Alcolismo:
il
nettare del diavolo …
è
molto di più del fatto di bere

'alcolismo,
detto anche etilismo, è uno stato di dipendenza definito come
l’insieme dei fenomeni patologici provocati dall’abuso di bevande
alcoliche. Tale condizione assume caratteristiche di cronicità
quando l’abitudine al consumo di bevande alcoliche si prolunga nel
tempo, mentre acuta, se si riferisce alla semplice “ebbrezza”
episodica. I fattori psicologici che “spingono” l’individuo ad
assumere l’alcol in grandi quantità ed in modo continuativo sono:
stato
di tensione, difficoltà relazionali, sentimento di insicurezza,
incapacità di autoaffermarsi e bisogno continuo di gratificazioni.
L’uso di alcol, comunque, non è un fenomeno recente e non
appartiene sicuramente solo a questo periodo storico caratterizzato da
problemi economici, covid e guerre varie. I nostri antenati, infatti,
avevano scoperto – oltre
gli effetti apparentemente benefici come forza e coraggio –
molti
metodi per produrre alcol e altre sostanze psicoattive, a cui veniva
riconosciuto un valore spirituale tale da farne il centro di
cerimonie religiose e riti di iniziazione sociale.
nche la medicina
popolare utilizza da sempre questa sostanza per alleviare il dolore,
sia fisico sia psicologico, per dare rilassamento, conforto e
“felicità”, per migliorare le prestazioni e favorirne la
socializzazione. Molte persone riescono a godere dell’effetto
piacevole dell’alcol senza diventare dipendenti e sopportare
conseguenze negative. Nella maggior parte dei casi, però, i
consumatori di alcol da occasionali diventano abituali e, quando la
dipendenza si è instaurata, ogni momento della giornata ruota
attorno alla ricerca di questa sostanza; non appena gli effetti di
una “dose” scompaiano inizia l’attesa spasmodica della
successiva. I sintomi fisici e le conseguenze psicologiche sono gravi
e gli effetti negativi coinvolgono l’intera società, oltre
ovviamente il consumatore: aumentano
gli incidenti d’auto e sul lavoro, i divorzi, i crimini e le
violenze, calano la produttività e la coesione sociale.
I soggetti che abusano di alcol difficilmente riescono ad ammetterlo;
anzi, il più delle volte, lo negano anche di fronte all’evidenza
dei fatti. Molto prima di danneggiare il fegato, l’alcol causa
perdita della memoria e gastrite; i continui ritardi sul lavoro o le
frequenti assenze per malattia portano al licenziamento; il vizio del
bere è motivo di gravi problemi familiari, spesso di divorzio, e di
comportamenti socialmente pericolosi come la guida in stato di
ebbrezza. uando si abusa di alcol la vita è dominata da dolorose
contraddizioni e si impara a mentire, soprattutto, a se stessi. Si
ama la famiglia ma si trascurano i doveri; non si chiede aiuto ma si
ha il bisogno di qualcuno su cui contare; si assumono sostanze con la
speranza di alleviare attacchi di panico, depressione, ansia e
tristezza esistenziale che invece si fanno sentire ogni giorno di
più, non appena sfuma l’effetto acuto dell’alcol; si lavora con
accanimento ma non si riesce a concludere nulla di buono (non
c’è soddisfazione)
provocando i malumori di capi e di colleghi; si crede di trovare
sicurezza e autostima in una sostanza che in realtà costringe a una
forma di schiavitù terribile e, infine, si compiono sforzi davvero
immani per uscire dal circolo vizioso in cui si è intrappolati e,
ogni volta, poi … si inciampa nuovamente, si ricade nel dramma. La
dipendenza da sostanze può essere fisica o psicologica. Quella
fisica si instaura perché il cervello umano è dotato di uno
straordinario sistema di adattamento: le
cellule nervose, a contatto con una sostanza estranea si adattano ai
suoi effetti e modificano gradualmente il numero, la configurazione e
la sensibilità dei ricettori specifici.
Un eccesso di sostanza all’inizio provoca un effetto intenso sulle
cellule nervose, che si attenua con l’abitudine. Questo fenomeno
detto “tolleranza”, è un meccanismo protettivo che permette al
sistema nervoso di adattarsi alla sostanza; ma è anche il
responsabile di quel comportamento tipico dell’etilista che lo
spinge ad avere bisogno di quantità sempre maggiori della sostanza
per ottenere il medesimo effetto, esponendo il cervello e il corpo a
dosaggi altissimi e tossici.
’alcol, infatti, è una droga potente
che anestetizza il cervello, mima gli effetti di sostanze
naturalmente presenti in esso che danno benessere, rilassamento,
piacere ed eccitazione. Nell’area corticale del cervello, l’alcol
agisce come rilassante e frequentemente distorce la capacità di
apprendimento, la memoria, il giudizio e il comportamento. Ma non ha
un effetto devastante solo sul cervello. Tutte le cellule sono
esposte agli effetti tossici dell’alcol, in particolar modo il
fegato e i reni. Non devono essere esclusi comunque i rischi per
molte altre patologie come il cancro e i disturbi mentali. Alcuni
orientamenti scientifici hanno classificato i bevitori problematici
in base a tre grandi tipologie: il
bevitore compulsivo – fortemente esposto alla depressione che tende
a produrre troppa istamina; il bevitore da sbronza del
sabato
sera – che può avere bassi livelli di istamina e alti livelli di
rame; il bevitore ipoglicemico – che sostituisce lo zucchero con
l’alcol.


a
dipendenza psicologica, invece, consiste nella perdita del controllo
sull’utilizzo della sostanza, cioè nel cercare di porsi dei limiti
senza riuscirvi. Numerose teorie cercano di spiegare le ragioni per
cui questa dipendenza induce in un individuo la coazione a bere.
Molti etilisti sono persone ipersensibili, forse troppo sensibili,
con grandi difficoltà a sostenere le frustrazioni della vita e di
imporsi l’autodisciplina necessaria a smettere di bere. Quasi tutti
soffrono di un profondo complesso di inferiorità che cercano di
anestetizzare con l’alcol. Un’altra spiegazione può essere
quella di evadere la realtà piena di ansia, conflitti e tensioni.
Mentre per la maggior parte delle persone, chi più chi meno,
accettano la responsabilità della vita, alcuni vogliono fuggirle,
credono, di non avere la determinazione sufficiente per superarle. Si
considerano, a torto, “differenti”. Vi sono molti modi per
evadere dalla realtà e all’ansia. Alcuni giocano, altri vanno a
donne, altri ancora si masturbano in modo compulsivo e ci sono infine
quelli che usano il nettare proibito ... l’alcol. Il motivo
sottostante è, tuttavia, sempre lo stesso: anestetizzare,
o almeno alleviare in qualche modo, il dolore prodotto dalle
vicissitudini personali. I debiti, la
perdita del lavoro, un rapporto infelice, la convinzione di un
fallimento professionale, la solitudine, la sensazione di non essere
considerati o amati, una malattia sono altrettanto alibi per
giustificare questa diabolica abitudine … questa
drammatica sensazione di impotenza. E’ un suicidio lento,
parziale, un “avvelenamento” del corpo e della mente, perché non
si riesce a riconoscere il vero motivo che sta alla base del senso di
sconfitta, della disperazione … di un dolore profondo.

a
dipendenza dalle bevande alcoliche diventa paradossalmente il
compromesso tra il desiderio di vivere e quello di morire: troppo
terrorizzato per morire e troppo spaventato per vivere!!!
Un’altra spiegazione di questa dipendenza psicologica è che
l’alcol libera le inibizioni … per certi versi, fa sentire più
“leggeri”, meno coinvolti al dramma della vita. Abbiamo tutti
delle emozioni, un mondo istintivo che ci piacerebbe sfogare, ma non
riusciamo perché alcuni “vincoli” emotivi e sociali non ce lo
permettono (il lettore attento avrà capito
sicuramente che non si tratta di realizzare atti “vandalici”
contro la società ma semplicemente di dare corso ai sentimenti!!!).
L’alcol agisce da stimolante, libera l’individuo dal peso dei
drammi familiari, dalle preoccupazioni e dalle paure, allevia i
sentimenti di inferiorità e debolezza, permette di accantonare
inibizioni e autocensure che normalmente bloccano i sentimenti,
scioglie la lingua, rende un timido un perfetto dongiovanni; gli dà
la scusa per essere aperto, espansivo, spiritoso e, perché no, un
perfetto romanticone. Se si viene respinti, la nostra mente è
formidabile nel conservare l’autostima, può sempre dare la colpa
al “bicchiere in più” (questo è un comune
meccanismo ossessivo compulsivo presente anche in chi frequenta
fattucchiere e cartomanti, non si dice forse, quando le previsioni
sono negative, ma tanto è un gioco!!!).
OSA
FARE. Ippocrate scriveva: “Si
beve per alleviare paura e terrore”. Purtroppo chi ricerca il
benessere in una sostanza - anche se apparentemente dà una
sensazione di forza e coraggio - è destinato ad aggravare anziché
alleviare il proprio malessere, a causa proprio dei sintomi
psicosomatici connessi all’assunzione continua di alcol. Gli
effetti comportamentali prodotti dall’alcol mimano fedelmente i
sintomi riscontrabili in chi soffre di disagi emotivi che non fanno
uso di sostanze alcoliche, perché il cervello presenta sempre le
stesse modalità di alterazione: depressione,
ansia, delirio, allucinazioni.
Il bevitore problematico, attraverso l’alcol cerca di cambiare la
sua vita, di trasformare la sua esistenza e di superare una profonda
insicurezza relazionale. In questo modo l’alcol diventa lo
strumento, purtroppo inadeguato in quanto illusorio, per sciogliere
tutte quelle inibizioni che hanno favorito, nel corso degli anni,
l’incomunicabilità con il mondo circostante. L’alcol comunque è
e non potrà mai essere uno strumento di libertà e tanto meno di
felicità. Questa sensazione illusoria di forza, coraggio, felicità
e gioia - oltre ad evitare il contatto con i conflitti esistenziali
irrisolti - viene trasformata, una volta sfumati gli effetti dei fumi
alcolici, in paura, senso di colpa, vergogna, isolamento, tristezza,
rimorsi.


cco allora il bisogno di bere nuovamente per coprire quel
profondo malessere, per sfuggire ad una realtà deludente… a prezzo
di una ulteriore “punizione” e sofferenza psicologica. Con
l’inebriarsi, infatti, si crea una condizione transitoria di
esaltazione, quello che sta intorno “scompare”.
Ma quando
l’effetto finisce, il bevitore problematico si sente ancora più
impotente e più incompreso di prima, a tal punto che è spinto a
ricorrere nuovamente all’alcol con una frequenza e una quantità
sempre crescenti. La
dipendenza da sostanze in genere dura molti anni, con fasi di
remissioni e continue ricadute. Non bisogna, però, perdere le
speranze: disintossicarsi
è possibile, la sobrietà è un obiettivo reale e raggiungibile,
molti ne sono usciti con successo.
Il primo passo è, ovviamente, ammettere di avere un problema, poi è
necessario “impegnarsi” per venirne fuori (senza
mai delegare la risoluzione a qualcosa, qualcuno).
Il mondo allora apparirà sotto una nuova luce, sarà grandioso
liberarsi della dipendenza. Gli alti e bassi che caratterizzano
l’andamento della dipendenza da alcol sono simili a quelli di ogni
altra patologia cronica. Non ci si dovrebbe sorprendere né mostrare
disappunto davanti a una ricaduta: è
controproducente parlare di fallimento morale ogni volta che un
etilista ha un “ripensamento” o un piccolo cedimento.

sistono, comunque, molti tipi di cura per l’etilismo (si
tratta sempre di metodi che sono, ovviamente, efficaci per alcuni,
non lo sono per tutti).
Alcune scuole di pensiero chiedono che l’individuo esamini se
stesso e sia “responsabile” nel farlo (anche chi scrive ritiene
utile questa strategia). Questo è il metodo che più di ogni altro
ha dato buoni risultati. L’analisi transazionale agisce sul
comportamento, la psicoterapia tradizionale ricerca le radici della
dipendenza e del significato simbolico della “bottiglia”, la
medicina allopatica prescrive spesso farmaci che, il più delle
volte, provocano il vomito quando si ingerisce l’alcol. Anche
l’ipnosi è uno strumento che può essere molto utile nel vincere
l’etilismo, specie se usata in combinazione con un programma
terapeutico ben preciso e, ovviamente, coordinato da una persona
qualificata. Altre scuole “organiciste”, invece, sostengono che
la dipendenza da alcol ha molto a che fare con gli squilibri
biochimici (serotonina, istamina, adrenalina, noradrenalina). I tipi
ad alta istamina sono particolarmente inclini all’alcol e possono
in genere tollerarlo bene.
n’ampia percentuale di bevitori sono
forti produttori di istamina: usano
l’alcol come un lento suicidio.
Il bevitore da sbronza occasionale ha più probabilmente bassi
livelli di istamina. In stretta relazione con l’alcol, molti
ipoglicemici diventano dipendenti dall’alcol invece che dello
zucchero. Ed
è pratica comune degli etilisti, quando non possono bere, usano
larghe dosi di zucchero in sua vece. Identificare quali di questi
fattori svolga una parte importante nella dipendenza fornisce un
indizio su come modificare la “nutrizione” per ridurre il
desiderio. Leggere queste
righe, comunque, non è sufficiente per risolvere un problema di
dipendenza; lo scopo è quello di riconoscere o ammettere che tale
drammatico problema c’è e, soprattutto, avere informazioni utili;
tutto ciò rappresenta un primo, importante passo sulla lunga e
difficile strada della guarigione. Non bisogna mai dimenticare che un
consumo moderato, se di buona qualità, può essere un elemento di
soddisfazione e di benessere, mentre delegare agli alcolici la
risoluzione dei conflitti porta inevitabilmente all’infelicità e
alla distruzione sia nel corpo sia nella mente. Per cui è sempre
indispensabile scegliere e selezionare cosa bere - anche da un punto
di vista organolettico - sia il tipo di “liquido” sia la qualità,
perché in questo modo è possibile gustare la sostanza e cogliere
quegli aspetti piacevoli (odore e sapore) che ci permettono di
sentirci bene, di “dominare” la bevanda anziché essere
“inghiottiti” da essa; perché anche questo, appartiene, tutto
sommato, ai grandi piaceri della vita. Un altro aspetto importante,
per contrastare l’assunzione di alcolici, è quello di riflettere
sulle cose che ci fanno realmente star bene - mettere a fuoco le
sorgenti di piacere - senza ricorrere a quel meccanismo automatico
del bicchierino per riprendere “quota”. L’alcol, inoltre, a
lungo andare, cerca di strutturare in modo automatico e ripetitivo lo
stile di vita, tutto ruota attorno al rituale del bere: la cena,
comprare la “sostanza”, l’occasione per bere qualcosa … Per
stroncare questa modalità reattiva, quindi, è spesso indispensabile
introdurre elementi innovativi, nella propria esistenza, che
determinano nuove scelte e nuovi comportamenti piacevoli e
gratificanti.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
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