Complesso …
Espressioni come ‘Complesso
di Narciso*’, 'Complesso di Edipo**’, ‘Complesso di Inferiorità***’ sono oggi impiegate pressoché da tutti.
olo qualche generazione fa esse erano invece poco conosciute. Tali definizioni
- quando richieste - variano in
rapporto alla cultura ed all’interpretazione del soggetto interrogato. Secondo
le definizioni più correnti tra il pubblico, ad esempio, il ‘complesso’****
è ritenuto consistere in un inesatto concetto di se stessi o della somma di
alcuni comportamenti inopportuni ed emozioni ingiustificate. Si anticipa invece
qui la nozione che i sintomi - oltre ad
essere meri effetti causati dal complesso - si svolgono, almeno
parzialmente, sotto l’osservazione della coscienza mentre l’essenza del
fenomeno (complesso), che tali sintomi produce, resta del tutto inconscio. Per
chiarire meglio questo concetto è necessario soffermarsi brevemente sulle fasi
di sviluppo secondo le quali la personalità umana si evolve dalla nascita
all’età adulta. Tali fasi, peraltro, risultano variamente classificate e
denominate dai diversi indirizzi dottrinali. Al di là comunque dei vari
orientamenti scientifici una cosa è certa che, nei primi anni di vita,
l’organizzazione psichica del bambino è naturalmente egoistica. Ugualmente le
aspettative circa l’aiuto da parte di una persona adulta caratterizzano la sua
forma di dipendenza relativa all’età. In tale stadio il bambino non ha altra
espressione vitale se non riferita a se stesso, non si interessa che di sé, non
si emoziona che per se stesso, non tende ad altro che a soddisfare se stesso, e
la totalità del suo piacere non deriva che da appagamenti dei quali egli solo
partecipa. E’ inoltre il suo carattere di ‘dipendenza’ che gli fa vedere gli
altri unicamente in funzione del soddisfacimento delle sue necessità di
nutrizione, di protezione, di godimento.
iù tardi, dai tre ai sei anni ad
esempio, l’organizzazione psichica ha prospettive più larghe. L’interesse
proprio implica sforzi per conservare un posto importante nel quadro dell’amore
materno. Il piacere di vivere è condizionato al processo di questa sicurezza ed
è turbato da nebbiose curiosità. Il meccanismo di godimento vitale del bimbo
non è più concentrato su se stesso ma si estende all’esterno: i rapporti
muscolari ed i contatti epidermici con gli altri individui diventa fonte di
piacere. Un aspetto molto diverso ci si presenta se si passa ad osservare,
molto più in là, l’organizzazione psichica dopo la crisi puberale. Poiché
l’erotismo ha ora una manifestazione sessuale, fa, esso stesso, il suo ingresso
su un piano altruistico, in quanto tale fenomeno è al servizio della
riproduzione. Con il progredire dello sviluppo verso l’età completamente
adulta, gli interessi, le emozioni, le tendenze saranno vissute sulla base di
un equilibrantesi rapporto tra l’io e la società. Con il dileguarsi sempre più
veloce del carattere di ‘dipendenza' l’individuo assumerà la responsabilità di
se stesso e sentirà il bisogno di ‘dare’ ai più giovani e di uno ‘scambio’ onesto
di valori psichici con gli altri adulti. Secondo l’accezione universalmente
idealizzata, “adulto” è l’individuo mosso da un amor di se stesso non maggiore
né minore del suo amore per il prossimo. In queste succinte osservazioni di
alcune fasi dello sviluppo psichico si è supposto che lo sviluppo stesso
seguisse esattamente la sua linea naturale e realizzasse di volta in volta le sue mete ideali. In
realtà, come sul piano fisiologico, anche su quello psicologico da circa un
secolo nessuno discute più il fatto che l’uomo perfettamente sano rimane solo
una struttura ideale e non è reperibile nella realtà. Il processo ideale di
sviluppo psichico presupporrebbe che le successive forme di organizzazione
psichica progredissero parallelamente agli stadi dello sviluppo somatico; ed
inoltre che i singoli elementi di ogni organizzazione psichica precedente
venissero a tempo debito liquidati e sostituiti dai corrispondenti elementi
dello stadio successivo.
ella realtà può accadere ad esempio che una organizzazione psichica si attardi oltre misura prima di eclissarsi per dar luogo a nuove finalità ed a nuovi modi. In tal caso si ha un ‘ritardo’ di sviluppo psichico. Ma è anche probabile che alcune finalità tipiche di uno stadio psichico anziché essere conseguite risultino frustrate o che altro motivo s’opponga alla loro ‘liquidazione’ (superamento). Tali finalità si costituiranno allora in ‘fissazione’ impedendo nel contempo l’attestarsi di finalità più progredite. Le cariche emotive residuali - in quanto non liquidate ed in quanto respinte nell’inconscio e, quindi, non raggiungibili dalla autocritica (coscienza) - continueranno per sempre a perseguire le proprie mete con i propri modi, cui l’individuo è rimasto ‘fissato’, anche nei quadri delle organizzazioni psichiche successive. Gli studi di sviluppo psichico non saranno allora più al passo con lo sviluppo somatico. Somaticamente infatti un individuo adulto può presentare una organizzazione psichica costellata di ‘residui’ di precedenti organizzazioni psichiche infantili (non di dice forse: “In fondo è un bambino” … quando un adulto si comporta con atteggiamenti infantili). Tali ‘residui’, comprendenti le cariche emotive, le necessità, i desideri e le finalità relative nonché i modi per tentare di conseguire queste ultime, disturbano in più modi la cenestesi della personalità. Con il loro permanere oltre il tempo naturale mettono l’individuo in conflitto con l’ambiente esterno in quanto quest’ultimo ora non raccoglie più come legittime le istanze residuali, che erano pur legittime un tempo. Inoltre all’interno stesso della vita psichica individuale le istanze arretrate non si armonizzano con i nuovi elementi psichici pertinenti all’attuale fase di sviluppo e generano così conflitti intrapsichici. Al centro di questi focolai di disturbi della personalità si trovano dunque i ‘residui’ patologici di organizzazioni psichiche precedenti. Tali ‘residui’ sono per l’appunto la materia dei ‘complessi’.
otto questo
aspetto si potranno ora spiegare le espressioni prima menzionate. ‘Soffrire
di complessi’ vuol dire soffrire della presenza di ‘spine’ psichiche ‘residuali’.
‘Crearsi dei complessi’ è espressione impropria di chi, assistendo dall’esterno
alla disarmonia dei moti psichici di un dato individuo, non comprendendo il
carattere inconscio dei complessi, ne attribuisce la responsabilità razionale
al soggetto. L’espressione ‘Complesso di Edipo’ indica il permanere di
‘residui’ della organizzazione psichica risalente all’età dai 3 ai 6 anni e
concernente le relazioni emotive del bambino di quella età verso la madre e verso il padre. Il ‘Complesso di Narciso’
corrisponde alla presenza di residui di organizzazioni psichiche risalenti alla
situazione seguente allo svezzamento. La letteratura specialistica intende
dunque in genere per ‘complesso’: la presenza nella costellazione psichica
inconscia individuale di un focolaio patologico consistente in residui attivi
di organizzazioni psichiche proprie di età infantili superate. Esiste
tuttavia una seconda accezione generale che al temine ‘complesso’ la
terminologia psicoanalitica dà. Ricorrendo alla più classica di tali
descrizioni, ovvero quella freudiana, si procede così: fase orale, fase sadico - anale e
fase edipica. Ciascuna di tali fasi comporta, come s’è detto, una
organizzazione psichica. A tale organizzazione stessa, comprensiva delle sue
emozioni, necessità, finalità e modi per conseguire le stesse - durante
il suo naturale manifestarsi -
si vuole dare altresì il nome di ‘complesso’: “complesso orale”, “complesso
sadico - anale” e “complesso di Edipo”. Tale secondo significato di
“complesso” aderisce dunque all’incirca a quello dell’espressione
“organizzazione psichica” che finora si è preferibilmente usata per non
generare confusione tra i due diversi significati. Quest’ultimo, comunque, si
distingue nettamente dal primo perché non indica una situazione inconscia ma
anzi la situazione emotiva naturale riferita alle possibilità di coscienza del
soggetto, relativamente all’età. Ed inoltre, soprattutto, perché indica un
processo normale anziché patologico.
ICORDA, tutti iniziano il percorso evolutivo scontrandosi con ‘strane’ forze
ambientali, mettendo in atto curiosi meccanismi di difesa, bizzarre strategie di lotta più o meno
vantaggiose, trasformandosi, modellandosi fino a diventare quel che si è 'realmente':
aspetto fisico, carattere, comportamenti e talenti … ogni istante della vita
attuale è sempre il riassunto del viaggio esistenziale … alcuni, da questi
scontri, ne escono malconci, altri se la cavano abbastanza bene, alternando momenti
di sconforto a momenti più soddisfacenti, pochi, ma pochissimi, possono affermare
di non portare ‘lividi’, di non avere qualche ‘cheloide’ sparso nel corpo e
nella mente dopo lotte titaniche con oscuri incontri e continue dinamiche
ambientali … scontri inevitabili rivolti
sempre ad affermare, fino all’estremo delle forze, la propria vera e preziosa unicità.
* Complesso di Narciso. Le figure e le storie dei moti greci
raccontano che Narciso invaghito della propria immagine, morì annegato nelle acque
che la riflettevano … attraverso tale concetto non si vuole esprimere altro che
un amore esclusivo di sé, una libido*****
dell’Io. In genere si distinguono un narcisismo primario e uno secondario.
Il narcisismo
primario è quello del bambino, che prende se stesso come oggetto
d’amore senza alcun rapporto col mondo esterno. Questo stato corrisponde alla
credenza infantile di onnipotenza dei propri pensieri, ritrovabile nei
primitivi. Si tratta di un amore che resta fissato all’Io, prigioniero del
proprio fascino. Il narcisismo secondario è uno stato morboso che s’incontra nelle
più gravi di tutte le malattie mentali: le psicosi. Non si tratta più d’una
fase della libido, ma d’una regressione patologica. Il mondo intero può venir
privato d’ogni legame affettivo con il soggetto che ripiega il suo amore su se
stesso (sull’Io).
oiché il mondo viene disinvestito dalla libido, il malato si chiude in un mando immaginario, dove rivive il sentimento infantile non in contatto con la realtà: il delirio. Attraverso i suoi fantasmi s’è costruito un mondo interiore nel quale può vivere. E’ un delirio, se non si interviene con sapienza, da cui non uscirà più. Il narcisismo è una tappa normale dello sviluppo del bambino. Ma crescendo il bambino deve superare questo stadio e cercare ‘oggetti esterni’ da amare. L’adulto che è rimasto ad una certa forma di narcisismo, dà un’importanza eccessiva alla sua persona: passa il tempo a contemplarsi, a cercare di farsi amare. In tal modo si spiegano le tendenze di un dandy, di un ‘Apollo’ e, al limite estremo, di un malato immaginario (ipocondriaco) continuamente concentrato su se stesso. In un senso positivo, una certa misura di narcisismo spinge a mantenere l’orgoglio, l’amore di sé. A livello patologico, invece, il trattamento dovrà ‘insegnare’ gradualmente a gustare il piacere di essere apprezzati per ciò che si sa dare, inventare e comunicare. Il trattamento del narcisista deve tener conto che questo particolare soggetto, non per sua colpa ma - come abbiamo visto - per gli stimoli negativi che ha ricevuto di solito nell’infanzia, considera solo le proprie esigenze e non quelle dell’ambiente, a tutti i livelli. Occorre dunque sensibilizzare in lui il piacere che si prova nel dare, oltre che nel ricevere. La stessa competenza dell’analisi, se ben condotta, può proporre al narcisista una modalità del tutto nuova di rapporto umano: una collaborazione di due persone per lo stesso fine, che può essere vissuta senza il timore del rifiuto e con la garanzia della possibilità di discutere e chiarire ogni dinamica che si verifichi al suo interno. Il viaggio di scoperta nella dimensione ignota dell’inconscio può prendere corpo allora come una ricerca creativa a due, che ha per obiettivo lo ‘smascheramento’ delle finzioni, ossia degli artifici segreti che hanno generato il ricorso a compensazioni solitarie e ancora sorreggono il loro mantenimento.
l cammino non è facile, perché spesso è
comparso di resistenze: ma anche queste possono essere analizzate, sino a
mostrare la ‘corda’ della loro produttività. Quando il paziente ha preso
coscienza dei suoi processi profondi, rimane da affrontare la strutturazione di
un nuovo stile di vita, meno dispersivo, più aperto, spontaneo, libero e
compartecipe nei confronti del mondo esterno. Quest’ultimo compito è assai
impegnativo e richiede il decondizionamento sui riflessi minuti che infiltrano
le abitudini del comportamento quotidiano. Ma scorgere un imprevisto sorriso
sul viso dei nostri simili è un premio che ribadisce la futilità del
narcisismo. L’abilità dell’analista consiste nell’evitare il moralismo
spicciolo e nel presentare i vantaggi di una comunicazione con gli altri non
più a senso unico, ma basata su una compartecipazione emotiva che fa scoprire
il piacere di essere ACCETTATI perché si ACCETTA, insomma di un nuovo e più
caldo modo di vivere.
ICORDIAMOLO, il soggetto ha vissuto con figure di riferimento che alternavano punizioni per un comportamento e per un comportamento opposto, di volta in volta elogia e disprezza, trasmette amore, indifferenza e avversione. Il piccolo, di conseguenza, non è in grado di sviluppare delle chiare categorie mentali, riassumibili nelle coppie di opposti “permesso – proibito”, “gradevole – sgradevole”, “valorizzante – devalorizzante”, “amato – rifiutato”. Egli non potrà mettere a punto la propria immagine e neppure quella del mondo, indispensabili per articolare relazioni interpersonali coerenti. La sola compensazione possibile per lui sarà la scelta di un narcisismo totale. L’educazione capace di prevenire il narcisismo, invece, sarà: incoraggiare con moderazione, trasmettere un amore saldo ma non soffocante, impartire degli schemi disciplinari costanti, insomma esemplificare la coerenza e assieme solidarietà.
** Complesso di Edipo. La situazione edipica si manifesta verso i 3 – 6 anni di vita, spinge
il bambino ad attaccarsi amorosamente alla madre e ad ‘odiare’ il padre, perché
vissuto come un intruso. Il conflitto si risolve normalmente con
l’identificazione col padre. Lo schema è simmetrico nella bambina. Quando nell’adulto
ricompaiono questi sentimenti, abbiamo il complesso. Il bambino vive le figure
della madre e del padre non solo come obiettivi delle pulsioni sessuali, ma
inquadrandole in angolature molteplici che comprendono tutte le sfumature
dell’affettività, della competizione, del ruolo sociale. Il genitore del sesso
opposto può essere un oggetto d’amore, ma si presenta anche come modello
maschile o femminile, come fonte di autorità, di comprensione o d’ingiustizia,
in rapporto al suo modo di comunicare e di comportarsi.
l genitore del proprio
sesso offre le sue caratteristiche come tema per l’iniziazione e come termine
di confronto positivo o negativo per la gestione del ruolo socio – sessuale. Il
complesso di Edipo si arricchisce di gelosie, tenerezze, aggressività,
competizioni, che vanno oltre la sessualità senza escluderla. Il tipo di legame
con il genitore dell’altro sesso assume aspetti differenti secondo il periodo
storico, il luogo e in rapporto al mutevole significato dell’essere maschio o
dell’essere femmina. Le attribuzioni di una madre, per esempio, sono
drasticamente diverse in una società maschilista e in ambiente sociale che
lasci spazio all’emancipazione. Il complesso di Edipo può mettere in luce la
nostalgia di una condizione infantile viziata e iperprotetta; la continuazione
caparbia di una lotta antica per rivendicare un’attenzione affettiva che non è
mai stata ricevuta; l’ostinata rivalità con un fratello o una sorella:
l’insicurezza di fronte alla prospettiva di un confronto paritario con una
persona dell’altro sesso. La risoluzione del complesso coincide con il
raggiungimento della capacità di stabilire relazioni armoniche, in campo sia
sessuale sia affettivo. Il soggetto, in trattamento, deve comprendere i suoi
antichi conflitti che proietta sulle situazioni attuali e che gli impediscono
di affrontarle con sicurezza, piacere, gratificazione affettiva.
opo aver
conquistato l’autocoscienza dell’origine antica e profonda dei suoi problemi,
mantiene un bisogno inconscio di cambiare, vedere il passato con occhi diversi
e invia messaggi segreti, con i suoi sintomi, ai genitori e alle figure
familiari vecchie e nuove, perché gli diano ora l’aiuto che non gli hanno dato
un tempo. La vera emancipazione, facilitata da un rapporto solidale con l’analista
inteso come figura alternativa, avviene quando l’analizzato arriva a
privilegiare la programmazione del futuro sulle rivendicazioni retroattive. E
quando le figure della famiglia di origine sono a loro volta inquadrate come
esseri umani meritevoli di solidarietà, anche se non in grado di esigere e di
imporre una dipendenza.
*** Complesso di Inferiorità. Indica la paura di apparire inferiori
agli altri che ostacola e turba l’attività. Questa paura può avere all’origine
una infermità reale o una educazione deficiente. Nel C. di I. l’individuo cerca
di compensare queste deficienze e, a seconda del risultato di questo sforzo di
compensazione, può diventare un genio oppure un malato mentale, con tutti gli
stadi intermedi. Ha tre matrici differenti: un’inferiorità organica, l’essere
stato viziato e l’essere stato trascurato. Le lesioni organiche hanno
una tale importanza che finiscono per colpire la struttura della psiche e
spingere il soggetto o a realizzazioni straordinarie o a disagi emotivi
(nevrosi). Il bambino troppo viziato presenta turbe del suo comportamento
sociale sentendosi all’ombra di un’altra persona. Invece un bambino ’negletto’ o ‘odiato’ si sentirà
trascurato e tenderà o al facile sconforto, o al dominio e alla volontà di
potenza.
uando un C. di I. è non soltanto consolidato, ma ha gia trovato
sbocco in compensazioni improduttive, patologiche o antisociali, gli interventi
di tipo pedagogico, elaborati dalla famiglia e nell’istituzione scolastica, non
sono in genere più sufficienti. E’ allora necessario – purché esista una libera
disponibilità da parte del soggetto – avviare un trattamento psicoterapeutico.
Occorre che s’instauri, fra psicoterapeuta e paziente, una collaborazione di
tipo creativo, basata sulla solidarietà, ma anche sull’accettazione di un
impegno a comprendere in profondità e poi a correggere le compensazioni
artificiose e controproducenti, costruendo un nuovo stile di vita.
**** Complesso. Insieme di sentimenti più o meno contraddittori,
rimossi nell’inconscio. Si riferiscono ad un’idea, ad un ricordo, la cui
comparsa nell’Io cosciente provocherebbe conflitto … un fenomeno di cui non è
facile liberarsi senza compromettere la personalità stessa.
olti sono i
complessi: svezzamento, Edipo, castrazione, Caino (rivalità tra fratelli), che
sorgono normalmente durante l’infanzia. In seguito i complessi vengono risolti
o scompaiono del tutto, oppure sono rimossi.
In quest’ultimo caso, essi tenderanno a riapparire più tardi, nei disagi
emotivi.
***** Libido. Designa la forza con la quale si manifesta l’istinto
sessuale. E’ l’energia psichica di tutte le tendenze che partono dall’istinto
di vita, qualunque sia l’oggetto verso il quale si rivolgono: amore degli
uomini, delle idee, delle cose, amore di sé. La libido non è una mera forza oscura,
ma possiede una storia, descrivibile in termini di fasi. Dalla nascita alla
conquista della genitalità, l’individuo attraversa un certo numero di fasi
(orale, sadico-anale, fallica, genitale). Ogni fase è definita da una
particolare organizzazione della libido attorno ad una zona esogena. Nel corso
di questa evoluzione l’individuo corre due rischi, la fissazione e la
regressione. Può accadere che una fase sia investita più di un’altra. La libido
rimane allora fissata, in parte o del tutto, ad una fase.
e il Complesso di
Edipo non viene risolto in modo soddisfacente, la libido non raggiungerà mai la
fase genitale, o regredirà ad una fase già superata in precedenza. La
regressione dà origine alla perversione. Se l’Io lotta contro il desiderio di
regredire, il soggetto può sviluppare disagi emotivi. Nevrosi e perversioni
sono trasformazioni della libido. Si distingue tra libido dell’Io, investita
dal soggetto sulla propria persona, e libido oggettuale, che determinerebbe
l’attaccamento del soggetto al mondo. Tra questi due modi di investimento ci
sarebbe un equilibrio, poiché uno aumenta quando l’altro diminuisce.
La comprensione dell'articolo richiede conoscenze psicoanalitiche.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi
diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un
valore educativo, non prescrittivo.
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