PERSONALITA'
DEPRESSIVA (male oscuro).

ntra
in scena lentamente con un atteggiamento di chiusura verso le cose:
una sfiducia che affoga la mente; condizione di scarsa reattività
mescolata a profonda stanchezza, mente dominata da una profonda
delusione, un continuo rimuginare e persistenti lamenti, pessimismo,
autoaccuse, ricerca spasmodica di riscatto e conferme, lettura della
realtà completamente irrealistica, iperattività fisica e mentale.
Un fenomeno che nasce spesso da una routine troppo piatta e porta
all’apatia, al vuoto, fino a sfociare nel quadro clinico
depressivo. Il corpo invia segnali per far capire che qualcosa non va
nella propria esistenza: insonnia, stipsi, dolori muscolari, mal di
testa, perdita della libido, disturbi alimentari, oppressione al
torace, pensieri di morte dominano completamente il palco. Ma chi
sono i “MANDANTI”? Una figura di riferimento assente o
insufficiente (anche la figura maschile è incompleta o distratta)
che crea un incolmabile vuoto d’amore; chi non ha vissuto
sentimenti di confidenza, intimità e gratitudine non potrà mai
sentirsi degno di affetto, stima e considerazione. Una sofferenza del
tutto involontaria, un vissuto di ricatti, un affetto pagato con il
sacrificio e schiacciato da richieste, aspettative, imposizioni; il
depresso proprio per il suo infinito bisogno d’amore nei rapporti è
petulante, disfattista, insoddisfatto, noioso e passivo: oltre a
colpevolizzarsi continuamente appare un vero e proprio “demolitore”:
ogni cosa ai suoi occhi sembra perdere senso … uno stato
utilizzato dal corpo per “fermare” quando l’esistenza non
esprime le vere potenzialità, un percorso di vita inadeguato e di
rinuncia a se stessi: un corpo che reclama il suo spazio di libero
movimento … rivuole la sua energia!
l
“male oscuro” segnala un senso di fallimento, una vita vuota,
senza entusiasmo e passione, che non piace, spinge ad isolarsi, ad
essere sempre in un altro posto o tempo (passato o futuro, mai nel
presente), annulla autonomia e movimento, odia i rumori e la luce: un
vero campione nel procurare tristezza e spegnere la vita.La
depressione, semplificando di parecchio a livello descrittivo e
teorico, può essere divisa in monopolare (l'umore è costantemente
basso, il ciclo sonno - veglia alterato e un importante rallentamento
psicomotorio) e bipolare (con toni dell'umore che passa da alti a
bassi: sintomi depressivi e maniacali, tristezza delusione e angoscia
alternati a euforia, loquacità, irrequietezza e idee di grandezza).
Abbiamo anche altre versioni:
eattiva.
E'
un tipo di depressione che prima o poi tutti la sperimentano, perché
è legata agli eventi della vita (lutto, delusione, fallimento
economico, solitudine, malattia). In questo caso è una reazione alla
perdita di qualcosa, di qualcuno o di un ideale. Strettamente
collegata ad una situazione dolorosa
di
perdita in conseguenza della quale l'umore crolla verso il basso.
Caratterizzata da instabilità emotiva, ansia e insonnia.
ascherata.
Il
suo modo di manifestarsi può ingannare, in quanto il malessere
psicologico è nascosto da sintomi fisici. Una cefalea persistente,
oppure una S.P.M. Dolorosa (sindrome pre mestruale: S.P.M.) spesso
nascondono una depressione. L'originalità di questa forma depressiva
sta nella difficoltà di riconoscerla. L'atteggiamento relazionale
varia a seconda della situazione in cui ci si trova, senza
particolari sbalzi d'umore. Le fantasie e i sogni sono rari e legati
ad eventi della giornata. Il disagio si avverte con diversi sintomi
fisici: insonnia,
nausea, dolori all'apparato locomotore e dell'apparato
cardiocircolatorio.
Il soggetto che ne soffre ricorre continuamente a visite
specialistiche ed esami clinici sempre più sofisticati, per avere
una diagnosi che diventa impossibile seguendo la strada della
patologia organica. Non esistono esami di laboratorio, prelievi di
sangue, radiografie o esami istologici che possono aiutare a
diagnosticare questo malessere depressivo. E'
un disagio che non si vede ad occhio nudo, non si vive più in
funzione di se stessi ma sempre in funzione dell'opinione altrui ...
si giustificano continuamente le proprie azioni e si è sempre
accompagnati da un intenso bisogno di essere approvati.
ndogena.
E'
forse la forma più grave ma per fortuna più rara. Alla base c'è
sempre un grave disturbo della personalità che fa sprofondare il
soggetto in uno stato malinconico importante e in una apatia
catatonica, paralizzante.

a
depressione monopolare.
E'
uno stato emotivo caratterizzato da tristezza, scoraggiamento,
disperazione, un abbassamento generalizzato della vitalità e perdita
del gusto di vivere: una condizione che influenza la mente, il corpo
e il comportamento. La vita appare grigia noiosa, in bianco e nero,
priva di sapori, di una trama … davvero
insensata, ogni attività diventa un peso, anche quella che un tempo
era motivo di entusiasmo e di divertimento ... ore per vestirsi o per
prepararsi semplici spuntini.
Una trasformazione peggiorativa dell'umore e degli affetti, un
pessimismo che porta all'immobilismo o all'irrequietezza accentuata.
Diventa faticoso portare avanti le attività consuete elementari e
gli atteggiamenti dominanti sono quelli della rinuncia, della
preoccupazione e della inadeguatezza: schiacciati
letteralmente da piccole responsabilità della vita quotidiana.
Per alcune persone diventa uno sforzo persino a mangiare mentre per
altre il cibo è un sollievo: ingoiano
voracemente di tutto, soprattutto dolci e alimenti ad alto contenuto
calorico.
I sintomi che dominano questo quadro clinico sono: sentimento
di tristezza e pessimismo, scarso interesse per il futuro,
svogliatezza e perdita di interesse, chiusura in se stessi,
diminuzione dei rapporti sociali, modificazione dell'appetito,
alterazione del ritmo del sonno, irrequietezza e diminuzione di ogni
attività, difficoltà di concentrazione, di assumere decisioni e
responsabilità … controllati da un insistente senso di inutilità
o di colpa, dominati da pensieri tetri, di morte o di suicidio.
Tale fenomeno mentale acuto, infatti, implica rallentamento del
pensiero, diminuzione del senso di piacere (anedonia), sensi di
colpa, avvilimento, disperazione, apatia, disturbi alimentari e del
sonno. Sensazioni corporee spiacevoli con vere e proprie
somatizzazioni … testimonianza
fisica della sofferenza (sensazione
di vuoto interiore, di oppressione allo stomaco, problemi
intestinali).
on solo l'umore costantemente triste è un sintomo
rilevatore, ma sono presenti anche lacrime facili (la commozione
arriva troppo facilmente, si piange per un nonnulla), vuoto mentale
(si è assenti, il pensiero vaga senza meta, colmi di sensi di
colpa), svogliatezza (la stanchezza diventa cronica, tutto diventa
faticoso) e indecisione (ogni scelta, anche la più banale, diventa
una impresa titanica). Come abbiamo potuto vedere, il nucleo centrale
della depressione consiste in una marcata deflessione del tono
dell'umore e solo se alcuni sintomi sopraelencati si manifestano
insieme quotidianamente, per un periodo di tempo relativamente lungo,
causando disagio notevole possiamo considerarla tale. L'attività
mentale (fisica) può essere sia molto accelerata sia rallentata.
A volte è presente una agitazione molto fastidiosa in cui sembra
davvero impossibile riposare: stare seduti o fermi. Poi si è sempre
stanchi e privi di energia: alzarsi
al mattino è un'impresa davvero difficile, richiede uno sforzo
enorme (iniziare la giornata è un'impresa davvero difficile), sembra
di non aver riposato per niente.
In queste condizioni non si è in grado di far fronte alle piccole
attività domestiche o quelle lavorative: tutto
viene trascurato, anche la cura e l'igiene personale perché manca
completamente l'energia.
L'autostima è sotto terra, l'auto svalutazione non manca mai come
ingrediente principale dell'umore basso, ci si sente in colpa per
ogni cosa, anche di cose che sono al di fuori delle proprie
competenze … di
essere responsabili persino della propria malattia.
La mente è a dir poco paralizzata, alterata, confusa ed annebbiata,
l'attenzione sull'attività lavorativa è inesistente e ballerina,
perché i pensieri sono tutti concentrati sul proprio senso di
inutilità, di rammarico e di auto svalutazione … è
presente una profonda incapacità di futurizzarsi.
A volte sembra manifestarsi senza motivi e tantomeno una spiegazione
razionale ... pare davvero un'affezione invisibile.
a per i più
attenti non può passare inosservata perché il soggetto è sempre
triste, sfiduciato, cupo, senza speranza, non desidera nulla e,
soprattutto, perde il senso delle cose. Oltre a sentirsi colpevole e
sacrificarsi per ogni cosa, non credere in se stesso, di non valere
nulla e con un'autostima completamente azzerata, pensa che nella sua
esistenza nulla si possa cambiare e che nessuno lo possa aiutare.
Questa è la vera difficoltà per ogni professionista a far uscire il
depresso dal proprio "pantano" esistenziale. La depressione
trova nell'atmosfera familiare un terreno predisponente. Un buon
rapporto con la figura di riferimento sereno, una vera accettazione,
una adeguata sensibilità ai segnali del piccolo, allontanano la
struttura depressiva. Con tali atteggiamenti di confidenza e di
intimità il bambino si sente rispettato, rassicurato ed amato, non
avrà nessun dubbio sul suo valore ... può iniziare con sicurezza il
proprio cammino evolutivo. Un punto di riferimento assente,
rifiutante o insufficiente, scostante, assente, freddo e duro nei
modi, inculcherà nel bambino il "sospetto" di non essere
amato, indegno di affetto, stima e considerazione ... non rispettando
le fasi evolutive il bambino si troverà davanti sempre compiti e
situazioni non adeguate alla sua età. Tale fenomeno creerà
disistima e una personalità poco solida, convincerà il bimbo di non
essere in grado di fare niente, ogni cosa che farà sarà un
fallimento e così l'unica cosa che sa fare veramente bene è
rinunciare. Anche la figura di riferimento iperprotettiva fa danni
simili ... si sostituisce al bimbo bloccando ogni suo azione o
iniziativa ... un bambino privato di ogni esperienza diventa
insicuro, fragile, inadeguato e incapace. Possiamo concludere
sottolineando i principali sintomi che denunciano tale affezione. Il
depresso si sente inutile, ha una visione pessimistica della vita e
del futuro, rinuncia facilmente e non elabora più progetti. Perde
la stima di se stesso, può sentirsi colpevole o svalutarsi
(disistima).
Non ha più alcun interesse, pensa alla morte, se non al suicidio in
maniera ossessiva. I pensieri e le azioni sono rallentati. La memoria
è fallace, non riesce a concentrarsi, a prendere decisioni. Il passo
è lento e faticoso, il viso
fisso, assente e triste.
Il movimento fisico lento è spesso mascherato da agitazione e
tensione, che esprimono una grande ansia.
ltri sintomi, meno
specifici, possono arrivare a manifestare una vera depressione:
l'abuso
di alcol o di tranquillanti, problemi dell'alimentazione - perdita di
appetito o bulimia - sonno disturbato, risveglio precoce o insonnia,
grande stanchezza al mattino e tende a scemare a fine giornata.
In altri casi, la sofferenza morale assume l'aspetto di un dolore
somatico: aumento
o comparsa i dolori alla schiena, disturbi digestivi, mal di testa,
stanchezza cronica. La depressione è allora come abbiamo già visto
"mascherata" da uno o più sintomi fisici.
Tale malessere continua a persistere malgrado esami clinici spesso
particolarmente approfonditi e vari trattamenti sintomatici. In
genere scompaiono quando si identifica l'origine
mentale, relazionale, affettiva.
Tristezza invincibile, deprivazione, abbandoni, perdita traumatica,
storie negative di indifferenza, di infelicità e di insicurezza,
rassegnazione, stoicismo e auto sacrificio, separazioni irreparabili,
incapacità di provare piacere (anedonia), mancanza di energia,
disturbi vegetativi (sonno, alimentazione) ecco il vero dramma: cosa
si nasconde dietro lo stato depressivo… persone che avendo subito
una preziosa perdita hanno una grande necessità di essere “nutriti”
emotivamente: troppo sensibili all’abbandono, non tollerano
assolutamente la solitudine … si sentono malvagi, poco
interessanti, privi di valore, disperati e alla deriva; spesso
“gestiscono” le loro sofferenze con vere e proprie attività
filantropiche, aiutando gli altri attraverso ammirevoli iniziative
sociali, in questo modo - facendo del bene - riescono a tenere sotto
controllo il senso di colpa e mantenere in equilibrio la propria
autostima … sono, a dir poco, terrorizzati e angosciati al solo
pensiero di non essere amati, accettati e rifiutati … Seneca
nel suo bellissimo saggio “La brevità della vita” mette in
guardia i “filantropi” che se si concentrano troppo nel dare agli
altri (per compensare una loro carenza) corrono il rischio di
allontanarsi da se stessi, di rimanere senza “risorse”, di
perdere la propria identità!!!
o
sapevate che l’olio essenziale di Rosa, oltre a calmare, stimola in
profondità le emozioni … utile per “gestire” le arrabbiature
(un paio di gocce in un fazzoletto, aspirare l’aroma e via),
mentre l’olio essenziale di Neroli aiuta a far emergere quel mondo
emotivo che tendenzialmente si cerca di tenere ben nascosto e che
dire, in questo particolare stato di stanchezza, dell’olio
essenziale di Rosmarino che rende lucidi e più decisi, non meno
importante è l’olio essenziale di Melissa che stimola a ritrovare
l’amore per la vita, poi c’è l’olio essenziale di Mandarino
che porta un senso di protezione e sposta l’umore verso l’asse
della serenità. Il
trattamento depressivo - facendo sempre attenzione alla funzionalità
epatica - passa anche dalla tavola; si combatte e si stabilizza
l’umore con cereali integrali (orzo e frumento), assumendo legumi
regolarmente (fagioli, soia, lenticchie) e tanta frutta e verdura di
stagione (agrumi, broccoli, spinaci e peperoni).
DISISTIMA
… la posizione del "perdente"


a
disistima esprime una valutazione di sé in negativo, una convinzione
profonda di non avere valore e, soprattutto, di non essere mai
all'altezza degli impegni quotidiani: anche quelli più semplici e
banali. Un individuo che si considera complessivamente incapace, poco
importante e per niente efficiente: regna l'incertezza e domina la
sfiducia nelle proprie risorse. Si pensa, in ogni caso, di non
meritare, nel mondo, un proprio spazio, il giusto piacere, le normali
gratificazioni e il dovuto apprezzamento. La
persona che si svaluta in continuazione è prigioniera di se stessa,
si avvita su se stessa e pensa di non meritare mai un amore speciale.
Fondamentalmente non si accetta, ha paura del rifiuto e della
critica, interpreta male le sue stesse esperienze e si aspetta che
ogni cosa possa trasformarsi in catastrofe. Vede troppe cose
sbagliate in se stessa ed è perennemente spaventata al solo pensiero
che gli altri giungano a vedere nel suo intimo, che possano rivelare
qualche sua imprecisata e oscura "debolezza". Spesso questa
convinzione si radica a tal punto che diventa realtà. Un soggetto
perennemente tormentato dal senso di inutilità e completamente
paralizzato dal chiodo fisso di non farcela, per lui, godere della
vita, diventa davvero un lusso. E' sempre tenuto al palo nel nome
del: "Tanto io non ce la posso
fare" oppure "Queste cose capitano sempre e solo a me".

e siamo convinti di non farcela, di non essere abbastanza forti, di
essere peggiori o inferiori, si avrà sempre paura di sbagliare e,
quindi, prenderà corpo la convinzione di essere inadeguati ed
inutili ... si arriverà davvero secondi al traguardo della vita. E'
un modo di pensare che, oltre a dare un voto negativo a se stessi,
modella completamente l'immagine che si ha della propria personalità
… quel che pensiamo di noi stessi
secondo una visione fallimentare. Dopo
tanto tempo, questo modo di vivere diventa così "normale"
che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo perché è
l'unico stile di vita a cui siamo abituati. Le persone che attivano
abbastanza spesso questo modo di pensare - coinvolgendo i soliti
circuiti cerebrali - si abituano a vivere meno bene, dal momento che
si attendono che le cose vadano male … come
fossero spinti da una dedizione al fallimento, alla frustrazione e
all'infelicità. In tal modo, vengono
privilegiati schemi di ragionamento che equivalgono all'attivazione
dei soliti circuiti nervosi, cui seguiamo senza mai metterli in
dubbio. Questo fenomeno può avvenire, con sfumature diverse, in ogni
settore della vita: sociale, educativo,
familiare, lavorativo e relazionale.
Così, pian piano, si comincia a pensare
di essere meno "intelligenti" degli altri e
facilmente si cade nell'abitudine di prendere dalla vita solamente il
minimo di ogni cosa e di aspettarsi molto meno del dovuto ...
giudizio distorto prodotto dalla propria insoddisfazione e tenuto in
vita da un povero concetto di sé. Chi è in questo stato emotivo
critica gli altri, si lamenta del mondo intero, si chiude in
se stesso, si butta a capofitto sul lavoro (non perché è "bravo"
ma per impressionare e farsi accettare), si profonde in continue
scuse e non ride mai. L'immagine che abbiamo di
noi stessi si forma lentamente e sottilmente attraverso un'intera
storia di accettazione e di rifiuto di cui facciamo esperienza nel
crescere. L'immagine "povera" è modellata dal tempo,
generalmente non siamo consapevoli di ciò che è o di come ci
predispone a guardare noi stessi o il mondo circostante in cui
dobbiamo vivere (quando il mondo diventa
un posto infelice è perché siamo infelici noi!).
Una volta che questa immagine si è consolidata, facciamo ben poco
per essa tranne giustificare le nostre percezioni, i nostri
comportamenti, i nostri giudizi e noi stessi. Facciamo ciò anche se
siamo infelici … come se avessimo
inserito il pilota automatico. La
disistima, inoltre, a seconda della sua gravità, influenza il corpo
con somatizzazioni che vanno dal mal di
pancia al mal di testa, dalle vertigini al malessere cutaneo.


osa
fare.
La disistima, sappiamo, è diffusa come un comune raffreddore, ma è
più difficile a riconoscersi e a guarirsi ... grazie a quel famoso
meccanismo difensivo che sono sempre gli altri ad essere "strani"
(il primo passo verso il benessere, infatti, è proprio quello di
riconoscere la necessità di un cambiamento). Una disposizione
interiore che spinge ad agire in un certo modo e che diventa la vera
causa di turbamento. Non esiste una formula immediata per ottenere un
migliore benessere, ma ci sono alcune cose che possiamo fare e che ci
indirizzano verso un adattamento più vantaggioso. Non si tratta di
essere presuntuosi o vanagloriosi, ma semplicemente non ci si deve
svalutare … è
meglio valutarsi sempre un pochino in più (a proprio favore)
piuttosto che denigrarsi, buttarsi giù!!!
Sbarazzarsi, inoltre, dell'ombra onnipresente di inutilità
depositata dentro di noi, con l'aiuto magari di uno psicoterapeuta, è
un altro passo fondamentale. Non
dobbiamo poi dimenticare che godere appieno la vita migliora
l'immagine che ci facciamo di noi stessi. Sì,
è vero, la depressione non arriva mai con “trombe e tamburi” ma
prima di travolgerci vuole attenzione, si annuncia con “delicati”
e silenziosi segnali come: apatia,
noia, stanchezza, anedonia, perdita di interessi, fragilità emotiva,
malessere diffuso, facilità a contrarre malattie, quello che si fa
appare senza senso, difficoltà a prendere decisioni
… ATTENZIONE, se diventa uno stile di vita, opporsi a questi segnali
preziosi o ignorarli completamente la rendi più forte, diventa -
indebolendoti e togliendoti ogni energia - la sola protagonista della
tua vita!!!
SUICIDIO
… quando la morte diventa l’ultima salvezza.

a
depressione impedisce di essere risoluti nell’affrontare le
problematiche quotidiane: così si accumulano infiniti “fallimenti”;
la costanza non è il suo “forte”, basta un piccolo ostacolo per
abbandonare tutto: magari anche una buona terapia. Ricorda, per
quanto le cose siano difficili, c’è sempre una luce in fondo al
buio più scuro. A
volte ci si può sentire senza speranza per il futuro e, quindi, si
vorrebbe scomparire, morire per non doverlo affrontare. Le forme
leggere di ideazione suicidaria comprendono, infatti, il semplice
desiderio di scomparire, di non risvegliarsi all’indomani, di
essere vittima passiva di un crimine o di un incidente. In generale,
per fortuna, il tutto finisce qui, non ha un seguito funesto, ma
qualche volta purtroppo queste fantasie vanno oltre e il soggetto si
concentra ossessivamente sulla realizzazione di tale gesto; il passo
successivo consiste nel dare inizio a un rituale, a una serie di
preparativi che portano a togliersi volontariamente la vita. E’
l’unica condotta distruttiva in cui aggressore e vittima
s’identificano. Anche se il suicidio è una scelta estrema, ci sono
sempre
segnali
(atteggiamenti,
modi di pensare, comportamenti) che
anticipano tale fenomeno, è
inutile dire che il tutto è stato improvviso, tutto funzionava a
“meraviglia” e che non c’era assolutamente niente di
inconsueto, non è vero! Alcuni
individui, per fortuna, sono talmente spaventati dei propri pensieri
suicidari che sono spinti a cercare un aiuto qualificato. Altri, al
contrario, sono talmente confortati dall’idea che la morte sia
l’unica “salvezza”, che diventa un asso nella manica per
sfuggire alla sofferenza e alla profonda disperazione. A differenza
di quanto accade per altre patologie organiche (diabete, tumore,
polmonite, ipertensione) non
esistono purtroppo esami clinici, prelievi di sangue, culture
batteriche, radiografie che possano aiutare ad anticipare il
suicidio.
In questo particolare periodo storico - tra covid, guerre varie e
crisi economiche - la percentuale dei suicidi si è quasi triplicata
tra gli adolescenti, giovani adulti e anziani. Non esiste al momento
nessuna teoria che presa singolarmente possa spiegare tale fenomeno e
le statistiche ufficiali sono spesso inesatte e confuse; molti e
svariati disturbi psichiatrici possono culminare nel tragico gesto
auto soppressivo. La cosa certa è che tutti gli individui che si
uccidono, nei mesi precedenti al tragico gesto, sono passati
attraverso situazioni di grave crisi: divorzio,
disavventure economiche, difficoltà legali e professionali,
cambiamenti di attività lavorativa, pensionamento, nascite
indesiderate, instabilità della vita moderna.
Non
è da sottovalutare, come ulteriore fattore di rischio, un conflitto
intenso e protratto nel tempo con i membri della famiglia o con altre
figure ritenute importanti dal punto di vista affettivo.
Il significato varia a seconda della civiltà e la personalità dei
soggetti. Spesso il suicidio viene messo in atto come rivalsa o
vendetta “soddisfacente” nei confronti dei genitori oppure, in
maniera analoga, il partner può essere, paradossalmente, il
bersaglio del suicidio. In alcune culture può essere comandato da
una credenza (sacrificio, suicidio d’onore). Può trattarsi anche
di un gesto logico, quando il soggetto è convinto che non c’è
nessun altro modo per sfuggire ad una situazione che giudica senza
soluzioni. Ma quasi sempre, se non si è sotto l’effetto di droghe,
è connesso ad un disordine psicologico particolarmente importante.
Alcuni non ce la fanno più, non riescono a pensare in maniera
razionale oppure provano sentimenti di vergogna, di solitudine e di
abbandono. Si verifica di frequente nei temperamenti melanconici,
nelle persone affaticate in preda ad una profonda depressione, nei
deliri di autoaccusa, negli stati allucinatori.


pensieri suicidari,
contrariamente a quello che si pensa non sono ereditari, scaturiscono
da una potente distorsione cognitiva determinata da una forte
depressione: il
futuro sarà doloroso e tetro come il presente, si perde la realtà
dei fatti, tutto si colora di grigio scuro.
Il rischio di auto soppressione è più alto quando si comincia a
stare meglio e non quando si attraversano i momenti di disperazione
profonda: quando
si sprofonda nella sofferenza e si è nel culmine della depressione
non si ha la forza necessaria tanto meno la prontezza decisionale
necessaria per darsi la morte;
man mano che il soggetto migliora, invece, anche se è privo di
lucidità, sviluppa energia per realizzare il gesto folle. Essere
comunque consapevoli di non avere una visione realistica delle
situazioni, di avere la capacità di pensiero compromessa dalla
patologia, di vedere le cose peggiori di quanto non siano in realtà
può sicuramente salvare la vita. Una cosa fondamentale è che quando
si ha un familiare con queste problematiche non si può affrontare la
situazione da soli (l’aiuto dello specialista è fondamentale).
Disponibilità,
affetto e comprensione purtroppo non bastano a proteggere le persone
con tendenze suicide.
Le persone con condotta distruttiva, il più delle volte, sono
completamente esaurite dalle loro sofferenze e dalle loro emozioni al
punto tale che non sono in grado di apprezzare quanto c’è di buono
nella loro vita o di concentrarsi, magari, sui sentimenti di chi li
ama. Proprio per queste ragioni è opportuno non elargire consigli
banali ed evitare di elencare una lista di buoni motivi per
continuare a vivere. Mai
criticare o esprimere sentimenti di valore, soprattutto non dare
assicurazioni che si sentirà sicuramente bene tra non molto;
risulta più produttivo suggerire soluzioni o alternative ai vari
problemi, incoraggiando azioni positive e realistiche. Un individuo
che abbia più volte manifestato intenzioni suicide non dovrebbe
accedere ad armi di nessun tipo. Anche se non agisce in forma
terapeutica, ma crea sicuramente un contatto, è opportuno tenere
sempre a portata di mano una rosa di numeri
telefonici del pronto soccorso,
del medico o quello del servizio di emergenza per suicidi; anche un
elenco di familiari in grado di dare appoggio immediato può
risultare utile e vantaggioso.

LA
TENTAZIONE ESTREMA … il suicidio adolescenziale.

a
seconda metà del ventesimo secolo vede svilupparsi, in tutti i paesi
industrializzati e non, un fenomeno a dir poco inquietante: un
numero sempre crescente di giovani mette la propria vita a
repentaglio, e questo in proporzioni mai raggiunte.
Tale gesto, in alcune aree geografiche supera gli incidenti stradali
come numero di decessi annuali (gli incidenti stradali e il suicidio
rappresentano oggi le due cause principali di morte giovanile).
Questa situazione paradossale colpisce e disorienta tanto più in
quanto contrasta nettamente e dolorosamente con la felice
considerazione secondo cui, in questo “fantastico” periodo
storico, il confort materiale e le aspettative di vita non hanno mai
conosciuto un simile benessere (progresso). Ogni suicidio o tentato
suicidio è sicuramente espressione di una vicenda drammatica che si
concretizza sulla scena di una profonda disperazione interiore. Il
dramma del suicidio
adolescenziale,
sempre complesso ed enigmatico, oltre a sfuggire in gran parte alla
coscienza stessa del soggetto, si intreccia e si presta continuamente
a svariate spiegazioni: fattori
personali, familiari, malattia, precarietà delle condizioni sociali,
perdite affettive, convinzione di essere trascurati o abbandonati,
percezione di un’immagine alterata di sé nello sguardo altrui.
Anche comportamenti patologici, però, rigorosamente connessi fra
loro come etilismo, tossicomania, bulimia e anoressia, possono essere
una ulteriore tentazione all’azione estrema. Nonostante vi siano
diverse ipotesi interpretative, un’infinità di moventi possibili,
rimane sempre, in ogni caso, impossibile identificare a posteriori
una causa scatenante univoca. E’ bene comunque precisare, proprio
per evitare preconcetti particolarmente diffusi, che nessun fenomeno
sociale (o psichico) preso singolarmente (isolatamente) può rendere
conto o spiegare completamente tale comportamento auto soppressivo.
Infatti, un evento doloroso può rappresentare, come in qualsiasi
altra persona, un fattore scatenante o aggravante, ma mai la causa
esclusiva di un gesto suicida. Ciò che deve essere preso in esame
sono le dinamiche globali (specifiche di questa età non solo di
sofferenza ma anche di sviluppo) di un mondo psico – sociale pieno
di conflitti ed in continua trasformazione. La cosa certa è che
prima di passare all’atto, come ogni essere umano in pericolo, il
giovane
lancia segnali di
sconforto (anche di rottura: fuga,
nervosismo con esplosioni improvvise, insonnia, violenza,
ubriachezza,
fenomeno difficile quasi sempre, purtroppo, da decodificare).
l
segnale - non completamente esplicito, a volte veramente
incomprensibile - è sempre mascherato perché il giovane teme in
maniera esagerata la critica, magari di non essere capito
completamente da parte di un adulto e, quindi, deriso o addirittura
di essere considerato pazzo. Lo sviluppo e l’estendersi, pertanto,
di questi segnali indicano non la certezza ma, sicuramente, un alto
rischio di passaggio all’atto. Sapere comunque che una certa
inquietudine e profondi sconvolgimenti psicofisici danno vita ad una
adolescenza movimentata non significa per questo che certe sofferenze
non possano essere contenute, superate e risolte. Contrariamente a
quello che si pensa, proprio perché è un processo evolutivo anche
costruttivo e non solo di sofferenza, molti giovani in crisi riescono
(a volte da soli, altre volte con i genitori oppure con un esperto
che conosca perfettamente le dinamiche emotive dell’adolescente) ad
uscire “rinforzati” da tale situazione di smarrimento. Un altro
aspetto significativo negli adolescenti che tentano il suicidio –
pur essendo sempre un atto patologico – è
quello di non appartenere ad un quadro clinico particolarmente grave.
E’ raro, infatti, trovare la vera “follia psicotica”; è
presente, sicuramente, un meccanismo psichico morboso privo, però,
di analogie con il disturbo mentale. E’ indubbio, comunque, che
molti di essi presentano - più frequentemente di quanto in genere
non si pensi - disturbi accentuati di natura ansiosa e depressiva da
richiedere, a volte, immediate cure specialistiche. Tali condizioni
tuttavia, molto spesso, vengono sottovalutate (non sempre sono
percepite come segnali d’allarme che precedono la crisi) ed
etichettate grossolanamente come momenti passeggeri stressanti
piuttosto che angosce e sentimenti depressivi profondi. Questo
atteggiamento non solo è dannoso per la reale presa di coscienza di
questo problema ma, soprattutto, perché esclude un adeguato e
tempestivo consulto medico – psicologico.


osa
fare. L’incomunicabilità,
il malessere, l’estraneità del proprio corpo, i rapporti
conflittuali in famiglia sono stati d’animo cui tutti gli
adolescenti, in misura più o meno intensa, volenti o nolenti
sperimentano, inevitabilmente, durante il loro percorso evolutivo. Ma
in alcuni casi, purtroppo, la strada travagliata verso quella età
definita “adulta” conosce anche comportamenti lesivi ed
autolesivi, che vanno dalle fughe, alle condotte violente, portano
alla tossicodipendenza fino alla tentazione estrema di togliersi la
vita. Gli stessi adulti, il più delle volte assistono impotenti ed
increduli a questi drammatici lenti naufragi, senza sapere come
affrontare il problema che, per nessuna ragione, si dovrebbe
drammatizzare ma nemmeno banalizzarlo. In questo modo è necessario
mettere a fuoco (discutere) le dinamiche interpersonali senza
eccessive ed inutili colpevolizzazioni: ascoltare
senza esprimere giudizi di valore e nemmeno esercitare volontà di
censura, ma nemmeno una eccessiva e distruttiva condiscendenza.
In breve, valutare con estrema lucidità la possibilità di un
intervento personale o la necessità di un intervento qualificato e
specialistico. In presenza di manifestazioni particolarmente
drammatiche, gli adulti non devono rimanere inerti. Nessun ragazzo in
difficoltà sarà sorpreso (o rifiuterà) se gli si comunica
l’inquietudine suscitata dal suo comportamento o dalle sue parole.
Esplorare i fattori critici, le origini, evidenziare i segnali
d’allarme che precedono le crisi, illustrare le tipiche reazioni
dell’ambiente familiare non può far altro che stimolare nuovi
modelli di relazione, instaurare un nuovo clima di confidenza
comunicativa e salutare distanza. Una problematica complessa come
quella del suicidio adolescenziale non può accontentarsi di risposte
semplicistiche. Il compito principale, pertanto, sarà quello di
“accompagnare” (condurre) l’adolescente a scoprire (cogliere)
il significato della sua drammatica sofferenza: si
possono trovare soluzioni solo su ciò che si è compreso.
In questo modo, sapere di che cosa si soffre non soltanto placa
l’angoscia che ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci
alternative alla rassegnazione e alla disperazione.
Quando
il figlio ha un disturbo DEPRESSIVO.

na
credenza piuttosto diffusa tra gli adulti, naturalmente erronea, è
che l’adolescenza sia un mondo incantato, fiabesco, al riparo dalle
insidie, in cui regna la felicità più assoluta. Non dobbiamo mai
dimenticare che lo sviluppo di una personalità ben riuscita è
sempre in funzione di un ambiente morbido e ovattato … mai ruvido e
rumoroso. Purtroppo le sfide tipiche di questo periodo evolutivo -
gestire e imparare a controllare i propri impulsi, apprendere
infinite norme elementari di vita, separarsi dai genitori, diventare
autonomi, sviluppare rapporti interpersonali - non sono facili e
qualsiasi adolescente, nel gestire questi momenti critici, può
manifestare sofferenza e problemi comportamentali significativi
(apatia, iperattività, distraibilità, irregolarità, timidezza,
ostinazione, sensibilità). La tempestività nell’individuare tali
difficoltà e, quindi, un trattamento appropriato è, come per
l’adulto, fondamentale nel prevenire complicazioni future e nel
supportare l’adolescente nel suo percorso difficile verso l’età
adulta; come negli adulti anche nei giovani un trattamento adeguato
migliora il decorso. Nei bambini i tratti
depressivi possono interferire con lo sviluppo della personalità e
l’acquisizione delle abilità sociali fondamentali. Gli eventi
negativi e la profonda sofferenza in giovane età sono in grado di
influire sull’autostima, sul concetto di sé in modo tale da
rendere l’adolescente più vulnerabile nei confronti della
depressione per tutta la vita. Per i genitori e gli educatori,
spesso, se non hanno un’esperienza e una conoscenza diretta del
fenomeno, risulta difficile collocare la sintomatologia in un preciso
periodo evolutivo oppure attribuirla ad un tratto depressivo
patologico.

ome capita agli adulti, anche gli adolescenti non sono
immuni a sbalzi d’umore. Benché alcuni sintomi depressivi, come ad
esempio sentirsi tristi, malinconici e giù di morale, siano
piuttosto comuni nei giovani, il vero quadro clinico depressivo è
più intenso, più persistente, decisamente più invalidante e, senza
dubbio, molto più grave. Questa condizione clinica ha sue modalità
espressive specifiche in base all’età evolutiva: un
bambino della scuola materna può perdere interesse per l’attività
ludica, diventare apatico e piangere con estrema facilità, un alunno
della scuola elementare può isolarsi dai familiari e dagli amici,
avere difficoltà scolastiche, essere sempre triste e demoralizzato;
l’adolescente, invece è scontroso e polemico con gli adulti in
genere (insegnanti, genitori), rifiuta responsabilità e compiti
scolastici, trascura amicizie, diserta gli sport o altre attività
che prediligeva. Tra i più piccoli, i più significativi
campanelli d’allarme che preannunciano i tratti depressivi sono gli
eventi negativi della vita, quali il divorzio dei genitori,
deprivazioni, violenze e lutti. Mentre tra i ragazzi più grandi
esiste una diversa vulnerabilità altrettanto importante: quale la
capacità cognitiva di gestire ed interpretare autonomamente ciò che
accade. I soggetti che tendono a colpevolizzarsi perché si ritengono
stupidi (collegano il proprio profitto scolastico non all’impegno
scarso ma sempre alla loro mediocre capacità, anche quando hanno
un’intelligenza molto profonda) o quelli pessimisti, convinti che
il futuro riserverà loro solo esperienze negative, sono destinati a
sviluppare depressione. Questi soggetti, a prescindere dall’età,
sono particolarmente irritabili ed estremamente autocritici. Come
avviene nel mondo degli adulti, le cause depressive nei giovani sono
complesse e, soprattutto, ci sono fattori diversi che esercitano una
certa influenza a seconda dell’età. A volte tale disagio si
manifesta in seguito a uno stress prolungato, di estrema gravità o a
una perdita traumatica, esperienze che non lasciano scampo, portano a
profondi sentimenti di impotenza e disperazione.
a depressione si
sviluppa comunque in coloro che, sin dalla più tenera età, sono
stati sotto la dipendenza degli altri; in essi predominano i successi
facili perché sono sempre sotto la completa protezione di figure di
riferimento. E’ un insieme di sentimenti di tristezza,
disperazione, perdita nel vero senso della parola del gusto di
vivere. I depressi tentano sempre di appoggiarsi agli altri e di
forzarli a sottomettersi a loro, facendo delle allusioni esagerate
riguardanti la loro personale incapacità. E’ il caso di chiedere
un aiuto qualificato per il ragazzo quando sono presenti, in maniera
continuativa, i seguenti atteggiamenti o comportamenti: non
ha più nessun interesse per le cose che un tempo preferiva, è
sempre triste, demoralizzato, annoiato e irritabile, il peso corporeo
è altalenante, agitato e irrequieto, si isola in maniera
continuativa, il profitto a scuola è scadente, si finge malato per
non andare a scuola o a qualche attività sportiva, polemizza su
tutto, piange spesso per cose futili, dorme molto più del solito e
si alza stanco, manifesta frequentemente sentimenti di disperazione.
La psicoterapia individuale rappresenta il trattamento principale
della depressione nei bambini e negli adolescenti. Tale metodica
terapeutica mantiene un ruolo fondamentale nell’ambito della cura
non solo perché aiuta i giovani ad affrontare le eventuali
problematiche psicologiche che hanno contribuito a determinare la
depressione, ma anche perché insegna loro ad elaborare varie
strategie per far fronte al malessere in maniera efficace. Il
segreto principale in questa sofferenza e in queste dinamiche
conflittuali, è che lasciarsi andare passivamente agli eventi della
vita non è necessario sforzarsi, ma per riprendere il comando, per
risollevarsi ci vuole invece molto impegno: questa è la differenza
essenziale tra fare e non fare… fra vivere e sopravvivere.
OGGI
VEDO NERO
a
depressione arriva quando nell’esistenza è svanito come d'incanto
ogni desiderio e smarrito il piacere del vivere: dice che bisogna
cambiare rotta, rigenerarsi, ripulire il cervello, spazzare via
vecchie abitudini; irrompe nella vita per far scattare la voglia di
“ripartire”, “rinascere”: chiede una nuova vita … senza
interessi diventa una potente spinta alla rinuncia che consuma
esageratamente vitalità e pietrifica la mente; può mascherarsi
nella stanchezza (anche le cose piacevoli di un tempo diventano
stressanti e noiose, ogni gesto è caratterizzato da apatia e
sconforto: la vita annoia) o nell’iperativismo (per non ascoltare
le proprie paure, si scappa da se stessi); accelerazioni cardiache
che tolgono il respiro, un dolore alle ossa che ripiega su se stessi
e improvvise fitte all’intestino; con una visione più realistica,
diversa di se stessi il corpo fa pace, smette di prendersi carico
delle cose che non vanno: quel personaggio finto che ci si è messo
in testa.


omenti
di disagio, di infelicità o di profonda tristezza sono eventi che si
verificano continuamente nella vita quotidiana, ma quando questi
sentimenti hanno una certa continuità e predominanza (settimane,
mesi, anni), impedendo alla persona di tornare a sorridere alla vita,
potrebbero rilevare la presenza di uno stato depressivo. E’
un’alterazione significativa del tono dell’umore, un fenomeno che
influenza mente, corpo e comportamento. Si ha l’impressione di aver
perso il “filo” della propria esistenza: qualsiasi avvenimento si
prospetta come problema, non si sa scegliere e anche quando lo si fa,
rimane il dubbio di non aver fatto la scena giusta. Tra i sintomi
rilevatori troviamo profonda tristezza,
isolamento, inappetenza o fame morbosa, mancanza di energia,
affaticabilità o senso di spossatezza, senso di colpa, perdita di
piacere o d’interesse in attività prima gradite, difficoltà di
concentrazione, trasformazione peggiorativa dell’umore e degli
affetti. In
queste condizioni diventa davvero difficoltoso portare avanti le
normali attività quotidiane e gli atteggiamenti prevalenti sono
quelli del non fare, della rinuncia, del pessimismo, della
preoccupazione e dell’inadeguatezza. Tale stato, spesso, è
accompagnato da sensazioni corporee spiacevoli, ovvero una
testimonianza fisica della sofferenza depressiva (vuoto
interiore, oppressione allo stomaco, problemi intestinali e
digestivi, riduzione della salivazione). La
depressione reattiva, dura in genere qualche mese, poi regredisce.
Con la ripresa, la mente e il corpo tornano alla normalità.
All’inizio è presente solo una vaga sensazione di debilitamento
psico – fisico. L’organismo per l’impulso di sopravvivenza
cerca di reagire al dolore.

neurotrasmettitori (serotonina),
inviando segnali elettrici da una cellula nervosa all’altra,
attivano alterazioni neuronali capaci di influire sui comportamenti.
I soggetti - sopraffatti dalle difficoltà, stress, delusioni,
tradimenti e abbandoni - si chiudono in se stessi, rimandano impegni,
appuntamenti ed evitano di prendere decisioni. Spesso il
depresso si colpevolizza sentendosi, da meno degli altri oppure,
peggio ancora, un enorme peso.
Manca veramente la voglia di uscire, incontrare gente, fare nuove
esperienze: è
un misto di paura e senso di impotenza di fronte alle piccole e
grandi prove della vita.
Insoddisfazione e malinconia sono impressi sul viso, tra l’altro,
perennemente imbronciato. Si trascina in continuazione senza trovare
nulla che valga la pena di fare, la fiamma sessuale e le fantasie
erotiche calano fino a spegnersi. Mentre i sensi di colpa si
impossessano della mente come un tarlo che rode ossessivamente dando
origine ad una feroce ed estenuante autocritica. Persino le funzioni
fisiologiche appaiono rallentate. L’attività intestinale si va
pian piano riducendo, come se il corpo volesse trattenere per sé
quelle poche risorse (energetiche) rimaste. Il
cuore si gonfia di profonda tristezza, insoddisfazione e malinconia
generando quell’insostenibile pesantezza del vivere.
Il sonno spesso eccessivamente ricercato, diviene un alibi perfetto
per non affrontare gli impegni della vita. I muscoli, poi, doloranti,
se non bloccati, diventano gli “alfieri” della radicale
opposizione al cambiamento. Il depresso è sconvolto dai ricordi,
dalle critiche a ciò che ha fatto, dalle parole che ha detto, dalle
occasioni che non ha mai sfruttato al meglio, dai rimpianti e dai
lamenti: tende, infatti, ad invischiarsi in ricordi da cui non sa
liberarsi o nostalgie di un tempo che mai più torneranno. L’umore
nero altro non esprime che la perdita assoluta di speranza, di
creatività e di rinuncia alle aspirazioni …
sembra
che il soggetto stia espiando, sia alle prese con una profonda
penitenza.
E’ immerso in una sorta di torpore, di apparente catalessi: un
segnale che si sta rinunciando alla vita. La depressione, spesso,
trova terreno fertile quando si è intasati di inutili pensieri e
sensi di colpa che portano fuori strada. Lo stato depressivo,
paradossalmente, costringe a separarsi da un mondo che si sente
vuoto, individua un palcoscenico di manichini e di modelli di vita
fasulli. Non essere più interessati alle solite cose che stanno
attorno; un disagio che, chiudendosi in se stessi, allontana dalle
cose futili, con l’intento di fare ritrovare la propria vera
identità. In breve, allontanarsi da tutto perché si è appesantiti
da un fardello di cose inutili a cui si è impropriamente attaccati.
A volte, in certe forme, la depressione può essere un grande alleato
in quanto allontana il soggetto da eventi esteriori che non
permettono di trovare il vero senso della vita.


osa
fare.
I trattamenti efficaci contro la depressione sono tantissimi ed è
facile avere le idee confuse. Il primo passo, comunque, nel
controllare questo malessere è sapere: la depressione non va vinta,
come molti pensano, con le proprie forze, il coraggio e con buona
volontà. E’ fondamentale, inoltre, avere presente che qualsiasi
forma depressiva, se si interviene nel modo giusto, guarisce. Gli
obiettivi di alcune metodiche terapeutiche, sono di riconoscere le
distorsioni di pensiero e della percezione alla base dell’umore
depresso e, nel contempo, di individuare i comportamenti che lo
rinforzano. Gran
parte del tempo di un depresso è occupato da pensieri tristi
connessi alla propria condizione, a se stesso e al futuro che lo
attende; si sente inutile, in colpa, deprecabile, noioso e destinato
ad una vita infelice. Tale stato è indotto proprio dalla condizione
depressiva, che influenza e distorce i pensieri e il modo di vedere
gli eventi per cui ogni fatto, commento, sensazione, è vissuto come
una conferma tangibile della propria inadeguatezza. L’obiettivo
principale sarà quello di acquisire una prospettiva più ampia, un
diverso punto di vista sul problema, e considerare i “pensieri
automatici negativi” in maniera realistica: distorsioni cognitive
della realtà prodotte dalla depressione. Un altro aspetto
fondamentale è interrompere il circolo vizioso di inattività e
perdita di piacere nelle cose; spezzare questa sequenza di
disperazione e restituire il controllo della coscienza.
pesso
passa inosservata perché si mimetizza nella stanchezza (la giornata
si riempie di pensieri tristi, noia, fatica, apatia, disinteresse,
sconforto … con i soliti percorsi psichici il quotidiano si colora
di scarso entusiasmo e poca iniziativa) e nell’iperativismo (si ha
paura, di entrare in contatto con se stessi, le proprie angosce, di
percepire quel vuoto incolmabile … troppa ansia, tanta esuberanza,
azioni del tutto inutili, falsa vitalità e eccessiva allegria perché
possa essere vero) .
TRISTEZZA
… la grande oppressione

a
tristezza è uno stato d’animo variabile e davvero singolare: un
grigiore malinconico paralizzante, una nube completamente scura che
offusca e allontana anche i momenti più belli, una visione della
vita in bianco e nero che, lentamente, giorno dopo giorno, si
impossessa dell’esistenza umana in maniera subdola, devastante e,
il più delle volte, in forma stabile. Una vita apparentemente senza
senso, senza speranza, una sensazione di invisibilità, di impotenza,
di trascuratezza, di grande rassegnazione e, soprattutto, segnata da
una felicità incerta o piuttosto fugace. I riti forzati e le
abitudine quotidiane, oltre a preparare un terreno per la disistima,
spengono e pietrificano la mente tormentata. E’ una condizione di
sofferenza, passeggera per i più fortunati, di grande prostrazione
psicosomatica connessa a delusioni e a situazioni negative vissute
sempre in tempo reale; a tristezza si affaccia quando la vita procede
su un binario che non tiene conto delle esigenze reali … una
rinuncia a vivere. Il morale è completamente a terra, appesantito da
continue rinunce e da un pensare negativo che, paradossalmente,
diventa l’unico conforto: l’agire pessimistico è talmente
radicato che non si intravede all’orizzonte nessuna via d’uscita
a questo dolore prolungato.


o stato di abbattimento affettivo,
opprime profondamente l’esistenza e quei pochi comportamenti
“finti” realizzati, in contrapposizione alla spontaneità, sono
intrisi di insoddisfazione, stanchezza cronica e di profonda apatia.
Tale sentimento, comunque, pur ostacolando le normali attività
quotidiane, a differenza della depressione vera e propria che isola
completamente il soggetto dal suo ambiente, non impedisce di vivere
una vita più o meno normale: le cose sono
realizzate con fatica, accompagnate sempre da un senso di infelicità,
inutilità, amarezza e pessimismo. Un dramma che spesso emerge quando
il vissuto è costellato da continue delusioni e, a livello sociale,
ci si ostina a tenere in vita rapporti sbagliati, soffocanti che
mortificano la propria personalità perché vissuti con un senso di
estraneità e di distacco (dire sempre “sì” favorisce le
relazioni malate); si è perso, da tempo, il piacere della relazione,
dell’autonomia e il senso vero dell’autenticità. Si perde il
comando della propria esistenza, si diventa gregari, non più
protagonisti ma solo comparse della propria vita, lasciando in tal
modo che il “personaggio fasullo” che si incarna decida e prenda
il sopravento nella guida del proprio destino: lentamente,
per il quieto vivere, per la paura di sbagliare, si sta rinunciando
alla vita e ai propri desideri, lasciando il comando a quel “censore”
interno che pilota i vari comportamenti, al proprio “stile di vita”
o a un modello di vita rigido disegnato da altri. Quante
idee e convinzioni, infatti, non ci appartengono in maniera genuina,
ma piuttosto arrivano dall’interiorizzazione di dettami
dell’infanzia. Quando finisce l’infanzia, però, questi dettami
non sono “evaporati” ma inesorabilmente si sono concretizzati in
stili di vita, modi di reagire e schemi mentali (tratti che
caratterizzano la personalità, unica ed irripetibile).
a sofferenza
di chi è triste è talmente evidente, palpabile e visibile che per i
non addetti ai lavori, i termini “tristezza” e stato “depressivo”
sono diventati praticamente sinonimi. Nonostante il soggetto
abbia la sensazione di essere colpito pesantemente dal “malocchio”,
di essere sfortunato, angosciato dal male e dall’ingiustizia,
difficilmente manifesta in maniera spontanea un sentimento di rabbia
o di frustrazione: non esprimersi mai e non cancellare ogni negazione
dal proprio linguaggio verbale indebolisce e fa ammalare (spegnendo
la vita si tiene a bada anche la rabbia). La
persona triste, paradossalmente, suscita facilmente negli altri
grande ammirazione e particolare simpatia. Ciò
è dovuto al fatto che essa, proprio perché difficilmente esprime
sentimenti di rabbia e giudizi di valore, appare in ogni momento
generosa, sensibile e comprensiva verso le manchevolezze altrui.
Come la psicosomatica insegna, anche il sentimento di tristezza può
influenzare il corpo (spia del malessere). Uno stato emotivo
piuttosto intenso, infatti, se non ascoltato, può caricare di stress
l’organismo e impedire, attraverso uno squilibrio bio – chimico,
all’organismo di funzionare come dovrebbe realmente. Quando l’umore
diventa ballerino, infatti, sarà il corpo a farne le spese
attraverso: l’apparato muscolo – scheletrico (mal di schiena,
cefalea), l’apparato cardiocircolatorio (tachicardia,
ipertensione), l’apparato respiratorio (asma, raffreddori
frequenti), il dolore allo stomaco (ulcera), il calo del desiderio
sessuale (impotenza generale), il sistema immunitario (più esposti a
malattie).


osa
fare. Il benessere (la
voglia di vivere) si ritrova facendo leva su quel gigantesco
serbatoio di risorse interiori che ognuno possiede e a cui,
stranamente, non si presta mai abbastanza attenzione (si è incapaci
di attingere): desiderio, passione, divertimento, piacere. Quando ci
si sente sfortunati, spenti, colpiti da una perdita, delusi o vittime
di una ingiustizia immotivata, lasciarsi coinvolgere in qualcosa che
dia veramente una svolta e un senso alla vita è la prima strategia
comportamentale da mettere in cantiere (da soli quando il fenomeno è
leggero o, se si vuole, con uno psicoterapeuta quando la situazione è
piuttosto significativa, confusa ed invalidante). Si ricorda,
inoltre, che la condizione di tristezza non può essere cancellata
magicamente con il “pensiero positivo” o con la “forza di
volontà”, perché se il processo razionale è errato o disturbato
anche il suo prodotto porta inevitabilmente a conclusioni fuorvianti
e di sofferenza. Alla larga, quindi, dai saccenti improvvisati che
con qualche suggerimento o metodica terapeutica estemporanea
garantiscono, col rischio di cronicizzate il fenomeno e creare più
danni, facili soluzioni. Sarà inoltre fondamentale - proprio per
evitare di intasare ulteriormente il cervello di inutili detriti e,
quindi, riappropriarsi dell’immagine più autentica di se stessi –
eliminare, attraverso interventi specifici, tutta quella zavorra
mentale superflua come ad esempio le parole vuote che non dicono
nulla e servono solo a riempire dei momenti esistenziali
insignificanti, gli incontri banali e faticosi che non danno alcuna
soddisfazione, gli impegni eccessivi ed inutili che portano dritti a
frustrazioni continue. Attenzione anche alle abitudini, ai ruoli
fissi e agli schemi mentali che calcificano il cervello e portano
lentamente alla tristezza più profonda. Tutti
atteggiamenti che non permettono al soggetto di cavalcare l’onda
del benessere, di occupare uno spazio importante nel mondo
esistenziale lasciando in esso un’impronta unica e speciale che fa
sentire davvero bene … colorare di piacere ogni momento della
giornata: non più persona qualunque ma regista della propria vita.
are
che i disturbi depressivi, borderline, dipendente ed istrionico siano
riscontrabili nelle donne, mentre quelli schizoide, paranoide,
antisociale, narcisistico e ossessivo sia riconducibili al sesso
maschile … le donne inoltre tendono ad attribuirsi le colpe di ogni
cosa, mentre per l’uomo sono gli altri i responsabili.
Buone
notizie … sul “MALE OSCURO”.

l
quadro clinico depressivo non è, come spesso ritenuto, un banale e
semplice abbassamento dell’umore ma un insieme di sintomi più o
meno complessi che alterano anche in maniera evidente il modo in cui
il soggetto ragiona, pensa, raffigura se stesso, percepisce gli altri
e, soprattutto, l’ambiente circostante: uno stato che toglie
qualsiasi forza di reazione. Sembra che niente possa scuotere queste
persone, nulla riesce a spronarle: sono bloccate nel passato e
incapaci di formulare progetti per il futuro (non “vogliono”
aiutarsi o farsi aiutare). La manifestazione più evidente è la
caduta della vitalità, accompagnata da una riduzione della fiducia
in se stessi, pessimismo e senso di colpa. Il depresso si
caratterizza per la sua incomunicabilità, quasi sempre sgradevole e
accusatoria. Una profonda abulia si impossessa del soggetto, scarsa
reattività, immobilità, rigidità, ritualità anticreativa,
mancanza di gusto per la vita, squilibri affettivi sono all’ordine
del giorno e, nei casi più gravi, sono espressi atti violenti contro
se stessi e gli altri. I sintomi, comunque, includono sensazioni di
inutilità, inadeguatezza, isolamento, rancore, solitudine e
disperazione, spesso associate a perdita di interesse nel lavoro o
nella vita familiare, a disturbi cognitivi e, nelle situazioni più
significative, di profonda angoscia accompagnata da pensieri di
morte. Tra i malesseri
fisici possono essere inclusi perdita di energia, debolezza, lentezza
nei movimenti, bocca asciutta, problemi digestivi, intestino pigro e
stipsi.
In alcuni casi si può perdere
o prendere peso e
spesso si possono accusare, in maniera più o meno invalidante,
disturbi
mestruali e sessuali.
In certe persone tale malessere (depressione reattiva) è associato a
fattori esterni: lutto,
divorzio, lavoro, licenziamento, problemi affettivi e di coppia. In
questo periodo storico la depressione è percepita come una malattia
in crescita esponenziale, in pratica una sorta di pandemia che trova
radice in un modello di vita inadeguato ad affrontare una realtà in
perenne cambiamento (una
specie di Babele senza torre).


l
cervello, infatti, non è costruito per vivere nell’abitudine e
nella noia, ma ama la spontaneità, la naturalezza, vivere imprese
affascinanti, cambiare prospettive, cercare l’imprevisto, la
sorpresa.
Solo in questo modo può secernere le famose sostanze del buon umore
(serotonina, noradrenalina, dopamina). La depressione il più delle
volte si manifesta senza trombe e tamburi (senza preavviso), ma
possiamo percepire la sua silenziosa presenza: tristezza e disagio
vogliono segnalare che stiamo perpetuando schemi
esistenziali decisamente obsoleti, oppure non nostri, che non ci
appartengono.
Chi si oppone a questa sofferenza emotiva o tenta in qualche modo di
zittirla con qualche strategia estemporanea, rischia soprattutto di
cronicizzarla, oppure preparare il terreno a una nuova depressione
più complessa e dolorosa. In realtà questo stato, così come
l’ansia, non va mandato indietro (soffocato), ma va lasciato,
ovviamente sempre con un aiuto competente, agire: metterlo a tacere è
solo un modo per renderlo ancora più potente. La crisi depressiva,
pertanto, arriva per liberare il cervello, per fare vivere in maniera
“spontanea – naturale”, rompe quegli schemi mentali che
imprigionano e annientano; è indubbiamente una vera e propria
capacità del cervello che “suggerisce” quando è il momento di
cambiare, anche se tutto ciò a volte è impercettibile o si cerca di
resistere (non si vuol ascoltare). Proprio per questa ragione è
necessario smettere di recitare il solito personaggio che
momentaneamente può rassicurare (per il buon vivere, evitare i
cambiamenti repentini, l’imprevisto, senza alti e bassi) ma, a
lungo andare, ingabbia la felicità. L’esistenza, invece, scorre
altrove lontano dal personaggio precostituito e dalla grigia maschera
che si indossa ogni giorno. Ecco allora che più si trascura la vita,
più si manifesta lo stato depressivo. A volte uscire dal solito
cliché farà sentire meno stanchi, meno banali e, sicuramente,
aprirà a uno stato di nuova e stimolante compartecipazione con la
realtà.
RICORDA, se non affronti i conflitti perché temi di perdere
l’armonia, se inibisci continuamente l’aggressività perché ami
i rapporti ‘troppo’ sereni, se continui a tacere e a sopportare
ogni cosa per il quieto vivere “rischi” di inciampare nella
depressione.

ESAURIMENTO …
la stanchezza di vivere.

n
bel giorno, all’improvviso, il corpo chiama ma la mente non
risponde, va per conto suo, non ne vuole proprio sapere: ci si sente
fiacchi, abulici, malinconici, svogliati, storditi, svuotati, stanchi
e ancora più stanchi. Una vera e propria dissintonia tra mente e
corpo. Si tratta, il più delle volte, di un diffuso senso di
debolezza, le “pile” sono scariche e non si prevede niente di
buono. Una giornata incerta, condita da un’atmosfera cupa, da un
fastidioso ed irritante pessimo umore. Non si ha voglia di alzarsi,
ci si sente completamente giù di corda, il vivere diventa sempre più
faticoso, tutto sembra privo di vitalità e senza senso, ogni gesto
appare incredibilmente insensato, pesante e fastidioso… un vero
disastro! Per dirla in termini rigorosamente scientifici - come
avviene nei tratti depressivi - si tratta di una caduta dei livelli
di serotonina, di dopamina (neurotrasmettitori) e di una profonda
alterazione nella produzione ormonale. Sul
lavoro, poi, si rifugge qualsiasi fatica e responsabilità, si è
terribilmente tormentati da difficoltà di concentrazione e da scarsa
autostima. Questo continuo
tiro alla fune interno (vogliamo una cosa ma ne facciamo un’altra),
fa consumare inutilmente energia, inquina i rapporti, fa sbandare e
non porta da nessuna parte. La notte sembra una inquietante bolgia
dantesca, oltre a non permettere di recuperare l’energia attraverso
un buon sonno ristoratore prepara, ironia della sorte, un risveglio
tormentato, monotono, sempre uguale ed invalidante, caratterizzato da
debolezza, scoraggiamento e apatia (il primo pensiero è “ma che ci
faccio qui”… l’unica alternativa è di tornare a letto). Il
meritato riposo diventa un incubo, non si riesce in alcun modo di
portare freschezza all’unità psicosomatica, di rinnovare le
energie consumate in maniera esagerata nelle ore di veglia. Questo
malanno - risucchiando e prosciugando lentamente - non compare mai a
viso scoperto, arriva di soppiatto, in maniera infida, dopo che ci ha
accompagnato silenziosamente per giorni e giorni, per settimane e
settimane, per mesi e mesi senza evidenti fenomeni psicosomatici.

na
vita schiacciata, in balia dei diversi eventi quotidiani, sviata da
orpelli ingannevoli e superflui, che procede a velocità ridotta, con
il freno tirato, piena di stenti e di fatica. Anche se ognuno di noi,
senza dubbio, ha il suo “buon” esaurimento, sono infiniti gli
atteggiamenti sbagliati che sprecano le forze in cose inutili, che
lentamente e inesorabilmente intasano, logorano, salassano,
prosciugano, soffocano la vera vitalità, disperdono l’energia sino
all’inverosimile (fattori scatenanti): stili di vita inappropriati,
schemi mentali inconciliabili con la nostra creatività,
coinvolgimenti emotivi senza un giusto ritorno, condizionamenti che
ingabbiano, inseguire sogni impossibili, rapporti di coppia
logoranti, vivere una vita sempre uguale a se stessa, ideali
irraggiungibili, recitare personaggi sempre uguali, fornire immagini
e ruoli diversi dalla propria natura, lavoro che non piace e tiene in
ansia, mantenere amicizie in maniera forzata, obblighi e doveri
sempre più pressanti che, nell’immediato, non è possibile
derogare. Sono i pensieri
contorti e bizzarri, i disegni esistenziali assurdi, le abitudini
stantie che continuiamo ad “indossare” - anche se non ci
rappresentano più perché estranei alla nostra vera natura - i veri
responsabili di questo malessere. Tutta questa zavorra, oltre ad
allontanarci dalla consapevolezza delle cose che veramente contano,
trasforma e prosciuga l’energia disponibile. Si scivola lentamente
dentro una situazione sgradevole, tutto si tinge di grigio e la
stanchezza cronica domina completamente la quotidianità. Se
l’energia vitale scarseggia anche il potere decisionale è assente,
diserta completamente: la
voglia di fare diminuisce, la fragilità emotiva aumenta, toglie
completamente l’entusiasmo, cala in maniera vertiginosa l’attività
sessuale e le paure immotivate prendono il sopravvento (ipocondria).
uando l’energia viene a mancare, gettata al vento, si modificano
improvvisamente i vari meccanismi biologici e si altera completamente
la produzione ormonale: un segnale inequivocabile di forte rottura
psicosomatica. Ed è proprio in questo frangente che si rischia
parecchio sia a livello psichico sia a livello fisico. Le
patologie più frequenti sono: allergie, insonnia, problemi sessuali,
ipocondria, gastrite, depressione.
Cosa fare.
Gli atteggiamenti mentali,
come sopra evidenziato, hanno un ruolo fondamentale tanto nel
disperdere energia, quanto nel bloccarne l’acquisizione. Gli
individui sempre preoccupati, isolati, nervosi, spaventati, pieni di
risentimento, attivano dei sintomi dovuti allo sperpero di energia
vitale: torpore,
stanchezza, mancanza di interesse, difficoltà a concentrarsi,
cattiva memoria, incapacità di prendere vere decisioni. Dopo aver
escluso, attraverso esami clinici specifici, eventuali patologie in
atto (epatite, anemia, problemi tiroidei, infezioni, eccessivo
funzionamento delle ghiandole surrenali, pressione bassa) è
necessario rimuovere quei “lacci” che impediscono di essere
liberi e, soprattutto, neutralizzare gli ostacoli mentali
che
scatenano tale sofferenza.
Ogni strategia terapeutica, pertanto, sarà rivolta ad attivare e far
scorrere in modo consapevole il grande flusso energetico che risiede
in ognuno di noi. Imparare a sentirsi liberi di poter scegliere e
decidere, di accettare e poter esprimere i propri sentimenti …
attivare questa fantastica energia vitale e di poterla usare in
maniera più vantaggiosa in altri vissuti. Ci sono tantissimi modi
per diminuire la tensione interna: praticare regolarmente, senza
sforzarsi (questa è una mia opinione), un’attività fisica aiuta
ad eliminare l’agitazione, prendersi del tempo per imparare a
rilassarsi permette di controllare ansia, stress e depressione. In
qualsiasi trattamento, inoltre, l’unico elemento sconosciuto è il
tempo. Nessuno è in grado di prevedere con precisione matematica
quando un disagio cronico sarà risolto. La natura quindi dei
problemi cronici rende molto cauti, ovvero astenersi da qualsiasi
aspettativa irrealistica che potrebbe determinare un’ennesima
delusione, rendendo la terapia ancora più difficoltosa e
conflittuale (ogni soluzione dipende sempre dall’attenzione e dal
modo in cui “sentiamo” le cose). Non
esistono soluzioni miracolose, facili e rapide, ogni terapia è unica
come lo sono le impronte digitali. E’ bene ricordare che tanto la
causa che la soluzione di ogni problema sono dentro di noi, a volte
saranno un po’ in disparte, ma del tutto alla nostra portata, e sta
solo a noi decidere se attivare o meno tale intervento … il
ricostituente migliore, senza dubbio, siamo sempre noi!
TTENZIONE,
l’esaurimento (spossatezza e stanchezza cronica), fenomeno sempre
soggettivo che difficilmente si risolve in modo spontaneo, non solo
può avere effetti sugli ormoni tramite l’ipotalamo, ma si nasconde
anche in altre patologie subdole come: insonnia,
stitichezza, gonfiori e dolori di pancia, disfunzioni sessuali,
depressione (tutti sintomi scambiati come disturbi non legati alla
patologia) …
chi ne è afflitto si isola, si spegne, si fa negare ad ogni tipo di
benessere, si nasconde e si chiude al mondo, non ha più stimoli e
motivazioni autentiche: paga la monotonia delle tue giornate tutte
uguali. Si
ritrova forza e vitalità, evitando le “cadute” psicofisiche,
anche a tavola facendo funzionare bene reni, fegato e intestino,
seguendo piccole e semplici regole per non appesantire l’organismo:
cereali integrali, legumi, agrumi, ortaggi di colore verde
(contengono clorofilla che ha una funzione rilassante), mangia spesso
e poco, cibi freschi e poche calori; evitare cotture prolungate,
ridurre alcol, pane bianco e latte.

DORMIRE
bene, tra le braccia di Morfeo … si può.

bbiamo
a che fare con una
vita fatta di doveri e preoccupazioni … solo se durante il giorno
troviamo i nostri spazi si sbloccheranno i circuiti mentali ossessivi
notturni che altro non fanno che imprigionare: chiudono le porte a
Morfeo; bisogna trovare spazi rigeneranti capaci di risvegliare
passione ed entusiasmo, solo così il “cervello notturno” con i
sogni, immagini, intuizioni e emozioni può guidare e rigenerare …
un eccesso di auto – controllo e incapacità di lasciarsi andare
sono alcuni tratti della personalità di chi soffre d’insonnia; una
mente invasa da dubbi e preoccupazioni: non aiuta a prendere sonno;
rimuginare, rabbia, dolore e stizza interrompono il sonno nel pieno
della notte; la mente concentrata sui problemi da affrontare il
giorno successivo: risveglia in anticipo. Il fatto di non riuscire a
“sparire” per un po’ nel sonno può raccontare tante storie. La
principale è che durante le ore diurne non si è vissuto pienamente
la giornata: poco piacere ma tanto dovere (nessuna impronta è stata
lasciata, una giornata spenta)… una giornata caratterizzata da
ritmi forzati, senza gioia, soddisfazione e divertimento … uno
stile di vita che ostacola l’espressione della propria creatività
… può essere anche un eccesso di controllo, difficoltà a
lasciarsi andare, una vita sessuale mal vissuta (non riuscire ad
addormentarsi); preoccupazioni, ansia, poca attenzione ai propri
bisogni, stress (risvegli notturni); timore per la giornata che
arriva, paura di non riuscire a gestire e controllare le situazioni
quotidiane (risveglio precoce) … ricordiamolo, solo quando si è
soddisfatti della propria vita è possibile chiudere la giornata,
portare equilibrio a tutti quei meccanismi neurochimici del sonno
felice … i disturbi del sonno parlano, in realtà, della vita
diurna; una “buona” sessualità - diminuendo il livello d’ansia
- migliora l’umore e combatte l’insonnia: un soddisfacente
rapporto sessuale sostituisce alla grande il sonnifero serale; si
porta con sé, nella notte, tutto ciò che appartiene all’esistenza
diurna (impegni, incapacità di staccarsi dai pensieri e di
delegare): insoddisfazioni e attese; l'insonnia parla di sentimenti e
contraddizioni che si agitano all’interno: per dormire bisogna
spazzar via pensieri e rimuginazioni … il corpo si addormenta solo
se la mente si abbandona!!!


l
sonno è il più prezioso piacere naturale che la vita possa offrire.
I ritmi e la vita frenetica, indubbiamente, ne fanno uno dei
malesseri caratteristici della nostra epoca. Oltre ad occupare, come
si dice comunemente, circa un terzo della nostra vita, il dormire è
un bisogno universale ed appartiene all’intero regno animale. Il
sonno, pur essendo un benefico ristoratore delle nostre giornate, è
ancora poco conosciuto e, soprattutto, viene prestata poca attenzione
alle problematiche legate a questo fenomeno particolarmente
invalidante. Il dormire non è una perdita di tempo come sostiene il
proverbiale detto “Chi
dorme non piglia pesci”
ma consente, invece, di recuperare e rigenerare l’intera unità
psicosomatica. Diventa indispensabile, quindi, comprendere non solo
tutti i meccanismi fisiologici implicati nel sonno ma anche
l’influsso che esso esercita sul resto delle attività quotidiane e
sulla salute. Sono infatti notevoli e particolarmente significativi
gli studi sui rischi legati alla mancanza di
sonno: incidenti, insuccessi scolastici e professionali, sbalzi di
umore, tensione, abbassamento in maniera significativa delle difese.
Un
sonno ristoratore è indispensabile per il normale funzionamento
fisiologico e mentale;
chi non dorme in maniera sufficiente ed in modo soddisfacente,
manifesta irritabilità, difficoltà di concentrazione, vista
offuscata, vuoti di memoria e ottiene scarsi risultati a livello
cognitivo e di coordinazione. In casi estremi di deprivazione di
sonno prolungato, si possono manifestare fenomeni psicotici più o
meno gravi (allucinazioni, deliri). I disturbi del sonno notturno
sono generalmente di quattro tipi: dormire troppo poco (insonnia),
dormire troppo (ipersonnia),
dormire nei momenti sbagliati o manifestare comportamenti strani
durante il sonno (sonnambulismo).
L’insonnia, inoltre, è presente nella maggior parte dei disturbi
mentali. Per
esempio, tutti coloro che manifestano tratti depressivi hanno
difficoltà ad addormentarsi, si svegliano durante la notte o molto
presto al mattino (a volte invece non si alzerebbero mai proprio
perché conducono una vita poco “interessante”);
chi invece ha un disturbo di ansia generalizzato ha notevole
difficoltà ad addormentarsi e può svegliarsi nel cuore della notte
preoccupato per il domani; nei disturbi schizofrenici viene scambiata
la notte con il giorno.


uando è presente un malessere emotivo,
dobbiamo tenere sotto il massimo controllo il sonno: può diventare
un prezioso e valido indicatore dell’andamento della malattia. Un
sonno interrotto e non continuativo non indica solamente una ricaduta
ma che si ha ancora bisogno di aiuto o di supporto medico.
E’
sempre importante, inoltre, verificare che tale fenomeno non sia
causato da malattie organiche, come ad esempio problemi alla tiroide,
alle ghiandole surrenali, scompenso metabolico o cardiaco, oppure
semplici disturbi digestivi.
Questo tormento senza fine, è sempre un segnale da non sottovalutare
in quanto potrebbe rivelarsi un prezioso strumento attraverso il
quale è possibile conoscersi meglio e, magari, comprendere che
stiamo conducendo una vita stressata, in solitudine, monotona,
ripetitiva, senza senso, piena di disagi … in pratica che non si è
completamente soddisfatti e felici. L’insonnia, pertanto, in
assenza di evidenti disturbi organici, esprime sempre disagi e
contenuti, a volte in maniera inconsapevole, diversi a seconda di
come si manifesta. Le
difficoltà di addormentamento indica che la persona non vuole
“abbandonare” gli eventi della giornata appena trascorsa
(l’attività mentale è caratterizzata da un continuo ed
instancabile rimuginare). Il questo modo il pericolo maggiore è fare
del letto un pensatoio; rimanere a letto rimuginando sulla giornata
appena trascorsa non solo si diventa irrequieti ma si ostacola il
sonno benefico e ristoratore indispensabile per il giorno successivo.
I risvegli notturni invece ci segnalano aspetti problematici che
emergono violentemente alla coscienza (si cerca di evitare alcuni
contenuti soffocandoli e reprimendoli): i contenuti cui l’insonne
vuole evitare - non entrare in contatto - sono costituiti
principalmente da decisioni da prendere, conflitti da risolvere,
rifiuto del cambiamento, sentimenti di vendetta o di rabbia. Non
dobbiamo mai dimenticare che tutte le preoccupazioni della giornata,
dopo un buon riposo, saranno affrontate adeguatamente ed in maniera
più efficiente: la
fatica sfuma e torna la pace.
Mentre il risveglio precoce notturno segnala una profonda apprensione
ad affrontare una nuova giornata. L’insonne pertanto si ritrova
improvvisamente sveglio, con la mente più che mai attiva,
concentrata soprattutto sugli impegni della giornata che ha davanti.
Viene ipotizzata una vita quotidiana particolarmente stressante -
oppure noiosa ed insignificante - e carica di impegni eccessivi o
sgradevoli.


osa
fare.
La difficoltà maggiore nel trattamento dell’insonnia è che molto
spesso ci sono troppe “opzioni terapeutiche” quanti sono di
disturbi del sonno (dovuti a: situazione
di stress emotivo, profonda preoccupazione, occasionale, abituale,
senile tipica dell’anziano, climaterio, attività sessuale
inappagante, associata a malattie fisiche o psichiche, sonno non
completamente riposante, risvegli frequenti e brevi, uno più
risvegli prolungati):
spesso la cura è, paradossalmente, peggiore della malattia. Quando i
disturbi del sonno sono di ordine emotivo (stress,
depressione, ansia) o
dovuti a una grande fatica, spesso la soluzione va ricercata
semplicemente nella rieducazione del corpo. Esistono comunque regole
semplici - per alcuni apparentemente banali ma di grande ed indubbia
rigorosità scientifica - che possono favorire una buona igiene del
riposo notturno: prendere
l’abitudine di lasciarsi andare, senza credere di essere
continuamente in battaglia, adottare orari regolari (l’insonnia
si sconfigge con la costanza, la regolarità ed il rispetto dei ritmi
sonno – veglia), dedicarsi
prima di coricarsi ad attività particolarmente rilassanti, evitare
attività ginniche e le abbuffate nelle ore serali, evitare i litigi,
non lavorare in camera da letto, se non si riesce a dormire non
ostinarsi a stare a letto. Chi
dorme poco ha la tendenza a rimanere a lungo a letto con la speranza
di addormentarsi, ma ottiene purtroppo l’effetto contrario: il
risultato è quello di ottenere un aumento dell’inquietudine,
aggravando la situazione. Le notti diventano orge di pensieri
negativi. Chi teme una disgrazia, chi vive nello spavento e aspetta
una sventura, costruisce un quadro di pensieri, una tacita forza che
per la legge dell’attrazione, raduna attorno a sé elementi nocivi
e distruttori. Successo ed insuccesso derivano da una medesima legge.
E come diceva quel poeta: “L’aspettar d’un male è peggiore del
mal presente”. Anche una corretta respirazione si è dimostrata
utile nel “addormentare” l’insonnia.


nche un buon massaggio
psicosomatico (magari
coinvolgendo i Chakra), a condizione beninteso di saperlo praticare,
può avere un effetto rilassante, calmante, indispensabile per
eliminare tutte le tensioni (rigidità fisiche e mentali,
contrazioni) della giornata. Non esiste un massaggio psicosomatico
universale per un problema come la “sofferenza”: di volta in
volta dobbiamo individuare quali sono le zone interessate e adattare
il massaggio alla specifica esigenza (alcune parti del corpo,
sapientemente massaggiate, stimolano il cervello ad immettere nel
circolo sanguigno le “sostanze della tranquillità”). Tutte le
metodiche terapeutiche, inoltre, rivolte al rilassamento sono parte
integrante della ricerca di una condizione, di una forma di benessere
di grande serenità. L’ipnosi
è
stata spesso considerata, anche dal mondo professionale, un oggetto
misterioso e magico, comunque da sfuggire. La situazione ipnotica, al
contrario, rappresenta il risultato di un apprendimento per
evidenziare, rafforzare e utilizzare, potenzialità personali che
aiutano a vivere meglio.
'insonnia
esprime la difficoltà di incontrare le “energie della notte”
(timore di abbandonarsi, cedere, perdere il controllo su ipotetiche
forze misteriose) oppure ad usarle durante la giornata ” (paura di
entrare in contatto con cose che non si vogliono vedere durante il
giorno: affetti, lavoro, salute).
apevate
che Avena sativa TM facilita il sonno e può essere d’aiuto nei
tratti depressivi e stati d’ansia connessi allo stress? Alimenti
che fanno “addormentare”: riso integrale (triptofano: precursore
della serotonina), soia (triptofano), insalata, spinaci (magnesio,
antiossidanti, B6, Bc), semi di zucca (regolano l’attività del
testosterone), frutta secca.

Contando
le pecore ad occhi SBARRATI.

ICORDA,
sono i problemi irrisolti quotidiani a non farti chiudere occhio:
rimuginare non serve a nulla, non aiuta pensare e ripensare, il
passato è già passato, non lo puoi cancellare, modificare ma solo
cronicizzare! … se ti senti soddisfatto e non ti tormenti con un
inutile e continuo bilancio degli eventi del giorno appena trascorso,
ti addormenterai sereno, il tuo letto non solo ti terrà sulle
“spine” e non ti farà passare le notti in bianco, con gli occhi
inchiodati alle travi, ma ti rigenererà, vivrai appieno tutte le tue
emozioni, ritroverai il tuo giusto “ritmo” e, soprattutto, te
stesso, così tutte le tue energie si metteranno in moto: troverai un
luogo senza torture in cui finalmente sarai davvero libero di
lasciarti andare, senza pensieri e senza sensi di colpa … tra le
lenzuola creati il tuo vero NIDO, la tua TANA naturale, il tuo grande
RIFUGIO … lasciati avvolgere e abbandonati alle forze notturne,
così potrai incontrare veramente Morfeo; l’insonnia arriva perché
vuole farti aprire gli occhi sulla tua esistenza, si presenta per
insegnarti che devi imparare a goderti la vita e a vivere tutte le
emozioni possibili.


onostante
il luogo di riposo sia sempre più accogliente, perfettamente
ovattato dai rumori, con temperature confortevoli, attrezzato di un
modernissimo materasso ortopedico sul quale sono stese profumate
lenzuola di seta, il sonno, spesso, per molte persone, diventa un
incubo, un vero inferno. Nel regno della notte, la stanza da letto si
trasforma in un terreno minato, un territorio caratterizzato da
violenti scontri e battaglie fino all’ultimo “colpo di sonno”.
Morfeo, dopo infinite invocazioni, inutili imprecazioni, suppliche
imbarazzanti, giri e rigiri fastidiosi non se la sente proprio di far
la sua comparsa sulla scena notturna. Quando il corpo non trova pace
nel proprio giaciglio, nemmeno una damigiana di camomilla riesce a
conciliare un meritato riposo. Sembra banale ma senza un naturale ed
adeguato riposo non si vive. Gli effetti di questa privazione si
riscontrano nelle ore di veglia con sbalzi di umore, aumento
dell'affaticabilità, irritabilità, scarsa concentrazione e
difficoltà nell’affrontare le sfide quotidiane. Durante
il sonno il sistema nervoso centrale attiva due neurotrasmettitori:
melatonina e prolattina. Ormoni che agendo sul tono dell’umore
regolano e preparano il terreno all’evento sonno.


entre
si riposa, nel corpo avvengono importanti modificazioni chimico -
fisiche. I muscoli si contraggono e si
rilassano, la temperatura corporea si abbassa, gli occhi pur essendo
chiusi si muovono (fase REM), il ritmo del cuore e del respiro varia.
Nel buio della notte, piano piano, si cerca di “digerire” ciò
che durante il giorno non si è riusciti a calmare e ad acquietare.
Spesso, infatti, si portano nel lettone ritmi e frenesie mentali
molto intense, da cui non è facile liberarsi: questa situazione ha
in sé uno stato di “eccitazione” che ostacola e agita il sonno.
Una mente bloccata, ingorgata e compressa che con il calar delle
tenebre cerca di eliminare tutte le “tossine” quotidiane
attraverso il pensiero. Le veglie inattese, allora, comunicano ciò
che, nel profondo di se stessi, non si riesce più a nascondere, a
tacere e tenere sotto controllo. La notte
restituisce, poco alla volta, pezzi di quotidianità “indigesta”.
Quello che durante il giorno è stato accatastato, ignorato,
inespresso e soffocato si manifesta inaspettatamente nell’oscurità.
Tutte cose (fantasie, desideri, istinti) che chiedono di “essere
vissute” e non di “essere addormentate” o spente. La
notte, apparentemente poco generosa, in realtà, si vendica chiamando
il soggetto alle proprie responsabilità: rimediare agli “errori”
diurni. Un piccolo “omino” notturno che, dopo aver interpretato
personaggi quotidiani fittizi e superficiali, esprime il proprio
disappunto, si agita dentro la persona, non vuole addormentarsi,
reclamando in tal modo il diritto di esprimere la propria vita in
maniera reale, spontanea, naturale e gratificante.
cco che,
improvvisamente, al buio, in questo territorio del mistero, l’insonne
si riempie la testa di cose inutili, emergono nella sua mente
pensieri fissi e pietrificati che ostacolano il sonno: “ingestione”
di insuccessi, troppi impegni e sacrifici, eventi dolorosi, giornata
infarcita di delusioni, storie mai raccontate che pesano, tradimenti
che “fermentano” a metà strada tra
il dire e il non dire, inganni in balia ai sensi di colpa, scarse
attenzioni, stizza furente, perdita di fiducia in se stessi e negli
altri, compromessi non metabolizzati, cambiamenti improvvisi,
contraddizioni, convenzioni eccessive, false identità, senso di
frustrazione … troppi controlli che
sfiancano e tengono gli occhi completamente sbarrati. Nulla
riesce ad azzerare tali ossessioni e, ben presto, dopo vari tormenti,
si cede il letto al “nemico”: l’insonnia. Se non si spezza il
circolo vizioso dei pensieri si rischia parecchio. Un malessere,
quello delle notti in bianco che, oltre a coinvolgere tutto il corpo,
privandolo lentamente del suo equilibrio energetico naturale, lo
espone a vere e proprie patologie: l’intestino
trattiene (stipsi), il cuore non riconosce più il suo ritmo
(aritmie), i muscoli si contraggono (dolori), la sessualità - senza
energia - si spegne (tratti depressivi), una testa che rumina ma non
smaltisce (cefalea), uno stomaco schiacciato ed appesantito
(gastrite). Sono tutti elementi “arrugginiti” - “rifiuti”
psichici accumulati durante la giornata - che, silenziosamente, si
depositano nell’organismo e lo fanno ammalare. Un disturbo che può
esprimersi con modalità diverse: difficoltà ad addormentarsi
(incapacità a lasciarsi andare, rimuginare sui pensieri), risvegli
precoci (arrabbiature e rancori non smaltiti che riemergono durante
la notte) o frequenti interruzioni del sonno (timore dei cambiamenti,
del nuovo). La durata di questo problema è un elemento fondamentale
per distinguere il disturbo occasionale dalla vera e propria malattia
psicofisica che, se non affrontata in maniera adeguata, tende a
diventare cronica. Questa difficoltà
persistente a raggiungere lo stato di sonno e mantenerlo nel tempo,
indispensabile per conservare la salute, può essere legata anche a
patologie mediche croniche come ad esempio asma bronchiale, diabete e
artrosi.
osa
fare. Imparare a liberarsi
di tutta quella zavorra mentale inutile, riscoprendo quiete, calma e
serenità, farà dormire profondamente come un neonato. Se
l’ansia assale a tradimento, un’altra strategia vincente è
imparare a rilassarsi. Tale metodica psicosomatica, se praticata con
regolarità, risulta fondamentale non solo per placare i sentimenti
“difettosi” che tormentano appena ci si corica, ma anche per
ripristinare gradualmente l’equilibrio fisico e mentale.
Compiere
una piccola passeggiata dopo cena - senza forzature perché la
stanchezza eccita e impedisce di rilassarsi - aiuta a rigenerare
l’organismo e zittire l’insonnia.
Si vince,
inoltre, il “mostro cattivo” cambiando atteggiamento e attraverso
stili di vita appropriati: alimentazione corretta (sostanze che
facilitano la produzione di serotonina), auto massaggio, sessualità
appagante, togliere dalla stanza da letto elementi disturbanti
(televisore, computer, cellulari), un bagno caldo con oli essenziali
… e perché no? letture con contenuti fiabeschi, storie d’altri
tempi per stimolare un’altra logica, “dimenticare” un
quotidiano - non sempre amico - che crea irritabilità, tensione ed
insonnia. Ricorda, un
riposo notturno non rigenerante, fragile e insufficiente smantella
lucidità, concentrazione, alza l’ago della bilancia e predispone a
patologie cardiovascolari … l’insonne, in generale, privo di
fantasia, non abbassa la guardia neanche tra le lenzuola, si
“alimenta” di indecisioni, di dubbi , di incertezze e di paure,
evita emozioni forti, teme di perdere il controllo, di lasciarsi
andare, non riesce a scaricare completamente la testa … dominato
dai suoi stessi pensieri molesti che non riesce in nessun modo a
zittire. SAPEVATE
che... la vitamina B3, il Magnesio e il Rame sono utili contro
l'insonnia?
’insonnia
si combatte anche con i piedi sotto il tavolo (sostanze ricche di
magnesio e triptofano ti riportano felicemente tra le braccia di
Morfeo): riso, pasta (integrale), pere, banane, mandorle, mele,
basilico (antiansia), insalata, origano … niente alcol e
dolciumi!!!

La
sintesi … DEPRESSIVA.
ratti
fortemente depressivi: astenia, abulia,
senso di inferiorità, rigidità e severità verso se stesso,
tendenza all’autosacrificio, all’autoaccusa e al vittimismo,
disperazione, alto senso del dovere, dedizione, spirito di
sacrificio, buonismo a tutti i costi, accomodante, reazionario,
blocco dell’aggressività, infantilismo sessuale, isolamento
sociale, calma emozionale esagerata, non riesce ad accettare la
perdita di persone amate o di essere abbandonato, bisogno ossessivo
di essere accettato e amato, deliri di grandezza.

l futuro
depresso si struttura pian piano sulla convinzione, sull’esperienza
precoce, di non essere amato, trova nel clima familiare un terreno
particolarmente predisponente. La figura di riferimento, oltre ad
alimentare aspettative esagerate, è ostile e lignea, non interpreta
correttamente i segnali e non reagisce in maniera appropriata alle
richieste avanzate dal piccolo: non ama in maniera adeguata e
costruttiva. Vissuti negativi e sentimenti ostili ostacolati o mai
espressi hanno avvelenato lo stato d’animo del futuro depresso. Il
mondo, poi, gli viene dipinto come una realtà sempre cattiva, piena
di insidie, di rischi e di pericoli dove ogni cosa può nuocere; da
qui prende forma una grande paura della solitudine, della separazione
e dell’abbandono. Ha perso in qualche
modo l’opportunità di vivere - con l’altro - sentimenti di
confidenza, di intimità e gratitudine: tutte cose che mancano
completamente nel suo vissuto. La mente
del depresso è dominata da un profondo senso di colpa, da una forte
aggressività e dal terrore di perdere l’altro, attribuendogli un
valore esagerato; gira e rigira nella sua testa uno strano
ritornello: “Chissà mai come ero da piccolo se nemmeno mia madre
mi considerava e non mi voleva bene?”. Una dimensione
esistenziale caratterizzata da una sensazione di indegnità, di
inadeguatezza, di sventura, di fragilità, di pessimismo, di
repressione, di tribolazione, di sottomissione. Una
struttura che si fonda sulla carenza, l’abbandono, l’assenza, il
disinteresse o l’invadenza: lasciando un incolmabile vuoto d’amore.
n rapporto basato spesso sulla svalutazione e
il ricatto: “ Quando non ci sarò più allora sì che ti ricorderai
di me, ma io non ci sarò più”, “Vai pure da quelli là, ma
quando tornerai non ti assicuro di essere ancora qui”. Tutte
queste dinamiche, a suo tempo sperimentate, determinano una confusa
avidità che spinge a prendere ogni cosa, desiderare un qualcosa che
oramai non è più possibile avere; si aggrappa a tutto e a tutti,
l'importante e non rimanere mai soli; incapace di stare da solo,
sprofonda nella dimensione del bisogno più totale. Per qualche
“briciola” d’affetto, sostegno e benevolenza è disposto a
qualsiasi rinuncia e a sacrifici davvero impossibili… controlla
l’altro attraverso la dipendenza: sottomesso,
servile, disponibile, premuroso per paura di perdere l’oggetto
“amato”. Tutte formule che sottolineano il desiderio di
rimandare ogni cosa, un comportamento fallimentare: pigro, impotente
e completamente dipendente. Incapace di
affermarsi, di vivere la propria libertà, pian piano diventa un
campione della rinuncia, sviluppa la convinzione di essere indegno di
affetto, stima e considerazione … rinuncia ancora prima di tentare.
Tale stato, come abbiamo visto, prende il via da una carenza
affettiva, da un mondo esterno ostile, un rapporto con la figura di
riferimento che non è in grado di dare niente: esperienze piene di
accuse, di rimproveri e di odio: prende corpo nel soggetto la
convinzione di non meritare nulla. Ostacolato nell’affermarsi -
ecco perché da adulto è costretto ad
appoggiarsi agli altri - sviluppa la convinzione di non essere
mai all’altezza, una sensazione diffusa di completa indegnità, che
le proprie opinioni non valgono nulla: in breve, “Non
sum dignus” in ogni cosa che faccio!!!
ieni
presente, comunque, che non si aiuta una persona depressa
compiacendola o provando compassione ma offrendo un punto di
riferimento vero, un supporto solido, deciso e un dialogo concreto,
il tutto “condito” con grande fermezza. ATTENZIONE, non si toglie
una persona dal disagio emotivo sottostando completamente a tutte le
sue infinite richieste, non è accontentarla in tutto e per tutto che
può rendersi conto del suo percorso sbagliato, che sta vivendo
situazioni non del tutto autentiche: dire troppi “SI” anche
quando si dovrebbe dire “NO” si cronicizza lo stato depressivo,
si prolunga il malessere all’infinito: ogni CURA ha bisogno di
continuità e di convinzione, richiede fedeltà e, soprattutto,
dedicarsi ad essa - sempre mantenendo il senso critico - totalmente e
senza riserve.
ATTENZIONE
PERICOLO.

olte
persone con un quadro clinico depressivo non si rendono conto di
essere seriamente ammalate, sono troppo confuse e inattive per
riconoscere la necessità di un adeguato intervento terapeutico.
Alcune passano intere giornate ad incolpare se stesse circa il loro
malessere e cercano, a stenti, di tirare avanti peggiorando ancora di
più la condizione psicofisica, altre invece si rifugiano nell’alcol
e nelle droghe sviluppando una vera e propria dipendenza. Tale
disagio invalidante, mescolato a passività, tristezza e
disperazione, impedisce a loro di rendersi conto della gravita della
situazione e di chiedere un aiuto specialistico. Anche ai familiari -
armati di buona volontà e pazienza - risulta difficile smuoverli
dalle loro convinzioni e incoraggiarli a cercare un aiuto per uscire
da questa sofferenza davvero invalidante. Abbiamo visto che questo
quadro clinico, particolarmente delicato, serio e grave, ha un
impatto negativo sulla vita - a prescindere dalla gravità delle sue
manifestazioni - interferisce sempre con l’attività lavorativa, lo
svolgimento dei compiti quotidiani, i rapporti interpersonali e può
complicare molti disturbi fisici. Senza una terapia adeguata questo
disturbo può ossessionare per tutta la vita se stessi e gli altri.
Chiunque soffra di depressione corre il rischio mettere in atto
l’auto soppressione. Questi individui, nelle forme più gravi, se
non guariscono completamente, rischiano il suicido. E’ molto
importante che abbiano sempre con loro numeri telefonici utili per
poter intervenire velocemente. Questo è fondamentale soprattutto
durante i primi momenti della terapia, che spesso li riporta a una
condizione energetica che consente loro di reagire agli impulsi
autodistruttivi.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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