Quel fantastico mondo della Medicina Psicosomatica ...
I DISTURBI della PERSONALITA'
na
personalità “difettosa” viene diagnosticata solo quando il modo
di pensare, di sentire e di reagire interferiscono con la vita
sociale, affettiva e lavorativa del soggetto, creando profonda
sofferenza e disadattamento: solo allora è possibile diagnosticare
questo fenomeno come “disturbo della personalità” … si
costruisce attraverso un lungo intrecciarsi di esperienze complesse,
enigmatiche e dinamiche con le figure di riferimento e con l’ambiente
circostante: l’intera storia del soggetto … NON esiste una netta
divisione tra normalità e patologia… troviamo ad esempio modi di
pensare “grandiosi” (P. narcisista), “impressionistici” (P.
istrionica), “diffidente” (P. paranoide), comportamenti
“controllati” (P. ossessiva-compulsiva) … un insieme di tratti,
comportamenti e atteggiamenti che permettono di descrivere o
“collocare” un gruppo di soggetti dentro o fuori dall’asse
della “normalità”.
'insieme delle caratteristiche, costanti nel tempo, di pensiero,
sentimento e comportamento che favoriscono o ostacolano le relazioni
con se stessi, gli altri e l'ambiente.
li
antichi buttavano in mare gli individui affetti da sbalzi di umore,
nella speranza che lo shock li riportasse in "senno".
Nell'antica Grecia li vestivano di giallo perché dovevano essere
riconosciuti da lontano e, quindi, tenuti a debita distanza. Nel
Medioevo - periodo davvero oscuro - i prelati praticavano l'esorcismo
per scacciare i "demoni" della follia. Oggi, invece, forse
più preparati e "sensibili" (si spera!), sappiamo che il
fenomeno emotivo é un malessere che riguarda una modalità di
pensiero, di comportamento e di sentimento. Coinvolge la capacità di
"intendere" e di "volere" e, soprattutto, la
saggezza camaleontica del sapersi adattare ... come ci rapportiamo e
pensiamo nei confronti del mondo circostante e di noi stessi. Ogni
essere vivente entra nel mondo attraverso una "perdita". La
vita inizia con una sensazione dolorosa, una separazione, un distacco
repentino dal corpo materno: il feto diventa infante. Si comincia con
l'ambiente intra - uterino poi, si spera, in un rapporto clemente e
responsabile con le figure di riferimento. L'essere vivente è il
riassunto di forze genetiche ed ambientali. Il nostro ben - essere o
il mal - essere, pertanto, dipende da tutte quelle "esperienze"
che nel tempo ci hanno modellato e trasformato. Sarà, quindi,
l'incontro - scontro con l'ambiente circostante a favorire o meno la
nostra storia mettendo in funzione quella personalità oppure
quell'altra: la nostra vera identità nel bene e nel male (sicurezza,
fiducia, libertà, autonomia, spontaneità, autostima). Le persone
sono complesse, ma le loro complicazioni non sono mai casuali.
ttraverso questa organizzazione, questo vivace dibattito relazionale
si deciderà, con le sue infinite sfumature, la nostra felicità ...
la voglia di vivere o il desiderio di non esistere. In questa
alchimia, questa grande fucina esistenziale - quasi sempre
incandescente - avvengono continue trasformazioni dalle quali
prenderà forma il nostro aspetto fisico, la nostra capacità
adattiva, i nostri comportamenti e il nostro talento. Tutti eventi
che influenzeranno, a seconda dell'età anagrafica in cui si sono
verificati, le nostre patologie, il nostro modo di amare, di
percepire e di pensare, la nostra apertura alla fiducia o alla
speranza, il rapportarsi in maniera vantaggiosa con gli altri e con
noi stessi. Un alternarsi di sentimenti di amore, di odio, di
indifferenza, di incomprensione, di diffidenza, di ostilità, di
rabbia, di abbandonano hanno favorito e modellato in silenzio, pian
piano, i nostri comportamenti. Un'evoluzione in continua oscillazione
tra "avanti" e "indietro", fare e non fare,
accettazione e rifiuto, critica e disapprovazione, distacco,
indifferenza, inadeguatezza e insicurezza: un navigare spesso senza
sestante, disorganizzato e privo di punti di riferimento. Una
costante allerta, un continuo rimuginare, una ferma ostinazione, una
perenne rigidità non solo crea forte tensione muscolare, che può
sfociare in ipocondria, ma anche un'ipertensione arteriosa con i
conseguenti malesseri circolatori e cardiaci. Anche lo slancio
sessuale sarà inibito dalla stessa rigidità mentale. Il bambino che
cresce è sempre vulnerabile perché non sono consolidate le sue
"condizioni" interne, e questo pericolo è tanto maggiore
quanto più il soggetto è piccolo. Più gli eventi che hanno
disturbato la situazione di sviluppo naturale sono vicini alla
nascita, tanto più gravi saranno le conseguenze e il "piccolo"
ne sarà influenzato per il resto dello sviluppo e della vita.
n
malessere infantile che, in futuro, si esprimerà attraverso un
rapporto d'amore disturbato (in eccesso o in difetto) con se stessi e
con tutte le altre persone ... un tormento che si ripeterà e
coinvolgerà lavoro, studio e l'intero mondo esterno. Un'evoluzione
fragile, fatte di continue assenze e di non attenzioni,
caratterizzata da insicurezza, dipendenza, rassegnazione, tristezza,
tribolazione, dispiacere e sofferenza ... i pochi pensieri rimasti
ruotano attorno a temi catastrofici e di rovina imminente. Un
fenomeno che ha prodotto un modo di pensare fallimentare, un
atteggiamento rinunciatario e pessimista ... come si potrà mai
prendere decisioni importanti? Per sopravvivere a questa ingiustizia
affettiva non rimane altro che "affidarsi" completamente a
qualcuno per "sorreggersi" ... un ruolo nella vita, che se
non intervengono cambiamenti "ristrutturanti" sarà
prevalentemente quello di vittima o di spettatore, ma mai di primo
attore. Le antiche ferite sono spesso profonde ma con l'aiuto di
persone qualificate, attraverso sentimenti di accettazione e di
comprensione, potranno rimarginarsi ... si potranno trasformare tutte
quelle figure di riferimento anaffettive in persone finalmente
accudenti. E, così, un bel giorno, apparentemente senza una ragione,
sotto il peso della vita, scopriamo che siamo diventati difficili,
esigenti, intrattabili, chiusi e scontrosi: una vita penosa e piena
di disagi perché dobbiamo "compensare" quell'affetto
primordiale, "antico", che non c'é mai stato e di cui non
abbiamo consapevolezza, se non in forma sfumata (quando non ci
parlano, non ci guardano, non ci considerano si riattivano quei
vecchi fantasmi).
uando le difese diminuiscono ecco che riappaiono
... i "lividi" dell'infanzia, improvvisamente, fanno la
loro comparsa. La personalità è come l'impronta digitale ... unica
ed irripetibile. Concludendo è importante precisare che non sempre
risulta facile fare una diagnosi perché non esistono personalità
"pure" (abbiamo a che fare sempre con situazioni di
comorbidità) e, quindi, a livello diagnostico, possiamo incontrare
disturbi presenti in vari quadri clinici. che creano confusone tra
"ascoltarsi" e "essere all'ascolto". Da qui la
necessità di rivolgersi a persone esperte, qualificate e competenti
per fare una diagnosi precisa e accurata ... persone che hanno
dedicato la loro vita a questa professione. Soprattutto, niente deve
essere generalizzato, perché se ogni individuo è unico ed
irripetibile, solo a lui è data la possibilità - pur utilizzando le
varie indicazioni fornite in questo vademecum - di interpretare e
conoscere per quale motivo certi eventi si esprimono nel corpo in
quel momento e in tal modo ... solo noi possiamo aiutarci a guarire!
Dipende solamente dalla nostra convinzione profonda di guarire o meno
... restare nel pantano del mal - essere o lasciarsi trasportare ogni
giorno da questo miracolo che è la vita ... si deve partire sempre
dalla consapevolezza che qualcosa non "funziona" per il
verso giusto.
ivere
accanto a personaggi scomodi, insopportabili, invadenti, perentori,
tutti di un pezzo, saccenti e rigidi può essere pericoloso, oltre a
schiacciare e seminare ansia, creano situazioni che portano a
sminuire in ogni occasione la personalità dell’interlocutore:
limitano la libertà e, con passo felino, spengono i desideri, fanno
rinunciare completamente a se stessi … chi si trova in questa fitta
rete non è più in grado di affermarsi e muoversi autonomamente …
personaggi conflittuali che, spesso, senza saperlo, manipolano e
condizionano, attraverso false maschere, la vita altrui lasciando
come eredità sempre un senso di colpa, debolezza, frustrazione,
insicurezza e inadeguatezza … in poche parole, se si lasciano fare
in nome, a loro dire, di un grande “amore” originale, rovinano e
succhiano lentamente, come dei vampiri, la linfa della vita… il
destino di chi viene in contatto con loro, altro non è che di
sfiancati epigoni… sanno molto bene quali corde toccare per
renderli dipendenti … non piegarsi alle imposizioni e ai
compromessi è la prima mossa per non farsi annullare dai loro
schemi: guarda il "mostro” dritto negli occhi - metti a fuoco le
sue manie - e agisci con calma e fermezza, mantenendo ferme le tue
idee e la giusta distanza … vedrai, fuggirà a gambe levate!
PERSONALITA
uesto
termine esprime la totalità psicofisica di un essere così come
appare a sé ed agli altri, nella sua unità e singolarità. E’
l’insieme delle caratteristiche costanti nel tempo, di pensiero,
sentimenti e comportamenti di un individuo. Caratterizza il tipo di
adattamento, lo stile di vita, il modo di pensare, di amare, di
manifestare emozioni, di prendere decisioni e di agire di un
soggetto. Ogni individuo si differenzia dagli altri suoi simili per
il patrimonio organico ricevuto (costituzione ereditaria), per le
forme e proporzioni del corpo (costituzione morfologica) e per le
modalità di esplicare le funzioni dell’organismo, con particolare
riguardo al sistema nervoso e endocrino (costituzione fisiologica).
Ognuno di noi possiede una propria personalità che è il risultato
del temperamento - fenomeno in prevalenza biologico - (risposta
psichica al corredo organico ereditario: necessità, impulsi,
tendenze istintive, disposizioni, stati affettivi, interessi.
Rappresenta le richieste del corpo, del sistema nervoso centrale, del
sistema nervoso neurovegetativo e del sistema endocrino), del
carattere - in prevalenza psichico - (struttura psichica che si
costruisce nel corso dello sviluppo si affaccia nell’infanzia,
prende forma nella fanciullezza, assume caratteristiche precise
nell’adolescenza e si perfeziona nell’età matura. Il carattere
si plasma attraverso l’iniziativa personale e sotto la pressione
ambientale. Esperienze individuali ed interferenze ambientali -
inibizioni, rinunce, freni, suggestioni e sforzi - strutturano il
carattere) e delle molte impronte lasciate dalla storia individuale
(natura e cultura interagiscono). Da una parte abbiamo il
temperamento, che rappresenta le richieste del corpo, del sistema
nervoso centrale, del sistema nervoso neurovegetativo e del sistema
endocrino; dall’altra il carattere, e in modo particolare la
personalità, che rivelano le richieste del pensiero, della volontà,
del mezzo sociale e dell’educazione. Sono due forze antagoniste che
a volte operano in collaborazione, più o meno armonica, a volte in
aperto conflitto. Il temperamento manifesta la individualità
psicofisica originaria, il carattere e la personalità riassumono la
fase terminale del processo evolutivo.
el piccolo il carattere non
si differenzia ancora dal temperamento, la decisione non si distingue
dall’impulso. I processi di inibizione, questa importante funzione
d’arresto, sono assai poco sviluppati: le azioni sono le risposte
obbligate agli stati di disagio provocati dalle necessità e
corrispondono alla grandezza degli stimoli sensoriali, perciò la
condotta infantile rivela spesso impulsi contraddittori. L’incapacità
di vedere le cose nella giusta prospettiva determina nel bambino uno
schema mentale troppo semplice e basi troppo ristrette alla
volizione. Solo nell’adolescente e nell’adulto, la scelta - una
volta espressa - diviene ferma e irrevocabile. La personalità.
quindi, rappresenta un modo abituale di reagire, ad un dato momento
dell’evoluzione, ma non deve essere confusa con il carattere: la
personalità si costruisce, il carattere in parte ci è dato. Le
nostre azioni ci seguono e ci comportiamo secondo l’immagine che
abbiamo di noi stessi o secondo quella vogliamo che sia. La
personalità è il nostro modo di essere globale, unico ed
irripetibile. E’ il filo conduttore che dà coesione e unità alla
vita psichica. Il termine personalità, coniato anticamente per uso
teatrale ad indicare la maschera degli attori e poi la persona dagli
attori stessi, viene identificato nel linguaggio popolare e
letterario, in particolare attrattive degli individui o attribuito
solo a figure eccezionali che hanno raggiunto in qualche campo una
posizione di grande prestigio, come se fosse possibile ridurre la
personalità a un complesso di attributi, a un insieme di tratti
differenziali, avulsi dall’unità psicofisica, in una visione
statica dell’individuo. La vera personalità è una configurazione
mutevole che caratterizza ciascun individuo, una sintesi unitaria
nella quale confluiscono fattori organici, psichici e ambientali. I
disturbi della personalità implicano la distruzione di questo filo:
da ciò deriva l’incoerenza della maggior parte dei malati mentali.
Capire la propria personalità permetterà di controllare meglio la
propria vita e di avere una visione più nitida del perché alcune
cose funzionano bene e altre meno.
vere un disturbo della
personalità significa non essere in grado di adattarsi facilmente al
normale scambio tra dare e avere che regola la vita di tutti i
giorni: in ogni situazione o rapporto l’individuo difficilmente si
adegua alle richieste dell’ambiente, si aspetta piuttosto che siano
gli altri ad adattarsi a lui. Il suo comportamento è rigido e
inflessibile e il circolo vizioso si ripete all’infinito, così che
il disturbo si aggrava ulteriormente. Avere una mente chiusa
significa percepire in modo alterato o rifiutare ogni nuova
informazione che non supporta le proprie aspettative. E’ il caso di
chi si comporta in modo tale da provocare negli altri proprio quelle
risposte che avvallano le sue aspettative più pessimistiche
trasformandole in realtà. Per esempio supponiamo che Caio abbia una
personalità paranoide e creda che tutti congiurano contro di lui;
sospetta di tutti ed è così poco fiducioso nei confronti delle
persone da indurle a fare altrettanto nei suoi confronti, cosa che, a
sua volta, confermerà i suoi sospetti di essere oggetto di una
cospirazione. Analogamente, se uno è timido e ha paura del rifiuto e
dell’umiliazione, il suo modo di agire, così ansioso e socialmente
inadeguato, sarà un ottimo spunto per gli altri per prenderlo in
giro e respingerlo, facendo ulteriormente aumentare in lui timidezza
ed un atteggiamento di evitamento. Avere un disturbo di personalità
significa mettere in atto continuamente le medesime dinamiche, senza
rendersi conto di come e perché accadono. I disturbi di personalità
non sono difficoltà che le persone hanno, ma problemi fondamentali
su chi esse sono: che sentimenti provano, come vedono se stesse, come
si confrontano con l’esterno, come interagiscono e si relazionano
con gli altri. Questo genere di disturbo comincia presto nella vita e
prosegue per anni e forse per tutta la vita. I tratti di personalità
- il modo caratteristico che ognuno di noi ha di trattare con gli
altri, di far fronte alle richieste, agli stress e alle fatiche della
vita quotidiana - non sono né buoni né cattivi in sé. a
sospettosità, per esempio, può aiutare in condizioni potenzialmente
pericolose come vivere in un quartiere ad alto tasso di criminalità.
Tuttavia, in alcune persone, il sospetto nei confronti di specifiche
situazioni o di certi individui può evolvere in paranoia, cioè la
convinzione che chiunque li minacci. I soggetti con un disturbo di
personalità paranoide sono convinti che ogni situazione, ogni
collega di lavoro e ogni loro conoscenza costituiscano una potenziale
trappola o una minaccia. Chiusi in questa ottica rigida e
inflessibile, essi rispondono con sospetto a ogni nuova piega delle
circostanze, persino quando questo genere di reazione non è
appropriato. Non è chiara la definizione del confine fra i tratti di
una personalità sana e di una personalità malata, così come tra
modelli di comportamento nella norma e disturbi della personalità
può risultare infatti molto difficile dire con precisione quando una
normale sospettosità diviene paranoia oppure quando una robusta
coscienza della propria importanza sconfina in un delirio di
grandezza tale da costituire il primo segnale di un disturbo di
personalità narcisista. Solo nel caso di un problema di personalità
cronico, tale da causare grande sofferenza, da interferire con la
capacità di operare o di instaurare relazioni con gli altri, da
influenzare molti aspetti della vita quotidiana per un notevole
periodo di tempo, solo allora si può giustificare una diagnosi di
disturbo di personalità. Come per altri disturbi, il disturbo di
personalità varia da forme leggere a forme gravi. I disturbi della
personalità sono, quindi, alterazioni patologiche delle ordinarie
caratteristiche psichiche e comportamentali di un individuo. Tale
fenomeno si manifesta soprattutto con comportamenti anomali spesso
più evidenti nei periodi di stress o di crisi psicologica del
soggetto. Di solito, compaiono inizialmente nell’adolescenza e
tendono a divenire cronici provocando ansia o depressione. Alcuni
individui si rendono conto di soffrire di alcuni disagi, altri non
considerano affatto la loro personalità strana o difficile, e
incolpano le circostanze esterne o altri individui dei loro costanti
fallimenti. I disturbi della personalità (come ben evidenziato più
avanti) vengono suddivisi in tre gruppi principali, anche se risulta
molto difficile fare una classificazione, data la sovrapposizione (o
comorbidità) tra i diversi gruppi.
OMPORTAMENTO
ECCENTRICO.
Chi ne è soggetto risulta eccessivamente sospettoso e
diffidente nei confronti degli altri (personalità schizoide).
OMPORTAMENTO
DRAMMATICO.
E’ caratterizzato da un’enfatizzazione dei
sentimenti, che vengono quasi sempre espressi in modo molto intenso.
Alcuni hanno un costante bisogno di stimoli nuovi (istrioni), altri
sono contraddistinti da un senso esagerato della propria immagine
(narcisisti), altri ancora sono incapaci di adattarsi alle regole
sociali.
OMPORTAMENTO
CON ANSIA E PAURA GENERALIZZATA.
In questo gruppo rientrano tutti gli individui che si
mostrano ipersensibili alle critiche, tutti quelli che hanno una
personalità dipendente e sono incapaci di agire da soli. Inoltre, a
questa categoria appartengono gli individui compulsivi,
perfezionisti, rigidi nelle loro abitudini ed emotivamente freddi, e
i soggetti passivi - aggressivi, che oppongono resistenza alle
richieste degli altri di migliorare il loro comportamento. Tutti
questi aspetti della personalità ostacolano la capacità di
apprendere dall’esperienza o di adattarsi ai cambiamenti. Nella
maggior parte dei casi si crea una situazione di sofferenza personale
e di riduzione delle attività sociali.
I SUOI EFFETTI.
pesso
i soggetti con turbe della personalità non conoscono esattamente
come si sentono e che cosa provano, benché quasi tutti sia
perseguitati da un senso di inadeguatezza. A causa della scarsa stima
di sé, molti di loro non pensano di essere degni di amore, di
ammirazione o di successo e di conseguenza si rivolgono agli altri in
cerca della rassicurazione che sono persone degne di stima. Senza
tale conferma, essi possono sviluppare depressione e ansia, e proprio
a causa della natura del loro disturbo i problemi di autostima ben
presto si ripresenteranno. Comune nei disturbi di personalità è la
difficoltà nel riconoscere, esprimere e affrontare le emozioni. Per
esempio, alcune persone vedono le proprie emozioni come se davvero
non appartenessero a loro, altre trovano arduo sopportare sentimenti
intensi oppure sono incapaci di esprimerli. Nel timore di essere
soverchiati da forti emozioni quali ira, tristezza o paura, questi
soggetti giungono a evitare del tutto i sentimenti stessi. In altri
casi possono oscillare tra periodi di vuoto emotivo e scoppi
improvvisi di collera o di gelosia. Una volta dato libero sfogo alla
veemenza dei loro sentimenti, può riuscire difficile per costoro
tornare alla calma; la reazione tipica è pertanto accusare qualcuno
o qualcosa di “far” loro provare quel sentimento. Nell’incapacità
di controllare le proprie emozioni, la propria esistenza, o le
proprie relazioni, esse si sentono costantemente in balia degli
avvenimenti e non trovano il modo di esercitare un’influenza o di
controllarli con il loro comportamento o le loro reazioni.
soggetti paranoici fronteggiano i propri sentimenti di ostilità e di
rancore proiettando queste emozioni sui presunti nemici. Chi presenta
una personalità borderline qualche volta esprime i propri desideri o
conflitti inconsci attraverso azioni che manifestano disadattamento e
comportamenti autodistruttivi come l’aggressività o la
promiscuità. Il problema principale è che gli individui con
disturbi di personalità vivono all’interno di un’armatura
caratteriale, un sistema di MECCANISMI di
DIFESA interni nel quale confidano per evitare o vincere i
loro sentimenti. Sebbene questi atteggiamenti e questi comportamenti
protettivi possano generare grande difficoltà nella loro esperienza
di vita, essi si aggrappano come al solo modo conosciuto per fra
fronte ai problemi. A dire il vero, alcune persone con disturbi di
personalità provano sospetto e disprezzo per questi stessi
sentimenti. Chi soffre del disturbo di personalità antisociale è
indotto a pensare che il fatto di non sentirsi colpevole indica che
non ha commesso nulla di veramente sbagliato.
soggetti con disturbo
di personalità ossessiva – compulsiva possono sentirsi moralmente
superiori a persone “emotive” che perdono il controllo dei loro
sentimenti. Gli individui con disturbi di
personalità non sono mai veramente in grado di rapportarsi in modo
significativo agli altri; persino quando si trovano insieme ad altre
persone possono sentirsi soli. Molti di loro sono sensibili in
modo speciale a ogni forma di rifiuto, di critica, di disapprovazione
o di abbandono; separazioni o perdite possono quindi provocare un
grave colpo di natura psicologica. Talvolta il sesso diviene una
forma di compensazione per una mancanza di intimità emotiva. Alcuni
infatti vanno alla ricerca di esperienze sessuali come di una maniera
per allacciare un qualche stretto legame, ma troppo spesso tutti
questi incontri finiscono per essere privi di significato e di una
qualsiasi soddisfazione. Altri utilizzano il sesso per ottenere
l’ammirazione e l’attenzione che desiderano con tutte le loro
forze, piuttosto come mezzo per condividere un intimo affetto. Gli
individui con i disturbi di personalità evitante, schizoide o
schizotipica presentano in modo esemplare una preclusione al sesso
per timore di un qualsiasi contatto intimo. La mancanza di
sensibilità che può caratterizzare molti disturbi di personalità
ha motivazioni di natura sia fisica sia psicologica. Per la verità,
alcuni soggetti, in particolare chi è affetto da disturbo
di personalità borderline, possono procurarsi tagli, bruciature o
mutilazioni, non provano alcun senso di dolore e non si rendono
pienamente conto di quanto hanno fatto.
LE CAUSE
ari
fattori influenzano il modo con cui la personalità di un individuo
si sviluppa: aspetti genetici, educazione, condizionamenti sociali e,
soprattutto, le prime esperienze infantili (influenze biologiche e
ambientali). Ci sono varie teorie circa le origini psicologiche dei
disturbi di personalità. secondo alcuni, certi tipi di personalità
si formano quando gli individui diventano fissati o si bloccano a
differenti fasi di sviluppo psicosessuale. Per esempio, la fissazione
alla fase orale porterebbe a una personalità caratterizzata da un
comportamento esigente e non autonomo, come nel caso del disturbo di
personalità dipendente. La fissazione alla fase anale condurrebbe a
personalità che si distinguono per rigidità e per indifferenza
emotiva, come nel disturbo di personalità ossessivo – compulsiva,
mentre la fissazione alla fase fallica potrebbe portare alla
superficialità e all’incapacità di impegnarsi in relazioni
profonde, caratteristiche del disturbo di personalità istrionica. Il
disturbo di personalità narcisistica, per esempio, con il suo senso
tipicamente esagerato del proprio valore e con il suo bisogno di
ammirazione, può nascere nell’età compresa tra i diciotto mesi e
i tre anni, quando cioè emerge nel bimbo la percezione di un sé
indipendente.
e i genitori richiedono ai figli la perfezione, come
spesso accade quando i genitori stessi sono narcisisti, possono
criticare, punire e ignorare i figli che non sono all’altezza delle
loro aspettative. Questi bambini hanno paura che nessuno li potrà
mai amare così come sono e quindi esiste l’eventualità che
sviluppino un radicato sentimento di essere in qualche modo
repellenti e disgustosi. Per proteggersi da questi sentimenti che li
turbano nel profondo, le personalità narcisistiche creano una
facciata di grandiosità, di importanza e di invulnerabilità che
maschera uno schiacciante senso di fallimento. Le influenze
dell’ambiente, in particolare, un’infanzia tribolata, possono
giocare una parte importante nei disturbi di personalità. Il
disturbo di personalità antisociale, per esempio, è stato collegato
a una mancanza di ferma disciplina da parte delle figure di
riferimento, ad abusi nell’infanzia e al mancato sviluppo di uno
stretto attaccamento ai genitori. Nel disturbo di personalità
borderline ci può essere una storia di abbandono precoce; di abusi
fisici e sessuali, di trascuratezza o di assenza di stabilità: per
tali precedenti è difficile che questi individui nel corso della
loro vita mantengano un saldo senso di sé o degli altri. Una
combinazione di tratti caratteriali innati e di un precoce rifiuto -
da parte dei genitori, dei compagni o di entrambi - contribuisce alla
formazione del disturbo di personalità evitante. I figli di coloro
le cui relazioni sono fredde o violente potrebbero concludere che non
vale la pena di cercare a loro volta delle relazioni oppure che sono
loro a meritare in qualche misura la violenza, e questi fattori
sfociano in quella mancanza di interesse o di piacere per la vita di
relazione che è tipica della personalità schizoide.
questi
disturbi possono contribuire anche i condizionamenti sociali. Per
esempio, alcune persone con il disturbo di personalità evitante
furono probabilmente rifiutate o umiliate nei primi anni di vita, col
risultato che esse prestano troppa attenzione ai giudizi e alle
valutazioni altrui. Il disturbo di personalità istrionica può
derivare, almeno in parte, da un’idea errata di ciò che è
attraente e appropriato. Una teoria suggerisce che le ragazzine che
fanno affidamento sul padre come fonte primaria di amore possono
giungere alla conclusione che il modo per attirare l’interesse
degli uomini è quello di essere civettuole e ammaliatrici, da ultimo
vi è anche l’influenza dei fattori esterni, malattie croniche,
mentali o fisiche che siano, soprattutto nei bambini e negli
adolescenti, possono favorire un atteggiamento eccessivamente
fiducioso e sottomesso nei confronti degli altri e contribuire allo
sviluppo del disturbo di personalità dipendente. Una lesione che
sfigura può favorire il disturbo di personalità evitante. Infine la
società, in perenne movimento e così stressante, con le sue
accresciute esigenze di mobilità, con l’alta percentuale di
divorzi e suoi costanti cambiamenti, può incrementare il rischio del
disturbo di personalità borderline in persone particolarmente
predisposte.
… non
è possibile parlare di personalità senza conoscere i meccanismi di
difesa.
I MECCANISMI di DIFESA
…
ogni
quadro clinico presenta contemporaneamente vari meccanismi di difesa
più o meno disfunzionali, con i quali il soggetto nel tentativo di
adattarsi, di tutelare, di salvaguardare il più possibile la sua
salute psicosomatica, può distorcere la personalità.
ono
processi psichici che ogni essere umano mette in atto per la
sopravvivenza, quando i bisogni, impulsi, motivazioni, sentimenti o
tendenze istintive che si scontrano od entrano in conflitto con il
bisogno di adattamento all’ambiente. Per fronteggiare (sanare) tale
conflitto l’individuo non riesce sempre ad adottare misure congrue
e reazioni appropriate ma ricorre ad espedienti (difese) di vario
tipo che gli permettono di accettare ed assimilare i nuovi dati
distorcendoli in vario modo per renderli meno drammatici e minacciosi
alla sua incolumità psichica. Reazioni inadeguate ad un conflitto,
una risposta comportamentale che ogni individuo mette in atto per
affrontare le situazioni “difficili” e mediare i conflitti
prodotti dalla scontro tra bisogni, impulsi, desideri e affetti da
una parte e proibizioni interne o da condizioni della realtà esterna
dall’altra. Ogni patologia presenta solitamente uno o più
meccanismi difensivi disfunzionali con i quali il soggetto cerca,
anche se inadeguatamente, di salvaguardare la propria sanità
psicofisica.
erfino la pazzia, da questo punto di vista, può venire
interpretata come un meccanismo che mira a difendere il soggetto da
mali peggiori, quali ad esempio l’omicidio o il suicidio. Essi
rappresentano la soluzione di compromesso e di regolazione
dell’apparato psichico alle prese con un conflitto generatore di
ansia. Hanno la funzione di adattare le esigenze pulsionali alla
realtà. Sono inconsci ed esistono in tutti gli individui. Nel
nevrotico, diventano patologici per la sua costante preponderanza di
alcuni o per la loro intensità, ciò che ostacola l’elasticità e
l’adattamento del funzionamento mentale. Il sintomo nevrotico
rappresenta un compromesso tra la pulsione e la difesa. I principali
meccanismi di difesa sono:
Rimozione.
’
un dimenticare o ignorare rappresentazioni (pensieri, immagini,
ricordi) legate ad una pulsione. Alla base del bisogno di dimenticare
ci sono paure irrazionali preesistenti … sopprimere le innumerevoli
angosce legate alla vita quotidiana. I contenuti rimossi conservano
però un potenziale dinamico e tendono a ripresentarsi. Il ritorno
del rimosso, che è abituale nelle fantasie e nei sogni, si può
tradurre anche in lapsus, atti mancati, sintomi di conversione
isterica, sintomi fobici o ossessivi. La rimozione diviene
problematica quando fallisce nella sua funzione (allontanare
efficacemente dalla coscienza idee disturbanti, in modo che la
persona possa rivolgersi al compito di adattarsi alla realtà),
elimina anche alcuni aspetti positivi della vita e agisce a
esclusione di altri modi più efficaci.
Regressione.
itorno
a modi di pensare o comportamenti precedenti (fasi evolutive
infantili) che richiedono maggior accudimento e conforto (bambini
viziati e bisognosi)… tornare a vecchie abitudini di pensiero,
sentimento e comportamento dopo aver raggiunto un livello di
competenza superiore (il processo deve essere inconscio, non
consapevole). L’ipocondriaco con la sua somatizzazione (ruolo di
malato) usa la regressione come strumento primario (strategia
centrale) per affrontare gli aspetti problematici della vita
quotidiana.
Isolamento
affettivo.
’
un modo di gestire l’angoscia e altri stati mentali. Si isola il
sentimento dalla conoscenza: l’aspetto affettivo di un’idea viene
separato dalla sua dimensione cognitiva (i chirurghi non potrebbero
realizzare i vari interventi se fossero costantemente fissati sulla
sofferenza fisica dei pazienti). Nessuna reazione emotiva rispetto a
cose per le quali molti provano intensi sentimenti (si privilegia
l’aspetto razionale). Un buon esempio può essere quello del
vulcaniano impersonato dal signor Spock nella serie televisiva Star
Trek. Quando l’isolamento è la difesa
primaria e lo stile di vita riflette la sopravvivenza del pensiero e
la sottovalutazione del sentimento, la personalità è di tipo
ossessivo.
Proiezione.
ttribuire
ad altri i propri sentimenti, impulsi e pensieri … qualcosa di
interno viene considerato proveniente dall’esterno. E’
un’operazione con la quale il soggetto espelle da sé persone o
cose, qualità, sentimenti, desideri che egli non riconosce e rifiuta
in lui e localizza nell’altro; in quanto disconoscimento delle
tendenze interna. Con l’attribuzione di queste tendenze ad altri.
Si trova in particolare nei fobici, nel delirante e nel paranoico.
Quando una persona, infatti, usa la proiezione come modalità
principale per comprendere, muoversi nel mondo e affrontare la vita,
si può affermare che è paranoie.
Identificazione.
’
il processo psicologico per cui il soggetto assimila (assorbe) un
aspetto, un dettaglio, una proprietà, un attributo di un altro e si
trasforma totalmente o parzialmente sul modello di questo.
L’identificazione viene operata all’inizio con le immagine dei
genitori, maestri, fratelli, ecc. Tale meccanismo viene associato ai
livelli borderline della personalità paranoie.
Introiezione.
eriva
dal processo di identificazione. Trasferisce con una modalità
fantastica, dall’esterno all’interno oggetti e qualità relative
a questi oggetti. I bambini piccoli intromettono ogni tipo di
atteggiamento, affetto e comportamento delle persone significative
della loro vita. Potrebbe diventare un meccanismo molto distruttivo;
le persone, infatti, tenteranno di padroneggiare lo spavento e la
sofferenza assumendo le qualità del loro aggressore. Inghiottire
l’oggetto angoscioso, facendolo scomparire all’interno di sé,
rappresenta la tattica difensiva del lutto melanconico (persone che
sono diventate parte della propria identità) e della depressione.
Meccanismo che troviamo anche nel sadismo e nell’Acting out (agire
senza riflettere o senza apparente considerazione per le conseguenze
negative dell’atto).
Spostamento.
a
sì che l’interesse, l’intensità di una rappresentazione si
possano staccare da questa e trasferirsi su altre rappresentazioni
originariamente poco intense, unite alla prima da una carica
associativa. In altri termini, le tonalità affettive, cioè tutta la
gamma delle emozioni e dei sentimenti legati ad una rappresentazione,
possono staccarsi da questa per legarsi ad altre meno sgradite. Lo
spostamento si può fare su di un oggetto e su di una situazione
(fobie), sul corpo (conversione), sui contenuti psichici
(ossessioni). Un modo di generalizzare o dirottare un sentimento per
un oggetto, verso un altro oggetto meno minaccioso (meno temuto).
Annullamento.
’
un meccanismo psicologico per cui il soggetto si “sforza” di fare
in modo che dei pensieri, dei gesti e dei fatti trascorsi non siano
avvenuti: utilizza per questo un pensiero o un comportamento avente
un significato opposto. Vengono attivati comportamenti finalizzati a
riparare simbolicamente o a negare precedenti pensieri, sentimenti o
comportamenti inaccettabili per il soggetto. L’effetto
inaccettabile e indesiderato è rimpiazzato dal suo contrario. Difesa
utilizzata prevalentemente negli ossessivi e nei masochisti.
…
i
meccanismi di difesa sono strategie psichiche consolidate nel tempo,
operazioni spesso inconsce, ovvero pensieri, idee, sentimenti o
comportamenti attivati dal soggetto per evitare, eliminare,
alleggerire, alleviare o gestire conflitti, il peso degli affetti,
disagi della vita quotidiana avvertiti come pericolosi: mantenere in
qualche modo l’omeostasi psichica, gestire istinti, desideri ed
affetti, ha funzione protettiva e adattiva in situazioni stressanti,
facilita un compromesso tra impulsi e inibizioni … ogni difesa
attivata - per tenere sotto controllo l’ansia scaturita dal
tentativo di gestire un desiderio (pulsione) in contrasto
(inaccettabile) con i valori del soggetto stesso - può essere
adattiva o disadattiva (vantaggiosa o svantaggiosa) indica una
personalità matura, equilibrata, consapevole, in contatto con la
realtà e ben integrata, in grado di esprimersi e di gratificarsi
(matura – adattiva… stile difensivo evoluto) oppure immatura,
patologica e con grande distorsione della realtà (immatura –
disadattiva … stile difensivo primitivo) … l’attivazione di un
determinato meccanismo di difesa può essere determinante nel buon
funzionamento o meno del soggetto non solo a livello psichico ma
anche nel contesto familiare, sociale, lavorativo e relazionale …
ogni difesa segnala la gravità dello stato patologico.
ATTENZIONE PERICOLO
iconoscere
tempestivamente l’intensità, la durata e il modo con cui un
disagio emotivo affligge una persona è fondamentale per chiunque,
sia come prevenzione sia come cura. Il problema mentale proprio per
le sue caratteristiche comportamentali ed emotive peculiari è sempre
dannoso, a prescindere dal quadro clinico specifico (isolamento,
chiusura, debolezza, diffidenza, instabilità, difficoltà a
comunicare, ansia, fobia, panico, tensione, inquietudine, senso di
colpa, rabbia, aggressività) compromette in ogni caso il ruolo
sociale, la funzione relazionale e l’attività lavorativa …
distrugge le certezze e la capacità di condurre una vita regolare,
rende difficile esercitare una professione in maniera continuativa,
occuparsi della propria famiglia o instaurare rapporti interpersonali
sereni (mette a rischio il posto di lavoro, il matrimonio, le
amicizie … predispone a continui fallimenti, insuccessi e
delusioni). Una persona affetta da disturbi emotivi ha la sensazione
di vivere perennemente isolata e in uno stato di inferiorità, in un
mondo dominato da giganti … è soggetta alla paura e al senso di
impotenza. Se questi disagi non sono adeguatamente trattati con
solerzia, possono sì cronicizzate, ma la cosa più importante è che
modificano silenziosamente e inesorabilmente il corso di una vita,
distruggono i sogni e mandano in frantumi i rapporti di tantissime
persone. Il fatto sorprendente - forse più triste e avvilente - non
è il numero di persone coinvolte in questa sofferenza (che sono
comunque sempre tante … una indagine recente attendibile ipotizza
che 1 persona su 3 è colpita da un disagio mentale), ma che poche
ricevano sostegno e aiuto adeguato, proprio per la non consapevolezza
del loro dolore emotivo (un po’ per ignoranza, un po’ per
vergogna perché tale fenomeno è vissuto come segno di debolezza);
cosa altrettanto grave è che sono, spesso, lasciate in mano al
qualunquismo e ad interventi “superficiali” oppure non ricevono
alcun tipo di cura … sono quasi sempre abbandonati al loro destino
“catastrofico”, un fatto davvero inquietante considerato il
periodo storico in cui viviamo! Tutti devono essere in grado - questo
rientra nello spirito del presente lavoro - di riconoscere i segnali
e la sintomatologia connessa ai vari quadri clinici (con lo stesso
entusiasmo di uno studente alle prese con la sua materia di studio
preferita) in modo tale da poter decidere quando è il momento di
chiedere aiuto e di valutare se l’intervento terapeutico è
appropriato ed efficace.
a conoscenza “approfondita” dei vari
disturbi e delle cause permette di comprendere non solo se stessi -
la devastante sofferenza soggettiva e familiare - ma anche di
rendersi conto degli altissimi costi (anche pubblici) che tale
sofferenza comporta (chi può permetterselo, considerati i tempi
lunghissimi del pubblico, si rivolge ai servizi privati…
aggiungendo così al fardello emotivo grandi sacrifici economici) …
mai più in silenzio! Permette di guardare in modo diverso a se
stessi e con più fiducia al proprio futuro. La sofferenza
psicologica non solo segna la vita delle persone che ne sono affette
ma ha un fortissimo impatto a livello lavorativo e sociale (assenza
dal lavoro, infiniti esami clinici, spese ingentissime). Anche le
forme più lievi del malessere emotivo devono essere prese in
considerazione perché - anche se sono all’inizio silenziose -
possono influire sulle rinunce e limitare nelle scelte di vita; si
pensi ad esempio allo stato ipocondriaco, ad alcune disfunzioni della
sfera sessuale, alla timidezza patologica, ai cambiamenti repentini
dell’umore, alle condotte evitanti e dipendenti … nei casi più
seri, l’autosoppressione. I problemi emotivi, quindi, anche quando
non sono particolarmente gravi ed allarmanti, devono essere sempre
presi in esame, considerati attentamente e scrupolosamente, perché
predispongono ad un vivere infelice, fanno sentire meno sicuri,
annullano le capacità di controllo sulle cose rispetto ai momenti di
“benessere”, creano difficoltà e confusione anche nel gestire le
problematiche quotidiane più banali.
ungo il cammino che porterà
alla soluzione del malessere emotivo - dopo le prime esitazioni e le
perplessità iniziali da parte del paziente - si potrà imparare a
vivere e a comportarsi in modo più gratificante, ritrovare
l’autostima e la sicurezza, riacquistare il controllo di se stessi,
emergeranno risorse naturali, notevoli capacità nel poter scegliere
autonomamente e nel prendere decisioni giuste … si scoprirà
finalmente che l’esistenza umana, con una nuova apertura mentale e
una visione diversa della vita, offre sempre infinite alternative. Un
trattamento adeguato, infatti, risolve i conflitti più profondi,
risolleva il morale, migliora la qualità della vita, aumenta le
attività quotidiane, appaiono finalmente calma e sicurezza … le
relazioni interpersonali diventano davvero più soddisfacenti. Non
abbiamo timore: un professionista qualificato e esperto in questo
delicato ma affascinante settore, altro non può che dar luce alla
mente e offrire preziosi “consigli” su come affrontare e
risolvere questo tormento… aiutare a raggiungere grandi obiettivi:
senso di fiducia, sicurezza, aprirsi agli altri, lavorare con
passione, formare nuove amicizie, legami e relazioni strette …
aspettarsi esperienze piacevoli, anticipare il miglior esito di ogni
cosa … questo è il diritto di ogni essere umano.
NEVROSI … si è ancora in contatto con la REALTA'
l
termine nevrosi indica uno stato morboso funzionale senza diretto
rapporto con una lesione organica. Esprime simbolicamente un
conflitto psichico la cui origine è collegata al superamento, più o
meno con successo, delle difficoltà che l’essere umano incontra
durante i vari stadi evolutivi. Dal punto di vista clinico, le
nevrosi si distinguono dalle psicosi, dalle perversioni e dalle
affezioni psicosomatiche. Il termine nevrosi compare per la prima
volta in un trattato di medicina, pubblicato nel 1777, dallo scozzese
W. Cullen, che lo usa per indicare l’insieme delle malattie
mentali, ma anche patologie cardiache o digestive. In seguito la
parola arriva a indicare tutte le malattie che sembrano derivare da
un cattivo funzionamento del sistema nervoso. Solo molto più tardi
s’arriverà a distinguere le malattie d’origine organica da
quelle essenzialmente psichiche. Lo psichiatra francese P. Janet
segna quest’evoluzione quando, sul fluire dell’Ottocento divide
la nevrosi in due categorie: isteria e psicastenia. Per Janet le
nevrosi sono dovute ad una caduta di tensione psicologica che provoca
la comparsa di comportamenti inferiori. Soltanto gli studi
sull’isteria di Freud metteranno in evidenza l’origine psichica
della nevrosi. Freud scopre la psicanalisi curando malati isterici.
Non tarda a capire che molte affezioni psichiche sfuggono alla
terapeutica medica, poiché trovano origine soltanto in conflitti
infantili non risolti. Nello sviluppo “normale”, ognuno deve
attraversare un certo numero di fasi evolutive (orale, sadico-anale,
fallica) prima di raggiungere la fase genitale.
“””Fasi.
Freud ha scoperto che lo sviluppo sessuale dell’uomo non
corrisponde ad una organizzazione genitale unica, ma ad una
successione di fasi caratteristiche. La nozione di fase è diventata
quindi uno dei concetti chiave della psicanalisi. Freud comincia col
distinguere un’organizzazione della sessualità “adulta genitale”
e un’organizzazione della sessualità “infantile pervertita”.
Le successive ricerche lo portano a scoprire che la pulsione sessuale
percorre una serie di fasi (spinta … forza, insieme psichica e
fisica caratterizzata da una fonte, un oggetto e una meta. Le
pulsioni corrispondono alle eccitazioni di origine interna che il
soggetto subisce continuamente e che costituiscono il motore
dell’apparato psichico). Ma solo molto più tardi gli diverrà del
tutto chiaro il legame tra la fase e la malattia mentale. I tre saggi
sulla teoria sessuale cercano per la prima volta di descrivere delle
fasi nella vita infantile. Esistono quattro fasi fondamentali. La
fase orale, la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato
prova a succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo
piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene
definito autoerotico. La fase anale o sadico – anale è
caratterizzata dall’interesse che il bambino dimostra per le
funzioni della defecazione (espulsione, ritenzione).
orrispondente
all’apprendimento della pulizia, è decisiva nella formazione del
carattere del bambino e della sua personalità adulta. La fase
fallica, verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e
nella bambina con la specificità dell’organizzazione sessuale
maschile. E’ anche la fase della masturbazione. Finisce, nel
bambino, con la paura della castrazione, che segna la fine anche del
complesso di Edipo. In seguito alla pubertà si realizza l’ultima
fase, la fase genitale, caratterizzata dalla procreazione. Ma accade
che nella vita l’individuo si scontri con difficoltà che gli
sembrano insormontabili. Rischia allora di voler regredire ad una
fase anteriore. Se non può assumere sessualmente la sua condizione
d’adulto, tenta di tornare bambino d’un tempo. Si mette su una
strada che può condurlo sia alla regressione completa (perversione),
sia alla lotta contro il desiderio di perversione (nevrosi). Ogni
perversione e ogni nevrosi (che è il suo negativo) si caratterizza
con la fissazione ad una fase che dovrebbe essere integrata alla
personalità adulta. L’ossessivo è fissato alla fase sadico –
anale, l’isterico alla fase orale, l’esibizionista alla fase
fallica.
l
nevrotico non arriverà mai in fondo allo sviluppo. Rimarrà
“fissato” ad una fase anteriore o sarà continuamente tentato di
regredirvi. La regressione costituisce la perversione; la nevrosi la
lotta contro la perversione. Dopo Freud, si distinguono tre gruppi
principali di nevrosi. Le psiconevrosi, caratterizzate da sintomi
psichici importanti (fobie, ossessioni, inibizioni), come la nevrosi
isterica, ossessiva e fobica. Le nevrosi del carattere sono anch’esse
psiconevrosi, ma i loro sintomi non sono palesi (rimangono soltanto i
tratti di carattere morbosi). Le nevrosi attuali formano una
categoria nettamente differente: le più gravi sono l’ipocondria,
la nevrastenia e la nevrosi d’angoscia. All’origine di queste
turbe c’è ancora la sessualità, ma nella sua forma biologica.
Molto spesso la causa della malattia è una scarica sessuale
insufficiente. I principali sintomi sono l’angoscia e l’ansia. La
scoperta della psicanalisi portò Freud a elaborare una teoria
psicogenetica delle nevrosi. Il concetto centrale è la rimozione
(vedasi settore “I meccanismi di difesa” o “Psicoterapia”).
Quando un desiderio si scontra con una proibizione sociale
(Super-Io), viene rimosso nell’inconscio. I sintomi nevrotici
saranno tentativi d’espressione mascherata di questi desideri. La
scoperta del senso del sintomo ne comporta la scomparsa.
SINTOMI PALESI di nevrosi. La nevrosi è diffusa come un comune
raffreddore, ma è più difficile a riconoscersi e a guarirsi. Con un
raffreddore o con qualsiasi malattia fisica, abbiamo ovvi sintomi che
ci spingono ad agire in un certo modo: se abbiamo la febbre andiamo a
letto; se ci sentiamo male prendiamo un’aspirina o chiamiamo il
118. Anche la nevrosi ha i suoi sintomi, meno evidenti però, come
abbiamo potuto vedere nei vari articoli del sito. Non si manifestano
sul termometro e non reagiscono ai comuni rimedi farmaceutici.
Possiamo benissimo imparare a riconoscere più prontamente la nevrosi
esaminandola nei vari aspetti. Il primo evidente sintomo di nevrosi è
l’indecisione e l’inattività. Tutti noi, a volte, siamo
indecisi. Il nevrotico è un INDECISO cronico. Egli non può
decidersi di agire… rimugina gli stessi problemi per settimane e
settimane, per mesi e mesi e in certi casi per anni e anni. E’
perennemente influenzato dal dubbio. Il dubbio Amletico come sappiamo
è un o scherzo rispetto al nevrotico. Ma tutti affrontano decisioni
nella vita quotidiana, piccole scelte e, occasionalmente, grandi
scelte. Qualche volta la grande decisione è la causa del trauma che
è stato covato dentro. Comunque, di solito, l’indecisione è più
simile al raffreddore che alla polmonite. Naturalmente l’indecisione
implica la tendenza a procrastinare, cioè differisce la
soddisfazione dei nostri bisogni e crea frustrazioni. Sogniamo ad
occhi aperti, e questo incrina la nostra concentrazione, la nostra
capacità di operare e di essere attivi. In aggiunta a ciò c’è il
senso di INADEGUATEZZA che deriva dal non poter soddisfare né i
nostri bisogni né i nostri problemi.
n tal modo diventiamo ostili e
cominciamo a prendercela con la gente che ci circonda a causa del
nostro senso di inadeguatezza. Ben presto passiamo più tempo
pensando a ciò che ci manca piuttosto a ciò che si ha. A lungo
andare viziamo tutte le nostre decisioni perché conosciamo così
poco il nostro agire che non possiamo rallegrarci dei suoi frutti. Il
sintomo più comune della nevrosi è l’ANSIETA’ o la PAURA. La
paura deriva da un’altra condizione dello stato nevrotico: il senso
di dipendenza. Cerchiamo gente che ci aiuti, se abbiamo paura. Se da
bambini ci siamo nascosti, siamo corsi via e abbiamo gridato, da
adulti siamo più abili, ma la nostra RISPOSTA è essenzialmente
INFANTILE (si veda regressione)… un ritorno a una maniera primitiva
di adattamento. Se facciamo un’infantile concessione a noi stessi,
è probabile che ne faremo delle altre. L’OSTILITA’ è un altro
sintomo della nevrosi. E’ molto comune nel nostro periodo storico
perché viviamo in una società altamente competitiva. Ognuno
gareggia per qualcosa, diplomi, impieghi, condizioni sociali,
compagni sessuali, posti di parcheggio e così via. Una quarta palese
espressione di disordine emotivo è l’INSUCCESSO o lo scarso
rendimento. Tutti siamo soggetti a limitazioni fisiche e mentali, a
ingiustizie sociali, alla cattiva sorte; ma a lungo andare, se non
sfruttiamo una buona parte del nostro potenziale, dobbiamo
rassegnarci a biasimare noi stessi. Ciò non riguarda solo la scuola
e la carriera, ma tutti gli aspetti della VITA. Il SENSO di COLPA,
che spesso è il risultato dell’ostilità e dell’insuccesso, è
il quinto chiaro sintomo di nevrosi. Attualmente il senso di colpa
non è facilmente riconoscibile. La sua più comune espressione è il
costante CHIEDERE SCUSA. La gente che soffre di senso di colpa chiede
sempre scusa con molta educazione e convinzione, non solo quando è
opportuno ma anche quando è fuori luogo, inoltre il suo
comportamento oscilla tra la dolcezza e la cattiveria. Un sesto
indizio di difficoltà emotive è il RINCHIUDERSI IN SE STESSI.
iò
conduce alla solitudine e all’alienazione. Dato che nell’essere
soli c’è un‘enorme perdita del senso della prospettiva, il
rinchiudersi in se stessi rende più facile che la nevrosi di un
individuo si espanda ad altre sue attività. I sintomi psicosomatici,
in generale, determinano una settima forma di nevrosi. Il nostro
corpo richiede la soddisfazione dei propri bisogni in una quantità
di modi superiore a quella che riconosciamo. Alcuni di questi modi
possono essere misurati fisiologicamente. Ad esempio, la paura di
svelare un aumento del ritmo respiratorio. Anche le palme delle mani
bagnate, dette “riflesso psicogalvanico” sono un segno
rilevatore. L’espressione del volto è eloquente. Ci sono anche
espressioni del nostro linguaggio che ricordano ciò. Ad esempio,
diciamo che qualcuno “storce le labbra per disprezzo”. La gente
modifica l’espressione del viso quando è arrabbiata. C’è anche
ciò che A. Adler ha chiamato “debolezza organica”; ossia alcune
parti del nostro corpo esprimono il turbamento del nostro stato
emotivo. Per alcuni è la pelle, per altri lo stomaco, per altri
ancora la schiena (si vedano le sezioni specifiche). Comuni
espressioni di ansietà cronica, di paura, di collera e di conflitto,
coinvolgono disturbi psicosomatici quali ulcera, le coliti, i mal di
testa cronici, le allergie e le indigestioni. Ma il sintomo
psicosomatico più frequente, che non sempre è riconosciuto come
tale, è la stanchezza. Ci sono molte ovvie, logiche ragioni per
diagnosticare la stanchezza come il risultata di un superlavoro. Ma
il fatto è che la fatica è anche indice di eccessiva resistenza, di
risentimento, di indecisione. La più comune e accettabile scusa per
non fare qualcosa che non vogliamo fare è che siamo troppo stanchi
per farlo. Infine, ogni atteggiamento o azione estremistica sono una
chiara espressione di inclinazione alla nevrosi. Il fatto che
l’azione sia approvata o disapprovata dalla società non è
importante; se è esagerata è sospetta. Ad esempio l’inattività,
che è malvista nella nostra società, può essere un estremo
nevrotico; ma è così anche per il suo opposto, l’impulsività,
benché sia spesso più accettabile dal punto di vista sociale.
L’insuccesso è un sintomo di complicazioni nevrotiche; e così la
sovraprestazione. Anche la socievolezza forzata è segno di nevrosi,
e così la solitudine. l’autocostrizione ad essere sempre tra la
folla, l’incapacità di restare soli, indicano una forte tendenza
al rifiuto di sé.
Il PENSARE nevrotico
pesso
la gente pensa che la nevrosi sia una sorta di un “disastro”
nervoso. Questa definizione non è appropriata. La terminologia in
questione risale a quando potevamo capire la nevrosi soltanto in
termini fondamentalmente organici o in termini di improvvise
manifestazioni traumatiche. Oggi sappiamo che la nevrosi si trova a
livello superficiale prima di esplodere in maniera drammatica. Un
debole stato di salute fisica indica che il corpo non funziona a
dovere; non si può evitare l’effetto tossico dei microbi. Un
debole stato di salute mentale o emotiva - la nevrosi - indica una
situazione simile con riferimento alla nostra personalità, alla
nostra abituale maniera di adattarci. Non possiamo evitare gli
effetti tossici, non dei microbi, ma dei nostri stessi errori di
interpretazione. La nevrosi è, in altri termini, una sofferenza
conseguente a una erronea disposizione d’animo: erronea nel senso
che conduce a un comportamento inadeguato. Comportamento che non è
funzionale, che non ci dà ciò che vogliamo. Questo comportamento
non è semplicemente sciocco… è dannoso. Vestirsi con abiti
infantili è sciocco; reagire ai vari problemi in modo infantile è
dannoso. Che cosa sono dunque alcuni di questi stati d’animo
sbagliati, alcune di queste erronee interpretazioni? E come possono
colpirci? Il più grave errore di interpretazione nel nostro modo di
pensare è che andiamo dietro ai nostri desideri piuttosto che alla
realtà per dominare i nostri pensieri. Questo ha come risultato,
naturalmente, un giudizio insufficiente. Ad esempio, un giovane si
innamora perdutamente di ogni donna, ne è attirato e vuole sposarla.
Corre dietro ai propri desideri per condizionare la propria azione.
Vuole sposarsi, vuole trovare la donna che vada bene per lui; ma
piuttosto che valutare la situazione realisticamente, egli delinea
questa ragazza di sogno nel mondo reale mediante l’intensità dei
desideri.
el nostro modo di pensare anche noi interpretiamo
erroneamente le conseguenze delle nostre azioni. Ad esempio
comperiamo una costosa automobile pur non potendo permettercelo. Ci
rendiamo conto che le spese devono essere proporzionate all’andamento
degli affari, ma vogliamo quell’automobile, sentiamo di avere
ragione e così saltiamo il fosso. E naturalmente non possiamo
goderci l’automobile perché dopo pochi mesi il peso del debito è
troppo forte. Abbiamo mancato di vedere con chiarezza le conseguenze
del nostro comportamento. Avremo in ogni caso l’opportunità di
commettere di nuovo la stessa pazzia. I nevrotici hanno la tendenza a
ripetere i loro errori. La gente “sana” può fare sbagli in
maggiore o minore numero dei nevrotici, ma commette errori diversi, e
ciò dimostra che ha risolto alcuni dei suoi problemi o che ha
scontato errori ed è in grado di andare avanti. La gente che fa
sempre lo stesso errore più e più volte mostra di essersi fermata
ad un certo stadio dello sviluppo.
Il SENTIRE nevrotico
aturalmente
gli atteggiamenti nevrotici sono più forti secondo la nostra
sensibilità. Di fatto, gli errori intellettuali di interpretazione
sono corretti facilmente con la terapia. E’ cambiare i sentimenti
del paziente che è difficile. Il più importante errore emotivo di
interpretazione che il nevrotico commette è di SOTTOVALUTARSI, di
PUNIRSI, di trattarsi miseramente. Questo atteggiamento è il
risultato di una misera immagine di se stessi. Un individuo con una
misera immagine di sé può veramente sembrare uno che stia cercando
di aumentare il proprio valore, ma il tentativo è male indirizzato,
superficiale, e indica che la persona non ha un concetto di sé
sufficientemente buono. Questo atteggiamento si estende alle
relazioni di parentela e agli amici. Generalmente il nevrotico ha
rapporto tesi con i genitori, con i fratelli, con la moglie, con i
bambini. Egli interpreta erroneamente i loro sentimenti e i suoi. Ad
esempio, sente che i suoi numerosi atti di gentilezza passano sotto
silenzio, e raramente trova sufficiente gentilezza nella gente che lo
circonda. Con gli amici è esigente, tende a interpretare
erroneamente ogni loro azione. E’ un sensitivo facilmente
sconvolto. Il nevrotico si concentra troppo su se stesso.
roppe
delle sue frasi incominciano con la parola “io”; non sa
conversare; è un esibizionista. Il fatto è che non sa sfuggire alla
sua stessa prigione. Ciò che è al di fuori di lui non lo soddisfa
abbastanza, e questo lo turba. In ultimo, naturalmente, diventa
insoddisfatto di sé, se la prende con se stesso. Ma non dice: “Sono
noioso”. Nessuno lo dice mai. Dice invece: “E’ noioso” o
“Questo è noioso” o “La gente è noiosa”, o “La festa è
noiosa”. Quindi il nevrotico interpreta erroneamente la natura
delle relazioni sociali. Egli vuole ciò che vuole, quando lo vuole.
Ciò è normale; il suo errore di interpretazione consiste nel non
riuscire a capire che deve dare, che deve imparare a sviluppare
l’abilità che lo lega agli altri, che deve imparare a persuadere
la gente a soddisfare i suoi desideri. Ma invece di impegnarsi a
sviluppare le relazioni del dare e avere, agisce come se scambiasse
tutti per suo padre e sua madre e se stesso per bambino, e grida:
“Dammelo!”. E naturalmente la gente rifiuta un simile approccio.
Questo non è il modo di ottenere ciò che vogliamo. Nel complesso i
sentimenti degli individui nevrotici tendono ad essere più negativi
che positivi. Sono sempre caratterizzati da collera, ansietà,
rifiuto e pessimismo. E’ difficile trovare un nevrotico che sia
ottimista … il suo bicchiere è sempre MEZZO VUOTO. Non tutti i
pessimisti sono nevrotici, ma la maggior parte dei nevrotici sono
pessimisti. Chiunque sia cronicamente negativo, arrabbiato e
pessimista, deve per forza interpretare in modo errato le situazioni
che affronta, perché la vita non è conforme ai suoi stati d’animo.
Qualche volta essa ci appare nera, talvolta neutra, ogni tanto
promettente. Se ci appare quasi sempre in un solo modo, c’è
qualcosa di sbagliato in noi.
Il COMPORTAMENTO nevrotico
l
comportamento esprime pensiero e sentimento, e questo non è meno
vero quando i pensieri e sentimenti sono nevrotici, sebbene non
sempre siano riconoscibili come tali. Ad esempio i nevrotici hanno
poca perseveranza perché interpretano erroneamente il valore delle
cose che fanno. Non appena incontrano un ostacolo, dicono: “Bene,
non ne vale realmente la pena” e se ne stanno fermi. Questo è un
errore d’interpretazione, una razionalizzazione. Qualche volta
anche il compito più banale deve essere svolto proprio così; ogni
altro modo è sbagliato. Di nuovo questo significa interpretare
erroneamente il valore delle cose. Quello che ho detto prima circa
gli estremi, impulsività, inattività, severità e così via, si
applica naturalmente al comportamento in cui questi estremi sono
espressi. Infine, il campo d’azione del comportamento dei nevrotici
è limitato. Essi tendono a ripetere le stesse cose. “Solo lavoro e
niente svago fa diventare stupidi”. Questo implica una tendenza
alla nevrosi. Abbiamo visto come la nevrosi colpisce il nostro modo
di pensare, di sentire, il nostro comportamento. Ci sono quattro
campi in cui si esprimono queste inclinazioni nevrotiche. Nel
considerare il bisogno di cura di una persona, i terapisti cercano di
determinare in che misura l’individuo funzione in questi campi. Il
PRIMO campo è la vita di casa. Collera cronica, ostilità e tensione
in casa propria indicano bisogno di aiuto. Il SECONDO campo è il
lavoro.
ggressione, senso di colpa, depressione, alienazione,
fantasia possono seriamente minare la capacità di una persona nello
svolgimento di qualsiasi lavoro. Il TERZO campo, lo svago, è spesso
trascurato, pure essendo un importante contrappeso nella nostra vita,
perché in questa società competitiva siamo sempre sotto pressione
per produrre e lavorare. Quindi lo svago deve essere dedicato a
soddisfare i nostri bisogni non avendo nulla a che fare con le
pressioni che la società esercita su di noi. Potrebbe esserci di
aiuto il trar fuori qualcosa dalle nostre tendenze aggressive per
soddisfare i nostri inesauditi bisogni di amore. La gente che non ha
via di uscite rilassanti, interessi esterni, che non fa altro che
lavorare tutto il giorno e dormire tutta la notte, non può
continuare a lavorare in mezzo alle sue difficoltà emotive. Il
QUARTO campo, la vita sociale, urta con gli altri tre campi e oscura
le loro possibilità e i loro espedienti.
TIPI di NEVROSI
a
prevalenza di un determinato tipo di nevrosi cambia da generazione a
generazione. Ai tempi di Freud la paralisi isterica era comune; oggi
è rara. Altri problemi hanno preso il suo posto. La gente che soffre
delle attuali comuni nevrosi può essere divisa sommariamente secondo
alcune scuole di pensiero in otto gruppi. E’ raro che ci sia una
persona che non possa essere classificata, almeno parzialmente in uno
di questi gruppi. Il PRIMO gruppo comprende le persone che realmente
non sanno che fare con se stesse. Il loro lavoro o il loro
matrimonio, se pure ce l’hanno, non le soddisfa, non le coinvolge;
hanno pochi legami. Questo è comune soprattutto fra le casalinghe,
particolarmente quelle che hanno bambini grandi. E’ anche
abbastanza comune fra gli uomini che lavorano per grandi
organizzazioni. Se per una ragione o per l’altra rinunciano al loro
lavoro, non riescono facilmente a trovarne un altro.
e persone con
paure specifiche costituiscono il SECONDO gruppo. Fra loro l’ansietà
si è cristallizzata in paure specifiche abbastanza forti per essere
debilitanti. Questa non è gente che ha paura dei grossi cani o degli
aerei, tutti possono evitare i grossi cani e viaggiare in treno.
Questa è gente che, ad esempio, ha paura di lasciare la propria casa
in certe ore del giorno o ha paura di amare o, peggio di tutto, ha
paura del prossimo. Il TERZO gruppo, piuttosto numeroso, è
costituito da persone con difficoltà sessuali, frigidità per la
donna, impotenza o mancanza d’interesse per l’uomo. Il QUARTO
gruppo è incapace di avere contatti con gli altri; ha deboli
relazioni sociali. Questa gente si chiude in sé; ha permesso alla
propria personalità di deteriorarsi; le sue risposte emotive sono
scialbe. Prova raramente eccitamento, entusiasmo, forti emozioni di
ogni tipo. Gli esecutori passivi costituiscono il QUINTO gruppo. A
scuola sono spesso ragazzi intelligenti. Hanno delle capacità, ma
sono sempre servili o sono portati ad esserlo. Il SESTO gruppo,
costituito da persone che hanno conflitti coniugali, è molto
numeroso e sta aumentando. Oggi l’insoddisfazione verso il proprio
coniuge, con il matrimonio in sé, è espressa più apertamente che
un tempo. I bambini che rifiutano i genitori, strano capovolgimento,
costituiscono il SETTIMO gruppo. Naturalmente tutti i bambini
rifiutano i genitori in qualche occasione, di solito
nell’adolescenza. Qui la durata e il grado di rifiuto è
importante. Quando il rifiuto implica la nevrosi, comporta anche un
serio problema di comportamento o una radicale rottura con le
convenzioni sociali. Le personalità ossessive formano l’OTTAVO
gruppo. Le costrizioni, le forti spinte interne ad agire su ciò in
cui abbiamo poco o nessun controllo, si rivelano nel nostro modo di
pensare come ossessioni.
e persone ossessive sono dei perfezionisti;
hanno una forte carica di energia interna. Sono esigenti, critiche.
Non sono soddisfatte di nulla, neppure di se stesse, il che rende la
loro vita durissima. Abbiamo visto quanto facilmente il
condizionamento contribuisca a strutturare il campo di azione di
queste nevrosi. All’inizio della nostra vita sviluppiamo facilmente
una povera immagine di noi stessi perché ci sentiamo rifiutati e
inevitabilmente soffriamo per il rifiuto perché dipendiamo
moltissimo dai nostri genitori che ci aiutano. Una dura disciplina o
più propriamente un’atmosfera priva di amore e di approvazione, ci
dà un misero concetto di noi, e infinite esperienze distruttive con
fratelli, amici, insegnanti e altri lo rinforzano. Come risultato
sviluppiamo dei meccanismi difensivi (si vedano I meccanismi di
difesa). Comunque questi non sono molto efficaci, non siamo
abbastanza cresciuti per sviluppare difese efficaci. Tuttavia le
rinforziamo, edifichiamo su queste misere fondamenta e sviluppiamo un
autentico modo di vivere che implica evasione, ritiro,
interpretazioni sbagliate, in breve nevrosi. Dopo qualche “tempo”
questo modo di vivere diventa così normale che senza accorgercene
finisce per essere ciò che vogliamo perché è ciò cui siamo
abituati. Possiamo facilmente riconoscere i segni di queste nevrosi,
le nostre piccole inclinazioni nevrotiche, ricordandoci cinque
elementi che caratterizzano questo fenomeno emotivo: fallimento,
paura, amici, stanchezza e divertimento.. Senso di fallimento. Un
persistente segno di fallimento in un soggetto è di solito
accompagnato da depressione, da senso di colpa, dalla consuetudine di
scusarsi. Ciò è particolarmente vero per gli studenti. Coloro che
non vanno bene non si divertono mai: sono preoccupati, spaventati, si
scusano eccessivamente, sono spesso depressi. Paura. una persona che
è disturbata in modo cronico da vari terrori è sconvolta
emotivamente. E più sono irrazionali le paure, più profondo è il
turbamento. Amici. Una persona che non ha mai amici sta manifestando
il desiderio di chiudersi in se stessa. Probabilmente soffre anche di
una certa mancanza di prospettive e alimenta forti sentimenti d’ira
e di ostilità. Stanchezza. essa è facilmente male interpretata.
a
una persona che soffre di stanchezza cronica mette a fuoco la sua
attenzione soltanto su se stessa. Quando ci si sente bene c’è, in
un certo senso, libertà da un condizionamento interiore e ci si dà
da fare per agire. Non si pensa a se stessi; si pensa a ciò che si
deve fare. Quando si è stanchi si è coscienti di ogni giuntura e di
ogni muscolo del corpo, si è proiettati su se stessi. Questo è il
risultato di un errore di prospettiva, di un errore di
interpretazione. Divertimento. Il divertimento è molto importante.
La gente che non si diverte, che è sempre negativa e pessimista, non
ha un ritmo vitale e psicologico equilibrato. Se non ci si diverte
con qualche cosa, vuol dire che si hanno difficoltà emotive. Si sta
vivendo la vita a metà, si sta osservando soltanto il grigio e il
nero e si perdono completamente di vista tutti gli altri colori.
Queste sono le manifestazioni esteriori della nevrosi. Se le
riconosciamo abbastanza presto possiamo bloccare il loro sviluppo, se
non le riconosciamo abbastanza presto possiamo tentare di sconfiggere
la nevrosi con gli strumenti psicologici più vicini alle nostre
esigenze e formazione.
Conclusioni
isturbo
grave dello psichismo che provoca disordini del comportamento.
Tuttavia, contrariamente a quanto avviene nella psicosi, la nevrosi
non è un disagio costituzionale: il soggetto è consapevole del suo
stato e desidera vivamente trovare delle soluzioni. La nevrosi si
manifesta con atteggiamenti e affetti aberranti: così la nevrosi
spinge il soggetto ad adottare dei modi di “vedere” o a prendere
decisioni che vanno contro i suoi stessi interessi. La nevrosi
ossessiva lo costringe ad eseguire tutto un particolare rituale per
scongiurare i timori della polvere, dei microbi, degli oggetti
“minacciosi”. Nella fobia o nevrosi d’angoscia il malato non
può sopportare di trovarsi in un luogo chiuso o di attraversare
spazi aperti. Per Freud tutti questi sintomi sono prodotti da
complessi sessuali che risalgono alla prima infanzia. A. Adler spiega
la nevrosi da fallimento con una deformazione del senso della vita.
Per C.G. Jung si tratta in generale di disturbi dello sviluppo della
personalità. per guarire le nevrosi si ricorre alla cura
psicoterapeutica. Accanto a questi disturbi mentali più o meno gravi
vi sono poi disturbi minori che caratterizzano quelle che vengono
dette personalità nevrotiche. Per esempio, nell’ipocondria il
soggetto si preoccupa in modo esagerato della sua salute,
nell’impotenza o nella frigidità è incapace di provare i normali
piaceri della sessualità … nella depressione, si arrende di fronte
alle difficoltà della vita.
PSiCOSI … non si è più in contatto con la REALTA'
a
maggior parte di noi funziona nonostante il malessere nevrotico. C’è
mancanza di efficienza, c’è angoscia, depressione, ansietà e
altre disagi emotivi, ma procediamo attraverso la mediocrità della
vita e qualche volta anche con maggiore originalità, perché nei
nostri sforzi per spezzare i legami, possiamo trovare soluzioni che
una persona “normale” non prenderebbe in considerazione. Comunque
la psicosi è davvero qualcosa di diverso. Questo è il termine
giusto per definire un autentico trauma. Non un vero e proprio trauma
di nervi tesi, ma un estremo distacco dalla realtà. Spesso lo
psicotico non sa chi è e dov’è. Sente e vede cose che non ci
sono. i suoi errori di interpretazione sono così gravi che il suo
comportamento è del tutto imprevedibile e può nuocere a sé e agli
altri. Ha bisogno di assistenza ospedaliera, ma i mezzi per scoprire
la psicosi sono, purtroppo, ancora oggi limitati. Ci sono molti tipi
di psicosi. La psicosi funzionale, che alcuni psicologi sostengono
sia fisica e anche psicologica, si divide in due grandi categorie. La
prima è conosciuta come schizofrenia. Schizofrenia significa
letteralmente “emotivamente tagliato fuori”. Il vecchio termine
era dementia praecox, che vuol dire pazzia della pubertà; tale
termine era usato perché questa malattia, che spesso colpisce nei
primi anni di vita, fu riconosciuta per la prima volta fra gli
adolescenti. Una delle più sfortunate caratteristiche della
schizofrenia, è che si tratta di una malattia deteriorante.
iversamente da un comune raffreddore che se curato diminuisce in una
settimana, la schizofrenia peggiora se non si interviene. Questo
perché in passato gli ospedali psichiatrici erano pieni di
schizofrenici: la loro malattia non era riconosciuta se non in tarda
età, e da quel momento dovevano essere ricoverati; erano già degli
schizofrenici “deteriorati”. Nessuno sapeva veramente perché
tanta gente era mentalmente malata. Poiché successivamente, gli
strumenti per rivelare i casi di schizofrenia sono migliorati al
punto che, per la prima volta nel secolo scorso, gli schizofrenici
venivano trattati nelle fasi iniziali dei loro disturbi. Ci sono
quattro tipi di schizofrenia. Il primo è sotto il nome di
“schizofrenia semplice”, perché non comporta sintomi secondari.
I suoi sintomi sono una monotonia emotiva, un’eccessiva
tranquillità e il deterioramento delle reazioni. Chi ne è colpito
non è più in relazione con il mondo circostante. Il secondo tipo di
schizofrenia è noto come “ebefrenia”, che è sostanzialmente un
disorientamento dell’emotività. Chi ne è affetto non è
disorientato spazialmente o temporalmente, ma le sue reazioni emotive
sono disordinate. Ascoltando qualcosa di triste, ride scioccamente;
trovandosi davanti a qualcosa di spaventoso, sorride. Il terzo tipo
di schizofrenia, la catatonia, è una forma di totale estraniamento
dal mondo reale. Chi ne è colpito assume posizioni fisse e le
mantiene per lunghissimi periodi di tempo. Può, ad esempio,
inginocchiarsi per pregare e restare inginocchiato all’infinito.
Può nutrirsi da sé, come può essere necessario nutrirlo per via
intravenosa. Ha anche una caratteristica nota come “flessibilità
cerea”. Gli si possono dare determinate posizioni che manterrà per
indefiniti periodo di tempo. La paranoia è il quarto tipo di
schizofrenia. E’ caratterizzata in generale sia da megalomania sia
da mania di persecuzione, e spesso affligge individui veramente
intelligenti e colti. E’ difficile per una persona normale
comprendere come soffra un paranoico. Il disturbo è spesso
accompagnato da esperienze di allucinazioni. Un paranoico, quando
spegne la luce alla sera, può essere convinto che i suoi vicini
stiano affilando i coltelli e aspettino soltanto che si sia
addormentato per venire a tagliarlo a pezzetti. Per il malato è
un’esperienza terrificante, anche se non è altro che una colossale
montatura della sua fantasia.
e psicosi del secondo gruppo più
importante vanno sotto il nome di “psicosi maniaco – depressiva”,
e la loro forma classica è allo stesso tempo maniaca e depressiva:
si alternano stati depressivi con stati di esaltazione. Alcuni
maniaci – depressivi manifestano uno stadio di mania e uno di
depressione; altri sono soltanto depressivi. Il fatto è che nel caso
della psicosi maniaco – depressiva, come in ogni psicosi o nevrosi,
la DIFFERENZA fra stato di salute e stato di malattia è più una
questione di grado che di genere. Tutti noi possiamo essere
alternativamente di buono o di cattivo umore, e spesso lo siamo; ma
nel caso delle psicosi maniaco – depressive gli stati d’animo
sono così estremi che il soggetto deve essere calmato nei periodi di
agitazione e stimolato nei periodi di depressione. Inoltre,
nonostante noi tutti subiamo oscillazioni di umore, poiché siamo più
equilibrati degli psicotici i nostri umori sono di gran lunga più in
relazione con la realtà, con ciò che accade intorno a noi. Vi sono
anche molte psicosi organiche che sono il risultato di una lesione al
cervello e al midollo spinale. Vi sono psicosi che derivano dall’uso
della droga, dall’uso degli alcolici e così via. Le psicosi più
comuni, comunque, sono psicologiche o di comportamento piuttosto che
organiche, e somigliano alle nevrosi di cui abbiamo già discusso.
Conclusioni
l
termine psicosi, a lungo sinonimo di “follia”, designa una gran
varietà di malattie che alterano profondamente la personalità.
Queste gravi malattie sono spesso di origine organica. Il concetto di
psicosi ci riporta a quello di alienazione: sono falsati i rapporti
del soggetto con se stesso, con gli altri, col mondo esterno; al
malato è impossibile trovare il modo di ristabilire questi rapporti,
il suo universo è irreale, le prospettive sono profondamente
deformate. Poiché l’eziologia delle psicosi è incerta, la loro
classificazione si fonda soprattutto su caratteri comuni. Tutte le
psicosi sono caratterizzate da un crollo del reale e dalla comparsa
d’un mondo delirante. Mentre l’Io del nevrotico rimane legato al
reale, l’Io dello psicotico è colpito da una disorganizzazione
progressiva, che spesso colpisce l’immagine del suo corpo.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
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