CEFALEA … e il suo linguaggio simbolico
n
sovraccarico di pensieri e di preoccupazioni … un ingorgo di
pensieri … uno sbarramento delle emozioni, un modo di pensare
obsoleto … una parte di se che soffre e cerca di liberarsi dai
vincoli della logica, degli schemi mentali rigidi … in breve, vuole
vivere! Tensioni che non si vogliono affrontare: dire o non dire ecco
il dilemma; si tende a reprimere la parte istintuale ed emotiva: non
c'è' spazio per le sensazioni. Tenendo tutto dentro, però, perché'
non si osa dire, perché magari il tutto è considerato sconveniente,
si crea un clima di tensione permanente, il corpo si chiude e si
diventa tutti di testa. Un modo di fare in cui si detestano i
cambiamenti, gli imprevisti e le sorprese.
Ma
torniamo a noi in un modo introduttivo più leggero
rendete
una piccola porzione di collo rigido, un gruppetto di individui
caciaroni, una qualche manciata di impegni inderogabili, una
spruzzata di bambini urlanti, una mezz’ora di traffico sulla super
strada Argenta - Ferrara e, quanto basta, un pizzico di giornata
lavorativa inconcludente. Mescolate attentamente gli “ingredienti”,
amalgamando il tutto con qualche goccia di incomprensione con il
partner e… voilà: eccovi serviti una
bella cefalea funzionale.


l
di là delle facile battute è bene ricordare che la cefalea, oltre
al suo carattere particolarmente invalidante, colpisce circa il 70%
della popolazione adulta. Per la psicosomatica
studiare gli aspetti simbolici di un “disagio” è il primo passo
per comprenderlo nella sua globalità. Infatti, per questo
orientamento scientifico una “affezione” non è solo uno
scompenso meccanico o un deficit organico ma è, soprattutto, un
aspetto che riguarda una modalità generale di relazionarsi con
l’ambiente circostante che, inevitabilmente, coinvolge sia la mente
sia il corpo. Noi consideriamo la testa, da
sempre, come luogo della coscienza, intesa come capacità di
conoscere il mondo e se stessi. E’ la sede
dell’intelligenza, dell’immaginazione, della ragione e del
pensiero: con la testa pensiamo e prendiamo le
decisioni. In questo luogo “alto”, insomma, si trovano le
strutture che permettono all’individuo di pensare, di agire, di
sentire, di vedere e di udire: rappresenta la nostra autonomia e, più
in generale, la nostra libertà. Nel linguaggio comune si usano
spesso le seguenti espressioni: ”””Chi
agisce in modo sconsiderato agisce senza testa; Non mi lascerò mai
mettere i piedi sulla testa, chinare la testa (rassegnarsi); Mi
romperei piuttosto la testa (punirsi); Non saper dove sbattere la
testa (indecisione, perplessità); Mi ha dato alla testa
(entusiasmarsi eccessivamente, inebriarsi); Ficcarsi nella testa
(convincimento); Montarsi la testa (illudersi); Fare di testa propria
(non accettare consigli); Vivere con la testa fra le nuvole
(distrarsi); Perdere la testa (non avere più controllo); Mi fuma la
testa (stordimento per chiacchiere o studio eccessivo); Mi va il
sangue alla testa (arrabbiarsi, irosità); Togliersi dalla testa
quella situazione (modificare le idee, rinunciare); Mettere la testa
sotto la sabbia (nascondere la realtà, non voler vedere; Cospargersi
il capo di ceneri (esprimere rammarico per un evento accaduto)”””.
Questi succinti modi di dire rendono perfettamente l’idea di quanto
sia importante la testa per la vita intellettiva dell’essere umano.
Quando si indaga, pertanto, sull’origine della cefalea funzionale
si deve sempre partire da una constatazione fondamentale: questo
malessere agisce sui piani alti, colpisce completamente la sede del
pensiero. La testa come abbiamo avuto modo di vedere è la
nostra centrale di comando: in essa risiedono i “terminali” dei
sensi; qui si prendono - quando si trova in buone condizioni - le
decisioni, si gestiscono gli avvenimenti e si impartiscono le
direttive sul da farsi. Le persone che tendono
spesso a “ricondurre” o a far “riferimento” continuamente
alla testa sono generalmente razionali (atteggiamento mentale
con cui l’individuo tenta di spiegare in modo coerente un proprio
sentimento o comportamento, oppure uno stile di vita di cui in
realtà, egli non coglie le vere motivazioni istintuali) e
la percepiscono come la parte più “nobile” dell’essere umano,
in contrapposizione al corpo considerato come la sede dell’istinto
(”meno nobile” e da tenere, il più delle volte, sotto
controllo), ma anche al cuore e
all’immaginazione valutati, entrambi, da alcuni, fenomeno di
debolezza e di infantilità (conflitto
tra istinto e pensiero). In breve, tendono a voler tenere
tutto sotto un rigido controllo, compresi se stessi, a non lasciar
trasparire le emozioni.
isulta
estremamente interessante notare che quando si è in preda ad un
attacco di cefalea, l’attività mentale è completamente inibita:
non si riesce più a connettere, a ragionare … si è in balia degli
eventi, delle sensazioni (più si tenta di pensare più si sprofonda
nel dolore). In questo modo, oltre a tenere sotto controllo pensieri
troppo invadenti, si va a bloccare nella testa tutto ciò che si teme
di non essere in grado di gestire.
Ma
cos’è veramente che si vuole trattenere a livello
dell’immaginazione?
•
Può
essere una situazione che non si vuole affrontare perché crea
disagio;
• Può essere una forma di aggressività trattenuta e
repressa (non consigliata o “apprezzata” dall’ambiente in cui
si vive) perché esprimerla potrebbe determinare sensi di colpa
difficili da gestire;
•
Può
essere una reazione alla stanchezza o la causa di una eccessiva
tensione interiore o esteriore. La maggior parte di noi ricorderà,
ad esempio, una cefalea comparsa dopo un’esperienza che ci ha
particolarmente sconvolti o turbati. Questo tipo di cefalea può
prendere il posto dell’ostilità e della collera;
•
Può
essere la disistima, il timore per gli altri, di essere giudicati:
l’insicurezza scaturita (trattenuta) da questi atteggiamenti andrà,
poi, ad irrigidire i muscoli del trapezio e del collo;
•
Può
essere un modo per spegnere la libido (energia sessuale attraverso la
quale l’essere umano viene attivato a trarre piacere dalle zone
erogene del proprio corpo) e reprimere il mondo istintuale,
considerato troppo invadente e pericoloso se il pensiero si
trasformasse il azione.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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