Poi dicono che
siamo strani e complicati …
lcuni
maestri del genere noir - per impressionare il lettore - sono
soliti ambientare le loro storie in luoghi angusti, macabri, cupi e
misteriosi: mescolando, il più delle volte, vittima e carnefice,
nonché bene e male. Io invece più “terreno”, poco
fantasioso e per nulla ambizioso a livello letterario inizio la
narrazione scritta - senza sconfinare nel mondo horror - con
un “grido”. Il nostro racconto esistenziale
comincia con un urlo forte, acuto e
terribile: la nostra vita
inizia - nel bene o nel male - con una “rinuncia”;
si deve fare a meno -
quando l'ambiente acquatico è favorevole - della
quiete uterina. La vita autonoma ha origine da una “perdita”
di
simbiosi con la madre,
da una “separazione”, da un “abbandono”,
da un “taglio”: al
cordone ombelicale. Un evento che - se mal gestito
- lascia un “segno” profondo, caratterizzato da
confusione, insoddisfazione, disperazione e dolore: il primo
disagio sperimentato nella vita aerea. Una “privazione”
di dimensione universale che se non trova un ambiente
adeguato e un clima familiare favorevole lascia, nel
corpo e nella mente, un “segno” indelebile, può
influenzare in maniera significativa lo stile di vita, la sensibilità
e la capacità d'amare del futuro individuo. Un fenomeno che con la
sua impronta iniziale può dare inizio ad una “deviazione”
neurologica prematura, ad un vero e proprio cambiamento
biochimico ed ormonale; una modificazione per alcuni insignificante,
ma per molti piuttosto importante considerata l'immaturità
neurofisiologica, la totale dipendenza fisica e l'inadeguata
“strumentazione” difensiva a disposizione del
piccolo.
a capacità di provare amore e attaccamento è la caratteristica essenziale dei mammiferi: veniamo al mondo troppo indifesi per poter sopravvivere senza il nutrimento e il sostegno che ci derivano dalla presenza di un forte legame madre/figlio. L'amore però può anche diventare motivo di sofferenza: perdere qualcuno o qualcosa cui siamo particolarmente legati ci può far precipitare in una lunga e penosa sofferenza. Anche la perdita della propria condizione, magari dopo una lunga lotta per la supremazia, può portare all'isolamento e a questo inequivocabile malessere emotivo, tanto a livello sociale quanto nell'ambiente lavorativo; un fenomeno riscontrabile in certe vittime di complotti messi in atto dai colleghi di lavoro, in persone che vengono allontanate dalla cerchia sociale di appartenenza o in chi non riesce ad adattarsi a certi cambiamenti (perdita di lavoro, disoccupazione, pensione). Se poi a questa modesta protezione si aggiunge, nel tempo, incomprensione, manipolazione, qualche abbandono, poca considerazione, mancanza di stima, scarso rispetto e alcune relazioni tossiche, il gioco è fatto: il senso di inferiorità, con tutti i suoi atteggiamenti colpevolizzanti e paralizzanti, è servito. Una condizione emotiva che non solo trova facilmente nel clima familiare un suo humus fertile e particolarmente favorevole, ma può anche predisporre alla visione di un mondo invadente, ostile e cattivo, ad una realtà assai pericolosa e piuttosto insidiosa; pianto e tristezza non possono mai essere espressi in modo libero e spontaneo perché minano la serenità, possono creare panico, ferire e rendere insicuro l'altro … generare squilibrio, portare tensione, allarmare e disorientare chi è preposto ad accudire e proteggere. Questo però non significa che per forza bisogna sconfinare nell'eccesso opposto: guai ad avidità di dominio e a gesti iperprotettivi che si sostituiscono all'azione, al libero scegliere e decidere del piccolo.
così, piano piano, si fa strada la convinzione di valere poco, di non meritare nulla dalla vita, se non attraverso “voli pindarici”, riscatto ed espiazione; rassegnazione, sopportazione, passività, timori, insicurezza e disistima preparano un'esistenza incerta: fanno imboccare, fin dall'inizio, un percorso fuorviante, sterrato, disagiato e pericoloso ... si entra nella vita zoppicando. Un convincimento che rende eccessivamente sensibili alla sofferenza e alla sventura altrui, limita i gesti, frena le scelte e, soprattutto, ostacola la capacità di far valere le proprie opinioni in ogni settore della vita. Se non siamo mai stati guardati con dolcezza, presi con i “guanti” di velluto, avvolti nel calore, accolti, rassicurati, accarezzati e nutriti con amore avremo, come risultato finale, un “prodotto” umano con caratteristiche di scarsa qualità: un individuo spesso autodistruttivo, incapace di godere, insicuro, pessimista, rinunciatario, con poca fiducia in se stesso e negli altri; in ogni situazione si sente fuori luogo, in prestito, sembra che nessuno l'abbia desiderato o voluto su questa terra. Un soggetto 'trasparente' mai in prima linea, ma sempre con mansioni di gregario: dietro le quinte.
ICORDA,
chi non rischia mai, deve accontentarsi di poche cose, di scarti e
briciole, resterà sempre debole ed affamato: della
vita … chi rinuncia a vivere “muore”
mille volte, mentre quelli con “grinta” una
sola volta, diceva quel famoso poeta. Un personaggio che
attraverso i suoi vari meccanismi di difesa primitivi ed inefficaci
farà - quando va bene - scelte mediocri, rimanderà qualunque
cosa perché in ogni settore della vita si sente inadeguato, si
considera l'ultima “ruota del carro”; non sarà mai
- sul palco della vita - il primo attore: primeggiare
per lui significa uscire allo scoperto, esporsi alle critiche del
mondo e, soprattutto, assumere ruoli rischiosi; gli
altri poi potrebbero vedere - attraverso atteggiamenti e modalità
relazionali - quelle profonde “mancanze”,
scoprire quelle eventuali “debolezze”, quella
spasmodica avidità mai sazia, quel vuoto incolmabile d'amore,
quell'antica carenza di affetto, quel bisogno di calore primordiale
mai ricevuto se non attraverso minacce o dolorosi compromessi. Il
comportamento umano si può dividere in due parti; categorie
strettamente connesse, caratterizzate e spinte dalla ricerca di
soddisfazioni e dalla
ricerca di sicurezza.
Le
soddisfazioni e la sicurezza sono considerate gli scopi, o stati
finali, del comportamento umano, e cioè dei processi interpersonali.
Nel linguaggio comune esse spiegano in termini generali che cosa si
cerca in ogni situazione con altre persone, siano esse reali,
fantastiche o una combinazione di queste due qualità.
a
ricerca delle soddisfazioni è una risposta ai bisogni biologici
primari, tra i quali il cibo, bevande, sonno, riposo e, non meno
importante, l'appagamento del desiderio sessuale.
E' facile notare direttamente che per tutta la vita la ricerca delle
soddisfazioni è provocata fisiologicamente da un aumento di tono in
alcuni muscoli lisci, e il loro raggiungimento è accompagnato da un
rilassamento generale dell'attività muscolare, con tendenza alla
diminuzione dell'attenzione, dell'allarme e della vigilanza, e con
una propensione al sonno. In parole più semplici, una soddisfazione
provoca una diminuzione di tensione. L'altra categoria, la sicurezza,
proviene dal bagaglio culturale dell'uomo: tutto
ciò che è fatto da lui e che sopravvive come monumento a quelli
vissuti prima.
Tutti
quei movimenti, azioni, parole dette, pensieri, fantasie, che
appartengono più alla cultura di cui un dato individuo è stato
imbevuto che alla organizzazione dei suoi tessuti e delle sue
ghiandole, tutto ciò rientra propriamente in questa classe della
ricerca di sicurezza. Qual
é l'origine del bisogno di sicurezza?
E' il fatto che attraverso una lunga storia, che inizia con la
nascita, ogni persona diviene un essere sociale: il
lattante sente gli effetti della cultura attraverso l'atteggiamento
della persona importante, madre o figura di riferimento, che gli sta
accanto.
A sua volta lo stesso atteggiamento della persona importante è
condizionato socialmente.
olto prima di capire cosa sta succedendo, il lattante riceve qualche impressione sugli atteggiamenti di coloro che si prendono cura di lui. Dopo qualche tempo lo si educa deliberatamente, insegnandogli che cosa si considera giusto e che cosa si considera sbagliato. In altre parole gli impulsi biologici vengono condizionati socialmente, cioè modellati secondo le forme approvate dalla cultura. A differenza di quanto accade per le soddisfazioni, il raggiungimento della sicurezza esige la “conservazione” di una certa quantità di tono o tensione muscolare. Si dice che alcuni muscoli non sono mai completamente rilassati e che anzi molti di essi sono in uno stato di tono considerevole anche durante il sonno più profondo. I cambiamenti di sicurezza comunque sono accompagnati da cospicue modifiche di tono in tutti i principali sistemi muscolari del corpo. Le soddisfazioni raggiunte, secondo i modelli socialmente approvati, provocano un senso profondo di benessere, di compiacimento, di sicurezza.
questi bisogni non solo si provano, ma quando per qualche ragione non possono essere soddisfatti secondo i modelli culturalmente approvati che si sono appresi nella prima parte della vita, si prova una sensazione di intenso disagio, di malessere, di insicurezza che è l'angoscia. Questo non vuol dire che i bisogni si sono trasformati in insicurezza ed angoscia, ma che essi sono sentiti come qualcosa che mette in pericolo la sicurezza, e cioè che si trovano in conflitto con la necessità di raggiungere quel preciso stato di quiete: raggiungere i propri obiettivi e progetti con fiducia e lucidità. La mancata soddisfazione di tali bisogni in maniera lineare e “naturale”, accompagnata da insicurezza, crea una diffusa e profonda “privazione” e, quindi, per farla breve, si è in prima fila come candidati a produrre tristezza e tratti melanconici; ci si ritrova in ogni occasione a fare i conti con un umore ballerino invadente: un personaggio con un grave defedamento organico e caratteristiche depressive persistenti. Il suo agire essendo permeato di motivi passivi, di inadeguatezza, di insicurezza e di indegnità si concretizza in una rinuncia continua, sia nascondendo sentimenti sia camuffando passioni e desideri.
l fine di compensare quella mancanza d'affetto e, quindi, avere maggior considerazione e attenzione è disposto a sacrificarsi, a scendere a patti con ogni cosa, a qualunque costo, anche di rinunciare alla sua vita reale (vedasi il racconto di Esopo: “Patto leonino”): offrire un eccesso di disponibilità, una forma di altruismo ingannevole e un esagerato senso del dovere. Non dobbiamo dimenticare che la reazione depressiva, come ogni stato emotivo difficile, è una delle possibili risposte ad uno stato continuo di sofferenza; un tentativo, un aggiustamento mal riuscito per evitare l'impotenza di fronte alla sofferenza fisica e psicologica.
Sarà una vita
governata da remissività e accondiscendenza, caratterizzata da
scarso ardore, intessuta di delusioni, piena di lamenti, da un non
dire e da un fare forzato, spinta da una smania irragionevole e da un
desiderio assurdo di “nutrire” gli altri per sentirsi più vivi;
un agire non soltanto ai margini della vita e nettamente in contrasto
con il vero sentimento d'amore puro, schietto e genuino, senza
catene, ma che tiene lontano anche dal mondo degli affetti sani, che
obbliga a rinunciare alla propria individualità: il
tutto condito da un'ideologia sacrificale, da un grande senso di
frustrazione e da una enorme aggressività dirompente;
un dare rivolto esclusivamente ad offrire un'immagine mascherata da
troppa disponibilità e da “bravo personaggio” solo
per avere in cambio più stima, sostegno e maggior considerazione:
raccattare qualche misera briciola di affetto in più.
E' bene ricordare che un debole stato di salute fisica indica che il
corpo non funziona a dovere; non si può evitare l'effetto tossico e
la lotta contro i batteri.
n debole stato di salute mentale o
emotiva, invece, indica una situazione simile con riferimento alla
nostra personalità, alla nostra abituale maniera di adattarci. Non
possiamo evitare gli effetti infettivi, non di batteri, ma dei nostri
stessi errori di interpretazione: un modo
di fare fallace nel senso
che conduce ad un comportamento inadeguato.
Comportamento che non è funzionale, che non ci dà quello che
vogliamo. Questo modo di fare non è semplicemente sciocco, è
dannoso. Vestirsi con abiti infantile è puerile; reagire ai nostri
problemi in modo infantile è dannoso. Che
cosa sono dunque alcuni di questi stati d'animo sbagliati, alcune di
queste erronee interpretazioni? E
come possono colpirci? Per scrupolo analitico
esaminiamo questi atteggiamenti in termini di pensiero,
sentimento e comportamento. Il più grave errore di
interpretazione nel nostro modo di pensare è che andiamo dietro ai
nostri desideri piuttosto che alla realtà per dominare i nostri
pensieri. Questo ha come risultato,
naturalmente, un giudizio insufficiente. Nel nostro
modo di pensare anche noi interpretiamo erroneamente le conseguenze
delle nostre azioni. Chi soffre di qualche disagio emotivo ha la
tendenza di ripetere i propri errori. La gente in “equilibrio”
può fare sbagli in maggiore o minore numero di chi soffre a livello
emotivo, ma commette errori diversi, e ciò dimostra che ha risolto
alcuni dei suoi problemi o che ha scontato gli errori ed è in grado
di proseguire, di andare avanti in maniera più o meno felice. La
gente che fa sempre lo stesso errore più e più volte mostra di
essersi fermata ad un certo stadio di sviluppo. Il
più importante errore emotivo di interpretazione di chi soffre è di
sottovalutarsi, di punirsi, di trattarsi miseramente.
Questo atteggiamento è il risultato di
una misera immagine di se stessi. Una persona con una
misera immagine di se stessa può veramente sembrare che stia
cercando di aumentare il proprio valore, ma il tentativo è male
indirizzato, superficiale, e indica che non ha un concetto di sé
sufficientemente buono. Questo
atteggiamento si estende alle relazioni di parentela, al mondo del
lavoro e agli amici.
l primo è la vita in casa. Collera cronica, ostilità, atmosfera pesante e tensione in casa propria indicano bisogno di aiuto. Il secondo campo è il lavoro. Aggressione, senso di colpa, depressione, alienazione possono seriamente minare la capacità di una persona nello svolgimento di qualsiasi attività. Il terzo campo, lo svago, è spesso trascurato, pur essendo un importante contrappeso nella nostra vita, perché in questa società globale e competitiva siamo sempre sotto pressione per produrre e lavorare. Quindi lo svago deve essere dedicato a soddisfare i nostri bisogni non avendo nulla a che fare con le pressioni che la società esercita su di noi. Potrebbe esserci d'aiuto il tirar fuori qualcosa dalle nostre tendenze aggressive per soddisfare i nostri inesauditi bisogni d'amore. La gente che non ha vie di uscite rilassanti, interessi esterni, che non fa altro che lavorare tutto il giorno e dormire tutta la notte, non può continuare a lavorare in mezzo alle sue difficoltà emotive. Il quarto campo, la vita sociale, urta con gli altri tre campi e oscura le loro possibilità e i loro espedienti. All'inizio della nostra vita sviluppiamo facilmente una povera immagine di noi stessi perché ci sentiamo rifiutati e inevitabilmente soffriamo per il rifiuto, perché dipendiamo moltissimo dai nostri genitori che ci aiutano. Una dura disciplina o più propriamente un'atmosfera priva di amore e di approvazione, ci dà un misero concetto di noi, e dozzine di esperienze distruttive con fratelli, amici, insegnanti e altri lo rinforzano. Quante volte nella mia attività ho ascoltato opinioni inutili e dannose, formulate per gestire o schiacciare il più “debole”: “Taci tu che sei piccolo, cosa vuoi mai sapere” o ancora peggio “Taci tu che non capisci niente … quando avrai la mia età allora sì che potrai parlare”. Sembrano cose d'altri tempi, fantasiose, ma capitano ancora oggi e con una certa frequenza, più di quanto si possa pensare. Come risultato - per pulirci e tamponare le ferite - sviluppiamo dei meccanismi difensivi. Comunque questi non sono molto efficaci, non siamo abbastanza cresciuti per sviluppare difese vantaggiose. Tuttavia le rinforziamo, edifichiamo su queste misere fondamenta e sviluppiamo un autentico modo di vivere che implica evasione, ritiro, interpretazioni sbagliate, in breve i nostri variegati disagi emotivi. Dopo un po' di tempo questo modo di vivere diventa così normale che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo veramente perché è ciò cui siamo abituati.
a
se ha ricevuto “poco”, mai sperimentato sentimenti di intimità e
gratitudine, vissuto rapporti con figure dure, fredde e scostanti,
affrontato responsabilità e compiti inadeguati per il suo momento
evolutivo, quanta bontà e allegria genuina potrà offrire a se
stesso e agli altri? E' difficile rispondere con
precisione a questo complesso e farraginoso interrogativo perché in
ogni suo gesto ci sono infinite sfumature, in ogni suo atteggiamento
si cela sempre - dietro un manto candido di beatitudine, di falsa
calma e di un egoismo ben mascherato di altruismo -
un'aggressività distruttiva muta, sempre trattenuta e mai espressa,
una rabbia repressa e un odio silenzioso verso ogni divieto: non
sente e nemmeno ascolta più i suoi desideri più profondi, il suo
corpo stanco, logoro, abbandonato e pieno di lividi.
Se ti ritrovi in questi atteggiamenti appena descritti significa che
sei saltato a piè pari, entrato a tua insaputa nel teatro della
melanconia, scivolato silenziosamente su un palcoscenico in cui si
sta recitando il dramma di un vissuto pieno di colpe,
rovine, tristezza ed ipocondria … un
demone del passato che prepotentemente fa sentire la sua voce nel
presente annullando completamente la voglia di vivere.
ATTENTO, ti stai muovendo
su un territorio minato: quello
depressivo. Lo stato depressivo - senza scomodare i
poeti romantici - non solo è una sofferenza familiare a tutti
noi, ma anche inevitabile per i motivi espressi fin dall'inizio della
nostra narrazione (separazione, perdita, abbandono). Molte
persone procedono nella loro vita fra gli estremi di tale stato;
altre, in maniera leggermente più stabile, mantengono un prevedibile
e desiderabile equilibrio. Ma più o meno siamo tutti coinvolti,
tutti colpiti in una certa misura da quello stato d'animo persistente
chiamato umore … “qui
sine peccato est vestrum primus lapidem mittat”.
Un fenomeno che si sovrappone al
nostro modo di fare e stabilisce, volenti o nolenti, l'autentico tono
emotivo della nostra vita quotidiana.
Muoversi
ancora, in ogni direzione senza concludere nulla, fissando il vuoto,
consumando ogni risorsa vitale. Reagiamo di meno agli stimoli e alle
influenze sociali; evitiamo volutamente ed astutamente gli
assembramenti di esseri umani; ci
alleniamo alla trascuratezza e al disordine: le
donne non curano più unghie e capelli, mentre l'uomo si lascia
andare ad un vestiario disordinato e scadente, poco pulito.
Questo articolo, comunque, non ha niente
di saccente, non cerca colpevoli, tantomeno responsabili, la sua
finalità è quella di far riflettere o orientare - chi
è curioso ed interessato - a
capire se la tristezza che si sperimenta è da valutare come una
normale alterazione dell'umore o se invece è l'espressione di una
condizione clinica più seria, che necessita di una diagnosi e di un
trattamento adeguati. RICORDIAMOLO,
ancora una volta, che una diagnosi precoce e un corretto trattamento
sono indispensabili per ridurre la sofferenza, ridimensionare le
conseguenze di tale stato emotivo e per evitare, soprattutto, che
causi gravi danni a se stessi e agli altri … più
di ogni altra cosa a piccini ed indifesi.
Diventiamo
apatici, indolenti, non c'è nulla che ”infiamma”
la nostra curiosità, che alza il tono dell'umore. Quei piccoli gesti
che prima erano il nostro cavallo di battaglia e la nostra fonte di
piacere, ora non ci danno soddisfazione, non ci rallegrano più;
nulla ci interessa, diventiamo abulici e
freddi, tristi, scoraggiati e indolenti, dominati da un senso di
futilità e di fallimento;
stanchi, spompati, privi completamente di energia … cattive
abitudini che tolgono forza fisica e mentale. Senza
alcun vigore, ogni attività - se non completamente assente -
non solo subisce un calo notevole di vitalità ma è soprattutto
fonte di infelicità: lavoro, rapporti sociali e sessualità
anziché sollevarci creano continui conflitti ed inutili battaglie.
L'unica cosa che possiamo fare è soffermarci a pensare a noi stessi
e ai nostri turbamenti: un profondo
sconforto che sembra non avere fine.
La nostra giornata, senza alcun motivo, si colora di tinte scure, di
tristezza e scoraggiamento profondo; ci
sentiamo continuamente minacciati anche quando le circostanze in cui
ci troviamo non giustificano affatto un simile sentimento
catastrofico.
ortati a generalizzare ogni cosa, abbiamo sempre in qualsiasi settore della vita reazioni esagerate, il più delle volte a nostro svantaggio. Questa non è una visione reale, autentica, oggettiva del mondo circostante, ma è dettata dal nostro profondo pessimismo, dal nostro “umore ballerino” nei suoi riguardi: una disposizione, una interpretazione, un giudizio emotivo che, ancora una volta, ci fa piombare nel turbamento e nell'apatia. Le cose in sé non sono né belle né brutte, né buone né cattive; imputiamo ad esse questi giudizi di valore, ma tali valutazioni dipendono dai nostri gusti, dai nostri desideri e soprattutto dalle nostre interpretazioni ed aspettative: facciamo tabula rasa intorno a noi, contaminiamo con il nostro stato emotivo gli eventi che ci riguardano. Diventiamo ansiosi perché siamo convinti che c'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in noi. Guardiamo la nostra vita come una “valle di lacrime” che vale la pena abbandonare il prima possibile. Privarci continuamente di ogni cosa, materiale o spirituale che sia, ci deprime. Possiamo sentirci tagliati fuori dalla possibilità di una soddisfazione, e più ci sentiamo calpestati meno facciamo per ottenerla … il tutto convoglia verso un continuo senso di privazione, dritti, dritti nelle fauci del malessere depressivo. O possiamo sentirci, se non proprio in questo stato, come una nullità senza nome, in un largo impersonale corpo strutturato dove non c'è che una piccola speranza di riconoscimenti.
a noia,
che spesso è confusa con la fatica, conduce alla depressione.
Presi in un intreccio perverso di inattività e di noia, cominciamo a
sentire che la vita sta passando su di noi. Prestiamo sempre meno
attenzione agli eventi e alle situazioni perché, nella nostra
attività sempre uguale, si richiede meno attenzione. Ma
sfortunatamente non possiamo cessare da questa tendenza a prestare
sempre minor attenzione alla vita, e presto finiamo col non essere
più sufficientemente attenti alla quotidianità in maniera
entusiastica, vivida. Cominciamo a
perdere di vista ciò che potrebbe darci il sentimento di
soddisfazione. E così il nostro malessere depressivo
aumenta. Molto più deprimente è la paura della vecchiaia.
Noi viviamo in un mondo globale, in un ambiente iperattivo nel quale
abbiamo cominciato ad agire e a produrre senza limiti, abituati ad
avere tutto e subito; l'età avanzata ci rende impacciati, limita non
solo la nostra mobilità ma anche la nostra ragion d'essere; ciò
è deprimente. Meno dobbiamo preoccuparci per qualcosa, più
facilmente ci sentiamo depressi. Ma
perché il nostro senso di fallimento o la perdita di qualcosa che
amiamo deve affliggerci in questo modo drammatico?
Perché questa apatia, perché non
l'indifferenza o l'ira? Perché la perdita reale è
determinata da una profonda rottura dentro di noi, piuttosto che di
qualcosa intorno a noi.
a perdita reale
non è altro che la stima di noi stessi.
Con la perdita di un bene materiale, di denaro, di prestigio, di
un'opportunità o in ogni caso in cui venga a mancare qualcosa di
importante, ci sentiamo meno adeguati. Con la perdita di una persona,
invece, un'importante parte di noi se ne va a causa della nostra
identificazione con quella figura affettiva (identificazione:
meccanismo di difesa secondario, processo
mediante il quale un individuo costituisce la propria personalità
assimilando uno o più tratti di un altro individuo e modellandosi su
di essi). E' come se il centro del nostro
essere fosse stato tagliato via … non si ha più il faro che
ci guida, alcun supporto, sicurezza. Il
guaio sta nel fatto che la nostra condizione emotiva spesso è
sproporzionata alla perdita che ci sembra di subire.
Ciò induce a credere fermamente che la
stima che avevamo di noi stessi non era ben solida, radicata in
profondità. La nostra “disponibilità”
a questo stato emotivo, complesso risultato di un insieme di
precedenti privazioni, abbassa la soglia della nostra coscienza,
esigendo che l'insoddisfazione si riduca sempre di più in noi: alla
fine ci “svegliamo” dalla parte sbagliata del letto. Ma
la soluzione è sempre la stima in se stessi.
ICORDIAMOLO ancora una volta che la stima è il fulcro, il centro emotivo su cui poggia la nostra armonia, il nostro prezioso equilibrio. La stima di sé, di una persona che soffre a livello emotivo, è controllata e regolata non dalla persona ma completamente dalle situazioni esterne: dagli altri. Molte persone cercano costantemente l'elogio e la giustificazione, l'ammirazione, l'attenzione, l'affetto: quell'amore sempre mendicato, desiderato con estrema umiltà. Un individuo pateticamente e perennemente affamato di attenzione e di complimenti. Il bambino, come è stato più volte sottolineato in questo articolo, comincia la sua vita come un animale; è interessato soltanto a soddisfare i suoi istinti (nutrirsi). Dopo un po' impara che non può fare a meno di certe figure di riferimento. Isolarsi, stare da solo è davvero pericoloso; si sentirebbe perennemente “schiacciato” dall'ambiente circostante, dominato da un senso profondo di impotenza. Gli altri possono fare tutto, da solo non può fare nulla. Impara presto che il suo senso di soddisfazione dipende dai suoi genitori e che il loro amore o la loro disponibilità ad accettarlo è una garanzia di aiuto per lui: un porto sicuro per la sua sopravvivenza. Così si sente confortato al massimo non soltanto quando è con loro, ma anche quando intuisce, mette a fuoco, razionalizza che l'essere accettato da queste figure di accudimento è cosa buona e tranquilla.
l
bisogno di essere amati e considerati diventa il requisito essenziale
del bisogno dei suoi istinti: la fame e la sete. In
primo luogo questo amore è offerto senza condizioni, ma queste
figure di riferimento imparano presto, mettendo in atto quello che
hanno acquisito, appreso dalla vita, ad esigere qualcosa in più, e
il piccolo scopre di vivere in un mondo di approvazione o di
disapprovazione. Dopo un po' l'amore è offerto
soltanto se obbedisce, agisce conformemente alla volontà altrui. Le
malefatte generano ben presto la paura della ritorsione, il terrore
della disapprovazione, e le azioni buone un'attesa di approvazione.
Il piccolo impara a riconoscere un giudizio di approvazione e uno di
disapprovazione sufficiente bene da applicarli spontaneamente alle
sue azioni, a se stesso. Non appena distingue ciò che è giusto da
ciò che è sbagliato, comincia a formarsi una coscienza, un super
– Io direbbero
ancora una volta gli psicoanalisti, e il bisogno di fare le cose
giuste diventa il primo passo, il primo requisito per i suoi
sentimenti di soddisfazione. In primo luogo ogni piccolo ha avuto
bisogno di pensare che buono e cibo coincidono; subito
dopo ha avuto bisogno dell'amore; non appena è un po'
cresciuto ha bisogno di sentire che sta agendo in maniera “giusta”. Dal momento che fin dalla nostra infanzia siamo continuamente
“richiamati”, sempre giudicati, ben presto
impariamo a giudicare noi stessi … a nostre spese, con la
stessa moneta. E quando facciamo qualcosa che riteniamo
sbagliato ci sentiamo in colpa; siamo
piuttosto severi, giudichiamo che non siamo degni di approvazione e
di lode. Con estrema difficoltà tentiamo di
riguadagnare l'approvazione degli altri. Sfortunatamente confondiamo
la nostra “indegnità morale”
o la nostra colpa con gli
effetti che ogni nostro difetto ha su di noi. Ogni volta che
manchiamo di fare qualcosa per la nostra soddisfazione, sminuiamo noi
stessi; ancora una volta cominciamo a
ricercare al di fuori la conferma del nostro valore.
E' bene ricordare che il senso di colpa è un sentimento che può
smantellare completamente il nostro equilibrio emotivo e,
soprattutto, non deve essere confuso con la colpevolezza. A livello
giuridico, ad esempio, si deve giudicare la colpevolezza di uno che
ha commesso un reato. La sentenza arriverà da una figura esterna
(giudice), che non è né la vittima né il colpevole. Si
parlerà allora di una colpevolezza reale, legata ad un fatto
concreto. Il sentimento di colpa, invece,
indica il modo in cui un'azione è vissuta da colui che è
'accusato', a torto o a ragione, dagli altri e non da se stesso.
Una colpevolezza sana è una colpevolezza proporzionale sia in
qualità sia in quantità. Porta al rimpianto e al rimorso, ma non
all'odio di sé, tantomeno forma giudici severi che non perdonano e
non si sentono “sbagliati” per aver preso una
briciola di pane. Dissuade dal reiterare, senza escludere il
ventaglio di passioni e di piaceri. Non si può, a priori, screditare
la colpevolezza: può essere pesante, sterile e disperante, ma è
anche l'espressione della sensibilità nei confronti dell'altro, la
spia accesa per la coscienza quando indica il rifiuto o
l'indifferenza.
on si è mai completamente umani senza acquisire
un'attitudine a sentirsi colpevoli. Uno
dei maggiori problemi posti da questo sentimento di colpa viene dal
fatto che non c'è sempre consapevolezza: coscienza
della situazione. Si può manifestare all'insaputa di
una persona, attraverso uno dei suoi effetti indiretti: irritabilità,
tristezza, risentimento, apatia. Questo senso di
colpa, più o meno cosciente, è talvolta compatto, duro, resistente.
Non bisogna dimenticare che questa condizione emotiva è spesso
associata ad un irresistibile bisogno di punizione. Non è del resto
sempre possibile differenziare il senso di colpa dal bisogno di
espiazione. Per un atto reprensibile che non dovrebbe comportare che
una “leggera bacchettata mentale” sulle dita, si
assiste alle volte a delle misure punitive sproporzionate. A questo
riguardo ci sono studi davvero interessanti circa la frequenza
anormale di incidenti automobilistici che avvengono dopo un litigio
con un familiare cui si è legati da un vincolo affettivo. Al di là
della perdita di attenzione dovuta ad un legittimo sovraccarico
emozionale, potrebbe anche trattarsi dell'espressione concreta di un
bisogno incosciente di punizione. Per noi psicoterapeuti la
situazione è molto chiara. Lavoriamo spesso con soggetti che
resistono accanitamente ad ogni sollievo di sintomi, che sembrano
perdutamente legati alla sofferenza affettiva, e questo perché,
paradossalmente, questa situazione, questo modo di fare, di reagire,
assicura loro il castigo che credono di meritare. Non
è raro trovare in certi soggetti l'istallazione di uno stato
depressivo dopo un litigio o una reazione di rabbia.
Tornando ancora una volta ai tratti depressivi, passiamo il tempo
cercando ossessivamente amore piuttosto che offrendolo. E le nostre
relazioni sono spesso insoddisfacenti perché nessuno può darci ciò
che domandiamo. L'insoddisfazione nell'amore diventa insopportabile
perché l'amore è così importante. Dedichiamo noi stessi a questo,
a spese degli altri aspetti della nostra vita.
iventiamo gelosi, in realtà più gelosi che amanti. Non siamo amanti, siamo soltanto disperatamente alla ricerca di amore, di considerazione, di attenzione … quel calore ancora una volta mai ricevuto. Alcune persone vanno alla ricerca dell'approvazione esterna e dell'amore lavorando in maniera eccessivamente dura e conseguendo molto di più del necessario. Certi sono magnanimi nei riguardi di una colpa; altri ancora si lasciano andare ad una specie di giostra sociale senza mai restare soli. Questi mezzi spesso ci offrono una reale, anche se instabile, possibilità di essere accettati. Ma sforzarsi così duramente per ottenere di essere accettati diventa un modus vivendi … spesso fonte di delusione. Invece di rallegrarci per la convinzione di essere amati, continuiamo ad avere paura di essere accettati soltanto per il tempo in cui lavoreremo in quel modo. Se ci fermiamo, pensiamo che perderemo tutto. Diventiamo stanchi man mano che invecchiamo, ma dobbiamo continuare. Non coltiviamo quelle relazioni più profonde che potrebbero aiutarci a costruire un'interiorità più vantaggiosa … più valida e sicura; continuiamo a correre senza fare nessun progresso. Questo ci esaurisce, ci toglie potenza L'energia che richiede ci priva della nostra forza e della nostra vitalità, lasciandoci non solo disposti alla depressione in generale ma anche meno capaci di goderci la vita. Questa monotonia è la differenza tra la sciarada che alcuni usano per godersi la vita e il fatto di essere veramente felici. Vediamo abbastanza spesso della gente il cui riso è sospettosamente forte. Se essi gioissero della vita soltanto a metà di quanto vorrebbero farci credere, non sarebbero stanchi in tal modo per la maggior parte del tempo. Viviano in un mondo che valuta attentamente e scrupolosamente ciò che ciascuno ha conseguito e che incoraggia il giudizio morale. E impariamo queste consuetudini con una esperienza personale, nei nostri primi anni di vita, dalle nostre figure di riferimento. Dapprima esse ci guidano quindi, attraverso vari automatismi, pilotiamo noi stessi sullo stesso sentiero esistenziale, e come risultato soffriamo facilmente di frustrazioni.
iamo frustrati e diventiamo irosi; quando diventiamo irosi ed esprimiamo i nostri sentimenti aggressivi siamo rimproverati; quando siamo aggrediti ci sentiamo in colpa e con tale emozione sviluppiamo un bisogno di punizione, il più delle volte attraverso la sofferenza, sacrificio ed espiazione. Tutto ciò sminuisce la nostra stima in noi stessi e di per sé aumenta la nostra dipendenza dagli altri, mentre tentiamo di ricostruire inutilmente le nostre fondamenta. Ma sostenere la stima di noi stessi tramite gli altri, generalmente non è fonte di ricompensa e poche persone sono realmente interessate ai nostri problemi personali. Così - colpiti e frustrati in questo modo - nascono in noi dei sentimenti di grande inadeguatezza e privazione che alla fine dei conti ci conducono ad un'ulteriore conferma del nostro senso di colpa e di privazione di valore. Il risultato di questa spirale deprimente di cause ed effetti è dato dal nostro quadro clinico, da conflitti nella nostra personalità. Siamo mossi, ad esempio, dal bisogno di conseguire obiettivi per soddisfare le richieste dei nostri genitori e della società in cui viviamo; inoltre conserviamo anche un bisogno di fallimento per soddisfare il bisogno di punizione che deriva dai nostri sentimenti di colpa. Siamo guidati dal bisogno di essere amati, ma abbiamo anche bisogno di esprimere ostilità. Questi conflitti il più delle volte silenziosi sminuiscono anche la nostra vitalità. Ancora peggio, invece di agire in base all'uno o all'altro di questi bisogni contraddittori, agiamo contemporaneamente in base a tutti e due, confondendo i nostri nemici, la famiglia e persino noi stessi. Un individuo, ad esempio, può scegliere una determinata professione perché, inconsciamente può aver concluso che se non può ottenere l'amore (attenzione, considerazione, affetto) di cui ha bisogno in famiglia, lo potrà trovare nell'ambiente lavorativo dove tutti finalmente lo apprezzeranno. Ma diventare un “bravo” professionista richiede di passare attraverso centinaia di tentativi, di infiniti “fallimenti”, facendogli sopportare la ripetuta minaccia e a volte anche il fatto del rifiuto. Così, per ottenere considerazione e l'amore di cui ha bisogno, si sottomette ripetutamente proprio all'opposto, il rifiuto.
Sogniamo di soddisfazioni, di serenità,
di goderci la vita, ma siamo pressati sempre più ogni giorno a
mettere alla prova noi stessi, ad aumentare il nostro valore agli
occhi degli altri e di noi stessi. Assistiamo
abbastanza spesso un conflitto fra il nostro giudizio razionale e i
nostro comportamento quotidiano, ma non possiamo trattenerci dal
comportarci così. Un individuo desidera la sicurezza finanziaria che
è un aspetto del suo desiderio di aumentare la sua stima, e rischia
quindi più di quanto dovrebbe. Nel momento in cui corre il rischio
(dice quella famosa parolina “più” … ma quanto di “più”?)
aumenta la sua insicurezza, non importa quanto grande sia la promessa
che il futuro può prospettare. Ciò è molto simile alle difficoltà
che la gente affronta quando gioca d'azzardo (vedasi l'articolo
“La lusinga del diavolo”). La cosa più difficile è smettere
quando si sta vincendo. E questo semplice fatto suscita realmente un
problema spiacevole, quando si gioca con l'intenzione di vincere.
Viviamo in una società in cui i nostri desideri sono stimolati anche
di più rispetto a ciò cui la nostra stessa immaginazione mira. I
talk show, la televisione e i film, e così tutti i mezzi a
disposizione della pubblicità, ci portano a credere che il successo
e le soddisfazioni sono conseguibili per chiunque. L'eroe e l'eroina
si abbracciano e vivono felici per sempre. Fumate
le sigarette di “grido”, usate il deodorante “giusto”,
guidate la macchina del “momento”, e la vostra sarà una vita
felice. Ma quando la vita “felice” ci sfugge per
una ragione o per l'altra, ci sembra che qualcosa ci sia stato
sottratto, e infine siamo profondamente delusi: depressi;
il tutto è stato costruito sulla sabbia:
sulla fragilità.
iviamo anche in un ambiente ostile, nel quale dobbiamo contare il nostro 'resto', insistere per i nostri diritti, competere per un lavoro, per la nostra condizione sociale, per la soddisfazione sessuale, dobbiamo proteggere le nostre proprietà e quindi discutere con la compagnia di assicurazione perché ci rimborsi le autentiche perdite in cui siamo incorsi spendendo per assicurare noi stessi. Tutto ciò ha un effetto deprimente e minaccioso su di noi. I legami personali profondi stanno diventando sempre più rari. Con tutta la gente che ci passa intorno di corsa, è difficile avere una conversazione, per non dire amicizia; non ci sono più contatti, l'isolamento è pressoché totale, si prospettano nei prossimi anni quadri clinici davvero difficili se non gravi … un mondo sociale pieno di incertezza. Come risultato ci sentiamo minacciati. In una società che adora la gioventù - perché scarseggia - anche il normale e naturale processo di invecchiamento è minaccioso. Ma, soprattutto, esponiamo noi stessi a queste influenze a causa della disponibilità che è in noi verso lo schema frustrazione – ostilità – colpa. Spesso agiamo impulsivamente e lottiamo irosamente quando le forze che sono in noi e intorno a noi ci opprimono. Successivamente soffriamo un riflusso di senso di colpa e tentiamo di giustificare la nostra ostilità piuttosto che liberarcene. E' già abbastanza spiacevole non avere ciò che vogliamo. Ancora peggio è imparare che non siamo capaci di ottenere ciò che vogliamo. Ma ciò è soltanto il principio. Impulsivamente componiamo le difficoltà rovinando le nostre amicizie con gli altri e quindi diventiamo apprensivi per paura di quello che possono pensare di noi. Non appena ci domandiamo qual è la loro stima per noi, la nostra stima di noi stessi diventa instabile. Incapaci di mutare la situazione immediatamente, siamo lasciati bisognosi, insoddisfatti e impotenti. E tanto minore è il concetto che abbiamo di noi stessi, tanto meno vediamo le nostre possibilità per il domani. La gioia, la soddisfazione, il piacere diventano più lontani … sempre più lontani.
esta
soltanto lavorare e dormire. Presto sopraggiungono la tristezza e la
depressione. La
diagnosi depressiva - anche
se sono dati che interessano più gli addetti ai lavori che all'uomo
comune
- è un processo a due fasi. Primo
è necessario identificare la sindrome depressiva. Questo richiede
un'indagine su vari sintomi:
- Disturbi del sonno;
- Perdita di interesse o piacere (anedonia);
- Sentimenti di colpa o di essere senza valore;
- Astenia;
- Difficoltà di concentrazione e disturbi mnesici;
- Alterazioni dell'appetito;
- Agitazione o rallentamento psicomotorio;
- Ideazione suicidaria.
Per
formulare la diagnosi di depressione, secondo il DSM V, devono essere
presenti almeno cinque dei precedenti sintomi per almeno due
settimane. La
seconda fase
del processo diagnostico è determinare la causa più probabile. Come
altre sindromi, tale stato può insorgere in associazione a diverse
condizioni e manifestarsi in numerosi modi (malattia,
farmaci, conflitti sociali ed economici).
E' necessario determinare se i sintomi sono causati o aggravati da
una malattia medica, da farmaci o da una situazione sociale. In caso
affermativo, la depressione viene definita secondaria. Se questi
fattori sono assenti viene definita primaria o disturbo affettivo
primario.
a cosa possiamo fare quando siamo in queste condizioni di apatia, disistima, indifferenza ed isolamento? Quale genere di aiuto efficace, a prescindere dai vari orientamenti scientifici, posiamo offrire a noi stessi? La prima cosa da fare è “muoversi”, impegnarsi in attività ginniche senza mai esagerare (nuoto, cross-country podistico o semplicemente camminare tra la natura). Mettere il cappello al chiodo e correre, di notte o di giorno, con il sole, pioggia o neve va sempre bene; vi sentirete bene perché il cervello (ipofisi), attraverso il movimento, ha prodotto quelle preziose endorfine benefiche per la nostra felicità … ha alzato l'asticella dell'umore. E' fondamentale che mettiate in moto ciò che rimane sotto il controllo della vostra consapevolezza e che spingiate voi stessi ad alcune attività piacevoli. Non leggete, non state seduti a pensare l'universo in termini filosofici o a guardare continuamente la televisione; quando ci si trova con un umore pessimo o ballerino, queste non sono cose da fare. Correte, giocate, fate del giardinaggio, ripulite e mettete in ordine la “cantina” ... qualunque cosa va bene e se qualcuno vi dice che quella cosa è inutile, beh mandatelo dove volete. Idealmente, dovreste fare qualcosa di diverso dalla vostra attività abituale. Se siete ad esempio un vigile urbano che va in giro a piedi tutto il giorno, non vi consiglio di correre per liberarvi di tale sofferenza. Ma non tutti sono agenti della polizia municipale. In ufficio, quando è possibile, create una scrivania accogliente, con dei bei colori stimolanti, un ambiente gradevole con un'atmosfera gradita. L'idea principale è di essere attivi, in movimento. Le persone con un quadro clinico depressivo frequentemente non riescono a dormire; ciò significa che c'è troppa adrenalina nel sangue, non sono abbastanza stanche, anche se la pensano diversamente. TENIAMO sempre ben presente che il vero stato emotivo depressivo invita all'inattività, al letargo. In secondo luogo, qualunque cosa facciate, fatela con altre persone, mai da soli.
a
tendenza di chi è perseguitato da questa sofferenza è di isolarsi,
ma proprio questo è il momento di chiamare i vostri amici, quelli
veri, poco invadenti, che non danno consigli, ma ascoltato e,
soprattutto, quando si chiede loro un parere, alla fine dicono
“quello che decidi tu va
sempre bene”. La gente trova il modo di distrarre la
nostra attenzione da noi stessi. Andate anche alla ricerca dei vostri
nemici se è necessario. Saranno
aggressivi o magari irosi con voi, ma l'ira è meglio della
depressione. Tentate di fare le cose che volete
realizzare con la gente che avete astutamente “selezionato”
e cercato; aiutateli nelle loro faccende; fate qualcosa per voi e per
esse. Vi stimeranno di più proprio per
questo, e stimandovi di più vi aiuteranno a ricostruire, da
fondamenta solide, la vostra stima. Ma se soltanto piangerete sulle
loro spalle, vi abbandoneranno dopo un attimo. Una cosa
eccellente, al fine di salvaguardare la salute sia nel corpo sia
nella mente, è una corretta alimentazione; alcune specifiche scelte
alimentari sono ottimali per il nostro benessere generale; non una
dieta rivolta a mantenere esclusivamente la “linea”,
a contenere le calorie, ma semplicemente conservare una buona salute
nel suo complesso: stimolare i
neurotrasmettitori e una biochimica mentale adeguata.
RICORDA, un “carburante”
scadente rende più probabile un cattivo rendimento sul lavoro o,
peggio ancora, il coinvolgimento in relazioni dannose. Se non vi
sentite bene, è più probabile che una volta a casa cerchiate
conforto con qualche cucchiaiata in più di “nutella”
oppure patatine piene di grassi … vegetando
davanti al televisore. E' un treno su cui si rischia
di salire in qualsiasi momento ma scenderne richiede un po' più di
consapevolezza e, soprattutto, di lavoro, di sacrificio. Per
funzionare fisicamente, mentalmente ed emotivamente il corpo
necessita di un'alimentazione adeguata, si dice da sempre in tutte le
salse ma ... non si sa bene perché c'è
sempre un qualcosa che ostacola. Altrimenti non siamo
in grado di affrontare gli stress che ci si parano davanti.
L'equilibrio dinamico delle sostanze
chimiche all'interno del nostro cervello salta, manifestando ciò che
chiamiamo ansietà, depressione, ossessione, in ogni possibile grado
di agitazione … quello
che mangiamo influenza sempre, volenti o nolenti, i nostri pensieri e
le nostre azioni. Se avete a cuore la vostra salute
mentale, emotiva o psicologica - e il modo in cui queste si legano
alla condizione fisica - sapete già che i rimedi offerti dal
mercato mettono l'accento sui tratti negativi. Dopotutto, la persona
che chiede aiuto ad un professionista del corpo e della mente - se
non bara - non è la più felice, serena ed equilibrata del
mondo. La “dieta” per la biochimica della mente
rappresenta un'alternativa sana e serena. Perché
non conoscere ciò che di meglio c'è in voi e lucidarlo fino a farlo
brillare? Vediamo un po' di mettere a fuoco la
situazione.
l cervello presiede a tutte le attività volontarie del corpo (le funzioni motorie e il sistema muscolo – scheletrico), sollecita la respirazione, coordina la digestione, gestisce la crescita e lo sviluppo, assicura la riparazione dei tessuti e funge da centralina del sistema nervoso. Il cervello è il nostro interprete del mondo circostante e monitorizza le informazioni raccolte dai cinque sensi. L'encefalo umano si divide in due parti. Uno strato esterno più recente chiamato neocorteccia o corteccia cerebrale, e una regione interna più primitiva nota come archipallio (corteccia cerebrale, di più antica formazione nel telencefalo dei vertebrati, precursore dell'ippocampo dei mammiferi. L'archipallio è situato dorsalmente e medialmente nell'emisfero cerebrale ed è un centro secondario di coordinazione in tutti i vertebrati terrestri). Si pensa che la corteccia cerebrale si sia evoluta in tempi più recenti che sia la sede della percezione, dell'apprendimento, del ragionamento, della coscienza e della morale. Nell'archipallio, che include l'ippocampo e il tronco cerebrale, dominano le emozioni e gli umori: paura, ansietà, felicità, amore, eccitazione e tante altre cose non completamente chiare. Cellule nervose specializzate chiamate neuroni costituiscono la struttura fondamentale del cervello. Il cervello umano possiede cento miliardi di neuroni e ciascuno ha circa centomila collegamenti verso gli altri: ogni secondo, miliardi di messaggi viaggiano tra un neurone e l'altro, per attraversare il collegamento, o sinapsi, questi messaggi si affidano a sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori.
neuroni immagazzinano i neurotrasmettitori, emettendoli in risposta a segnali elettrici. Quando ciò accade, il neurotrasmettitore si aggancia ai recettori presenti nei neuroni vicini, emettendo a sua volta un segnale elettrico. E' così che sentimenti, pensieri ed emozioni attraversano il nostro cervello. I recettori e neurotrasmettitori sono in corrispondenza biunivoca, come una serratura con la sua chiave: perché il messaggio venga trasmesso è necessaria l'accoppiata giusta. Una volta completata la sua missione, un neurotrasmettitore può essere demolito ed espulso dall'organismo, riassorbito nel neurone o semplicemente restare in circolo. Praticamente tutti i neuroni del sistema nervoso centrale, compreso il cervello, vengono attivati da neurotrasmettitori eccitatori - come ad esempio il glutammato - e spenti da neurotrasmettitori inibitori, tra cui l'acido gamma – amminobutirrico (GABA) e la glicina. La maggior parte del flusso di informazione altamente organizzato che attraversa il cervello viene regolata dalle fibre nervose contenenti il neurotrasmettitore eccitatorio glutammato attraverso la corteccia cerebrale. I messaggi possono essere trasmessi in un solo modo: tramite un neurotrasmettitore.
neurotrasmettitori sono composti di amminoacidi (le componenti basilari di tute le proteine), che ricaviamo dai cibi. Una dieta inadeguata ci rende quindi incapaci di produrre i messaggeri chimici necessari per un buon funzionamento cerebrale. Un'alimentazione ottimale, attraverso un cibo di qualità e integratori giusti, conserva l'equilibrio del cervello e questo a sua volta provvede alla quantità giusta di neurotrasmettitori, da cui deriva un senso generale di benessere. Alcune persone perdono il gusto per il cibo e devono sforzarsi di mangiare, o addirittura essere forzate da altri. Altre invece si rifugiano nel cibo e non riescono a smettere di mangiare, ingoiando voracemente di tutto, in particolare dolci e alimenti ad alto contenuto calorico (sensazione di pienezza … da bambini la pienezza viene data principalmente dalla conferma dei punti di riferimento, da grandi è un bisogno per esprimere il proprio essere; un amore appagante mai avuto nel giusto dosaggio). Usare i cibi giusti per riequilibrare la biochimica della mente ci aiuta a funzionare in maniera ottimale senza sacrificare parti di noi stessi sull'altare del benessere emotivo. RICORDA, il cervello si trasforma fisicamente in risposta alle nostre esperienze. I neuroni sviluppano nuove connessioni grazie alle nuove sensazioni e persino a causa dei pensieri. Quando apprendiamo qualcosa o cerchiamo di fare qualcosa di nuovo o proviamo una determinata esperienza per la prima volta, il cervello a tutti gli effetti cresce o altera la propria struttura per accogliere le nuove informazioni. La dieta, dunque, per la biochimica della mente, può restituirci al benessere. Cartesio diceva: “Penso, dunque sono”. Ma pensare non è un'attività distinta dall'essere. Ci va più vicino quel famoso personaggio della Walt disney quando affermava: “Sono quello che sono”. Mente e corpo non sono due entità che procedono in parallelo: esse costituiscono un'unità singola e noi esistiamo contemporaneamente su più piani diversi, e al tempo stesso, in maniera indivisibile, pensiamo, viviamo e proviamo sentimenti. La dieta per la biochimica della mente ci ricorda che quello che accade nel cervello fisico è la “mente” metafisica. Sono le nostre emozioni, i nostri pensieri, i nostri stati mentali … i nostri stili di vita. Facciamo alcuni esempi. Alcuni sono in crisi perché si trovano con poca serotonina, molto cortisolo nel sangue, molta istamina, poco zinco e magnesio ed elevati livelli di rame. Livelli bassi di serotonina nel cervello sono concordemente ritenuti un segno di depressione. La serotonina nel sangue è strettamente correlata alla serotonina nell'encefalo e ha quindi senso mirare a rilevare questo neurotrasmettitore. La serotonina è strettamente correlata con l'umore: quando aumenta, l'umore migliora, quando diminuisce, la depressione incalza. Anche nelle persone ragionevolmente equilibrate, i valori della serotonina variano con l'umore del momento. Un livello alto di istamina, inoltre, può essere un buon indicatore per il nostro stato depressivo. Nella depressione risultante da livelli elevati di istamina, normalmente i soggetti sono lucidi, tristi e visibilmente depressi; una quantità eccessiva di istamina può portare al suicidio. L'istamina bassa è responsabile di alcuni disturbi mentali come ad esempio forme maniacali e addirittura allucinazioni. Il cortisolo può essere un altro indicatore dello stato depressivo; in soggetti gravemente depressi i livelli di cortisolo sono doppi rispetto a quelli in soggetti non depressi; si possono comunque trovare livelli bassi in soggetti con depressione cronica. Il cortisolo è indice di una generica reazione allo stress e qualsiasi tipo di sforzo o pressione ne aumenterà i livelli. Al contrario della serotonina non indica perciò necessariamente l'esistenza di una depressione. Questo significa che il livello di cortisolo potrebbe essere alto perché si è depressi, o a causa di altri gravi problemi esistenziali (stress, paura, fobia).
TTENZIONE, alcuni neurotrasmettitori cerebrali che trasportano i nutrienti - come gli amminoacidi - che proteggono il cervello, sono collegati a determinati modelli alimentari. Un pasto contenente solo alimenti ricchi di carboidrati provoca un innalzamento del tasso dell'aminoacido triptofano (precursore della serotonina) nel sangue e nel cervello. Curiosamente, un pasto misto di carboidrati e proteine innalza, è vero, il triptofano nel sangue, ma non nel cervello. Questo perché l'insulina prodotta dopo l'assunzione dei carboidrati ha la proprietà di aumentare il livello di triptofano ematico, che poi passa nel cervello. Nei pasti ricchi di proteine, al contrario, l'abbondanza di altri aminoacidi che sono trasportati dal cervello dallo stesso sistema di trasporto del triptofano, si rivela competitivo ai danni di quest'ultimo aminoacido. Indispensabili “veicoli” del triptofano sono tutti gli alimenti ricchi di zucchero (fichi secchi, miele, cioccolato, cachi, banane, carni bianche). Meno efficaci sono i cereali e gli alimenti ricchi di carboidrati complessi (pasta, pane, riso, orzo, farro, mais, segale, patate …). La risposta insulinica in questi casi sarebbe minore. Contro la depressione è opportuno aumentare anche il livello dell'aminoacido tirosina che nel sistema nervoso viene trasformata nei neurotrasmettitori adrenalina, noradrenalina e norepinefrina, particolarmente utili nel trattamento delle depressioni. Anche le abitudini del sonno possono modificarsi in entrambe le direzioni: alcune persone non riescono più a dormire una notte intera in modo soddisfacente, altre invece dormono molto più del solito, e nonostante questo di giorno si sentono stanchissime. L'insonnia può assumere diverse forme: difficoltà ad addormentarsi, numerosi risvegli nel corso della notte, interruzione precoce del sonno prima dell'alba. Spesso i cambiamenti nelle abitudini alimentari e nel sonno vanno di vari passo: le persone che fanno fatica a dormire perdono generalmente anche l'appetito e sono piuttosto agitate, mentre chi dorme tanto tende a mangiare molto e a essere giù di tono.
a
depressione non deve mai essere confusa con un episodio di naturale
tristezza o un momento di grave prostrazione che si manifesta in ogni
persona quando viene a trovarsi in certe situazioni vissute come
“difficili” (malattia,
separazione, licenziamento).
L'umore nero è qualcosa di più drammatico,
grave, doloroso e, soprattutto, persistente.
Si
tratta di una vera incapacità di sperimentare gioia, piacere
(anedonia), vivere un vero e proprio coinvolgimento emotivo.
Le persone che hanno sofferto di questo quadro clinico dicono che la
loro vita si era “addormentata”,
spenta, in un tragico e monotono trascorrere del tempo. Non si trova
più interesse per nessuna attività, mentre in alcuni casi più
gravi viene meno anche il desiderio di alimentarsi … la
vita si ferma!
Ci si sveglia il mattino in preda ad una profonda angoscia e anche
gli affetti più cari, sono messi sullo sfondo, si allontano sempre
più dal circuito sociale, diventano sempre più opachi e minacciosi
… un
buio sinistro all'orizzonte domina la giornata!
Ogni
semplice e banale attività provoca una fatica a dir poco di Sisifo,
che sembra insuperabile, mentre la disperazione immobilizza
completamente, paralizza la giornata, si impossessa lentamente dei
gesti e dello spirito.
La
caduta di ogni interesse disorienta, provoca difficoltà di
concentrazione, cresce invece il senso di noia e di apatia. Chi è affetto da questo malessere emotivo tende di solito ad evitare
le normali relazioni sociali, a rinchiudersi in se stesso, a
rintanarsi in casa. L'umore
diventa persistentemente cupo, a tinte scure, e alla mente si
affacciano con frequenza eccessiva brutti pensieri, di perdita, di
dolore, di non valere nulla; il passato domina con la sua negatività:
sono successe cose cattive e solo cose cattive ci riserverà il
futuro … si è dominati completamente da incessanti orazioni
penitenziali.
Si instaurano facilmente dei gravi sensi di colpa, come ad esempio,
di non essere stato un buon genitore, un bravo figlio, la moglie
giusta, un bravo lavoratore o un buon amico. Qualunque
affermazione contraria dei familiari o specialistica non serve ad
eliminare questa profonda convinzione, radicata profondamente.
Spesso,
sono gli altri che hanno dei seri problemi!
In alcuni casi il disturbo non arriva mai a conseguenze così gravi
da indurre la persona che ne è colpita a ricorrere a cure
qualificate (è
vissuto come marginale oppure “normale”):
si
cronicizza e può durare molti anni senza che vi sia un reale
cambiamento o miglioramento, un piccolo risultato positivo …
l'unica
cosa reale è che
non
si vede un benché minimo spiraglio di luce in fondo alla giornata.
Un'altra visione di primaria importanza per
aiutare la depressione è di uscire e di usare qualche attenzione per
se stessi. Quella fanciulla che compra, ad esempio, ogni tanto, un
nuovo foulard
- senza inciampare nell'acquisto compulsivo,
prosciugare completamente il conto e i suoi risparmi -
tutte le volte che si sente un po' giù di corda è più saggia di
quanto la maggior parte della gente pensi. E non tutti i trattamenti
o le attenzioni di questo tipo costano denaro. Anche trattenersi un
momento alla fine della giornata, quando lasciate il vostro posto di
lavoro, e notare come il sole che tramonta risplenda dietro gli
edifici vicini, può sollevare il vostro spirito (la
luce solare stimola la produzione di neurotrasmettitori).
Guardate i dintorni con gli occhi di pittore. Al di fuori della
semplice percezione, potete rendere più acuta la vostra abitudine di
rallegrarvi per qualcosa. Infine,
quando siete depressi, chiedete aiuto senza alcun timore;
se non vi va bene quel tipo di sostegno cambiatelo, non perché è
somministrato da un cattivo professionista, ma semplicemente perché
quel tipo di intervento o orientamento scientifico non fa per voi,
non siete sulla stessa lunghezza d'onda.
RICORDIAMO ancora una volta che l'informazione e la consapevolezza sono dei preziosi elementi nella prevenzione, nella rimozione di timori e pregiudizi, e soprattutto nella motivazione a curarsi. Per controllare questo stato mentale e liberare le vostre energie, provate queste “strategie” di seguito indicate … per comprendere e mettere a fuoco le cose realisticamente bisogna essere lucidi.
1.
Concentratevi maggiormente sul presente:
è una buona
difesa contro l'ansia, che per definizione riguarda il futuro, ci
proietta in un tempo inesistente.
Chiedetevi se la vostra preoccupazione riguarda qualcosa che potete
(o dovreste) controllare e se la risposa è “no”, allenatevi a
non prenderla in considerazione ... non
preoccupatevi!;
2.
Rendetevi conto che vi state preoccupando e cambiate atteggiamento;
può essere utile 'connettersi' con i propri sensi: olfatto, gusto,
tatto, vista, udito (la nostra vita passa attraverso i sensi).
Visualizzate un posto tranquillo e pacifico, come un lago di montagna
o un paesaggio piacevole … una
bella storia, annusare un profumo buono per voi, che dia sensazioni
travolgenti, di euforia, non solo a livello cerebrale!;
3.
Fate diventare la vostra preoccupazione un “ego
distonico”
(coerente
con l'immagine e la percezione di sé). Di solito ci si preoccupa
continuamente perché si dà valore a questo atteggiamento. Si pensa
che possa servire. Farne un “ego
distonico”,
per dirla nel linguaggio degli addetti ai lavori, significa rendersi
conto che il sintomo in questione non “è” nel proprio interesse
e, quindi, risulta fondamentale imparare a guardarlo con sospetto,
distacco, come negativo … GUAI
abbandonarsi ad esso
… le
preoccupazioni ossessive fanno invecchiare più rapidamente il corpo.
Chi si preoccupa in continuazione non usa pienamente il proprio
cervello;
4.
Qualunque cosa vi succeda, pensate che ha il suo lato “buono”,
può essere un'esperienza fondamentale per affrontare le tappe
successive della vita. Per esempio, se qualcuno sterza tagliandovi la
strada, immaginate che sia a vostro vantaggio: una specie di
promemoria a rallentare; magari in fondo, dopo il rettilineo potrebbe
esserci una pattuglia della polizia o un autovelox.
ermatevi a
considerare per un momento la cifra complessiva dei vostri movimenti
fisici nel corso di una giornata. Potreste essere, a dir poco,
sbigottiti. I miei movimenti sono davvero tipici (ipotesi
di viaggio di un depresso o di un candidato a tale stato).
Scendo quattro scalini entro nella macchina, guido fino a Ferrara,
lascio la macchina al parcheggio più vicino al posto di lavoro,
faccio mezzo isolato e arrivo allo studio, mi siedo e resto lì fino
a sera. Alla fine della giornata passeggio per mezzo isolato, guido
fino a casa, salgo quattro scalini, mi siedo per cenare, poi mi
trasferisco nel salotto a guardare passivamente qualche diavoleria.
Il
nostro bisogno di attività fisica è tanto importante quanto il
nostro bisogno di riposo, di cibo, di acqua e di aria.
Anche se stiamo seduti, i nostro corpo cerca di soddisfare il bisogno
di movimento. Nessuno di noi sta seduto assolutamente immobile. Ci
muoviamo un po', perché siamo costruiti in modo tale che quando un
insieme di muscoli si contrae, l'altro si espande. Non possiamo
immobilizzare completamente tutto il nostro corpo. Se poniamo in
riposo una parte, l'altra parte è in tensione; questo è il motivo
per cui non possiamo stare seduti perfettamente immobili. Se ce ne
stessimo seduti assolutamente immobili per un tempo pari a venti
minuti, ci si fermerebbe la circolazione in fondo alla schiena.
Questo è uno dei problemi più gravi nel trattamento dei
paraplegici. Spesso
siamo stanchi, non per il troppo lavoro ma per il fatto che siamo
inattivi e annoiati.
Il fatto curioso è che tentiamo di liberarci della nostra stanchezza
stando fermi. Ma lo star fermi non può liberare dalla fatica. Ciò
di cui abbiamo bisogno è un'attività fisica: correre
con moderazione attorno al caseggiato o fare un giro sulle mura di
Ferrara immersi nel verde.
Se
il nostro bisogno di attività fisica resta insoddisfatto, ci rimane
un senso di privazione.
Siamo in grado di “alleggerirci”
della depressione anche riconoscendo il valore della varietà. Se
facciamo qualcosa in continuazione, la monotonia tende a tirarci giù
di morale. Maggiore
è la monotonia, minore sono le richieste di attenzione.
La prima legge dell'attenzione è il movimento. Ogni
cambiamento allontana dalla monotonia, dalla noia.
Tentare ogni cosa è sempre la soluzione migliore per toglierci dallo
stato di apatia, dalla sofferenza … prendere
le distanze dal tarlo mentale!
Non vedere l'ora di fare o avere qualcosa in programma aiuta anche a
sconfiggere il malessere depressivo. Dovremmo
ricordare che una delle caratteristiche della depressione è il non
avere speranze.
Fate piani a lungo e a breve termine.
i piacerebbe fare un viaggio in nave? Progettatelo, anche se non avete molta speranza di riuscire a farlo. Quello che importa è sperimentare entusiasmo durante la ricerca delle informazioni; scoprire cose curiose ed impensabili. Alla fine vi rallegrerete semplicemente di leggere cose che non sapevate, scoprire importanti fattori sulle diverse modalità di navigare. E potreste anche trovare, con vostra sorpresa, che entro poco tempo il vostro viaggio non sarà così irrealistico. Forse, chissà, potreste accontentarvi di un viaggio breve, più ridotto. Fate piani per le prossime vacanze estive che, tutto sommato, anche se mancano poco più di tre mesi, non sono poi così lontane. L'idea è di rallegrarsi facendo dei piani e di anticipare gli eventi; si può gioire nel fare dei piani tanto quanto si gioisce delle cose che sono state progettate. Ciò non condiziona la “realtà”, la spontaneità, la naturalezza; potete anche cambiare i vostri piani se ne trovate uno migliore. E, col fare piani per il futuro, sapete che avrete sempre qualcosa da fare … l'importante è che quel gesto coinvolga mente e corpo, non sia forzato ma stimoli curiosità e produca sempre un senso di soddisfazione nel tempo presente. E' anche importante che vi preoccupiate della vostra vita sociale. Ciò significa che qualche volta bisogna accettare inviti non completamente graditi ed essere socievoli anche se l'entusiasmo non è completamente alle stelle. Ma ciò ha un senso poiché questo è il modo con cui estendiamo il numero delle nostre conoscenze. Se andiamo ad un “aperitivo” dovremmo tentare di andarci con almeno un amico in più, qualcuno che vi inviterà o qualcuno che inviteremo. Ogni cosa che facciamo per migliorare la nostra vita dipenderà sempre dal nostro quadro clinico: qualcuno guarderà l'iniziativa con sospetto, molti con diffidenza, alcuni con sufficienza, altri ancora … ; tutto ciò che si mette in cantiere per andare d'accordo con la gente, comunque, ci aiuta a prevenire la depressione perché diminuisce la nostra ostilità e il nostro senso di colpa, e perciò la nostra disponibilità alla melanconia. La miglior via per migliorare la propria capacità di andare d'accordo con la gente è di partire dal principio che ciascuno ha qualcosa da offrire ed è compito nostro trovare che cosa di interessante ha. E tutti, ma tutti, hanno qualcosa da offrire. Anche l'orologio che non funziona più è “giusto” almeno due volte al giorno!
' facile accettare i lati positivi che
vediamo nella gente, la difficoltà nella vita sta nel scendere a
patti, quando la “giostra”
è ancora in funzione, nell'accettare i loro difetti, nel modificare
le nostre reazioni leggermente in modo da potere stabilire qualche
modalità di relazione. L'esasperazione non porta da nessuna parte,
non ci fa arrivare in nessun posto. Quando più a lungo restiamo
sdegnati, non importa se giustificati, tanto il nostro modo di
reagire è ostile e saremo abbandonati con un bel po' di senso di
colpa. Un modo di sicuro successo per introdursi in ogni situazione
sociale è di “sentire”,
ascoltare gli altri. Se seguite attentamente una persona
sufficientemente a lungo, essa vi dirà, e ogni altro cui capiti la
stessa cosa, quanto siete di “valore”
e che idee “intelligenti”
manifestate …
se non altro siete vivi.
Il
fatto è che impariamo dalle altre persone, anche dalle persone
noiose.
Ascoltare ci aiuta a mantenere flessibili il nostro punto di vista
personale. Ci impedisce di annoiare le altre persone con le nostre
opinioni e con i nostri problemi. Un altro modo per impedire la
depressione è sviluppare vie di uscita per l'ostilità (sport,
affari, politica, cultura, viaggi).
Interessi occasionali e ovvi che offrano entusiasmo ed euforia,
bilanciano anche l'ostilità che nutriamo esageratamente verso le
cose. Un
viaggio ben organizzato, un dipinto o una porcellana che ci riescono
bene ci danno un senso di soddisfazione, e ciò tende a diminuire
quel sentimento fastidioso ed inutile di odio, animosità, astio,
antipatia … e,
quindi, il nostro senso di colpa e di depressione.
Il senso di colpa, sensazione sgradevole di aver commesso un'azione
cattiva, essendo una delle cause prime della depressione, rende il
sesso - se gestito male - un importante fattore di depressione.
e cose stanno così perché l'attività sessuale, a sua volta, è una delle basi fondamentali del senso di colpa (ricordate quella famosa “mela”? … dai, il peccato originale!). Una sana vita sessuale è generalmente necessaria per evitare la depressione (il depresso non avendo energia e poca forza ha una vita sessuale spenta, lo stimolo fisico è inesistente se non in forma infantile … i suoi gesti sono rivolti alla ricerca di protezione, calore ed affetto, a rievocare quell'amore primordiale mai avuto). Intere biblioteche sono state dedicate a questo problema; qui diciamo solo che poco è sempre meglio di una vita asessuata (vedasi gli articoli sul “sito” relativi alla sessualità). Un altro mezzo per prevenire questo stato di fiacchezza fisica e morale è riconoscere le nostre tendenze personali nei confronti della depressione. Molti sono come prigionieri dei lati negativi della loro personalità ed è questo a spingerli a cercare spesso in maniera frettolosa aiuto. Non dobbiamo mai dimenticare che una prima parte del processo di guarigione consiste nel ripristinare una visione a tutto tondo delle tendenze innate. A volte basta davvero poco per piantare quel seme. Poi sta ai singoli averne cura finché non germoglierà e darà il frutto. Possiamo essere abituati a sentirci un po' tristi, ad esempio, la notte della domenica oppure quando gli amici se ne vanno. E' un genere di tristezza che segue le attività piacevoli di fine settimana, un sentimento che può aver avuto inizio nell'infanzia, quando abbiamo lasciato i nostri “compiti” da fare all'ultimo momento e non abbiamo potuto finirli, con la prospettiva minacciosa del lunedì mattina. Bene, se la notte della domenica non è piacevole, mettiamoci in testa di stare con la gente la domenica sera. Eliminate la possibilità della depressione con qualche piacere extra, evitate lo schema comportamentalistico che vi deprime. Finalmente è di aiuto fare un periodico esame di se stessi, delle proprie fondamentali norme di vita e dei propri valori. Il nostro tenore di vita spesso è troppo alto per noi. Ce ne vantiamo, ma esso non ci procura nessun bene se non possiamo farvi fronte. Prendiamo in considerazione la possibilità di abbassarlo.
icordo
Marco infatuato dell'auto del momento. Mi diceva: “Sa dottore
quante cose potrei fare con quell'auto? Poi, tutte le conquiste che
potrei realizzare ... infinite”! Marco non poteva permettersi
quella spesa perché era in cassa integrazione e, soprattutto, non
aveva risorse economiche disponibili. Intere sedute sono state
dedicate ad esaminare tutti i pro e i contro della spesa avventata.
Nonostante i vari tentativi di portarlo alla ragione, di farlo
riflettere e di ponderare bene la cosa, la comprò. Dopo qualche mese
si rese conto che non era in grado di sostenere le spese; la tenne
chiusa nel garage ancora per un po' di tempo e poi dovette venderla …
e affrontare i vari problemi sia materiali sia psicologici che la
questione ha lasciato in eredità.
Non c'è bisogno che siate la persona più onesta, la più brillante,
la più intelligente o la persona che lavora più sodo nel mondo. Se
riducete le vostre prospettive esagerate in qualche modo troverete
che andate molto più d'accordo con voi stessi e con gli altri
(smettete
di utilizzare in ogni situazione quella famosa parolina “più”).
Vi sono delle occasioni in cui dimenticare qualcosa è meglio che
farne giustizia, in cui la compassione è più comprensiva
dell'onestà. Ridere ricompensa spesso più che conoscere, e la
bellezza è spesso preferibile all'accuratezza. Riassumendo,
la depressione è una situazione di diminuzione dell'attività,
caratterizzata dal nascere della malinconia, da una sensazione
diffusa di rifiuto e da un profondo senso di futilità. Anche le
terapie sono difficili da portare avanti, un “tira e molla”
continuo, spesso la continuità è inesistente: si
disdice all'ultimo momento, per futili motivi, l'incontro
terapeutico.
Siamo
in trappola, sentiamo che non c'è via d'uscita.
E' una camicia di forza, un penoso imprigionamento in noi stessi.
Tali sentimenti sono generati da un senso di privazione più spesso
che da una privazione autentica e dalla perdita del sentimento del
proprio valore. L'ostilità e il senso di colpa hanno in ciò un
posto eminente e culminano nella tendenza a giudicare noi stessi
troppo severamente.
In uno stato di depressione la nostra volontà di fare le cose è
seriamente danneggiata.
Ciò è il motivo che rende così difficile trovare una via d'uscita
alla depressione; essa
è quasi autoperpetuantesi.
Ce ne allontaniamo, qualunque sia la nostra disposizione nei
confronti della depressione, col tenere viva la nostra volontà. Ciò
è più importante che tenere basso il nostro peso o tenere i nostri
risparmi in banca. Facciamo
ciò non attraverso dei piani, pensando, parlando.
Solo
l'azione ha valore.
Muovetevi,
fate qualcosa!
Idealmente dovremmo cominciare ad agire per abitudine. Ora, fra le
cose che facciamo abitualmente, due tipi i attività ricompensano in
maniera particolare.
l
primo è mantenere la nostra abitudine a reagire “favorevolmente”
con la gente in modo genuino, libero e spontaneo il secondo è
seguire i nostri interessi con zelo sufficiente da essere assorbiti
completamente in essi.
Un
altro mezzo ancora più efficace per reprimere la depressione è
qualcosa che migliori e ampli il nostro punto di vista.
I
nostri interessi si sviluppano meglio attraverso una prospettiva
sulla vita, che è prima di tutto qualcosa che ci aiuta, piuttosto
che un punto di vista critico, negativo, distruttivo.
Le cose non sono esattamente buone o esattamente cattive; esse sono
anche migliori o peggiori. Il fatto è che la cosa peggiore che può
capitare raramente accade. Questo aiuta la nostra prospettiva. Ci
aiuta a vedere che la vita non è così avara da non offrirci una
seconda possibilità.
Molte persone agiscono come se amassero il calcio più di se stesse,
ciò nondimeno il gioco richiede veramente di più se giocato così.
Ogni cosa ha valore qui, ora, adesso; la
vita è più generosa nel permetterci di ignorare, di dimenticare, di
tentare di nuovo.
Tutto
ciò che abbiamo da fare è imparare ad apprezzare qualcosa
idealmente e, finalmente, metterci in moto.
e cose stanno così perché l'attività sessuale, a sua volta, è una delle basi fondamentali del senso di colpa (ricordate quella famosa “mela”? … dai, il peccato originale!). Una sana vita sessuale è generalmente necessaria per evitare la depressione (il depresso non avendo energia e poca forza ha una vita sessuale spenta, lo stimolo fisico è inesistente se non in forma infantile … i suoi gesti sono rivolti alla ricerca di protezione, calore ed affetto, a rievocare quell'amore primordiale mai avuto). Intere biblioteche sono state dedicate a questo problema; qui diciamo solo che poco è sempre meglio di una vita asessuata (vedasi gli articoli sul “sito” relativi alla sessualità). Un altro mezzo per prevenire questo stato di fiacchezza fisica e morale è riconoscere le nostre tendenze personali nei confronti della depressione. Molti sono come prigionieri dei lati negativi della loro personalità ed è questo a spingerli a cercare spesso in maniera frettolosa aiuto. Non dobbiamo mai dimenticare che una prima parte del processo di guarigione consiste nel ripristinare una visione a tutto tondo delle tendenze innate. A volte basta davvero poco per piantare quel seme. Poi sta ai singoli averne cura finché non germoglierà e darà il frutto. Possiamo essere abituati a sentirci un po' tristi, ad esempio, la notte della domenica oppure quando gli amici se ne vanno. E' un genere di tristezza che segue le attività piacevoli di fine settimana, un sentimento che può aver avuto inizio nell'infanzia, quando abbiamo lasciato i nostri “compiti” da fare all'ultimo momento e non abbiamo potuto finirli, con la prospettiva minacciosa del lunedì mattina. Bene, se la notte della domenica non è piacevole, mettiamoci in testa di stare con la gente la domenica sera. Eliminate la possibilità della depressione con qualche piacere extra, evitate lo schema comportamentalistico che vi deprime. Finalmente è di aiuto fare un periodico esame di se stessi, delle proprie fondamentali norme di vita e dei propri valori. Il nostro tenore di vita spesso è troppo alto per noi. Ce ne vantiamo, ma esso non ci procura nessun bene se non possiamo farvi fronte. Prendiamo in considerazione la possibilità di abbassarlo.
uando ad esempio i genitori litigano o si separano - se non si fanno le mosse giuste - il piccolo, con quel tipo di disistima e sfiducia che ha addosso, suppone che ciò sia accaduto perché lui è stato “cattivo”, abbia in qualche modo boicottato la situazione, manomesso la relazione, influenzato il rapporto: più semplicemente crede di non essere apprezzato, considerato e amato. Oppure, ancora più grave, la morte di qualcuno che il bimbo conosceva può essere vissuta come un fatto avvenuto per colpa sua … si considera responsabile dell'evento. Tutto ciò che i piccoli non capiscono, proprio per la loro immaturità cognitiva, diventa materia di incubi (non solo a livello onirico) e causa di pensiero negativo. La paura di esser abbandonati può permeare ogni aspetto della vita, mostrandosi sotto forma di scarsa efficienza ed eccessivo perfezionismo: “Se realizzo quella prova o compito alla perfezione, mi considereranno sicuramente, mi ameranno perdutamente … i miei sforzi saranno certamente apprezzati e ricompensati! L'esibizionismo, purtroppo, non prende strade diverse: “Nessuno mi ama, perciò devo attirare l'attenzione su di me in ogni momento” … anche facendo il “pagliaccio”. Nei momenti depressivi la paura di essere abbandonati, non considerati e amati può aumentare a tal punto da sfuggirci di mano. Se la mia grande paura è la mancanza d'amore, durante tale sofferenza finirò - essendo ossessivamente concentrato solo su quel sentimento - per credere che mi sta succedendo realmente. Certamente è una sensazione, una impressione, e per quanto coloro che ci circondano possano credere di aiutarci e prendersi cura di noi, non sappiamo apprezzarlo perché ci sentiamo isolati, esclusi dal contatto umano, siamo su un altro pianeta … siamo carenti di un qualcosa di indefinito, reale o immaginario che sia, ci mancano quei vissuti, quei gesti di attenzione, considerazione e amore.
ome
si riscontra nell'adulto, anche i piccoli sono soggetti a sbalzi
d'umore e si sentono confusi, malinconici o giù di morale. Sebbene i
sintomi della melanconia, come il sentirsi tristi e apatici, siano
presenti nei fanciulli di tutte le età, il
quadro clinico depressivo è più intenso, doloroso, persistente ed
invalidante:
molto
più grave.
Tale condizione emotiva prende forme diverse a seconda dell'età; chi
si trova in età prescolare può diventare apatico, perdere interesse
al gioco e piangere spesso con estrema facilità, per un nonnulla;
uno
invece delle scuole elementari magari tende ad isolarsi in maniera
più marcata dai familiari e dagli amici, ha difficoltà a livello
scolastico e appare triste e demoralizzato;
il
preadolescente, invece, è scontroso, polemico con tutta la famiglia
e l'intero corpo insegnate, rifiuta pertanto incombenze e compiti a
casa, abbandona ogni attività sportiva che prediligeva e svolgeva,
il più delle volte, con successo.
d ogni età i fanciulli depressi sono irritabili ed estremamente
autocritici verso loro stessi e gli altri. Come avviene negli adulti,
le cause all'origine della depressione nei piccoli sono molto
complesse. Alcuni “ereditano”
dei tratti sia fisici sia emotivi. Spesso
vivono insieme ad un genitore con difficoltà emotive o profondamente
depresso.
A
volte tale sofferenza insorge in seguito ad uno stress di estrema
gravità o ad una perdita traumatica, esperienze comunque che
trascinano verso sentimenti di impotenza, di disperazione, di
disistima, di non valere nulla.
Ci sono elementi diversi che possono esercitare una certa influenza a
seconda dell'età. Tra i più piccoli, i più importanti campanelli
d'allarme che preannunciano la depressione sono gli eventi negativi
della vita: morte,
separazione, delusione continuata e dissesto finanziario della
famiglia.
I bambini che tendono a colpevolizzarsi o quelli pessimisti, convinti
che il futuro riserverà loro sempre e solo cose o situazioni
negative, sono sicuramente predisposti a sviluppare tale disagio
emotivo.
Nei piccoli, la depressione anche in forma leggera è un fenomeno che non deve mai essere sottovalutato, perché può interferire a livello cognitivo, con lo sviluppo della personalità e l'acquisizione delle abilità di base … vanno ascoltati sempre con molta attenzione! E poiché i genitori sono spesso troppo coinvolti emotivamente e, quindi non riescono a reagire con fermezza e lucidità, conviene sempre sentire un parere qualificato. Anche lo sviluppo psicomotorio può essere perturbato. Certi ritardi testimoniano così un grave stato depressivo, siano essi globali o settoriali (linguaggio, controllo sfinterico, abilità motorie). La frequente disarmonia del ritardo, le cattive condizioni socioeconomiche che in questo periodo storico non mancano di certo, l'ambiente affettivo sfavorevole, devono incitare ad andare al di là della semplice diagnosi di disturbo emotivo. Anche se sviluppano una modesta depressione spesso - considerata la loro immaturità psicofisica - non riescono ad uscirne velocemente, se la trascinano per un lungo periodo … una sofferenza davvero difficile lasciarsela completamente alle spalle con facilità. Gli eventi negativi o il profondo disagio in un fanciullo in fase evolutiva sono in grado di influire sull'identità in modo tale da rendere il piccolo più vulnerabile e sensibile nei confronti di tale affezione per tutta la vita. Per analogia con la clinica dell'adulto, un certo numero di sintomi di seguito indicati, in particolare di natura psicosomatica, sono considerati come equivalenti depressivi:
Nei piccoli, la depressione anche in forma leggera è un fenomeno che non deve mai essere sottovalutato, perché può interferire a livello cognitivo, con lo sviluppo della personalità e l'acquisizione delle abilità di base … vanno ascoltati sempre con molta attenzione! E poiché i genitori sono spesso troppo coinvolti emotivamente e, quindi non riescono a reagire con fermezza e lucidità, conviene sempre sentire un parere qualificato. Anche lo sviluppo psicomotorio può essere perturbato. Certi ritardi testimoniano così un grave stato depressivo, siano essi globali o settoriali (linguaggio, controllo sfinterico, abilità motorie). La frequente disarmonia del ritardo, le cattive condizioni socioeconomiche che in questo periodo storico non mancano di certo, l'ambiente affettivo sfavorevole, devono incitare ad andare al di là della semplice diagnosi di disturbo emotivo. Anche se sviluppano una modesta depressione spesso - considerata la loro immaturità psicofisica - non riescono ad uscirne velocemente, se la trascinano per un lungo periodo … una sofferenza davvero difficile lasciarsela completamente alle spalle con facilità. Gli eventi negativi o il profondo disagio in un fanciullo in fase evolutiva sono in grado di influire sull'identità in modo tale da rendere il piccolo più vulnerabile e sensibile nei confronti di tale affezione per tutta la vita. Per analogia con la clinica dell'adulto, un certo numero di sintomi di seguito indicati, in particolare di natura psicosomatica, sono considerati come equivalenti depressivi:
- Enuresi;
- Insonnia;
- Asma, eczema;
- Obesità, anoressia sporadica.
ICORDA, Senza una terapia adeguata, un episodio depressivo - anche se apparentemente banale - si può trascinare per mesi e mesi. Come negli adulti, anche nei piccoli un trattamento tempestivo migliora il decorso. In generale, quanto più precocemente la depressione si manifesta, tanto maggiore è la gravità del suo corso nell'arco della vita. L'opera di prevenzione della depressione nei piccoli considerati a rischio, rappresenta un nuovo fulcro di interesse dagli sviluppi particolarmente promettenti. Un buon approccio consiste nell'informare, attivare speciali corsi “antidepressione” in cui i bambini, diversamente dell'adulto, imparano a pensare prima di agire, a mettere in dubbio i pensieri volti all'autocritica e a gestire i conflitti con gli altri. Strategie pratiche di reazione come queste risultano particolarmente utili per i ragazzi che stanno per entrare nel territorio emotivamente complesso e “difficile” dell'adolescenza. Bisogna comunque uscire da questo stato, da questa profonda sofferenza. Perciò è necessario cominciare con qualcosa: iniziare quando si è in forza, abbastanza sicuri con una sola e 'piccola' strategia.
E'
sempre triste, demoralizzato, irritato;
- Non ha più interesse per le attività preferite;
-
- Ha smesso improvvisamente di partecipare a sport o attività ludiche del tempo libero;
- E' pigro e letargico o, al contrario, diventa agitato e irrequieto;
- Si isola sempre più dagli amici e dai familiari;
- E' sempre stanco;
- Si finge malato per non affrontare le sue responsabilità, come la scuola ad esempio;
- Diventa polemico su tutto;
- Piange spesso e per un nonnulla;
- Non ha interesse per il cibo;
- Mostra poca stima verso se stesso e gli altri, non li considera proprio;
- E' soggetto a incubi e ha un sonno estremamente agitato;
- Rifiuta ogni attività scolastica;
- Riporta in maniera continuativa votazioni scadenti a scuola.
e
è stato risposto affermativamente ad un numero significativo a
queste domande e se i sintomi persistono da qualche settimana,
potrebbe trattarsi di un disturbo abbastanza serio: depressivo,
con tutte le sue sfumature invalidanti.
La differenza essenziale nella diagnosi nei piccoli, rispetto agli
adulti, è che il loro stato d'animo può essere irritabile piuttosto
che triste e anziché perdere peso essi si limitano a non aumentare
in modo normale.
La prevenzione, comunque, è sempre un approccio primario ed
indispensabile; conoscere alcune dinamiche sociali, la relazione
madre
– bambino
è essenziale non soltanto come profilassi a livello depressivo ma
soprattutto per l'igiene mentale in generale, una garanzia per il
futuro benessere emotivo. Si
ricorda ancora una volta che la figura di riferimento non deve mai
essere additata nemmeno colpevolizzata, ma semplicemente aiutata!
oncludendo.
Questa profonda sofferenza difficilmente passa inosservata. Il volto
è terreo, l'espressione poco mobile, gli occhi fissi, le
sopracciglia aggrottate, la testa vuota, una stanchezza grandissima
con spasmi viscerali e dolori vaganti; i solchi nella fronte urlano,
avvertono che la crisi è vicina, se non è già attivo lo stato
depressivo vero e proprio; un'espressione
mimica e atteggiamenti di disperazione accompagnati da singolari
lamenti che modificano un equilibrio relazionale già difficile se
non precario o al capolinea.
Nei casi peggiori la depressione è come una densa nube che scende su
di noi del tutto inattesa. E' la paura del buio più profondo, come
diventare improvvisamente ciechi, sordi, muti, paralizzati. Eppure,
spesso, chi sta intorno, non conoscendo il vero dramma in profondità,
proprio perché in realtà non sei nulla di tutto ciò, si aspetta
che tu resista …
tu sia diverso, più forte, più volitivo, più deciso, più sicuro;
per
farla breve,
uscire
fuori alla svelta da questa situazione.
Un braccio rotto dice alla gente che c'è qualcosa di concreto che
non va, ma quando la mente, per poter sopravvivere, si esclude dalla
realtà, non esiste un modo semplice o facile per dire al mondo il
dolore straziante che abbiamo dentro. Spesso
la depressione riguarda sentimenti sepolti che lottano per essere
riconosciuti.
Se pensiamo di poter decidere che siamo “adatti
alla salita”,
dovremo lavorare in modo tale da poter fare i conti con quelle
emozioni, questi sentimenti sepolti da tempo. Il senso di oscurità e
di prigionia dà luogo a diverse immagini della depressione. Alcuni
evocano mentalmente una profonda, stretta buca dalle pareti diritte,
o il fondo di una fenditura in una scogliera. E' totalmente buia e
non vi sono appoggi per i piedi. Si
è soli, isolati, persi, ed il silenzio toglie il respiro.
Altri “vedono”
la prigione, come un ripido pendio, una gabbia che penzola sopra una
fossa senza fondo. Qualunque sia l'immagine, le sensazioni si
assomigliano. Ma questo non consola affatto, per niente. Per ogni
persona depressa, il sentimento di estraneità rispetto a qualunque
altro essere umano è estremamente drammatico e profondamente
doloroso. La depressione è un'esperienza misteriosa, anche se
abbastanza comune, che isola e di cui soffrono numerose persone. Se
si pensa di non valere nulla, di essere brutti, goffi ed
inaccettabili, si è incapaci di guardare il passato con piacere e il
futuro con speranza.
La
mancanza di fiducia distrugge l'autostima, spegne ogni cosa, si è
sconfitti prima di iniziare la giornata:
“Non
so fare niente, Non sono buono a nulla, La mia vita è un continuo
fallimento”.
oi, quel senso di colpa che non abbandona mai: “E' tutta colpa mia”. E per non farci mancare nulla alteriamo l'immagine del nostro corpo: “Sono grasso, basso, ho brutti capelli, il naso deve essere ritoccato, i seni sono due mele cotte, bisogna rimodellare il più presto possibile i fianchi ad ali di farfalla” … niente piace, anche le cose più belle sono escluse dalla felicità. Come sottolineato più volte, per molti individui, lo stato depressivo e l'ansia vanno di pari passo; può trattarsi di una condizione passeggera o di scarsa importanza. In altri casi, tale stato può diventare un elemento preponderante. In questo caso non bisogna esitare: è necessario chiedere un aiuto qualificato. Per lievi e passeggere crisi depressive, che durano al massimo qualche giorno, un approccio self – helph può essere d'aiuto se non indispensabile.
TTENZIONE, alle terapie che restano concentrate sul dolore: bisogna uscire dal vortice della sofferenza. Le azioni, comunque, per controllare tale malessere prima che degeneri in autolesionismo sono riassunte e affrontate nel modo seguente:
- annotare scrupolosamente gli elementi stressogeni cui si deve far fronte ed elaborare strategie per affrontarli in modo graduale;
- impegnarsi su attività piacevoli e rilassanti che servono a staccare il cervello da fissazioni, timori e paure;
- analizzare attentamente i pensieri, le situazioni e il futuro, e se sono negativi, muoversi, fare cose che permettano di interrompere il disco rigato pessimistico;
- se i sintomi persistono o se ci si sente disperati e incapaci di affrontare, la situazione, è giunto il momento di chiedere un aiuto.
Senza
esagerare, possiamo dire che la depressione è il peggior dolore
psicosomatico conosciuto dall'uomo; anche se non lo si dice in giro,
è riconosciuta come una delle maggiori preoccupazioni sanitarie di
questo periodo storico. Uscirne non è mai facile, anche con le mosse
giuste e qualificate: è
necessario impegno, fiducia, pazienza e poco orgoglio ... “saggezza”
da ambo le parti; risulta fondamentale sia preparazione sia impegno
per smantellare, pezzo per pezzo, questo gigante infernale e,
soprattutto, una grande maturità emotiva ad accettare eventuali
rinunce a sedute all'ultimo minuto ... vedersi disertare gli
incontri. Un professionista esperto “accetta” questa sua
strategia perché è l'unica situazione sociale in cui, il paziente, si sente
libero, per certi versi può scegliere e decidere; deve tastare il
terreno, la reale, vera e genuina disponibilità emotiva dell'altro ... non può
sopportare un'altra delusione! Cerca
un “ultimo” sorriso caloroso, sincero in cui comprenda
intuitivamente che il suo interlocutore si trova in uno stato di
armonia fra quello che pensa e quello che prova, fra cognizione ed
emozione … un punto da cui si può
comunque iniziare a costruire.
l
soggetto è inerte e prostrato. La sua attività spontanea è ridotta
al minimo, i suoi gesti sono lenti, incatenati, profondamente
dolorosi. Può restare seduto per ore ed ore, immobile con lo sguardo
fisso e la testa inclinata in un atteggiamento di concentrazione
dolorosa (la
testa piegata, al di là dell'artrite cervicale che alcuni lamentano,
può essere confusa con alcuni tratti schizoidi).
L'avvenire è nero, se poi si rientra nella categoria degli
ipocondriaci, la certezza è che non si potrà mai uscire dal tunnel,
guarire completamente. Se si crede colpevole, ha la certezza che
l'anatema è vicino: il
castigo è senza rimedio.
Una
mente che non dimentica!
Qualunque cosa sia, per lui non vi è soluzione, non c'è più nulla
da fare, tutto è perduto. La melanconia è come un'onda che si
avvicina; un'onda
cupa, scura, densa, pesante.
Ci si sente ripiegare su se stessi; l'apatia,
la non voglia di fare, il buio, la solitudine, sono
momenti
terribili della propria vita.
Si sono smarrite completamente le emozioni. Il lavoro che diventa
estraneo, la perdita del desiderio col partner, il rifiuto di uscire
con gli amici. NO,
grazie
preferisco restare qui, solo … è più sicuro e vantaggioso!
Non fare, aspettare, tutto si sbiadisce, perde colore, tutto diventa
ripetitivo … inutile.
Spesso per non cadere in quello stato ci si muove in direzioni
obbligate, ci si sforza anche a vedere gente. La melanconia è acqua
stagnante, un lago fermo in cui si teme di caderci dentro in ogni
momento ...
è pieno inverno, ogni cosa è fredda, si è avvolti costantemente
dal gelo!
ICORDA, l'onda della depressione se ne va solo se la trasformi nell'onda della vita. Il cuore, la pelle, gli occhi, si lasciano penetrare solo dal flusso della vita; la senti muoversi dentro, in tutti i suoi toni, le sue sfumature, i suoi cambiamenti … tutto diventa gioia! Con consapevolezza osserva senza giudicarti l'ansia che ti attanaglia, la paura che spesso ti paralizza, la resistenza che si oppone alla vita, che chiede solamente di uscire e percorrere con te la via della gioia che di diritto ti appartiene. L'angoscia è in primo piano: oppressione, soffocamento, cenestopatie multiple, straripamento emotivo il cui aspetto a volte, per i non addetti ai lavori, potrebbe sembrare comico o teatrale, ma che non si dovrebbe mai sottovalutare l'autentica sofferenza psico - fisica. L'ideazione è lenta (bradipsichismo), è impoverita, spogliata completamente, ridotta all'osso; i ricordi sono evocati con difficoltà, gli sforzi di attenzione e di concentrazione sono quasi impossibili. Il soggetto non può seguire una discussione o concentrarsi su una lettura; nella maggior parte dei casi l'orientamento e la percezione sono integri; non si presta attenzione al mondo circostante e si prende in esame solo gli elementi che possono alimentare le proprie devastanti ruminazioni. Ha perso il gusto per la vita! Il suo campo di coscienza è invaso da una tristezza invadente contagiosa fatta di noia, di rimpianti, di disperazione; un fenomeno comunque sempre indipendente dai fatti esterni: niente può consolare il “melanconico” sprofondato nella sua infelicità.
arla poco, se è coinvolto risponde lentamente, a monosillabi con un
tono di voce cupo e monocorde; i suoi segnali verbali, quando si ha
la fortuna di sentirli, sono interrotti continuamente da sospiri e
gemiti. Spesso
risulta reticente e 'astuto' nel tentativo di nascondere o
minimizzare il suo malessere profondo.
Nel corso di una “melanconia”
ansiosa è invece l'agitazione a dominare il quadro clinico. Molte
forme d'ansia, perdurando, possono “sfociare”
in uno stato depressivo mascherato che è un quadro clinico più
diffuso e, specie nelle sue forme più sfumate, uno dei disagi
psichici più difficilmente riconoscibili. Si calcola che più del
cinquanta per cento dei pazienti che affollano gli studi dei medici
di base siano dei depressi (dati
OMS).
Chi
è al suo fianco deve prestare attenzione quando comincia a perdere
l'interesse per alcuni aspetti della vita:
lavoro, affetti, sessualità, piacere di stare con gli altri.
Quando si è dominati dall'umore tetro, ci si isola e ci si trascura.
Non
si esci più, si dialoga a monosillabi, si evitano gli amici, si
perde ogni spirito di iniziativa, si diventa inappetenti (o
bulimici)
e la libido latita, è assente, sparita completamente;
sarebbe, però, un errore immaginare che tutti i depressi siano
sempre di umore nero, sospettosi, distaccati. Lo
possono essere a periodi, o per lo meno solo a momenti apparire tali,
perché questi soggetti sono in generale bravissimi nell'occultare i
loro disturbi. ATTENZIONE,
questi individui
non
sono dei “mascalzoni”
o astuti “birbaccioni”
ma semplicemente cercano di mettere in atto strategie per evitare di
soffrire e, soprattutto, di azzerare frustrazioni, richiami, condanne
e rimproveri il più possibile; di
gestire in qualche modo quelle relazioni oggettuali difficili, piene
di critiche, violenze e incomprensioni.
Le
depressioni si possono suddividere in due grandi categorie:
quelle
reattive
e cioè conseguenti a un evento spiacevole se non addirittura
angoscioso, come la perdita di una persona cara, la perdita del posto
di lavoro che, in questo periodo storico certamente non manca, una
grave malattia, la separazione coniugale, le delusioni amorose, i
rovesci finanziari.
Le depressioni di questo tipo, e cioè collegabili ad un trauma
esistenziale, sono quelle più facilmente recuperabili e la loro
risoluzione è dovuta più che ai farmaci al trascorrere del tempo
(chi
muore giace e chi vive prima o poi si dà pace!),
ai cambiamenti di ambiente, nuove amicizie, ai viaggi e alle
distrazioni (la
travel therapy
è un efficace strumento terapeutico; una strategia che uso da tempo
e porta a risultati davvero sorprendenti ... alza l'asticella
dell'umore).
Forme
più difficili da “trattare” e talvolta, purtroppo, senz'altro
irrecuperabili sono quelle cosiddette endogene,
le quali comparendo senza evidenti motivi, inducono a pensare che
esse siano da ricollegare a fattori costituzionali.
La depressione colpisce più le donne che non gli uomini secondo un
rapporto di tre a uno e si manifesta o si ripresenta con la sua forma
più decisa, soprattutto, in primavera e in autunno. Le ore più
penose della giornata sono in generale quelle di primo mattino come
stanno a dimostrare i suicidi dei depressi che avvengono specialmente
all'alba, quando il depresso si sente incapace di affrontare le
fatiche e gli impegni di una nuova giornata. Con il progredire del
giorno, che comincia scoppiettando, ma poi, riscaldandosi, trova un
minimo di ritmo, l'umore del depresso tende a migliorare e può
apparire o farsi addirittura brillante e vivace nelle ore della tarda
sera.
nutile dire che se sposati, maschi o femmine che siano, i depressi mettono a dura prova la pazienza del coniuge e non pochi matrimoni che si scindono in età avanzata trovano il loro principale motivo nella depressione di uno dei coniugi, se non di ambedue. Bisogna comunque uscire da questo stato. Perciò è necessario cominciare con qualcosa: iniziare quando si è abbastanza sicuri e il prima possibile con una sola e piccola strategia. Se sei da solo non mirare troppo in alto! Il piano d'azione comunque deve essere sempre realistico, deciso e graduale; mai lasciarsi influenzare dalla minaccia di voler abbandonare il trattamento sanitario, sospendere la terapia, dal pessimismo e timori del paziente. Non serve assolutamente muoversi all'impazzata cercando di operare su diversi fronti, ottenere numerosi miglioramenti contemporaneamente; tutto apparirebbe frustrante, deludente e penosamente lento … è sempre vantaggioso affrontare un problema alla volta con rigore, attenzione e continuità. Cerchiamo di mettere in cantiere magari una conquista alla settimana.
ICORDA
che la depressione, pur essendo comune, è una malattia opprimente,
grande, misteriosa e difficile da
afferrare
che nel tentativo di farlo, spesso si “preferisce”
rinunciare. L'unico modo di procedere è sempre un po' alla volta. Se
la affrontiamo in modo frammentario, si possono ottenere buoni
risultati, si riesce a togliere il ragno dal buco, vincere battaglia
e guerra. Tieni ben presente che ogni momento particolarmente brutto
della nostra esistenza - come
ogni cosa della vita finisce
- in realtà passa, può terminare anche se ora esiste e fa male. Se
cominciamo a mettere a fuoco le cose belle e le cose brutte siamo in
grado di capire cosa succede nel nostro animo e nelle nostre
emozioni, capire il messaggio che questa sofferenza ci invia. A
volte tale stato assume un andamento ciclico e a periodi di
depressione, cioè di invincibile tristezza, di pessimismo, di noia,
di mutismo, fanno seguito periodi di grande ottimismo, di rumorosa
allegria, di eccessiva fiducia in sé e negli altri.
Ciò
trae in inganno i malati, ma soprattutto i familiari:
quando una forma depressiva presenta questa bipolarità di
comportamento, essa rientra nel numero delle depressioni difficili da
trattare (psicosi
maniaco depressiva o semplicemente 'bipolare' in cui l'umore alterna
fasi di euforia smodata, detta “mania”).
Tra le forme depressive più sfumate, solo di qualche nota comune
sotto il tema malinconico, vanno ricordate quelle che compaiono in
relazione a ricorrenze fisiologiche come, per esempio, le
mestruazioni.
on poche donne entrano in uno stato di agitazione o depressivo una settimana prima della comparsa dei mestrui. Altre sperimentano la depressione per periodi più o meno lunghi dopo aver partorito e specialmente dopo il primo parto. Anche i primi segni della vecchiaia (menopausa, andropausa) possono accompagnarsi con un senso di inadeguatezza e di inutilità che è sentito soprattutto da quanti si sono abituati a vedere nell'efficienza, nel vigore fisico e nella bellezza, i valori massimi della vita. La depressione, come abbiamo visto, non risparmia neppure gli adolescenti ed i fanciulli: le statistiche non lasciano dubbi, ci dicono che i suicidi per depressione nei soggetti, tra i dodici e diciotto anni, sono in progressivo aumento. Anche certi medicinali, soprattutto se presi per lunghi periodi, possono portare a forme depressive che però passano quasi sempre a rapida guarigione non appena se ne sospenda il trattamento. Talvolta le depressioni da farmaco possono rappresentare la spinta determinante verso quello che è il rischio maggiore della solitudine, il suicidio.
on poche donne entrano in uno stato di agitazione o depressivo una settimana prima della comparsa dei mestrui. Altre sperimentano la depressione per periodi più o meno lunghi dopo aver partorito e specialmente dopo il primo parto. Anche i primi segni della vecchiaia (menopausa, andropausa) possono accompagnarsi con un senso di inadeguatezza e di inutilità che è sentito soprattutto da quanti si sono abituati a vedere nell'efficienza, nel vigore fisico e nella bellezza, i valori massimi della vita. La depressione, come abbiamo visto, non risparmia neppure gli adolescenti ed i fanciulli: le statistiche non lasciano dubbi, ci dicono che i suicidi per depressione nei soggetti, tra i dodici e diciotto anni, sono in progressivo aumento. Anche certi medicinali, soprattutto se presi per lunghi periodi, possono portare a forme depressive che però passano quasi sempre a rapida guarigione non appena se ne sospenda il trattamento. Talvolta le depressioni da farmaco possono rappresentare la spinta determinante verso quello che è il rischio maggiore della solitudine, il suicidio.
L'autosoppressione, specie tra gli anziani, ha toccato in questo periodo storico punte molto alte.
er
efficaci che siano, i depressi non devono però attendersi tutto
dalle medicine (aspettative esagerate, miracoli vari). Esiste
uno stretto rapporto tra le condizioni dell'organismo e quelle della
mente, per cui il nostro malessere migliorerà più rapidamente se ci
preoccuperemo del nostro stato fisico. Chiunque sia seduto al
chiuso, facendo pochissimo e mangiando tutte quelle “schifezze”
che gli fanno male ha molte probabilità di sentirsi depresso.
Bisogna migliorare gradualmente le nostre condizioni fisiche. Questo
ci permette di stare meglio con noi stessi e gli altri. E' necessario
occuparsi del proprio corpo, sia perché è l'unico che abbiamo, sia
perché trovare i pezzi di ricambio è davvero difficile e
complicato. Sappiamo infatti che trattarci bene è positivo,
come mangiare in modo equilibrato, fare esercizi fisici e aggiungere
elementi alla nostra provvista di strategie per i giorni cupi.
Le persone che restano aggrappate ad antichi rancori e che rinunciano
a dimenticare sono spesso odiose e sgradevoli. Coloro che sono
concentrati su se stessi, rancorosi ed arrabbiati, diventano una
pessima compagnia. La depressione,
infatti, è legata alla rabbia; stato clinico e sentimento sono
strettamente intrecciati; repressione e rabbia diventano un
meccanismo di difesa che produce depressione. Il depresso non è mai
“buono” come vorrebbe far credere o apparire; si mimetizza da
“buono” che è una cosa molto diversa nel rapporto con la realtà
… se potesse metterebbe a ferro e a fuoco ogni cosa.
n terapia è importante che questa rabbia possa, in un contesto ben
strutturato, defluire spontaneamente; bisogna alzare il coperchio,
gestire con grande professionalità tale situazione difficile, saper
liberare lentamente e con prudenza il vulcano che ribolle … un
atto terapeutico che funga da cassa di 'decompressione'.
Indipendentemente da quello che è successo e da quanto traumatico,
ingiusto o sleale sia stato, la nostra salita sarà più facile se ci
liberiamo dei vari fardelli, dell'inutile zavorra. Dobbiamo toglierci
lo zaino o, altrimenti, ci trascinerà giù. A prevenire e anche a
curare la depressione serve molto il cercare di mantenere i contatti
sociali, le amicizie, gli affetti. Nel
rapporto con le persone non bisogna però sempre tutto attendersi,
bisogna anche dare. E dare
significa molte volte ascoltare, saper semplicemente stare insieme.
A volte un tale piacere non è purtroppo neppure avvertito, ma è
perseverando che ad un certo momento ci si accorge quanto utili a noi
e agli altri siano stati tali contatti. Perché
depressi, magari a periodi, lo siamo più o meno tutti e lo stare
insieme ci fa bene. ATTENZIONE a non confondere il
quadro clinico depressivo con la struttura narcisistica o masochista.
Queste personalità appena indicate, infatti, sono caratterizzate da
fantasie onnipotenti, da sentimenti di vergogna, autodistruzione,
noia e disperazione mentre lo stato depressivo di tipo più
“melanconico” è dominato da sentimenti di colpa, iniquità,
avidità e odio per se stessi.
ON
UTILIZZARE QUESTE SOSTANZE SENZA UNA DIAGNOSI PRECISA O IL PARERE DI UN
PROFESSIONISTA QUALIFICATO. QUESTI ESEMPI RIENTRANO - COME TUTTI GLI
ALTRI ARTICOLI PUBBLICATI - IN UN PROGRAMMA INFORMATIVO ED EDUCATIVO,
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LA PROPRIA SALUTE … SAPERE COSA SI VUOLE E, SOPRATTUTTO, FAVORIRE IL
DIALOGO CON LO SPECIALISTA IN MANIERA APPROPRIATA E PIU' VANTAGGIOSA
POSSIBILE PER ENTRAMBI.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore informativo ed educativo, non prescrittivo.
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Quando ho trovato il dottor Wealthy avevo un disperato bisogno di riportare indietro il mio ex amante. Mi ha lasciato per un'altra donna. È successo così in fretta e non ho avuto voce in capitolo sulla situazione. Mi ha appena scaricato dopo 3 anni senza alcuna spiegazione. Ho contattato il dottor Wealthy e lui mi ha detto cosa dovevo fare prima che potesse aiutarmi e ho fatto quello che mi aveva detto di fare, dopo aver fornito ciò che voleva, ha lanciato un incantesimo d'amore per aiutarci a tornare insieme. Poco dopo aver fatto il suo incantesimo, il mio ragazzo ha iniziato a scrivermi di nuovo e si è sentito orribile per quello che mi ha appena fatto passare. Ha detto che ero la persona più importante della sua vita e ora lo sa. Ci siamo trasferiti insieme ed è stato più aperto con me di prima e ha iniziato a passare più tempo con me rispetto a prima. Da quando il dottor Wealthy mi ha aiutato, il mio partner è molto stabile, fedele e più vicino a me di prima. Consiglio vivamente Dr.Wealthy a chiunque abbia bisogno di aiuto. E-mail: wealthylovespell@gmail.com. Chiamalo o aggiungilo su whatsapp tramite: +2348105150446 PAGINA DEL BLOG Dr.Wealthy: Blog: https://wealthylovespell.blogspot.com
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