I DISTURBI DELLA PERSONALITA'
na
personalità “difettosa” viene diagnosticata solo quando il modo
di pensare, di sentire e di reagire interferiscono con la vita
sociale, affettiva e lavorativa del soggetto, creando profonda
sofferenza e disadattamento: solo allora è possibile diagnosticare
questo fenomeno come “disturbo della personalità”. Essa si
costruisce attraverso un lungo intrecciarsi di esperienze complesse,
enigmatiche e dinamiche con le figure di riferimento e con l’ambiente
circostante: è l’intera storia del soggetto senza nessun sconto!!!
NON esiste, comunque, una netta divisione tra normalità e patologia;
troviamo ad esempio modi di pensare “grandiosi” (Personalità
narcisista), “impressionistici” (Personalità istrionica),
“diffidente” (Personalità paranoide), comportamenti
“controllati” (Personalità ossessiva-compulsiva); un insieme di
tratti, comportamenti e atteggiamenti che permettono di descrivere o
“collocare” un gruppo di soggetti dentro o fuori dall’asse
della “normalità”. La
personalità è l' insieme delle caratteristiche, costanti nel tempo,
di pensiero, sentimento e comportamento che favoriscono o ostacolano
le relazioni con se stessi, gli altri e l'ambiente circostante.

li
antichi buttavano in mare gli individui affetti da sbalzi di umore,
nella speranza che lo shock li riportasse in "senno".
Nell'antica Grecia li vestivano di giallo perché dovevano essere
riconosciuti da lontano e, quindi, tenuti a debita distanza. Nel
Medioevo - periodo davvero oscuro - i prelati praticavano l'esorcismo
per scacciare i "demoni" della follia. Oggi,
invece, forse più attenti, preparati e "sensibili" (si
spera!), sappiamo che il fenomeno emotivo è un malessere che
riguarda una modalità di pensiero, di comportamento e di sentimento.
Coinvolge la capacità di "intendere" e di "volere",
“di fare o non fare” e, soprattutto, la saggezza camaleontica del
sapersi adattare alle varie situazioni, ai cambiamenti improvvisi,
come ci rapportiamo e pensiamo nei confronti del mondo intero e di
noi stessi. Ogni essere vivente entra nel mondo attraverso una
"perdita". La
vita inizia con una sensazione dolorosa, una separazione, un distacco
repentino dal corpo materno: il feto diventa infante.
Si comincia con l'ambiente intra - uterino poi in un rapporto
clemente e responsabile con le figure di riferimento (anche qui si
spera, siamo fiduciosi). L'essere vivente è il riassunto di forze
genetiche ed ambientali. Il
nostro ben - essere o il mal - essere, pertanto, dipende da tutte
quelle "esperienze" che nel tempo ci hanno modellato e
trasformato.
Sarà,
quindi, l'incontro - scontro con l'ambiente circostante a favorire o
meno la nostra storia mettendo in funzione quella personalità oppure
quell'altra: la nostra vera identità nel bene e nel male
(sicurezza, fiducia, libertà, autonomia, spontaneità, autostima).
Le persone sono complesse, ma le loro complicazioni non sono mai
casuali. Attraverso questa organizzazione, questo vivace dibattito
relazionale si deciderà, con le sue infinite sfumature, la nostra
felicità oppure la nostra fragilità ... la voglia di vivere o il
desiderio di non esistere.

n questa alchimia, questa grande fucina
esistenziale - quasi sempre incandescente - avvengono continue
trasformazioni dalle quali prenderà forma il nostro aspetto fisico,
la nostra capacità adattiva, i nostri comportamenti e il nostro
talento. Tutti
eventi che influenzeranno, a seconda dell'età anagrafica in cui si
sono verificati, le nostre patologie, il nostro modo di amare, di
percepire e di pensare, la nostra apertura alla fiducia o alla
speranza, il rapportarsi in maniera vantaggiosa con gli altri e con
noi stessi.
Un
alternarsi di sentimenti di amore, di odio, di indifferenza, di
incomprensione, di diffidenza, di ostilità, di rabbia, di
abbandonano hanno favorito e modellato in silenzio, pian piano, i
nostri comportamenti.
Un'evoluzione
in continua oscillazione tra "avanti" e "indietro",
fare e non fare, accettazione e rifiuto, critica e disapprovazione,
distacco, indifferenza, inadeguatezza e insicurezza: un navigare
spesso senza sestante, disorganizzato e privo di punti di
riferimento.
Una costante allerta, un continuo rimuginare, una ferma ostinazione,
una perenne rigidità non solo crea forte tensione muscolare, che può
sfociare in ipocondria, ma anche un'ipertensione arteriosa con i
conseguenti malesseri circolatori e cardiaci. Anche lo slancio
sessuale sarà inibito dalla stessa rigidità mentale. Il bambino che
cresce è sempre vulnerabile perché non sono consolidate le sue
"condizioni" interne, e questo pericolo è tanto maggiore
quanto più il soggetto è piccolo. Più
gli eventi che hanno disturbato la situazione di sviluppo naturale
sono vicini alla nascita, tanto più gravi saranno le conseguenze e
il "piccolo" ne sarà influenzato per il resto dello
sviluppo e della vita.
Un malessere infantile che, in futuro, si esprimerà attraverso un
rapporto d'amore disturbato (in eccesso o in difetto) con se stessi e
con tutte le altre persone ... un
tormento che si ripeterà e coinvolgerà lavoro, studio e l'intero
mondo esterno.
n'evoluzione
fragile, colma di mancanze, di continue assenze e di non attenzioni,
caratterizzata da insicurezza, dipendenza, rassegnazione, tristezza,
tribolazione, dispiacere e sofferenza ... i pochi pensieri rimasti
ruotano attorno a temi catastrofici e di rovina imminente.
Un fenomeno che ha prodotto un modo di pensare fallimentare, un
atteggiamento rinunciatario e pessimista ... in queste condizioni
come si potrà mai prendere decisioni importanti? Per sopravvivere a
questa ingiustizia affettiva non rimane altro che "affidarsi"
completamente a qualcuno per "sorreggersi" ... un
ruolo nella vita, che se non intervengono cambiamenti
"ristrutturanti" sarà prevalentemente quello di vittima o
di spettatore, ma mai di primo attore.
Le antiche ferite sono spesso profonde ma con l'aiuto di persone
qualificate, attraverso sentimenti di accettazione e di comprensione,
potranno rimarginarsi ... si potranno trasformare tutte quelle figure
di riferimento anaffettive in persone finalmente accudenti.
E, così, un bel giorno, apparentemente senza una ragione, sotto il
peso della vita, scopriamo che siamo diventati difficili, esigenti,
intrattabili, chiusi e scontrosi: una vita penosa e piena di disagi
perché dobbiamo "compensare" quell'affetto primordiale,
"antico", che non c'è mai stato e di cui non abbiamo
consapevolezza, se non in forma sfumata
(quando
non ci parlano, non ci guardano, non ci considerano si riattivano
quei vecchi fantasmi).
Quando le difese diminuiscono ecco il malessere in prima fila:
riappaiono i "lividi" dell'infanzia ... improvvisamente,
fanno la loro comparsa, gestiscono il tutto da padroni. La
personalità è come l'impronta digitale: unica ed irripetibile.
Concludendo è importante precisare che non sempre risulta facile
fare una diagnosi perché non esistono personalità "pure"
(abbiamo a che fare sempre con situazioni di comorbidità ...
personalità frammiste) e, quindi, a livello diagnostico, possiamo
incontrare disturbi presenti in vari quadri clinici che creano
confusione tra "ascoltarsi" e "essere all'ascolto".
a qui la necessità di rivolgersi a persone esperte, qualificate e
competenti per fare una diagnosi precisa e accurata ... persone che
hanno dedicato la loro vita con impegno a questa professione.
Soprattutto, niente deve essere generalizzato, perché se ogni
individuo è unico ed irripetibile, solo a lui è data la possibilità
- pur utilizzando le varie indicazioni fornite in questo vademecum -
di interpretare e conoscere per quale motivo certi eventi si
esprimono nel corpo in quel preciso momento e in quel modo ... solo
noi possiamo aiutarci a guarire! Dipende solamente dalla nostra
convinzione profonda di guarire o meno ... restare nel pantano del
mal - essere o lasciarsi trasportare ogni giorno da questo miracolo
che è la vita ... si deve partire sempre dalla consapevolezza che
qualcosa non "funziona" per il verso giusto e, quindi,
bisogna fare qualcosa di diverso ... per stare bene!!! Quando
si vive accanto a personaggi scomodi, insopportabili, invadenti,
perentori, tutti di un pezzo, saccenti e rigidi ogni esperienza,
anche la più banale, può diventare non solo un calvario, ma
pericolosa per il proprio ben – essere; questi personaggi, oltre a
schiacciare e seminare ansia, creano situazioni che portano a
sminuire in ogni occasione la personalità dell’interlocutore:
limitano la libertà e, con passo felino, spengono i desideri,
annullano, spingono alla rinuncia, rifiutare se stessi. Chi si trova
in questa fitta rete non è più in grado di affermarsi e muoversi
autonomamente, secondo i propri desideri e passioni; soggetti
conflittuali che, spesso, senza saperlo, manipolano e condizionano,
attraverso false maschere, la vita altrui lasciando come eredità
sempre un senso di colpa, debolezza, frustrazione, insicurezza e
inadeguatezza; in poche parole, se si lasciano fare in nome - a loro
dire - di un grande “amore” genuino e originale, rovinano e
succhiano lentamente l'anima, come dei vampiri, la linfa della vita;
sanno molto bene quali corde toccare per rendere gli altri
dipendenti; non piegarsi alle imposizioni e ai compromessi è la
prima mossa per non farsi annullare dai loro schemi, dalle loro
strategie schiaviste; guarda il “mostro” dritto negli occhi -
metti a fuoco le sue manie - e agisci con calma e fermezza,
mantenendo ferme le tue idee e la giusta distanza, vedrai, fuggirà a
gambe levate!!!
PERSONALITA’

uesto
termine esprime la totalità psicofisica di un essere così come
appare a sé ed agli altri, nella sua unità e singolarità. E’
l’insieme delle caratteristiche costanti nel tempo, di pensiero,
sentimenti e comportamenti di un individuo.
Caratterizza il tipo di adattamento, lo
stile di vita, il modo di pensare, di amare, di manifestare emozioni,
di prendere decisioni e di agire di un soggetto.
Ogni individuo si differenzia dagli altri suoi simili per il
patrimonio organico ricevuto (costituzione ereditaria), per le forme
e proporzioni del corpo (costituzione morfologica) e per le modalità
di esplicare le funzioni dell’organismo, con particolare riguardo
al sistema nervoso e endocrino (costituzione fisiologica). Ognuno di
noi possiede una propria personalità che è il risultato del
temperamento - fenomeno in prevalenza biologico - (risposta psichica
al corredo organico ereditario: necessità, impulsi, tendenze
istintive, disposizioni, stati affettivi, interessi. Rappresenta
le richieste del corpo, del sistema nervoso centrale, del sistema
nervoso neurovegetativo e del sistema endocrino), del carattere - in
prevalenza psichico - struttura psichica che si costruisce nel corso
dello sviluppo, si affaccia nell’infanzia, prende forma nella
fanciullezza, assume caratteristiche precise nell’adolescenza e si
perfeziona nell’età matura. Il
carattere è la combinazione di componenti psichiche individuali che
riflette gli elementi di base dell'organizzazione e dello stile della
personalità di un dato individuo. Si tratta dunque di un concetto
molto vicino a quello di personalità, anche se la nozione di
carattere tende ad accentuare le connotazioni di valore che inducono
a caratterizzare una persona come buona, cattiva, tranquilla … La
distinzione terminologica e concettuale tra carattere e personalità
non riposa tuttavia su criteri oggettivi e dipende dall'orientamento
scientifico di riferimento. Il carattere si plasma attraverso
l’iniziativa personale e sotto la pressione ambientale. Esperienze
individuali ed interferenze ambientali - inibizioni, rinunce, freni,
suggestioni e sforzi - strutturano il carattere e delle molte
impronte lasciate dalla storia individuale (natura e cultura
interagiscono). Da una parte abbiamo il
temperamento, che rappresenta le richieste del corpo, del sistema
nervoso centrale, del sistema nervoso neurovegetativo e del sistema
endocrino; dall’altra
il carattere, e in modo particolare la personalità, che rivelano le
richieste del pensiero, della volontà, del mezzo sociale e
dell’educazione. Sono due forze
antagoniste che a volte operano in collaborazione, più o meno
armonica, altre volte in aperto conflitto. Il
temperamento manifesta la individualità psicofisica originaria, il
carattere e la personalità riassumono la fase terminale del processo
evolutivo. Nel
piccolo il carattere non si differenzia ancora dal temperamento, la
decisione non si distingue dall’impulso.


processi di inibizione, questa importante funzione d’arresto,
sono assai poco sviluppati: le azioni sono le risposte obbligate agli
stati di disagio provocati dalle necessità e corrispondono alla
grandezza degli stimoli sensoriali, perciò la condotta infantile
rivela spesso impulsi contraddittori. L’incapacità di vedere le
cose nella giusta prospettiva determina nel bambino uno schema
mentale troppo semplice e basi troppo ristrette alla volizione. Solo
nell’adolescente e nell’adulto, la scelta - una volta espressa -
diviene ferma e irrevocabile. La
personalità, quindi, rappresenta un modo abituale di reagire, ad un
dato momento dell’evoluzione, ma non deve essere confusa con il
carattere: la personalità si
costruisce, il carattere in parte ci è dato.
Le nostre azioni ci seguono e ci comportiamo secondo l’immagine che
abbiamo di noi stessi o secondo quella vogliamo che sia. La
personalità è il nostro modo di essere globale, unico ed
irripetibile. E’ il filo conduttore che dà coesione e unità alla
vita psichica. Il termine personalità, coniato anticamente per uso
teatrale ad indicare la maschera degli attori e poi la persona dagli
attori stessi, viene identificato nel linguaggio popolare e
letterario, in particolare attrattive degli individui o attribuito
solo a figure eccezionali che hanno raggiunto in qualche campo una
posizione di grande prestigio, come se fosse possibile ridurre la
personalità a un complesso di attributi, a un insieme di tratti
differenziali, avulsi dall’unità psicofisica, in una visione
statica dell’individuo. La vera
personalità è una configurazione mutevole che caratterizza ciascun
individuo, una sintesi unitaria nella quale confluiscono fattori
organici, psichici e ambientali. I
disturbi della personalità implicano la distruzione di questo filo:
da ciò deriva l’incoerenza della
maggior parte dei malati mentali. Capire
la propria personalità permetterà di controllare meglio la propria
vita e di avere una visione più nitida del perché alcune cose
funzionano bene e altre meno. Avere un
disturbo della personalità significa non essere in grado di
adattarsi facilmente al normale scambio tra dare e avere che regola
la vita di tutti i giorni: in ogni situazione o rapporto l’individuo
difficilmente si adegua alle richieste dell’ambiente, si aspetta
piuttosto che siano gli altri ad adattarsi a lui.
Il suo comportamento è rigido e inflessibile e il circolo vizioso si
ripete all’infinito, così che il disturbo si aggrava
ulteriormente.
vere una mente chiusa significa percepire in modo
alterato o rifiutare ogni nuova informazione che non supporta le
proprie aspettative. E’ il caso di chi
si comporta in modo tale da provocare negli altri proprio quelle
risposte che avvallano le sue aspettative più pessimistiche
trasformandole in realtà. Per
esempio supponiamo che Caio abbia una personalità paranoide e creda
che tutti congiurano contro di lui; sospetta di tutti ed è così
poco fiducioso nei confronti delle persone da indurle a fare
altrettanto nei suoi confronti, cosa che, a sua volta, confermerà i
suoi sospetti di essere oggetto di una cospirazione.
Analogamente, se uno è timido e ha
paura del rifiuto e dell’umiliazione, il suo modo di agire, così
ansioso e socialmente inadeguato, sarà un ottimo spunto per gli
altri per prenderlo in giro e respingerlo, facendo ulteriormente
aumentare in lui timidezza ed un atteggiamento di evitamento.
Avere un disturbo di personalità significa mettere in atto
continuamente le medesime dinamiche, senza rendersi conto di come e
perché accadono. I disturbi di
personalità non sono difficoltà che le persone hanno, ma problemi
fondamentali su chi esse sono: che sentimenti provano, come vedono se
stesse, come si confrontano con l’esterno, come interagiscono e si
relazionano con gli altri. Questo genere
di disturbo comincia presto nella vita e prosegue per anni e forse
per tutta la vita. I tratti di personalità - il modo caratteristico
che ognuno di noi ha di trattare con gli altri, di far fronte alle
richieste, agli stress e alle fatiche della vita quotidiana - non
sono né buoni né cattivi in sé. La
sospettosità, per esempio, può aiutare in condizioni potenzialmente
pericolose come vivere in un quartiere ad alto tasso di criminalità.
Tuttavia, in alcune persone, il sospetto
nei confronti di specifiche situazioni o di certi individui può
evolvere in paranoia, cioè la convinzione che chiunque li minacci. I
soggetti con un disturbo di personalità paranoide sono convinti che
ogni situazione, ogni collega di lavoro e ogni loro conoscenza
costituiscano una potenziale trappola o una minaccia. Chiusi in
questa ottica rigida e inflessibile, essi rispondono con sospetto a
ogni nuova piega delle circostanze, persino quando questo genere di
reazione non è appropriato.
on è
chiara la definizione del confine fra i tratti di una personalità
sana e di una personalità malata, così come tra modelli di
comportamento nella norma e disturbi della personalità può
risultare infatti molto difficile dire con precisione quando una
normale sospettosità diviene paranoia oppure quando una robusta
coscienza della propria importanza sconfina in un delirio di
grandezza tale da costituire il primo segnale di un disturbo di
personalità narcisista. Solo nel caso
di un problema di personalità cronico, tale da causare grande
sofferenza, da interferire con la capacità di operare o di
instaurare relazioni con gli altri, da influenzare molti aspetti
della vita quotidiana per un notevole periodo di tempo, solo allora
si può giustificare una diagnosi di disturbo di personalità.
Come per altri malesseri, il disturbo di personalità varia da forme
leggere a forme gravi. I disturbi della personalità sono, quindi,
alterazioni patologiche delle ordinarie caratteristiche psichiche e
comportamentali di un individuo. Tale
fenomeno si manifesta soprattutto con comportamenti anomali spesso
più evidenti nei periodi di stress o di crisi psicologica del
soggetto. Di solito, compaiono inizialmente nell’adolescenza e
tendono a divenire cronici provocando ansia o depressione.
Alcuni individui si rendono conto di soffrire di alcuni disagi, altri
non considerano affatto la loro personalità strana o difficile, e
incolpano le circostanze esterne o altri individui dei loro costanti
fallimenti. I disturbi della personalità, come sarà ben evidenziato
di seguito, vengono suddivisi in tre gruppi principali, anche se
risulta molto difficile fare una classificazione, data la
sovrapposizione o comorbidità tra i diversi gruppi.
COMPORTAMENTO
ECCENTRICO. Chi ne è soggetto risulta eccessivamente
sospettoso e diffidente nei confronti degli altri (personalità
schizoide).
COMPORTAMENTO
DRAMMATICO. E’ caratterizzato da una particolare
enfatizzazione dei sentimenti, che vengono quasi sempre espressi in
modo molto intenso. Alcuni hanno un costante bisogno di stimoli nuovi
(istrioni), altri sono contraddistinti da un senso esagerato della
propria immagine (narcisisti), altri ancora sono incapaci di
adattarsi alle regole sociali.
COMPORTAMENTO
CON ANSIA E PAURA GENERALIZZATA. In questo gruppo
rientrano tutti gli individui che si mostrano ipersensibili alle
critiche, tutti quelli che hanno una personalità dipendente e sono
incapaci di agire da soli. Inoltre, a questa categoria appartengono
gli individui compulsivi, perfezionisti, rigidi nelle loro abitudini
ed emotivamente freddi, e i soggetti passivi - aggressivi, che
oppongono resistenza alle richieste degli altri di migliorare il loro
comportamento. Tutti questi aspetti della personalità ostacolano la
capacità di apprendere dall’esperienza o di adattarsi ai
cambiamenti. Nella maggior parte dei casi si crea una situazione di
sofferenza personale e di riduzione delle attività sociali.
I
SUOI EFFETTI

pesso
i soggetti con turbe della personalità non conoscono esattamente
come si sentono e che cosa provano, benché quasi tutti sia
perseguitati da un senso di inadeguatezza nel gestire i rapporti e
difficoltà nel realizzare le cose. A causa della scarsa stima di sé,
molti di loro non pensano di essere degni di amore, di ammirazione o
di successo e di conseguenza si rivolgono agli altri in cerca della
rassicurazione che sono persone degne di stima. Senza tale conferma,
essi possono sviluppare depressione e ansia, e proprio a causa della
natura del loro disturbo i problemi di autostima ben presto si
ripresenteranno. Comune nei disturbi di personalità è la difficoltà
nel riconoscere, esprimere e affrontare le emozioni … verso se
stessi e gli altri. Per esempio, alcune persone vedono le proprie
emozioni come se davvero non appartenessero a loro, altre trovano
arduo sopportare sentimenti intensi oppure sono incapaci di
esprimerli. Nel timore di essere soverchiati da forti emozioni quali
ira, tristezza, rabbia o paura, questi soggetti giungono a evitare
del tutto i sentimenti stessi. In altri casi possono oscillare tra
periodi di vuoto emotivo e scoppi improvvisi di collera o di gelosia.
Una volta dato libero sfogo alla veemenza dei loro sentimenti, può
riuscire difficile per costoro tornare alla calma; la reazione tipica
è pertanto accusare qualcuno o qualcosa di mandarli fuori giri:
“far” loro provare quel sentimento antipatico. Nell’incapacità
di controllare le proprie emozioni, la propria esistenza, o le
proprie relazioni, esse si sentono costantemente in balia degli
avvenimenti e non trovano il modo di esercitare un’influenza o di
controllarli con il loro comportamento o di gestire le loro reazioni.
I soggetti paranoici fronteggiano i propri sentimenti di
ostilità e di rancore proiettando queste emozioni sui presunti
nemici. Chi presenta una personalità borderline qualche volta
esprime i propri desideri o conflitti inconsci attraverso azioni che
manifestano disadattamento e comportamenti autodistruttivi come
l’aggressività o la promiscuità. Il problema principale è che
gli individui con disturbi di personalità vivono all’interno di
un’armatura caratteriale, un sistema di MECCANISMI
di DIFESA interni nel quale confidano per evitare o vincere i
loro sentimenti.
ebbene questi atteggiamenti e questi comportamenti
protettivi possano generare grande difficoltà nella loro esperienza
di vita, essi si aggrappano come al solo modo conosciuto per fra
fronte ai problemi. A dire il vero, alcune persone con disturbi di
personalità provano sospetto e disprezzo per questi stessi
sentimenti. Chi soffre del disturbo di personalità antisociale è
indotto a pensare che il fatto di non sentirsi colpevole indica che
non ha commesso nulla di veramente sbagliato. I soggetti con disturbo
di personalità ossessiva – compulsava possono sentirsi moralmente
superiori a persone “emotive” che perdono il controllo dei loro
sentimenti. Gli individui con disturbi di
personalità non sono mai veramente in grado di rapportarsi in modo
significativo agli altri; persino quando si trovano insieme ad altre
persone possono sentirsi soli o imbarazzati. Molti di loro
sono sensibili in modo speciale a ogni forma di rifiuto, di critica,
di disapprovazione o di abbandono; separazioni o perdite possono
quindi provocare un grave colpo di natura psicologica. Talvolta il
sesso diviene una forma di compensazione per una mancanza di intimità
emotiva. Alcuni infatti vanno alla ricerca di
esperienze sessuali come di una maniera per allacciare un qualche
stretto legame, ma troppo spesso tutti questi incontri finiscono per
essere privi di significato e di una qualsiasi soddisfazione. Altri
utilizzano il sesso per ottenere l’ammirazione e l’attenzione che
desiderano con tutte le loro forze, piuttosto come mezzo per
condividere un intimo affetto. Gli individui con i disturbi di
personalità evitante, schizoide o schizotipica presentano in modo
esemplare una preclusione al sesso per timore di un qualsiasi
contatto intimo. La mancanza di sensibilità che può caratterizzare
molti disturbi di personalità ha motivazioni di natura sia fisica
sia psicologica. Per la verità, alcuni soggetti, in particolare chi
è affetto da disturbo di personalità
borderline, possono procurarsi tagli, bruciature o mutilazioni, non
provano alcun senso di dolore e non si rendono pienamente conto di
quanto hanno fatto.
LE CAUSE

ari
fattori influenzano il modo con cui la personalità di un individuo
si sviluppa: aspetti genetici, educazione, condizionamenti sociali,
le prime esperienze infantili (influenze biologiche e ambientali).
Ci sono varie teorie circa le origini psicologiche dei disturbi di
personalità; secondo alcuni, certi tipi di personalità si formano
quando gli individui diventano fissati o si bloccano a differenti
fasi di sviluppo psicosessuale. Per
esempio, la fissazione alla fase orale porterebbe a una personalità
caratterizzata da un comportamento esigente e non autonomo, come nel
caso del disturbo di personalità dipendente.
La
fissazione alla fase anale condurrebbe a personalità che si
distinguono per rigidità e per indifferenza emotiva, come nel
disturbo di personalità ossessivo – compulsiva;
mentre
la fissazione alla fase fallica potrebbe portare alla superficialità
e all’incapacità di impegnarsi in relazioni profonde,
caratteristiche del disturbo di personalità istrionica.
Il
disturbo di personalità narcisistica, per esempio, con il suo senso
tipicamente esagerato del proprio valore e con il suo bisogno di
ammirazione, può nascere nell’età compresa tra i diciotto mesi e
i tre anni, quando cioè emerge nel bimbo la percezione di un sé
indipendente. Se i genitori richiedono ai figli la perfezione, come
spesso accade quando i genitori stessi sono narcisisti, possono
criticare, punire e ignorare i figli che non sono all’altezza delle
loro aspettative. Questi bambini hanno paura che nessuno li potrà
mai amare così come sono e quindi esiste l’eventualità che
sviluppino un radicato sentimento di essere in qualche modo
repellenti e disgustosi. Per proteggersi da questi sentimenti che li
turbano nel profondo, le personalità narcisistiche creano una
facciata di grandiosità, di importanza e di invulnerabilità che
maschera uno schiacciante senso di fallimento.
e influenze dell’ambiente, in particolare, un’infanzia
tribolata, possono giocare una parte importante nei disturbi di
personalità. Il
disturbo di personalità antisociale, per esempio, è stato collegato
a una mancanza di ferma disciplina da parte delle figure di
riferimento, ad abusi nell’infanzia e al mancato sviluppo di uno
stretto attaccamento ai genitori.
Nel
disturbo di personalità borderline ci può essere una storia di
abbandono precoce; di abusi fisici e sessuali, di trascuratezza o di
assenza di stabilità: per tali precedenti è difficile che questi
individui nel corso della loro vita mantengano un saldo senso di sé
o degli altri.
Una
combinazione di tratti caratteriali innati e di un precoce rifiuto -
da parte dei genitori, dei compagni o di entrambi - contribuisce alla
formazione del disturbo di personalità evitante.
I
figli di coloro le cui relazioni sono fredde o violente potrebbero
concludere che non vale la pena di cercare a loro volta delle
relazioni oppure che sono loro a meritare in qualche misura la
violenza, e questi fattori sfociano in quella mancanza di interesse o
di piacere per la vita di relazione che è tipica della personalità
schizoide.
A questi disturbi possono contribuire anche i condizionamenti
sociali. Per
esempio, alcune persone con il disturbo di personalità evitante
furono probabilmente rifiutate o umiliate nei primi anni di vita, col
risultato che esse prestano troppa attenzione ai giudizi e alle
valutazioni altrui.
Il
disturbo di personalità istrionica può derivare, almeno in parte,
da un’idea errata di ciò che è attraente e appropriato. Una
teoria suggerisce che le ragazzine che fanno affidamento sul padre
come fonte primaria di amore possono giungere alla conclusione che il
modo per attirare l’interesse degli uomini è quello di essere
civettuole e ammaliatrici,
da
ultimo vi è anche l’influenza dei fattori esterni, malattie
croniche, mentali o fisiche che siano, soprattutto nei bambini e
negli adolescenti, possono favorire un atteggiamento eccessivamente
fiducioso e sottomesso nei confronti degli altri e contribuire allo
sviluppo del disturbo di personalità dipendente. Una lesione che
sfigura può favorire il disturbo di personalità evitante. Infine la
società, in perenne movimento e così stressante, con le sue
accresciute esigenze di mobilità, con l’alta percentuale di
divorzi e suoi costanti cambiamenti, può incrementare il rischio del
disturbo di personalità borderline in persone particolarmente
predisposte.
Non
è possibile parlare di personalità senza conoscere i meccanismi di
difesa.
I
MECCANISMI di DIFESA.

gni
quadro clinico presenta contemporaneamente vari meccanismi di difesa
più o meno disfunzionali, con i quali il soggetto nel tentativo di
adattarsi, di tutelare, di salvaguardare il più possibile la sua
salute psicosomatica, può distorcere la personalità. Sono processi
psichici che ogni essere umano mette in atto per la sopravvivenza,
quando i bisogni, impulsi, motivazioni, sentimenti o tendenze
istintive che si scontrano od entrano in conflitto con il bisogno di
adattamento all’ambiente. Per fronteggiare (sanare) tale conflitto
l’individuo non riesce sempre ad adottare misure congrue e reazioni
appropriate ma ricorre ad espedienti (difese) di vario tipo che gli
permettono di accettare ed assimilare i nuovi dati distorcendoli in
vario modo per renderli meno drammatici e minacciosi alla sua
incolumità psichica. Reazioni inadeguate ad un conflitto, una
risposta comportamentale che ogni individuo mette in atto per
affrontare le situazioni “difficili” e mediare i conflitti
prodotti dalla scontro tra bisogni, impulsi, desideri e affetti da
una parte e proibizioni interne o da condizioni della realtà esterna
dall’altra. Ogni patologia presenta solitamente uno o più
meccanismi difensivi disfunzionali con i quali il soggetto cerca,
anche se inadeguatamente, di salvaguardare la propria sanità
psicofisica. Perfino la “pazzia”, da questo punto di vista, può
venire interpretata come un meccanismo che mira a difendere il
soggetto da mali peggiori, quali ad esempio l’omicidio o il
suicidio. Essi rappresentano la soluzione di compromesso e di
regolazione dell’apparato psichico alle prese con un conflitto
generatore di ansia. Hanno la funzione di adattare le esigenze
pulsionali alla realtà. Sono inconsci ed esistono in tutti gli
individui. Nel nevrotico, diventano patologici per la sua costante
preponderanza di alcuni o per la loro intensità, ciò che ostacola
l’elasticità e l’adattamento del funzionamento mentale. Il
sintomo nevrotico rappresenta un compromesso tra la pulsione e la
difesa. I principali meccanismi di difesa sono:
imozione.
E’
un dimenticare o ignorare rappresentazioni (pensieri, immagini,
ricordi) legate ad una pulsione. Alla base del bisogno di dimenticare
ci sono paure irrazionali preesistenti … sopprimere le innumerevoli
angosce legate alla vita quotidiana. I contenuti rimossi conservano
però un potenziale dinamico e tendono a ripresentarsi. Il ritorno
del rimosso, che è abituale nelle fantasie e nei sogni, si può
tradurre anche in lapsus, atti mancati, sintomi di conversione
isterica, sintomi fobici o ossessivi. La rimozione diviene
problematica quando fallisce nella sua funzione (allontanare
efficacemente dalla coscienza idee disturbanti, in modo che la
persona possa rivolgersi al compito di adattarsi alla realtà),
elimina anche alcuni aspetti positivi della vita e agisce a
esclusione di altri modi più efficaci.
egressione.
Ritorno
a modi di pensare o comportamenti precedenti (fasi evolutive
infantili) che richiedono maggior accudimento e conforto (bambini
viziati e bisognosi) … tornare a vecchie abitudini di pensiero,
sentimento e comportamento dopo aver raggiunto un livello di
competenza superiore (il processo deve essere inconscio, non
consapevole). L’ipocondriaco
con la sua somatizzazione (ruolo di malato) usa la regressione come
strumento primario (strategia centrale) per affrontare gli aspetti
problematici della vita quotidiana.
solamento
affettivo.
E’
un modo di gestire l’angoscia e altri stati mentali. Si isola il
sentimento dalla conoscenza: l’aspetto affettivo di un’idea viene
separato dalla sua dimensione cognitiva (i chirurghi non potrebbero
realizzare i vari interventi se fossero costantemente fissati sulla
sofferenza fisica dei pazienti). Nessuna reazione emotiva rispetto a
cose per le quali molti provano intensi sentimenti (si privilegia
l’aspetto razionale). Un buon esempio può essere quello del
vulcaniano impersonato dal signor Spock nella serie televisiva Star
Trek. Quando l’isolamento è la difesa primaria e lo stile di vita
riflette la sopravvivenza del pensiero e la sottovalutazione del
sentimento, la personalità è di tipo ossessivo.
roiezione.
Attribuire
ad altri i propri sentimenti, impulsi e pensieri … qualcosa di
interno viene considerato proveniente dall’esterno. E’
un’operazione con la quale il soggetto espelle da sé persone o
cose, qualità, sentimenti, desideri che egli non riconosce e rifiuta
in lui e localizza nell’altro; in quanto disconoscimento delle
tendenze interna. Con l’attribuzione di queste tendenze ad altri.
Si trova in particolare nei fobici, nel delirante e nel paranoico.
Quando una persona, infatti, usa la proiezione come modalità
principale per comprendere, muoversi nel mondo e affrontare la vita,
si può affermare che è paranoie.
dentificazione.
E’
il processo psicologico per cui il soggetto assimila (assorbe) un
aspetto, un dettaglio, una proprietà, un attributo di un altro e si
trasforma totalmente o parzialmente sul modello di questo.
L’identificazione viene operata all’inizio con le immagine dei
genitori, maestri, fratelli. Tale meccanismo viene associato ai
livelli borderline della personalità paranoie.
ntroiezione.
Deriva
dal processo di identificazione. Trasferisce con una modalità
fantastica, dall’esterno all’interno oggetti e qualità relative
a questi oggetti. I bambini piccoli introiettono ogni tipo di
atteggiamento, affetto e comportamento delle persone significative
della loro vita. Potrebbe diventare un meccanismo molto distruttivo;
le persone, infatti, tenteranno di padroneggiare lo spavento e la
sofferenza assumendo le qualità del loro aggressore. Inghiottire
l’oggetto angoscioso, facendolo scomparire all’interno di sé,
rappresenta la tattica difensiva del lutto melanconico e della
depressione (persone che sono diventate parte della propria
identità). Meccanismo che troviamo anche nel sadismo e nell’Acting
out (agire senza riflettere o senza apparente considerazione per le
conseguenze negative dell’atto).
postamento.
Fa
sì che l’interesse, l’intensità di una rappresentazione si
possano staccare da questa e trasferirsi su altre rappresentazioni
originariamente poco intense, unite alla prima da una carica
associativa. In altri termini, le tonalità affettive, cioè tutta la
gamma delle emozioni e dei sentimenti legati ad una rappresentazione,
possono staccarsi da questa per legarsi ad altre meno sgradite. Lo
spostamento si può fare su di un oggetto e su di una situazione
(fobie), sul corpo (conversione), sui contenuti psichici
(ossessioni). Un modo di generalizzare o dirottare un sentimento per
un oggetto, verso un altro oggetto meno minaccioso (meno
temuto).
nnullamento.
E’
un meccanismo psicologico per cui il soggetto si “sforza” di fare
in modo che dei pensieri, dei gesti e dei fatti trascorsi non siano
avvenuti: utilizza per questo un pensiero o un comportamento avente
un significato opposto. Vengono attivati comportamenti finalizzati a
riparare simbolicamente o a negare precedenti pensieri, sentimenti o
comportamenti inaccettabili per il soggetto. L’effetto
inaccettabile e indesiderato è rimpiazzato dal suo contrario. Difesa
utilizzata prevalentemente negli ossessivi e nei masochisti.


meccanismi di difesa sono strategie psichiche consolidate nel tempo,
operazioni spesso inconsce, ovvero pensieri, idee, sentimenti o
comportamenti attivati dal soggetto per evitare, eliminare,
alleggerire, alleviare o gestire conflitti, il peso degli affetti,
disagi della vita quotidiana avvertiti come pericolosi: mantenere in
qualche modo l’omeostasi psichica, gestire istinti, desideri ed
affetti, ha funzione protettiva e adattiva in situazioni stressanti,
facilita un compromesso tra impulsi e inibizioni; ogni difesa
attivata - per tenere sotto controllo l’ansia scaturita dal
tentativo di gestire un desiderio (pulsione) in contrasto
(inaccettabile) con i valori del soggetto stesso - può essere
adattiva o disadattiva (vantaggiosa o svantaggiosa) indica una
personalità matura, equilibrata, consapevole, in contatto con la
realtà e ben integrata, in grado di esprimersi e di gratificarsi
(matura – adattiva… stile difensivo evoluto) oppure immatura,
patologica e con grande distorsione della realtà (immatura –
disadattiva … stile difensivo primitivo); l’attivazione di un
determinato meccanismo di difesa può essere determinante nel buon
funzionamento o meno del soggetto non solo a livello psichico, ma
anche nel contesto familiare, sociale, lavorativo e relazionale …
ogni difesa segnala la gravità dello stato patologico!!!
ATTENZIONE PERICOLO

iconoscere
tempestivamente l’intensità, la durata e il modo con cui un
disagio emotivo affligge una persona è fondamentale per chiunque,
sia come prevenzione sia come cura. Il problema mentale proprio per
le sue caratteristiche comportamentali ed emotive peculiari è sempre
dannoso, a prescindere dal quadro clinico specifico, perché possono
sfociare in isolamento, chiusura, debolezza, diffidenza, instabilità,
difficoltà a comunicare, ansia, fobia, panico, tensione,
inquietudine, senso di colpa, rabbia, aggressività; compromette in
ogni caso il ruolo sociale, la funzione relazionale e l’attività
lavorativa; distrugge le certezze e la capacità di condurre una vita
regolare, rende difficile esercitare una professione in maniera
continuativa, occuparsi della propria famiglia o instaurare rapporti
interpersonali sereni: mette a rischio il posto di lavoro, il
matrimonio, le amicizie; inoltre, predispone a continui fallimenti,
insuccessi e delusioni. Una persona affetta da disturbi emotivi ha la
sensazione di vivere perennemente isolata e in uno stato di
inferiorità, in un mondo dominato da giganti … è soggetta alla
paura e al senso di impotenza. Se questi disagi
non sono adeguatamente trattati con solerzia, possono sì
cronicizzate, ma la cosa più importante è che modificano
silenziosamente e inesorabilmente il corso di una vita, distruggono i
sogni e mandano in frantumi i rapporti di tantissime persone. Il
fatto sorprendente - forse più triste ed avvilente - non è il
numero di persone coinvolte in questa sofferenza, che sono comunque
sempre tante, una indagine recente attendibile ipotizza che 1 persona
su 3 è colpita da un disagio mentale, ma che poche ricevano sostegno
e aiuto adeguato, proprio per la non consapevolezza del loro dolore
emotivo (un po’ per ignoranza, un po’ per vergogna perché tale
fenomeno è vissuto come segno di debolezza); cosa altrettanto grave
è che sono, spesso, lasciate in mano al qualunquismo, ad interventi
“superficiali” e improvvisati oppure non ricevono alcun tipo di
cura; sono quasi sempre abbandonati al loro destino “catastrofico”,
un fatto davvero inquietante considerato il periodo storico in cui
viviamo! Tutti devono essere in grado - questo rientra nello spirito
del presente lavoro - di riconoscere i segnali e la sintomatologia
connessa ai vari quadri clinici (con lo stesso entusiasmo di uno
studente alle prese con la sua materia di studio preferita) in modo
tale da poter decidere quando è il momento di chiedere aiuto e di
valutare se l’intervento terapeutico è appropriato ed efficace.

a
conoscenza “approfondita” dei vari disturbi e delle cause
permette di comprendere non solo se stessi - la devastante sofferenza
soggettiva e familiare - ma anche di rendersi conto degli altissimi
costi (anche pubblici) che tale sofferenza comporta (chi può
permetterselo, considerati i tempi lunghissimi del pubblico, si
rivolge ai servizi privati … aggiungendo così al fardello emotivo
grandi sacrifici economici) … mai più in silenzio!!! Permette
di guardare in modo diverso a se stessi e con più fiducia al proprio
futuro. La sofferenza psicologica non solo segna la vita delle
persone che ne sono affette ma ha un fortissimo impatto a livello
lavorativo e sociale (assenza dal lavoro, infiniti esami clinici,
spese ingentissime). Anche le forme più lievi del malessere
emotivo devono essere prese in considerazione perché - anche se sono
all’inizio silenziose - possono influire sulle rinunce e limitare
nelle scelte di vita; si pensi ad esempio allo stato ipocondriaco, ad
alcune disfunzioni della sfera sessuale, alla timidezza patologica,
ai cambiamenti repentini dell’umore, alle condotte evitanti e
dipendenti … nei casi più seri, l’autosoppressione!!! I
problemi emotivi, quindi, anche quando non sono particolarmente gravi
ed allarmanti, devono essere sempre presi in esame, considerati
attentamente e scrupolosamente, perché predispongono ad un vivere
infelice, fanno sentire meno sicuri, annullano le capacità di
controllo sulle cose rispetto ai momenti di “benessere”, creano
difficoltà e confusione anche nel gestire le problematiche
quotidiane più banali. Lungo il cammino che porterà alla
soluzione del malessere emotivo - dopo le prime esitazioni e le
perplessità iniziali da parte del paziente - si potrà imparare a
vivere e a comportarsi in modo più gratificante, ritrovare
l’autostima e la sicurezza, riacquistare il controllo di se stessi,
emergeranno risorse naturali, notevoli capacità nel poter scegliere
autonomamente e nel prendere decisioni giuste; si scoprirà
finalmente che l’esistenza umana, con una nuova apertura mentale e
una visione diversa della vita, offre sempre infinite alternative. Un
trattamento adeguato, infatti, se ben fatto, risolve i conflitti più
profondi, risolleva il morale, migliora la qualità della vita,
aumenta le attività quotidiane, appaiono finalmente calma e
sicurezza … le relazioni interpersonali diventano davvero più
soddisfacenti. Non abbiamo timore: un
professionista qualificato e esperto in questo delicato ma
affascinante settore, altro non può che dar luce alla mente e
offrire preziosi “consigli” su come affrontare e risolvere questo
tormento … aiutare a raggiungere grandi obiettivi: senso di
fiducia, sicurezza, aprirsi agli altri, lavorare con passione,
formare nuove amicizie, legami e relazioni strette… aspettarsi
esperienze piacevoli, anticipare il miglior esito di ogni cosa …
questo è il diritto di ogni essere umano.
NEVROSI
… si è ancora in contatto con la REALTA'

l
termine nevrosi indica uno stato morboso funzionale senza diretto
rapporto con una lesione organica. Esprime simbolicamente un
conflitto psichico la cui origine è collegata al superamento, più o
meno con successo, delle difficoltà che l’essere umano incontra
durante i vari stadi evolutivi. Dal punto di vista clinico, le
nevrosi si distinguono dalle psicosi, dalle perversioni e dalle
affezioni psicosomatiche. Il termine nevrosi compare per la prima
volta in un trattato di medicina, pubblicato nel 1777, dallo scozzese
W. Cullen, che lo usa per indicare l’insieme delle malattie
mentali, ma anche patologie cardiache o digestive. In seguito la
parola arriva a indicare tutte le malattie che sembrano derivare da
un cattivo funzionamento del sistema nervoso. Solo molto più tardi
s’arriverà a distinguere le malattie d’origine organica da
quelle essenzialmente psichiche. Lo psichiatra francese P. Janet
segna quest’evoluzione quando, sul fluire dell’Ottocento divide
la nevrosi in due categorie: isteria e psicastenia. Per Janet le
nevrosi sono dovute ad una caduta di tensione psicologica che provoca
la comparsa di comportamenti inferiori. Soltanto gli studi
sull’isteria di Freud metteranno in evidenza l’origine psichica
della nevrosi. Freud scopre la psicanalisi curando malati isterici.
Non tarda a capire che molte affezioni psichiche sfuggono alla
terapia medica, poiché trovano origine soltanto in conflitti
infantili non risolti. Nello sviluppo “normale”, ognuno deve
attraversare un certo numero di fasi evolutive (orale, sadico-anale,
fallica) prima di raggiungere la fase genitale.
”"”Fasi.
Freud ha scoperto che lo sviluppo sessuale dell’uomo non
corrisponde ad una organizzazione genitale unica, ma ad una
successione di fasi caratteristiche. La nozione di fase è diventata
quindi uno dei concetti chiave della psicanalisi. Freud comincia col
distinguere un’organizzazione della sessualità “adulta genitale”
e un’organizzazione della sessualità “infantile pervertita”.
Le successive ricerche lo portano a scoprire che la pulsione sessuale
percorre una serie di fasi (spinta … forza, insieme psichica e
fisica caratterizzata da una fonte, un oggetto e una meta. Le
pulsioni corrispondono alle eccitazioni di origine interna che il
soggetto subisce continuamente e che costituiscono il motore
dell’apparato psichico). Ma solo molto più tardi gli diverrà del
tutto chiaro il legame tra la fase e la malattia mentale. I tre saggi
sulla teoria sessuale cercano per la prima volta di descrivere delle
fasi nella vita infantile. Esistono quattro fasi fondamentali. La
fase orale,
la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato prova a
succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo
piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene
definito autoerotico. La
fase anale o sadico – anale
è caratterizzata dall’interesse che il bambino dimostra per le
funzioni della defecazione (espulsione, ritenzione, dare o non dare).
Corrispondente all’apprendimento della pulizia, è decisiva nella
formazione del carattere del bambino e della sua personalità adulta.
La
fase fallica,
verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e nella bambina
con la specificità dell’organizzazione sessuale maschile. E’
anche la fase della masturbazione. Finisce, nel bambino, con la paura
della castrazione, che segna la fine anche del complesso di Edipo. In
seguito alla pubertà si realizza l’ultima fase, la
fase genitale,
caratterizzata dalla procreazione. Ma accade che nella vita
l’individuo si scontri con difficoltà che gli sembrano
insormontabili. Rischia allora di voler regredire ad una fase
anteriore. Se non può assumere sessualmente la sua condizione
d’adulto, tenta di tornare bambino d’un tempo. Si mette su una
strada che può condurlo sia alla regressione completa (perversione),
sia alla lotta contro il desiderio di perversione (nevrosi). Ogni
perversione e ogni nevrosi (che è il suo negativo) si caratterizza
con la fissazione ad una fase che dovrebbe essere integrata alla
personalità adulta. L’ossessivo è fissato alla fase sadico –
anale, l’isterico alla fase orale, l’esibizionista alla fase
fallica""".


l
nevrotico non arriverà mai in fondo allo sviluppo. Rimarrà
“fissato” ad una fase anteriore o sarà continuamente tentato di
regredirvi. La regressione costituisce la perversione; la nevrosi la
lotta contro la perversione. Dopo Freud, si distinguono tre gruppi
principali di nevrosi. Le psiconevrosi, caratterizzate da sintomi
psichici importanti (fobie, ossessioni, inibizioni), come la nevrosi
isterica, ossessiva e fobica. Le nevrosi del carattere sono anch’esse
psiconevrosi, ma i loro sintomi non sono palesi (rimangono soltanto i
tratti di carattere morbosi). Le nevrosi attuali formano una
categoria nettamente differente: le più gravi sono l’ipocondria,
la nevrastenia e la nevrosi d’angoscia. All’origine di queste
turbe c’è ancora la sessualità, ma nella sua forma biologica.
Molto spesso la causa della malattia è una scarica sessuale
insufficiente. I principali sintomi sono l’angoscia e l’ansia. La
scoperta della psicanalisi portò Freud a elaborare una teoria
psicogenetica delle nevrosi. Il concetto centrale è la rimozione
(vedasi settore “I meccanismi di difesa” o “Psicoterapia”).
Quando un desiderio si scontra con una proibizione sociale
(Super-Io), viene rimosso nell’inconscio. I sintomi nevrotici
saranno tentativi d’espressione mascherata di questi desideri. La
scoperta del senso del sintomo ne comporta la scomparsa.

SINTOMI PALESI di nevrosi. La nevrosi è diffusa come un
comune raffreddore, ma è più difficile a riconoscersi e a guarirsi.
Con un raffreddore o con qualsiasi malattia fisica, abbiamo ovvi
sintomi che ci spingono ad agire in un certo modo: se abbiamo la
febbre andiamo a letto; se ci sentiamo male prendiamo un’aspirina o
chiamiamo il 118. Anche la nevrosi ha i suoi sintomi, meno evidenti
però, come abbiamo potuto vedere nei vari articoli del blog. Non si
manifestano sul termometro e non reagiscono ai comuni rimedi
farmaceutici. Possiamo benissimo imparare a riconoscere più
prontamente la nevrosi esaminandola nei vari aspetti. Il
primo evidente sintomo di nevrosi è l’indecisione e l’inattività.
Tutti noi, a volte, siamo indecisi. Il
nevrotico è un INDECISO cronico. Egli non può decidersi di
agire … rimugina gli stessi problemi per settimane e settimane, per
mesi e mesi e in certi casi per anni e anni. E’
perennemente influenzato dal dubbio. Il dubbio Amletico come
sappiamo è un o scherzo rispetto al nevrotico. Ma tutti affrontano
decisioni nella vita quotidiana, piccole scelte e, occasionalmente,
grandi scelte. Qualche volta la grande decisione è la causa del
trauma che è stato covato dentro. Comunque, di
solito, l’indecisione è più simile al raffreddore che alla
polmonite. Naturalmente l’indecisione
implica la tendenza a procrastinare, cioè differisce la
soddisfazione dei nostri bisogni e crea frustrazioni. Sogniamo
ad occhi aperti, e questo incrina la nostra concentrazione, la nostra
capacità di operare e di essere attivi. In
aggiunta a ciò c’è il senso di INADEGUATEZZA che deriva dal non
poter soddisfare né i nostri bisogni né i nostri problemi. In tal
modo diventiamo ostili e cominciamo a prendercela con la gente che ci
circonda a causa del nostro senso di inadeguatezza. Ben presto
passiamo più tempo pensando a ciò che ci manca piuttosto a ciò che
si ha. A lungo andare viziamo tutte le nostre decisioni perché
conosciamo così poco il nostro agire che non possiamo rallegrarci
dei suoi frutti. Il sintomo più comune della nevrosi è
l’ansietà o la paura.
a paura deriva da
un’altra condizione dello stato nevrotico: il senso di dipendenza.
Cerchiamo gente che ci aiuti, se abbiamo paura.
Se da bambini ci siamo nascosti, siamo corsi via e abbiamo gridato,
da adulti siamo più abili, ma la nostra RISPOSTA è essenzialmente
INFANTILE (si veda regressione) … un
ritorno a una maniera primitiva di adattamento!!! Se facciamo
un’infantile concessione a noi stessi, è probabile che ne faremo
delle altre. L’OSTILITA’ è un altro
sintomo della nevrosi. E’ molto comune nel nostro periodo storico
perché viviamo in una società altamente competitiva. Ognuno
gareggia per qualcosa, diplomi, impieghi, condizioni sociali,
compagni sessuali, posti di parcheggio e così via. Una quarta palese
espressione di disordine emotivo è l'insuccesso
o lo scarso rendimento. Tutti siamo soggetti a limitazioni fisiche e
mentali, a ingiustizie sociali, alla cattiva sorte; ma a lungo
andare, se non sfruttiamo una buona parte del nostro potenziale,
dobbiamo rassegnarci a biasimare noi stessi. Ciò non riguarda solo
la scuola e la carriera, ma tutti gli aspetti della VITA. Il SENSO
di COLPA, che spesso è il risultato dell’ostilità e
dell’insuccesso, è il quinto chiaro sintomo di nevrosi.
Attualmente il senso di colpa non è facilmente riconoscibile. La sua
più comune espressione è il costante CHIEDERE SCUSA. La gente che
soffre di senso di colpa chiede sempre scusa con molta educazione e
convinzione, non solo quando è opportuno ma anche quando è fuori
luogo, inoltre il suo comportamento oscilla tra la dolcezza e la
cattiveria. Un sesto indizio di difficoltà emotive è il
RINCHIUDERSI IN SE STESSI. Ciò conduce
alla solitudine e all’alienazione. Dato che nell’essere soli c’è
un ‘enorme perdita del senso della prospettiva, il rinchiudersi in
se stessi rende più facile che la nevrosi di un individuo si
espanda, si diffonda velocemente ad altre sue attività. I sintomi
psicosomatici, in generale, determinano una settima forma di nevrosi.
l nostro corpo richiede la soddisfazione dei propri bisogni in una
quantità di modi superiore a quella che riconosciamo. Alcuni di
questi modi possono essere misurati fisiologicamente. Ad esempio, la
paura di svelare un aumento del ritmo respiratorio. Anche le palme
delle mani bagnate, dette “riflesso psicogalvanico” sono un segno
rilevatore. L’espressione del volto è eloquente. Ci sono anche
espressioni del nostro linguaggio che ricordano tutto ciò. Ad
esempio, diciamo che qualcuno “storce le labbra per disprezzo”.
La gente modifica l’espressione del viso quando è arrabbiata. C’è
anche ciò che A. Adler ha chiamato “debolezza organica”, ossia
alcune parti del nostro corpo esprimono il turbamento del nostro
stato emotivo. Per alcuni è la pelle, per
altri lo stomaco, per altri ancora la schiena (si vedano le sezioni
specifiche). Comuni espressioni di ansietà cronica, di paura, di
collera e di conflitto, coinvolgono disturbi psicosomatici quali
ulcera, le coliti, i mal di testa cronici, le allergie e le
indigestioni. Ma il sintomo psicosomatico più frequente, che non
sempre è riconosciuto come tale, è la stanchezza. Ci sono molte
ovvie, logiche ragioni per diagnosticare la stanchezza come il
risultata di un superlavoro. Ma il fatto è che la fatica è anche
indice di eccessiva resistenza, di risentimento, di indecisione. La
più comune e accettabile scusa per non fare qualcosa che non
vogliamo fare è che siamo troppo stanchi per farlo. Infine,
ogni atteggiamento o azione estremistica sono una chiara espressione
di inclinazione alla nevrosi. Il fatto che l’azione sia approvata o
disapprovata dalla società non è importante; se è esagerata è
sospetta. Ad esempio l’inattività, che è malvista nella nostra
società, può essere un estremo nevrotico; ma è così anche per il
suo opposto, l’impulsività, benché sia spesso più accettabile
dal punto di vista sociale. L’insuccesso è un sintomo di
complicazioni nevrotiche; e così la sovraprestazione. Anche la
socievolezza forzata è segno di nevrosi, e così la solitudine.
l’autocostrizione ad essere sempre tra la folla, l’incapacità di
restare soli, indicano una forte tendenza al rifiuto di sé.
Il PENSARE nevrotico

pesso
la gente pensa che la nevrosi sia una sorta di un “disastro”
nervoso. Questa definizione non è appropriata. La terminologia in
questione risale a quando potevamo capire la nevrosi soltanto in
termini fondamentalmente organici o in termini di improvvise
manifestazioni traumatiche. Oggi sappiamo che la nevrosi si trova a
livello superficiale prima di esplodere in maniera drammatica. Un
debole stato di salute fisica indica che il corpo non funziona a
dovere; non si può evitare l’effetto tossico dei microbi. Un
debole stato di salute mentale o emotiva - la nevrosi - indica una
situazione simile con riferimento alla nostra personalità, alla
nostra abituale maniera di adattarci. Non possiamo evitare gli
effetti tossici, non dei microbi, ma dei nostri stessi errori di
interpretazione. La nevrosi è, in altri termini, una sofferenza
conseguente a una erronea disposizione d’animo: erronea nel senso
che conduce a un comportamento inadeguato. Comportamento
che non è funzionale, che non ci dà ciò che vogliamo. Questo
comportamento non è semplicemente sciocco … è dannoso.
Vestirsi con abiti infantili è sciocco; reagire ai vari problemi in
modo infantile è dannoso. Che cosa sono dunque
alcuni di questi stati d’animo sbagliati, alcune di queste erronee
interpretazioni? E come possono colpirci? Il
più grave errore di interpretazione nel nostro modo di pensare è
che andiamo dietro ai nostri desideri piuttosto che alla realtà per
dominare i nostri pensieri. Questo ha come risultato,
naturalmente, un giudizio insufficiente. Ad esempio, un giovane si
innamora perdutamente di ogni donna, ne è attirato e vuole sposarla.
Corre dietro ai propri desideri per condizionare la propria azione.
Vuole sposarsi, vuole trovare la donna che vada bene per lui; ma
piuttosto che valutare la situazione realisticamente, egli delinea
questa ragazza di sogno nel mondo reale mediante l’intensità dei
desideri. Nel nostro modo di pensare anche noi interpretiamo
erroneamente le conseguenze delle nostre azioni. Ad esempio
comperiamo una costosa automobile pur non potendo permettercelo. Ci
rendiamo conto che le spese devono essere proporzionate all’andamento
degli affari, ma vogliamo quell’automobile, sentiamo di avere
ragione e così saltiamo il fosso. E
naturalmente non possiamo goderci l’automobile perché dopo pochi
mesi il peso del debito è troppo forte. Abbiamo mancato di vedere
con chiarezza le conseguenze del nostro comportamento. Avremo
in ogni caso l’opportunità di commettere di nuovo la stessa
pazzia. I nevrotici hanno la tendenza a ripetere i loro errori. La
gente “sana” può fare sbagli in maggiore o minore numero dei
nevrotici, ma commette errori diversi, e ciò dimostra che ha risolto
alcuni dei suoi problemi o che ha scontato errori ed è in grado di
andare avanti. La gente che fa sempre lo stesso
errore più e più volte mostra di essersi fermata ad un certo stadio
dello sviluppo.
Il SENTIRE nevrotico
aturalmente
gli atteggiamenti nevrotici sono più forti secondo la nostra
sensibilità. Di fatto, gli errori intellettuali di interpretazione
sono corretti facilmente con la terapia. E’ cambiare i sentimenti
del paziente che è difficile. Il più importante errore emotivo di
interpretazione che il nevrotico commette è di SOTTOVALUTARSI, di
SOTTOSTIMARSI, di PUNIRSI ... di trattarsi miseramente. Questo
atteggiamento è il risultato di una misera immagine di se stessi. Un
individuo con una misera immagine di sé può veramente sembrare uno
che stia cercando di aumentare il proprio valore, ma il tentativo è
male indirizzato, superficiale, e indica che la persona non ha un
concetto di sé sufficientemente buono. Questo atteggiamento si
estende alle relazioni di parentela e agli amici. Generalmente
il nevrotico ha rapporto tesi con i genitori, con i fratelli, con la
moglie, con i bambini. Egli interpreta erroneamente i loro sentimenti
e i suoi. Ad esempio, sente che i suoi numerosi atti di
gentilezza passano sotto silenzio, e raramente trova sufficiente
gentilezza nella gente che lo circonda. Con gli amici è esigente,
tende a interpretare erroneamente ogni loro azione. E’ un sensitivo
facilmente sconvolto. Il nevrotico si concentra
troppo su se stesso. Troppe delle sue frasi incominciano con la
parola “io”; non sa conversare; è un esibizionista. Il fatto è
che non sa sfuggire alla sua stessa prigione. Ciò che è al di fuori
di lui non lo soddisfa abbastanza, e questo lo turba. In ultimo,
naturalmente, diventa insoddisfatto di sé, se la prende con se
stesso. Ma non dice: “Sono noioso”.
Nessuno lo dice mai. Dice invece: “E’ noioso” o “Questo è
noioso” o “La gente è noiosa”, o “La festa è noiosa”.
Quindi il nevrotico interpreta erroneamente la natura delle relazioni
sociali. Egli vuole ciò che vuole, quando lo vuole. Ciò è normale;
il suo errore di interpretazione consiste nel non riuscire a capire
che deve dare, che deve imparare a sviluppare l’abilità che lo
lega agli altri, che deve imparare a persuadere la gente a soddisfare
i suoi desideri. Ma invece di impegnarsi a sviluppare le
relazioni del dare e avere, agisce come se scambiasse tutti per suo
padre e sua madre e se stesso per bambino, e grida: “Dammelo,
subito!”. E naturalmente la gente rifiuta un simile approccio.
Questo non è il modo di ottenere ciò che vogliamo. Nel
complesso i sentimenti degli individui nevrotici tendono ad essere
più negativi che positivi. Sono sempre caratterizzati da collera,
ansietà, rifiuto e pessimismo. E’ difficile trovare un nevrotico
che sia ottimista… il suo bicchiere è sempre MEZZO VUOTO.
Non tutti i pessimisti sono nevrotici, ma la
maggior parte dei nevrotici sono pessimisti. Chiunque sia
cronicamente negativo, arrabbiato e pessimista, deve per forza
interpretare in modo errato le situazioni che affronta, perché la
vita non è conforme ai suoi stati d’animo. Qualche volta
essa ci appare nera, talvolta neutra, ogni tanto promettente. Se ci
appare quasi sempre in un solo modo, c’è qualcosa di sbagliato in
noi.
Il COMPORTAMENTO nevrotico

l
comportamento esprime pensiero e sentimento, e questo non è meno
vero quando i pensieri e sentimenti sono nevrotici, sebbene non
sempre siano riconoscibili come tali. Ad esempio i nevrotici hanno
poca perseveranza perché interpretano erroneamente il valore delle
cose che fanno. Non appena incontrano un ostacolo, dicono: “Bene,
non ne vale realmente la pena” e se ne stanno fermi. Questo è un
errore d’interpretazione, una razionalizzazione. Qualche
volta anche il compito più banale deve essere svolto proprio così;
ogni altro modo è sbagliato. Di nuovo questo significa interpretare
erroneamente il valore delle cose. Quello che ho detto prima circa
gli estremi, impulsività, inattività, severità e così via, si
applica naturalmente al comportamento in cui questi estremi sono
espressi. Infine, il campo d’azione del comportamento dei nevrotici
è limitato. Essi tendono a ripetere le stesse cose. “Solo
lavoro e niente svago fa diventare stupidi”. Questo implica
una tendenza alla nevrosi. Abbiamo visto come la nevrosi colpisce il
nostro modo di pensare, di sentire, il nostro comportamento. Ci sono
quattro campi in cui si esprimono queste inclinazioni nevrotiche. Nel
considerare il bisogno di cura di una persona, i terapisti cercano di
determinare in che misura l’individuo funzione in questi campi. Il
PRIMO campo è la vita di casa. Collera
cronica, ostilità e tensione in casa propria indicano bisogno di
aiuto. Il SECONDO campo è il lavoro.
Aggressione, senso di colpa, depressione, alienazione, fantasia
possono seriamente minare la capacità di una persona nello
svolgimento di qualsiasi lavoro. Il
TERZO campo, lo svago, è spesso trascurato, pure essendo un
importante contrappeso nella nostra vita, perché in questa società
competitiva siamo sempre sotto pressione per produrre e lavorare.
Quindi lo svago deve essere dedicato a soddisfare i nostri bisogni
non avendo nulla a che fare con le pressioni che la società esercita
su di noi. Potrebbe esserci di aiuto il trar fuori qualcosa dalle
nostre tendenze aggressive per soddisfare i nostri inesauditi bisogni
di amore. La gente che non ha via di uscite rilassanti, interessi
esterni, che non fa altro che lavorare tutto il giorno e dormire
tutta la notte, non può continuare a lavorare in mezzo alle sue
difficoltà emotive. Il QUARTO campo, la
vita sociale, urta con gli altri tre settori e oscura le loro
possibilità e i loro espedienti.
TIPI di NEVROSI

a
prevalenza di un determinato tipo di nevrosi cambia da generazione a
generazione. Ai tempi di Freud la paralisi isterica era comune; oggi
è rara. Altri problemi hanno preso il suo posto. La gente che soffre
delle attuali comuni nevrosi può essere divisa sommariamente secondo
alcune scuole di pensiero in otto gruppi. E’ raro che ci sia una
persona che non possa essere classificata, almeno parzialmente in uno
di questi gruppi. Il PRIMO gruppo comprende le
persone che realmente non sanno che fare con se stesse. Il loro
lavoro o il loro matrimonio, se pure ce l’hanno, non le soddisfa,
non le coinvolge; hanno pochi legami. Questo è comune soprattutto
fra le casalinghe, particolarmente quelle che hanno bambini grandi.
E’ anche abbastanza comune fra gli uomini che lavorano per grandi
organizzazioni. Se per una ragione o per l’altra rinunciano al loro
lavoro, non riescono facilmente a trovarne un altro. Le
persone con paure specifiche costituiscono il SECONDO gruppo. Fra
loro l’ansietà si è cristallizzata in paure specifiche abbastanza
forti per essere debilitanti. Questa non è gente che ha paura dei
grossi cani o degli aerei, tutti possono evitare i grossi cani e
viaggiare in treno. Questa è gente che, ad esempio, ha paura di
lasciare la propria casa in certe ore del giorno o ha paura di amare
o, peggio di tutto, ha paura del prossimo. Il
TERZO gruppo, piuttosto numeroso, è costituito da persone con
difficoltà sessuali, frigidità per la donna, impotenza o mancanza
d’interesse per l’uomo. Il QUARTO
gruppo è incapace di avere contatti con gli altri; ha deboli
relazioni sociali. Questa gente si chiude in sé; ha permesso alla
propria personalità di deteriorarsi; le sue risposte emotive sono
scialbe. Prova raramente eccitamento, entusiasmo, forti emozioni di
ogni tipo. Gli esecutori passivi
costituiscono il QUINTO gruppo. A scuola sono spesso ragazzi
intelligenti. Hanno delle capacità, ma sono sempre servili o sono
portati ad esserlo. Il SESTO gruppo,
costituito da persone che hanno conflitti coniugali, è molto
numeroso e sta aumentando. Oggi l’insoddisfazione verso il proprio
coniuge, con il matrimonio in sé, è espressa più apertamente che
un tempo. I bambini che rifiutano i
genitori, strano capovolgimento, costituiscono il SETTIMO gruppo.
Naturalmente tutti i bambini rifiutano i genitori in qualche
occasione, di solito nell’adolescenza. Qui la durata e il grado di
rifiuto è importante. Quando il rifiuto implica la nevrosi, comporta
anche un serio problema di comportamento o una radicale rottura con
le convenzioni sociali. Le personalità
ossessive formano l'OTTAVO gruppo. Le costrizioni, le forti spinte
interne ad agire su ciò in cui abbiamo poco o nessun controllo, si
rivelano nel nostro modo di pensare come ossessioni. Le persone
ossessive sono dei perfezionisti; hanno una forte carica di energia
interna. Sono esigenti, critiche. Non sono soddisfatte di nulla,
neppure di se stesse, il che rende la loro vita durissima.
Abbiamo visto quanto facilmente il condizionamento contribuisca a
strutturare il campo di azione di queste nevrosi. All’inizio della
nostra vita sviluppiamo facilmente una povera immagine di noi stessi
perché ci sentiamo rifiutati e inevitabilmente soffriamo per il
rifiuto perché dipendiamo moltissimo dai nostri genitori che ci
aiutano. Una dura disciplina o più propriamente un’atmosfera priva
di amore e di approvazione, ci dà un misero concetto di noi, e
infinite esperienze distruttive con fratelli, amici, insegnanti e
altri lo rinforzano. Come risultato sviluppiamo dei meccanismi
difensivi (si vedano I meccanismi di difesa). Comunque questi non
sono molto efficaci, non siamo abbastanza cresciuti per sviluppare
difese efficaci. Tuttavia le rinforziamo, edifichiamo su queste
misere fondamenta e sviluppiamo un autentico modo di vivere che
implica evasione, ritiro, interpretazioni sbagliate, in breve
nevrosi. Dopo qualche “tempo” questo modo di vivere diventa così
normale che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo
perché è ciò cui siamo abituati. Possiamo facilmente riconoscere i
segni di queste nevrosi, le nostre piccole inclinazioni nevrotiche,
ricordandoci cinque elementi che caratterizzano questo fenomeno
emotivo: fallimento, paura, amici, stanchezza e
divertimento. Senso di fallimento.
Un persistente segno di fallimento in un
soggetto è di solito accompagnato da depressione, da senso di colpa,
dalla consuetudine di scusarsi. Ciò è particolarmente vero per gli
studenti. Coloro che non vanno bene non si divertono mai: sono
preoccupati, spaventati, si scusano eccessivamente, sono spesso
depressi. Paura. una persona che è
disturbata in modo cronico da vari terrori è sconvolta emotivamente.
E più sono irrazionali le paure, più profondo è il turbamento.
Amici. Una persona che non ha mai amici sta
manifestando il desiderio di chiudersi in se stessa. Probabilmente
soffre anche di una certa mancanza di prospettive e alimenta forti
sentimenti d’ira e di ostilità. Stanchezza.
essa è facilmente male interpretata. Ma una persona che soffre di
stanchezza cronica mette a fuoco la sua attenzione soltanto su se
stessa. Quando ci si sente bene c’è,
in un certo senso, libertà da un condizionamento interiore e ci si
dà da fare per agire. Non si pensa a se
stessi; si pensa a ciò che si deve fare. Quando si è stanchi si è
coscienti di ogni giuntura e di ogni muscolo del corpo, si è
proiettati su se stessi. Questo è il risultato di un errore di
prospettiva, di un errore di interpretazione. Divertimento.
Il divertimento è molto importante. La gente che non si diverte, che
è sempre negativa e pessimista, non ha un ritmo vitale e psicologico
equilibrato. Se non ci si diverte con qualche cosa, vuol dire che si
hanno difficoltà emotive. Si sta vivendo la vita a metà, si sta
osservando soltanto il grigio e il nero e si perdono completamente di
vista tutti gli altri colori. Queste sono le manifestazioni
esteriori della nevrosi. Se le riconosciamo abbastanza presto
possiamo bloccare il loro sviluppo, se non le riconosciamo abbastanza
presto possiamo tentare di sconfiggere la nevrosi con gli strumenti
psicologici più vicini alle nostre esigenze e formazione.
Conclusioni
isturbo
grave dello psichismo che provoca disordini del comportamento.
Tuttavia, contrariamente a quanto avviene nella psicosi, la nevrosi
non è un disagio costituzionale: il soggetto è consapevole del suo
stato e desidera vivamente trovare delle soluzioni. La nevrosi si
manifesta con atteggiamenti e affetti aberranti: così la nevrosi
spinge il soggetto ad adottare dei modi di “vedere” o a prendere
decisioni che vanno contro i suoi stessi interessi. La nevrosi
ossessiva lo costringe ad eseguire tutto un particolare rituale per
scongiurare i timori della polvere, dei microbi, degli oggetti
“minacciosi”. Nella fobia o nevrosi d’angoscia il malato non
può sopportare di trovarsi in un luogo chiuso o di attraversare
spazi aperti. Per Freud tutti questi sintomi sono prodotti da
complessi sessuali che risalgono alla prima infanzia. A. Adler spiega
la nevrosi da fallimento con una deformazione del senso della vita.
Per C.G. Jung si tratta in generale di disturbi dello sviluppo della
personalità. Per guarire le nevrosi si ricorre alla cura
psicoterapeutica oppure, in casi gravi, alla farmacoterapia. Accanto
a questi disturbi mentali più o meno gravi vi sono poi disturbi
minori che caratterizzano quelle che vengono dette personalità
nevrotiche. Per esempio, nell’ipocondria il soggetto si preoccupa
in modo esagerato della sua salute, nell’impotenza o nella
frigidità è incapace di provare i normali piaceri della sessualità
… nella depressione, si arrende di fronte alle difficoltà della
vita.

PSICOSI
… non si è più in contatto con la REALTA'.

a
maggior parte di noi funziona nonostante il malessere nevrotico. C’è
mancanza di efficienza, c’è angoscia, depressione, ansietà e
altre disagi emotivi, ma procediamo attraverso la mediocrità della
vita e qualche volta anche con maggiore originalità, perché nei
nostri sforzi per spezzare i legami, possiamo trovare soluzioni che
una persona “normale” non prenderebbe in considerazione.
La psicosi, comunque, è davvero qualcosa di diverso. Questo è il
termine giusto per definire un autentico trauma. Non un vero e
proprio trauma di nervi tesi, ma un impressionante ed estremo
distacco dalla realtà. Spesso lo psicotico non sa chi è e dov’è.
Sente e vede cose che non ci sono. I suoi errori di interpretazione
sono così gravi che il suo comportamento è del tutto imprevedibile
e può nuocere a sé e agli altri. A volte ha necessità, un vero
bisogno di assistenza ospedaliera, ma i mezzi per scoprire la psicosi
sono, purtroppo, ancora oggi limitati. Ci sono molti tipi di psicosi.
La psicosi funzionale, che alcuni psicologi sostengono sia fisica e
anche psicologica, si divide in due grandi categorie. La prima è
conosciuta come schizofrenia. Schizofrenia significa letteralmente
“emotivamente tagliato fuori”. Il
vecchio termine era dementia praecox, che vuol dire pazzia della
pubertà; tale termine era usato perché questa malattia, che
spesso colpisce nei primi anni di vita, fu riconosciuta per la prima
volta fra gli adolescenti. Una delle più
sfortunate caratteristiche della schizofrenia, è che si tratta di
una malattia deteriorante. Diversamente da un comune
raffreddore che se curato diminuisce in una settimana, la
schizofrenia peggiora se non si interviene. Questo perché in passato
gli ospedali psichiatrici erano pieni di schizofrenici: la loro
malattia non era riconosciuta se non in tarda età, e da quel momento
dovevano essere ricoverati; erano già degli schizofrenici
“deteriorati”. Nessuno sapeva veramente perché tanta gente era
mentalmente malata. Poiché successivamente, gli strumenti per
rivelare i casi di schizofrenia sono migliorati al punto che, per la
prima volta nel secolo scorso, gli schizofrenici venivano trattati
nelle fasi iniziali dei loro disturbi.
i sono
quattro tipi di schizofrenia. Il primo è
sotto il nome di “schizofrenia semplice”, perché non comporta
sintomi secondari. I suoi sintomi sono una monotonia emotiva,
un’eccessiva tranquillità e il deterioramento delle reazioni. Chi
ne è colpito non è più in relazione con il mondo circostante.
Il secondo tipo di schizofrenia è noto come
“ebefrenia”, che è sostanzialmente un disorientamento
dell’emotività. Chi ne è affetto non è disorientato spazialmente
o temporalmente, ma le sue reazioni emotive sono disordinate.
Ascoltando qualcosa di triste, ride scioccamente; trovandosi davanti
a qualcosa di spaventoso, sorride. Il
terzo tipo di schizofrenia, la catatonia, è una forma di totale
estraniamento dal mondo reale. Chi ne è colpito assume posizioni
fisse e le mantiene per lunghissimi periodi di tempo. Può, ad
esempio, inginocchiarsi per pregare e restare inginocchiato
all’infinito. Può nutrirsi da sé, come può essere necessario
nutrirlo per via intravenosa. Ha anche una caratteristica nota come
“flessibilità cerea”. Gli si possono dare determinate posizioni
che manterrà per indefiniti periodo di tempo. La
paranoia è il quarto tipo di schizofrenia. E’ caratterizzata in
generale sia da megalomania sia da mania di persecuzione, e spesso
affligge individui veramente intelligenti e colti. E’ difficile per
una persona normale comprendere come soffra un paranoico. Il disturbo
è spesso accompagnato da esperienze di allucinazioni. Un paranoico,
quando spegne la luce alla sera, può essere convinto che i suoi
vicini stiano affilando i coltelli e aspettino soltanto che si sia
addormentato per venire a tagliarlo a pezzetti. Per il malato è
un’esperienza terrificante, anche se non è altro che una colossale
montatura della sua fantasia. Le psicosi del secondo gruppo
più importante vanno sotto il nome di “psicosi maniaco –
depressiva”, e la loro forma classica è allo stesso tempo maniaca
e depressiva: si alternano stati depressivi con stati di esaltazione.
Alcuni maniaci – depressivi manifestano uno stadio di mania e uno
di depressione; altri sono soltanto depressivi. Il fatto è che nel
caso della psicosi maniaco – depressiva, come in ogni psicosi o
nevrosi, la DIFFERENZA fra stato di salute e stato di malattia è più
una questione di grado che di genere. Tutti noi possiamo essere
alternativamente di buono o di cattivo umore, e spesso lo siamo; ma
nel caso delle psicosi maniaco – depressive gli stati d’animo
sono così estremi che il soggetto deve essere calmato nei periodi di
agitazione e stimolato nei periodi di depressione. Inoltre,
nonostante noi tutti subiamo oscillazioni di umore, poiché siamo più
equilibrati degli psicotici i nostri umori sono di gran lunga più in
relazione con la realtà, con ciò che accade intorno a noi. Vi sono
anche molte psicosi organiche che sono il risultato di una lesione al
cervello e al midollo spinale. Vi sono psicosi che derivano dall’uso
della droga, dall’uso degli alcolici e così via. Le psicosi più
comuni, comunque, sono psicologiche o di comportamento piuttosto che
organiche, e somigliano alle nevrosi di cui abbiamo già discusso.
Conclusioni
l
termine psicosi, a lungo sinonimo di “follia”, designa una gran
varietà di malattie che alterano profondamente la personalità.
Queste gravi malattie sono spesso di origine organica. Il
concetto di psicosi ci riporta a quello di alienazione: sono falsati
i rapporti del soggetto con se stesso, con gli altri, col mondo
esterno; al malato è impossibile trovare il modo di ristabilire
questi rapporti, il suo universo è irreale, le prospettive sono
profondamente deformate. Poiché l’eziologia delle psicosi è
incerta, la loro classificazione si fonda soprattutto su caratteri
comuni. Tutte le psicosi sono caratterizzate da un crollo del reale e
dalla comparsa d’un mondo delirante. Mentre l’Io del nevrotico
rimane legato al reale, l’Io dello psicotico è colpito da una
disorganizzazione progressiva, che spesso colpisce l’immagine del
suo corpo.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
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