ENURESI ...
“il
controllo del territorio”

on
a caso, per gli animali la funzione biologica dell’urina è quella
di “marcare” il territorio, un chiaro ed evidente segnale per
dire agli intrusi: “fermo,
qui sei a casa mia”! Perdita involontaria di urina durante la
notte. Non dovrebbe più verificarsi in un bambino dopo i 3 – 4
anni di età, se non soffre di alcun disturbo organico. Generalmente
si spiega come un rifiuto di crescere, come una reazione di protesta
in seguito ad un trauma affettivo. Spesso, si cerca di fare di tutto,
tranne che tentare di capire il fenomeno. Il piccolo che la notte si
bagna non lo fa apposta. Al contrario, egli tenta spessissimo di
resistere; non si tratta né di pigrizia né di cattiveria, ma come
vedremo di seguito, di ben altro. Il bambino esprime con questo gesto
quello che non può esprimere con le parole. Il fatto è che i motivi
della sua enuresi sono inconsci; ciò vuol dire che i motivi che si
trovano alla base dell'enuresi non sono chiaramente presenti alla sua
mente e che, quindi, egli non saprebbe, concretizzarli o meglio
descriverli. E ciò avviene perché le cause sono difficoltà
psicologiche o morali che lo stesso fanciullo non vuole o non sa
confessarsi.

n esempio concreto riguarda Giuseppe, un bambino di 5
anni. Tutto andava per il meglio, da molto tempo, la notte, rimaneva
pulito. Nasce la sorellina e, improvvisamente, egli si rimette a
bagnare il letto. I genitori, comunque, a loro dire, assicurano che
non è geloso. Inizialmente avevano pensato a una possibile gelosia,
ma subito hanno scartato l'idea. D'altra parte Giuseppe sembra amare
la nuova arrivata.: l'ammira, la coccola, la carezza, l'abbraccia,
veglia su di lei e ha molto timore che le possa accadere qualcosa di
spiacevole. Nonostante tale atteggiamento, il piccolo è però senza
alcun dubbio geloso. E' difficile accettare di dover condividere
dalla sera all'indomani un affetto che fino a quel momento era
esclusivo “monopolizzato” da parte del bambino. Ora, invece, esso
è improvvisamente diviso con un altro. Tale divisione può essere
vissuta come un grave attentato al proprio benessere. Egli non osa
esprimere la gelosia che prova. Ma vi è di più: non osa confessarla
neppure a se stesso. Egli ha coscienza che i genitori
disapproverebbero un simile comportamento da parte sua. Egli teme di
provare quei sentimenti che costituirebbero la prova della sua
ostilità, cattiveria, la quale, come ogni perfidia, deve essere
sempre severamente punita. Egli tema anche il suo desiderio di
mettere da parte la sorellina, questa terribile ed ingombrante
rivale; egli teme soprattutto che quei desideri si possano un giorno
realizzare, perché allora se ne sentirebbe colpevole. Simili
pensieri sono insopportabili per chiunque, figuriamoci per un bambino
con il suo bagaglio cognitivo immaturo. Bisogna sotterrarli,
seppellirli, reprimerli, farli scomparire e anche affermare con
forza, tenacia e convinzione esattamente il contrario. Rimossi nel
profondo, inconfessati ma presenti, per esprimerli e per tradurre i
suoi timori, la sua profonda angoscia, il suo senso di colpa, il
bambino disporrà solo del linguaggio simbolico, un fenomeno
mascherato ad un punto tale che non solo i genitori non riusciranno a
decodificarlo, ma di cui egli stesso non capirà il significato.
a
che cos’è. Per enuresi intendiamo l’emissione attiva completa e
incontrollata di urina dopo che sia stata raggiunta la maturità
fisiologica in genere acquisita tra i 3 e i 4 anni. Questa
alterazione del controllo sfinterico urinario può essere primaria
quando non si è verificata l’acquisizione della pulizia corporea
oppure secondaria qualora si manifesti dopo, un periodo più o meno
lungo, l’acquisizione del controllo fisiologico. Il controllo
sfinterico urinario è influenzato, principalmente, da tre fattori:
neurofisiologico, culturale e relazionale.
eurofisiologico.
Esso è caratterizzato dal passaggio da un comportamento riflesso
automatico ad un comportamento volontario controllato. Nel neonato la
minzione è dapprima successiva alla replezione (riempimento della
vescica). Il controllo di questo sfintere viene acquisito
successivamente in modo progressivo. L’acquisizione, quindi, di un
vero controllo sfinterico non è possibile prima che la motricità
vescicale sia giunta a maturazione fisiologica, anche se un
condizionamento precoce può far credere ad un apparente pulizia.
ulturale.
Questo fattore non può essere dissociato dall’apprendimento della
pulizia.
Prendendo in esame le varie culture, questo apprendimento si svolge
in un contesto più o meno rigido, determinando nel bambino pressioni
severe, inadeguate o leggere (influenzando
la frequenza delle alterazioni legate a questa funzione).

elazionale.
Oltre alla maturazione neurofisiologica ed alla pressione culturale,
nella nostra società, dove la relazione madre bambino è
privilegiata e protetta, l’acquisizione della pulizia è, durante
il secondo e terzo anno, uno degli elementi di transazione nella
diade madre – bambino. L’urina veicola un’intensa carica
affettiva che può essere positiva o negativa. L’acquisizione del
controllo sfinterico si attua a seguito del piacere provato prima per
l’espulsione poi per la ritenzione (ritenzione – espulsione): la
nuova padronanza sul proprio corpo procura al bambino una felicità
rinforzata dalla soddisfazione materna. Questa dualità ritenzione –
espulsione può manifestarsi attraverso modalità aggressive, tutto
ciò dipende dal tipo di relazione tra madre e bambino che si svolge
attorno al controllo sfinterico: esigenza imperiosa della madre che
toglie al bambino una parte del suo corpo e riceve la sua urina con
maschera di “disgusto”; soddisfazione di una madre nel vedere
progredire e autonomizzarsi il suo bambino in queste condotte
quotidiane e ricevere la sua urina con piacere. In questo modo si
attua il passaggio dell’esperienza ritenzione – espulsione alla
modalità offerta – rifiuto.

Criteri
diagnostici per l’enuresi secondo il DSM V.
1.
Ripetuta emissione di urina nel letto o nei vestiti;
2.
Il comportamento è clinicamente significativo, come manifestato o
da una frequenza di 2 volte alla settimana per almeno 3 mesi
consecutivi o dalla presenza di disagio clinicamente significativo o
compromissione dell’area sociale, scolastica o di altre aree
importanti del funzionamento;
3.
L’età cronologica è di almeno 5 anni (per altri autori il
riferimento è di 4 anni);
4.
Il comportamento non è dovuto esclusivamente all’effetto
fisiologico diretto di una sostanza o di una condizione medica
generale (diabete, spina bifida).


eneralmente
l’enuresi è considerata un sintomo benigno con tendenza a
scomparire durante la pubertà (periodo della vita compreso tra gli
11 e 15 anni). Alcuni autori hanno suggerito una classificazione
delle enuresi, a seconda che siano legate a dei fattori organici o
che siano funzionali. Le prime comprendono le ostruzioni anatomiche,
la spina bifida, le infezioni, il diabete (in questo caso sarà
richiesto l’intervento medico o chirurgico). Le
enuresi funzionali, pur avendo un’origine multifattoriale sono
legate a fattori psicologici conflittuali.
Questi ultimi restano i più evidenti. Basti ricordare la frequente
corrispondenza tra comparsa e scomparsa dell’enuresi e quelle di
un episodio che segna la vita del bambino: separazione
familiare, nascita di un fratellino, entrata nella scuola, un
educatore aggressivo e violento, emozioni di qualsiasi natura.
Questi fattori psicologici possono agire sia a livello del bambino
stesso, sia a livello dell’ambiente familiare (in questo caso è
indicato l’approccio educativo e psicoterapeutico).
L’incontinenza
notturna è più frequente della diurna, e comporta assai spesso
l’instaurazione di rituali d’ogni tipo in seno alla famiglia: i
genitori si alzano parecchie volte per far urinare il bambino, cosa
che serve a ben poco, bensì a rinforzare l’interesse familiare
per il sintomo e a dar al bambino gratificazioni di ogni genere
(disturbare
i genitori, manipolazione). Esiste, inoltre, un gruppo di bambini,
appartenenti ad un
quadro clinico depressivo mascherato, chiamato “enuretico
depressivo”,
a causa dell’alta incidenza di incontinenza vescicale e rettale.
Questi bambini mostrano inoltre difficoltà cognitive e isolamento
sociale. Essi sembrano essere bambini sfortunati e infelici, che a
causa di una combinazione di fattori sono neurologicamente immaturi
ed hanno dei problemi di apprendimento e di incontinenza.


ali
bambini restano spesso invischiati in un cronico braccio di ferro
con i loro genitori, che aumenta le loro frustrazioni, ma non
sembrano depressi; piuttosto, essi sono sempre arrabbiati e fanno
ricorso a ritorsioni passivo – aggressive contro le figure
investite di autorità.
Essi non hanno l’immagine negativa di sé, il sentimento di
impotenza e gli autorimproveri che sembrano necessari per la
diagnosi di depressione. Il trattamento, per questo gruppo di
bambini, è lungo e difficile. L’enuresi è associata alla fase
paradossale del sonno, allo stadio corrispondente al sogno, oppure
al passaggio dal sonno profondo a un sonno leggero. Per quanto
riguarda il sesso, la maggioranza degli autori segnala un tasso di
enuresi più alto nei maschi che nelle femmine (10% nei maschi
contro 9% nelle femmine). Alcuni studi hanno messo in relazione
l’enuresi e altri sintomi, quali le minzioni imperiose diurne,
l’enconpresi, il sonno profondo, l’immaturità affettiva e i
disturbi della parola.
Perché
l’enuresi?

ome
è già stato accennato, verso i 4 anni la maggior parte dei bambini
ha imparato a “controllare” la vescica.
Di notte non si bagna più il letto. Nonostante tale controllo, un
certo numero di bambini – di intelligenza normale e a volte anche
superiore – continua a bagnare il letto ben oltre quella età.
Quando il bambino urina, ne trae un evidente piacere. Piacere fisico:
allentare la tensione della vescica, piacere del “titillamento”
derivante dallo scorrere dell’urina, piacevole calore quando questa
arriva a bagnare le natiche e la schiena. Si tratta ovviamente di
piaceri la cui importanza e intensità vengono notevolmente
sottovalutate dagli adulti. Così, la soddisfazione di poter in
questo modo manifestare entusiasmo o dispiacere è un mezzo primitivo
ma tuttavia molto importante per esprimere le proprie emozioni. E’
risaputo che i bambini – anche gli adulti – possono esprimere in
questo modo la paura: “farsela
sotto” è un’espressione comune che corrisponde ad alcuni fatti
reali.
Certi bambini lo fanno anche per manifestare la loro gioia.
Espressione simbolica di gioia o di dispiacere, soddisfazione reale
dell’atto di urinare, “valvola” di una tensione psicologica:
questi
sono i significati della minzione nel bambino e il cui significato è
puramente affettivo.
A volte il disturbo esprime uno stato di conflittualità profonda. E’
frequente in soggetti immaturi che non vogliono rinunciare alle
abitudini infantili. Inoltre, in analogia con il “Regno della
Notte”, luogo in cui dominano gli istinti, l’enuresi notturna
consente alle emozioni trattenute di essere liberate. L’enuresi,
infatti, può esprimere anche il desiderio del bambino di prolungare
il suo stato infantile. Rifiuto di crescere e di conseguenza rifiuto
di assumersi nuove responsabilità. Ha paura di partire perdente in
una “gara” con un bambino più grande.
er attirare l’attenzione dei genitori, anche a rischio di dare
loro un dispiacere e di farsi punire, certi bambini vogliono
garantirsi una posizione a parte, privilegiata, nella quale saranno
certi di trovarsi al centro dell’interesse. Questo rifiuto di
crescere o meglio questo bisogno di “regredire” verso le prime
modalità infantili permette loro di raggiungere tale scopo.
Un altro caso è quello del bambino che ha paura di crescere perché
teme inconsciamente che i genitori vogliano abbandonarlo. Paura
irragionevole, ma frequente. L’enuresi può anche essere una
protesta, un modo attivo di palesare la propria ostilità. Fin dalla
più tenera età, i concetti di “sporco” e di “pulito”
vengono posti al bambino sotto forma di contrapposizione. Bagnare il
letto significa “sporcare”, il bambino lo sa bene. L’enuresi
assumerà allora il senso di una protesta contro i genitori, contro
l’ambiente circostante, contro le circostanze della vita ch’egli
è costretto a condurre. Nel rimanere sporco, il bambino procura ai
genitori fastidio, li mette in imbarazzo e in agitazione: è
un modo di essere aggressivo.
Non soltanto il bambino rimane “pupo”, ma esprime anche il suo
scontento: egli
non osa farlo apertamente, ma lo esprime inconsciamente.
Egli si esprime senza ricorrere alle raffinatezze del linguaggio
parlato. Sarà forse una modalità primitiva, infantile e inconscia
di esprimersi forse, ma molto eloquente.
e reazioni del bambino e
della famiglia di fronte all’enuresi sono varie. Il bambino
considera talvolta che questo sintomo è sgradevole e imbarazzante,
ma spesso ha un atteggiamento passivo. La famiglia può reagire in
maniera estremamente tollerante o estremamente severa … a volte
anche brutale. Può anche essere una punizione che il bambino
infligge a se stesso. Con l’enuresi il bambino confessa la propria
incapacità, il proprio stato di dipendenza, di inferiorità. In
realtà, egli provoca le punizioni e lo scontento dei genitori. E
forse li umilia, ma umilia soprattutto se stesso; e in tal modo
confessa il suo fallimento, la sua incapacità di crescere. In breve
possiamo dire che i pensieri e i desideri che il bambino ritiene
essere inaccettabili e cattivi, quelle idee che, se portate alla
luce, potrebbero comportare gravi punizioni, anzi la perdita
dell’amore nutrito nei suoi confronti, devono scomparire dalla
consapevolezza (conscio). Essi continueranno però a vivere ignorati
nel suo inconscio; e quel inconscio possiede un suo peculiare
linguaggio, un vero e proprio linguaggio segreto che è necessario
tradurre per poterne comprendere il significato. Contenuti rimossi
nel profondo, quindi, inconfessati ma presenti, per esprimerli e per
tradurre i suoi timori, la sua angoscia, il suo senso di colpa, il
bambino disporrà solo del linguaggio simbolico, simbolico a un punto
tale che non solo i genitori non riusciranno a capirlo, ma di cui
egli stesso non riconoscerà il significato. Una vasta letteratura
scientifica sull’enuresi ha sottolineato che una condotta
incostante o disagi emotivi da parte dei genitori giocano un ruolo
sfavorevole nello stabilire il controllo sfinterico in età normale,
sia che si tratti di un atteggiamento troppo coercitivo che spesso
provoca nel bambino reazioni di rivolta e di difesa, sia, al
contrario, di un atteggiamento troppo permissivo che impedisce
l’organizzazione del controllo della minzione. Come hanno indicato
alcuni autori, genitori essi stessi enuretici possono avere un
atteggiamento di paura o di iperprotezione motivata dal ricordo della
loro umiliazione. L’atteggiamento inadeguato dei genitori verso
questo controllo si ritrova soprattutto nelle donne ossessive o
fobiche (paura dello sporco).
Da un punto di vista più generale, l’atteggiamento dei genitori
comporta un modo particolare di organizzazione dell’affettività
del bambino, secondo che sia iperprotettiva o, al contrario, crudele
o rifiutante.
Quali
sono i vantaggi?

onostante
quanto sopra esposto, nell’enuresi non tutto risulta negativo.
Dall’enuresi, il bambino trae determinati vantaggi che, per quanto
siano inconsci, sono sicuramente reali. Il bambino che attira su di
sé l’attenzione e l’apprensione della madre, divenendo così il
centro dell’interesse, trae indubbiamente profitto dalla sua
enuresi. Il bambino che a causa dell’enuresi evita di fare “certe
esperienze” che evita di essere separato dai genitori, guadagna
qualcosa. Anche quando non “vuole crescere”, evita un certo
numero di responsabilità, di compiti e di doveri. Questi vantaggi
vengono definiti “benefici secondari”: essi
infatti non si trovano all’origine e non costituiscono la causa
stessa dell’enuresi, ma sono come dei “sottoprodotti”.
Tali “benefici secondari” fanno sì che il bambino possa
aggrapparsi all’enuresi e opporsi alla propria “guarigione”
anche quando, dopo un certo periodo di tempo, la causa fondamentale è
scomparsa. Per trattare il problema dell’enuresi è indispensabile
conoscere questi elementi. Le circostanze comunque sono sempre
numerose: inquietudine
e curiosità sessuali, fallimenti scolastici, difficoltà di
adattamento all’ambiente, genitori nervosi e, soprattutto,
conflitti familiari.
Le
separazioni, i divorzi, rafforzano nel bambino il senso di
insicurezza. Tutte queste circostanze possono essere altrettante
cause.
Cosa
fare?
genitori sono sempre pronti a tutto: fino a minacciare e a fare
paura. A volte si arriva persino a contattare la “fattucchiera”.
Non è servito a nulla. Sono state ipotizzate disfunzioni
intestinali, malformazioni del pene, svegliarlo di notte, iniezioni,
pillole, diete, di farlo alzare a ore fisse. Invano. Tutte strategie
che non sono servite a nulla. Qualche volta si verifica un successo
della durata di alcuni giorni o di alcune settimane. Poi il grande
lago, il diluvio riprende … si inciampa nuovamente nell'enuresi. Ma
non è certo in qualche ora che si può risolvere e riequilibrare
un’intera personalità, perché si tratta di “ricostruire”
tutto un insieme. L’enuresi è solo il segno, la parte visibile di
un iceberg che bisogna sciogliere. E’ importante, quindi, dare
fiducia al bambino. Creare un’atmosfera distesa, libera (non
permissiva) fiduciosa, sarà per lui la cosa più utile e più
importante per iniziare un “cambiamento di rotta”. Ovviamente
non deve sperimentare né vergogna, né paura. Al contrario è
importante fargli intravedere i vantaggi della “guarigione” (i
piccoli successi vanno rinforzati attraverso calorosi complimenti).
Ridurre al minimo le circostanze che potrebbero favorire la sua
enuresi. Un’atmosfera familiare distesa, senza una costante
apprensione per la sua enuresi, riduce tanto la tensione nervosa
quanto i “benefici secondari”. Dovrebbe, inoltre, essere
maggiormente coinvolto nella vita familiare e sociale … guai
tenerlo in disparte. La tolleranza e la malleabilità fanno parte
integrante del processo di guarigione. Ogni bambino ha diritto alla
propria libertà, a qualche insuccesso scolastico, a qualche
espressione di linguaggio un po’ “colorito”. Per nessuna
ragione non deve essere considerata la guarigione dell’enuresi come
una fine assoluta dei problemi. L’enuresi è soltanto una spia dei
problemi affettivi del bambino: sono
quelli che bisogna innanzitutto risolvere.
L’enuresi è spesso legata a sentimenti ed emozioni che, di giorno,
non trovano la via per esprimersi, ma di notte si scatenano. Anche se
il disturbo comune a tutte le enuresi è il difetto del controllo
della minzione, questo non vuol dire che l’eziopatogenesi sia
sempre la stessa. Quando si formula un programma terapeutico, quindi,
non si deve agire unicamente sul sintomo, ma su una condotta di cui
bisogna delucidare il contesto psicofisico. Di fronte ai disordini
psicologici primari o secondari, è indispensabile prendere un certo
atteggiamento psicologico sia di fronte al bambino che nei confronti
dei genitori.
obbiamo sostenere il bambino, rilassarlo e
de-colpevolizzarlo, farlo cooperare alle attività terapeutiche,
informarlo, metterlo al corrente, come fanno certi autori, del
meccanismo funzionale della minzione. I genitori hanno ugualmente
bisogno di essere sostenuti e non colpevolizzati per meglio
sopportare questa affezione spesso considerata come vergognosa,
essere informati della condotta più utile e vantaggiosa a favorire
l’educazione sfinterica, ed essere messi in guardia contro
l’utilizzazione del sintomo a fini aggressivi o di una sorta tutela
spesso cercati e subiti dal bambino. Così rischiano di trasformare
il sintomo – reazione in una condotta in cui il bambino trova una
infinità di “benefici secondari”. In certi casi, questo
atteggiamento di sostegno non è sufficiente e deve essere presa in
considerazione una psicoterapia, le cui linee generali devono essere:
riduzione del problema conflittuale, evidenziazione dei benefici
secondari e offerta di compensazioni nell’ordine affettivo.
Nel caso di una personalità in evoluzione, l’enuresi è nello
stesso tempo agita e subita, beneficio e danno. E’ in questo stato
di ambivalenza che la terapia può, sia portando nuovi benefici, sia
creando nuove motivazioni, sia mettendo in attività sistemi organici
in stato di passività, aiutare il bambino a trovare una via d’uscita
e permettergli, da una parte, di offrirgli la guarigione, e
dall’altra, di uscire dalla malattia che, tutto sommato, nella
nostra cultura, comporta per lui in fin dei conti più inconvenienti
che vantaggi.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
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