ANSIA
… un altro punto di vista

e
'ansie'. Endogena
(nasce all'interno: una insicurezza senza un apparente motivo),
anticipatoria
(un futuro che spaventa), prestazione (ci si sente già sconfitti
prima di iniziare), ipocondriaca
(ogni sintomo è una malattia). Quando si è presi dall'ansia il
respiro si fa più frenetico, ci mette in condizione di affrontare e
superare gli impegni della vita o un pericolo; il cervello, in quel
frangente, attiva immediatamente il Sistema Nervoso Periferico per
consentire di reagire efficacemente; il corpo si prepara ad
affrontare l'imprevisto: i bronchi si dilatano per incamerare più
ossigeno, la pupilla si dilata per mettere bene a fuoco ogni
particolare, il battito cardiaco aumenta, la digestione rallenta: è il momento di agire! Diventa un fenomeno negativo quando la
fisiologia corporea blocca anziché favorire l'azione; un mostro con
molte teste che si può incontrare al mattino - appena si aprono gli
occhi - pensando alla giornata, oppure di notte che non lascia
riposare, ma anche più semplicemente in un incontro galante. Può
diventare un disagio anche quella smania di riempire la vita a tutti
i costi di cose inutili, offuscando in tal modo ogni momento
piacevole ... cioè rinunciare di vivere almeno qualche volta con
semplicità e leggerezza.
ccade
frequentemente, nella vita di ogni giorno, di avvertire una tensione
spiacevole derivante da un contrasto o da un disaccordo fra noi
stessi e il nostro ambiente circostante. A volte il contrasto si
svolge fra noi e altre persone che hanno a livello soggettivo un
significato importante come familiari, colleghi di lavoro, superiori;
altre volte il contrasto lo avvertiamo dentro di noi tra desideri e
tendenze opposte, oppure tra le nostre aspirazioni e le regole che ci
sono imposte. In generale, comunque, una certa dose quotidiana di
contrasti fa parte della vita normale; la tensione che li accompagna
rappresenta il segnale della loro presenza e la spinta per superarli
e ad andare avanti. Ma se i problemi non vengono affrontati e quindi
le tensioni, invece di essere chiarite, vengono soffocate, spente al
nascere, esse si accumulano e possono trasformarsi in disagio, in
malessere diffuso o vera e propria sofferenza … in un vero e
proprio calvario, tormento continuativo. Si usa il termine conflitto
quando il contrasto con se stessi (conflitto interno) o con gli altri
(conflitto esterno) si prolunga nel tempo tanto da diventare un
elemento importante o prevalente nella vita delle persone coinvolte.


a
parola conflitto non indica necessariamente qualcosa di specifico:
essa designa ogni situazione in cui vi sia la contrapposizione di
interessi, di aspirazioni, di volontà.
A livello delle singole persone, i conflitti non chiariti non
scompaiono mai in modo spontaneo; possono essere avvertiti più o
meno chiaramente, e la persona può anche raggiungere un certo
equilibrio e “nascondere” a se stessa e agli altri la tensione
derivata dal conflitto. Alla lunga però, se il conflitto coinvolge
profondamente la persona e non viene chiarito, è sempre causa di
sofferenza e può dare origine a stati d’ansia. L’autentica
“salute” non significa vivere una vita spensierata e priva di
conflitti non affrontati e non chiariti. E’
un errore pensare di raggiungere la “tranquillità a tutti i costi”
illudendosi di evitare ogni contrasto e ogni tensione.
Va
detto che “chiarire” un conflitto non significa sempre poterlo
risolvere. Il conflitto fa male e può diventare patogeno (che
produce malattia)
quando rimane oscuro e la tensione emotiva non trova vie di scarico
utili.
La visione di un ostacolo evidente e concreto di fronte a noi è
sempre meglio dell’oscura sensazione di tensione o di scontento che
non permette mai di arrivare a decisioni equilibrate, lucide e
razionali. Saper accettare i propri conflitti affrontandoli con
chiarezza fa parte della maturità di una persona. La “salute”
comporta anche la capacità di confrontarsi o scontrarsi apertamente
difendendo le proprie esigenze, ma rispettando, nel contempo, anche
quelle degli altri. Quando certi conflitti non sono risolti in modo
utile e diventano intollerabili, possono sfociare in un tormento
continuo … in situazioni acute di crisi. Sia che abbia un carattere
momentaneo, sia che riguardi più profondamente i rapporti tra le
persone o il significato che una persona ha dato alla propria
esistenza, la crisi in fondo non è altro che l’espressione di un
problema che non può essere ignorato; essa, volenti o nolenti, si fa
sentire, costringe a prendere coscienza che una difficoltà c’è e
va in qualche modo risolta.
Che
cosa è l’ansia
a
tensione che accompagna e segnala un conflitto o, più in generale
una difficoltà dell’esistenza può assumere le caratteristiche
dell’ansia.
’ansia è un fenomeno profondamente umano
e fa parte delle nostre normali reazioni. Tutti abbiamo provato ansia
in qualche momento della nostra vita. Si tratta di un sentimento
spiacevole di allarme e di attesa che possa accadere “qualcosa”
che più o meno vagamente temiamo, qualcosa di indesiderato o
minaccioso. Entriamo in ansia, come si usa dire, quando avvertiamo
che viene meno la nostra sicurezza perché non possiamo più
controllare gli avvenimenti o contare su punti di riferimento certi.
La forma più semplice dell’ansia è di sentirsi spaesati, cioè il
sottile sentimento di disagio che ciascuno ha provato trovandosi di
solito in luoghi a lui estranei, una città lontana o una camera di
albergo sconosciuta. In questo caso basta appropriarsi del
nuovo ambiente e renderselo familiare (esplorandolo, scoprendo punti
di riferimento: colori, profumi, arredo) per superare l’ansia e
riacquistare la piena sicurezza.

i
legano sempre alla condizione dell’uomo, con i suoi affetti, i suoi
valori, le difficoltà che ciascuno incontra nella vita, altre ansie:
l’ansia per la possibile perdita di una
persona cara, l’ansia di fronte alla morte. In periodi di
insicurezza diffusa nella società si acuiscono le ansie per la
salute, la possibile perdita del posto di lavoro, per il proprio
avvenire e quello della propria famiglia e così via. Molto frequenti
– anche se si sottovaluta a volte l’intensità della sofferenza
che esse comportano – sono le ansie che accompagnano certe età
delicate della vita in cui è in gioco la sicurezza della propria
identità e dell’avvenire: le ansie dei
bambini alle prime separazioni dai genitori, le ansie degli
adolescenti e quelle delle persone anziane. In breve, il
sentimento d’ansia, con tutte le sue possibili sfumature, va
riconosciuto come una parte normale dell’esistenza umana. Ad esso è
possibile portare sollievo con un atteggiamento di sincera
solidarietà (l’espressione comune “condividere le ansie” di
qualcuno racchiude una grande verità terapeutica) e soprattutto
cercare di modificare le condizioni che producono insicurezza e
ansia. Ad esempio, nel caso dei bambini e degli anziani è
fondamentale garantire la continuità dei rapporti con persone e
ambienti familiari.


uando siamo in ansia soffriamo anche
fisicamente: ecco che il cuore batte
all’impazzata, lo stomaco fa le bizze e qualche volta ci si mette
anche l’intestino … facendo correre velocemente! Accade
così che il fatto di sentirci “scombussolati” ci metta ancor più
in allarme e ci faccia sentire deboli, impauriti indisposti proprio
nel momento in cui avremmo bisogno di tutte le energie per essere
nella forma migliore. L’ansia è, come già sottolineato più
volte, quella sensazione psicofisica che avvertiamo quando ci
sentiamo minacciati da qualcosa, o immaginiamo che nel nostro futuro
imminente stia per accadere proprio ciò che maggiormente temiamo.
Una certa quantità di ansia è però da considerarsi normale: tutti
ne soffriamo, chi con manifestazioni notevoli ed evidenti, chi,
invece, con una silenziosa e sottile tensione nella maggior parte
delle persone. Il ritardo di una persona cara a un appuntamento, per
esempio, genera apprensione, un diverbio non ci fa sentire
tranquilli; per non parlare della sgradevole sensazione che proviamo
quando abbiamo un debito e temiamo di non riuscire a pagarlo.
Apprensione, nervosismo, inquietudine,
preoccupazione, presentimento, costernazione, presagio, timore,
tormento, affanno, eccitazione, tensione, paura, apprensione,
malessere, trepidazione, sconforto, terrore, spavento, angoscia,
panico, agitazione, batticuore, stress sono
alcuni dei nomi con cui definiamo l’ansia (con questo lungo
elenco di vocaboli difficilmente siamo i soli a sperimentare
l’ansia).

’ansia, inoltre, pur essendo poco piacevole nel
momento in cui la viviamo, non è del tutto negativa; un pizzico di
tensione rende più saporita ed eccitante la nostra esistenza. L’ansia
amplifica le nostre sensazioni, ci fa vivere più intensamente,
imprime in noi, i maniera indelebile, le esperienze della vita. Nelle
forme più leggere l’ansia e la paura possono anche risultare
utili. Infatti ci spingono ad agire rapidamente quando c’è
un pericolo in vista e ci aiutano a rimanere in allarme quando siamo
in una situazione difficile (migliora le prestazioni dell’individuo,
neutralizzando l’apatia e la tendenza a “sedersi”). L’essere
umano non può mai stare tranquillo. L’ansia è intrecciata alla
sua vita come l’amore, la malattia, la morte, la crescita, l’errore
e tutte le altre caratteristiche che lo rendono umano e non “divino”.
La causa più profonda dell’ansia può infatti essere ricercata
proprio nella condizione esistenziale stessa dell’uomo. Il
nostro bisogno fondamentale è quello di mantenersi sani, vitali,
amati e accettati dagli altri quanto più ci sia possibile,
adeguatamente soddisfatti di noi e di ciò che ci circonda, mentre
d’altro canto sappiamo con certezza che le cose non sono mai così
lineari … non siamo mi al sicuro, da qualche parte nel nostro
futuro ci può essere una incognita. E
che la pienezza e la felicità non sono mai raggiunte in modo stabile
e definitivo, ma sono frutto di una continua ricerca. Quando l’ansia
non è disturbante (o invalidante) la persona non teme nuove
situazioni e può sopportare rischi e incertezze; non ha bisogno che
ogni cosa sia pianificata e organizzata in precedenza; soprattutto
non ha paura di tentare; se non ci riesce impara qualcosa
dall’esperienza che le sarà utile per fare meglio la volta
successiva. La persona è anche realista, ha una visione precisa
delle cose e non confonde ciò che è con ciò che dovrebbe essere.
Sapendo di non poter fare tutto, si dedica alle cose che ritiene più
importati. I suoi valori sono realistici; non cerca l’impossibile
ma considera sufficiente fare del suo meglio. Accetta,
inoltre, l’esistenza di certe condizioni: se vuole risparmiare del
denaro, non deve spenderlo tutto; se vuole dimagrire, deve magiare di
meno.
ono
cose che tutti sanno, ma pochi vivono secondo queste regole. Cerca di
migliorare ciò che è suscettibile di miglioramento e si rende conto
che con grandi fatiche e adeguate motivazioni si possono fare molte
cose. Accetta tuttavia anche i propri limiti e non prova disagio (o
compensazioni particolari) per le proprie insufficienze. Ha
sicuramente il controllo della propria vita; ascolta gli altri ma
decide da solo e se ne assume la responsabilità. E’
capace di lavorare ma anche di giocare. Ha un buon grado di
rispetto e di stima per se stesso, considera tutti gli esseri umani,
lui compreso, degni di valore. Non ha bisogno di cercare la costante
approvazione degli altri né di fornire continue prove delle sue
capacità. E’ in rapporto continuo con i suoi sentimenti e riesce
ad esprimerli. Egli sente in modo profondo, si tratti di tristezza o
di gioia, amore, rabbia, frustrazioni, fame o stanchezza. Sa cosa gli
piace e cosa vuole, anche se non può ottenerlo. Se viene ferito
prova una collera immediata e non gli capita il giorno dopo di
soffrire di un inspiegabile “mal di testa”. Sa quando è adirato
e reagisce immediatamente e in modo semplice e diretto a qualsiasi
cosa accada. Tutte le persone che soffrono di stati d’ansia,
momentanei o persistenti, sanno come questa sia profondamente legata
a una serie di piccoli e fastidiosi disturbi: ecco
che le mani iniziano a sudare, la pancia si fa sentire, appaiono
tremori o rossori.
utti
abbiamo la tendenza a somatizzare quando alcune circostanze dentro o
fuori di noi oltrepassano i livelli di guardia; anzi, da un certo
punto di vista possiamo dire che sono spesso proprio questi piccoli
segnali che ci fanno accorgere di come in realtà siamo in ansia. Ma
a volte questi disturbi diventano costanti e proprio per questo
preoccupanti quando si trasformano in: insonnia
persistente, ulcera o gastrite, cervicale o mal di schiena, emicrania
e colite.
Disturbi
acuti e cronici
disturbi ansiogeni possono essere suddivisi in disturbi acuti o
disturbi cronici. I malesseri acuti si differenziano da
manifestazioni analoghe della vita psichica “normale” soprattutto
per la loro intensità (attacchi di panico: è
una crisi d’ansia acuta che compare in modo imprevedibile e
incontrollabile. I sintomi neurovegetativi consueti dell’ansia si
manifestano al massimo dell’intensità fino a provocare la paura di
morire, di impazzire o di perdere il controllo). A tutti, come
è già stato sottolineato, può capitare di provare ansia e paura.
Ma quando questa giunge a bloccarci e a impedirci di “funzionare”
allora ci troviamo per analogia nella situazione in cui si trova il
nostro corpo quando deve far fronte a un attacco di influenza con
febbre molto alta: tutte le sue funzioni
vengono ostacolate in modo più o meno grave. Il disturbo
acuto ha comunque una durata limitata, dopo di che rientra nelle
abitudini del suo stile di vita e che quindi può letteralmente
essere chiamato normale. Per disturbo cronico non si intende
assolutamente inguaribile (fobie: in questo
caso l’ansia è scatenata da un oggetto o una situazione - luoghi
chiusi, animali, esami, aereo - che viene temuta e si riduce quando
ci si allontana o si riesce ad evitare lo stimolo che lo innesca;
ossessioni - compulsioni: è un disturbo d’ansia caratterizzato
dalla presenza di ossessioni, immagini e idee ricorrenti che sfuggono
al controllo della volontà. Parallelamente sono presenti
comportamenti compulsivi e rituali che hanno lo scopo di tenere sotto
controllo l’ansia e scongiurare le paure). Cronico significa
che in qualche modo l’organismo ha trovato un equilibrio che gli
permette di vivere in un modo sopportabile, ma nello stesso tempo
esclude la possibilità di un ritorno alla normalità (come si
verifica nello stato acuto). Le varie contromisure messe in atto in
modo consapevole o inconsapevole da parte della persona giungono a
modificare la personalità. E’ proprio il raggiungimento di questo
stato di convivenza con rimedi parziali che impedisce da una parte un
possibile peggioramento e dall’altra, purtroppo, un radicale
miglioramento. E’ un po’ come se la persona, pur continuando a
soffrire per i propri disturbi, si “affezionasse” nello stesso
tempo ad alcuni aspetti di sé che pensa possano proteggerlo. Così
per esempio qualcuno si sente spaventato dalla gente può decidere di
affrontare determinate situazioni solo se accompagnato. Fino a quando
si farà accompagnare proverà probabilmente meno paura ma il
prolungarsi della situazione può giungere a modificare l’immagine
che egli ha di se stesso. Credersi e accettarsi
come una specie di “fifone” bisognoso di aiuto costante lo farà
sì vivere meglio, ma gli impedirà di affrontare la gente da solo.
Inoltre, i rapporti sociali tenderanno a
strutturarsi in base all’immagine che ha di sé e vivrà in modo
molto conflittuale chiunque rifiuti di accettarla. D’altra
parte qualunque intervento drastico (per
es. un accompagnatore che lo pianti in asso) non farà
altro che aumentare l’ansia, bloccandolo ulteriormente e
confermandolo nelle proprie convinzioni. Da tutto ciò si può
comprendere come la terapia in questi casi necessiti di un punto di
riferimento esterno qualificato capace di stimolare le potenzialità
senza colpevolizzare le mancanze.
Ricapitolando
L’ansia
che cos’è.
i
per sé è una condizione connaturata all’esistenza stessa
dell’uomo, una risposta adattiva che mette l’organismo in
condizione di rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente e di
sopravvivere alle situazioni che mettono a rischio la vita stessa.
Essa è dunque una tensione psicofisica che mobilita le risorse
fisiche ed intellettive del soggetto per migliorarne le risposte. Ma
non sempre è così, spesso l’ansia diventa una condizione
patologica.
Come
si manifesta.
’ansia
patologica corrisponde alla cosiddetta ansia generalizzata è
caratterizzata da uno stato di costante attesa
di eventi negativi e catastrofici. I sintomi con cui si
manifesta sono: agitazione, tensione muscolare,
irritabilità, palpitazioni, tremori, senso di oppressione toracica,
ironia, difficoltà digestive.
Perché
soffriamo d’ansia.

ossiamo
dire che è un disagio tipico della nostra era moderna e del mondo
occidentale. Le ragioni vanno ricercate nel
nostro stile di vita, nei modelli mentali che influenzano il vivere
quotidiano e orientano le nostre azioni e scelte. Ma
perché ci affligge l’ansia? Perché non concediamo alla
nostra energia vitale abbastanza spazio per scorrere liberamente e
realizzare in tempo reale i nostri bisogni e desideri. Troppi vincoli
e limiti, troppi giri di pensieri a vuoto. Il nostro tempo
distribuito tra mille attività, la necessità di far sottostare ogni
gesto a macchinosi ragionamenti e pianificazioni. Il cervello è
fatto per realizzare quello di cui abbiamo bisogno nel modo più
lineare e immediato possibile. Per funzionare bene ha bisogno di
mantenere la sua apertura e plasticità. Quando la intrappoliamo in
un tipo di pensiero troppo ordinato e condizionato ci troviamo in
presenza di un cervello che si “contrae”, si “atrofizza”:
ecco allora l’ansia che improvvisamente ci
tormenta, ci attanaglia. Tutte le volte che ci costringiamo ad
essere molto diversi da come siamo, che incanaliamo le nostre energie
nelle strettoie di obiettivi insulsi, valori banali, convinzioni
unilaterali e rigidi, esercitiamo su noi stessi un vero e proprio
atto di forza: l’ansia interviene allora come
una “contro - forza” che ci costringe a fermarci e a rimetterci
in discussione.
’ansia ci coglie quando si forma un
pensiero: tutte le volte che non viviamo interamente nel presente e
interrompiamo il flusso della vita con i nostri pensieri non stiamo
più vivendo. Se invece assecondiamo il fluire
continuo dell’esperienza e del tempo le cose vanno come devono
andare, allora sì che riusciamo a vivere consapevolmente e
pienamente. E a realizzare ciò che ci fa stare veramente
bene. Così come un fiore non programma di dover crescere, né si
preoccupa, ma vive immerso ella natura, e asseconda il flusso e
sempre naturalmente, senza dover fare nessuno sforzo, sboccia e porta
a compimento tutte le potenzialità contenute nel suo seme. Per
affrontare l’ansia dobbiamo essere disposti a “sprofondare dentro
noi stessi” scendere in profondità non significa cadere i un
abisso insondabile ma precipitare in un luogo dove lentamente
sparisce la nostra identità. Liberarci dalle nostre identificazioni
è una vera e propria operazione salutare: l’identificazione
è la nostra malattia più grave, la nostra abitudine più dannosa.
L’ansia nasce dal fatto che siamo
identificati in un modello. L’ansia viene proprio per far
morire quel modello, perché soltanto così possiamo tornare vivi. La
vita è un continuum, un flusso ininterrotto, non ci sono tappe da
inseguire, o da raggiungere, siamo noi che frammentiamo il tempo, che
pensiamo che quello che facciamo adesso è diverso da quello che
faremo tra un’ora o che abbiamo fatto un mese fa. L’ansia nasce
proprio dalla rottura di questo continuum. Se non riusciamo ad essere
questo istante sempre più totale che è la vita, se non dividiamo il
tempo vissuto in un prima e in un dopo, possiamo diventare una eterna
consapevolezza, uno stato in cui la coscienza accoglie tutte le
energie che cercano di uscire, e come tale le trasmette. L’ansia
così si trasforma in creatività. Perché l’ansia è tutta
la creatività, tutto l’istinto e tutta la potenza vitale che non
stiamo usando. Il presente è l’unico punto fermo. Ma come porsi in
questa perenne e caotica mutazione. Raggiungendo la consapevolezza
che ciò che è passato ormai non esiste più e non potrà più in
futuro ripetersi con modalità uguali e che neanche il futuro esiste
perché non si è ancora realizzato e se mai si realizzerà sarà
comunque diverso da come oggi lo possiamo immaginare. L’attuale
punto di vista è necessariamente diverso da quello che ci vedrà
osservatori quando l’evento si verificherà. Il
presente costituisce l’unica certezza: la prova della nostra
presenza lì dove il verbo “restare”, pur nella sua limitatezza
linguistica, è il fulcro e la motivazione della nostra stessa
esistenza. Esistenza che si realizza sempre e soltanto per
punti continui che vivono e muoiono nel momento stesso in cui vengono
alla luce nel mondo. Se noi, in quanto parte integrante del mondo,
siamo in grado, solo con un respiro, di modificarlo e di esserne
modificati, significa che noi stessi siamo il mondo. Un mondo che
vive, si trasforma, si evolve in un processo unico nel quale siamo
tutti coinvolti, consapevolmente o inconsapevolmente, in ogni istante
nel nostro percorso vitale. Senza di noi, infatti, il mondo non
sarebbe lo stesso. Sarebbe privo di un elemento che concorre alla sua
stessa esistenza e al suo programma in quel preciso e unico momento
temporale.
ome
possiamo gestire al meglio il presente, spesso troppo proiettato
verso eventi futuri? Forse non si può prevedere il futuro, ma
si può sicuramente incidere su ciò che ci aspetta per il futuro,
cercando di modificare al meglio il proprio presente. Questo
sì che si può fare!!! E se si possono cambiare le regole del
gioco, si può anche, se lo si desidera, indirizzare le proprie
scelte comportamentali verso il miglioramento del nostro stato
attuale di benessere psicofisico. Scelte che sono determinanti per il
nostro futuro. L’attitudine a gestire gli eventi in modo naturale
ci porterà, anche, a dare più spazio e seguito a quanto nella
nostra vita suscita emozioni e a seguire il richiamo di ogni nuovo
percorso che possa far nascere in noi l’entusiasmo della novità e
della curiosità. Il presente è proprio questo: la
concretizzazione di un momento nuovo che, per essere vissuto
intensamente, deve suscitare la curiosità della sua conoscenza.
L’abitudine uccide il presente perché delegittima la sua stessa
forza vitale relegandolo in un passato già vissuto. Se la
costruzione della nostra vita è fatta di attimi irripetibili e
sempre nuovi, nuovo deve sempre essere, quindi, anche il nostro
approccio dinanzi alle novità che il futuro fattosi presente ci
porta. Il nostro percorso della vita non è già segnato e
compromesso al momento della nascita: siamo noi
che lo costruiamo e lo possiamo modificare giorno dopo giorno.
•
Evitiamo
di ricadere nel ricordo ossessivo degli eventi che sono già passati
o nella anticipata preoccupazione di ciò che ancora deve
(ipoteticamente)
verificarsi;
• Impariamo
ad acquisire maggiore consapevolezza del presente e cerchiamo di valorizzarlo;
•
Convinciamoci
dell’ineluttabilità di certi eventi, nei confronti dei quali il
nostro compito deve limitarsi ad assecondare il loro passaggio nel
presente;
•
Impariamo ad utilizzare le “antenne” dei nostri sensi per
identificare, nella natura che ci circonda, il richiamo di quegli
elementi che possono fornirci le risorse energetiche di cui abbiamo
bisogno per ristabilire il nostro equilibrio psicofisico … dobbiamo
cominciare a sentire;
•
Ed
infine proponiamoci di vivere intensamente e serenamente ogni istante
che caratterizza la nostra esistenza, considerandolo come qualcosa di
unico e irripetibile, che potrebbe essere l’ultimo in assoluto, ma
anche il primo di un nuovo percorso di vita iniziato all’insegna
della naturale consapevolezza del nostro essere.
icorda,
uscire dall’ansia si può, è necessario mostrarsi disponibili a
mettere in discussione le nostre “certezze”, e abbandonarsi al
flusso mutevole degli eventi. Ricordando
che anche la tensione può essere utile e passeggera!
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore informativo ed educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it