APPARATO DIGERENTE
problemi dell'apparato digerente parleranno della difficoltà ad
"inghiottire", a "digerire" ed "assimilare"
ciò che incontriamo nella vita. Quando si "mandano giù"
persone o situazioni indigeste, lo stomaco reagisce col "fuoco"
della gastrite. La
“fluidità” della bile prodotta dal fegato, raccolta dalla
cistifellea; se non è accolta in questo organo passa, attraverso il
condotto biliare del duodeno, nel sangue: itterizia; questo organo è
sempre un funzione dello stato emotivo: gioia, ira, furore, paura e
tristezza. Ricorda, ogni processo interessa l’intero organismo; ad
esempio, felicità o infelicità, tristezza o allegria, contentezza o
scontentezza sono stati che, volenti o nolenti, se non lasciati
fluire liberamente, si ripercuotono sul corpo attraverso secrezioni,
modificazione del sangue e dei tessuti.
STOMACO…
una meravigliosa linea di difesa.


o
stomaco si ammala non solo quando blocchiamo la nostra spontaneità,
ma anche quando perdiamo fantasia e libertà, siamo troppo
accomodanti, gestiti dal pessimismo e rassegnazione: zittirsi e
bloccare le proprie espressioni più naturali e spontanee è il danno
maggiore che possiamo fare a questo organo … per farlo “respirare”
tira fuori le tue emozioni nascoste ed “indigeste”. Il
problema allo stomaco può essere visualizzato con gonfiore nella
zona sopra l’ombelico (addominale) dopo l’assunzione di cibo,
sonnolenza postprandiale, rossore agli zigomi dopo il pasto; per
alcuni orientamenti scientifici si dovrebbe mangiare verso le undici
del mattino o verso le 4 – 5 del pomeriggio.
Lo stomaco è uno degli organi della digestione: prima linea di
difesa dell’organismo. Lo scopo della digestione è quello di
trasmettere all'organismo, attraverso la trasformazione dei prodotti
grezzi, l’energia necessaria per funzionare. Le
materie prime come proteine, i grassi, gli idrati di carbonio, le
vitamine e i sali minerali sono trasformate sapientemente in
combustibili e successivamente in energia.
il processo inizia nella bocca a contatto degli alimenti e della
saliva, e termina con le scorie nell’ano. Il tutto passa per lo
stomaco che inizia l’azione chimica delle secrezioni, poi pancreas,
fegato e ghiandole contenute nell’intestino tenue. Tutto il cibo
assimilato viene a depositarsi sull’intestino tenue, dove, se il
bolo alimentare va incontro a un’eccessiva putrefazione o
fermentazione, si avrà un’infiammazione. Queste sostanze sono
assimilate, se il soggetto continua ad assumere alimenti
“spazzatura”, provocheranno un rigetto naturale da parte
dell’organismo, con presenza di diarrea, di stasi e di stitichezza,
e un rigetto di tossine nel sangue. Molto emicranie sono dovute ad
una fermentazione alcolica dello stomaco. Queste fermentazioni non
provengono da un consumo di alcol, ma fabbricata dallo stomaco, in
seguito a un consumo di zucchero e di farinacei che fermentano.
Questo
alcol è più tossico dell’alcol grezzo normale, perché contiene
le scorie di questa fermentazione.


nche i disturbi di stomaco imputabili a fattori stressanti o
psichici sono numerosi. Sono provocati da pasti consumati troppo in
fretta, dall’assunzione di alimenti troppo caldi o troppo freddi,
da pasti consumati a orari irregolari e dall’abitudine di mescolare
liquidi (bere) e solidi durante il pasto. I
cibi dannosi e le cose che fanno male in generale allo stomaco sono:
alcol, alimenti troppo caldi, bere durante i pasti, caffè, mangiare
senza masticare, pane e zucchero raffinato.
Alimenti
ottimi per l’infiammazione: mele, pomodori, ribes, uva
(succo diluito se troppo irritato).
Per la dilatazione dello stomaco si consiglia: aglio, mela, pompelmo,
sedano, rabarbaro. Il
colore giallo (giallo –
grigio) al
viso indica problemi energetici a livello di stomaco e della milza.
Uno
squilibrio energetico allo stomaco si manifesta con gastroenteriti,
foruncolosi, ossidazione cutanea, infezione cutanea.
Gli zigomi
riflettono lo stato energetico dello stomaco, si evidenzia
soprattutto dopo i pasti perché si congestionano.
Il soggetto ha digestioni lente, con possibilità appunto di
gastriti, di crampi, di gonfiori addominali e di aerofagia.
L’alimentazione viene male assimilata, il soggetto è spesso
nervoso, mangia in fretta. Tutto
ciò determina un’intossicazione progressiva dell’organismo, che
può essere la causa di artriti, artrosi e successivamente di tumori
o di ulcere. Il cuoio
capelluto sarà molto intossicato, con forfora e pruriti. Deve
modificare il modo di alimentarsi, eliminare caffè, tè, zucchero
raffinato e frutta fresca, fare una cura disintossicante, non
assumere né alcolici né liquidi troppo caldi o troppo freddi.
Se il viso tende a gonfiarsi e a diventare grigiastro,
l’intossicazione organica è a uno stadio molto avanzato. Gli
organi diffondono la loro energia in tutto il corpo. E’ possibile
individuarne l’intensità e regolarla su linee di forze energetiche
relative a ciascuno di essi. Su queste linee di forza si possono
esercitare massaggi che permetteranno di mantenere la salute e
l’armonia del corpo. Per quanto riguarda lo stomaco, qualora ci sia
una lesione o come prevenzione, il
punto da massaggiare (presenta una temperatura elevata) sarà la
vertebra dorsale 12 (DS12:
cattiva digestione, gonfiore dopo i pasti, aerofagia, acidità di
stomaco, crampi allo stomaco). Tale massaggio è consigliato per:
cattiva digestione, gonfiori dopo i pasti, aerofagia, acidità di
stomaco, crampi di stomaco. La
sua massima espressione energetica è dalle 7 alle 9; se è presente
una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della
giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi.
Chi ha
problemi di stomaco preferisce “incassare”, mandare giù il
magone, “digerire”, rabbia, livore e cinismo: vuole evitare in
tutti i modi e maniera lo scontro e il conflitto
... non riesce più a “digerire” il mondo che incontra. Impara
a comunicare a “caldo” con franchezza, spontaneità e naturalezza
così elimini la rabbia e le parole indigeste; “sputando il rospo”,
poi, scarichi dallo stomaco tutti i pesi inutili e ritrovi la vera
“leggerezza”: elimini finalmente l’imbarazzo di “pancia”.
llontanati DAI LEGAMI AFFETTIVI CHE "INFIAMMANO", divertiti con
passione e spontaneità ... scegli un clima decente, l'atmosfera
giusta, le cose e le situazioni che ti mettono completamente a tuo
agio … ti fanno sentire al posto giusto!!! Altrimenti, la
rabbia invadente viene presa in consegna dalla stomaco; fare finta,
controllarsi, non far trapelare nulla, prima o poi, l'acido
cloridrico ti corrode lo stomaco.
TUMORE
allo stomaco. malattia
a cui bisogna prestare SEMPRE molta attenzione e MASSIMO rispetto -
per la sofferenza e l’inquietudine che porta con sé - nel fare
interpretazioni e, soprattutto, per comprendere il fenomeno
psicosomatico che ne deriva è necessario prendere in considerazione
la parte del corpo in cui si manifesta. Soggetti
che sperimentano “amori” in maniera ossessiva e rancorosa, che
coltivano vecchi dolori, rabbia e odio, si sentono impotenti nei
confronti di una situazione vissuta nel passato come ingiusta che ha
tolto loro, giorno dopo giorno, il gusto di vivere, di cui si sentono
responsabili fino a provare rimorso. Nell'esofago, quando si
manifesta in questa zona segnala un vissuto, una sensazione di essere
entrati in un vicolo cieco, non si vede alcuna via d’uscita in una
certa situazione. NON DIMENTICARLO MAI, c’è sempre una speranza di
riprendersi, anche dai peggiori dei tumori,
finché il sistema immunitario continua, con NOI, a combattere.
ATTENZIONE
al pH (acidosi) perché il tumore "ODIA" l'ossigeno e il
suo equilibrio, mentre "SGUAZZA" nell'acidità.
Già
Ippocrate aveva sospettato e richiamato l’attenzione sul possibile
fattore emozionale nell’insorgenza delle malattie tumorali e
precisamente le mise in relazione con il temperamento malinconico.
ATTENZIONE
al livello di acidità nell’organismo (condizione di acidosi)
perché può essere una delle cause che - oltre a creare stanchezza,
infiammazione nei tessuti, irritabilità e aumentare le tossine -
facilita la massa tumorale nell’organo più debole e più
vulnerabile. Cancro
– mente:
l’influsso
della psiche.
E’ convinzione ormai diffusa che lo stato d’animo sia in qualche
modo legato alla possibilità di ammalarsi: compromette
il metabolismo e la funzionalità cellulare.
Già
Galeno affermava che le donne tristi sono più facilmente vulnerabili
al cancro rispetto a quelle ottimiste. Da sempre, viene attirata
l’attenzione su l’influenza esercitata dall’infelicità, dagli
improvvisi crolli di “fortuna” e dall’abituale temperamento
malinconico in rapporto all’eventuale sviluppo di formazioni
tumorali.
In breve, una profonda sofferenza emotiva è tra le condizioni
favorevoli allo sviluppo di alcuni tumori. I soggetti,
particolarmente vulnerabili a questa patologia, pare facciano fatica
a manifestare sentimenti ostili e con enorme difficoltà riescono ad
esprimere le proprie emozioni; presentato tratti di personalità
molto rigidi e sensi di colpa invalidanti: sono, il più delle volte,
profondamente abbattuti e sfiduciati. Si
riscontrano in tali soggetti, vissuti di abbandono, disperazione e
rapporti problematici connessi al loro naturale periodo evolutivo. Il
rievocare tali esperienze attraverso rapporti conflittuali disastrosi
e attività lavorative deludenti attuali, nell’età adulta, può
portare l’individuo alla disperazione e ad una sofferenza atroce …
risveglia in qualche modo le percezioni dolorose dei primi anni di
vita;
e, così, a lungo andare, un senso profondo di impotenza e sfiducia
deprime anche il funzionamento cellulare … sono, pertanto,
maggiormente a rischio a causa della loro storia e formazione
emotiva. Emerge che questi soggetti sono particolarmente timorosi,
sono inclini a reprimere la rabbia, non riescono ad esprimere paura,
disperazione, dolore e ostilità, mostrandosi in ogni occasione,
proprio per il loro eccessivo conformismo sociale, sempre gentili,
dolci e benevoli. Atteggiamenti
che non permettono di “resistere” alla malattia, di prendere in
mano la propria vita in maniera naturale e spontanea: stati d’animo
che fanno perdere la voglia di lottare e di vivere.
Le persone particolarmente disagiate oltre a sentirsi completamente
svuotate di ogni potere e di qualsiasi capacità creativa, diventano,
in questo modo, facile preda della frustrazione e, soprattutto, della
depressione. Se il “pessimo” umore la fa da padrone,
inevitabilmente, si ha un effetto di indebolimento diretto sulle
difese immunitarie e sulla funzionalità del metabolismo in generale.
I temi emotivi ricorrenti che nel tempo hanno fatto ipotizzare la
loro connessione col cancro, o comunque contribuiscono a peggiorarne
la prognosi, sono: la
modalità con cui ogni individuo
affronta
le problematiche esistenziali
(il suo modo di reagire agli eventi della vita), le
emozioni non espresse, i fatti traumatici della vita, l’isolamento
e la depressione.
Tutti questi elementi stanno, senza timore di smentita, a indicare
che lo stato emotivo personale influenza lo sviluppo e l’evoluzione
(biochimica) di questa patologia nell’organismo. Attraverso
importanti ricerche, passate e recenti, si è capito che il benessere
psicologico e le varie tecniche mente – corpo rivestono
un’importanza tale nel confronto di questa complessa e delicata
patologia che tutte le metodiche terapeutiche rivolte alla
prevenzione devono tenere in conto sempre il fattore psicosomatico.
Grazie a queste conoscenze, in collaborazione SEMPRE con altri
orientamenti scientifici, si potranno mettere in cantiere importanti
strategie psicologiche di prevenzione per coloro che mostrano una
evidente vulnerabilità emotiva … le giuste scelte salutari, sani
stili di vita, comportamenti più adeguati e responsabili rimangono
sempre prerogativa del singolo e, soprattutto, elementi fondamentali
a livello di prevenzione,
come ad esempio una corretta e sana alimentazione.
n
questo periodo storico, più di altri momenti caratterizzati da
carestia, si dice che uccide più la gola che la spada! Il sistema
digestivo ha il compito di trasformare gli alimenti solidi e liquidi
introdotti nell'organismo ... purtroppo, anche quelli "spazzatura".
L’alimentazione rappresenta un bisogno primario per assicurare
l’esistenza di ogni essere vivente, mentre la digestione è una
forma di “gestione” e di utilizzo di sostanze acquisite: una
struttura di trasformazione e di cambiamento che “assorbe” anche,
in questo caso, il mondo esterno. In questa alchimia sono
coinvolti altri organi indispensabili per la sopravvivenza (stomaco,
fegato, cistifellea, milza, pancreas). Anche in questo apparato, a
seconda dell'organo digestivo coinvolto, conosceremo il ruolo
specifico delle emozioni nello sviluppo del malessere
gastrointestinale. Un fenomeno che, a prescindere dai vari organi,
ruota sempre attorno al tema della sicurezza e della protezione …
al mondo delle idee, pensieri e relazioni
interpersonali. Quando l’intestino perde il suo naturale
equilibrio, contemporaneamente, anche il cervello perde la sua
lucidità, esaurisce la sua efficienza mentale. I disturbi legati al
sistema digestivo, quindi, segnaleranno le difficoltà a digerire,
inghiottire e assimilare … “digerire” quello che avviene nella
vita, un continuo “ruminare”. Una
psiche che non riesce a gestire e rielaborare alcuni contenuti
emotivi considerati “impuri”: paura di sentire emozioni
considerate vergognose. Sono individui molto sensibili
all’ostilità e al rifiuto. Il rapporto tra emozioni e funzione
digestiva come ad esempio nausea, deglutizione, secrezione, motilità,
vomiti e sensazione di bolla faringea, è evidenziato in numerose
ricerche cliniche e confermato direttamente in molte esperienze
umane. Alcuni individui con tratti ossessivi –
compulsivi essendo molto sensibili ai cambiamenti, incapaci di
eliminare ciò che è inutile e, quindi, rimanendo aggrappati a
comportamenti, atteggiamenti, modi di pensare e a condizioni vecchie
e superate, ostacolano il ricambio organico. In tal modo, con il
timore di eliminare le cose passate sono trattenute anche le feci
(stipsi). Molte problematiche intestinali sono accompagnate da
tratti depressivi mascherati, da esperienze deludenti e da una
insoddisfazione cronica. Tali problemi si risolvono solo se si
comprendono le vere cause profonde che li hanno determinati. Speranza
e futuro, per questi soggetti, sono stati completamente cancellati
dalla loro vita. I problemi del sistema digestivo ci parlano, in ogni
caso, della difficoltà di digerire alcune vicende esistenziali, di
affetti tenuti a freno, di legami bloccati, di angosce ossessive, di
come sono gestiti i sentimenti, del timore di fallire, di non essere
all’altezza delle cose, di sbagliare. Una involontaria
scarica diarroica, infatti, segnala la tensione sperimentata nel
tentativo dominare un profondo sentimento di vergogna o una
situazione di grande paura … un modo di sottrarsi a situazioni
vissute come molto pericolose!!!
O
STOMACO è
un grande “selezionatore” a livello sia fisico (cibo) sia
mentale (relazioni attraverso il nervo vago) … LA PANCIA (bruciore,
dolore, pesantezza, crampi, nausea, digestione lenta, eruttazioni) E’
COINVOLTA NELLE PROBLEMATICHE DELLA VITA RELAZIONALE … i suoi
messaggi più fastidiosi sono:
Bruciore
-
rabbia repressa per cose che non si riescono a gestire e a non
risolvere; ATTENZIONE
... le delusioni possono bruciare più del cibo piccante consumato a
tavola ... MAI fingere di stare bene!
Nausea
-
rifiuto sottovalutato connesso ad un certo contesto;
Digestione
lenta
-
difficoltà ad elaborare quanto accade durante il giorno;
Pesantezza
-
troppe responsabilità ed emozioni trattenute;
Crampi
-
farsi passare come qualcosa di piacevole una cosa che proprio non
piace e in cui ci si trova male (lavoro, amicizie, coppia, famiglia)…
i rapporti con il mondo esterno sono perlopiù tesi ed ansiosi,
difficilmente sereni e rilassati.

n
quanto organo cavo, rimanda al concetto di contenitore e di caverna,
entrambi simboli dell’istanza psichica femminile: il
grembo materno è il luogo dove la materia si trasforma in vita.
E’ la dimensione che accoglie, avvolge e
nasconde. Ma esso si fa anche portavoce
di un simbolismo maschile: la digestione è infatti opera dell’acido
cloridrico che rappresenta il fuoco purificatore, una forza maschile
che aggredisce e trasforma gli elementi. Inoltre, non va
dimenticato che il cibo non è qualcosa di isolato, ma si riempie dei
significati legati all’atmosfera in cui viene consumato: ciò che
si ingerisce si carica di valenze emotive che vengono legate alla
struttura stessa dell’alimento. Quando la
mamma allatta il neonato gli fornisce il nutrimento non solo
alimentare ma anche affettivo. Ecco perché è importante, durante
tutto il ciclo di vita, che il cibo/pensiero sia “leggero e
digeribile” altrimenti rischia di “restare sullo stomaco” e
creare indigestioni non solo fisiche ma anche emozionali. Fin
dalla nascita, l’essere umano mangia non soltanto per vivere: su
quest’atto biologico si radicano fattori emozionali e sociali che
rendono indissolubili gli aspetti fisiologici e psicologici del
comportamento elementare. Il nutrimento ha dunque un valore
particolarmente simbolico (sicurezza, protezione, amore), di
soddisfazione, di investimento del piacere, di aggressività (fame
che divora). Il rapporto con il nutrimento,
quindi, traduce il rapporto della madre con il bimbo dove si
intrecciano piacere, ostilità, odio, affetto, calore, timori,
preoccupazioni, aggressività. Il corpo è un nostro grande
alleato: segnala sempre ciò che non va e ci permette, se vogliamo,
di contrastare la sofferenza. Il dolore, una voce che ci rivela che
qualcosa non va. Una voce da ascoltare e non da “far tacere”. Il
corpo è un grande alleato che tramite la “sofferenza” avverte un
modo d’essere sbagliato, di comportamenti ed emotività che
probabilmente non ci appartengono. Così la lettura
psicosomatica può mostrare gli aspetti che determinano le
gastropatologie, partendo da segnali minimi, atteggiamenti e piccoli
gesti preziosi che spesso non vengono visti e restano ignorati. Una
separazione, un lutto. Oppure semplicemente
l’arrivo della primavera o di una nuova stagione. Sono molti i
fattori che possono scatenare le “proteste” dello stomaco, quasi
tutti caratterizzati dalla "sindrome" del cambiamento.
L’addio di una vecchia situazione per una nuova sembrerebbe la
scintilla che fa nascere gastrite e ulcere.

a
non solo: è durante il pasto, quando emozioni e cibo si incontrano,
che lo stomaco rischia di farsi sentire con bruciori e nausee
violente. L’apparato digerente diventa, così, un termometro che
rivela disagi e destabilizzazioni in corso. Un pasto, la vacanza, il
gruppo: tutti i cambiamenti in cui gli attacchi si fanno sentire.
I momenti di cambiamento, infatti, il non riuscire ad adattarsi con
facilità alla transizione, può provocare nausea e vomito, proprio
perché la nuova situazione “non va giù” (traslochi, cambiamento
del posto di lavoro, nuova situazione sentimentale). A
digiuno, prima di pranzo e cena, lo stomaco libero richiama la
sensazione di “vuoto d’amore”: il bruciore che ne deriva si
placa solo quando viene introdotta una dose di cibo/affetto.
In mezzo alle persone, poi, per il timore di ricevere una critica, la
bocca dello stomaco si chiude e si contrae per non fare entrare i
pericolosi giudizi degli altri. In vacanza: lasciarsi andare tutto in
un colpo ad uno stile di vita più libero trova corpo e psiche
impreparati; così lo stomaco, sottoposto al surplus di lavoro,
oppone un rifiuto a queste richieste. I tratti
di personalità più comuni in chi soffre di gastrite e ulcera sono
un alto livello di introversione, un’apparente indipendenza e un
atteggiamento che vorrebbe essere ironico, ma che risulta sarcastico
e spesso irritante (corrosivo). Inoltre la dimensione
quotidiana di chi ha “lo stomaco in subbuglio” è ricca di altre
sfumature che rendono il carattere dell’ulceroso molto complesso.
Ciò che è più evidente nei soggetti con
gastrite è un’aggressività che difficilmente riescono a gestire:
sono infatti molto sospettosi e qualche volta arrivano anche ad avere
veri e propri complessi di persecuzione. E’ possibile che
ogni tanto la rabbia trattenuta si tramuti in esplosioni di collera
(di solito evitate in quanto temute). Il “digerire” torti, offese
e l’ingoiare “bocconi amari” è sicuramente una delle cose più
difficile per questi soggetti che tendono “a legarsi al dito”
ogni contrarietà.
hi soffre in particolare di
nausea e vomito frequenti, ricorre inconsciamente a questi sintomi
per salvaguardarsi da eventi (o presunti tali), tentando
di rifuggire una situazione percepita come minacciosa. Essi
cercano di espellerla da loro, “vomitandola” e negando
successivamente ogni contatto con situazioni “pericolose”. Gli
stomaci gonfi di frequente, invece, esprimono generalmente il
costante bisogno – che resta insoddisfatto – di un nutrimento
affettivo, puntualmente compensato da un suo surrogato, l’aria. In
tali individui le relazioni affettive sono in genere vuote e fredde.
Un vuoto colmato apparentemente con l’aria introdotta nello
stomaco, quell’aria che causa
frequenti eruttazioni. E’ un atto di compensazione che
rivela una grande caratteristica dell’ulceroso: il desiderio
d’amore. Secondo la medicina psicosomatica il
corpo, giova sempre ricordarlo, è un grande alleato: segnala ciò
che non va e ci permette di contrastare la sofferenza. Le dinamiche
simboliche che innescano i disturbi gastrici sono in relazione alla
funzione nutritiva, nel senso più ampio del termine, se è vero
infatti che il corpo deve essere nutrito da un cibo "buono",
ossia sano e adatto alle esigenze di crescita, anche la mente
necessita di essere nutrita in maniera altrettanto adeguata
(affetto, amore, rispetto, considerazione). Tutti i disturbi dello
stomaco infatti hanno un legame diretto con le difficoltà di
accettare o “digerire” un evento o una persona (viene prodotto
nello stomaco, attraverso lo stato emozionale, l’acido cloridrico
in maniera eccessiva ed inutilmente). Chi soffre di stomaco, prova
soprattutto intolleranza e paura di fronte a qualcosa che prova
stomachevole (nauseante, schifoso). Oppone
resistenza alle idee nuove, soprattutto se non provengono da lui. Ha
difficoltà ad adattarsi a qualcuno o a qualcosa che contraddice i
suoi piani, le sue abitudini o il suo modo di vivere. Nello
stomaco il cibo viene scisso, sciolto, bruciato, si prepara a
diventare parte del corpo. Questo processo trova il suo corrispettivo
mentale nell’elaborazione dei vissuti, delle emozioni, dei pensieri
e degli stimoli che ogni giorno si assorbono. In questa ottica i
disturbi gastroenterici, molto frequenti e diffusi, sono spesso in
relazione con disagi che poco dipendono dal cibo che si assume e
invece molto hanno a che fare con la difficoltà a digerire
esperienze ed emozioni, passaggi di crescita che risultano
particolarmente “pesanti” da affrontare. Nella gastrite infatti i
diversi sintomi risultano connessi a specifici significati. E’
importante, per questo, cercare di leggere il dolore nelle sue
tipologie che possono variare da persona a persona. Una sensazione a
“tenaglia”, ad esempio, può riferirsi a situazioni sentite come
soffocanti: chi le avverte potrebbe essere indeciso tra l’agire di
“testa” e l’agire “d’impulso”.
n fuoco che divampa
(produzione eccessiva di acido cloridrico) indica una rabbia che
vorrebbe scoppiare e che invece rimane bloccata dentro. Così il
bruciore è il sintomo di un’emozione trattenuta che ribolle e
“corrode” internamente. La gastrite altro non è che uno stato
infiammatorio dello stomaco, il bruciore deriva da una iper
produzione di acido cloridrico (sostanza indispensabile per
sciogliere le proteine) ... un eccesso in pratica arde lo stomaco.
Da un punto di vista simbolico, come più volte sottolineato, esprime
spesso una carica aggressiva, focosa appunto, che non trova adeguato
sfogo all’esterno e che finisce col diventare un’auto
aggressione. Per quale ragione ad essere
colpito è proprio lo stomaco? Si tratta
di una “scelta d’organo” primitiva: la nostra prima modalità
di conoscere il mondo, di relazionarci con gli altri consiste
nell’atto del mangiare. Insieme al primo cibo, il latte materno,
portiamo dentro tutto ciò che esso rappresenta: amore sicurezza,
dedizione. Ma anche tensioni, ambivalenze, angosce, scatti d’ira,
nervosismo, impazienza … lo stesso accade anche per le esperienze
di cui ci “nutriamo”: anch’esse sono intrise di emozioni da
“digerire”. Senza saperlo ogni giorno portiamo dentro di
noi varie tossine (emozioni, impegni eccessivi, tensioni,
contrarietà, arrabbiature, arroganza) che ci tocca, volenti o
nolenti, digerire, da cui non sappiamo difenderci e lo stomaco ne fa
le spese.
Cosa succede allora dentro di noi?
La mucosa può ispessirsi o assottigliarsi, in ogni caso
compromettere le sue funzioni, soprattutto quando la nostra capacità
di affrontare le cose, le situazioni della vita si indebolisce. Si
tratta di difficoltà di relazionarci con un ambiente che percepiamo
come invadente, aggressivo a noi (per il nostro modo di pensare) e
potenzialmente nocivo. E’ il caso di contesti ed impegni lavorativi
particolarmente pressanti, esigenti e competitivi ma anche di
dinamiche familiari conflittuali ed autoritarie. La gastrite non
nasce a caso: essa si nutre a pieno dei disagi e delle sofferenze;
imparare a conoscere la sua “voce”, permetterà di capire cosa
non va in se stessi. Il bruciore tipico della gastrite viene spesso
descritto da chi lo prova come una fiamma che divampa e “mangia”
dall’interno. In effetti, l’aumento dell’acidità
gastrica equivale a un meccanismo autoaggressivo, all’esplosione
che non trova sbocchi. Il “fuoco gastrico”,
produzione eccessiva di acido cloridrico, può anche manifestare
dubbio, sfiducia e sospettosità nei confronti degli altri. Al
contrario una carenza della produzione di succhi gastrici può
svelare una forte mancanza di energia nel “digerire” situazioni,
cose o persone della vita di ogni giorno. Chi soffre di gastrite sa
bene cosa voglia dire sentire le fiamme nello stomaco, il bruciore
che sale lungo il canale digestivo, dando sensazioni di calore
doloroso. E ciò, se facciamo caso, accade soprattutto quando
proviamo rancore o pensieri inaccettabili verso qualcuno o verso se
stessi (soprattutto quando non riusciamo ad esprimerci per ciò che
siamo realmente). Pensieri inaccettabili
che il più delle volte dobbiamo trattenere: non possiamo esternarli
per non generare dei conflitti.
Lo
stomaco si ammala quando:
- non
si riesce a "mandar giù" cose o situazioni;
- si
è continuamente irritati;
- si
rifiuta di accettare le cose, persone, atmosfere.
TIRA FUORI LA TUA VOCE!!!
o
sapevi che pulendo l’intestino e purificando il sangue con cereali
integrali (Vit. Gruppo B), frutta e verdura (tarassaco, radicchio,
cicoria) mantieni leggero e sano il tuo “involucro”? NO a carne e
prodotti lattiero caseari, mangia riso, orzo e grano saraceno in
abbondanza, qualche albicocca e patate lessate per spegnere il
“fuoco”, togliere pesantezza, acidità, proteggere dal reflusso,
rinforzare l’intestino e curare le “ferite” dello stomaco …
durante le scariche diarroiche è fondamentale evitare cibi
integrali!!!
APEVATE
che la vitamina A protegge la mucosa dello stomaco nei casi di ulcera
... la vitamina B12 protegge dai disturbi del tratto digerente
(stomaco, intestino, fegato, cistifellea) ... la vitamina Acido
Folico ristruttura le cellule del tratto digestivo ... il Potassio
può essere utile contro la stitichezza.
Chakra
Lo
stomaco è connesso al terzo C. (riguarda la personalità, libertà e
controllo, essere se stessi).
INTESTINO
Produce
anche l'ormone (95%) della felicità: la serotonina
cco
perché un "buon" intervento sullo stato dell'intestino può
essere utile, non solo nella fastidiosa colite, ma anche negli stati
depressivi e ansiogeni. Depuriamolo
dalle varie tossine della "mente" e dalle scorie del
"corpo": se sblocchi la mente sblocchi anche la pancia.
L'intestino percepisce l'ansia ancor prima del cervello: comunica le
proprie tensioni attraverso la colite.
L’intestino - con la sua motilità alterata - percepisce i segnali
emotivi nello stesso momento del cervello: una voce potente che batte
tutti gli altri organi in velocità (cinque volte più rapido); il
“blocco” di pancia rispecchia quello mentale: una “testa” che
si basa troppo sulla razionalità, paura e ingorghi affettivi. Quando
le relazioni sono faticose da gestire - i rapporti interpersonali non
sono basati sulla reciprocità ma solo finti - è l’intestino che
tenta di risolvere la situazione ribollendo e sbottando: è la prima
voce, il primo segnale di protesta; cerca di farsi strada attraverso
il malessere intestinale, la pancia la metti al sicuro solo se la
lasci esprimere, faciliti la curiosità e assecondi il bisogno di
novità!!!
sservando
la forma dell’intestino e del cervello si rimane immediatamente
colpiti dalla straordinaria somiglianza: le circonvoluzioni cerebrali
infatti richiamano le tortuosità delle pareti intestinali. La prima
immagine a cui rimanda l’intestino per la sua particolare forma
tortuosa è quello di un labirinto, luogo buio, tetro, oscuro dove
ciò che avviene non è sotto il controllo della mente. Questi due
organi comunque sono accomunati anche dalla medesima funzione: sia
l’intestino - preposto alla produzione delle feci - sia l’apparato
cerebrale adibito tra le tante funzioni alla produzione di pensieri,
assimilano l’ambiente circostante, dando luogo ad un prodotto che
dovrà poi essere eliminato (feci e pensieri).
L’intestino, i cibi, li assimila ed elimina le sostanze di rifiuto.
Il cibo che raggiunge questa parte “bassa” del corpo ha subito
tutte le trasformazioni (della materia) metaboliche necessarie a
produrre il potenziale energetico: materia utilizzata e assimilata
fino a ridursi a prodotto di scarto. Esso
digerisce i cibi, li assimila e scarta le sostanze di rifiuto. Non si
tratta però solo di rifiuti metabolici: a non essere assimilati sono
spesso anche i pensieri e gli impulsi.
Gli alimenti che arrivano nel labirinto rappresentano dunque
simbolicamente la conclusione di un viaggio. L’intestino in
quest’ottica compie un rituale di purificazione ogni volta che
evacua, eliminando sia rifiuti organici che i contenuti psichici
“indigeribili”. In questo senso gli attacchi diarroici del
colitico possono rappresentare il processo di elaborazione ed
esternazione ritenute inammissibili (bloccate). Quando si parla di
colite si fa riferimento a un malessere che presenta diversi "volti"
e che tende a manifestarsi in maniera soggettiva. Imparare a leggere
il suo linguaggio è essenziale per comprendere e affrontare il
disagio, tutt’altro che banale, come la colite.


gni colite è un fatto a sé, anche se all’interno delle diverse
manifestazioni sintomatologiche è possibile individuale tratti
comuni che aiutano a capire il senso profondo di questo disturbo,
spesso, particolarmente invalidante. E’ ben diversa infatti una
colite che colpisce nel pieno della notte con crampi, da una che si
manifesta prima di affrontare situazioni stressanti o compromettenti.
Occorre, inoltre, prestare attenzione anche ai momenti e alle fasi
evolutive (della vita) in cui questo malessere si manifesta. Crampi
dolorosi, ventre gonfio, attacchi di diarrea o costipazione ostinata.
E’ questo il linguaggio d’organo attraverso il quale l’intestino
racconta il malessere e il profondo disagio di chi soffre di colite.
Conflitti aperti ma negati e una personalità complessa e tendente
all’introversione sono tratti tipici del colitico che manifesta
difficoltà ad interagire con il proprio ambiente in modo fiducioso e
sereno. Attraverso un’accurata analisi dei simboli legati al mondo
intestinale emergono varie caratteristiche connesse in chi soffre di
stipsi e di colite. Chi soffre di disturbi intestinali è difficile
che si conceda ad acquisti spensierati, o doni consistenti.
Tranne in qualche raro momento per pentirsene subito dopo. Il suo
spiccato senso di possesso lo porta a trattenere avidamente tutto ciò
che è suo. Tipica di questo carattere è la tendenza a collezionare
ogni cosa e a non buttar via nulla, neppure le cose vecchie o
inutili. Relazioni
finite, amicizie concluse, ricordi abitudini ormai inadeguate: tutto
va tenuto e conservato. Il colitico sviluppa un vero e proprio
attaccamento verso il vecchio, da cui non riesce a separarsi. I
ricordi e i cimeli del passato ingombrano la sua vita come scorie
tossiche, esattamente come fanno le feci nell’intestino. E gli
impediscono di fare spazio al nuovo, di evolvere e cambiare con il
tempo. Risultare “a
modo”, “per bene”, è molto importante per il colitico che ci
tiene a dare un’immagine di se “pulita” e sempre impeccabile;
di tanto in tanto chiunque può essere sfiorato da queste
caratteristiche, ma per il colitico esse sono dominanti e
continuative: sono pochi i momenti di sollievo. Movenze e gesti sono
studiati e trattenuti, fino a risultare talvolta artefatti e
innaturali. La naturalezza, spontaneità, è scambiata spesso, a
torto, per volgarità e mancanza di raffinatezza e viene poco
apprezzata anche negli altri. L’atteggiamento controllato e
difensivo verso il nuovo traspare anche nei rapporti con gli altri.
Ama confrontarsi con persone che percepisce simili a lui,
difficilmente si lascia attrarre da persone diverse, per quanto in
fondo lo incuriosiscono. Preferisce
muoversi su un percorso o un terreno conosciuto e rifiuta tutte
quelle situazioni che potenzialmente potrebbero farlo cambiare. Il
colitico, il più delle volte, ha un atteggiamento moralista che gli
fa assumere posizioni inflessibili verso errori e debolezze proprie
ed altrui. Ci tiene molto alla buona educazione e a risultare
corretto e onesto. Spesso il suo idealismo sconfina in un
atteggiamento mistico. Chi
soffre di colite ha nei confronti dello sporco una vera repulsione, è
davvero esagerato. Persino gli odori del corpo vengono considerati
disdicevoli e vergognosi. Ecco perché spesso il colitico fa un
eccessivo uso di profumi, deodoranti e detergenti. Anche con la
fisicità e la sessualità spesso è difficoltoso e inibito,
dimensioni ritenute pericolose e particolarmente “difficili”.
l
malessere fisico provoca tre tipi di atteggiamenti differenti: avido,
aggressivo e insicuro. La
stipsi è un malessere che anche nei bambini ha un’origine di
natura profonda e sottile. Per il bambino le feci hanno un
significato più profondo che per l’adulto. Sono
tre infatti gli atteggiamenti alla base della stipsi infantile:
atteggiamento aggressivo, tipico dei bimbi con un carattere
egocentrico, che tendono ad attirare l’attenzione su di sé
attraverso il malessere fisico.
In questo caso è consigliabile stare con il bambino anche in bagno,
rendendo l’evacuazione un momento gioioso. Atteggiamento
insicuro: tipico dei bambini remissivi, la loro paura è quella di
deludere. Atteggiamento avido: il bambino mangia voracemente e tende
a mantenere tutto per sé. Nella maggior parte dei bambini stitici
l’aggravante del disagio è l’insistenza incessante dei genitori.
Niente di più sbagliato, quando il bimbo si siede sul vasino, o
spesso ancor prima di avvertire qualsiasi stimolo a defecare, i
genitori cercano di forzare il bimbo al tanto sospirato “regalino”.
In questo modo si perde uno degli ingredienti indispensabili per
questo atto: la naturalezza.
E’ importante cercare di coinvolgere il bambino in situazioni
piacevoli, giocose, rilassanti che impediscano l’insorgere della
cosiddetta ansia di prestazione. I dolorosi crampi addominali, lo
spasmo e la contrattura muscolare tipici di quella forma di colite
parlano di una lotta interna, una sorta di “tira e molla” tra la
tendenza a procedere in avanti e verso l’esterno (spirito di
iniziativa, aggressività) ed un movimento che agisce in direzione
opposta. Questa spinta in avanti, in realtà, viene bloccata da una
resistenza interna tanto forte da renderla del tutto inefficace e,
anzi, da far compiere addirittura una sorta di “guizzo”
all’indietro. Può essere un individuo dominato da due forze uguali
e contrapposte (agire o subire, istinto o ragione) che lo bloccano,
nonostante un più o meno consapevole desiderio di muoversi e di
passare all’azione. E’ la classica persona che vorrebbe partire
all’attacco, dando l’impressione di sapere bene quello che vuole,
ma che all’improvviso compie una sorta di “retromarcia”,
trattenendo dentro di sé tutto quello che avrebbe voluto esprimere.
Anche e soprattutto l’aggressività viene ripiegata e rivolta verso
se stesso in un doloroso meccanismo auto - aggressivo. Molto spesso
l’attacco di colite spastica si presenta all’improvviso, senza un
apparente motivo. Ciononostante si possono individuare alcune
costanti che accompagnano la comparsa del sintomo:
a volte i crampi addominali possono iniziare dopo i pasti, magari in
un momento di inconsapevole agitazione o durante un’attività
particolarmente impegnativa.
Spesso sono sufficienti un momento di riposo ed una boule riempita di
acqua calda a far cessare il doloroso attacco. Per riuscire a
sciogliere il blocco che non gli permette di portare le cose, le
azioni, le iniziative fino in fondo, l’individuo che soffre di
colite spastica deve iniziare a lasciare fluire, a portare fuori, ad
esprimere questi stimoli che sente dentro di sé e che lo
spingerebbero all’azione. Ampio
spazio quindi ai momenti “scatenati”, siano essi in discoteca
piuttosto che allo stadio o a far baldoria con gli amici e magari, in
un secondo tempo, a litigare, sempre nelle dovute maniere.
Il lasciare andare veloce e violento della scarica diarroica fa
pensare al bisogno impellente di liberarsi di un materiale
inaccettabile, che non si può né contenere né, tanto meno,
assimilare.
uesta
carica a livello intestinale trova il suo corrispettivo, a livello
mentale, nel tentativo di espellere un contenuto
(fatto di pensieri, idee, emozioni, fantasie) disturbante
e spesso vissuto in maniera “vergognosa”.
Chi soffre
di colite con forti e frequenti scariche diarroiche è una persona
che tendenzialmente cerca di nascondersi e di nascondere determinati
contenuti – spesso con spiccata valenza sessuale – che non può
accettare. Assillato
dal bisogno di “liberarsi” (purificarsi) da un materiale vissuto
come sporco, molto spesso tende a manifestare anche all’esterno la
sua “mania” per la pulizia. Una casa sempre linda, dunque, un
linguaggio scevro da volgarità, un aspetto sempre piuttosto in
ordine sono i tratti tipici di questi soggetti.
La colite diarroica si può manifestare con diverse modalità, ad
esempio con o senza crampi e meteorismo; può essere anche favorita
da una determinata condizione ambientale come, ad esempio, un
improvviso colpo di freddo. Ma,
come è noto, persino un momento di particolare agitazione o di paura
può facilmente causare un improvviso attacco di colite: molto spesso
ciò accade prima di un esame o di una prova importante.
Il gonfiore e i dolori che ne derivano spariscono subito dopo la
scarica diarroica che segue all’attacco. Le situazione che
rappresentano una fonte di ansia e agitazione sono vivamente
sconsigliate ai soggetti che soffrono di questa forma di colite; non
potendo ovviamente eliminarle del tutto, si può però cercare di
ridurle al minimo. Anche prendere pian piano contatto con le
componenti tanto temute da essere così urgentemente espulse,
potrebbe giovare a queste persone. Come
fare? Ad esempio
permettendo, durante una discussione, di tirare fuori queste parti
“sporche”: alle volte un linguaggio “colorito” può risultare
anche più incisivo (senza nuocere ed essere lesivi verso gli altri).
Con aria:
qui il problema centrale si manifesta nel gonfiore, nel meteorismo,
ovvero nella massiccia e fastidiosa presenza di aria all’interno
del colon. Un’aria scomoda, che preme dall’interno e crea disagio
soprattutto nel momento dei contatti e degli scambi interpersonali.
Dunque, è
come se chi soffrisse di questo fastidioso disturbo immettesse
nell’ambiente, e quindi nelle relazioni, una presenza fatta di
rumori triviali e scurrili.
Una pancia
che emette rumori può rappresentare un modo di manifestare
all’esterno un’aggressione, una coloritura volgare.
Chi ne soffre cronicamente risulta quasi sempre una persona
decisamente formale, spesso incapace di portare fuori la propria
rabbia e le proprie parti “impresentabili”, manifestandole
apertamente nelle situazioni spiacevoli. Soprattutto
vi è una attrazione – repulsione verso tutto ciò che inquina
un’immagine di sé linda e inappuntabile.
uesto sintomo fastidioso fa spesso la sua comparsa in situazioni
significative, quando cioè si avverte l’attenzione o addirittura
l’ostilità dell’altro e se ne teme il giudizio o la
disapprovazione. Soprattutto nei luoghi affollati si può avvertire
la sensazione di non avere spazio e contemporaneamente può insorgere
la paura di rivelare, attraverso i propri rumori, quelle parti di sé,
che si vogliono tenere nascoste. Può
accadere così che la pancia si metta a “borbottare” rendendo
manifesta proprio la presenza e l’attività di quelle parti tanto
temute. In genere questo
soggetto con tale tipo di colite è fortemente imbarazzato quando si
trova in mezzo agli altri e cerca di occultarsi ogni volta che la
pancia “rumoreggia”. Trattandosi molto spesso di pulsioni
sessuali trattenute, è probabile che agendole più liberamente,
inizialmente almeno a livello immaginario, questo sintomo si possa
attenuare. Pur se nella maggior parte dei casi si tratta di una forma
occasionale e sporadica di colite, quella cioè da cibi guasti, si
può ugualmente riconoscere, quando il problema assume connotati di
cronicità o di ripetitività, un significato più profondo. Così,
eliminare frequentemente, in seguito a vomito o diarrea, certi
alimenti (latticini, frutta e verdure non lavate, fritti) assume il
senso di un rifiuto e del timore che qualcosa di poco pulito vada ad
inquinare e alterare il corpo e la mente.
E’ proprio l’incapacità a tollerare che cibi poco genuini o poco
lavati vengano trattenuti nell’organismo e, seguendo i tempi
fisiologici, regolarmente espulsi, a delineare la personalità di chi
soffre di questo tipo di disturbo. Si tratta per lo più di persone
molto attente alla pulizia interna ed esterna, spesso inclini a
controllare la provenienza dei cibi, la loro composizione e tutti i
possibili effetti sull’organismo. Questa
tendenza al controllo è generalizzata e rivela in particolare il
timore di avere qualcosa a che spartire con un mondo esterno
considerato improprio e inferiore, l’idea di un contatto imprevisto
che rischierebbe di alterare una dimensione interiore considerata
pressoché perfetta.
L’evento scatenante, ovviamente, è l’ingestione di cibi e
bevande potenzialmente tossiche o verso le quali può scatenarsi
un’intolleranza. La reazione di rapida espulsione di queste
sostanze da parte dell’intestino è tesa a salvaguardare
l’integrità. Non bisogna dunque intervenire troppo precocemente
per controllare l’intensità della scarica, ma piuttosto favorire
la fisiologica disintossicazione dell’organismo. L’ideale
asetticità ricercata nell’alimentazione si può analogamente
estendere al campo delle relazioni interpersonali.
a paura di venire
contagiati (fisicamente, ma anche emotivamente) dagli altri può
condurre infatti anche ad una progressiva chiusura sociale.
Ecco perché è importante “assaggiare” un po’ di tutto –
cibi, bevande, ambienti, persone, situazioni – ovviamente avendo
cura di scegliere, perlomeno in un primo momento, gli elementi che
risultano maggiormente tollerabili. Ogni spostamento, ogni viaggio,
comporta la necessità di modificare, anche per poco tempo, le
proprie abitudini e di saper affrontare qualche imprevisto. Quando si
viene sradicati da situazioni e relazioni ben conosciute, e pertanto
non preoccupanti, e catapultati in luoghi in cui l’insolito e il
confronto con esperienze nuove sono inevitabili, può insorgere,
insieme all’inconsapevole timore di non essere pronti ad assimilare
questi cambiamenti, anche una sofferenza intestinale. Se
è vero che ogni mutamento (fisico, psichico, ambientale) può essere
accompagnato da uno stato di leggera ansia e preoccupazione, chi
soffre di questo disturbo manifesta una spiccata sensibilità e
ricettività nei confronti dell’ambiente che lo circonda.
In particolare risulta evidente la difficoltà a distaccarsi da cose
o situazioni passate e la necessità impellente di rifiutare ogni
possibile cambiamento. Ancora una volta, per analogia, l’intestino
si fa interprete di questo disagio attraverso la veloce espulsione di
cibi appena ingeriti. Non solo i viaggi, ma anche tutte le occasioni
di cambiamenti significativi sul lavoro o nella vita affettiva
possono scatenare la sintomatologia colitica in coloro che sono
predisposto a ciò. L’ansia
e la preoccupazione che possono subentrare in occasione a tali
mutamenti costituiscono già un’ottima spinta fisiologica, unita al
tentativo di liberarsi al più presto di quanto appena incontrato,
prima che sia incorporato ed elaborato. Il motto “mai lasciare la
strada vecchia per la nuova” da un lato esprime la necessità di
avere punti di riferimento stabili e sicuri, dall’altro non
considera un aspetto fondamentale della vita: attraverso nuovi
incontri ed esperienze l’uomo arricchisce e modifica la visione di
sé e del mondo. Così,
ogni cambiamento porta in sé una rinuncia, ma anche il potenziale
della crescita individuale. Accettare consapevolmente questa rinuncia
in favore di una evoluzione della propria personalità è pertanto
l’obiettivo a cui questi soggetti devono tendere.
Il caldo,
inoltre, espone l’apparato digerente a stress, attacchi batterici e
virali … per riequilibrarlo prova con gli oligoelementi: manganese
– cobalto; per le infiammazioni usa Vaccinium myrtillus, tarassaco
e malva.
veri nemici dell’intestino non vengono solo dal piatto ma possono
scaturire dai nostri atteggiamenti, ci ammaliamo, infatti, quando non
facciamo più scelte di “pancia”, quando non si hanno più
desideri e sogni quotidiani, ci si chiude in se stessi, si è
perennemente indecisi (crampi),
si trascinano continuamente i problemi (infiammazione). RICORDA, se ti trattieni lo infiammi, se liberi invece le emozioni
profonde, anche quelle meno pulite, in modo “sano”, la pancia si
alleggerisce, si sblocca completamente, la metti al “sicuro” e,
alla fine, vedrai che ti ringrazierà: serve
uno stile di vita più rispettoso dei ritmi quotidiani e un modo più
genuino di esprimere pienamente talento e creatività;
colite, stipsi e altri mal di pancia fastidiosi li tieni lontani -
dai salute, equilibrio, ritrovi il vero benessere - solo se lasci
spazio alla spontaneità e alla naturalezza: BASTA
stress, isolarsi, timore del giudizio altrui, diffidenza,
insicurezza, giudizi di valore, lottare all’infinito contro i
pensieri considerati “scomodi” … la pancia “riparte” quando
ti trovi bene con le tue emozioni e le esprimi senza aver il terrore
di sbagliare o essere tormentato dalla paura di offrire un’immagine
di te stesso negativa.

INTESTINO
TENUE
’intestino
tenue, aiutato dalla bile, secerne il lisozima che serve a mantenere
l’equilibrio della flora intestinale. La bile svolge una funzione
antisettica e neutralizza l’ambiente intestinale. Quando
questi normalizzatori non funzionano bene, compaiono scariche
diarroiche o infezioni. La loro
visualizzazione è segnalata in una zona rossa in mezzo alla fronte
tra le sopracciglia, un’eccessiva sensibilità della pelle del
volto. Un disturbo nell’elaborazione del plasma sanguigno
provocherà altre turbe del sistema di difesa dell’organismo e la
persona sarà aggredita da malesseri come influenza e raffreddori. Le
putrefazioni alimentate da carni spesso troppo cotte, da uova, o da
oli per frittura di pessima qualità, producono sregolatezza
nell’intestino e mantengono per migrazione cellulare il carattere
infiammatorio, che può, alla lunga, lasciare il posto a metastasi
intestinali. Lo zucchero raffinato causa una
superproliferazione della flora batterica a livello delle mucose
intestinali. L’alterazione della qualità di
queste mucose intestinali favorisce il passaggio dei colibacilli nel
sangue, e dà disturbi ai reni, provocando cistiti con minzione
dolorosa, sensazione di bruciore e stanchezze anormali.
L’intestino tenue ha un’importanza ancora maggiore nel
procedimento della digestione. Dopo il passaggio nello stomaco, il
cibo occupa tutta la superficie dell’intestino tenue, lungo da 8 a
9 metri ca. e ricoperto di milioni di piccole asperità sempre in
movimento e impregnate di zuccheri naturali, di sali minerali e
proteine. La fermentazione e la putrefazione provocano irritazioni
(diarrea o stipsi) su questa parete alimentate dallo zucchero
raffinato. Se il soggetto continua ad alimentarsi in modo sregolato
si avrà deterioramento delle cellule intestinali, procedimento che
favorirà l’accumulo delle tossine che passeranno nel sangue.
L’intestino tenue è responsabile di numerose
obesità (allarga il bacino con presenza di accumulo di grasso
o di cellulite). Svolge un ruolo importante
nella formazione delle cisti alle ovaie nelle donne.
’intestino
tenue è una delle più importanti barriere di difesa del corpo.
Essendo uno degli organi che fabbricano il plasma sanguigno, presiede
all’equilibrio generale dell’organismo. Per una buona
funzionalità, bisogna eliminare: alcol, carne e formaggi che
provocano una putrefazione, oltre alle uova troppo cotte, pane
bianco, salumi grassi, ingredienti troppo piccanti, zuccheri
raffinati. Ha invece bisogno di: prodotti
latteofermentati, yogurt e lievito in caso di irritazione. In
caso di parassitosi: aglio e crescione; con problemi infiammatori:
alghe e lieviti freschi; infezione: carote, ciliegie, fragole,
lattuga, patate, mele, pomodori, porri, sedano, spinaci, uova;
apporto di sali minerali: alghe, cavolfiore, lenticchie, rape,
sedano, soia; cerali specifici: frumento (adatto a migliorare la
funzionalità), riso non brillato, segale. La sua massima espressione
energetica è dalle 13 alle 15 – fase di riposo 1.00 - 3.00; se è
presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo
periodo della giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi.
Migliora con il sapore amaro. Se si hanno problemi di
circolazione sanguigna, di cistite, o di presenza di gas
nell’intestino, significa che l’intestino tenue non funziona
bene. Fornisce, con il cuore, il massimo del
suo sforzo energetico in estate. Il punto di massaggio sarà
la vertebra sacrale 1 (S1: stitichezza, infezioni cutanee, colite).
INTESTINO CRASSO
Colite.
Con la scarica diarroica si cerca in qualche modo di purificarsi,
allontanare, scaricare idee e contenuti mentali inaccettabili,
vissuti come “sporchi".

a
stipsi è l’origine di numerosi disturbi: parassitosi, lesioni
intestinali, problemi epatici. È sempre un’impresa ardua valutare
il grado di stitichezza di una persona. Molti pensano che, andando
regolarmente di corpo, non siano soggetti a problemi di stitichezza;
in realtà
vi sono materie fecali che soggiornano troppo a lungo nell’intestino
e si putrefanno, mentre le tossine che contengono provocano un
avvelenamento dell’organismo.
Bisogna
fare dunque attenzione ai sintomi che accompagnano la stitichezza
come la stanchezza, l’angoscia, l’anemia, le insonnie, le
acidità, il mal di testa, le vertigini, alcune colibacillosi, i
gonfiori, le emorroidi, le nausee e certi casi di mestruazioni
irregolari che, in alcune donne, possono provocare una
predisposizione alle cisti ovariche.
Inoltre, le aderenze fecali agli intestini possono causare a lungo
andare un cancro su questi organi. L’igiene alimentare svolge
naturalmente un ruolo di grande importanza ed è necessario adeguarsi
ad un regime adatto per lunghi mesi per poter rieducare l’intestino
crasso. Le
cause del fenomeno di stipsi sono molte: una secrezione biliare
difficoltosa, un’alimentazione non adatta, un eccessivo consumo di
carne rossa che facilita la fermentazione, il pane bianco, l’alcol,
numerosi farmaci che asciugano le pareti intestinali o le irritano,
l’abuso di lassativi, soprattutto di quelli molto saturi di sale.
Si dilata e si gonfia quando non ossida in modo sufficiente le scorie
da evacuare. Il soggetto sarà spesso linfatico, gli mancherà quindi
l’energia e avrà una tendenza alle ulcere varicose e in seguito
alle metastasi intestinali; è fondamentale seguire un’alimentazione
ricca di oligoelementi per permettere una migliore ossigenazione del
sangue che provocherà l’ossidazione delle scorie. Si notano spesso
cause psicologiche in persone che, in occasione di un viaggio devono
cambiare le loro abitudini: questo porta a una stitichezza che può
durare anche parecchi giorni. Anche persone introverse, chiuse,
incapaci di lasciarsi andare, di confidarsi in modo tale da scaricare
un po’ delle preoccupazioni soffrono spesso di stitichezza. Questo
si può verificare anche con altri problemi, e mette in evidenza il
rapporto esistente tra la funzione psichica di eliminazione e la
stessa funzione organica. La
sua funzionalità verrà visualizzata intorno alle pieghe della
bocca. Dilatazione dell’addome e del bacino. Viso bianco e dilatato
verso il basso. Ventre gonfio dopo i pasti. L’alimentazione da
eliminare e comportamenti da adottare: carni troppo cotte, farinacei,
grassi e burro fritto, eccesso di sale, non bere durante i pasti.
Regime consigliato: cipolla, dente di leone, porro, sedano, riso
integrale e grano saraceno.


ontro
la stipsi: alghe, ciliegie, cocomero, porro, prugne, uva, olio di
oliva (al mattino a digiuno).
Per
drenarlo: cereali, fichi, sale di potassio.
Per una
migliore eliminazione: cloruro di magnesio.
Migliora con il sapore piccante. La zona di massaggio sarà la
vertebra lombare 4 (L4: stitichezza, infezioni cutanee, colite). La
sua massima espressione energetica sarà tra le ore 5 e le ore 7
mentre la fase di riposo avviene tra le 17.00 e 19.00. L’identikit
di chi soffre di stipsi è particolare: appare sempre come un
personaggio indaffarato, occupato anche quando non è necessario; nel
lavoro, poi, “troppo” attento, disciplinato, eccessivamente
severo, volitivo, scrupoloso, selettivo e meticoloso, un “super”
bravo che ha perso la sua “regolarità”… nel vivere quotidiano
però si sente spento, bloccato, timoroso di mostrarsi come è
realmente: è importante ricordare che “dare” può essere un
gesto generoso ma è anche un modo di esporsi, sentirsi indifesi,
evidenziare la propria vulnerabilità e “debolezze”. La
stipsi s’inchina davanti alle verdure cotte o crude, bevendo
qualche litro di acqua perché facilita il lavoro dell’intestino,
al consumo di legumi e cereali integrali stimolano il movimento
intestinale, a qualche caffè perché può aiutare la peristalsi
intestinale e assumendo, soprattutto, al mattino frutta cotta … ma
prima di iniziare la colazione un bel bicchiere d’acqua
… limitare i prodotti lattiero caseari (a parte lo yogurt
probiotico che con i suoi fermenti riesce a riequilibrare la flora
intestinale), perché fermentando producono gas e rallentamento della
peristalsi … il latte, infatti, può causare dolori e gonfiore … prova,
inoltre, a far bollire qualche fico essiccato, scioglilo nel liquido
e bevi due o tre tazze durante la giornata: può essere davvero
fantastico!!!

FEGATO…
il grande alchimista.
Il
fegato essendo collegato con la rabbia ci parla dell’incapacità di
metabolizzare l’ira: pezzi di un vissuto e di ricordi non smaltiti
nel tempo.

olte
persone sofferenti di disturbi epatobiliari sostengono di non avere
problemi al fegato. Per riuscire a comprendere in quali condizioni si
trova questo organo vitale, è necessario comprendere alcuni sintomi.
Il fegato è uno degli organi della digestione. Agisce
come filtro tra lo stomaco e il cuore. La sua azione è molto
importante nella formazione del sangue e nella trasformazione dei
protidi (proteine) e dei lipidi (grassi).
Esso
neutralizza anche sostanze nocive e produce enzimi, ormoni, vitamine
e, naturalmente, è legato alla formazione della bile. Senza di esso
gli alimenti non si adatterebbero ai bisogni delle nostre cellule e
l’organismo si intossicherebbe.
Inoltre neutralizza molti degli elementi tossici contenuti nei
medicinali. Da questo possiamo comprendere che vi è una notevole
quantità di alimenti e farmaci che colpiscono il fegato. I disturbi
che lo riguardano sono l’epatite, gli itteri (accumulo di elementi
biliari nel sangue), la cirrosi, le litiasi biliari (formazione o
presenza di calcoli), le coliche epatiche. Ma
vi sono anche disturbi indiretti con conseguenze sulla digestione, il
meteorismo, i bruciori di stomaco, le anemie, le carenze di sali
minerali, l’obesità o il dimagrimento. Anche l’ipertensione, i
disturbi della vista e dell’udito, l’artrite, l’artrosi,
l’asma, i raffreddori da pollini, i reumatismi, le emorroidi, la
tubercolosi e il cancro sono spesso legati indirettamente al
complesso formato dal fegato e la cistifellea.
Quando vi è una disfunzione del fegato, il colorito è giallo -
verde e il soggetto avrà mal di testa, meteorismo e gonfiori,
capogiri e risvegli verso le prime ore del mattino. Ai numerosi
alimenti proibiti nel quadro clinico che riguarda la cistifellea,
bisogna aggiungere il cioccolato, il pane bianco, il caffelatte, che
è un vero veleno, un consumo eccessivo di carne e naturalmente
l’alcol. Il
colesterolo, che erroneamente viene frequentemente attribuito alle
patologie cardiache e vascolari, è da imputarsi al fegato.
L’ipertensione
può provenire da una disfunzione del fegato e il malato rischia di
venir colpito da disturbi come l’infarto o determinate malattie
delle arterie. Quando non
riesce a compiere interamente il suo lavoro, sollecita il pancreas,
che si esaurisce e rende il soggetto vulnerabile alle malattie
infettive e ai disordini nervosi. Questo organo è quindi il grande
“chimico” dell’organismo. È
un organo dalla vitalità incredibile: è infatti capace di
ricostituirsi sette volte nel corso di una vita e può funzionare
anche se la sua porzione attiva è ridotta a un quinto.
Dopo la digestione di un pasto tutto il sangue degli intestini
penetra direttamente nel fegato. Questo tratterrà gli elementi
necessari e neutralizzerà le tossine che saranno eliminate
attraverso il suo secreto: la bile.


a
se il fegato non riesce a neutralizzare le tossine, la bile scorrerà
nell’intestino tenue carica di tossicità e provocherà, nel
migliore dei casi, il vomito.
La presenza di una eccessiva quantità di bile nell’intestino
disturba la digestione e provoca acuti dolori con presenza di gas e
di acidità che risalgono nello stomaco. Una bile troppo irritante e
troppo corrosiva viene immagazzinata temporaneamente nella
cistifellea che ha la funzione di neutralizzarla. Una delle
importanti attività del fegato è la suddivisione del glucosio che
permette l’azione muscolare. Numerosi incidenti muscolari,
soprattutto negli sportivi, nei quali l’intensità della
preparazione fisica non è stata accompagnata da un adeguato regime
alimentare, sono imputabili al fegato. Visualizzazioni
e segnali: viso tendente al verdastro, pelle giallastra e cuoio
capelluto grasso, risveglio verso l'una o le tre del mattino, crampi
ai polpacci, irritabilità, mal di testa che comincia alle tempie e
scende verso la nuca, artrite e artrosi, calcoli a livello della
vescica biliare, pelle che presenta macchie, difficoltà di
digestione e nausea. Cibi troppo piccanti o eccessivo consumo di
frutti di mare creano diarrea.
Gli ortaggi utile al benessere: carciofi (acqua delle foglie),
cipolla, limone, spinaci.; tutti i tipi cereali. Ingrossamento:
asparagi, carote, cicoria, denti di leone, olio di oliva, pompelmi,
ravanelli, ribes nero.
Congestione:
crescione e rapa (drenanti), sedano, uva spina.
Insufficienza
epatica: asparagi, carciofi, carote, gambi di sedano, limoni,
rabarbaro, ravanelli, soia.
Le controindicazioni saranno: burro, caffè, olio di semi, grassi,
zucchero. Per
riequilibrare la cistifellea: lievito di birra fresco. Ingorgo della
cistifellea: olio di oliva spremuto a freddo purissimo al mattino a
digiuno. Per i calcoli biliari: dente di leone, pomodori e uva.
Massaggiare, per mantenerlo in armonia, la vertebra dorsale 9 (D9:
tutti i disturbi epatici, dolore ai muscoli adduttori, dolore alla
minzione, dolore ai tendini, tendenza ai crampi muscolari). Il sapore
aspro stimola fegato e cistifellea. Il colore è il verde. Fornisce
il massimo dello sforzo energetico in primavera. Fegato
e cistifellea (raccoglie e “spruzza” la bile) non solo hanno un
legame con fenomeni di irascibilità e indignazione (rabbia, ira,
collera) ma segnalano anche coraggio, fermezza e speranza; sono
organi che possono incidere sulla vita emozionale di ogni soggetto
fornendo vivacità oppure possono spegnere la voglia di vivere
(amarezza, delusione, apatia, depressione).
Il
fegato si ammala quando:
- si
è tristi e rassegnati;
- troppo
vittimismo;
- rabbia
trattenuta, repressa;
- dipendenza
affettiva.
Una
SPINA nel fianco

i
sono emozioni intense ed invadenti che - a seguito di frustrazioni,
risentimenti, amarezza nei confronti delle situazioni o persone - non
si esauriscono proprio per niente in un semplice stato di eccitazione
mentale, ma provocano una violenta e debilitante reazione fisiologica
(reazioni nervose e ghiandolari: accelerazione del battito cardiaco,
aumento della pressione arteriosa, tensione muscolare, esantemi,
stanchezza, sudorazione, ulcera, insonnia, emicrania, problemi
tiroidei). Ogni
stato d’animo, volenti o nolenti, si traduce sempre in una
condizione fisica: un momento di felicità fa sentire leggeri,
un’emozione intensa accelera il battito cardiaco, uno stato di
tristezza opprime il petto o irradia nei muscoli una pesantezza che
ostacola il movimento.
Tale sollecitazione emotiva se permane per molto tempo
nell’organismo, oltre a far soffrire, silenziosamente intossica la
vita, modifica il comportamento, distrugge i rapporti affettivi, crea
insicurezza e lentamente spegne l’autostima. Si diventa vulnerabili
a livello cognitivo, la capacità di adattamento si sgretola,
mettendo continuamente in discussione le proprie abilità e capacità
nei rapporti sociali. Un
fenomeno davvero pericoloso quando sfugge al controllo, diventa
insistente, più forte di noi, si trasforma in rancore, legarsi al
dito una vicenda, e dura al di là dell’evento che può averlo
scatenato. Soggetti che
prendono fuoco facilmente, si usava dire un tempo, con la “miccia”
assai corta. Quanto affermato può essere tranquillamente verificato
nelle vicende di cronaca nera. Se, ad esempio, ascoltiamo
attentamente le interviste fatte ai vicini, agli amici o ai parenti
del “mostro sbattuto in prima pagina” i contenuti appaiono sempre
positivi, scontati e nettamente in contrasto con il gesto avventato
commesso dal soggetto: era una persona a modo, sempre con un
atteggiamento benevolo, gentile, educata, silenziosa, anche se un po’
schiva, ma molto, molto buona e tranquilla. In
realtà, per i più attenti, non è mai stato un individuo sereno e
tranquillo ma sempre in tensione, taciturno, schivo, trattenuto,
controllato, con una vita compressa, che ribolle come un vulcano in
piena attività. Un
personaggio che accumula, nel tempo, tanta tensione senza mai
riuscire ad incanalarla e utilizzarla in maniera produttiva.
Quando un individuo non riesce a fare quello che desidera, a
realizzare le cose che si è prefissato (sviluppa aggressività,
diventa una vera e propria polveriera), ovviamente in base ai suoi
schemi mentali (secondo una logica difettosa), si scaglia
furiosamente su tali situazioni frustranti per ottenere in qualche
modo, a torto o ragione, attraverso anche la violenza fisica,
“soddisfazione” o “giustizia”.
E’ una battaglia persa in partenza, un conflitto inevitabile per
gli individui rigidi, incapaci di adattabilità, in quanto il mondo
non sarà mai come lo si vuole e secondo le proprie aspettative. La
vita con questo soggetto, spesso, sempre ipercritico e con la cura
esasperata sui dettagli, diventa difficile e conflittuale perché
crea, nell’interlocutore disagio, una diffusa sensazione di
imperfezione e una profonda insicurezza. Sono moltissimi i termini
linguistici che si riferiscono a questa condizione emotiva (ira,
collera, furore), la rabbia comunque è quella che descrive in
maniera più appropriata questa reazione psicosomatica intensa. La
rabbia stimola l’attivazione del tessuto muscolare e se per qualche
ragione l’attività viene “soffocata” il muscolo rimane in
tensione. Questo meccanismo spiega l’origine di molte fastidiose
contrazioni alle spalle, al collo, allo stomaco, alla mascella e alla
zona sacrale. E’ un
fenomeno che ha radici sia biologiche (la frequenza è connessa al
testosterone) sia culturali: il bambino che piange viene additato
come una femminuccia, la bambina che si infuria, invece, viene
immediatamente richiamata all’ordine perché tale reazione
“negativa” contrasta con l’immagine sociale della donna debole,
dolce e materna. Non è la rabbia in sé altamente pericolosa, bensì
quella non espressa (repressa o trattenuta). Così, a seguito di
continue repressioni, di contrarietà mai espresse, di grandi litigi
senza mai sbottare, improvvisamente, basta un nonnulla, una semplice
banalità, per “eruttare”.


a
rabbia esplosiva, quella paralizzante, è una modalità espressiva
impropria che, paradossalmente, permette di farsi “sentire”, di
“affermarsi”, diventa una protesta e una rivendicazione in chiave
violenta verso un ambiente insensibile, sordo e cieco, vissuto,
sempre dal soggetto, come ostile, ingiusto e conflittuale.
La manifestazione più specifica di questo fenomeno è il
risentimento che si sviluppa in genere in funzione a un senso di
ingiustizia diffuso a fronte delle responsabilità e degli sforzi
eccessivi di cui spesso, il soggetto, più di altri, si fa carico. E’
un sottofondo emotivo accompagnato sempre da un atteggiamento di
critica (irritazione, sfuriata, mutismo, rimprovero, fastidio,
disappunto, odiosità) verso le situazioni e la gente in generale.
Assume caratteristiche evidenti quando la si ritiene giustificata, ed
è proprio in questa circostanza che può concretizzarsi in una forma
davvero violenta. Al di là degli aspetti patologici, la rabbia, con
la sua forza propulsiva, sapientemente gestita, rende efficienti, può
offrire infinite opportunità, aprire altre porte, percepire nuove
occasioni, cambiare la propria vita che, senza la sua spinta
aggressiva, non si avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Questo
sentimento, portato agli estremi (cattiva gestione), se permane a
lungo nell’organismo, secondo la medicina cinese, provoca un
ristagno di energia nel fegato e, quindi, un forte dolore al fianco
destro (“spina” nel fianco).
Quando si usa, invece, un atteggiamento ripetutamente esplosivo verso
l’ambiente circostante, si sottrae energia necessaria al
funzionamento di tale organo. Questa modalità reattiva,
particolarmente impulsiva ed ingestibile, oltre a segnalare
difficoltà di ordine emotivo, può predisporre la ghiandola epatica
a varie patologie. Prepara e facilita, nel tempo, un terreno adatto
per disfunzioni e malattie più o meno degenerative. Saper gestire,
pertanto, in maniera appropriata anche le manifestazioni di rabbia
aiuterà a mantenere in ottima salute questo organo così prezioso al
nostro benessere. La
rabbia triste viene raccontata dal fegato con una forte rassegnazione
e una profonda amarezza. Ricorda
che il fegato ha bisogno di piccoli bocconi semplici e leggeri, non
di esagerazioni, per riprendersi sono necessarie buone vitamine (C e
gruppo B), quindi, frutta (lontano dai pasti) e verdura fresca a 'volontà' … bandire alcolici, limitare caffè e cioccolato, molluschi
e crostacei.
SAPEVATE
che... la vitamina B1 e la vitamina C sostengono e proteggono il
fegato ... la vitamina B3 e lo Zinco lo disintossicano.


in
dalla nascita, l’uomo mangia non soltanto per vivere: su questo
atto biologico si radicano fattori emozionali e sociali che rendono
indissolubili gli aspetti fisiologici e psicologici dal comportamento
alimentare. Il primo contatto sociale, infatti, consiste nel ricevere
il nutrimento. Si ottiene in questo modo la
soddisfazione della fame, conforto, gratificazione dei bisogni e dei
desideri; più tardi, man mano che si cresce, insorge la possibilità
di opporsi, di non ricevere, di rifiutare, di sputare il cibo e,
infine, con la dentizione, di mordere. Il bambino quindi porterà
alla bocca e inghiottirà tutto ciò che gli sembra “buono”,
desiderabile, suscettibile di soddisfare i bisogni, rifiutando e
sputando ciò che considera “cattivo”. Soddisfare la fame produce
un sentimento di sicurezza e di benessere; nell’allattamento il
bambino prova il primo sollievo dal disagio fisico, e il contatto
“caloroso” con la pelle della madre
gli dà la sensazione di essere amato. Inoltre,
durante l’allattamento egli sperimenta sensazioni piacevoli nella
bocca, nelle labbra e sulla lingua, che poi cercherà di produrre, in
assenza della madre, succhiandosi il dito. Per certi versi è
possibile affermare che la relazione tra madre e bambino è ancora
più importante del metodo di alimentazione. Fattori, comunque, quali
amore e attenzione insufficienti, disattenzione, alimentazione
frettolosa suscitano il primo sentimento di aggressività.
Tali reazioni conflittuali provocano esperienze vegetative. Da una
parte l’organismo del bambino è pronto ad assumere il cibo,
dall’altro la persona che accudisce viene respinta. In questa
condizione si creano stimolazioni nervose negative con crampi allo
stomaco e vomito, che possono predisporre a un vero e proprio disagio
psicosomatico. Alcuni studi recenti affermano che le pause per il
caffè abituali negli uffici e in altri ambienti lavorativi non hanno
la finalità di soddisfare un bisogno calorico ma piuttosto quello di
alleviare l’irrequietezza collegata a quella situazione particolare
del momento, esattamente come il bambino collega l’esperienza della
poppata al sollievo del disagio fisico. L’atto
del mangiare è in realtà molto adatto a far rivivere umori e
sentimenti provati in passato in un’atmosfera simile. Abbiamo visto
che la funzione alimentare, per quanto essenziale, non è tutta
quanta innata, ma ha bisogno di essere formata, e ciò equivale a
dire che tale funzione può essere deviata dalla propria destinazione
originaria (sublimata), qualora la
formazione in questione sia mal condotta.

’ come se i
bulimici non fossero capaci di avvertire la sazietà, come se
continuassero a mangiare pur essendo da un pezzo sazi. Mangiano
dunque per altre ragioni che non per la soddisfazione dei loro
bisogni fisiologici, per lo più per ragioni d’ordine emozionale.
Quando non si risponde in maniera adeguata ai
messaggi alimentari si perde la capacità di discriminare fame e
sazietà. Vi sono madri che alimentano il proprio figlio tutte le
volte che piange, proprio perché sono incapaci di immaginare altri
bisogni. Il rapporto madre – figlio, quindi, svolge sicuramente un
ruolo importante nello sviluppo (almeno in buona parte) della
sintomatologia bulimica. Si crea in tal modo il nesso simbolico in
cui il cibo rappresenta amore, sicurezza e soddisfazione del bisogno;
nel bulimico il cibo sarà utilizzato in maniera inadeguata ed
esagerata allo scopo di risolvere tutti i problemi della sua
esistenza. In età adulta, quello che per alcune persone è un “buco
nero”, per altre è un “vuoto incolmabile” e mangiare diventa
l’unico modo per riempirlo o riempirsi, per non sentire il vuoto
affettivo e relazionale circostante. Quando è una carenza
affettiva ad aver segnato e caratterizzato l’infanzia, quando non
si riesce a percepire il calore e l’amore di chi sta attorno,
ingerire una grande quantità di cibo è un modo per “scaldarsi”
e gratificarsi. L’attacco bulimico si distingue da un eccesso di
fame o di “golosità” in quanto l’individuo sembra da un lato
non percepire un vero e proprio stimolo di fame, dall’altro non
discriminare, in quel frangente, i diversi sapori dei cibi che sta
mangiando. Le sostanze più svariate vengono così consumate insieme,
dando luogo ad un tentativo di soddisfare questa “fame
insaziabile”, tutto ciò avviene generalmente in casa, in assenza
di qualunque altra persona, o al limite di nascosto. Tale
atto segue un forte senso di colpa (che si caratterizza nella paura
di ingrassare) e il bisogno di espellere il cibo introdotto. Compare
allora il vomito, quale tentativo di liberarsi di un cibo dapprima
indispensabile poi riconosciuto come “tossico”.
a
bulimia è una forma di compulsione che induce chi ne soffre a
mangiare a dismisura o, in casi peggiori, a inghiottire tutto ciò
che gli passa sotto gli occhi, senza distinzione. In brevissimo tempo
vengono ingurgitati enormi quantitativi di cibo al alto contenuto
calorico. A tutto ciò segue, in genere, vomito autoindotto, abuso di
lassativi e di diuretici. Queste grandi mangiate sono spesso
pianificate o fanno parte di un rituale quotidiano. Dopo un breve
periodo di particolare soddisfazione, questo fenomeno è seguito da
forti tensioni interiori e da profondi sentimenti di colpa e di
vergogna. I disturbi dell’alimentazione hanno a che fare, come già
menzionato più volte, con il contatto, il nutrimento, la relazione
con il proprio ambiente ma, soprattutto, con la rabbia, la delusione,
il dolore; è un segnale rivolto direttamente a qualcuno o qualcosa,
difficile da decifrare. Non è ancora ben chiaro il numero
preciso dei casi, la cifra sommersa sembra piuttosto elevata. Il
decorso abituale è cronico e intermittente su un arco di molti anni.
Di solito le abbuffate si alternano con periodi di alimentazione
normale e di digiuno. Alcune persone sono soggette a intermittenti
abusi di sostanze, più frequentemente barbiturici, anfetamine o
alcol. Altre persone possono manifestare grande apprensione per la
loro immagine corporea e il loro aspetto, frequentemente in relazione
con la mancanza di attrattiva sessuale; tale inquietudine è
focalizzata su come gli altri possono vederli e su come possono
reagire nei loro confronti. La bulimia raramente inabilita, se si
eccettuano alcuni individui che passano l’intera giornata dietro
alle loro abbuffate e al vomito autoindotto. La
maggior parte delle complicanze fisiche deriva dal comportamento di
“eliminazione” e di “purificazione”. Il vomito autoindotto
porta all’erosione dello smalto dei denti incisivi e all’ipertrofia
dolorosa delle ghiandole salivari. A volte si crea ipopotassiemia
particolarmente grave. L’abuso di lassativi e diuretici può
provocare squilibri elettrolitici ed edema; il vomito di succhi
gastrici provoca esofagite, lesioni dentali, ingrossamento cronico
della parotide. La masticazione frequente induce ipertrofia del
massetere che conferisce tratti facciali caratteristici. Completano
il quadro somatico la distensione dello stomaco, stipsi conseguente
all’abuso di lassativi e disturbi mestruali. Cosa
fare. L’aspetto fondamentale nel trattamento della bulimia è
la personalizzazione del programma terapeutico (ogni caso è unico ed
irripetibile). Concomitanti disagi emotivi, come tratti depressivi,
disturbi della personalità, l’abuso di sostanze, dovrebbero sempre
rientrare nel piano di intervento globale. L’approccio terapeutico
a questo particolare disagio, certamente non facile, prevede spesso
interventi integrati ma, soprattutto, un aiuto esterno sapiente e
qualificato.
oiché chi vive questa difficoltà
appartiene ad un gruppo sociale in cui il livello di confusione e
contrapposizione è molto forte, gli obiettivi terapeutici sono
rivolti a favorire la definizione dei confini generazionali,
separazione e differenziazione dei membri di tale sistema (definire i
ruoli). In realtà si cerca di
promuovere lo sviluppo del processo di autonomia (indipendenza),
rafforzare quelle parti della personalità indebolite ed aumentare il
livello di autostima. Sarà indispensabile elaborare,
successivamente, le tematiche collegate alla dipendenza, alla
simbiosi e all’aggressività. Riassumendo, come per l'anoressia, la
psicoterapia individuale di natura espressivo – supportiva è la
pietra miliare del trattamento bulimico. Anche gli interventi sulla
famiglia sotto forma di sostegno e di educazione sono in genere
necessari per rafforzare la terapia individuale. Ogni trattamento, al
di là dei vari orientamenti scientifici, deve sempre armonizzare, se
non si vuole fallire, con gli interessi e il sistema di credenze del
paziente. Le tecniche ipnotiche, abbinate a
terapie psicoterapiche, saranno di estrema utilità per rilassare
alcuni distretti corporei, riequilibrare a livello biochimico
l’organismo e stimolare, nel contempo, i contenuti profondi in modo
tale che essi abbiano la possibilità di esprimersi attraverso il
variegato linguaggio delle immagini.
l
suo vomito segnala il rifiuto di cose, situazioni o persone è
un'opposizione a idee nuove… si è nauseati e disgustati … non
riesce proprio a digerire gli eventi della vita: preoccupazioni,
fastidi e contrarietà. Bisogno
di grande attenzione e, contemporaneamente, timore di non esserne
degni; un
continuo oscillare tra desiderio di dipendenza (abbuffate) e la
difficoltà di rendersi autonomi (vomito) rende nemica la tavola.
Colite
ndica
un dolore addominale, un forte “mal di pancia” causato da
contrazioni che aumentano in situazioni di stress, di forti livelli
d'ansia - non sempre caratterizzato da infiammazione - accompagnato
da diarrea alternata a stipsi. Il soggetto si sente paralizzato e
continuamente sotto attacco, alle prese con tensioni sottili, a volte
impalpabili, ma che questo organo inesorabilmente registra. Poiché è
il luogo in cui vengono assorbiti liquidi e carboidrati riguarderà
anche la capacità di trattenere a proprio vantaggio il contenuto di
un’esperienza o lasciare andare ciò di cui non si ha bisogno o
risulta non più necessario. Un
fenomeno che ruota intorno al dare e al ricevere.
E’
il luogo in cui si prepara l’espulsione delle sostanze ancora non
digerite … ma anche una zona in cui sono espressi i vari blocchi e
ingorghi mentali. I “brontolii” della pancia, quindi, altro non
sono che una energica protesta del mondo emotivo a cui non si presta
molta attenzione.
iarrea.
La diarrea funzionale è spesso scatenata da angoscia acuta o da
eccessiva tensione … non si vuole trattenere nulla del passato. Il
problema si manifesta in quelle persone molto sensibili, con poca
autostima, caratterizzate da un profondo timore dell’autorità e da
un forte sentimento di dipendenza impotente. Si sentono diverse, di
poco valore e svantaggiate rispetto ad altri, perennemente sottoposti
a richieste eccessive e, quindi, sviluppano la sensazione di essere
prigionieri in molte situazioni della vita. Individui che soccombono
alle paure anziché affrontarle … rifiutano a priori idee,
situazioni e ciò che magari può essere buono. Il soggetto,
“lasciando uscire” velocemente, il contenuto intestinale -
essendo tale “scarica” considerata una forma infantile di
“regalo” - spera di ottenere, attraverso il corpo, riconoscimento
e considerazione.

tipsi
(costipazione). E' un fenomeno fisiologico generalmente legato allo
scambio, al "trattenere", non dare nulla di sé,
all'eccessiva prudenza (paura degli altri), ad una robusta chiusura
difensiva (minacciati deprivati e invasi dall’ambiente), anche se
spesso sono soggetti che tendono a dare il massimo in ogni occasione
... tendono a rimanere ancorati alle cose passate.
La defecazione, infatti, è un processo che si svolge in modo
riflesso ma, come tutti sanno, può essere influenzato dalla volontà
… l’impulso a defecare (chiusura o apertura), quando l’ampolla
rettale è piena, è sotto il controllo della volontà. Schemi
mentali caratterizzati da eccessiva autosufficienza che portano
dritti dritti all’isolamento più totale. E' un fenomeno che si
manifesta in soggetti con tratti ansio
- depressivi che,
nonostante la maschera di beati, sono internamenti tesi, scoraggiati,
abbattuti e con enorme difficoltà relazionale. Diarrea
e stipsi sono la spia organica del livello d'ansia. Figura indecisa,
immatura e sempre estremamente preoccupata di evitare conflittualità.
Generalmente brillante, sensibile ed emotivamente labile ... per lui
scoppiare in lacrime è davvero facile.
I
disturbi dell'apparato digerente sono collegati al terzo Chakra
(legami tra responsabilità e l'immagine di sé, rabbia, voglia di
controllare gli altri). 1° Chakra (tensione area sicurezza; diarrea;
crede di non essere stato nutrito dalla figura di riferimento)1°
Chakra (diarrea e stitichezza). 2° Chakra (infiammazione,
sessualità, cibo; rifiuta le emozioni e ciò che il corpo vuole). 3°
Chakra (febbre alta). 4° Chakra (con melena).
Emorroidi

ono
varici (vene dilatate e tortuose) ano – rettali localizzate
all’interno o all’esterno dell'orifizio. La loro uscita è
favorita da condizioni di stipsi e di diarrea … ruota attorno al
tema dello spingere “fuori”, del “lasciare la presa”. E’ un
fenomeno presente in persone che vivono un eccessivo senso di
pressione sociale o di impegni esistenziali che non piacciono più e,
quindi, sono costantemente sotto tensione e sforzo continuo (nel
lavoro e nella vita). Uno stato di tensione che favorisce
indignazione, collera, rancore, senso di impotenza e di colpa. E’
una patologia caratterizzata dalla dilatazione e dallo sfiancamento
di un gruppo di vene, strettamente collegate tra loro, situate a
livello del retto dell’ano. Le vene dilatate e tortuose (varicose)
si classificano in interne ed esterne, cioè che fuoriescono
dall’orifizio anale. Sono favorite da eccessivi sforzi durante la
defecazione in soggetti stitici, da sollevamento di pesi e gravidanza
(aumentata pressione sulle vene di retto e ano). Le donne comunque,
dopo la nascita del figlio, guariscono solitamente dopo circa tre
quattro mesi, quando l’organismo non ha più lo stress di dover
trasportare il feto. Il sintomo principale in
caso di emorroidi è una perdita di sangue (colore rosso brillante,
liquido e privo di coaguli) a ogni emissione di feci, associata a
bruciore, dolore e senso di peso rettale. A causa dell’irritazione
della zona interessata può manifestarsi anche un fastidioso prurito.
Una possibile complicanza è il cosiddetto prolasso emorroidario,
determinato dalla protrusione di un’emorroide interna oltre il
canale anale. Possono verificarsi in qualsiasi periodo della
vita, ma sono più frequenti con il passare degli anni. Le emorroidi
simboleggiano qualcosa che, come nel caso dell’ernia iatale o
dell’ernia inguinale, sta uscendo dalla sua sede. Me se nell’ernia
iatale ciò che il viscere – stomaco rappresenta va verso l’alto,
tentando di farsi sentire a livello razionale, nelle emorroidi,
invece, la mucosa anale, che prolassa verso l’esterno, con i suoi
contenuti simbolici, va invece verso il basso, sfugge ancora di più
alla coscienza: si tratta di contenuti che
proprio non vogliono essere presi in considerazione.
Ovviamente, sono pulsioni profonde, legate perlopiù al mondo degli
istinti (atti, fantasie, desideri) a una sessualità non vissuta o
vissuta all’interno di un forte conflitto morale, dove è giudicata
“sporca”, come qualcosa di cui vergognarsi e da allontanare al
più presto; ma può trattarsi anche di un
dolore profondo, viscerale appunto, legato a un lutto, ad una
separazione, che vuole essere controllato e subito spinto via, spinto
fuori, prima ancora di essere elaborato.
’emorroide esprime
quindi, in questo caso, il rifiuto di un dolore troppo grande, di una
sofferenza insostenibile che “non ci sta dentro”. Quando si
collega alla stipsi, il tema dello “spingere fuori” è correlato
al trattenere tipico della persona stitica, e in tal caso le
emorroidi “compensano” le feci mancanti. Esse tuttavia possono
avere anche una valenza difensiva nei confronti dell’ambiente
circostante: soprattutto nella donna, quando si sente minacciata dal
forte desiderio sessuale del partner o, più in generale, quando
sente di poter essere invasa da eventi più grandi di lei. Qui le
emorroidi indicano il bisogno di “chiudere” il passaggio
simbolico di entrata, mettendo un ostacolo alle insidie che giungono
dall’esterno. In altri casi ancora, tale disturbo segnala una stasi
esistenziale; associato a un eccesso di sedentarietà, indica che si
sta “covando” troppo qualcosa che si ha dentro: un progetto,
un’energia, un desiderio. Quando sanguinano
possono avere due valenze: la prima, legata alla sessualità e alla
morale, riguarda l’espiazione, ed è una sorta di autopunizione; la
seconda riguarda invece un grande dolore vissuto, e indica il pianto:
lacerazione affettiva profonda, nascosta agli altri e anche alla
propria coscienza.
hi
è a rischio. Persone che tentano in
tutti i modi di occultare le emozioni profonde (è ovvio che anche il
soggetto il più delle volte non ne ha consapevolezza), soprattutto
quelle negative; Persone sottoposte a pressioni dall’esterno che
però intimamente rifiutano, alle quali di solito dicono di “no”
attraverso un malessere fisico; Persone particolarmente soggette ai
sensi di colpa dai quali non riescono mai a liberarsi del tutto;
persone che temono, oppure giudicano peccaminose, le fantasie
sessuali molto spinte proprie e/o del partner; persone con tendenza
al pensiero ossessivo, alla logorrea e alla stitichezza, tre aspetti
spesso compresenti. 1° Chakra.
Problemi
alle emorroidi, un succo di: ciliegia, more e mirtilli può aiutare.
Gastrite

nfiammazione
della mucosa dello stomaco. L’associazione tra gastrite e stress è
ormai da tempo accertata … è un organo molto sensibile alle
sollecitazioni di tipo emotivo e mentale: non gli sfugge mai nulla.
Fame di amore, affetto, considerazione, paura, impulsività, stima,
rispetto possono provocare un aumento della secrezione gastrica,
proprio come la fame di cibo. L’uomo
non manda giù soltanto pane e companatico, egli inghiottisce anche
eventi, cambiamenti, umiliazioni, delusioni. In questi casi,
lo stomaco si comporta come se dovesse realmente digerire ogni cosa,
come se stesse di fronte all’ingestione di un pasto reale. Produce
dunque il suo acido cloridrico, che in questo frangente è una
sostanza non necessaria, la quale col tempo attacca completamente la
mucosa. La mucosa dello stomaco si infiamma e auto – corrode … i
conflitti aperti o nascosti si manifestano attraverso i disturbi
dello stomaco. La gastrite, attraverso questo meccanismo, è una
sorta di “autocombustione” … lo stomaco mangia se stesso. La
persona con questo disturbo si sente completamente logorata perché
sta lottando, senza riuscire a gestire la situazione, contro qualcosa
che non vuole più … non si sente libera di
agire, accumula rabbia e tensione. 2° Chakra: controllo eccessivo,
libertà limitata; difficoltà ad essere se stessi.
Quella
FAME irresistibile
i
perde peso quando si ricomincia a vivere; la strategia vincente per
placare la fame è quella dell’equilibrio e del divertimento: non
confondere mai il bisogno di nutrimento con il bisogno di affetto e
considerazione; un vuoto “affettivo” e mentale riempito di cibo è
condannato al “silenzio”. Il cibo - sostituendosi al piacere
libidico - compensa la mancanza di erotismo. Si
dimagrisce in modo duraturo solo quando si è “leggeri”, messa in
moto la vita: piccole soddisfazioni e follie, interessi ed entusiasmo
… se torna la gioia di
vivere si perde peso … si ingrassa quando si dipende da una
mentalità rigida e statica; cose che ingrassano: noia, abitudine,
routine, rassegnazione, illusioni, lamento, vittimismo … far fluire
rabbia e sconforto aiuta a non compensare con il cibo: sfogarsi col
cibo.
el
sesto canto della Divina Commedia, Dante Alighieri poco clemente,
posiziona nella terza cerchia dell’Inferno i peccatori di gola,
costretti ad ingoiare la fanghiglia generata da una incessante
pioggia fredda e nera. La condanna per questo desiderio di
ingurgitare più di quanto l’individuo necessita, arriva anche dal
cristianesimo. Tale ordine religioso includeva la “gola” fra i
sette peccati capitali, ma poiché questa attività “peccaminosa”
era legata al cibo, ciò la rendeva in qualche modo meno grave degli
altri. Essendo però una passione per il piacere, un’incapacità di
moderarsi nell’oralità, un esempio di sfrenatezza e di lascività,
temeva potesse distogliere l’individuo dalle sue vere potenzialità
di autorealizzazione; fosse, in breve, un soggetto molto sensibile,
influenzabile e più vulnerabile alle tentazioni. Riteneva, in
realtà, che tale fenomeno potesse ingabbiare la psiche e creasse
confusione mentale all’individuo, esponendolo al vizio e lo
lasciasse completamente in balia delle insidie esistenziali. Tornando
ai tempi nostri, forse il motivo principale del soprappeso,
metabolismo permettendo, è proprio l’opposto: la
perdita del piacere, della gratificazione e della gioia di vivere.
Il più
delle volte ci rimpinziamo per compensare il bisogno costante di
tenerezza, di protezione, di disistima, di incomprensione, di
disperazione … il corpo “allargandosi” cerca di tappare quel
vuoto emotivo da sempre incolmabile. Sono i disagi esistenziali che
creano i chili di troppo: la vita piatta e noiosa, le delusioni,
l’insicurezza, l’insoddisfazione sessuale, l’incubo della
vecchiaia, il peso del quotidiano, i drammi professionali e,
soprattutto, le profonde “ferite al cuore”.

a “lievitazione” corporea nasce, quasi sempre, dalla
disperazione, dalla disistima, da una vita bloccata, spenta e poco
gratificante … le
emozioni “soffocate” si fanno “pesanti”, deformano lentamente
il corpo e la mente.
Un’esistenza
deludente che crea una inutile e ingombrante “zavorra”: il corpo
si riempie se la vita è vuota, si gonfia di illusioni e di desideri
inappagati. A scatenare un
comportamento alimentare sbagliato e distruttivo può essere un
evento sconvolgente carico di stress, come una relazione amorosa
tormentata, il timore di prendere decisioni, la paura di affrontare i
cambiamenti evolutivi o un’attività lavorativa non completamente
soddisfacente … abitudini mentali che portano direttamente al
soprappeso. Il
cibo placa i timori, gestisce l’ansia, scarica la rabbia da
litigio, tiene a freno “altri appetiti” e, spesso, riempie il
vuoto esistenziale: più ci riempiamo e più ci svuotiamo … dal
senso di colpa. La
fame compulsiva, ribelle, ostinata, subdola, gonfia lo stomaco ma non
lo “riempie” perché il vuoto è da un’altra parte … bisogna
dare alla propria vita il “peso” giusto e il gusto della
“leggerezza”. Non è
del companatico che siamo carenti: ci mancano i sogni, i desideri,
gli obiettivi e le novità …
non c’è più avventura, abbiamo bisogno di “nutrirci” di nuovi
stimoli; non servono i sacrifici per mantenere un fisico statuario ma
una giusta carica. Al cibo
è difficile rinunciarci perché, oltre ad essere un buon anestetico,
è un ottimo tappabuchi relativamente poco costoso, facilmente
raggiungibile e con effetto immediato: diventa
la piccola droga quotidiana.
La fame nervosa non nasce mai dallo stomaco ma dalla mente: gli
atteggiamenti mentali e gli stili di vita errati la fanno da padroni.
Un conflitto psichico (depressione mascherata, ansia, compulsione)
spostato completamente sul cibo e sulla propria immagine in cui si
annulla nel grasso la propria forza creatrice. Si rischia di essere
“ostaggio” del cibo quando: ci
si lamenta in continuazione ma non si reagisce mai, si dipende
emotivamente dagli altri, si scappa dalle responsabilità e si
rimanda ogni cosa, si ha una cattiva considerazione di se stessi (non
valere nulla, disistima), si cova rabbia senza esprimerla.


osa
fare. Il
segreto principale per scacciare dalla mente i “bocconi amari” è
favorire l’eccitazione, coltivare i propri desideri, risvegliare la
gioia e riaccendere la passione per la vita (chi si innamora
dimentica il cibo).
I
piccoli gesti quotidiani gioiosi, infatti, oltre ad innescare
profondi cambiamenti interiori, rendono la mente molto ricettiva, più
riflessiva e libera. Fare le cose che piacciono, inoltre, senza
vincolarsi ai modi di fare altrui, fa sentire bene, rende
indipendenti, unici e allontana i sensi di colpa.
Si può togliere cibo dalla dispensa solo se rompiamo le abitudini
mentali che portano al soprappeso, se riscopriamo il piacere nei
gesti quotidiani ed eliminiamo, il più possibile, tutte le fonti di
tensioni che condizionano la libertà, l’autonomia, la novità e
l’entusiasmo … in
questo modo la vita appesantita e ristretta, pian piano, prenderà il
volo, ritrovando finalmente la sua “forma" ideale.
Attività fisica (sport vicino alle nostre esigenze, senza fatiche),
un’alimentazione sana, imparare a dire di no, inserire nella vita
quotidiana azioni piacevoli, evitare di farsi assorbire da certe
atmosfere svalutative e critiche inutili, meno rapporti pesanti e
relazioni - gabbia, sono tutti ingredienti ed esercizi antifame
indispensabili per innescare un potente e fantastico meccanismo
dimagrante. Si
dimagrisce perché dentro scatta qualcosa … la vita allora diventa
“movimentata”, ci si sente davvero più vivi che mai. …
fastidio, insoddisfazione, dubbi, amarezza e stress sono tutti stati
emotivi che sono “affamati” di anestetici … di cibo continuo!!!
ATTENTI, il piacere e le piccole gioie che non si trovano nel
quotidiano si cercano poi di sera nel frigo o svuotando completamente
la dispensa di nascosto.


CHILI di troppo non sono solo un problema sociale o sanitario, ma
coinvolgono SEMPRE quel mondo emozionale che non si riesce MAI a
manifestare liberamente e apertamente, esprimere spontaneamente e
direttamente all’esterno i propri sentimenti; la ”famosa”
stramangiata, infatti, cerca di neutralizzare le arrabbiature e i
dissidi quotidiani, addolcire una vita piena di sacrifici, di
autolimitazioni e di continue insoddisfazioni, smantellare quelle
relazioni affettive deludenti, quel vissuto vuoto senza nessuna
novità, sorpresa e passione, eliminare i ricordi ingombranti
trasformati inesorabilmente in rimpianti: “appesantisce” la
voglia di vivere, annulla la “leggerezza” e la voglia di fare,
prende il posto a un nuovo modo di essere più felice; una difesa
psicologica messa in atto per consolarci, ingoiare e sopportare tutte
quelle esperienze noiose e ripetitive che non ci soddisfano più, per
riempire il vuoto di una vita fredda priva di affetti veri e sinceri,
per placare ansia e zittire la depressione, per mettere a tacere
tutti quegli amori andati “persi”, per togliere
quell’indigestione di frustrazioni, di mortificazioni e di
delusioni ingurgitate ogni giorno per tenere sotto controllo quella
fastidiosa paura di fallire o quel senso diffuso di sconfitta, per
placare quel timore di non essere capiti, compresi e accettati, per
spazzar via quella drammatica sensazione quotidiana di non essere
all’altezza nel gestire i vari incarichi o di non avere più il
controllo delle situazioni, per liberare dai veleni emotivi
quotidiani, per resettare quelle convinzioni balzane di valere meno,
di inferiorità e di nullità: uscire
da quel tunnel esistenziale pieno di limiti, apatico, monocolore e
monocorde, resuscitare da una vita controllata e compressa, oramai
“spolpata” nei rapporti, relazioni, sorrisi e piaceri … le
gratificazioni negate e i desideri schiacciati vengono inutilmente
imbavagliati dalla pancia “gonfia” e tormentata, bloccando così
le energie mentali, entrano in conflitto con la voglia di vivere che,
non essendo più coinvolta perché messa sullo “sfondo”, vuole
essere considerata, ascoltata, gratificata e “saziata”; una
situazione che urla trasformazione e leggerezza, invoca una nuova
sensazione di “pienezza”, ma soprattutto, una vita soddisfacente,
sana ed appagante … la chiave del successo di un fisico snello è
AMARLO volergli BENE. RICORDA, attraverso l’esercizio fisico, il
modo in cui rispondi allo stress e mangiando le cose giuste non solo
rendi felice il tuo corpo, stimoli il metabolismo e liberi le
emozioni che ti “appesantiscono” ma, depurandoti e liberando la
tua vera creatività, smaltisci cellulite, elimini il “girovita”,
fai emergere le tue energie più profonde … quando si è FELICI ci
si sente davvero “diversi”, non dovrebbe quindi sorprendere -
soprattutto per alcune categorie di persone, ovvero gli innamorati
che “vivono” solo di aria - che il mondo emozionale, in
particolare i modi con cui si affrontano gli aspetti non razionali
della vita, possano avere un “PESO” (impatto) enorme sul
funzionamento del corpo … impara ad “accudire” te stesso,
mettiti sempre al primo posto e vedrai che la tua “zavorra” e i
tuoi “pesi” si ridimensioneranno.
SOVRAPPESO ...
i bocconi amari della mente

hi
è alle prese con un problema vasto e complesso come l’eccesso di
peso, gli riesce più facile credere di essere vittima di sottili
disfunzioni metaboliche o di fantomatici “marchi” genetici. La
persona che è in soprappeso, proprio per il senso di insicurezza e
di sfiducia che spesso accompagna questo stato, afferma compiaciuta
che la sua condizione fisica dipende - quasi sicuramente - da oscuri
“difetti” del sistema ghiandolare. Ma dopo svariate ed
interminabili indagini cliniche (sempre da fare) arriva la grande
“delusione”: non
si è in balia di una sofisticata aberrazione biologica a cui non si
può opporre alcuna resistenza. Il verdetto, in realtà, può
disorientare ma è semplice ed univoco: vengono introdotte
nell’organismo troppe calorie rispetto al normale fabbisogno
quotidiano (dieta ipercalorica).
Nessun dubbio: chi vuole eliminare il proprio grasso eccedente deve
limitare l’ingestione di calorie. Questo squilibrio, tuttavia, non
è da imputare sempre ad un eccessivo apporto calorico, occorre
infatti prestare molta attenzione anche agli errori che portano a
rallentare il metabolismo e, soprattutto, bisogna valutare le
fatidiche “uscite” (attività fisica). Un altro aspetto
fondamentale di questo fenomeno è che il cibo, oltre ad essere
legato a specifici problemi psicologici (si
veda bulimia, anoressia, depressione),
può tenere sotto controllo i brutti pensieri, essere utilizzato come
sfogo, rifugio, rassicurazione e automedicazione facilmente
reperibile e a buon mercato. Non
si deve mai dimenticare che il corpo è sempre espressione della
personalità: se quest’ultima si “inquina” l’altro
inevitabilmente si “appesantisce”.
Quando
si è chiusi, avvitati su se stessi, spenti, statici, tristi e
depressi, l’energia del corpo rallenta e ristagna (metabolismo
lento).
Con il cibo è possibile ristabilire, spesso in modo sbagliato, un
rapporto armonico con le condizioni psicologiche: anestetizza
e calma ogni “appetito”… anche quello sessuale.
L’assunzione
del cibo, in forma morbosa, infatti, non serve a mantenere in salute
il corpo ma a “saziare” altri bisogni di natura emotiva:
sicurezza, compagnia e calore affettivo.
Il cibo è un forte simbolo a cui è legato un valore sociale molto
profondo che, nel tempo, può compensare e distrarre da mancanze o
rimpianti esistenziali.
na consolazione facile ed immediata, davvero
a basso costo dal punto di vista economico, ma con risvolti
drammatici a livello psicosomatico. Gli
alimenti, dunque, oltre a nutrire il corpo, veicolano infiniti altri
significati culturali, affettivi e psicologici. La cartina tornasole
di quanto appena affermato è che quando si è completamenti presi
dalla gioia, passione, felicità e soddisfazione non si percepisce
alcun stimolo della fame, si dimentica perfino di mangiare. In
pratica, se l’esistenza scorre senza entusiasmi, immediatamente, la
mente si getta a capofitto sul cibo per portare un po’ di
consolazione e un parziale senso di calma. Chi è calato in questa
dimensione continua a subire la vita facendo cose poco stimolanti, a
cui spesso non crede, tutte esperienze per la maggior parte
deludenti, monotone, ripetitive e sempre uguali: uno sforzo che, a
lungo andare, “appesantisce” e rovina completamente la “forma”.
Una
personalità poco “incisiva” che non riconosce realisticamente il
proprio valore, visibilmente disorientata, smarrita, imprigionata,
irrequieta e fagocitata dalle sue stesse rinunce. Abbandonando
completamente la strada della passione e del divertimento, si diventa
piano piano sempre più estranei alla soddisfazione e al godimento:
il cibo altro non è che un potente tappabuchi, viene usato come
sostituto di attività entusiasmanti e piacevoli. Quando il senso di
deprivazione è diffuso - togliendo sempre più spazio alle esigenze
personali - la fame, come per incanto, si riaccende con smodata
voracità. Alla fine della giornata, tirando le somme, la vita appare
spenta, troppo addomesticata, statica, piatta, che non emoziona più
… allora, sfiniti, ci si butta letteralmente su un colmo bicchiere
di fresca “nutella”.
Un
vivere fatto di continue rinunce, frustrazioni e insoddisfazioni: se
l’esistenza si “restringe” il corpo si “appesantisce” e si
“gonfia” velocemente.
Più si reprime quello che conta realmente nella vita, più ci si
scatena a tavola attraverso piccole o grandi abbuffate.
ipendere
dagli altri, non farsi valere, dire sempre sì, troppa disponibilità
senza un vero tornaconto, creare a tutti i costi un mondo privo di
problemi, eccessivamente conciliante per il quieto vivere (annullarsi
e mettere la propria vita in mano ad altri): ecco i peggiori nemici
che tolgono felicità, allontanano da se stessi, annullano
l’autostima, fanno saltare i bottoni e allargare la cintura.
Le
cose invece che cancellano questa particolare dipendenza, sopprimendo
completamente la fame nervosa, sono: innamorarsi, passione per il
lavoro, per qualche hobby e per le novità, una sessualità
“selvaggia”, viva e coinvolgente, e una sana amicizia.
E’ un grave errore riversare i lamenti vari e le frustrazioni nel
piatto, la felicità va sempre ricercata fuori dalla tavola perché
il malcontento, a lungo andare, allarga e fa aumentare i buchi della
cinghia. Per contrastare il “peso” bisogna cavalcare il piacere,
risvegliare la passione e godere delle piccole cose che stanno
attorno … e sono davvero tante se si cercano nella direzione
giusta. Per raggiungere tale equilibrio psicosomatico sarà utile -
da soli o con l’aiuto di un esperto - liberare la creatività e il
proprio talento ma, soprattutto, togliere i “bocconi” amari dalla
mente e “alimentarsi” delle piccole gioie quotidiane. Non
ci sono dubbi, quando le situazioni assorbono completamente, ogni
attimo diventa un’occasione speciale, si è felici, eccitati,
soddisfatti, la dispensa rimane piena e il frigo perennemente chiuso.
Molte sono le metodiche terapeutiche psicosomatiche utili per
raggiungere armonia, equilibrio e forma. Ascoltare e osservare se
stessi è sempre il primo passo. Conoscere poi il conflitto da cui
scaturisce la fame nervosa risulta fondamentale non solo per
affrontare il disagio psicologico ma anche per rendere più duraturi
e stabili gli effetti di una eventuale dieta … che va realizzata
sempre senza ossessioni, sforzi e sacrifici vari.
Queste ultime, sono tutte parole che evocano il senso di fatica, di
tortura ed immergono completamente in un’atmosfera di cupo
sacrificio, creando in tal modo sensi di colpa, inutile stress,
frustrazione e disistima. Come
si può “competere” o, meglio, pensare di sostituire l’effetto
piacevole e “appagante” del cibo se si sceglie la strada del
tormento corporale, se si pratica la tortura e la privazione?

BESITA'.
Si
dimagrisce se si ritrova finalmente un rapporto armonioso con il
proprio mondo interiore … se la testa va per conto suo diventa
facile aumentare di peso; il pesa va fuori controllo e ci si allarga
se la realtà non soddisfa più e non ci si sente completamente
appagati, quando manca passione e avventura: bisogna far ripartire la
voglia di novità, ritrovare e coltivare nuovi interessi … i
rapporti “pesanti” e deludenti, sempre uguali, privi di
entusiasmo e vitalità fanno abbuffare perché il cibo è diventato
l’unico momento di piacere, tutto ruota attorno a questo rituale
quotidiano: si diventa senza saperlo “buone” forchette … lo
stomaco non desidera essere riempito di cibo ma semplicemente vuole
essere nutrito di dolcezza, di piccole e grandi emozioni: altrimenti
affonda nei bignè… i chili di troppo non sono segno di debolezza o
mancanza di forza di volontà ma semplicemente frustrazioni
accumulate nel tempo.
“metodi miracolosi” che ci vengono oggi proposti per dimagrire
sono tanti; e, per certi versi, sono tutti "inefficaci".
Certo, se ci atteniamo a diete rigorose, se riusciamo a reprimere le
spinte biologiche che il nostro stesso organismo ci propone
quotidianamente, ci è possibile perdere qualche chilo. Ma
a quanti sacrifici, per quanto tempo, dobbiamo sottoporci per
ottenere minimi risultati?
In realtà, non si tratta di martoriare il corpo per raggiungere il
sospirato “peso forma”, ma di agire su alcuni meccanismi
psicosomatici. Vediamoli.
Si ingrassa, comunque, per ragioni diverse. Alcuni mangiano troppo
perché sono, in qualche modo, depressi. Altri, invece, sono ansiosi.
A volte l’obesità sembra una caratteristica di famiglia, però non
è chiaro se ciò corrisponda a fattori ereditari oppure al fatto che
i vari membri della famiglia si siedono a tavola insieme e,
inesorabilmente, si abbuffano tutti quanti o, magari, a strane
abitudini alimentari. Malgrado
tutta questa varietà di cause, una cosa è certa: la maggior parte
delle persone obese non sarebbe tale se ascoltasse i messaggi del
proprio corpo su che cosa mangiare e quando.
Le abitudini alimentari di solito si sviluppano quando siamo bambini:
inevitabilmente, perciò, è la madre che detta le regole di base …
ecco perché il cibo è sempre un simbolo della madre: ostilità e
rabbia rimossa ed inconscia contro di lei. Quando si è piccoli si è
spinti a mangiare alle ore stabilite per i pasti.


uasi certamente la
madre si inquieta molto se si rifiuta il cibo e, probabilmente, anche
di più se si lascia il cibo nel piatto (ci possono essere reazioni
di preoccupazione, allarmismo). Se uno è stato allattato
artificialmente, il suo “addestramento” è cominciato anche prima
che fosse in grado di sedersi davanti al piatto. Una ragione per cui
l’allattamento artificiale tende a fare ingrassare di più è che -
mentre è impossibile stabilire quanto latte è stato succhiato dal
seno materno - risulta fin troppo facile vedere quanto ne è stato
succhiato dalla bottiglia. Le
mamme ansiose tendono a spingere i lattanti a vuotare la bottiglia
anche quando essi non hanno fame.
Queste tendenze alimentari distorte fanno sì che il “centro di
controllo” dell’appetito sia abitualmente scavalcato. Alla fine
il rapporto col cibo verrà a essere governato non dall’autentico
bisogno di cibo per il proprio organismo, ma da un motivo del tutto
artificiale di bisogno. Quando diventiamo adulti, nella maggior parte
dei casi siamo già abituati a mangiare secondo l’orologio della
sala da pranzo e non secondo i “tempi” interni del nostro corpo.
Mangiamo negli orari stabiliti dai nostri genitori o quando ci sembra
di dover mangiare. Mangiamo quello che la pubblicità ci dice di
mangiare e alle ore in cui le persone che ci circondano pensano che
si deve mangiare. Queste abitudini dannose, però, se prendiamo in
esame alcuni meccanismi psicosomatici, si possono cambiare con la
stessa facilità con cui si sono formate. Ascoltando
i segnali interni del corpo, abbandonando le abitudini che scavalcano
il “centro di controllo” dell’appetito e mangiando quando si ha
fame, si scoprirà che è possibile dimagrire o mantenersi snelli
senza alcun aiuto esterno, seguendo alcune elementari norme.
La maggior parte delle persone mangia a ore prestabilite, che possono
essere o non essere in relazione con il loro effettivo bisogno di
cibo. L’abbandono di ore fisse per i pasti può suonare una
proposta anarchica e, certo, in una famiglia può portare a un certo
grado di confusione. Ma il disordine sarà decisamente minore di
quanto si possa credere. Comunque, al di là delle belle parole,
questa è una regola imprescindibile: ogni volta che si mette in
bocca qualcosa, bisogna chiedersi se si sente l’effettivo bisogno,
se si ha fame. Se mentre si mangia, si chiacchiera, si guarda il
giornale, si legge una rivista, si guarda il televisore,
probabilmente i segnali provenienti dal proprio “centro di
controllo” dell’appetito sfuggiranno. Bisogna fare attenzione al
fatto che si sta mangiando, se si vuol cogliere i messaggi che ci
dicono che siamo sazi. Non si deve aver paura di lasciare del cibo
nel piatto. E’ sicuramente uno spreco buttar via il cibo … basta
metterne nel piatto di meno! Alcuni si sentono così in colpa, quando
vedono buttar via il cibo, che mangiano anche gli avanzi degli altri.
E’ importante prendere l’abitudine di servirsi di porzioni
piccole. In questo modo si sarà meno portati a mangiare troppo e
capiterà più raramente di trovare il coraggio di buttar via il
cibo. Lo scopo è quello di smettere di mangiare non appena si è
sazi. Quando si ha fame bisogna fare attenzione ai messaggi del
corpo: si scoprirà che il corpo dice di che cosa si ha bisogno (non
è facile e richiede allenamento). Le strane voglie, che vengono alle
donne incinte, sono spesso ragionevoli. Si
sente il bisogno di mangiare una cosa dolce, si deve mangiare una
cosa dolce; se viene voglia di una arancia la si deve mangiare:
probabilmente il corpo sente la mancanza di qualcosa che c’è in
quel alimento.
Generalmente facciamo pasti piuttosto abbondanti a intervalli
abbastanza lunghi, perché la società ci chiede di mangiare in
questo modo. Ciò non aiuta per nulla il “centro di controllo”
dell’appetito a svolgere la sua funzione, il corpo agisce di
conseguenza: non aspettandosi di ricevere per diverse ore, ci
incoraggia a mangiarne il più possibile e mette da parte il
sovrappiù che non è immediatamente necessario. Questo è
immagazzinato come grasso. Se si fanno pasti più frugali e più
frequenti, il cibo che si mangia viene bruciato dal corpo
immediatamente, non viene immagazzinato. Perciò si mangia solo
quello che il corpo richiede (mangiare poco e spesso). Se si mangia
perché si è tristi, perché si è felici, perché la persona amata
ci ha ci ha lasciato, il “centro di controllo” dell’appetito
perde orientamento … il cibo non è mai essere una stampella! Non
mangiare la sera tardi. Non si deve usare il cibo come un’arma. Non
si devono costringere i bambini a mangiare o anche solo a mangiare
cibi che a loro non piacciono. Non devono essere privati del cibo
perché hanno fatto qualche marachella. Non associare cibo e
punizione, cibo e premio. Questi comportamenti hanno un effetto
distruttivo sul “centro di controllo” dell’appetito. Bisogna
avere pazienza nel rieducare il corpo ad ascoltare gli ordini del
“centro di controllo” dell’appetito. Se uno lo ha ignorato per
anni ed anni, ci vorrà un po’ per imparare ad ascoltarlo di nuovo
e, soprattutto, per adottare alcune indispensabile e benefiche regole
psicosomatiche. Il mangiare in modo compulsivo è un sintomo di una
disperazione interna che scaturisce direttamente dalla mancata
accettazione di sé perciò quando si inizia una dieta la
disperazione non cessa. Prende una nuova forma. Si diventa compulsivi
nella dieta come lo si era nel mangiare. Mangiare
e divorare sono modi infantili di esprimere l’aggressività. E’
una rabbia rimossa. Se non si risolve, in alcuni casi, il senso di
colpa, il problema dell’alimentazione eccessiva è spesso
insormontabile (1° Chakra).
…
dimagrisci
quando diventi te stesso, se dai via libera alla parte di te più
autentica: lontano dai ruoli che tengono al guinzaglio e
imprigionano … un pasto raffinato e abbonante sostituisce una
GIOIA della vita non assaporata.
Problemi ALIMENTARI
BULIMIA
NERVOSA … una grande necessità d’amore ma anche un enorme
bisogno di rifiutarlo.
REMESSA.
Gli essere umani mangiano per vivere. Ma non è sempre così
semplice. Per gran parte della storia dell’umanità - e in molte
regioni del mondo ancora oggi - gli uomini hanno dovuto lottare per
procurarsi il cibo. Ora, invece, anche in questo periodo di guerra,
con vasta scelta di proposte alimentari a nostra disposizione,
l’alimentazione eccessiva è diventata un grave problema sanitario.
Paradossalmente, mentre il peso medio è
aumentato, la ricerca della linea si è ormai trasformata in una vera
e propria ossessione. In una società in cui “più snello” è
sinonimo di “migliore”, chiunque non sia in perfetta forma può
sentirsi un fallito. Molte persone, in particolar modo le
giovani donne soprappeso (in questo periodo storico coinvolge anche
una buona fetta di uomini), si vergognano del proprio aspetto oppure,
sopraffatte da una sensazione di inadeguatezza, si convincono che
sarebbero più felici, più attraenti o più realizzate in un corpo
più magro. Sebbene compaiono in costante aumento, i comportamenti
alimentari anomali e scorretti non sono una peculiarità della nostra
epoca. Gli antichi romani si rimpinzavano di cibo nel corso di
colossali banchetti e quindi si provocavano il vomito. Per secoli
“osservanti” e “devoti” di entrambi i sessi hanno digiunato
con l’intento di purificarsi per motivi religiosi. L’anoressia
nervosa fu identificata per la prima volta oltre un secolo fa, da un
medico inglese che la descrisse come un disturbo caratterizzato da
uno stato di inedia imputabile a una costante ricerca della magrezza
ideale. Come accade per la maggior parte dei
disturbi emotivi, il contesto culturale gioca un ruolo significativo:
chi vive in una società industrializzata viene continuamente
bombardato da messaggi che sottolineano, specie per le donne,
l’importanza di una linea perfetta, essenziale non solo per la
bellezza fisica ma anche per raggiungere il successo in campo
economico e sentimentale. La maggior parte delle persone è in
grado di regolarsi nell’alimentazione senza difficoltà. Molte
persone mantengono un peso più o meno stabile anche senza
particolari controlli sulla dieta, basandosi solo sul proprio
appetito. Il problema è che l’appetito non è automaticamente
regolato come lo sono il bisogno di bere o di respirare. Se non
respiriamo adeguatamente moriamo in pochi minuti; se non assumiamo
adeguate quantità di liquidi moriamo in pochi giorni; ci vogliono
invece settimane per morire di fame. Questo minor controllo sul
comportamento alimentare è causa, in situazioni estreme, di
anoressia nervosa, bulimia nervosa, obesità. Non esistono disturbi
emotivi analoghi - se non a livello analogico - rispetto alla
regolazione del respiro o all’assunzione di liquidi perché queste
funzioni sono di importanza vitale e non presentano margine di
tolleranza. Molti problemi legati all’alimentazione non sono veri
disturbi mentali, sebbene chi ne soffra possa avere conseguenze
emotive e possa trarre giovamento da una psicoterapia. Gli
adolescenti e i giovani mostrano spesso varie forme di comportamento
alimentare, che includono diete frequenti, abbuffate e vomito per
evitare di ingrassare. Questi comportamenti che
sono molto più comuni dei veri e propri disturbi dell’alimentazione,
non sono quadri clinici gravi, ma aumentano il rischio di sviluppare
abitudini alimentari più pericolose e possono essere le prime
avvisaglie di problemi potenzialmente gravi, per cui non devono
essere, per nessuna ragione, ignorati.
e
persone affette da BULIMIA, invece, non sono in grado di controllarsi
nel mangiare, allo stesso modo in cui l’alcolista non si controlla
nel bere (vedasi i vari articoli sulla “dipendenza”). Abbuffate
voraci si alternano a frenetici tentativi di eliminare le calorie
ingerite; il prezzo da pagare per essersi lasciati tentare dal cibo è
il VOMITO, l’utilizzo di LASSATIVI, di DIGIUNO forzato e
l’ESERCIZIO fisico intenso. La contraddizione insanabile alla base
di questo comportamento consiste da un lato nell’impossibilità
assoluta di controllarsi nell’alimentazione, dall’altro dal
desiderio di controllare a tutti i costi il proprio peso. Quando la
linea non rappresenta un grosso problema, questo modo impulsivo e
vorace di mangiare porta inevitabilmente all’obesità; al
contrario, se l’obiettivo prioritario è mantenere una linea
perfetta, ci si impegna in disperati tentativi di neutralizzare
l’effetto delle grandi mangiate per evitare l’aumento di peso: è
un circolo davvero vizioso. La BULIMIA è un problema molto comune,
specialmente fra le giovani donne dalla pubertà ai vent’anni.
Spesso comincia con i primi tentativi di dieta per sbarazzarsi dei
chili in più che ci si porta dietro dall’infanzia; con il digiuno
forzato lo scopo viene “presto” raggiunto, rinforzando la
motivazione a seguire. Ci vuole poi poco
tempo per scoprire (da soli o tramite amicizie) il vomito e i
lassativi come rimedio, o anche come punizione, per ogni abbuffata:
una volta innescato, il ripetersi ciclico di questi comportamenti non
lascia spazio e tregua. Vi sentite in
colpa per quanto e come mangiate, e anche per quello che fate dopo
per contrastare gli effetti del cibo. Siete i primi a disapprovare
questo comportamento: sgattaiolate furtivamente in bagno per
procurarvi il vomito ma state sempre attenti che nessuno vi scopra.
Il vostro problema è un segreto per tutti, anche per chi vi è più
vicino, arrivate anche a evitare di fare nuove amicizie per paura che
il vostro segreto venga scoperto. I soggetti con questo disturbo
hanno ripetuti episodi di abbuffate, durante i quali consumano molto
rapidamente grandi quantità di cibo, perlopiù di dolci, e smettono
di mangiare solo a causa di forti dolori addominali, della necessità
di dormire o di una interruzione.


hi soffre di bulimia di ‘tipo
purging’ si induce il vomito o assume lassativi per alleviare i
sensi di colpa e controllare il proprio peso. Che invece è affetto
da bulimia di ‘tipo nonpurging’ ricorre ad altri mezzi, quali il
digiuno e l’esercizio fisico eccessivo, per compensare le
abbuffate. La bulimia è molto più comune della anoressia, benché i
due disturbi spesso si sovrappongano. A differenza dei soggetti
affetti da anoressia, i bulimici tendono ad avere un peso più o meno
normale. Tuttavia, anche le complicanze mediche di questo disturbo
sono gravi e possono mettere a repentaglio la vita del soggetto. La
bulimia - alla moda - o sperimentale è piuttosto diffusa tra alcuni
gruppi di studenti delle università e delle scuole superiori. Le
giovine donne che provano a mangiare grandi quantità di cibo e a
vomitare subito dopo non soffrono necessariamente di un disturbo
emotivo; spesso queste ragazze vomitano quello che mangiano per un
periodo che può durare da qualche mese a un anno e quindi smettono
quando le loro condizioni di vita o sociali cambiano. Per chi cerca
aiuto, l’INFORMAZIONE, la CONOSCENZA e la PSICOTERAPIA si rivelano
estremamente efficaci. La bulimia è piuttosto comune tra le giovane
donne; tra i giovani maschi questo disturbo ha un’incidenza pari a
un quinto rispetto alle donne. L’età media di insorgenza è di
diciotto anni; il disturbo può manifestarsi tra i dodici e i
trentacinque anni. Le persone che da adolescenti soffrivano di
obesità hanno maggiori probabilità di sviluppare la bulimia in età
adulta. La bulimia solitamente si
manifesta al termine di una dieta ferrea protrattasi da alcune
settimane fino a un anno o anche più a lungo e che può avere avuto
successo oppure no. Le diete molto rigide possono influire sulla
chimica cerebrale al punto da scombussolare i normali meccanismi che
regolano l’appetito o la sazietà.
Questo semi digiuno scatena un’abbuffata, che a sua volta porta
all’eliminazione del cibo ingerito. Nel momento in cui si rendono
conto che il vomito riduce l’ANSIA provocata dalle abbuffate,
queste persone smettono di temere tali episodi. In questo case le
abbuffate diventano sempre più frequenti e più gravi, fino a
trasformarsi, con il passare del tempo, in un mezzo per affrontare
qualsiasi forma di stress. Tuttavia la chiave di questo disturbo non
sta nel mangiare quanto nel vomitare, poiché probabilmente queste
persone eviterebbero di mangiare troppo se non potessero vomitare
dopo. Anche alcune anomalie biologiche possono avere un ruolo
importante, benché non sia chiaro se rappresentino una causa o una
conseguenza di questo disturbo. Poiché la bulimia, come l’anoressia,
tende a manifestarsi verso gli ultimi anni dell’adolescenza, può
essere associata alle difficoltà derivanti dal passaggio all’età
adulta. Anche i conflitti familiari, sentirsi combattuti tra i due
genitori, possono portare una giovane donna (o uomo) a sviluppare un
comportamento bulimico. Il disturbo
sembra inoltre essere associato allo stress, per esempio
all’allontanamento da casa per motivi di studio o alla ricerca di
un posto di lavoro. Sebbene quasi tutti i soggetti bulimici siano
infelici e scoraggiati perché sentono di avere perso il controllo
sul proprio comportamento alimentare, la bulimia può anche essere un
sintomo di depressione. Anche
i disturbi d’ansia possono coesistere con la bulimia.
Altri problemi osservati spesso nelle
persone bulimiche includono l’abuso di alcol, la difficoltà a
tollerare la frustrazione, problemi nei rapporti interpersonali e
comportamenti impulsivi. Alcuni soggetti fanno uso di anfetamine o di
farmaci da banco per ridurre l’appetito e perdere peso. Altri
rubano cibo, capi di abbigliamento, gioielli o altri articoli oppure
cedono all’impulso di procurarsi dei tagli (PATOMIMIA CUTANEA).


ra
i familiari dei soggetti bulimici si registra un’incidenza
superiore alla norma di DEPRESSIONE, ALCOLISMO, ABUSO DI SOSTANZE
CHIMICHE e OBESITA’. La vita dei soggetti affetti da questo
disturbo ruota intorno al cibo. Sebbene abbiano generalmente un peso
normale, queste persone sono estremamente preoccupate per il proprio
peso e tentano di tenerlo sotto controllo sottoponendosi a diete,
vomitando oppure usando lassativi e diuretici. Alternando le
abbuffate all’eliminazione del cibo ingerito, ingrassano e
dimagriscono ripetutamente di vari chili. La loro vita è dominata
dai conflitti derivanti dal cibo. Molte di queste persone non fanno
pasti regolari e non si sentono sazie alla fine di un pasto normale.
Inoltre, preferiscono mangiare da sole in casa propria perché
provano vergogna e sensi di colpa. Il cibo è costantemente al centro
dei loro pensieri. In alcuni casi i soggetti bulimici non vedono
l’ora di uscire dal lavoro per correre a casa a mangiare. Le
abbuffate sono programmate con cura; qualsiasi cosa interferisca con
questi piani determina un estremo stato d’ansia nel soggetto e
prolunga ulteriormente il ciclo abbuffata - vomito. Solitamente
scelgono cibi ipercalorici e dal sapore dolce, per esempio torte,
gelati o pane, che possono essere trangugiati il più rapidamente
possibile senza dover masticare troppo a lungo. Un’abbuffata dura
in media un’ora o due: quando cominciano a mangiare, non sono più
in grado di smettere. In uno stato di estrema frenesia, cercano in
continuazione altro cibo e smettono solo a causa di interruzioni o
perché non sono più in grado fisicamente di mangiare.
Al termine
dell’episodio, si sentono piene di vergogna, autocritiche e
depresse. L’eliminazione
del cibo ingerito allevia i dolori allo stomaco e spesso riduce il
rimorso e l’angoscia. Solitamente queste persone si infilano un
dito in gola; alcune imparano a vomitare a comando. Un numero più
limitato di persone fa uso di lassativi, e c’è chi può digiunare
per un giorno intero oppure impegnarsi in un’attività fisica
estremamente intensa. La bulimia può continuare a manifestarsi di
tanto in tanto per vari anni, con abbuffate che si alternano a
periodi di alimentazione regolare. Solitamente i soggetti bulimici
hanno un aspetto normale e un peso più o meno nella norma, sebbene
anche le persone snelle abbiano un addome pronunciato a causa delle
frequenti abbuffate. In linea generale queste persone conducono una
vita normale nonostante la bulimia, anche se nei casi estremi possono
dedicare tutto il loro tempo a programmare le abbuffate, ad
acquistare cibo e quindi mangiare e a eliminare il cibo ingerito.

pesso sono
i dentisti i primi a individuare un caso di bulimia, in quanto
osservano danni ai denti e alle gengive, tra cui l’erosione dello
smalto dentario, causati dagli acidi gastrici contenuti nel vomito.
Altri segni medici della bulimia includono graffi e calli sul dorso
della mano (segno di Russel), dovuti allo sfregamento della mano
contro i denti mentre si induce il vomito. Anche il fatto che il
soggetto si scusi durante o dopo un pasto per andare in toilette,
dove si procura il vomito, è un indizio significativo.
I soggetti
bulimici possono arrivare a consumare più di 15.000 calorie in una
singola abbuffata, ma ciò che causa i danni più gravi è la
successiva eliminazione di quanto si è ingerito. Gli acidi gastrici
contenuti nel vomito irritano le gengive e corrodono lo smalto
dentario portando alla formazione di numerose cavità. Il vomito
ripetuto priva l’organismo di sostanze nutritive e liquidi
essenziali, il che provoca disidratazione e squilibri a livello degli
elettroliti. La deplezione potassica (ipokaliemia) compromette la
funzionalità del cuore e di altri muscoli e può causare aritmie
cardiache e, in alcuni casi, la morte improvvisa.
Altre complicanze includono spasmi muscolari alle mani e ai piedi,
palpitazioni, irritazione e sanguinamento dell’esofago e dello
stomaco e disturbi dell’apparato digerente. Molte persone credono
erroneamente che l’uso di lassativi o di diuretici acceleri la
perdita di peso e perciò fanno spesso uso di questi preparati. In
realtà l’assunzione di lassativi e di diuretici provoca una
ritenzione di liquidi di rimbalzo, prolungando così la sensazione di
gonfiore e rinforzando il ciclo di eliminazione del cibo ingerito.
L’abuso
di lassativi comporta gravi complicazioni, tra cui stipsi e prolasso
del retto, nonché la rara condizione nota con il nome di colon
catartico, che richiede un immediato intervento chirurgico.
Anche nel caso in cui sembrino avere un peso e una salute normali, i
soggetti bulimici possono soffrire degli effetti psicologici
dell’inedia, che includono cambiamenti di umore, affaticamento e
depressione. Tra
queste persone si riscontra inoltre un’incidenza superiore alla
media di disturbi d’ansia, disturbi bipolari (sindrome maniaco –
depressiva) e disturbi di personalità; hanno difficoltà a livello
sessuale o mostrano comportamenti impulsivi autodistruttivi quali il
taccheggio, la promiscuità e l’automutilazione …
hanno avuto
esperienze con una figura di riferimento controversa.
Dieta …
togliamo dalla mente i bocconi amari.
e
persone intransigenti, sbagliate e “scomode” non solo creano
disagio e tolgono completamente le forze, ma fanno anche ingrassare e
ammalare … le emozioni sono il “cibo” dell’anima, ma è il
corpo a segnalare i “bocconi amari” difficili da digerire.
l
“cibo tappabuchi” cerca di riempire il tempo e il vuoto
affettivo, di placare i timori, frenare il senso di protezione,
bloccare la noia, l’infelicità e l’insicurezza: di compensare
insoddisfazioni, tormenti e dolori… molte sono le fantasie che
girano nella mente di chi è in sovrappeso: nascondersi, scomparire,
annullarsi … se
nella vita si perde il “gusto” e latita la passione, la mente ci
getta in pasto al companatico per consolarci: legandoci al piatto
cerca di tappare quel fastidioso e profondo vuoto emotivo…
se la vita si arricchisce di nuovi stimoli e interessi il sovrappeso
fugge a gambe levate; si
mangia per rabbia, noia e delusione: il corpo si riempie se la vita è
vuota… quando si è innamorarti, felici, eccitati, soddisfatti,
attratti, coinvolti il mangiare passa in seconda posizione;
non si mangia più solo quando sono sazi tutti i “sensi”, i
piaceri e i divertimenti sciolgono il grasso, rendendo leggeri ...
una vita spenta, la routine e l’abitudine ingrassano mentre la
fantasia “brucia” i grassi e snellisce, risveglia la voglia di
vivere: si vola davvero … il “giro-vita” dipende dalla qualità
della vita.
iceva
Platone, con grande saggezza, che non si dovrebbe mai, per nessuna
ragione, tentare di curare il corpo separato dall’anima, e per
ottenere la salute di quest’ultima e del corpo è necessario curare
la mente. Questo prezioso insegnamento, ancora oggi di grande
attualità, lo ritroviamo nella massima latina “mens
sana in corpore sano”.
Fin dai tempi antichi era ben noto lo stretto legame tra mente e
corpo, di cui quotidianamente, attraverso sofisticate ricerche di
neurofisiologia o esperienze personali dirette, ne abbiamo conferma.
L’uomo
è ammalato nel corpo perché la sua mente è ammalata e la mente ha
perso la sua salute perché si è avvizzito il suo “involucro”.
Il benessere, quindi, dipende sempre dal perfetto equilibrio corpo -
mente: il primo può influenzare, in ogni momento, l’altra e
viceversa. Quando una di queste componenti non funziona bene, o
magari la si trascura, è segno che c’è qualcosa che non funziona
nella propria vita: la “scorza” adiposa non fa eccezione e può
essere un segnale davvero inequivocabile. Quante
volte, dopo una giornata storta, piena di delusioni, di
litigi,
di frustrazioni oltre ad aprire il frigo e mangiare in modo
sconsiderato ogni cosa, ci siamo ulteriormente anestetizzati con un
buon bicchiere colmo di nutella o buttati a capofitto in un profumato
calice di pinot?
Quasi
quotidianamente annuisce, con un certo pudore, la signora Lucia in un
recente incontro terapeutico, pure Maria afferma, a malincuore, tale
abitudine, ma anche Camilla, nella sua timidezza, ammette di aver
fatto ricorso più volte a questa “magra” consolazione e, poi,
Ettore che non sa proprio darsi pace per queste sue grandi abbuffate …
tutte vittime di qualche chilo in più!!!


e la vita è immobile, scorre senza passioni e soddisfazioni, la
mente “capricciosa” cerca delle compensazioni altrove, ci butta
in pasto al cibo per consolarci. Quando i problemi della vita si
fanno “pesanti”, anche il corpo, con la sua difficoltà a
“digerire”, lentamente si fa carico di una vistosa ed inutile
zavorra; una vita “piatta”, vissuta nell’anonimato, che non
emoziona più, allarga la cintura, fa lievitare pancia e fianchi …
fa perdere la linea. L’alimentazione, infatti, può rientrare in
questo intricato meccanismo psicosomatico, è legata al benessere,
non solo fisico ma anche mentale; più si escludono dalla vita i veri
interessi, i desideri profondi, più l’orco con tutta la sua
voracità, risorto prepotentemente dagli inferi, si scatenerà a
tavola facendo piazza pulita di ogni cosa. Durante
il giorno, con gli altri, sempre ben misurati, ordinati, scrupolosi,
responsabili, controllati, ossessivamente attenti all’immagine,
mentre di sera, al rientro, invece di godersi un meritato riposo,
l’aggressività repressa, finalmente, trova la sua modalità
espressiva, ogni tensione accumulata improvvisamente esplode: i ruoli
svaniscono, i veli di colpo cadono, ci si trova completamente privati
della maschera quotidiana, spogliati, nudi, faccia a faccia con il
vuoto profondo, travolti e confusi da quelle paure vaghe da tempo
trascurate, mai espresse, calati in una atmosfera affettiva e sociale
che dà veramente poco, convinti di non valere, il timore di non
riuscire, di rimanere soli, di perdere quel che si ha… tutto si
colora di sofferenza e disistima.
Per calmare la grande inquietudine, dunque, è necessario azzittire
questa allarmante confusione ecco, allora, presentarsi un potente
ansiolitico, la soluzione è lì a portata di bocca … la grande
abbuffata, è pronta e servita su un piatto infuocato!!!. Un altro
tratto caratteristico di chi tende ad ingrassare è quello di non
riuscire a dimenticare ipotetiche umiliazioni, eventuali sconfitte,
presunte offese o torti subiti: si lega ogni cosa al dito, lasciando
sempre - attraverso un estenuante rimuginare - tutto in sospeso. Più
la vita lascia il comando alla noia, ai sacrifici e alle rinunce, più
si cerca la felicità, la compensazione e il piacere nel piatto …
in questo modo il giustiziere della dispensa può operare
indisturbato. Cibo, emozioni e atteggiamenti mentali agiscono sempre
in maniera sinergica. Il cibo non è solo materia da cui trarre
proteine e vitamine ma è connesso - metabolismo e tiroide
permettendo - a bisogni emotivi, con le parti più profonde del mondo
infantile; è legato, spesso, a tendenze svalutative, a valori
familiari, alla sensazione di infelicità, a quella insaziabile fame
d’amore che non abbandona mai … nemmeno di notte. Quando poi il
cibo è sempre in testa, oltre a diventare l’unico motivo di
consolazione, può trasformarsi in un comodo e potente analgesico nei
confronti di una vita spenta, priva di vitalità, che per quanto ci
si impegni non emoziona più … soprattutto, quando si è a “dieta”
di gratificazioni e di libertà. Il
piacere, il divertimento, l’innamorarsi perdutamente, il riscoprire
la passione sono gli ingredienti fondamentali utili a modellare il
corpo, il vero ed unico antidoto ai chili di troppo… fanno
dimenticare di mangiare e bloccano veramente l’ago della bilancia.
Il cibo è, erroneamente, un “buon” rifugio contro l’ansia e
l’insicurezza, un “vero” antidepressivo, mette a tacere
sofferenze, abbandoni, mancanze, rimpianti, delusioni e privazioni
affettive;
un’abitudine negativa che, prima o poi, si fa sentire con voce
grossa per riscuotere i “sospesi”, da tempo depositati nel corpo
e nella mente … sempre, però, con gli “interessi”.
osa
fare.
Poiché
una esperienza simile espone sempre a una potenziale fragilità e
vulnerabilità, nel corpo e nella mente, addentrarsi in tale
avventura è possibile solo quando si è davvero convinti, sereni e
tranquilli: sentire il desiderio di cambiamento, la voglia di
liberarsi di vecchie abitudini e condizionamenti vari; trattarsi e
volersi bene al punto di cambiare non certo per gli altri ma per se
stessi, riscoprire quel senso di benessere che si è perduto nella
routine e nella banalità. Quando le giornate sono “alleggerite”
e gli stati emozionali più clementi, sarà più facile raggiungere
fino in fondo gli obiettivi… sempre con i risultati sperati.
icorda,
se dai spazio al piacere - non dovendo più colmare quel vuoto
interiore - ti allontani dalla noia, dall’insoddisfazione e
soprattutto ti “togli” dai dolci, solo se si “gusta” la vita
con cose che fanno stare bene si ha il senso della “pienezza”
diffusa e, quindi, non avendo più bisogno del cibo - spazzatura -
tappabuchi si dimagrisce DAVVERO!!!
Problemi
all’apparato digerente (pesantezza, nausea, vomito), un succo di:
mela, menta, carota, zenzero, kiwi e ananas può aiutare.
lcera.
Erosione
del tessuto epiteliale, mucoso o cutaneo, accompagnata la lesioni ...
una grande rabbia e rancore che rode internamente.
La
vendetta diventa l’obiettivo principale, fino a trasformarsi in
autodistruzione … il rancore non espresso si trasforma in distacco
e odio represso, mettendo a rischio completamente il benessere
psicofisico … insieme al companatico ingeriamo anche le esperienze
della vita, le digeriamo ed entrano a far parte del corpo: vissuti
indigesti e difficili da mandar giù … se la vita è amara lo
stomaco e l’intestino protestano: esprimono il proprio dissenso o
avversione “bruciando”.

’ulcera
peptica (dal greco
peptikos “digestivo”) consiste in una perdita di sostanza della
mucosa gastrointestinale, generalmente nello stomaco (gastrica) o
subito dopo nel duodeno (duodenale). Un
maggior afflusso di sangue e ipersecrezione di acido cloridrico a
livello gastrico … un eccesso di fuoco che “brucia”, ovvero una
forte aggressività trattenuta nei confronti di un ambiente vissuto
come minaccioso … diverso è il discorso della colite che segnala un
bisogno di eliminare velocemente certi contenuti emotivi ritenuti
inaccettabili.


i
recente è stato identificato un batterio - heucobacter pylor - che
favorisce l’eziologia dell’ulcera duodenale. La sintomatologia
ulcerosa può comunque peggiorare bevendo caffè, assumere medicinali
(acido acetilsalicilico), fumando e mangiando in modo inadeguato.
L’ulcera gastrica, inoltre, può essere
collegata a una vita stressata o svilupparsi in periodi in cui si è
sottoposti a stress prolungato, con scarsa capacità di “coping”
ovvero di trovare strategie di soluzione ai diversi problemi.
Tale patologia si sviluppa comunque quando si altera l’equilibrio
tra elementi aggressivi (acidità e enzimi) e i fattori di difesa
della mucosa. I sintomi, alternati a periodi di latenza, dipendono
dalla localizzazione dell’ulcera (stomaco o intestino) e sono
caratterizzati da un dolore a crampo, un senso di bruciore (urente,
corrosivo), leggeri gorgoglii, dolori laceranti, nausea oppure
sensazione di fame o pienezza addominale. Le numerose ricerche
sull’ulcera peptica hanno messo in evidenza risultati e opinioni
molto diverse. Alcune funzioni gastriche, la
motilità, il flusso sanguigno e la secrezione sono sempre
strettamente connessi, al di là dei vari orientamenti scientifici,
all’attività di processi nervosi e allo stato emotivo prevalente.
Alcuni sentimenti come l’aggressività e il
risentimento accelerano il transito del cibo nello stomaco, mentre
l’ansia e le emozioni forti inducono a “contrazioni” e
rallentano il transito del cibo. L’ansia, i pensieri depressivi o
il pessimo umore riducono le secrezioni di acido cloridrico, la
motilità e il flusso sanguigno nello stomaco. Gli stati emotivi
conflittuali, che generano ostilità e tendenze aggressive, aumentano
la secrezione gastrica e, se persistono, creano alterazioni della
mucosa: il contatto costante con i succhi gastrici può dare avvio ad
una formazione ulcerosa. La letteratura psicosomatica descrive
l’ulceroso non solo come un uomo ambizioso, senza scrupoli
concentrato sul successo, con un forte bisogno di essere riconosciuto
e ammirato, ma anche una figura estremamente sensibile al rifiuto, al
timore della sconfitta, alla paura dei cambiamenti irreversibili e,
soprattutto, della solitudine.


osa
fare.
Oltre al trattamento medico standard per favorire la riparazione
della mucosa, saranno utili colloqui concentrati sull’attuazione
dei cambiamenti nella vita quotidiana del soggetto facilitando,
inoltre, l’espressione dei propri bisogni senza il timore di essere
giudicato. Anche le metodiche distensive sono utili per l’ulceroso,
in quanto è estremamente importante che il soggetto iperattivo
impari che è possibile avere una vita dinamica anche in uno stato di
rilassamento.
Un
piccolo “sorso” di collera
RABBIA.
Segnala conflitti, contrasti di lavoro, contrasti familiari,
contrasti d’amore, giudizio degli altri, speranze e attese deluse
sono eruzioni emotive che possono essere direttamente espresse o
trattenute. La rabbia può essere una manifestazione immediata
(ira, collera, aggressività) o
controllata (rancore, odio, frustrazione)
… un corpo “soffocato” è spesso il segno gli istinti
aggressivi che non hanno avuto la possibilità di esprimersi …
porta alla somatizzazione o alla depressione; la
“vendetta” - prodotta dalla rabbia covata e non espressa - è
acida e corrode: si mandano giù bocconi amari e insulti vari …
l’ulcera parla di bocconi amari, di un bruciore interiore intenso
(fuoco emozionale) … soggetti combattuti tra la fame di
successo e
il bisogno di essere “nutrito”, attenzione e cura:
un continuo
bisogno di conferme esterne,
un conflitto tra autonomia e dipendenza.


’essere
umano, sappiamo, non manda giù solamente pane e companatico, egli
inghiottisce anche l’umiliazione, la delusione per la sua mancata
realizzazione o promozione, una catastrofe finanziaria o affettiva e
tanti sentimenti di colpa. Paradossalmente, l’organo della
digestione, cioè lo stomaco, si comporta come se dovesse realmente
digerire tutto ciò, come se fosse di fronte a un succulento pasto.
Produce dunque il suo acido gastrico, che in questa situazione è una
sostanza corrosiva non necessaria, la quale col tempo attacca la sua
mucosa: lo stomaco in pratica mangia se stesso.
In realtà, la secrezione e la circolazione di tale organo viene
influenzata in maniera determinante da reazioni emotive e particolari
stati d’animo (fame di amore, affetto, stima, rispetto, rabbia,
collera, autonomia, dipendenza). Lo Lo
stomaco, pertanto, partecipa a reazioni di cui il soggetto, molto
spesso, non ha consapevolezza. Se lo
stomaco produce acido cloridrico ma non riceve nulla, nessun cibo
scende a riempirlo, tale sostanza prodotta, tuttavia, non può
neutralizzarsi, quindi, insorge un pericoloso funzionamento a vuoto:
i conflitti aperti o nascosti si esprimono attraverso un preciso
segnale ammonitore, cioè con un disturbo allo stomaco. Molto
spesso, si riscontra nei malati di stomaco, dopo una lunga terapia
priva di successo, una guarigione in maniera spontanea, a volte, del
tutto inattesa. Tale guarigione, apparentemente miracolosa, diventa
comprensibile solo quando si prendono in esame le condizioni e
cambiamenti di stili di vita del paziente. Chi soffre di mal di
stomaco si riconosce già dal suo aspetto esteriore. Egli
non è quasi mai grasso, mai corpulento, a livello costituzionale è
slanciato, pallido, sottile. Di solito è un individuo che prende
“troppo” sul serio le cose della vita: è alle prese con un
continuo rimuginare. Estremamente sensibile, nervoso, facilmente
irritabile. Si preoccupa dentro di sé, si dedica al lavoro più
degli altri, cerca in maniera spasmodica continuamente successo,
affermazione e riconoscimento, in breve, ha una vita caratterizzata
da un ritmo vorticoso e un’attività molto intensa con il continuo
rodersi interiore caratteristico appunto di chi soffre di stomaco.
Anche l’aggressività in questi soggetti è particolare e
“corrosiva”. E’ contorta, indiretta, cova interiormente ed
emerge a fatica (trattiene le cariche aggressive). Qualora Qualora
dovesse venire a galla, però, è particolarmente graffiante, piena
di sarcasmo: si potrebbe definire un’aggressività al “vetriolo”.
l motivo di tale strategia nasce dal fatto che questi individui sono
legati a un doppio filo (la dipendenza) a situazioni e a persone di
cui soffrono nel fare a meno; ecco perché, quando si arrabbiano, in
qualche modo tendono a trattenersi: temono di rovinare il rapporto e,
quindi, trovarsi soli. Può accadere che reprimano i loro desideri,
che possono restare inconsapevoli e addirittura non trovare alcuna
forma espressiva, compensati da una esibita affermazione di
autonomia; ma può anche accadere che li esprimano apertamente e si
scontrini con l’incomprensione da parte del loro ambiente
circostante. I tipi di personalità risulteranno, nei due casi,
opposti, ma in entrambi ci sarà comunque un certo grado di
frustrazione, in relazione al desiderio di ricevere, affetto,
attenzione. Anche a livello sessuale è presente la dimensione
conflittuale, e dunque i rapporti saranno vissuti in modo
estremamente ambivalente. In realtà, vuole
affermare la propria autonomia e al tempo stesso cerca la dipendenza,
attivando meccanismi spesso carichi di aggressività, quasi sempre
repressa o magari assente, proprio per paura di restare deluso nel
proprio bisogno d’amore. Non dobbiamo dimenticare che vive
in uno stato di profonda dipendenza, di cui però ha molto timore e
che vuole nascondere a tutti i costi. Un tale individuo può apparire
come il tipico soggetto “rampante” ma è invece particolarmente
spaventato dall’idea che qualcuno possa accorgersi della sua grande
esigenza di rassicurazione.
osa fare.
Le metodiche terapeutiche sono tantissime,
molto efficaci anche come prevenzione: alimentazione, agopuntura,
rilassamento … ma, soprattutto, è importante che la persona
impari, attraverso un aiuto qualificato, due elementi fondamentali:
chiedere agli altri ciò di cui sente il bisogno – superando
la paura di ricevere un rifiuto – e essere meno pretenzioso e
severo con se stesso.
a
RABBIA … permette in qualche modo di affermare le proprie posizioni
… se la fai uscire, se ne va anche la gastrite! … quando si cerca
di far tacere la rabbia per troppo tempo, il corpo trova sempre la
sua modalità espressiva: un modo di esprimerla per vie traverse …
la rabbia nasce sempre quando per troppo tempo ci si è voluti
adeguare a un ruolo, un modello o a un personaggio perfetto:
coerente, altruista, tranquillo, moderato, piuttosto bravo. …
permette in qualche modo di affermare le proprie posizioni … la
rabbia, agendo sul ritmo cardiaco, fa aumentare la circolazione
sanguigna , quindi, calore e gonfiore (infiammazione).
pesso
il malato di stomaco non ha bisogno di dieta ma di imparare a
sviluppare la capacità di accogliere e “digerire” tutto ciò che
incontra … lo stomaco è davvero un “sismografo” per molti
stati emotivi; sono i conflitti aperti o nascosti a comandare male
questo organo: “fame” di amore, affetto, stima, offesa, rispetto
possono provocare un aumento della secrezione gastrica, proprio come
la fame di cibo.
Quando
i pensieri inquieti fanno “CORRERE”…
na
lotta inconscia tra bene e male … un fenomeno che dà voce al
bisogno di rimuovere contenuti emotivi vissuti come inaccettabili,
“sporchi” … se le necessità più intime e vere sono represse o
sacrificate all’altare dei “doveri”, l’intestino si ribella
per riportare il colitico sulla giusta strada… l’intestino sconta
spesso i sensi di colpa … pentirsi per quel che si è fatto!!!

a
colite è una delle malattie nelle quali osserviamo con maggiore
evidenza come nel corpo la “parte bassa” (intestino - istinto)
possa farsi carico di ciò che la “parte alta” (psiche - ragione)
non riesce a contenere e a elaborare completamente. Un’infiammazione
dolorosa, tanto bruciante quanto silenziosa che, oltre a raccogliere
in un attimo tutta la sofferenza umana, svela il malessere e il
disagio emotivo di una personalità complessa e introversa.
L’intestino è un organo fragile, facilmente
attaccabile e particolarmente sensibile ai cambiamenti:
alimentazione, stress, ritmi quotidiani e cattive abitudini.
Pensieri, tensioni, delusioni, impulsi e pene si smarriscono,
improvvisamente, nel labirinto oscuro della massa intestinale.
Una motilità intestinale - accelerata quando si è tesi - davvero
capricciosa che non conosce età, ragioni e stagioni. Colpisce, il
più delle volte, a tradimento, senza un preavviso, in modo originale
e soggettivo. Una dittatura che si manifesta, come dicono gli
specialisti, con un “alvo alterno”, cioè con l’alternarsi di
periodi di stipsi serrata e di scariche diarroiche. Questi malesseri,
lentamente, iniziano a dettar legge e a condizionarci con tutta una
serie di limitazioni che sconvolgono il nostro stile di vita in senso
restrittivo. Spasmi involontari e fitte
improvvise arrivano quando siamo assaliti da timori, paure e
condizionamenti, ci sentiamo sotto esame, crediamo di non essere
all’altezza della situazione e, soprattutto, di non essere
abbastanza bravi … siamo attanagliati dai complessi di colpa e
avviliti dai sensi di inferiorità. Spesso,
queste patologie invalidanti, sono più gravi dal punto di vista
psicologico che fisico, minano infatti l’immagine di sé e quindi
le basi dell’autostima: una spia che rivela una mente sensibile e
un profondo disagio emotivo ignorato. Un
segnale inequivocabile di uno stile di vita conflittuale, non
ascoltato, che riversandosi sulla pancia ci spinge a “correre”
subito ai ripari: segnala che qualcosa non va nei nostri
atteggiamenti e nel nostro modo di essere.
n “grido di
dolore” perché, da tempo, neghiamo una naturale dimensione
espressiva … annulliamo le fantasie, soffochiamo le passioni e
reprimiamo i desideri. Un modo maldestro di ingabbiare l’ansia e
l’angoscia. Questa strategia di “contenimento”, anche se a
livello sociale rende più presentabili e docili, può creare
squilibri nel ricambio organico. Ne soffrono perlopiù le persone
ansiose, più aumenta la tensione, maggiori sono i disturbi vissuti.
Una pancia “imbarazzata” che protesta per i nostri errori,
tratteniamo emozioni e manteniamo in vita false identità. Una
pancia ferita dagli affetti che, con il suo dolore improvviso o
costante, condiziona anche l’efficienza mentale. Quando
tale malessere non è imputabile ad ormoni sessuali
(menopausa-stipsi), a infezioni batteriche o virali, è proprio il
caso di dire che la tensione gioca un brutto scherzo alla dimensione
intestinale. Un’altra protesta dal “basso” è la stipsi. Gonfio
e chiuso, l’intestino va al rallentatore, anzi si blocca per
giorni se non per settimane. Tale stato, spesso accompagnato da
tratti depressivi, segnala che siamo “isolati”, troppo calati
nella dimensione del “trattenere” e del “conservare”… così
attaccati alle cose, alle nostre convinzioni, da non riuscire a
“liberarci” neppure nel senso fisiologico del termine. Un
intestino intasato corrisponde, spesso, ad un cervello sovraccarico e
incapace di staccarsi dal vissuto quotidiano (autocontrollo e ruminio
interiore). Esprime, in chiave
simbolica, un rapporto con il proprio ambiente caratterizzato dal
controllo eccessivo, da una coscienziosità ostinata e da un agire
offuscato dalla diffidenza. Le scariche,
invece, colpiscono e arrivano nei momenti meno opportuni, rendendoci
vulnerabili e insicuri … viene messa in discussione la capacità di
“assimilazione” in tutti i sensi. E’ un modo di sottrarsi a una
situazione percepita come pericolosa per il proprio equilibrio
psicofisico. Secondo la medicina psicosomatica è una
condizione fisiologica di chi ha la tendenza a “mandar sempre giù”.
Un prezzo che si paga per continuare a “far finta di niente” …
trattenere rabbia e rancore: pensieri che
ingorgano la psiche e infiammano l’intestino.
i solito le
modificazioni metaboliche intestinali sono influenzate da conflitti
psicologici che ruotano intorno al tema di “non scelta”. Il
colitico, infatti, è combattuto sul prendere decisioni, di scegliere
liberamente, a vivere e a esprimere le proprie scelte. Tende ad agire
in un certo modo non per se stesso, ma per conformismo, per far
piacere all’altro, per sbalordire o per spirito di sacrificio.
Quando poi la perturbazione intestinale è generata direttamente da
comportamenti affettivo - emozionali bisogna prendere in
considerazione lo sviluppo psicosessuale perché anch’esso -
inibito, intrappolato e ingabbiato sul piano mentale - può influire
sull’aggressività e, quindi, complicare ulteriormente la
situazione attraverso uno stato cronico di allerta.
osa
fare. L’esercizio fisico graduale e continuo, alcune
ricerche lo confermano, mette al riparo il tratto di intestino
predisposto alle infiammazioni. Anche una corretta alimentazione può
rappresentare un punto fondamentale nella prevenzione e nel
trattamento vero e proprio di questa affezione che è sempre una
manifestazione soggettiva. Le tecniche distensive sono utili perché
insegnano gradualmente a rilassare la muscolatura, far scorrere tutte
le energie che ristagnano nell’organismo e, soprattutto, a liberare
la mente dai pensieri ingombranti (pensare poco ma agire molto).
Anche una psicoterapia ad indirizzo
psicosomatico - metodica terapeutica solitamente non gradita a questi
soggetti in quanto l’alto grado di diffidenza e il senso di
sfiducia che li accompagna costantemente non permette loro di
avvicinarsi a tale esperienza - oltre ad aiutare ad interpretare
correttamente i messaggi che la pancia invia, può stimolare la
fiducia in se stessi, favorire in maniera più vantaggiosa i rapporti
con gli altri, allenare ad essere più “sinceri”, spontanei,
naturali e autonomi … una cura che ridà benessere all’intestino
passando prima, se vogliamo, dalla ”parte alta”.
…
con la scarica diarroica
si cerca in qualche modo di purificarsi (allontanare, scaricare) da
idee e contenuti mentali inaccettabili, vissuti come “sporchi”.
CONCLUSIONI
e piccole CURIOSITA’.

i
vuole davvero “stomaco” diceva qualcuno! Nel corpo gli stati
emotivi diventano molecole, sostanze che successivamente saranno
eliminate attraverso gli organi emuntori. Sono
numerose le situazioni in cui si è obbligati, controvoglia
(contro - stomaco), a mandar giù
bocconi amari. Costretti
a gestire e tollerare situazioni fastidiose, eventi frustranti,
imboccare un vicolo cieco: sembra non esista un’altra via d’uscita.
Tener testa persino a situazioni insostenibili … bocconi amari,
pensieri, ricordi, rapporti sbagliati, una vita e relazioni indigeste
… vuote e fredde!!!. Proprio
all’interno di questo organo, in questo otre nascosto, con tutti i
suoi segreti, si compie sia la digestione vera e propria sia
l’elaborazione del contenuto mentale connesso a certe situazioni
… alcune cose, certi comportamenti,
alcuni eventi e sentimenti (troppo
“pesanti”) rimangono in stand by
(come sospesi). A non essere assimilati
spesso non sono solo gli alimenti ma anche i pensieri che per
analogia potrebbero essere definiti le “feci della mente”.
Lo stomaco, infatti, è il grande laboratorio dove cibo e pensieri
vengono “sapientemente digeriti”. Questo organo compie un rituale
di purificazione ogni volta che si libera, evacua rifiuti organici e
contenuti psichici. La stitichezza è
simbolo di una tendenza a conservare le dimensioni psichiche che si
temono di più … la scarica diarroica ripulisce la coscienza
sporca. Liberarsi
in modo rapido e quasi violento delle feci come avviene nel caso
della diarrea è un modo per ripulire la coscienza da tutti quei
contenuti che la rendono “impura”:
pensieri meschini, desideri volgari,
impulsi violenti o fortemente trasgressivi, antisociali.
Difficoltà a conoscere se stessi, disagi psicologici non affrontati
sono solo alcuni elementi responsabili dei vari disturbi
dell’apparato digerente. Secondo la
cultura popolare ha fegato chi dimostra coraggio, resistenza e,
soprattutto, capacità di incassare. Il fegato, infatti, è l’organo
che simboleggia il coraggio e la resistenza, non a caso è impegnato
nella “distillazione” delle sostanze nutritive e nella
distribuzione delle energie.

’ uno
dei pochi organi in grado di rigenerarsi e di mantenersi giovane nel
tempo. Quando però si tende a pretendere troppo da se stessi,
abusare delle proprie forze, lo stress e l’ansia si fanno sentire.
Bruciori intestinali, difficoltà digestive, gonfiori possono
comparire con una certa insistenza. L’aumento dell’acidità
gastrica e l’abbassamento delle difese della parete di tale organo
raccontano di una evidente difficoltà a gestire la carica
aggressiva. Nelle situazioni di prolungata tensione emotiva l’acido
cloridrico, elemento fondamentale nel processo digestivo, viene
prodotto in eccesso, anche quando non è necessario. Crampi
addominali, aerofagia, eruttazioni, stipsi o diarrea, bruciore allo
stomaco, sempre di corsa con lo stomaco stretto e dolorante, in una
morsa d’acciaio. Il tutto può
succedere nelle situazioni in cui è difficile gestire la propria
carica aggressiva, così la rabbia trattenuta “lavora” senza
tregua all’interno … mandar giù bocconi amari per non ferire
familiari o colleghi. Tipici malesseri
di chi, oltre ad imporsi una ferrea disciplina, mette sempre al primo
posto il dovere e l’inflessibilità. Uno scambio con l’ambiente
circostante limitato, poco equilibrato, di paura degli altri, ma
anche di un comportamento sempre sulle difensive che rende rigidi,
per nulla malleabili e poco adattabili ai vari cambiamenti della
vita. Mai perdere il controllo della situazione: perfetti sempre e
comunque. Non ci si concede, né ci si
perdona errori, cedimenti. E allora, giù la maschera, siamo sinceri,
molla il controllo, basta trucchi, largo al colpo di testa … basta
recitare comportamenti e ruoli non propri, soffocare in tal modo
desideri, spontaneità e naturalezza: altrimenti
vanno in scena i dolori (di stomaco). Si
è particolarmente intransigenti verso se stessi (e gli altri) …
ansiosi di essere sempre una guida e d’esempio agli altri. Cosa
si nasconde dietro il malessere digestivo?
Perché questi organi deputati alla digestione si ammalano?
Ricordiamo che l’apparato psichico (le
emozioni più autentiche bloccano
l’intestino) è il primo motore della
digestione: stomaco, intestino e fegato scontano tensioni e stress
ma, soprattutto, una forma di pensiero “zavorroso” che li
appesantisce giorno dopo giorno. In
questo modo la vita quotidiana diventa davvero indigesta. Digerire
significa anche assimilare ciò che ci circonda. Il cervello, quindi,
la fa da padrone. Tollerare, accettare, elaborare, assimilare sono
“elementi” che si addicono al cibo quanto ai vari processi
mentali … bisogna svuotare la mente per alleggerire lo stomaco.
Secondo questa concezione, ne deriva che ad attivare o a bloccare la
digestione, può essere sia il mangiare sia un pensiero …
un’emozione che a esso simbolicamente si associa o si sostituisce.
astrite, nausea, acidità: i segnali
dell’organo principale della digestione rivelano una difficoltà ad
amarci e ad accettare le proprie emozioni più naturali e spontanee …
un rospo che proprio non va giù. Spesso la colpa è di una cattiva
respirazione legata all’ansia, ma anche di un atteggiamento
famelico e avido che spinge a portare dentro in fretta il cibo per
riempire un vuoto angosciante (si veda
“Obesità”) … l’areofagia segnala un conflitto tra il
bisogno di riempirsi e la resistenza ad accogliere ciò che viene
dall’ambiente circostante. Chi ha difficoltà digestive fatica a
prendere posizioni e a vedere il mondo come uno spazio ricco di
opportunità … così questo soggetto rimane sempre indeciso e
confuso su chi è e sul da farsi. Ha paura delle novità e
dell’ignoto, non cambia idea … segue sempre le abitudini.
Correlazione viso – apparato
digerente. L’aspetto
del viso segnala disfunzioni, riflette sempre la condizione fisica,
lo stato generale di salute degli organi interni. Se riusciamo a
leggere il viso possiamo comprendere le condizioni dei nostri organi
interni. I segni sul viso, pertanto, corrispondono all’eliminazione
delle tossine in generale (diagnosi).
Studiando il viso è possibile comprendere lo stato di salute degli
organi interni ma anche, se vogliamo, correggere tali disfunzioni. Se
si osserva attentamente il viso, in particolare la bocca è possibile
comprendere cosa rivelano gli organi digestivi si sono indeboliti:
hanno perso la loro capacità di elaborare e di assorbire. Il labbro
superiore gonfio ci segnala la condizione dello stomaco, mentre il
labbro inferiore (gonfio e sporgente:
costipazione cronica) corrisponde al
Tenue e al Crasso.Anche un cambiamento (foruncoli = accumulo di grasso) della parte centrale della fronte è un segnale degli intestini Tenue e Crasso (eccessivamente dilatati). La zona, invece, tra le sopracciglia (solchi verticali, foruncoli: accumulo di grasso) segnala la condizione del fegato. Gli angoli della bocca corrispondono al duodeno. Un cambiamento di colore alle labbra segnala problemi digestivi. Anche la lingua segnala una certa disfunzione (punta: Tenue e Crasso; radice: Stomaco). Nell’estremità esterna delle sopracciglia (viso esterno) si esprime la Milza. Una carnagione del viso color giallastra indica disturbi al fegato, cistifellea e pancreas.
ruxismo.
Di giorno trattieni la rabbia e le parole non dette, di notte invece,
in silenzio, vorresti aggredire, ti prepari per addentare qualcuno …
sfreghi i denti … sentimenti aggressivi non espressi nel momento
opportuno con il diretto interessato trovano voce solo di notte.
tipsi.
Un problema che non riguarda solo l’intestino, ma
soprattutto emozioni, affetti e tutto uno stile di vita: un vero e
proprio atteggiamento mentale, uno specifico modo di essere … è un
disturbo che mette in risalto tratti di una personalità controllata,
trattenuta, chiusa, tendente all’avarizia e alla gelosia … molto
sensibile al giudizio altrui … soggetti sempre pronti, in ogni
occasione, ad offrire un’immagine “pulita” e di grande
rettitudine … nel colitico invece domina la voglia di trasgredire,
ha spesso cattivi pensieri (natura sessuale), teme le responsabilità
per cui è ben felice di delegare (paura di essere giudicato, di non
essere all’altezza delle cose), la sua aggressività è indirizzata
male, dipendente e con un linguaggio il più delle volte spinto
(parolacce, espressioni volgari. erofagia.
Deglutire aria in grande quantità - un ‘bulimico’ d’aria - e,
nel contempo, ingoiare parole per timore della loro validità e
fondatezza, ma anche un tentativo di coprire il “nulla”, i
“silenzi” con le parole (un perfetto chiacchierone): bisogna
imparare ad ascoltare di più! Soggetti (ansiosi e frettolosi) che
anticipano le difficoltà e le pressioni esterne, hanno problemi
nella gestione delle responsabilità e degli impegni lavorativi … Un
aiuto naturale: Ficus carica MG, Tilia tormentosa MG e Rosmarinus
officinalis.
Anoressia.
Visione distorta dell’immagine
corporea e rifiuto della propria femminilità perché non
riconosciuta e stimolata da una figura di riferimento non disponibile
(solo critiche, aspettative e una grande competizione) … grave
conflitto relazionale madre-figlia (non vuole essere come lei ma per
essere accettata deve assomigliarle): un personaggio che si sente
tagliato fuori, escluso dal rapporto familiare. orbo
di Crohn (intestino
tenue: ileo). Soggetti costretti a vivere dinamiche sociali
forzatamente, subiscono in silenzio le aspettative altrui reprimendo
rabbia e frustrazione: una lotta continua tra sottomissione e
ribellione … offrono un’immagine di se stessi “pulita”,
tranquilla e pura. rnia
iatale (stomaco: parte
“bassa”, mondo degli istinti). Un mondo emotivo che con forza
vuole esprimersi perché troppo a lungo represso … un soggetto che
ha subito eccessive sottomissioni e parecchi divieti: reclama più
spazio, vuole farsi largo in un ambiente che lo limita. eteorismo
(gas, gonfiore, fermentazione intestinale). Un eccesso di
attività mentale, difficoltà a “concretizzare” il pensiero: un
rimuginare continuo sugli stessi pensieri (personalità ossessiva) …
ingigantire personaggi o certe situazioni di poca importanza … un
soggetto insicuro che tende a trattenersi, non vuole esporsi perché
teme critiche e giudizi, non vuol lasciare trasparire nulla di se
stesso se non un’immagine esagerata (“pallone gonfiato”). ausea.
Quando si presenta troppo frequentemente segnala una
sensazione di disgusto, una gran “voglia” di vomitare, di dire
no, di rifiutare … avversione verso relazioni, situazioni o persone
(pensieri e idee che fanno venir la nausea perché ci si sente
minacciati, fanno in qualche modo paura … fenomeno che segnala un
atteggiamento di accondiscendenza verso situazioni ed impegni anche
quando non sono condivisi. calasia
(rallentamento del cibo verso lo stomaco: deglutizione
dolorosa). Incapacità di far passare, di assimilare, di riceve, di
accogliere e far passare il cibo ma anche integrare cose, idee e
nuove situazioni: non si riesce più a “deglutire” (la gola si
chiude ai liquidi e ai solidi) … sensazione di essere criticato,
giudicato, ridicolizzato, umiliato di fronte ad una “platea”.
cidità
di stomaco. Non
bisogna mai dimenticare che questa area rappresenta la capacità di
accettazione: accettare o non accettare (cibo ma anche situazioni,
cose, idee) … sensazione di essere dominati, paura, inquietudine e
preoccupazioni accompagnato le giornate: cose che non si riescono a
gestire, a controllare.
elicobater
pylori
(batterio presente nello
stomaco, si pensa sia responsabile dell’ulcera). Trova forza e
terreno fertile in tutti quegli individui che sperimentano un senso
di abbandono o di impotenza nei confronti di certe situazioni che
“corrodono”: un insieme di contrarietà, di insoddisfazioni
familiari e lavorative, di rabbia, di collera e di ansia … questo
batterio, inoltre, è stato da un po’ di tempo - secondo alcune
ricerche accreditate - rivalutato in quando produce una proteina (Hp2
- 20) in grado di riparare le lesioni gastriche (la presenza del
batterio può essere individuata attraverso l’analisi del sangue e
del respiro) … non dimenticare che la Propoli
può essere utile:
inibisce questo batterio e abbassa l’acidità … riso, carota,
zucca, mela, banana, albicocche e broccoli rinfrescano e gestiscono
infiammazione … mentre l’insalata e patate assorbono l’eccesso
di acidità.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.
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