Il
gioco d’azzardo … la lusinga del diavolo

l
piacere del gioco, nelle sue varie forme, è profondamente radicata
nella natura umana. L’uomo lo porta con sé fin dai tempi più
antichi. I segni di questa tendenza si trovano infatti in epoche
assai remote. Contrariamente a quello che si può credere, va detto,
che i grandi divieti e le eventuali “diaboliche” sanzioni messe
in campo non hanno avuto nessuna presa, in pratica si sono sempre
rilevati impotenti. Come possiamo dire: il
profondo desiderio è rimasto, il “germe maligno” del gioco è
tranquillamente sopravvissuto … si è evoluto, ha preso, nel
tempo, sempre più piede e forme sofisticate diverse. La passione per
il gioco d’azzardo è un fenomeno sicuramente in continua
espansione con un fatturato stimato attorno a svariati milioni di €
(non dobbiamo dimenticare il gioco clandestino completamente
sconosciuto). E’ un fenomeno che coinvolge prevalentemente un’ampia
fascia di popolazione adulta; gli incalliti a livello statistico
raggiungono il 35% della popolazione. Quest’ultimi sono individui
che giocano in maniera eccessiva tanto da sacrificare, o mettere il
pericolo al gioco tutto quello che posseggono: dalle
proprie finanze alla famiglia, dagli amici all’autostima. Il gioco
d'azzardo, come un vampiro, succhia e distrugge completamente e
lentamente la vita: affettiva, relazionale e professionale.


a
menzogna è, inoltre, sempre presente in questa dipendenza e viene
usata per giustificare tale comportamento ossessivo. Ma
in definitiva, al di là dei vari profili psicologici, ma perché si
gioca? Perché un’alta percentuale di giocatori continuano pur
perdendo molto denaro? Perché certe
persone rinunciano a tutto, spesso, anche la propria moglie viene
messa sul “piatto”, pur di continuare a giocare? Una
risposta univoca ai precitati interrogativi non è sicuramente
semplice, non riesce quasi mai a chiarire in profondità tale
fenomeno. Molto probabilmente tale abitudine è riconducibile alle
circostanze culturali e sociali in cui l’individuo ha vissuto.
Forse il tutto dovrebbe essere ricercato nella sua storia evolutiva,
nelle esperienze di vita che hanno delineato la sua personalità con
il tipo di impatto che il gioco ha avuto sulla sua esistenza, con la
percezione di esso come fonte di ricompense e di opportunità di
vario genere … di soddisfazione e gratificazioni anche se non
sempre garantite. La predisposizione al gioco, secondo alcuni modelli
concettuali, dipenderebbe principalmente dallo schema di rinforzo: il
giocatore, infatti, efficacemente rinforzato da vincite “casuali”
sarebbe spinto a ritentare, in quanto vari tentativi significano più
possibilità di vincita. Alcuni ricercatori, hanno posto
l’attenzione su ciò che accade dal momento della puntata a quello
della risposta alle scommesse ed è su questo lasso di tempo che
hanno focalizzato i loro studi e ricerche. Ed è proprio in questo
frangente che si verificano i momenti decisamente più stimolanti,
determinando su molti giocatori un effetto di rinforzo; due, infatti,
sono le fonti di rinforzo: l’eccitazione
associata ai momenti stimolanti del gioco ed il denaro. Esse
naturalmente agiscono insieme e coinvolgono sia l’aspetto
temporale, con relativo eccitamento, sia l’aspetto razionale …
denaro.


riteri
diagnostici per l’impulso patologico al gioco d’azzardo. Almeno
4 sintomi, nel questionario di seguito indicato, devono essere
presenti contemporaneamente perché si possa formulare tale quadro
clinico:
•
Frequente
preoccupazione per il gioco o, in qualche modo, per
l’approvvigionamento di denaro per poter giocare;
•
Abitudine
a giocare somme di denaro maggiori di quelle preventivate o a giocare
per periodi più lunghi di quelli previsti;
•
Bisogno
di aumentare l’entità o la frequenza delle scommesse per
raggiungere l’eccitamento desiderato;
•
Irrequietezza
o irritabilità se il soggetto è impossibilitato a giocare;
•
Ripetute perdite di denaro al gioco e ripetuti
ritorni al gioco in giorni successivi per tentare la rivincita delle
somme perdute;
• Reiterati
tentativi di ridurre o interrompere il gioco;
•
Abitudine
a giocare anche quando ci si aspetta che il soggetto assuma degli
obblighi sociali o responsabilità professionali;
•
Tendenza
a sacrificare al gioco certi importanti attività sociali, lavorative
e ricreative;
•
Persistenza
dell’abitudine al gioco nonostante l’impossibilità di pagare i
debiti crescenti, o nonostante altri significativi problemi sociali,
lavorativi o legali che il soggetto sappia essere acuiti dal gioco.


entativi
di dare una spiegazione psicologica al problema degli individui che
giocano d’azzardo in modo coattivo iniziano ad apparire all’inizio
del secolo scorso. Alcuni orientamenti
scientifici interpretano tale comportamento mala - adattivo al gioco,
come una forma di autopunizione, dove il bisogno di perdere sarebbe
preminente, in quanto servirebbe per espiare i sensi di colpa
derivati dai sentimenti ambivalenti infantili. Il gioco
esprimerebbe un’aggressività inconscia verso i genitori e perdere
avrebbe il significato di questo castigo per l’aggressività
manifestata … una punizione per espiare i pensieri “cattivi”.
Ecco dunque la dinamica: il gioco d’azzardo
fa rivivere al giocatore le antiche fantasie infantili di potenza e
di megalomania; in queste fantasie, in cui il principio del
piacere è anteposto al principio di realtà, rinasce lo scontro con
l’educazione e con le norme apprese dai genitori; la colpa
conseguente sarà espiata attraverso il desiderio di perdere e il
dolore si trasformerà in piacere, ossia masochismo psichico … il
tutto inconsapevole al soggetto perché derivato dal desiderio
inconscio di perdere.
Come
si crea l'indipendenza nel piccolo

l
neonato, che vede la luce dopo nove mesi di vita parassitaria a spese
dell'organismo materno, è destinato a diventare un adulto che
provvede con le proprie risorse alla sua individuale e a quella della
famiglia che a sua volta fonderà. La natura vuole perciò che il
giovane essere umano, crescendo, si liberi dalle tutele inizialmente
indispensabili che su di lui vengono esercitate e che ne assicurano
l'esistenza, per arrivare a vivere autonomamente la propria vita. La
storia personale di ciascun piccolo è storia di una graduale
emancipazione, di una conquista dell'indipendenza la quale si
accompagna allo sviluppo del suo spirito di indipendenza … mai di
“dipendenza”!!! Uno scontro, perché si tratta certamente di una
conquista, con tutto quello che questa parola implica di lotta. Lotta
contro ostacoli interiori, psicologici: quelli che nel bambino si
oppongono al suo desiderio di indipendenza; c'è poi il bisogno di
protezione, di sicurezza, per non parlare poi della debolezza
relativa all'età. Inoltre, lotta contro gli ostacoli esterni,
sociali, che di fronte ai suoi tentativi di indipendenza, di libertà,
erigono la “autorità” dei genitori, la disciplina familiare e
scolastica. Vi sono perciò occasioni permanenti di conflitti più o
meno latenti, più o meno profondi e duraturi, nei quali si può
scorgere uno degli aspetti più caratteristici dell'eterna diaspora
delle generazioni. Quale comportamento consigliare ai genitori di
fronte a queste opposizioni dei loro figli? Come si può fare? E'
indubbiamente indispensabile proteggere sempre il bambino e perciò
vegliare su di lui. Ma non è opportuno che, a partire da una certa
età, questa sorveglianza sia troppo evidente o addirittura
ossessiva; né soprattutto si deve insistere sugli aspetti negativi
del distacco imponendo assurde proibizioni. In sua presenza, non è
opportuno esprimere troppo frequentemente timori a proposito della
sua salute, della sua sicurezza personale, del suo benessere. In tal
modo si rischia di farne un pusillanime, un essere esageratamente
sensibile, avido di protezione esplicita e continuativa. Al contrario
è opportuno lasciare che si misuri da solo con le difficoltà, e
anche con modesti pericoli, lasciandogli l'iniziativa e la scelta dei
mezzi per superarli … guai sostituirsi a lui, risolvergli ogni
“guaio” che la vita dona senza nulla in cambio. La fiducia che
gli diamo, lo avvicina così a noi, lo rende più forte e sicuro, lo
spinge a prenderci come testimonio, li induce a dialogare con noi,
mentre una docilità passiva dei cucciolo apre un solco incolmabile
fra le generazioni.
on
bisogna scegliere sempre al posto del bambino, ma dopo averlo
illuminato senza influenzarlo neppure indirettamente, lasciargli la
responsabilità delle decisioni che lo riguardano.
Ciò
non significa che bisogna incoraggiarne i capricci su alcuni aspetti
insignificanti, ma conviene certo lasciare che egli si occupi e si
preoccupi come vuole di quanto lo riguarda, pur comunicandogli il
nostro punto di vista su tutti i problemi. Non bisogna fargli trovare
la pappa fatta, tracciargli piani di comportamento troppo
dettagliati, ma incoraggiarlo a prendere iniziative riguardo ai
problemi relativi i suoi interessi principali: problemi che possa
risolvere a suo modo e di cui si assuma la responsabilità. Se a una
ragazza piace cucinare e in particolare preparare dolci, lasciatele
preparare il dessert senza intervenire nel suo lavoro: che importa se
il dolce non è perfetto? Sarà migliore la prossima volta perché è
l'esperienza individuale che insegna e non quella degli altri. Anche
un lavoro maldestro, ma personale, è sempre psicologicamente
preferibile a un successo dovuto all'aiuto altrui.
Impegniamoci
ad aiutarli, concependo la disciplina non come un fine a se stante,
ma come un apprendistato verso la libertà e l'autonomia. Bisogna
ch'egli finisca col conformare il proprio comportamento alle regole
di vita ch'egli ha scoperte in se stesso e che sta già accettando
dopo averle però verificate.


itornando
a noi, poi, dalle vincite, inoltre, il giocatore d’azzardo ottiene
piacere sia come innalzamento dell’autostima sia in rapporto
all’attivazione psicologica connessa alle scommesse. Le
vincite sono considerate come il prodotto della propria abilità,
vengono esibite e reinvestite in diversi tipi di gioco, mentre le
perdite vengono attribuite a errori esterni e non sono considerate.
Nella fase perdente il giocatore si convince che “inseguire” la
fortuna sia una buona strategia; il giocatore “insegue” il gioco
con i soldi che si è fatto prestare, tiene nascosti i debiti e,
quando è scoperto, iniziano le crisi familiari. Tormentato dalla
mancanza di soldi, trascura il lavoro e trascorre, per rifarsi,
sempre più tempo al gioco. La fase di disperazione è caratterizzata
da una spasmodica ricerca di denaro, dallo sforzo per il pagamento
dei debiti e dall’ossessione del gioco. In famiglia il giocatore è
mal tollerato e lui stesso rende la vita gravosa a tutti … figli
compresi. A poco a poco, entra in uno stato di “follia”, di
panico che lo conduce ad un gioco sempre più smodato ed irrazionale.
Diventa nervoso, irrequieto, irascibile e iperteso al punto di
scivolare nella fissazione … si presenta confuso ed impacciato.
L’alimentazione si fa irregolare e la vita presenta pochi interessi
… beve e fuma in maniera ossessiva.
osa
fare. I
colloqui con uno psicoterapeuta servono per individuare ed affrontare
i meccanismi difensivi che il giocatore mette in atto; di ridurre il
senso di isolamento e di alienazione. La desensibilizzazione
immaginativa, particolarmente utile, implica il dover immaginare
delle stimolanti situazioni di gioco e poi accoppiare gli stimoli
immaginati con una reazione concorrenziale come il non giocare ed i
sentimenti di noia. Per la riabilitazione si punta sulle
caratteristiche e sulle qualità positive del giocatore allo scopo di
dirigere le energie del soggetto stesso verso un’attività che
sostituisca significativamente la spinta a giocare.

Un
po’ di pratica
he si tratti di droghe, farmaci, tabacco, alcol e gioco d'azzardo, qualsiasi dipendenza può prendere il controllo della vita e spingere in una spirale distruttiva. Questa visualizzazione potrebbe essere d’aiuto. Non cominciamo a dire subito che sono baggianate … tempo perso, inutile, in tutte le cose ci vuole interesse, impegno e continuità!!!

hiudere gli occhi e immaginate una profonda buca.
Gettate dentro tutti i giochi d’azzardo con cui finora avete
giocato … non importa la dipendenza, potrebbe essere alcol,
tabacco, droghe legali e illegali. Cadendo nella buca raggiungeranno
il centro della terra e lì bruceranno. Ora immaginate di fare lo
stesso con tutti i giochi del mondo. Nel vostro mondo non ci sono più
i giochi d’azzardo di nessun tipo. Come vi sentite? Terrorizzati?
Sollevati? Allegri? Datevi un po’ di tempo per sentire qualunque
emozione emerga alla coscienza, senza giudicarla e senza evitarla.
Ora immaginate che nella vostra testa ci sia un gigantesco pannello
di controllo, dal quale potete regolare tutti i desideri e i bisogni.
Trovate i cavi attraverso i quali viene innescata la vostra
dipendenza. Staccateli, chissà, potreste scoprire di non aver più
voglia di giocare … eseguire la fantasia con un certo impegno e
senza sforzo per dieci minuti, due volte al giorno. Non non ve la
sentite fatevi aiutare da una persona qualificata.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
Nessun commento:
Posta un commento