PERSONALITA' DEPRESSIVA (male oscuro)
na sofferenza del tutto involontaria … un vissuto di ricatti, un affetto pagato con il sacrificio e schiacciato da richieste, aspettative, imposizioni … il depresso proprio per il suo infinito bisogno d’amore nei rapporti è petulante, disfattista, insoddisfatto, noioso e passivo: oltre a colpevolizzarsi … è un vero e proprio “demolitore”: ogni cosa sembra perdere senso … è importante mantenere in equilibrio i due emisferi cerebrali (si veda il Test sull’emisfero dominante): le capacità di analisi - sintesi (emisfero sx: razionale) e la creatività (emisfero dx: emotivo) … uno stato utilizzato dal corpo per “fermare” quando l’esistenza non esprime le vere potenzialità, un percorso di vita inadeguato e si rinuncia a se stessi: dice di ritrovare il proprio spazio.
a
depressione, semplificando di parecchio a livello descrittivo e
teorico, può essere divisa in monopolare (l'umore è
costantemente basso, il ciclo sonno - veglia alterato e
importante rallentamento psicomotorio) e bipolare (con toni
dell'umore che passa da alti a bassi: sintomi depressivi e
maniacali, tristezza delusione e angoscia alternati a euforia,
loquacità, irrequietezza e idee di grandezza). Abbiamo anche
altre versioni:
Reattiva. '
un tipo di depressione che prima o poi tutti la sperimentano,
perché è legata agli eventi della vita (lutto, delusione,
fallimento economico, solitudine, malattia). In questo caso è
una reazione alla perdita di qualcosa, di qualcuno o di un
ideale. Strettamente collegata ad una situazione dolorosa di
perdita in conseguenza della quale l'umore crolla verso il basso.
Caratterizzata da instabilità emotiva, ansia e insonnia.
Mascherata.l
suo modo di manifestarsi può ingannare, in quanto il malessere
psicologico è nascosto da sintomi fisici. Una cefalea
persistente, oppure una S.P.M. Dolorosa (sindrome
pre mestruale: S.P.M.) spesso nascondono una depressione.
L'originalità di questa forma depressiva sta nella difficoltà
di riconoscerla. L'atteggiamento relazionale varia a seconda
della situazione in cui ci si trova, senza particolari sbalzi
d'umore. Le fantasie e i sogni sono rari e legati ad eventi della
giornata. Il disagio si avverte con diversi sintomi fisici:
insonnia, nausea, dolori all'apparato locomotore e dell'apparato
cardiocircolatorio. Il soggetto che ne soffre ricorre
continuamente a visite specialistiche ed esami clinici sempre più
sofisticati, per avere una diagnosi che diventa impossibile
seguendo la strada della patologia organica. Non
esistono esami di laboratorio, prelievi di sangue, radiografie o
esami istologici che possono aiutare a diagnosticare questo
malessere depressivo. ... è un disagio che non si vede ad occhio nudo ... non si vive più in funzione di se stessi ma sempre in funzione dell'opinione altrui ... si giustifica continuamente le proprie azioni e si è sempre accompagnati da un intenso bisogno di essere approvati. Endogena.'
forse la forma più grave ma per fortuna più rara. Alla base c'è
sempre un grave disturbo della personalità che fa sprofondare il
soggetto in uno stato malinconico importante e in una apatia
catatonica, paralizzante. Il Chakra
coinvolto è il sette. La Depressione monopolare'
uno stato emotivo caratterizzato da tristezza, scoraggiamento,
disperazione, un abbassamento generalizzato della vitalità e
perdita del gusto di vivere: una condizione che influenza la
mente, il corpo e il comportamento. La vita appare grigia noiosa,
in bianco e nero, priva di sapori, di una trama … davvero
insensata, ogni attività diventa un peso, anche quella che un
tempo era motivo di entusiasmo e di divertimento ... ore per
vestirsi o per prepararsi semplici spuntini. Una
trasformazione peggiorativa dell'umore e degli affetti, un
pessimismo che porta all'immobilismo o all'irrequietezza
accentuata. Diventa faticoso portare avanti le attività consuete
elementari e gli atteggiamenti dominanti sono quelli della
rinuncia, della preoccupazione e della inadeguatezza …
schiacciati letteralmente da piccole
responsabilità della vita quotidiana . Per alcune persone
diventa uno sforzo persino a mangiare mentre per altre il cibo è
un sollievo: ingoiano voracemente di tutto,
soprattutto dolci e alimenti ad alto contenuto calorico. I
sintomi che dominano questo quadro clinico sono: sentimento
di tristezza e pessimismo, scarso interesse per il futuro,
svogliatezza e perdita di interesse, chiusura in se stessi,
diminuzione dei rapporti sociali, modificazione dell'appetito,
alterazione del ritmo del sonno, irrequietezza e diminuzione di
ogni attività, difficoltà di concentrazione, di assumere
decisioni e responsabilità, senso di inutilità o di colpa,
pensieri tetri, di morte o di suicidio. Tale fenomeno
mentale acuto, infatti, implica rallentamento del pensiero,
diminuzione del senso di piacere (anedonia), sensi di colpa,
avvilimento, disperazione, apatia, disturbi alimentari e del
sonno. Sensazioni corporee spiacevoli con vere e proprie
somatizzazioni … testimonianza fisica
della sofferenza (sensazione di vuoto interiore, di
oppressione allo stomaco, problemi intestinali). on solo l'umore
costantemente triste è un sintomo rilevatore ma anche le lacrime
facili (la commozione arriva troppo facilmente, si piange per un
nonnulla), il vuoto mentale (si è assenti, il pensiero vaga
senza meta, colmi di sensi di colpa), la svogliatezza (la
stanchezza diventa cronica, tutto diventa faticoso) e
l'indecisione (ogni scelta, anche la più banale, diventa una
impresa titanica). Come abbiamo potuto vedere, il nucleo centrale
della depressione consiste in una marcata deflessione del tono
dell'umore e solo se alcuni sintomi sopraelencati si manifestano
insieme quotidianamente, per un periodo di tempo relativamente
lungo, causando disagio notevole possiamo considerarla tale.
L'attività mentale (fisica) può essere
sia molto accelerata sia rallentata . A volte è presente
una agitazione molto fastidiosa in cui sembra davvero impossibile
riposare: stare seduti o fermi. Poi si è sempre stanchi e privi
di energia: alzarsi al mattino è
un'impresa davvero difficile, richiede uno sforzo enorme
(iniziare la giornata è un'impresa davvero difficile), sembra di
non aver riposato per niente. In queste condizioni non si
è in grado di far fronte alle piccole attività domestiche o
quelle lavorative: tutto viene
trascurato, anche la cura e l'igiene personale perché manca
completamente l'energia. L'autostima è sotto terra,
l'autosvalutazione non manca mai come ingrediente principale
dell'umore basso, ci si sente in colpa per ogni cosa, anche di
cose che sono al di fuori delle proprie competenze ... di
essere responsabili persino della propria malattia. a
mente è a dir poco paralizzata, confusa ed annebbiata,
l'attenzione sull'attività lavorativa è inesistente e
ballerina, perché i pensieri sono tutti concentrati sul proprio
senso di inutilità, di rammarico e di autosvalutazione … è
presente una profonda incapacità di futurizzarsi. A volte
sembra manifestarsi senza motivi e tanto meno una spiegazione
razionale ... pare davvero un'affezione invisibile. Ma per i più
attenti non può passare inosservata perché il soggetto è
sempre triste, sfiduciato, cupo, senza speranza, non desidera
nulla e, soprattutto, perde il senso delle cose. Oltre a sentirsi
colpevole e sacrificarsi per ogni cosa, non credere in se stesso,
di non valere nulla e con un'autostima completamente azzerata,
pensa che nella sua esistenza nulla si possa cambiare e che
nessuno lo possa aiutare. Questa è la vera difficoltà per ogni
professionista a far uscire il depresso dal proprio "pantano"
esistenziale. La depressione trova nell'atmosfera familiare un
terreno predisponente. Un buon rapporto con la figura di
riferimento sereno, una vera accettazione, una adeguata
sensibilità ai segnali del piccolo, allontanano la struttura
depressiva. Con tali atteggiamenti di confidenza e di intimità
il bambino si sente rispettato, rassicurato ed amato, non avrà
nessun dubbio sul suo valore ... può iniziare con sicurezza il
proprio cammino evolutivo. Un punto di riferimento assente,
rifiutante o insufficiente, scostante, assente, freddo e duro nei
modi, inculcherà nel bambino il "sospetto" di non
essere amato, indegno di affetto, stima e considerazione ... non
rispettando le fasi evolutive il bambino si troverà davanti
sempre compiti e situazioni non adeguate alla sua età. Tale
fenomeno creerà disistima e una personalità poco solida,
convincerà il bimbo di non essere in grado di fare niente, ogni
cosa che farà sarà un fallimento e così l'unica cosa che sa
fare veramente bene è rinunciare. nche la figura di riferimento
iperprotettiva fa danni simili ... si sostituisce al bimbo
bloccando ogni suo azione o iniziativa ... un bambino privato di
ogni esperienza diventa insicuro, fragile, inadeguato e incapace.
Possiamo concludere sottolineando i principali sintomi che
denunciano tale affezione. Il depresso si sente inutile, ha una
visione pessimistica della vita e del futuro, rinuncia facilmente
e non elabora più progetti. Perde la stima
di se stesso, può sentirsi colpevole o svalutarsi (disistima).
Non ha più alcun interesse, pensa alla morte, se non al suicidio
in maniera ossessiva. I pensieri e le azioni sono rallentati. La
memoria è fallace, non riesce a concentrarsi, a prendere
decisioni. Il passo è lento e faticoso, il viso
fisso e triste. Il movimento fisico lento è spesso
mascherato da agitazione e tensione, che esprimono una grande
ansia. Altri sintomi, meno specifici, possono arrivare a
manifestare una vera depressione: l'abuso
di alcol o di tranquillanti, problemi dell'alimentazione -
perdita di appetito o bulimia - sonno disturbato, risveglio
precoce o insonnia, grande stanchezza al mattino e tende a
scemare a fine giornata. In altri casi, la sofferenza
morale assume l'aspetto di un dolore somatico: aumento
o comparsa i dolori alla schiena, disturbi digestivi, mal di
testa, stanchezza cronica. La depressione è allora come abbiamo
già visto "mascherata" da uno o più sintomi fisici.
Tale malessere continua a persistere malgrado esami clinici
spesso particolarmente approfonditi e vari trattamenti
sintomatici. In genere scompaiono quando si identifica l'origine
mentale, relazionale, affettiva. ristezza
invincibile, deprivazione, abbandoni, perdita traumatica, storie
negative di indifferenza, di infelicità e di insicurezza,
rassegnazione, stoicismo e autosacrificio, separazioni
irreparabili, incapacità di provare piacere (anedonia), mancanza
di energia, disturbi vegetativi (sonno, alimentazione): ecco cosa
si nasconde dietro il vero dramma depressivo … persone che
avendo subito una preziosa perdita hanno una grande necessità di
essere “nutriti” emotivamente: troppo sensibili
all’abbandono, non tollerano assolutamente la solitudine … si
sentono malvagi, poco interessanti, privi di valore, disperati e
alla deriva … spesso “gestiscono” le loro sofferenze con
vere e proprie attività filantropiche, aiutando gli altri
attraverso ammirevoli iniziative sociali, in questo modo -
facendo del bene - riescono a tenere sotto controllo il senso di
colpa e mantenere in equilibrio la propria autostima … sono, a
dir poco, terrorizzati e angosciati al solo pensiero di non
essere amati, accettati e rifiutati … Seneca nel suo bellissimo
saggio “La brevità della vita” mette in guardia i
“filantropi” che se si concentrano troppo nel dare agli altri
(per compensare una loro carenza) corrono il rischio di
allontanarsi da se stessi, di rimanere senza “risorse”, di
perdere la propria identità. o
sapevate che l’olio essenziale di Rosa, oltre a calmare,
stimola in profondità le emozioni … utile per “gestire” le
arrabbiature (un paio di gocce in un fazzoletto, aspirare l’aroma
e via), mentre l’olio essenziale di Neroli aiuta a far
emergere quel mondo emotivo che tendenzialmente si cerca di
tenere ben nascosto e che dire, in questo particolare stato di
stanchezza, dell’olio essenziale di Rosmarino che rende lucidi
e più decisi, non meno importante è l’olio essenziale di
Melissa che stimola a ritrovare l’amore per la vita, poi c’è
l’olio essenziale di Mandarino che porta un senso di protezione
e sposta l’umore verso l’asse della serenità. |
DISISTIMA ... la posizione del "perdente"
a
disistima esprime una valutazione di sé in negativo, una
convinzione profonda di non avere valore e, soprattutto, di non
essere mai all'altezza degli impegni quotidiani: anche quelli più
semplici e banali. Un individuo che si considera complessivamente
incapace, poco importante e per niente efficiente: regna
l'incertezza e domina la sfiducia nelle proprie risorse. Si
pensa, in ogni caso, di non meritare, nel mondo, un proprio
spazio, il giusto piacere, le normali gratificazioni e il dovuto
apprezzamento. La persona che si svaluta in
continuazione è prigioniera di se stessa, si avvita su se stessa
e pensa di non meritare mai un amore speciale.
Fondamentalmente non si accetta, ha paura del rifiuto e della
critica, interpreta male le sue stesse esperienze e si aspetta
che ogni cosa possa trasformarsi in catastrofe. Vede troppe cose
sbagliate in se stessa ed è perennemente spaventata al solo
pensiero che gli altri giungano a vedere nel suo intimo, che
possano rivelare qualche sua imprecisata e oscura "debolezza". pesso questa convinzione si radica a tal punto che diventa realtà. Un soggetto perennemente tormentato dal senso di inutilità e completamente paralizzato dal chiodo fisso di non farcela, per lui, godere della vita, diventa davvero un lusso. E' sempre tenuto al palo nel nome del: "Tanto io non ce la posso fare" oppure "Queste cose capitano sempre e solo a me". Se siamo convinti di non farcela, di non essere abbastanza forti, di essere peggiori o inferiori, si avrà sempre paura di sbagliare e, quindi, prenderà corpo la convinzione di essere inadeguati ed inutili ... si arriverà davvero secondi al traguardo della vita. E' un modo di pensare che, oltre a dare un voto negativo a se stessi, modella completamente l'immagine che si ha della propria personalità … quel che pensiamo di noi stessi secondo una visione fallimentare. Dopo tanto tempo, questo modo di vivere diventa così "normale" che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo perché è l'unico stile di vita a cui siamo abituati. Le persone che attivano abbastanza spesso questo modo di pensare - coinvolgendo i soliti circuiti cerebrali - si abituano a vivere meno bene, dal momento che si attendono che le cose vadano male … come fossero spinti da una dedizione al fallimento, alla frustrazione e all'infelicità. In tal modo, vengono privilegiati schemi di ragionamento che equivalgono all'attivazione dei soliti circuiti nervosi, cui seguiamo senza mai metterli in dubbio. Questo fenomeno può avvenire, con sfumature diverse, in ogni settore della vita: sociale, educativo, familiare, lavorativo e relazionale. Così, pian piano, si comincia a pensare di essere meno "intelligenti" degli altri e facilmente si cade nell'abitudine di prendere dalla vita solamente il minimo di ogni cosa e di aspettarsi molto meno del dovuto ... giudizio distorto prodotto dalla propria insoddisfazione e tenuto in vita da un povero concetto di sé. Chi è in questo stato emotivo critica gli altri, si lamenta del mondo intero, si chiude in se stesso, si butta a capofitto sul lavoro (non perché è "bravo" ma per impressionare e farsi accettare), si profonde in continue scuse e non ride mai. L'immagine che abbiamo di noi stessi si forma lentamente e sottilmente attraverso un'intera storia di accettazione e di rifiuto di cui facciamo esperienza nel crescere. L'immagine "povera" è modellata dal tempo, generalmente non siamo consapevoli di ciò che è o di come ci predispone a guardare noi stessi o il mondo circostante in cui dobbiamo vivere (quando il mondo diventa un posto infelice è perché siamo infelici noi!). Una volta che questa immagine si è consolidata, facciamo ben poco per essa tranne giustificare le nostre percezioni, i nostri comportamenti, i nostri giudizi e noi stessi. Facciamo ciò anche se siamo infelici … come se avessimo inserito il pilota automatico. a disistima, inoltre, a seconda della sua gravità, influenza il corpo con somatizzazioni che vanno dal mal di pancia al mal di testa, dalle vertigini al malessere cutaneo. Cosa fare. La disistima, sappiamo, è
diffusa come un comune raffreddore, ma è più difficile a
riconoscersi e a guarirsi ... grazie a quel famoso meccanismo
difensivo che sono sempre gli altri ad essere "strani"
(il primo passo verso il benessere, infatti, è proprio quello di
riconoscere la necessità di un cambiamento). Una disposizione
interiore che spinge ad agire in un certo modo e che diventa la
vera causa di turbamento. Non esiste una formula immediata per
ottenere un migliore benessere, ma ci sono alcune cose che
possiamo fare e che ci indirizzano verso un adattamento più
vantaggioso. Non si tratta di essere presuntuosi o vanagloriosi,
ma semplicemente non ci si deve svalutare … è
meglio valutarsi sempre un pochino in più (a proprio favore)
piuttosto che denigrarsi. Sbarazzarsi, inoltre, dell'ombra
onnipresente di inutilità depositata dentro di noi, con l'aiuto
magari di uno psicoterapeuta, è un altro passo fondamentale. Non
dobbiamo poi dimenticare che godere appieno la vita migliora
l'immagine che ci facciamo di noi stessi. ì,
è vero, la depressione non arriva mai con “trombe e tamburi”
ma prima di travolgerci vuole attenzione, si annuncia con
“delicati” e silenziosi segnali come: apatia, noia,
stanchezza, anedonia, perdita di interessi, fragilità emotiva,
malessere diffuso, facilità a contrarre malattie, quello che si
fa appare senza senso, difficoltà a prendere decisioni
… ATTENZIONE, se diventa uno stile di vita, opporsi a questi
segnali preziosi o ignorarli completamente la rendi più forte,
diventa - indebolendoti e togliendoti ogni energia - la sola
protagonista della tua vita. |
SUICIDIO … quando la morte diventa l’ultima salvezza
volte ci si può sentire senza speranza per il futuro e, quindi,
si vorrebbe scomparire, morire per non doverlo affrontare. Le
forme leggere di ideazione suicidaria comprendono, infatti, il
semplice desiderio di scomparire, di non risvegliarsi
all’indomani, di essere vittima passiva di un crimine o di un
incidente. In generale, per fortuna, il tutto finisce qui, non ha
un seguito funesto, ma qualche volta purtroppo queste fantasie
vanno oltre e il soggetto si concentra ossessivamente sulla
realizzazione di tale gesto; il passo successivo consiste nel
dare inizio a un rituale, a una serie di preparativi che portano
a togliersi volontariamente la vita. E’ l’unica condotta
distruttiva in cui aggressore e vittima s’identificano. Anche
se il suicidio è una scelta estrema, ci sono sempre
segnali (atteggiamenti, modi di pensare, comportamenti)
che anticipano tale fenomeno, è inutile
dire che il tutto è stato improvviso, tutto funzionava a
“meraviglia” e che non c’era assolutamente niente di
inconsueto ... non è vero! lcuni individui, per fortuna,
sono talmente spaventati dei propri pensieri suicidari che sono
spinti a cercare un aiuto qualificato. Altri, al contrario, sono
talmente confortati dall’idea che la morte sia l’unica
“salvezza”, che diventa un asso nella manica per sfuggire
alla sofferenza e alla profonda disperazione. A differenza di
quanto accade per altre patologie organiche (diabete, tumore,
polmonite, ipertensione) non esistono
purtroppo esami clinici, prelievi di sangue, culture batteriche,
radiografie che possano aiutare ad anticipare il suicidio.
In questo particolare periodo storico la percentuale dei suicidi
si è quasi triplicata tra gli adolescenti, giovani adulti e
anziani. Non esiste al momento nessuna teoria che presa
singolarmente possa spiegare tale fenomeno e le statistiche
ufficiali sono spesso inesatte e confuse; molti e svariati
disturbi psichiatrici possono culminare nel tragico gesto
autosoppressivo. La cosa certa è che tutti gli individui che si
uccidono, nei mesi precedenti al tragico gesto, sono passati
attraverso situazioni di grave crisi: divorzio, disavventure
economiche, difficoltà legali e professionali, cambiamenti di
attività lavorativa, pensionamento, nascite indesiderate,
instabilità della vita moderna. Non è da sottovalutare, come
ulteriore fattore di rischio, un conflitto intenso e protratto
nel tempo con i membri della famiglia o con altre figure ritenute
importanti dal punto di vista affettivo. Il significato varia a
seconda della civiltà e la personalità dei soggetti. Spesso il
suicidio viene messo in atto come rivalsa o vendetta
“soddisfacente” nei confronti dei genitori oppure, in maniera
analoga, il partner può essere, paradossalmente, il bersaglio
del suicidio. n alcune culture può essere comandato da una credenza (sacrificio, suicidio d’onore). Può trattarsi anche di un gesto logico, quando il soggetto è convinto che non c’è nessun altro modo per sfuggire ad una situazione che giudica senza soluzioni. Ma quasi sempre, se non si è sotto l’effetto di droghe, è connesso ad un disordine psicologico particolarmente importante. Alcuni non ce la fanno più, non riescono a pensare in maniera razionale oppure provano sentimenti di vergogna, di solitudine e di abbandono. Si verifica di frequente nei temperamenti melanconici, nelle persone affaticate in preda ad una profonda depressione, nei deliri di autoaccusa, negli stati allucinatori. I pensieri suicidari, contrariamente a quello che si pensa non sono ereditari, scaturiscono da una potente distorsione cognitiva determinata da una forte depressione: il futuro sarà doloroso e tetro come il presente, si perde la realtà dei fatti, tutto si colora di grigio scuro. Il rischio di autosoppressione è più alto quando si comincia a stare meglio e non quando si attraversano i momenti di disperazione profonda: quando si sprofonda nella sofferenza e si è nel culmine della depressione non si ha la forza necessaria tanto meno la prontezza decisionale necessaria per darsi la morte; man mano che il soggetto migliora, invece, anche se è privo di lucidità, sviluppa energia per realizzare il gesto folle. ssere comunque consapevoli di non avere una visione realistica delle situazioni, di avere la capacità di pensiero compromessa dalla patologia, di vedere le cose peggiori di quanto non siano in realtà può sicuramente salvare la vita. Una cosa fondamentale è che quando si ha un familiare con queste problematiche non si può affrontare la situazione da soli (l’aiuto dello specialista è fondamentale). Disponibilità, affetto e comprensione purtroppo non bastano a proteggere le persone con tendenze suicide. Le persone con condotta distruttiva, il più delle volte, sono completamente esaurite dalle loro sofferenze e dalle loro emozioni al punto tale che non sono in grado di apprezzare quanto c’è di buono nella loro vita o di concentrarsi, magari, sui sentimenti di chi li ama. Proprio per queste ragioni è opportuno non elargire consigli banali ed evitare di elencare una lista di buoni motivi per continuare a vivere. Mai criticare o esprimere sentimenti di valore, soprattutto non dare assicurazioni che si sentirà sicuramente bene tra non molto; risulta più produttivo suggerire soluzioni o alternative ai vari problemi, incoraggiando azioni positive e realistiche. Un individuo che abbia più volte manifestato intenzioni suicide non dovrebbe accedere ad armi di nessun tipo. Anche se non agisce in forma terapeutica, ma crea sicuramente un contatto, è opportuno tenere sempre a portata di mano una rosa di numeri telefonici del pronto soccorso, del medico o quello del servizio di emergenza per suicidi; anche un elenco di familiari in grado di dare appoggio immediato può risultare utile e vantaggioso. |
LA TENTAZIONE ESTREMA … il suicidio adolescenziale
a
seconda metà del ventesimo secolo vede svilupparsi, in tutti i
paesi industrializzati e non, un fenomeno a dir poco inquietante:
un numero sempre crescente di giovani mette la propria vita a
repentaglio, e questo in proporzioni mai raggiunte. Tale gesto,
in alcune aree geografiche supera gli incidenti stradali come
numero di decessi annuali (gli incidenti stradali e il suicidio
rappresentano oggi le due cause principali di morte giovanile).
Questa situazione paradossale colpisce e disorienta tanto più in
quanto contrasta nettamente e dolorosamente con la felice
considerazione secondo cui, in questo “fantastico” periodo
storico, il confort materiale e le aspettative di vita non hanno
mai conosciuto un simile benessere (progresso). Ogni suicidio o
tentato suicidio è sicuramente espressione di una vicenda
drammatica che si concretizza sulla scena di una profonda
disperazione interiore. Il dramma del
suicidio adolescenziale, sempre complesso ed enigmatico,
oltre a sfuggire in gran parte alla coscienza stessa del
soggetto, si intreccia e si presta continuamente a svariate
spiegazioni: fattori personali, familiari,
malattia, precarietà delle condizioni sociali, perdite
affettive, convinzione di essere trascurati o abbandonati,
percezione di un’immagine alterata di sé nello sguardo altrui. nche comportamenti patologici, però, rigorosamente connessi fra loro come etilismo, tossicomania, bulimia e anoressia, possono essere una ulteriore tentazione all’azione estrema. Nonostante vi siano diverse ipotesi interpretative, un’infinità di moventi possibili, rimane sempre, in ogni caso, impossibile identificare a posteriori una causa scatenante univoca. E’ bene comunque precisare, proprio per evitare preconcetti particolarmente diffusi, che nessun fenomeno sociale (o psichico) preso singolarmente (isolatamente) può rendere conto o spiegare completamente tale comportamento autosoppressivo. Infatti, un evento doloroso può rappresentare, come in qualsiasi altra persona, un fattore scatenante o aggravante, ma mai la causa esclusiva di un gesto suicida. Ciò che deve essere preso in esame sono le dinamiche globali (specifiche di questa età non solo di sofferenza ma anche di sviluppo) di un mondo psico – sociale pieno di conflitti ed in continua trasformazione. La cosa certa è che prima di passare all’atto, come ogni essere umano in pericolo, il giovane lancia segnali di sconforto (anche di rottura: fuga, nervosismo con esplosioni improvvise, insonnia, violenza, ubriachezza) difficile quasi sempre, purtroppo, da decodificare. Il segnale (non completamente esplicito, a volte veramente incomprensibile) è sempre mascherato perché il giovane teme in maniera esagerata la critica, magari di non essere capito completamente da parte di un adulto e, quindi, deriso o addirittura di essere considerato pazzo. Lo sviluppo e l’estendersi, pertanto, di questi segnali indicano non la certezza ma, sicuramente, un alto rischio di passaggio all’atto. Sapere comunque che una certa inquietudine e profondi sconvolgimenti psicofisici danno vita ad una adolescenza movimentata non significa per questo che certe sofferenze non possano essere contenute, superate e risolte. ontrariamente a quello che si pensa, proprio perché è un processo evolutivo anche costruttivo e non solo di sofferenza, molti giovani in crisi riescono (a volte da soli, altre volte con i genitori oppure con un esperto che conosca perfettamente le dinamiche emotive dell’adolescente) ad uscire “rinforzati” da tale situazione di smarrimento. Un altro aspetto significativo negli adolescenti che tentano il suicidio – pur essendo sempre un atto patologico – è quello di non appartenere ad un quadro clinico particolarmente grave. E’ raro, infatti, trovare la vera “follia psicotica”; è presente, sicuramente, un meccanismo psichico morboso privo, però, di analogie con il disturbo mentale. E’ indubbio, comunque, che molti di essi presentano - più frequentemente di quanto in genere non si pensi - disturbi accentuati di natura ansiosa e depressiva da richiedere, a volte, immediate cure specialistiche. Tali condizioni tuttavia, molto spesso, vengono sottovalutate (non sempre sono percepite come segnali d’allarme che precedono la crisi) ed etichettate grossolanamente come momenti passeggeri stressanti piuttosto che angosce e sentimenti depressivi profondi. Questo atteggiamento non solo è dannoso per la reale presa di coscienza di questo problema ma, soprattutto, perché esclude un adeguato e tempestivo consulto medico – psicologico. osa fare. L’incomunicabilità, il malessere, l’estraneità del proprio corpo, i rapporti conflittuali in famiglia sono stati d’animo cui tutti gli adolescenti, in misura più o meno intensa, volenti o nolenti sperimentano, inevitabilmente, durante il loro percorso evolutivo. Ma in alcuni casi, purtroppo, la strada travagliata verso quella età definita “adulta” conosce anche comportamenti lesivi ed autolesivi, che vanno dalle fughe, le condotte violente, la tossicodipendenza fino alla tentazione estrema di togliersi la vita. Gli stessi adulti, il più delle volte assistono impotenti ed increduli a questi drammatici lenti naufragi, senza sapere come affrontare il problema che, per nessuna ragione, si dovrebbe drammatizzare ma nemmeno banalizzarlo. In questo modo è necessario mettere a fuoco (discutere) le dinamiche interpersonali senza eccessive ed inutili colpevolizzazioni: ascoltare senza esprimere giudizi di valore e nemmeno esercitare volontà di censura, ma nemmeno una eccessiva e distruttiva condiscendenza. In breve, valutare con estrema lucidità la possibilità di un intervento personale o la necessità di un intervento qualificato e specialistico. In presenza di manifestazioni particolarmente drammatiche, gli adulti non devono rimanere inerti. Nessun ragazzo in difficoltà sarà sorpreso (o rifiuterà) se gli si comunica l’inquietudine suscitata dal suo comportamento o dalle sue parole. splorare i fattori critici, le origini, evidenziare
i segnali d’allarme che precedono le crisi, illustrare le
tipiche reazioni dell’ambiente familiare non può far altro che
stimolare nuovi modelli di relazione, instaurare un nuovo clima
di confidenza comunicativa e salutare distanza. Una problematica
complessa come quella del suicidio adolescenziale non può
accontentarsi di risposte semplicistiche. Il compito principale,
pertanto, sarà quello di “accompagnare” (condurre)
l’adolescente a scoprire (cogliere) il significato della sua
drammatica sofferenza: si possono trovare
soluzioni solo su ciò che si è compreso. In questo modo,
sapere di che cosa si soffre non soltanto placa l’angoscia che
ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci alternative alla
rassegnazione e alla disperazione. |
Quando il figlio ha un disturbo depressivo
ra i più piccoli, i più significativi campanelli d’allarme che preannunciano i tratti depressivi sono gli eventi negativi della vita, quali il divorzio dei genitori, deprivazioni, violenze e lutti. Mentre tra i ragazzi più grandi esiste una diversa vulnerabilità altrettanto importante: quale la capacità cognitiva di gestire ed interpretare autonomamente ciò che accade. I soggetti che tendono a colpevolizzarsi perché si ritengono stupidi (collegano il proprio profitto scolastico non all’impegno scarso ma sempre alla loro mediocre capacità, anche quando hanno un’intelligenza molto profonda) o quelli pessimisti, convinti che il futuro riserverà loro solo esperienze negative, sono destinati a sviluppare depressione. Questi soggetti, a prescindere dall’età, sono particolarmente irritabili ed estremamente autocritici. Come avviene nel mondo degli adulti, le cause depressive nei giovani sono complesse e, soprattutto, ci sono fattori diversi che esercitano una certa influenza a seconda dell’età. A volte tale disagio si manifesta in seguito a uno stress prolungato, di estrema gravità o a una perdita traumatica, esperienze che non lasciano scampo, portano a profondi sentimenti di impotenza e disperazione. La depressione si sviluppa comunque in coloro che, sin dalla più tenera età, sono stati sotto la dipendenza degli altri; in essi predominano i successi facili perché sono sempre sotto la completa protezione di figure di riferimento. E’ un insieme di sentimenti di tristezza, disperazione, perdita nel vero senso della parola del gusto di vivere. I depressi tentano sempre di appoggiarsi agli altri e di forzarli a sottomettersi a loro, facendo delle allusioni esagerate riguardanti la loro personale incapacità. E’ il caso di chiedere un aiuto qualificato per il ragazzo quando sono presenti, in maniera continuativa, i seguenti atteggiamenti o comportamenti: non ha più nessun interesse per le cose che un tempo preferiva, è sempre triste, demoralizzato, annoiato e irritabile, il peso corporeo è altalenante, agitato e irrequieto, si isola in maniera continuativa, il profitto a scuola è scadente, si finge malato per non andare a scuola o a qualche attività sportiva, polemizza su tutto, piange spesso per cose futili, dorme molto più del solito e si alza stanco, manifesta frequentemente sentimenti di disperazione.
TRISTEZZA … la grande oppressione
n dramma che spesso emerge quando il vissuto è costellato da continue delusioni e, a livello sociale, ci si ostina a tenere in vita rapporti sbagliati, soffocanti che mortificano la propria personalità perché vissuti con un senso di estraneità e di distacco (dire sempre “sì” favorisce le relazioni malate); si è perso, da tempo, il piacere della relazione, dell’autonomia e il senso vero dell’autenticità. Si perde il comando della propria esistenza, si diventa gregari, non più protagonisti ma solo comparse della propria vita, lasciando in tal modo che il “personaggio fasullo” che si incarna decida e prenda il sopravento nella guida del proprio destino: lentamente, per il quieto vivere, per la paura di sbagliare, si sta rinunciando alla vita e ai propri desideri, lasciando il comando a quel “censore” interno che pilota i vari comportamenti, al proprio “stile di vita” o a un modello di vita rigido disegnato da altri. Quante idee e convinzioni, infatti, non ci appartengono in maniera genuina, ma piuttosto arrivano dall’interiorizzazione di dettami dell’infanzia. Quando finisce l’infanzia, però, questi dettami non sono “evaporati” ma inesorabilmente si sono concretizzati in stili di vita, modi di reagire e schemi mentali (tratti che caratterizzano la personalità, unica ed irripetibile). La sofferenza di chi è triste è talmente evidente, palpabile e visibile che per i non addetti ai lavori, i termini “tristezza” e stato “depressivo” sono diventati praticamente sinonimi. Nonostante il soggetto abbia la sensazione di essere colpito pesantemente dal “malocchio”, di essere sfortunato, angosciato dal male e dall’ingiustizia, difficilmente manifesta in maniera spontanea un sentimento di rabbia o di frustrazione: non esprimersi mai e non cancellare ogni negazione dal proprio linguaggio verbale indebolisce e fa ammalare (spegnendo la vita si tiene a bada anche la rabbia). La persona triste, paradossalmente, suscita facilmente negli altri grande ammirazione e particolare simpatia. Ciò è dovuto al fatto che essa, proprio perché difficilmente esprime sentimenti di rabbia e giudizi di valore, appare in ogni momento generosa, sensibile e comprensiva verso le manchevolezze altrui.
ome la psicosomatica insegna, anche il sentimento di tristezza può influenzare il corpo (spia del malessere). Uno stato emotivo piuttosto intenso, infatti, se non ascoltato, può caricare di stress l’organismo e impedire, attraverso uno squilibrio bio – chimico, all’organismo di funzionare come dovrebbe realmente. Quando l’umore diventa ballerino, infatti, sarà il corpo a farne le spese attraverso: l’apparato muscolo – scheletrico (mal di schiena, cefalea), l’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, ipertensione), l’apparato respiratorio (asma, raffreddori frequenti), il dolore allo stomaco (ulcera), il calo del desiderio sessuale (impotenza generale), il sistema immunitario (più esposti a malattie). Cosa fare. Il benessere (la voglia di vivere) si ritrova facendo leva su quel gigantesco serbatoio di risorse interiori che ognuno possiede e a cui, stranamente, non si presta mai abbastanza attenzione (si è incapaci di attingere): desiderio, passione, divertimento, piacere. Quando ci si sente sfortunati, spenti, colpiti da una perdita, delusi o vittime di una ingiustizia immotivata, lasciarsi coinvolgere in qualcosa che dia veramente una svolta e un senso alla vita è la prima strategia comportamentale da mettere in cantiere (da soli quando il fenomeno è leggero o, se si vuole, con uno psicoterapeuta quando la situazione è piuttosto significativa, confusa ed invalidante). Si ricorda, inoltre, che la condizione di tristezza non può essere cancellata magicamente con il “pensiero positivo” o con la “forza di volontà”, perché se il processo razionale è errato o disturbato anche il suo prodotto porta inevitabilmente a conclusioni fuorvianti e di sofferenza.
… pare che i disturbi depressivi, borderline, dipendente ed istrionico siano riscontrabili nelle donne, mentre quelli schizoide, paranoide, antisociale, narcisistico e ossessivo sia riconducibili al sesso maschile … le donne inoltre tendono ad attribuirsi le colpe di ogni cosa, mentre per l’uomo sono gli altri i responsabili.
Buone notizie … sul “Male oscuro”
ESAURIMENTO … la stanchezza di vivere
… si ritrova forza e vitalità, evitando le “cadute” psicofisiche, anche a tavola facendo funzionare bene reni, fegato e intestino, seguendo piccole e semplici regole per non appesantire l’organismo: cereali integrali, legumi, agrumi, ortaggi di colore verde (contengono clorofilla che ha una funzione rilassante), mangia spesso e poco, cibi freschi e poche calorie … evitare cotture prolungate, ridurre alcol, pane e latte.
DORMIRE bene, tra le braccia di Morfeo … si può
Contando le pecore ad occhi SBARRATI …
e l’ansia assale a tradimento, un’altra strategia vincente è imparare a rilassarsi. Tale metodica psicosomatica, se praticata con regolarità, risulta fondamentale non solo per placare i sentimenti “difettosi” che tormentano appena ci si corica, ma anche per ripristinare gradualmente l’equilibrio fisico e mentale. Compiere una piccola passeggiata dopo cena - senza forzature perché la stanchezza eccita e impedisce di rilassarsi - aiuta a rigenerare l’organismo e zittire l’insonnia. Si vince, inoltre, il “mostro cattivo” cambiando atteggiamento e attraverso stili di vita appropriati: alimentazione corretta (sostanze che facilitano la produzione di serotonina), automassaggio, sessualità appagante, togliere dalla stanza da letto elementi disturbanti (televisore, computer, cellulari), un bagno caldo con oli essenziali… e perché no? letture con contenuti fiabeschi, storie d’altri tempi per stimolare un’altra logica, “dimenticare” un quotidiano - non sempre amico - che crea irritabilità, tensione ed insonnia.
… un riposo notturno non rigenerante, fragile e insufficiente smantella lucidità, concentrazione, alza l’ago della bilancia e predispone a patologie cardiovascolari … l’insonne, in generale, privo di fantasia, non abbassa la guardia neanche tra le lenzuola, si “alimenta” di indecisioni, di dubbi e di paure, evita emozioni forti, teme di perdere il controllo, di lasciarsi andare, non riesce a scaricare completamente la testa … dominato dai suoi stessi pensieri molesti che non riesce in nessun modo a zittire.
SAPEVATE che ... la vitamina B3, il Magnesio e il Rame sono utili contro l'insonnia?
La sintesi … DEPRESSIVA
ATTENZIONE PERICOLO
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
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