiche e psichiche. Si ottiene in questo modo non solo la soddisfazione della fame, ma soprattutto attenzione, conforto, gratificazione dei bisogni e dei desideri


erto, sono tutte emozioni dimenticate, cancellate dalla coscienza, non esiste più la minima traccia consapevole di questo singolare ed indispensabile gesto nella memoria, ma quante volte - dopo un pasto luculliano - gonfi come una zampogna e pieni come un otre, ci siamo addormentati improvvisamente, sbattendo magari la testa sul passeggino; non ricordiamo nulla, ma è da lì che tutto- con l'aggiunta di baci, abbracci, carezze e coccole - può cominciare la nostra esistenza alla grande; volenti o nolenti, l'autonomia, l'autostima e la sicurezza, iniziano proprio da lì, attraverso il nutrimento: questo grandioso gesto d'amore, se farcito di attenzione e tenerezza, creerà, per sempre, una straordinaria ed indelebile “pienezza” affettiva. Più tardi, i fatti confermano tale ipotesi, man mano che si cresce, insorge la possibilità di opporsi, di non ricevere, di rifiutare, di “sputare” il cibo e, infine, con la dentizione, di “mordere(atti volontari)


l bambino quindi porterà alla bocca e inghiottirà tutto ciò che gli sembra “buono”, desiderabile, in grado di soddisfare i suoi bisogni, rifiutando e sputando ciò che considera “cattivo”. Soddisfare la fame in modo sereno ed affettuoso, pieno di coccole e carezze, produce un sentimento di sicurezza, di protezione, di sostegno e di benessere; una relazione profonda che non solo ci fa sentire “accettati”, “considerati”, “importanti”, “rispettati” ed amati, ma fa alzare nel cervello il livello di ossitocina: l'ormone del benessere che, donando calma, allontana ansia e paura.



ell’allattamento, infatti, il bambino prova il primo sollievo dal disagio fisico e, nel contempo, il contatto caloroso con la pelle vellutata e accogliente della madre gli dà la sensazione di essere difeso, protetto, sostenuto e considerato; di essere qualche volta sì in salita, ma con quella “pienezza” svilupperà un senso di fiducia e sicurezza che gli permetterà di affrontare autonomamente con vigore le sfide della vita senza arrendersi mai. Durante l’allattamento, inoltre, egli sperimenta sensazioni piacevoli nella bocca, nelle labbra e sulla lingua (zone erogene, fonte di piacere), che poi cercherà di produrre, in assenza della figura di riferimento, succhiandosi il dito o quello che trova a portato di mano (abitudini che, con valenze diverse, rimarranno nella memoria, vissute nella vita adulta in maniera non del tutto gratificante se tale fase rimarrà fissata ad una precedente, non verrà “superata” in maniera adeguata)


lcuni studi recenti affermano che le pause per il caffè abituali negli uffici e in altri ambienti lavorativi non hanno la finalità di soddisfare un bisogno calorico, ma piuttosto quello di alleviare l’irrequietezza collegata a quella situazione particolare del momento, esattamente come il bambino collega l’esperienza della poppata al sollievo del disagio fisico. Non bisogna dimenticare che tutti i disagi emotivi che “esplodono” in età adulta rappresentano, in genere, un'esasperazione o una profonda distorsione delle tendenze di base dell'agire umano che, quando “funzionano bene”, hanno precise funzioni adattive. Per certi versi è possibile affermare che la relazione tra madre e bambino è ancora più importante del metodo di alimentazione. Fattori, comunque, quali gesti poco affettuosi e bruschi, scarsa attenzione, disattenzione e alimentazione frettolosa suscitano il primo sentimento di aggressività. Tali reazioni conflittuali provocano esperienze vegetative. 


a una parte l’organismo del bambino è pronto ad assumere il cibo, dall’altro la persona che lo accudisce viene respinta. In questa condizione si creano stimolazioni nervose negative con crampi allo stomaco e vomito, che possono predisporre a un vero e proprio disagio psicosomatico. L’atto del mangiare è in realtà molto adatto a far rivivere umori e sentimenti provati in passato in un’atmosfera simile; un fenomeno che, basta guardarsi in giro, ha più a che fare con le emozioni che con l'appetito. Abbiamo visto che la funzione alimentare, per quanto essenziale, non è tutta quanta innata, ma ha bisogno di essere sapientemente formata, e ciò equivale a dire che tale funzione può essere deviata dalla propria destinazione originaria, qualora la formazione in questione sia mal condotta (sublimata direbbero gli psicoanalisti)

come se i bulimici non fossero capaci di avvertire la sazietà, come se continuassero a mangiare pur essendo da un pezzo sazi. Mangiano dunque per altre ragioni che non per la soddisfazione dei loro bisogni fisiologici, per lo più per ragioni d’ordine emozionale. Quando non si risponde in maniera adeguata ai messaggi alimentari si perde la capacità di discriminare fame e sazietà. Vi sono madri che alimentano il proprio figlio tutte le volte che piange, proprio perché non hanno quella 'sensibilità' (mescolata a preoccupazione o paura) di immaginare altri bisogni (ovviamente in buona fede). Il rapporto madre – figlio, quindi, svolge sicuramente un ruolo importante nello sviluppo (almeno in buona parte) della sintomatologia bulimica. Si crea in tal modo il nesso simbolico in cui il cibo rappresenta amore, sicurezza e soddisfazione del bisogno; nel bulimico il cibo sarà utilizzato in maniera inadeguata ed esagerata allo scopo di risolvere tutti i problemi della sua esistenza. 



n età adulta, quello che per alcune persone è una infinita voragine nera, per altre è un “vuoto incolmabile” e mangiare diventa l’unico modo per riempirlo o riempirsi, per non sentire più quell'abisso affettivo devastante … allontanarsi da quei rapporti circostanti particolarmente temuti e poco gratificante. Quando è una carenza affettiva ad aver segnato e caratterizzato l’infanzia, quando non si riesce a percepire il calore e l’amore di chi sta attorno, ingerire una grande quantità di cibo è un modo per scaldarsi e gratificarsi (riempire i buchi, significata 'dilatare' e, quindi, distendersi, rilassarsi … ma dopo?)


Come accade per la maggior parte dei disagi emotivi, gioca un ruolo assai importante chi vive in una società industrializzata; si viene continuamente bombardati da informazioni contrastanti e fuorvianti che sottolineano, specie per le donne, l'importanza di una linea perfetta, indispensabile non solo per la bellezza fisica, ma anche per raggiungere successo e potere nel settore economico e nel campo sentimentale ... le cose non sono mai realizzate per se stessi ma in funzione dell'altro … insegnano a negare i propri reali bisogni; se è contagioso per un adolescente, provate ad immagine cosa può accadere ad un piccolo con una psiche ancora in formazione, “spugnosa”, non ancora fornita di “materiale idrorepellente”, non in grado di discernere l'informazione, valutarla e metabolizzarla … distinguere il bene dal male; stimoli così potenti non lasciano scampo non soltanto a livello alimentare, ma su tutta la condotta umana: influenzano e condizionano negativamente la vita di molti fanciulli. 

attacco bulimico si distingue da un eccesso di fame o di golosità in quanto l’individuo sembra da un lato non percepire un vero e proprio stimolo di fame, dall’altro non discriminare, in quel frangente, i diversi sapori dei cibi che sta mangiando. Le sostanze più svariate vengono così consumate insieme, dando luogo ad un tentativo di soddisfare questa fame insaziabile, tutto ciò avviene generalmente in casa, in assenza di qualunque altra persona, o al limite di nascosto; la strategia è quella di sgattaiolare poi furtivamente in bagno per procurarsi il vomito; operazione realizzata, comunque, sempre con la massima attenzione, in modo tale da evitare occhi indiscreti: che qualcuno possa scoprire il terribile “vaso di pandora”. Tale atto segue un forte senso di colpa e rabbia verso se stessi, che si caratterizza nella paura di ingrassare, e col bisogno impellente di espellere il cibo introdotto. 

ompare allora il vomito, quale tentativo di liberarsi di un cibo dapprima indispensabile poi riconosciuto come “tossico”. Qui entra in gioco un qualcosa di molto delicato, una profonda preoccupazione che destabilizza e crea un grave problema psichico di non facile soluzione: il modo in cui vediamo noi stessi, sempre, però, in maniera negativa, distorta (immagine corporea … naso brutto, occhi tiroidei, pieghe esagerate inesistenti … c'è sempre comunque qualcosa che non va, un 'solco' da correggere, che bisogna velocemente modificare … altrimenti si entra in conflitto, in tensione con se stessi e con il mondo intero … su di giri e perennemente a disagio); un'immagine di se stessi opaca, poco nitida e chiara, un vivere il proprio corpo in maniera non realistica, filtrato e percepito attraverso tratti psicotici che non hanno nulla a che fare con la realtà; un fenomeno molto complesso che richiede sempre - proprio per il pericolo di una reazione psicotica - calma, pazienza e, soprattutto, una buona conoscenza di questi disagi. A prescindere dai vari orientamenti scientifici e dal trattamento in corso, richiede SEMPRE e comunque un lavoro psicoterapeutico profondo in quanto la confusione, la preoccupazione e la rabbia che accompagnano questo disturbo non solo agiscono sul corpo, ma controllano completamente la psiche e il comportamento: sentimenti che dominano pensieri, indeboliscono corpo e mente e, soprattutto interferiscono con altri aspetti della vita (qui ci spostiamo verso l'asse psicotico)


a bulimia è una forma di compulsione che induce chi ne soffre a mangiare a dismisura o, in casi peggiori, a inghiottire tutto ciò che passa sotto gli occhi, senza distinzione. In brevissimo tempo vengono ingurgitati enormi quantitativi di cibo ad alto contenuto calorico. Stefania raggiungeva mediamente, quando litigava con il fidanzato, 10.000 calorie in una singola abbuffata: in una sola notte. A tutto ciò seguiva, in genere, vomito autoindotto, abuso di lassativi e di diuretici; il giorno successivo non riusciva ad alzarsi per andare al lavoro: in 2 anni ha cambiato dodici posti di lavoro … altri tempi! Queste grandi mangiate sono spesso pianificate o fanno parte di un rituale quotidiano. Dopo un breve periodo di particolare soddisfazione, questo fenomeno è seguito da forti tensioni interiori e da profondi sentimenti di colpa e di vergogna


uesta grande “voracità” alterna costantemente abbuffate esagerate e incontenibili a pericolose condotte compensatorie di eliminazione: vomito autoindotto, esercizio fisico intenso, abuso di lassativi e di diuretici; tutti coloro che soffrono di questo disturbo non sono in grado di controllarsi nel mangiare, allo stesso modo in cui il tossicodipendente non si controlla nell'assumere le sue sostanze quotidiane. Contrariamente a quello che si pensa è un problema molto comune, non solo tra le fanciulle ma anche tra i maschietti. All'inizio della mia attività di psicoterapeuta trovare un “bulimico” era cosa rara ora, invece, sembra si stia raggiungendo una certa parità tra maschi e femmine.


pesso inizia con i primi tentativi di dieta per sbarazzarsi dei chili di troppo che si porta dietro dall'infanzia, con il digiuno forzato (facilitato dalle prime 'cotte') lo scopo viene presto raggiunto, rinforzando la motivazione a proseguire per questa strada impervia, sdrucciolevole e pericolosa. Ci vuole poco tempo per poi scoprire il vomito e i lassativi come rimedio, o anche come punizione, per ogni abbuffata: una volta innescato, il ripetersi ciclico di questi comportamenti ricorrenti non lascia tregua. I disturbi dell’alimentazione hanno a che fare, come già menzionato più volte, con il contatto, il nutrimento, la relazione con il proprio ambiente ma, soprattutto, con la rabbia, la delusione, e il dolore; è un segnale rivolto direttamente a qualcuno o qualcosa, difficile da decifrare. I contatti di Stefania con il fidanzato, a suo dire, non erano mai adeguati e sufficienti; non desiderava un rapporto adulto - improntato sul dare e il ricevere - ma solo su una richiesta smisurata di abbracci, baci, carezze, coccole infantili, una insaziabile e incessante considerazione (con vita sessuale inesistente). Non è ancora ben chiaro il numero preciso dei casi, la cifra sommersa sembra piuttosto elevata. Il decorso abituale è cronico e intermittente su un arco di molti anni. Di solito le abbuffate incontenibili si alternano con periodi di alimentazione normale e di digiuno. 


lcune persone sono soggette a intermittenti abusi di sostanze, più frequentemente barbiturici, anfetamine o alcol. Un panorama variegato e complesso definito, spesso, da idee preconcette, da dati incerti e facilmente occultabili. Altre persone possono manifestare grande apprensione per la loro immagine corporea e il loro aspetto, frequentemente in relazione con la mancanza di attrattiva sessuale; tale inquietudine è focalizzata su come gli altri possono vederli e su come possono reagire nei loro confronti. La bulimia raramente inabilita, se si eccettuano alcuni individui che passano l’intera giornata dietro a quei sofisticati rituali, alle loro abbuffate e al vomito autoindotto.


utte le complicanze fisiche, connesse al disagio bulimico, derivano dal comportamento di “eliminazione” e di purificazione. Il vomito autoindotto porta all’erosione dello smalto dei denti incisivi e all’ipertrofia dolorosa delle ghiandole salivari. A volte si crea una condizione di ipopotassiemia (ipokaliemia) particolarmente grave. L’abuso di lassativi e diuretici può provocare squilibri elettrolitici ed edema; il vomito di succhi gastrici provoca esofagite, lesioni dentali, ingrossamento cronico della parotide. Gli acidi, infatti, contenuti nell'emesi, irritano le gengive e corrodono lo smalto dentario. Il vomito ripetuto, inoltre, priva l'organismo di sostanze nutritive e liquidi essenziali: una profonda disidratazione aggrava la situazione in maniera piuttosto seria. La masticazione frequente e frenetica induce ipertrofia del massetere che conferisce tratti facciali caratteristici, non certo facile da nascondere. 


ompletano il quadro somatico la distensione dello stomaco, stipsi conseguente all’abuso di lassativi e disturbi mestruali. A volte alcuni individui riescono, attraverso vari trattamenti estemporanei, a interrompere in maniera brusca questo circolo vizioso, a gestire in modo maldestro questo problema alimentare piuttosto delicato e complesso; tuttavia, se non si va alla base del conflitto, non si raggiunge il problema in profondità, la vita di questi soggetti sembra limitata e spenta; alcuni conducono un'esistenza senza alti e bassi, piuttosto piatta, con pochi scossoni e sempre in riserva; sembrano perennemente apatici, infelici, scoraggiati, impauriti, isolati, addormentati, mancano di slancio e di iniziativa, conoscono molto bene una sola parola: rinunciaè stata curata una carie, ma ci si è dimenticati della piorrea alveolare! RICORDIAMOLO ancora una volta che tutte queste modalità reattive non sono difetti, non vanno interpretati attraverso il giudizio di valore, ma spiegati come un fenomeno evolutivo che si è 'inceppato', un adattamento sociale non ben riuscito che fa soffrire, crea conflitti, distorce la realtà, isola e non da tregua: non fa vivere bene con se stessi e con gli altri. 


on dobbiamo mai dimenticare che l’idea che abbiamo di noi stessi è stata forgiata attraverso i rapporti con le nostre figure di riferimento, ereditata dai nostri genitori e imposta dall’atmosfera culturale e sociale in cui siamo cresciuti; un modo di pensare complesso di eventi esterni attivato per 'controllarci' nel bene e nel male che ostacola benessere e successo, rende difficile la scelta del proprio futuro ... una fotocopia sbiadita delle aspettative altrui impressa nel corpo; il corpo non solo avverte, ma protesta che stiamo “NASCONDENDO” emozioni, tensioni e stress la sua “VOCE” ci rimette sulla strada giusta.


gni disturbo vuol dirci qualcosa, tenta di correggere un percorso, una direzione sbagliata che stavamo, sbadatamente, per imboccare: riporta a riflettere sui nostri bisogni più veri; ogni emozione trattenuta ci mette con le spalle al muro, ci isola dall’organismo che, astutamente, altro non può fare che rivoltarsi, rivolgersi, chiedere aiuto ai disturbi psicosomatici. I disturbi, dalla testa ai piedi, si fanno portavoce - ogni volta che non li affrontiamo - dei legami sbagliati, delle cose che non vanno o che vogliamo tenere lontano da noi, così la psiche trova finalmente la sua voce: esprime il suo disappunto attraverso il corpo, ci dà precise indicazioni sullo stato di salute degli organi. ATTENZIONE, ci guida al benessere, segnala che bisogna dare spazio a qualche cambiamento e alle emozioni censurate ogni giorno, che ci isolano dall’organismo: dice di cambiare qualcosa della nostra vita, di eliminare quel profondo ristagno emotivo, come realizzare la propria vera naturaRICORDA, il corpo non in linea con le emozioni è sempre il messaggero di conflitti interiori, delle incomprensioni, delle manipolazioni, della fragilità, dell’insicurezza, di tutte le cose vitali inascoltate: in breve, che stiamo tradendo noi stessi.


e facciamo attenzione ai piccoli segnali che il corpo ci invia, se siamo ottimi osservatori di noi stessi (attraverso i cinque sensi: vista, olfatto, tatto, gusto e udito restiamo nel tempo presente) è possibile smantellare tutte le barriere con il corpo e recuperare il vero contatto mente e cuore- il contatto con il proprio corpo - così, oltre ad anticipare l’insorgere di molte sofferenze, permette di fare scelte libere, felici e giuste in qualsiasi settore della vita, possiamo sfruttare questi segnali in qualcosa di più vantaggioso a livello energetico e ormonale, ovvero attivare tutte quelle risorse sprecate inutilmente (in un continuo evitamento, giri di parole, vortici di pensieri … un continuo girare a vuoto), mettendole in tal modo al servizio, a vantaggio, a favore del nostro benessere, prevenire pertanto parecchi disturbi, ritrovare la nostra autentica identità, essere spontanei, vivere in salute il più possibile e in armonia con gli altri; conoscere questo significa correggere tutti quegli atteggiamenti e schemi mentali che rendono infelici e allontanano da se stessi: trovare il vero equilibrio psicofisico … allontanarsi da quello patologico, consolidato nel tempo, percepito come il solo, unico e reale modo di reagire.


ICORDA, cercare i SENSO e non la CAUSA è uno dei principi fondamentali della psicosomatica; attraverso il corpo (movimento, posture, disturbi, espressione, vestiario) comunichiamo agli altri, più o meno consapevolmente, come ci sentiamo, come vorremmo essere o apparire; le nostre convinzioni vere o finte che siano, gesti che ci possono rendere naturali o falsare la nostra spontaneità. La muscolatura, liscia o striata, percepisce sempre il clima, l’atmosfera dell’ambiente in cui ci troviamo e segnala nell’istante, in tempo reale, qualsiasi giudizio di valore, ostilità, insicurezza, competizione: il corpo realizza ciò che la mente declina; ogni stato emotivo bloccato ci rende estranei all’organismo che altro non può fare che chiedere aiuto attraverso il disagio psicosomatico. NON TEMERE, il corpo non è mai un nemico o un estraneo, ma un alleato, ci dà ogni giorno spie specifiche sullo stato di benessere e di salute di tutti i suoi organi: ascoltiamolo con più attenzione e contiamo su di lui, non facciamo finta di niente. 


uesta insaziabile grande passione per il cibo, infatti, se non corretta altro non fa che impoverire l'individuo, allontanarlo dalle sue vere potenzialità di autorealizzazione; un peccato di gola (vedasi i 7 vizi capitali) che si paga caro, si impadronisce della psiche con violenza, creando profonda confusione, instabilità e disperazione: i bulimici sono particolarmente vulnerabili, in balia delle infinite “tentazioni” culinarie un'inclinazione che, paradossalmente, diventa nel tempo il summun bonum esclusivo della loro vita. Un ingordo, non della conoscenza e della vita, ma di un cibo che non 'nutre' e nemmeno 'consola': avariato. Non lasciamoci ingannare, però, da questa loro aria in apparenza remissiva, tranquilla, beata, serena e compiaciuta perché, in molte occasioni, possono diventare personaggi astuti e grandi manipolatori a livello lessicale e relazionale: danno a intendere e di sapere di più di quanto non sappiano in realtà.


osa fareL’aspetto fondamentale nel trattamento della bulimia è la personalizzazione del programma terapeutico (ogni caso è unico ed irripetibile). Concomitanti disagi emotivi, come tratti depressivi, disturbi della personalità, l’abuso di sostanze, dovrebbero sempre rientrare nel piano di intervento globale (sono presenti spesso anche tratti psicotici importanti). L’approccio terapeutico a questo particolare e singolare disagio, certamente non facile da gestire, prevede spesso interventi integrati lunghi ma, soprattutto, un aiuto esterno sapiente e qualificato. A volte l'esperienza e le capacità professionali non sono sufficienti se non c'è, alla base, un vero desiderio o una buona capacità di assumersi l'impegno per ottenere un cambiamento autentico, essere disponibili e aperti nel comprendere ed elaborare i sentimenti sottostanti. 


ersonaggi che all'inizio, negando la realtà, appaiono agli occhi inesperti, “spensierati”, “forti”, “decisi” e “sicuri”; ma sotto sotto sono fragili, hanno i piedi d'argilla, chiedono, con atteggiamento ironico ed infantile, scorciatoie, solo soluzioni esterne, interventi o cure miracolose ma, soprattutto, hanno difficoltà ad abbandonare certe convinzioni e posizioni: lasciarsi coinvolgere nel lavoro terapeutico. Poiché chi vive questa difficoltà appartiene ad un gruppo sociale in cui il livello di confusione e contrapposizione è molto forte, gli obiettivi terapeutici sono rivolti a favorire la definizione dei confini generazionali, separazione e differenziazione dei membri di tale sistema (definire i ruoli). In realtà, si cerca di promuovere lo sviluppo del processo di autonomia (indipendenza), rafforzare quelle parti della personalità indebolite ed aumentare il livello di autostima … aiutarlo a creare, nel tempo, un suo spazio esclusivo di libero movimento (scolastico, professionale).
Sarà indispensabile elaborare, successivamente, le tematiche collegate alla dipendenza, alla simbiosi, alla rabbia, al rancore e all’aggressività. RIASSUMENDO, come per l’anoressia, la psicoterapia individuale di natura espressivo - supportiva è la pietra miliare del trattamento bulimico (non scavare in profondità). Anche gli interventi sulla famiglia sotto forma di sostegno e di educazione sono in genere necessari per rafforzare la terapia individuale. Ogni trattamento, al di là dei vari orientamenti scientifici, deve sempre armonizzare, se non si vuole fallire, con la cultura, gli interessi e il sistema di credenze del paziente. Le tecniche ipnotiche, abbinate a terapie psicoterapiche, saranno di estrema utilità per rilassare alcuni distretti corporei, riequilibrare a livello biochimico l’organismo e stimolare, nel contempo, i contenuti profondi in modo tale che essi abbiano la possibilità di esprimersi attraverso il variegato linguaggio delle immagini. 


l bulimico ha bisogno di una profonda considerazione, di una grande attenzione, di una discreta valutazione e, contemporaneamente, teme di non esserne degno … ha bisogno di tanto, tanto, tanto, tanto e ancora tanto amore. Il suo vomito rappresenta il rifiuto di cose, situazioni o persone, ma anche opposizione a idee nuove; è un personaggio nauseato e disgustato, non riesce proprio a digerire gli eventi della vita: preoccupazioni, fastidi e contrarietà. Un continuo oscillare tra desiderio di dipendenza (abbuffate) e la difficoltà di rendersi autonomi (vomito) rendono nemica la tavola. Ha un continuo ed irrefrenabile bisogno compulsivo di ingurgitare ogni cibo si presenti davanti, mangiare a dismisura (per poi vomitare); una perdita di controllo come se il soggetto volesse mangiarsi "qualcuno". Attraverso il cibo il bulimico crede di colmare un vuoto esistenziale, imbavagliare tratti depressivi profondi, frenare le proprie ansie e frustrazioni: bloccare la paura di perdere il controllo e il timore dell'abbandono. Qui troviamo una figura di riferimento vissuta come invadente che non ha lasciato spazio, che ha ostacolato l'identificazione femminile. 


ei casi leggeri un intervento mirato di psicoterapia breve, includendo forme di trattamento corporeo, può attivare i soggetti bulimici a riprendere abitudini alimentari normali e a crearsi una nuova vita e relazioni più soddisfacenti (il bulimico ama più il 'contatto' fisico che le strategie psicologiche). Nei casi più gravi, i miglioramenti avvengono lentamente, e possono essere necessarie ulteriori forme di terapia come, ad esempio, il trattamento farmacologico anche se, spesso, purtroppo, non rimuovendo completamente le cause, può aiutare a cronicizzare il malessere in atto … portarlo ad aggiustamenti frettolosi e provvisori, condurlo alla deriva, su altre spiagge emotive. All'inizio, comunque, questi soggetti, pur avendo la consapevolezza di una certa immobilità, che qualcosa non funziona per il verso giusto, possono non comprendere le complesse origini di natura psicologica del loro comportamento alimentare (anzi lo rifiutano con tutte le loro forze) e possono respingere qualsiasi suggerimento riflessivo o di cambiamento. 


on il passare del tempo, lo specialista li aiuta ad analizzare i loro problemi psicologici, quali la mancanza di autostima, l'inadeguatezza personale, lo scarso controllo degli impulsi, il perfezionismo, la dipendenza e, soprattutto, conciliarsi con l'immagine negativa del corpo (schema corporeo); tutte cose che questi soggetti non danno mai da vedere, qualcuno direbbe 'la belle indifférenze': una ingenua, inappropriata mancanza di emotività circa la percezione non realistica degli altri e del loro stato. Il tutto, spesso, accompagnato e condito da un senso di superiorità e irritabilità tagliente, con un comportamento distaccato, altezzoso e snobbante … un'aria in apparenza tranquilla, beata e compiaciuta. L'obiettivo dell'intervento terapeutico consiste nel modificare, oltre alle abitudini alimentari, anche il concetto di sé, in modo tale che possano comprendere a quale scopo psicologico sia di fatto servita la bulimia.

VERIFICARE sempre con esami clinici il sistema endocrino e, soprattutto, la glicemia.

i cinefili non sarà sicuramente sfuggito il film graffiante, caotico e compulsivo diretto da Marco Ferreri La grande abbuffata (1973) con U. Tognazzi, M. Piccoli, M. Mastroianni e P. Noiret (individui che conducono una vita vuota e inutile, distrutti nella loro interiorità). Personaggi bizzarri e confusi, U. Tognazzi: “Io alzo il mio bicchiere, non so a che cosa ma alzo il mio bicchiere”. Quattro amici di mezza età, di diversa estrazione sociale, uniti dal comune ma esagerato amore per la buona tavola, decidono di suicidarsi in un'orgia di cibo; si ritrovano a Parigi nella fatiscente villa con giardino di uno di loro per trascorrere un intero weekend bevendo e mangiando a crepapelle, fino a scoppiare nel vero senso della parola. Personaggi che non intendono festeggiare la vita e i suoi vari innumerevoli piaceri, ma sono lì per l'autosoppressione, perché sono delusi della vita ... per quel poco che, a loro dire, l'esistenza ha riservato loro. Conducono una vita talmente banale e spenta che per sentirsi vivi hanno bisogno di gesti estremi e terribili


re prostitute fatte venire per ravvivare la maratona gastronomica ben presto si stancano dell'indifferenza erotica degli anfitrioni, tutti presi non dal piacere dell'istinto, dalla novità della carnefresca, ma dalle pietanze insipide, stomachevoli e di poco gusto, e se ne vanno (il bulimico ha rinunciato da tempo alla sessualità adulta). I bisogni e gli istinti primordiali, filtrati e normalizzati nel loro progetto, divengono "noiosi" ed abbisognano di continue unicità per essere graditi. Ma la ricerca della soddisfazione fine a se stessa comporta l'abbandono dell'utilità e sfocia inevitabilmente nell'apatia, nella depressione, nel senso di vuoto e di inutilità. Una metafora impietosa, quella descritta da Ferreri, sul consumismo della società moderna - del girare a vuoto, dello smarrimento e del piacere non sentito e vissuto - inesorabilmente votata all'autodistruzione. Uno scenario sicuramente non originale - alcuni direbbero niente di nuovo sotto il sole - in quanto ricalca un tema importante e simile a una vicenda di qualche secolo fa, ovvero ricorda il famoso Decameron di G. Boccaccio: le famose cento novelle raccontate da dieci giovani nella Firenze del XIV secolo.


uesti giovani novellatori (tre ragazze e sette ragazzi) nell'arco di dieci giornate, vivono fuori dalla realtà, lontani dal mondo, completamente isolati. I loro racconti sono inseriti in una cornice narrativa che prende spunto dall'epidemia di peste scoppiata a Firenze nel 1348, per sfuggire alla quale i dieci giovani decidono di soggiornare per dieci giorni in una villa isolata e circondata dalla natura, in silenzio e lontano da tutti, dove trascorrono il tempo tra esagerazioni, balli, canti e il racconto di novelle bizzarre, spassose e piccanti.


ICORDA, le vitamine del gruppo B (B1, B2, B3, B5, B6, Acido folico) regolano il funzionamento del sistema nervoso centrale (SNC).
Calcio e magnesio insieme sono importanti per regolarizzare il SNC.
Il triptofano, precursore della serotonina, aiuta a controllare l'umore, depressione ed insonnia; ad alcuni può ridurre l'impulso del mangiare.

Citrus aurantium (olio essenziale): agisce come calmante, antidepressivo, stimola la produzione di bile, aumentando la peristalsi aiuta nella costipazione, particolarmente utile nei disturbi neurovegetativi.
Ficus carica (MG): aiuta, assieme a Tilia tomentosa, nei disturbi di natura psicosomatica e a livello gastrointestinale.
Calcarea carbonica (9 CH): avversione per ogni lavoro, irritabilità, testardaggine e cattivo umore.
Nux vomica (9 CH): soggetti nervosi, impazienti, irritabili, collerici che non tollerano il minimo ostacolo; si agitano maggiormente se si tenta di acquietarli; sempre pronti a rinfacciare i propri errori agli altri.
Natrum muriaticum (9 CH): personaggi molto tristi che si scoraggiano facilmente, eccitati, nervosi, collerici e vendicativi; il minimo tentativo di consolazione aggrava e esaspera il loro stato.


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