PANICO
... “la
paura della paura”


n
po’ di storia. Viene dalla mitologia greca la radice etimologica di
panico, e più precisamente dall’antico Dio greco Pan. E’ una
divinità molto antica, protettore delle greggi e dei pastori. E’
talmente brutto che la madre stessa, al momento della nascita, ne è
così spaventata che fugge terrorizzata; allora il padre Ermes lo
avvolge in una pelle di lepre e lo presenta agli altri Dei che,
vedendolo, si danno a grandi risate. Appare con un corpo umano
villoso, capelli incolti, naso schiacciato, gambe, piedi, corna,
orecchie e barba di caprone e con una coda decisamente sviluppata.
Pan è una divinità vigorosa, gioiosa, l’allegro compagno delle
ninfe che danzano, innamorato e respinto per la sua particolare
bruttezza. Il Dio caprino, signore delle selve, era solito riposare
nelle ore meridiane e, se disturbato, lanciava un grido spaventoso
che incuteva il “terrore panico”.
L’attacco di panico, infatti, sta proprio ad indicare il terrore
irrazionale, improvviso e paralizzante, che ci coglie di sorpresa e
che invade il nostro corpo in modo incontrollabile: una
tempesta emotiva che esplode “apparentemente” senza alcun motivo.
Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP), infatti, sta ad indicare il
ricorrere di attacchi di paura o terrore improvvisi, associati a
sentimenti di catastrofe imminente e accompagnati da sintomi
fisiologici drammatici quali soffocamento, vertigini, tremore,
sudorazione, spasmi muscolari, tachicardia e nodo alla gola …
appare davvero un'aggressione punitiva senza alcun senso. Le crisi
colgono l’individuo come un fulmine a ciel sereno, cioè in momenti
imprevedibili, spesso durante le normali attività quotidiane. Gli
attacchi durano alcuni minuti, generalmente per i più sfortunati una
decina, quindi un lasso di tempo breve, ma che può sembrare eterno
per l’angoscia che procurano. E dopo resta la paura che tutto possa
ripetersi.


e crisi tendono, infatti, a essere ricorrenti, per cui i
pazienti sviluppano un ansia anticipatoria rispetto a quando e dove
avverrà l’attacco successivo. Di conseguenza si tende ad evitare
luoghi o situazioni cui vengono associati gli attacchi (psicologia di
evitamento invalidante). E man mano che le paure e i comportamenti di
“evitamento” aumentano, la vita di queste persone viene sempre
più compromessa. Infatti, dal primo momento in cui si verifica il
“diabolico” e disastroso episodio non si riesce più ad essere
autonomi, si ha bisogno ogni volta che si è costretti ad uscire, di
un accompagnatore o di quel “qualcuno” particolare che rassicura,
con la sua presenza fisica, di essere aiutati nel momento in cui si
verificherà l’esperienza terrificante. Tutto ciò crea una forte
dipendenza dagli altri in quanto non si è più in grado di essere
autonomi e liberi … di contare esclusivamente sulle proprie forze.
Si entra, quindi, in una spirale di paura: paura
di star male … paura della paura!!!
Nel momento in cui si verifica un attacco o siamo presi dall’ansia,
reagiamo con paura, ed è la nostra reazione di paura che ci limita
in ogni cosa … ci tiene in trappola. In
questo frangente, durante l'aggressione il nostro corpo si prepara ad
affrontare la situazione: gli ormoni dello stress e l’adrenalina,
entrano nel flusso sanguigno per prepararci a sfuggire la situazione
o rimanere ad affrontarla (lotta o fuga).
l battito cardiaco accelera, il respiro diventa affannoso e possiamo
tremare o sudare abbondantemente. Quanto più si è spaventati e
ansiosi, tanta più adrenalina viene prodotta e di conseguenza si
accentua, inevitabilmente, la terrificante sintomatologia. I disturbi
da ansia, comunque, non minacciano mai, in nessun caso, la vita della
persona: è
solo la nostra incomprensione della loro natura che ce li fa apparire
così drammatici, deboli, impauriti e minacciosi.
Il raggiungimento del proprio benessere dipende dalla capacità di
abbassare il livello d’ansia e, naturalmente, di mantenerlo basso.
Questo può essere raggiunto (secondo il nostro orientamento
scientifico) attraverso metodiche terapeutiche di natura
psicosomatica, basate su tecniche distensive e concentrative. Con
queste tecniche è possibile non solo “lavorare” sui pensieri,
sulle sensazioni ed emozioni, ma anche sulle “necessità” di
mantenere il controllo … la gestione della situazione. Il bisogno,
infatti, di controllare noi stessi e quanto ci circonda è una delle
caratteristiche principali nel produrre e permanere del disturbo
…come abbiamo visto più volte auto alimentandolo.
Che
cos’è, come si presenta
l
panico appare all’improvviso, senza avvisaglia, con effetti
incredibilmente devastanti sia sul corpo sia sulla mente. E’ una
crisi d’ansia particolarmente acuta e, soprattutto,
incontrollabile. Il tutto, a volte, si “gioca” in pochissimi
minuti con la sensazione di catastrofe imminente e una profonda paura
di morire. Non
essendo legato a particolari situazioni o ad oggetti reali e
specifici può apparire in qualunque momento, presentarsi in modo
davvero imprevedibile; coglie all’improvviso, distrugge in un
attimo tutte le certezze, le sicurezze e le abitudini, gettando il
soggetto in un terrore irrazionale e paralizzante.
I suoi segnali sconvolgono completamente la struttura psicosomatica.
La manifestazione ansiogena parossistica altera contemporaneamente
ogni cosa: capacità ideative, cognitive, comportamentali e
fisiologiche:
Sintomi
psichici:
•
Paura
di morire, di perdere il controllo o di impazzire;
•
Senso
di irrealtà;
•
Sensazione
di confusione.
Sintomi
fisici:
• Dolore al torace e
allo sterno;
• Palpitazioni;
• Vertigini;
•
Sudorazione fredda alternata a vampate di caldo
• Sensazione di
soffocare con respiro affannoso;
• Tremori, formicolio, diarrea,
ecc.;
• Annebbiamento della vista;
• Notevole difficoltà a
deglutire;
• Senso di svenimento o perdita di equilibrio.
I
luoghi che predilige
Come
abbiamo già detto, il panico colpisce senza il minimo preavviso.
Tuttavia, molti attacchi tendono a manifestarsi in situazioni
specifiche e in luoghi molto comuni.
MBIENTI
AFFOLLATI.
Agorafobia:
“paura della piazza”. I luoghi pubblici sono quelli più temuti
(cause scatenanti): piazze, supermercati, teatri, stadi. Chi soffre
di agorafobia tende ad evitare i luoghi temuti (evitamento fobico);
in questo modo, piano piano, si arriva all’isolamento, a confinarsi
nella propria abitazione … chiudersi in casa.
MBIENTI
CHIUSI. Claustrofobia.
I principali “imputati” sono: ascensori, gallerie, strade,
piccole stanze, cantine. I soggetti affetti da questo disagio temono
di rimanere intrappolati in questi luoghi ristretti e particolarmente
bui.
Come
resistere, come assumere il controllo!

l
modo in cui vediamo noi stessi struttura tutto ciò che facciamo. Se
abbiamo fiducia in noi stessi e possediamo il senso reale del nostro
valore, sentiamo di avere pienamente il controllo delle nostre azioni
e sul nostro divenire. Se ci sentiamo in questo modo, è difficile
che lo “stress”, con la sua diavoleria fisiologica, costituisca
uno dei gravi problemi della nostra esistenza. Ma se la fiducia in
noi stessi è scarsa e sentiamo di non avere controllo sulla nostra
esistenza, allora corriamo il rischio di diventare vittime di un
persistente e fastidioso senso di risentimento, paura e ansia. Quando
la vita si fa intollerabilmente stressante, la tentazione è quella
di incolpare le influenze esterne. Sì
è vero che i fatti esterni che influenzano la nostra vita sono
molteplici, basti pensare attentamente ai rapporti personali e a
quelli di lavoro, ma è anche vero che molto spesso siamo noi stessi
a impedirci di approfittare di quello che la vita ci offre e di
realizzare tutto il nostro potenziale … una capacità che se non è
corrosa dalla disistima ci porta ovunque!!!


ersino il modo in cui comunichiamo e ci mettiamo in relazione con
gli altri è largamente strutturato dalle nostre aspettative
personali e dalla stima di noi stessi. Prima di riuscire a stabilire
delle relazioni appaganti ed equilibrate, è necessario che noi per
primi siamo appagati ed equilibrati … sperimentiamo un certo grado
di soddisfazione ed interesse verso la vita. Per questo è di
fondamentale importanza imparare a capirci e, soprattutto,
accettarci. Se non riusciamo a capirci e ad accettarci come siamo,
finiamo con l’assumere un ruolo non idoneo alla nostra vera natura
e alle nostre necessità … in questo modo anche le strategie
adattive e di intervento appaiono pasticciate. Quei perfezionisti che
continuano a porsi obiettivi troppo alti, o quelle persone che
antepongono sempre ai propri bisogni quelli altrui, sono più spesso
motivati dalla paura dell’insuccesso o dal terrore di essere
rifiutati che da vera ambizione o altruismo. Conoscenza
di sé significa anche essere consapevoli delle prospettive di
sviluppo e cambiamento della propria vita (essere liberi di poter
scegliere e decidere).
Tutti abbiamo la possibilità di operare delle scelte sul nostro
aspetto, sul modo in cui parliamo, ci muoviamo e sui nostri rapporti
personali; tutti fattori che possono influenzare profondamente il
modo in cui vediamo noi stessi. Un vero cambiamento richiede una
considerevole dose di coinvolgimento, coraggio, di risolutezza e,
questo, non sempre avviene istantaneamente, attraverso automatismi.


olti di noi possono conquistare, o riconquistare, il controllo sulle
proprie azioni nel momento stesso in cui riconoscono che la
responsabilità dei falsi ruoli assunti nel corso dell’esistenza è
da imputare all’abitudine, alla ripetizione e alla noia. E sappiamo
perfettamente anche quanto sia difficile modificare un’abitudine
quando si è consolidata. E’
possibile, comunque, superare e rovesciare gran parte di questi
modelli di comportamento se ci impegniamo “seriamente”, se
impariamo a cercare chi realmente siamo e a scoprire quali sono le
cose che possiamo o non possiamo cambiare.
Questo significa che dobbiamo prima di tutto valutare sia i nostri
aspetti positivi sia quelli negativi, accettando i nostri punti di
forza e di debolezza, da cui ovviamente non si scappa mai perché
siamo portatori di entrambi; la mossa giusta, invece, è cercare di
raggiungere l’integrazione equilibrata di ciascuna di queste nostre
componenti. E’ però fondamentale essere consapevoli del fatto che
il cambiamento non costituisce sempre un processo facile ma che, al
contrario, può essere spesso particolarmente “impegnativo”.
Scrollarsi di dosso le abitudini di una intera esistenza può essere
estremamente difficile, specialmente se questo significa dover
riconoscere degli “atteggiamenti” che fatichiamo ad accettare …
a metabolizzare senza rifiuti tossici. Ma i benefici che deriveranno
da questi piccoli cambiamenti non solo aumenteranno la fiducia, la
stima e ridurranno il livello di stress, ma compenseranno in misura
significativa le difficoltà. Non
facciamo di voi stessi dei perenni delusi a causa delle richieste
impossibili che poniamo a noi stessi e agli altri.
Lasciarsi andare e affermare le proprie opinioni con sempre maggior
convinzione può essere sicuramente difficile, ma questo ci aiuterà
a sviluppare il coraggio di smettere di lottare per essere quelli che
non siamo e avere sempre più successo per quello che veramente
siamo. Ognuno di noi, dunque, possiede difetti e virtù.
iconoscere
che non siamo perfetti, che siamo normali essere umani, con
insicurezze e debolezze, rappresenta il primo passo per sentirsi bene
con se stessi; assumendo un ruolo diverso da quello che siamo,
attraverso lo sforzo, il nostro organismo, come abbiamo avuto modo di
sottolineare più volte, produce sostanze che anziché aiutarci ci
danneggiano! Un sistema che può aiutare a pensare a se stessi in
modo riflessivo è la meditazione (tecniche di rilassamento, ipnosi).
Le tecniche di visualizzazione aiutano a vedere le cose nella miglior
luce possibile. La calma e la forza mentale, la condizione di
tranquillità e di quiete permettono di essere perfettamente
concentrati, e forniscono grande controllo su pensiero e azioni. Di
fronte a una situazione potenzialmente stressante, si avrà più
consapevolezza delle opzioni che si avranno di fronte. Se si è
decisi e tranquilli, si potrà prendere le distanze, diventare più
obiettivi e razionalizzare le proprie emozioni. La tranquillità può
sembrare difficile da raggiungere, se si è incolleriti, frustrati o
intimoriti. Ma se consideriamo queste emozioni come parte normale
dell’esistenza e se sappiamo da cosa sono generate, sarà più
facile superarle. E’ importante, quindi, esprimere apertamente le
proprie emozioni ogni volta che è possibile farlo. Se non
realizziamo tutto ciò, le emozioni verranno soppresse o dirette
all’interno, verso noi stessi … ma non staranno quiete,
fermenteranno, e primo o poi faranno pagare le tasse in sospeso con
tutti gli interessi. Anche se non possiamo esercitare un eccessivo
controllo sugli avvenimenti che hanno luogo attorno a noi
nell’ambiente di lavoro, a casa e nei rapporti personali, possiamo
però scegliere come reagire a essi. E’ importante cercare
l’aspetto positivo di ogni situazione, non importa quanto
spiacevole e stressante; imparare a guadagnare qualcosa di positivo
da ogni situazione. Forse è possibile sentirsi presi in trappola
solo perché non si è valutato le possibilità di rispondere in modo
diverso. Molte nostre reazioni a volte diventano del tutto
automatiche e irrazionali. L’ansia,
ad esempio, costituisce spesso l’anticipazione di una situazione
che non si verificherà mai.
E’
il nostro atteggiamento nei confronti della situazione panica, non il
panico in se stesso, a farci sentire impotenti, perdenti e vittime.
Tutte le volte che ci troviamo ad affrontare una situazione che
riteniamo “paurosa” cominciamo a sentirci ansiosi e incolleriti …
perdiamo lentamente lucidità. In quel frangente sottoponiamoci a un
test di controllo: sediamoci da soli per qualche minuto e prendiamo
coscienza del battito del nostro polso sinistro, del ritmo della
respirazione e concentriamoci sulla tensione muscolare, senza pensare
ad una patologia disastrosa, ma solo ascoltare … distogliere il
tarlo mentale dall'eventuale dramma incombente. Tratteniamo, quindi,
il respiro per dieci secondi e poi espiriamo in modo rumoroso.
Ripetiamo questo esercizio per un certo numero di volte (senza
esagerare) quindi respiriamo normalmente. Al termine, possiamo
sorseggiare acqua fresca naturale. Il miglioramento del controllo
sulle risposte interiori aumenterà la fiducia nelle nostre capacità
ed azioni determinando un benessere generale.


l
senso di fiducia, inoltre, è contagioso. Se
siamo felici e abbiamo fiducia nelle nostre qualità, sarà molto
probabile che anche la nostra vita familiare sia più armoniosa ed
equilibrata. Non
è necessario imporsi livelli di prestazione eccessivamente elevati
nel proprio ruolo, nel tentativo di “guadagnarsi” l’affetto o
di sentirsi degni del rispetto dei propri familiari: lasciamo che gli
altri ci amino per quello che siamo, con le nostre qualità e i
nostri difetti;
incoraggiamo così un’atmosfera familiare spontanea, sincera e
comprensiva, basata naturalmente sulla capacità di comunicare senza
tanti scossoni. Concediamo ai vari membri il loro spazio di libero
movimento e la possibilità di affermarsi: questo creerà un ambiente
stimolante e creativo nel quale essi potranno trovare spazio per
esprimersi in modo libero e sincero. Come abbiamo visto, il nostro
carattere è profondamente condizionato dalla società e
dall’ambiente. Gli atteggiamenti che sviluppiamo nel corso della
nostra crescita possono inibire la quantità di controllo che
vorremmo esercitare sulla nostra vita. Possiamo
anche essere coscienti delle scelte diverse che abbiamo davanti, ma
spesso non sappiamo agire in modo libero e autonomo: non riusciremo
mai a cambiare se prima non avremo chiarito quale ruolo desideriamo
assumere nel corso dell’esistenza.
Le donne, ad esempio, sono spesso condizionate a dare soltanto e a
sopprimere i propri desideri. Spesso, però, più danno (negando il
loro desiderio di ricevere) più sviluppano un senso di risentimento,
specialmente se ciò che danno non viene apprezzato. La paura di
essere rifiutati quando dichiariamo i nostri bisogni, l’incapacità
di esprimere la collera e la necessità di approvazione spesso ci
inibiscono dall’affermare la nostra volontà e quindi assumere il
controllo della nostra esistenza. Molti individui sono dei campioni
nell'impantanarsi nel sociale, nel programmare a livello lavorativo,
poi cadono nella trappola della “prestazione impossibile”:
stabiliscono,
cioè, dei parametri di comportamento superiori, umanamente, alle
proprie possibilità solo per sentirsi in colpa quando non riescono a
raggiungere gli obiettivi prefissati.
E’ chiaro quindi che il primo passo verso un vero cambiamento
dipende dalla capacità di “sfidare” tutte le credenze, i punti
di vista e gli stili di vita nei confronti di noi stessi che possono
agire da ostacolo o, meglio, agire da freno. Il secondo passo
consiste nel trovare la determinazione e il “coraggio” necessari
per apportare quelle modifiche e quei cambiamenti là dove è
possibile. Il terzo risiede nello sviluppo della capacità di
affermare la propria volontà, che può aiutarci a raggiungere i
nostri obiettivi e il controllo delle situazioni. L’intervento
quindi su tutto ciò che è in nostro potere modificare, compresi i
cambiamenti di scarsa importanza, può aiutarci a modificare il modo
in cui viviamo; favorire un discreto adattamento in tutti i sensi:
culturale, sociale e lavorativo.

n
soggetto particolarmente formale e perfezionista, rigoroso,
intransigente con se stesso e gli altri farà fatica, ma con
l'allenamento raggiungerà vette impensabili, considerate impossibili
… dovrà ricredersi. Quando ci si chiude in una profonda
'testardaggine' l'energia ristagna e devasta ogni cosa … si perdono
completamente motivazioni e forze. E' rabbia pura trattenuta,
accompagnata dai soliti comportamenti banali e superficiali che
provocano la crisi panica. Un profondo desiderio che spinge ad uscire
dal branco, modificare lo stile di vita, rinnovare la mente,
smantellare quel modello fittizio imposto da altri in cui ci si é da
tempo rinchiusi. Se si cambia personaggio arriva la felicità e
un'energia infinita. Il sintomo segnale sempre che qualcosa non va
per il verso giusto, la vita non scorre più come dovrebbe realmente.
Si
rischia di vivere e interpretare la vita di qualcun altro, di
recitare un personaggio scialbo che non ci appartiene, di spegnere
interessi, passioni e desideri … un vivere soffocato dall'identità
collettiva; si affronta la vita con schemi mentali troppo rigidi,
troppo perfetti: con tanti pensieri inutili … le giornate sono
governate e schiacciate da schemi mentali rigidi; le idee fisse che
controllano l'attività mentale e le azioni: spingono a diventare ciò
che non si è … si è stufi, non se ne può più del modo di
pensare ripetitivo, di vedere in maniera confusa e di vivere senza
gioia il quotidiano… tale fenomeno si supera solo quando smettiamo
di risalire alle cause e correggerle. La
sofferenza ha un suo disegno, uno scopo ben preciso: arriva per
riaccendere la vita.


uccede
a volte in alta montagna che durante una bella giornata di sole il
cielo all’improvviso si rabbui e scoppi un violento temporale. La
pioggia è di breve durata, ma particolarmente intensa e spesso
accompagnata da tuoni e lampi. Qualcosa di simile accade durante un
attacco di panico; una violenta crisi di angoscia e di paura che le
prime volte esplode all’improvviso, senza segnali premonitori e in
assenza di reali situazioni di minaccia o di pericolo. E’ una crisi
di terrore che può durare 5 o 10 minuti, ma che di solito permane
per un periodo molto più breve, solo alcuni minuti, addirittura
secondi. In questi istanti si avverte la sensazione di svenire, di
perdere il controllo delle proprie reazioni, si avverte intensissima
la paura di morire o di impazzire, ci si sente proiettati in un’altra
dimensione, quasi distaccati dal proprio corpo. L’attacco di panico
dura poco, ma lascia poi per intere ore, a volte per giorni, una
sensazione di sfinimento, di stordimento, di spossatezza. Si tratta
di una patologia a evoluzione lenta che spesso si manifesta intorno
ai 30 anni anche se le cause vanno cercate nell’infanzia e in
fattori fisiologici. La sua diffusione è crescente tanto che secondo
alcune statistiche ne è colpito il 6% della popolazione. Tre milioni
di italiani, dunque, soffrirebbe o avrebbe sofferto di queste
improvvise manifestazioni d’angoscia. La diagnosi di questo
disturbo ancora oggi richiede di solito molto tempo. All’inizio,
infatti, viene facilmente confuso con un attacco cardiaco.
Solo dopo lunghe analisi, sempre con esito negativo, ci si orienta
nella giusta direzione. Durante l’attacco di panico la persona
colpita avverte dolori al torace, senso di soffocamento,
accelerazione del battito cardiaco, difficoltà respiratorie, forti
sudorazioni, tremori, scosse o formicolio alle mani o agli arti.
Tutti elementi che inducono lo specialista a pensare a cause fisiche
che di solito poi non trovano riscontro. L’attacco di panico
suscita in chi lo patisce un’impressione talmente penosa che di
solito il soggetto interessato cercherà in futuro di evitare in ogni
modo di ritrovarsi nella stessa situazione che ha scatenato
l’esplodere dell’angoscia.


e, ad esempio, si trovava in
ascensore, preferirà fare a piedi anche numerose rampe piuttosto che
rimanere da solo chiuso in quella cabina (lascio al lettore
immaginare l’eccessivo ed inutile consumo energetico). Se il
fenomeno si è manifestato mentre stava guidando in autostrada,
cercherà di viaggiare solo su strade provinciali, anche se questo
richiederà tempi più lunghi per gli spostamenti (anche denaro).
Nella maggior parte dei casi l’attacco di panico si manifesta fuori
casa, perché l’ambiente domestico è percepito come una zona
sicura e protetta. Vi sono però anche casalinghe che evitano
accuratamente di restare da sole nella propria abitazione perché
questa è la situazione che ha scatenato il disturbo. Oltre un terzo
degli attacchi di panico si manifesta quando si è alla guida della
propria automobile, prevalentemente mentre si è intrappolati nel
traffico intenso o in una situazione in cui sembra più difficile
ricevere soccorso in caso di malessere (nelle gallerie). Più in
generale possiamo dire che la crisi di panico viene favorita da
situazioni in cui il soggetto predisposto si sente solo, abbandonato,
privo di rassicurazioni o fortemente limitato nella possibilità di
scampo o di fuga. La complicazione rilevata con maggiore frequenza è
l’agorafobia, cioè la paura degli spazi aperti. Tra i due disturbi
esiste uno stretto legame, tanto che l’agorafobia funziona spesso
come causa scatenante degli attacchi di panico e aggrava il
cosiddetto comportamento di “evitamento”, cioè la paura che
sorge al solo pensiero di trovarsi nella situazione temuta. Se non
possono evitare le situazioni che hanno determinato l’insorgere del
disturbo (ascensore, aereo, luoghi isolati o troppo affollati,
autostrada, gallerie, parlare in pubblico), le persone che soffrono
di attacchi di panico cercheranno almeno di affrontarle in compagnia
di una persona che possa in qualche modo rassicurarli, come un amico
o un familiare. Nei casi estremi il soggetto interessato uscirà di
casa o intraprenderà un viaggio solo se accompagnato. Chi soffre di
questa malattia ne descrive gli attacchi come improvvisi dolori al
petto, difficoltà respiratorie, sudorazioni. Il volto si sbianca e
assume un’espressione sofferente, incupita. Mentre
il panico cresce si ha l’impressione che la propria persona sia
“divisa”, ci si sente estranei a se stessi, come se la testa
volasse via e si ha la sensazione di svenire, di perdere il
controllo.
Il terrore, infine, sembra bloccare ogni ragionamento razionale. Di
solito il soggetto interessato non si rende immediatamente conto del
tipo di disturbo di cui soffre.
l malessere fisico è talmente forte
che spesso si ricorre subito al pronto soccorso convinti di essere
vittima di un attacco di cuore o di qualche altra grave malattia. Gli
studiosi in realtà hanno individuato un certo rapporto tra i
disturbi di cuore e gli attacchi di panico. Il prolasso della
mitrale, una delle valvole cardiache, è presente nel 30/40% nelle
persone che soffrono di queste esplosioni di ansia (il lettore
attento avrà già fatto il suo collegamento: adrenalina –
noradrenalina). Si deve infatti escludere che gli attacchi di panico
siano una conseguenza diretta di questa alterazione cardiaca.
L’ipotesi più probabile è che entrambe queste manifestazioni
siano espressione di un errato funzionamento di quella parte del
sistema nervoso definita “autonomo” (il quale secerne adrenalina
e noradrenalina). Il disturbo da attacco di panico può trovare
certamente la sua causa scatenante in una particolare situazione di
stress o in forti conflitti psicologici. Secondo i più recenti
studi, la sua radice andrebbe rintracciata in un’alterazione
funzionale di alcune strutture nervose che presiedono al controllo
del sistema di allarme. La malattia consiste infatti in un improvviso
ed immotivato attivarsi di questo sistema (ad es. la paura a livello
cognitivo possono attivare tale sistema). Secondo
alcuni esperti un terzo delle persone sofferenti di tale malattia è
stato costretto a distacchi precoci dalle figure genitoriali o
comunque più significative dell’età evolutiva.
La mancanza di queste figure protettive avrebbe contribuito a
determinare una visione allarmante del mondo esterno. Questo fattore
sarebbe spesso all’origine anche dei casi di agorafobia. Altri
ricercatori hanno poi messo in luce una forte componente genetica ed
ereditaria di questo disturbo. Se un genitore soffre di attacchi di
panico esiste il 50% di probabilità che ne venga colpito anche il
figlio; che la disposizione al panico possa essere ereditaria è
stato suggerito dagli studi sulle teorie familiari, sui gemelli e sui
figli adottivi. Secondo la mia esperienza clinica, è fuori di dubbio
che il panico, spesso ricorre in famiglie con particolari
caratteristiche emotive, ma nessuno ancora è riuscito a stabilire
con sicurezza in che misura la trasmissione di tendenze paniche sia
geneticamente determinata e in che misura, invece, sia il
comportamento di genitori con determinata personalità e con i loro
insegnamenti a provocare quelle reazioni cognitive specifiche nei
figli. Come già detto si deve infine ricordare che un alto livello
di stress nella vita quotidiana può essere uno dei fattori
scatenanti di questa sindrome. Prevenire lo stress cattivo è dunque
un modo per prevenire anche più gravi forme morbose. Lo stato di
panico è spesso collegato a stati di depressione e può spesso
segnarne l’inizio.
Tensione
muscolare e attacco di panico

endenzialmente
si è molto restii ad accettare che vi sia un collegamento tra le due
cose e ci si oppone all’idea di dover fare qualcosa per sentirsi
meglio. E’ importante riconoscere quali danni al sistema nervoso
procura camminare con della tensione dentro, stare seduti con le
spalle all’altezza delle orecchie, dormire con le mascelle serrate
e le ginocchia piegate contro il corpo. Gli
attacchi di panico servono da monito perché obbligano a prestare
attenzione a ciò che sta accadendo alla propria vita emotiva.
Uno stato continuo di paura, che sia riconosciuto o meno, viene preso
in consegna dal corpo; se siamo attenti osservatori possiamo dire che
il corpo non mente mai e ci segnala il malessere in atto. I muscoli
sono contratti a causa di una continua apprensione, paura. La
tensione o lo spasmo muscolare fanno sì che i muscoli siano
contratti al punto di non poter tornare alla lunghezza e forma
originaria neppure a riposo. Ne
viene influenzato l’apporto di sangue ai muscoli, e dato che la
stessa cosa avviene al sistema linfatico, non vengono eliminate a
dovere le tossine liberate dopo che i muscoli sono stati ossigenati;
queste formano cristalli e determinano dolore, indolenzimento e
talvolta infiammazione e gonfiori.
In queste condizioni, i muscoli possono essere paragonati a una
camicia lavata più volte con un detersivo, ma mai risciacquata.
Oltre
ad essere causa di dolori muscolari, una tensione muscolare cronica
incide anche sulle articolazioni, creando perciò ulteriore dolore, e
ha profondi effetti sulla psiche: ansia, panico, insoddisfazione di
sé e depressione sono i sintomi più comuni.
La tensione muscolare cronica può essere conseguenza di una
situazione stressante o il riflesso di particolari problemi vissuti
nell’infanzia, come senso di rifiuto o di abbandono, frustrazione,
rabbia soffocata. E’ come se noi depositassimo la nostra sofferenza
nelle articolazioni e nei muscoli. A
volte si parla di “rigidità”, perché questa tensione limita i
movimenti, impedisce l’espressione dei propri sentimenti e
rappresenta una sorta di protezione contro le ferite della vita.
na respirazione completa ed il rilassamento della tensione muscolare
contribuiscono a liberare l’energia impiegata per tenere addosso
questa “rigidità” corporea. Se non ci si libera di questa
tensione non sarà possibile una “crescita” personale. La salute
è bene ricordare non dipende soltanto dall’energia che riceviamo
sotto forma di cibo, ossigeno e stimoli, ma anche dall’eliminazione
dell’energia in eccesso. E’ comune sentire dire da una persona
ansiosa o da chi soffre di emicrania frasi del tipo “Mi sento come
se avessi il corpo pieno di elettricità”, “Mi sento come sul
punto di scoppiare”. In questi casi vi è una mancanza di
eliminazione. Il massaggio, quindi, al fine di allentare i “circuiti
sovraccarichi” può aiutare a rilasciare le tensioni del corpo
(piedi, mascella, cuoio capelluto, spalle, collo, colonna vertebrale,
tutti distretti corporei che possono essere sciolti anche dalla moxa)
... metodiche terapeutiche che possono aiutare a controllare e
gestire l’ansia e gli attacchi. Il massaggio può essere utile a
ridurre ansia e tensione e, a lungo termine, aiutare a mantenere il
corpo rilassato in modo continuativo. Al di là dei vari orientamenti
scientifici, come è già stato detto più volte, il nostro benessere
dipende dall’imparare noi stessi a gestire ansia e attacchi. Capire
e accettare il nostro disturbo sono i primi passi per riprenderci il
potere; imparare a gestire attacchi e ansia sono il terzo e quarto
passo. Gestire significa dover seguire un approccio disciplinato a un
programma formale di rilassamento (ipnosi medica, meditazione,
visualizzazione). La prima reazione, per molti, è di esitazione:
anche se con tutto il cuore vogliono guarire, non apprezzano l’idea
di sottoporsi a una disciplina nel loro approccio al rilassamento. La
meditazione (ipnosi, visualizzazione) può essere un ottimo metodo di
rilassamento se viene praticata con una certa costanza e continuità.
La meditazione è stato argomento di ricerca dalla fine degli anni
’60 ed è impiegata ora in molti trattamenti in combinazione con
pratiche mediche convenzionali. E’ usata per migliorare la qualità
di vita di persone con tumori, AIDS, ipertensione, per i
tossicodipendenti, etilismo; la meditazione riduce anche il livello
d’ansia nei disturbi vari disturbi emotivi: uno studio clinico ha
indicato “significative riduzioni in casi d’ansia e di
depressione” e che è efficace nei disturbi di panico con o senza
agorafobia e disturbi d’ansia generalizzati. E’ sempre bene
ricordare che la guarigione dipende dalla capacità di abbassare il
livello d’ansia (adrenalina, noradrenalina) e di mantenerlo basso.
La guarigione significa dover cambiare qualcuno dei nostri precedenti
modi di trattare certi aspetti cognitivi della vita. Essere
disciplinati in una tecnica o varie metodiche terapeutiche di
rilassamento, perché devono essere sempre adattate alle esigenze del
paziente, è un passo importante nel nostro impegno globale per la
guarigione.
olti
non si avvicinano a questa metodica terapeutica per i troppi
malintesi che riguardano la meditazione. Si teme, quando si medita,
di essere esposti a influenze esterne: questo non può avvenire e non
avviene.
Anche negli stadi di rilassamento più profondi siamo sempre in
controllo di noi stessi, siamo sempre coscienti di ogni cosa, dentro
e fuori di noi. Alcuni trovano piuttosto paurosa la prospettiva di
lasciar andare in meditazione, anche solo a pensarci. Si può temere
di perdere il controllo e che i peggiori timori si realizzino. Non è
così: lasciando andare in realtà si acquista il controllo, non lo
si perde. Per qualcuno ci vorrà un pò di tempo per acquistare
fiducia e abbandonare il controllo, mentre altri lo faranno subito,
riuscendo a meditare naturalmente e con facilità (ognuno di noi a
suoi tempi biologici). Questo è l’inizio di una piena guarigione.
Si tratta di un passo molto importante perché la meditazione ci
insegna che è giusto lasciare andare il controllo che ostinatamente
cerchiamo di mantenere. Quando lo lasciamo ci accorgiamo che le
nostre peggiori paure non si avverano e, a mano a mano che
pratichiamo, comprendiamo anche perché non si avvereranno mai
(perché si agisce sul livello adrenalinico). Il benessere non è
così semplice come vorremmo. All’inizio
ci sembra di fare un passo avanti e due indietro: per questo molti
temono di non guarire mai e finiscono per scoraggiarsi e arrendersi.
E’ perciò indispensabile capire il processo di guarigione nelle
sue varie fasi. Comprenderlo è della massima importanza, eppure
raramente se ne discute. Una delle prime cose da imparare è la
pazienza. Ognuno, è naturale, vuole guarire subito: non stasera, non
domani, non la prossima settimana, ma proprio in questo istante; cosa
che genera altro stress che a sua volta alimenta il ciclo bio -
chimico. Che piaccia o meno dobbiamo imparare a essere pazienti sia
con il processo sia con noi stessi. Dobbiamo dirigere la nostra
energia, lavorando sul programma assegnato, verso la ferma intenzione
di impegnarci nel processo di guarigione nonostante gli insuccessi
provvisori (sempre momentanei). Il programma di cura e guarigione può
sembrare all’inizio difficile e confuso, ma non lo è. Alcuni
si sentono impauriti e sopraffatti dallo sforzo che esso comporta: ne
vale la pena.
Tutto
quello che viene richiesto verrà restituito con la pura gioia e la
libertà totale della guarigione.
Il programma di cura è “uguale” per tutti; la sola differenza
consiste nel livello di soglia personale allo stress. Qualcuno può
aver raggiunto un livello tale da non poter tollerare il minimo
stress, altri possono avere soglie più alte ma inadeguate a impedire
lo scatenarsi di pensieri di paura. Cominciando l’esperienza è
utile capire quanto è bassa la nostra soglia e quanto alta invece
l’ansia. Per
stimare i relativi livelli. Se la nostra soglia è ora molto bassa,
forse non siamo in grado di sopportare neanche la minima
sollecitazione quotidiana: la nostra soglia sarebbe zero mentre il
livello d’ansia sarebbe dieci.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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