martedì 12 settembre 2017

Salute ... questa grande sconosciuta

Salute … questa grande sconosciuta



Risultati immagini per salute secondo la cultura classica


i pensa che, nel corso della vita, una persona su tre circa sia colpita da un malessere psicosomatico, variabile per origine ed importanza (Fonte OMS). Un tema, quello della vulnerabilità emotiva, offuscato e dominato ancora oggi dalla trappola dei pregiudizi, senso di vergogna, timori ingiustificati e pressappochismi. Un'opinione piuttosto diffusa che ostacola l'apertura mentale e mostra una realtà completamente alterata … rende, se non ci s'avvede, mediocri; un'abitudine o, meglio, una “furbizia” manipolatoria messa in atto - per sentirsi meglio - da coloro che pensano di essere sempre senza macchia: mors tua vita mea. Un marchio d'infamia che, spesso, si dissolve solo quando si ha la certezza che gli altri cambieranno opinione o considerazione nei nostri confronti. Sono, infatti, numerosi e profondamente radicati i giudizi di valore che ostacolano, in maniera silente, la prevenzione, la diagnostica e la cura di questo singolare tormento umano. 


essuno è ritenuto colpevole per il fatto di avere l’epatite, il diabete, il tumore o l’ipertensione, ma c’è la tendenza a guardare con sospetto, diffidenza, se non con disprezzo, tutti coloro che presentano problemi a livello emotivo. Soffrire di un problema psichico non è segno di debolezza personale o morale, più di quanto lo sia essere colpiti da qualsiasi altra malattia fisica. Il malessere emotivo non indossa mai vestiti comodi, all'ultimo grido, vistosi e alla moda, meglio non farsi notare, non essere visti: perché la mente dei “sani”, colta di sorpresa, di fronte a certe inspiegabili “stranezze”, “stravaganze” o “bizzarrie” può SPAVENTARSI.

Risultati immagini per il matto Il fenomeno emotivo - restando sempre nel linguaggio della moda - ha, comunque, una sua precisa “griffe”, uno stile inconfondibile, circondato sempre da mistero, sguardo perso, passo incerto e speranze fugaci. Ecco allora, tra la gente per “bene”, ombre tenebrose, figure “schiacciate” sui muri che si muovono lentamente, con sospetto e grande difficoltà; immagini che con passo silenzioso, veloce e malfermo - per evitare occhiate severe, indiscrete e, soprattutto, per zittire (eludere) domande inopportune - sono costrette a diventare trasparenti ed invisibili. Così, lentamente, la vita sociale si spegne, i pochi rapporti interpersonali sono caratterizzati perlopiù da vile indifferenza, profonda intolleranza e da un diffuso senso di fastidio; ogni piccola occhiata contiene un segnale ben preciso: rivolgiti altrove, dai muoviti, vai oltre, non sostare, passa velocemente, questo non è il tuo territorio.


a “diversità” porta sempre con sé, oltre a spese inestimabili (assenze dal lavoro), la compromissione dei rapporti interpersonali e il rapido deterioramento psicosomatico. Anche le forme più lievi dei disagi psicosomatici possono determinare profonde sofferenze soggettive: paure diffuse, svalutazione, senso di inferiorità, disistima, torpore smanioso, incapacità di esercitare una professione in maniera continuativa, non essere in grado di occuparsi correttamente di se stessi e dei propri familiari. Il posto di lavoro, poi, diventa letteralmente una polveriera, un territorio di battaglia, un luogo arido e monocolore; ogni piccola cosa crea fastidio ed irritazione, un banale gesto diventa una seccatura, un pretesto per emarginare, umiliare e fare dispetti … mascherare i veri motivi del contrasto; tutto si trasforma in un senso di insofferenza e disgusto. Un'atmosfera lavorativa che blocca, stanca, rende infelice anche se quell'attività piace … ci si sente continuamente disorientati, a disagio e fuori posto. La vita sociale - vissuta al minimo e con il freno a mano tirato - oltre a cancellare i punti di riferimento, è sconvolta da scelte sbagliate, sommersa da desideri confusi, dominata dal dubbio, disorientata da continue rinunce e irragionevoli limitazioni.


i pensi, ad esempio, ad alcuni non gravi problemi della condotta sessuale, ai disturbi del controllo degli impulsi, all’umore ballerino, alle dipendenze patologiche, ai comportamenti evitanti e dipendenti. Manifestazioni che in passato sono state sistematicamente ricondotte a un difetto di volontà o ad una qualche imprecisata debolezza emotiva, e di cui attualmente si cominciano a cogliere gli aspetti “morbosi”, e quindi la necessità di integrare gli opportuni interventi terapeutici. Un malessere che segna la vita non solo alle persone che ne sono affette, ma anche alle loro famiglie, ai pochi amici e ai colleghi. Riconoscere le proprie difficoltà non significa essere dei mostri o dei falliti, ma semplicemente avere la consapevolezza della situazione, capire se c’è qualcosa che non funziona in modo tale da porre rimedio alla sofferenza invalidante; solo in questo modo è possibile attivare quegli strumenti utili a correggere i percorsi sbagliati. Imparare a vivere in modo più gratificante, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, avere una immagine di sé più realistica, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni, ritrovare l’autostima e la sicurezza, riacquistare il controllo di se stessi e scoprire che ci sono sempre delle alternative; inoltre, al di là della visione pessimistica del bicchiere mezzo vuoto, esiste sempre la possibilità e la capacità di prendere le decisioni giuste (percezione molto cara a Lodovico, in terapia per un invalidante tratto 'schizoide', da cui non si schioda di un mm dal bicchiere mezzo vuoto, anche in eventi e circostanze positive; non scommetterebbe nemmeno un 1 centesimo di € sul bicchiere mezzo pieno … per il momento non è certamente un campione di ottimismo!)

' fondamentale, inoltre, avere ben presente che possiamo agire solo su i nostri meccanismi interiori, non su quelli altrui; sarebbe una battaglia inutile e persa in partenza, quello che vogliamo noi non è detto che corrisponda a quello che desidera l'altro. Conoscere anche la funzionalità del sistema neurovegetativo è di cardinale importanza; sapere se in quel determinato “momento” della giornata domina nel nostro SNP il ramo simpatico (sistema nervoso periferico deputato a stimolare, contrarre, eccitare ... agisce, attraverso la produzione di adrenalina, sul cuore, pupilla, bronchi, muscoli, apparato digerente, vescica) o parasimpatico (facilita quiete, rilassamento, riposo ... agisce sull'energia in generale e sulle secrezioni salivari, gastriche, biliari). Il dominio dell'innervazione simpatica è legata all'ansia cronica, allo stress, all'attacco di panico e al temperamento collerico. La dominanza parasimpatica è caratteristica degli individui aperti, calmi e disposti a cedere (non a tirare i remi in barca ma semplicemente riflettere, a non combattere contro i mulini a vento a tutti i costi e, quindi, attivare inutilmente il simpatico)


n simile panorama impone, attraverso una corretta informazione scientifica, l’attivazione in tempo reale di strumenti terapeutici e preventivi, atti a promuovere la salute mentale. Ignorare la sofferenza emotiva - anche solo circoscritta a qualche indefinita stanchezza, svogliato sentimento o ad un innocuo pensiero persistente - può fuorviare dagli impegni sociali quotidiani, minare la capacità lavorativa, rendere difficili i rapporti con la gente e, soprattutto, non essere più in grado di svolgere con soddisfazione le attività elementari di tutti i giorni. Un aspetto fondamentale della salute emotiva è l’autostima, il senso di fiducia in se stessi, un sano orgoglio che dà ad ogni individuo la sicurezza per adoperarsi a raggiungere gli obiettivi, per aprirsi agli altri, costruire solide amicizie e relazioni strette … a livellare i picchi emotivi.

ALCUNE   DOMANDE

Come sapere con certezza se esiste un problema.

Non è sempre facile capire se le cose non funzionano per il verso giusto perché certe sofferenze si sono talmente consolidate nel tempo che possono essere tranquillamente mimetizzate o confuse con comportamenti del tutto considerati “normali”; un insieme di pensieri, credenze, fantasie e sentimenti, talmente presenti nel nostro agire, bagaglio culturale e comportamentale che sono considerati non solo del tutto regolari, ma necessari. L’unico modo per avere questa certezza è verificare le proprie impressione con uno specialista esperto e preparato in questo settore. 


on dobbiamo dimenticare che molti “segnali” o sintomi sono presenti in più quadri clinici (comorbilità) per cui risulta difficile anche per un esperto fare una diagnosi adeguata. Anche se l’autodiagnosi rappresenta un primo passo utile, il suo valore è per definizione limitato da piccoli preconcetti e da atteggiamenti interpretativi sbagliati. Non è possibile pretendere di padroneggiare le mille difficoltà di una vera diagnosi solo perché si è letto un articolo su internet o alcune pagine di un libro; quando i problemi sono significativi, continuativi e debilitanti è SCONSIGLIABILE curarsi da soli. Come dice quella famosa locuzione: ‘Un avvocato che si difende da solo non ha tra le mani che un cliente sciocco’ e impacciato. Capire che si ha un vero problema è difficile, soprattutto perché la maggior parte degli individui manifesta solo sintomi lievi e occasionali (soprattutto se si sconfina nei tratti psicotici). Se mettessimo insieme tutti coloro che hanno sofferto di depressione per qualche giorno o di ansia per qualche settimana, che hanno vissuto anche un solo attacco di panico, che di tanto in tanto si abbuffano di cibo, bevono un po’ troppo o hanno fatto uso di droghe, arriveremmo ad includere almeno il 95% della popolazione. 


irca un quarto di queste persone soffre di un disturbo diagnosticabile che richiede, forse, un trattamento deciso e tempestivo. Non esiste, purtroppo, una linea di demarcazione netta fra chi è affetto da una sofferenza importante e chi soffre soltanto di piccoli disagi o dolori occasionali che fanno parte della vita di tutti. Decidere se si è “normali” o no è molto facile quando ci si trova a uno dei due estremi, cioè se non si ha un segno di malattia o se i sintomi sono veramente conclamati, ma è molto più difficile se si è fra i tanti che si situano in posizione intermedie. E’ importante sottolineare che un sintomo non basta per diagnosticare un quadro clinico, sempre caratterizzato da un insieme definito di sintomi e da un decorso caratteristico. Prima di trarre conclusioni affrettate è importante sottolineare che i problemi per essere tali devono condizionare seriamente lo stato fisiologico, la vita affettiva e sociale in maniera CONTINUATIVA e non essere soltanto causa di un leggero disagio. 


eve coinvolgere vari settori della vita e condizionarla: biologico, sociale, affettivo, relazionale, lavorativo. Dato che il confine tra salute e malattia non è facile da tracciare, è importante fare attenzione a non sottovalutare né sopravvalutare la propria condizione. Il rischio più grave è quello di minimizzare i problemi: almeno tre quarti delle persone affette da un disturbo curabile non riceve l’assistenza necessaria. Anche la tendenza alla sovradiagnosi è molto diffusa e si può facilmente incontrare in soggetti ipocondriaci che ingigantiscono i problemi fino a farli diventare malattie davvero terribili … RICORDA, problemi non adeguatamente trattati danneggiano sia il corpo sia la mente ... i rapporti con se stessi e gli altri

Quali sono le cause di un problema

Rispondere a questo quesito può essere molto facile per alcuni malesseri, meno per altri: esistono però principi generali che possono essere applicati a tutti i casi. La maggior parte del disagio emotivo trova origine in una particolare vulnerabilità che interagisce nel tempo con le difficoltà che l’ambiente pone sul proprio cammino. Certe condizioni possono accrescere le probabilità di un singolo individuo di soffrire di depressione, di attacchi di panico o di alcolismo, nello stesso modo in cui possono incrementare il rischio individuale di soffrire di diabete, malattie cardiovascolari o tumori. NON bisogna MAI dimenticare la cattiva alimentazione che può innescare una serie di squilibri anche a livello cerebrale (c'è un formidabile test di Lesser-Kapklein che permette di correggere gli eccessi e le carenze nutritive. 


edasi Home page www.studiobonipozzi.it: Test. Un questionario che mette a fuoco - attraverso atteggiamenti, comportamenti e modi di pensare - gli squilibri nutritivi individuali; quadri clinici legati alla carenza o all'eccesso di elementi nutritivi: sbalzi di umore, tratti ossessivi - compulsivi, depressione, ecc. Vengono presi in esame i vari modi di reagire - stress fisico e psicologico - connessi a eccessi o forme di carenze biochimiche nel corpo in un determinato momento del soggetto esaminato). La nostra storia, comunque, si struttura, nel tempo, attraverso forze genetiche ed ambientali. I fattori ambientali che ci hanno modellati e che ora svolgono un ruolo decisivo nelle nostre scelte sono stati davvero numerosi: da traumi fisici a influenze familiare negative, a tutte le possibili difficoltà della vita, compresa l'attuale crisi economica. Siamo, comunque, tutti dei “sopravvissuti” a quelle inevitabili esperienze evolutive con piccoli o grandi “lividi” .... ancora, purtroppo, dolorosi (fase* - disagio emotivo … legame tra fase evolutiva e malattia). Al contrario, un ambiente con figure di riferimento sensibili e disponibili, particolarmente idoneo e attento può contrastare lo sviluppo del disagio emotivo … allontanare le “ferite” nel corpo e nella mente.

* FASE. Esistono quattro fasi fondamentali. La fase orale, la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato prova a succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene definito autoerotico. La fase anale è caratterizzata dall'interesse che il bambino dimostra per le funzioni della defecazione e della minzione (espulsione, ritenzione). Corrisponde all'apprendimento della pulizia, è decisiva nella formazione del carattere del bambino e della sua personalità adulta. La fase fallica, verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e nella bambina con la specificità dell'organizzazione sessuale. In seguito alla pubertà si realizza l'ultima fase, la fase genitale. 


ccade spesso in queste fasi evolutive che il piccolo si scontri con difficoltà che gli sembrano insormontabili. Rischia allora di voler regredire ad una fase anteriore. Se non può assumere le sue caratteristiche di adulto, tenta di tornare il bambino di un tempo. Si mette sulla strada che può condurlo sia sulla regressione completa (perversione) sia alla lotta contro il desiderio di perversione (disagio emotivo). Ogni perversione e ogni disagio emotivo (che è il suo negativo) si caratterizza con la fissazione ad una fase che dovrebbe essere integrata alla personalità adulta. L'ossessivo è fissato alla fase anale, l'isterico alla fase orale, l'esibizionista alla fase fallica.

Come affrontare il senso di amarezza

n problema emotivo rappresenta molto spesso una condizione difficile sia per il corpo sia per la mente. Nessuno d’altra parte può essere certo di avere una vita facile, e molte persone soffrono di problemi fisici e psichici peggiori di quanto si immagini generalmente. L’atteggiamento più saggio è di “accettare” con un certo “savoir faire”, le carte che sono già state distribuite, bisogna cercare di giocarle nel miglior modo possibile. NO pensare di rinunciare, a sottomissione, sconfitta o fallimento ma come un momento di grande riflessione, rimanere in stand by per recuperare energia e, quindi, pronti ad agire; pensare e ripensare ai problemi non serve a nulla, solo a soffrire inutilmente, ad avvitarsi su se stessi, soprattutto quando non si può avere il controllo sulle cose (produce in maniera eccessiva solo adrenalina). 


vviamente deve passare un certo periodo di tempo prima che si possa raggiungere questo grado di “accettazione” e, soprattutto, una piena capacità di reazione davanti alle avversità. Il passo più importante consiste nel capire che la vita, anche nelle avversità, può essere ricca di soddisfazioni se si cerca di assumere il controllo del disagio e se si lavora con “impegno” e “attenzione” per limitare le complicanze; ma se si lascia che sia il malessere ad avere il sopravento e a divorare dall’interno, il risultato è quello di vivere tra mille difficoltà e sofferenze. Capire che non si è soli e che si può uscire dai momenti difficili rende più sicuri, più coraggiosi, più sereni… discretamente forti e più “pazienti”.


Perché iniziare un trattamento adesso

iconoscere e trattare certi malesseri al loro esordio, prima che possano diventare parte integrante della vita e del modo di pensare, comporta vantaggi notevoli. E’ un po’ come riparare una perdita del tetto di una casa con prontezza, prima che danneggi il soffitto e i muri di casa; la tentazione quasi irresistibile - se si hanno pochi denari - è di lasciare perdere e di continuare a occuparsi delle proprie cose, ma prima o poi la perdita rovinerà l’intonaco e quello che avrebbe potuto essere riparato in maniera semplice ed economica richiederà costosi lavori di ristrutturazione. 


isure preventive e interventi tempestivi rappresentano la strategia più saggia e conveniente. Lo stesso vale per i disagi emotivi. Più si è depressi, compulsivi o soggetti al panico, più le zone cerebrali responsabili di questi sintomi diventano capaci di generarli; questo fenomeno viene definito con una strana parola kindling (accensione): è molto più facile domare le fiamme prima che il fuoco diventi un vero e proprio incendio. Molti studi dimostrano che numerose malattie rispondono in maniera più veloce e completa se la terapia è intrapresa nelle fasi iniziale del decorso, prima che i sintomi siano diventati per il soggetto, e per il suo cervello, un modus vivendi. Un trattamento tempestivo riduce anche il rischio di successive ricadute e migliora nel complesso la qualità di vita dell'individuo. Decidere di aspettare può essere una tentazione, ma è quasi sempre una cattiva idea, a meno che i sintomi non siano lievi, ambigui, di breve durata o legati a una condizione transitoria Il modo migliore per fare una cosa è FARLA.

E’ colpa mia

a maggior parte delle persone che soffrono di questi problemi tende a sentirsi colpevole. Da un lato, purtroppo, atteggiamenti sociali non particolarmente elastici contribuiscono spesso a rinforzare questa convinzione, questa sensazione diffusa, attraverso una serie di ingiuste stigmatizzazioni. Nessuno è ritenuto responsabile, come più volte accennato in premessa e secondo lo spirito di questi articoli del mercoledì notte, di avere il diabete, l’ipertensione, una malattia cardiovascolare o una polmonite, ma c’è la tendenza a guardare con sospetto, o addirittura con disprezzo chi è depresso, ansioso o dipendente da una sostanza; in qualche modo è come se ci aspettassimo di poter esercitare un controllo maggiore sui disturbi mentali. Questo atteggiamento è illogico, ingiusto, inutile e controproducente: soffrire di un disagio emotivo non è segno di debolezza personale o morale, più di quanto lo sia essere colpiti da una qualsiasi malattia. 


TTENZIONE, c’è una sola eccezione importante riguardo a questa considerazione; avere un problema di tipo psichico non solleva quasi mai da eventuali responsabilità legati a comportamenti criminali o immorali. Negli ultimi tempi si è diffusa sempre più, in alcuni ambienti giuridici, l’assurda tendenza a presentare la malattia mentale come scusa per giustificare tutta una serie di atti illeciti e spregevoli; per fortuna, questo atteggiamento si rivela in genere fallimentare in sede legale e si spera che possa progressivamente sparire anche dai programmi televisivi che si occupano di tali problemi … non si è responsabili della malattia ma lo si è del comportamento. Gli individui con qualche problema emotivo spesso devono compiere sforzi maggiori rispetto agli altri per controllare gli impulsi e per rispettare i sentimenti e i diritti altrui ... capire questo fa parte della responsabilità che comporta essere malati.

Che cosa fare per stare meglio


ercare di assumere il controllo della situazione anziché subirla è sempre una strategia vincente. Sapere, diceva quel saggio di cui mi sfugge il nome, equivale a potere: è fondamentale cercare di informarsi e di imparare tutto il possibile sulla propria malattia.

impegno per cercare di rimanere aggiornati deve essere costante; anche internet può essere utile ed indispensabile, mantenendo, però, sempre il giusto senso critico e comparativo; non è il rumore informatico che può far male, ma la sua esagerata influenza assecondata dalla nostra passività. Grazie ai progressi della ricerca e della tecnologia le conoscenze aumentano in maniera rapida e continua. Ancora più importante è essere seguiti da un professionista “sensibile” a questi temi, capace di aiutare a capire sempre di più le problematiche emotive e a porle nella giusta prospettiva: è fondamentale fare attenzione a questo particolare aspetto, sono molti i pazienti che si lamentano del fatto che il professionista scelto non li tiene sufficientemente al corrente della patologia in atto. All’inizio è meglio che il soggetto sia informato su quanto sta succedendo e sulle diverse possibilità terapeutiche: se lo specialista non è anche un buon docente capace e volenteroso, non è necessario insistere… meglio, non perdere tempo, sceglierne un altro (per entrambi!) non solo è utile, ma fondamentale). Infine, è importante cercare di conoscersi meglio


li esseri umani sono dotati di un grande spirito di osservazione per quanto riguarda tutto ciò che li circonda… eccetto se stessi. Una buona conoscenza di sé è un requisito fondamentale per cercare di migliorarsi, e succede facilmente di trovarsi davanti anche zone oscure quando si guarda l’unico oggetto che non si riesce mai a distinguere chiaramente: se stessi. Cercare, con calma, di imparare di più sui propri comportamenti caratteristici, su quello che piace e che non piace, sui punti di forza, le debolezze, le inclinazioni, le attitudini, i pregiudizi e le paure presenti; per comprendere e rendere più obiettivo questo quadro introspettivo può essere d’aiuto verificarlo con persone che si ritengono affidabili. Per superare un problema di questa natura bisogna veramente “mettercela tutta”: impegno costante, "onestà" e duro lavoro sono di importanza cruciale, ed essere un buon paziente non è davvero facile. I veri progressi si ottengono a poco a poco, compiendo piccoli passi, azioni normali che prima della terapia si cercava di evitare, accettando più tranquillamente se stessi. 


uello che si riesce a fare a casa, per conto proprio (il vero banco di prova) è in genere di uguale importanza del lavoro svolto durante le sedute terapeutiche: mettere in pratica ciò che si è imparato e affrontare le situazioni che normalmente si cerca di sfuggire. Molti disturbi hanno un decorso cronico o, più spesso, ricorrente. Se si sono vissuti parecchi episodi di malattia, è altamente probabile che accada ancora, a meno che non si cerchi di affrontare il problema in maniera seria, radicale e decisa: questo significa, di solito, cercare di acquisire una visione a lungo termine della patologia e prendere le misure necessarie per mantenerla costantemente sotto controllo… ricordarsi che l’amore per se stessi, può dare soddisfazioni maggiori di quelle derivanti da successi lavorativi e mondani o dall’accumulo di beni di cui in realtà, a volte, non si ha veramente bisogno.

Come può contribuire la terapia rinsaldare i rapporti

Risultati immagini per le fasi evolutive dell'infanziaSpesso i disagi emotivi sono fonte di grande tensione e continue incomprensioni all’interno della famiglia o dell’ambiente di lavoro. E’ particolarmente importante, anche se spesso difficile, che tutti i membri della famiglia cerchino di evitare un atteggiamento di biasimo reciproco. Bisogna rendersi conto che il disturbo emotivo può creare una situazione in cui è difficile vivere serenamente (non è facile convivere) non è esaltante stare vicino a una persona sempre depressa, eccitata, terrorizzata, in preda agli sbalzi di umore e alla collera o assorbita in rituali privi di senso, per fare qualche esempio. E’ comprensibile che i familiari perdano la pazienza e diventino a loro volta irritabili, frustrati e intolleranti nei confronti di chi soffre. La situazione da affrontare non è quella che si aspettavano e possono non essere preparati. 


iù i familiari impareranno a conoscere il problema, meno tenderanno a biasimare per eventuali comportamenti “bizzarri”; in caso contrario potrebbero pensare che il malato è ostinato, irresponsabile, egoista, ostile o incapace di amore. Una maggiore conoscenza della malattia permetterà loro di capire quello che il sofferente sta attraversando e di attribuire la colpa non al soggetto ma alla malattia; li aiuterà anche ad accettare aspetti del comportamento che in precedenza avevano giudicato sconcertanti, e a reagire meglio quando si ripresenteranno. La speranza è di riuscire ad aiutarsi reciprocamente e a diventare ancora più uniti di prima della comparsa della patologia: condividere il problema (sempre se lo vogliono entrambi) può spingere tutti a rivolgere una maggiore attenzione alle cose veramente importanti della vita. Di solito i disturbi mentali non compaiono all’improvviso. 


i possono determinare cambiamenti nel comportamento, impercettibili all’inizio, che il partner, i genitori, i fratelli o gli amici intimi notano, ma attribuiscono a stress o a un recente insuccesso. Se il cambiamento diventa più visibile o perdura per settimane o mesi, essi possono manifestare preoccupazione, ma ancora non sono in grado di intuire che davvero esiste un problema. In questo frangente è utile fare un passo indietro e guardare nella maniera più obiettiva possibile al proprio amico o parente. Che cosa precisamente è cambiato? In che maniera la persona agisce diversamente da prima? Da quanto tempo si sono notati questi cambiamenti? Sembra che stia peggiorando? In particolare è corretto chiedersi se la persona cara:

 Da diverse settimane sembra triste, depressa o di cattivo umore;
Pare che stia perdendo le energie e si sente sempre stanca;
Non sembra trarre alcuna soddisfazione da attività piacevoli;
Lamenta problemi di sonno;
Pensa con insistenza alla morte o parla di suicidio.
Manifesta forti oscillazioni dell’umore;
Sembra tesa, nervosa o irrequieta;
Appare confusa o ha problemi di concentrazione o di pensiero;
Prova improvvise sensazioni di panico o di terrore;
E’ diventata estremamente sospettosa o timorosa degli altri;
Fa fatica ad andare d’accordo con gli altri in casa o al lavoro;
Beve più del solito;
Usa sostanze illegali;
Non si è ripresa da una crisi che risale a parecchi mesi addietro;
Sembra incapace di controllare o di fermare comportamenti autodistruttivi, come il gioco d’azzardo;
Ha perso interesse per il sesso o non ha più le stesse prestazioni;
Si lamenta di sintomi fisici preoccupanti senza che ci sia una causa medica precisa;
Accenna a idee bizzarre e grandiose;
E’ diventata minacciosa, aggressiva o violenta.

Concludendo
Incoraggiare la volontà di star bene


Risultati immagini per psicosomatica nei dipinti
Parlare sempre in termini non drammatici ma realistici (guarigione, nuova vita, nuovo lavoro), non a scapito dell’onestà dei propri sentimenti e dei propri timori. Dare e aspettarsi rispetto e fiducia. Assegnare a tutti membri della famiglia dei doveri nella conduzione della casa e un posto nelle discussioni familiari. Mai essere iperprotettivi con il malato, non fargli un trattamento speciale e mai permettere che si nasconda dietro la sua “diversità”. 

Cercare delle informazioni

ebbene ci siano poche risposte già confezionate alle molte domande che insorgono quando una famiglia si trova ad affrontare un disagio emotivo, esistono alcune linee guida generali che potranno essere d’aiuto. Domande sull’istruzione, sulle opportunità d’impiego e su altre questione pratiche devono trovare risposte sicure. Fare delle verifiche con il terapeuta, leggere libri e articoli. Essere preparati “prima” del malessere.

Vivere la propria vita

er quanto sia difficile farlo, quando si è costretti a confrontarsi con un membro della famiglia con dei problemi, ogni persona deve continuare a coltivare i propri interessi e a vedersi con i propri amici. Sfoghi come questi rilassano, aiutano a controbilanciare l’atmosfera tesa che c’è in casa e tengono in contatto con comportamenti “normali”

Imparare a riconoscere i segnali d’allarme

Cercare di valutare le parole, le azioni o gli atteggiamenti che precedono i problemi, e cercare di calcolarne le ricorrenze. Se si hanno dei dubbi di fronte ad una certa gravità, è doveroso consultarsi con un specialista di questi disagi. 

Non aspettarsi troppo da se stessi

E’ probabile che di tanto in tanto ci si senta stanchi, adirati o risentiti. Accettare che il proprio lavoro e le relazioni personali incontrino delle difficoltà per questa situazione. Ricordarsi che non si è di ferro, poche persone possono sempre essere pazienti e generose. 

Non darsi inutilmente la colpa

Un disagio emotivo può essere causato da stress ambientale, da squilibri biochimici (stili di vita, modi di pensare, atteggiamenti) e da molti altri fattori conosciuti e sconosciuti. Rotture dell’armonia familiare o fatti particolari nella storia della famiglia hanno di certo contribuito, ma essi sono raramente gli unici responsabili. 

Parlare della situazione

uò darsi, come in molti casi, sia molto difficile discutere della propria condizione con gli amici intimi, perché essi non hanno alcuna percezione, o ne hanno ben poca, di quello che realmente si sta attraversando e quindi non sanno come reagire.

Non scoraggiarsi troppo presto


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La ripresa di un disagio emotivo richiede del tempo (è sempre in funzione della cronicità, quadro clinico, età, cultura). Come una ferita di natura fisica, la sua guarigione è graduale e non può essere affrettata. Non ci si deve scoraggiare per temporanee battute d’arresto: non cercare un colpevole quando le cose vanno male. Anche le piccole ricadute possono essere parte integrante della terapia … quando un bambino, ad esempio, ha imparato a "camminare", anche se inciampa e cade, è sempre in grado di rialzarsi!

Le strategie
esercizio fisico si è dimostrato positivo non solo per il corpo, ma anche per la mente. E’ anche un modo efficace per ridurre l’ansia: camminare, nuotare, fare attività semplici e senza sforzo. Una possibile spiegazione consiste nel fatto che l’attività fisica aumenta l’afflusso di sangue e l’ossigenazione del cervello e altera il livello delle varie sostanze chimiche del cervello provocando così modificazioni nell’umore. 

Una corretta alimentazione

anto il corpo quanto la mente per funzionare in piena efficienza hanno bisogno di un’alimentazione corretta. Le abitudine sbagliate - saltare i pasti, ingozzarsi in fretta e furia, sgranocchiare cibo-spazzatura - possono creare malessere fisico e disagio psicologico, come l’incapacità di concentrarsi sui propri compiti, di rilassarsi e di godere della compagnia degli altri. 

Le tecniche di rilassamento

sistono speciali tecniche di controllo dello stress che aiutano a produrre, attraverso l’attivazione di endorfine, uno stato di rilassamento, cioè uno stato di calma fisica e mentale che è l’opposto del riflesso attacca o fuggi, caratterizzato da ritmo cardiaco rapido, sudorazione, aumento della pressione arteriosa (vedasi adrenalina).

Terapie 

er la maggior parte dei disturbi emotivi esiste un gran numero di terapie efficaci e questa è un’ottima cosa, perché dà la possibilità di scegliere il trattamento o i trattamenti che meglio si adattano ai propri bisogni e desideri, alle proprie preferenze e possibilità economiche.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

uando si parla di “salute” non è facile essere sempre chiari, precisi e, soprattutto, trovare risposte semplici, rapide e sicure. I problemi cronici, spesso, persistono perché sono già stati fatti vari tentativi, si sono cercate altre vie d'uscita e, purtroppo, sono fallite. Molte sofferenze sono tenute in vita dal tentativo di prendere una scorciatoia, tagliare il traguardo senza rispettare le regole, sperperando eccessivamente le energie rimaste, interpretando erroneamente i messaggi e, non meno importante, dal fatto di non assumersi delle “responsabilità”


TTENZIONE, però, il concetto di responsabilità non ha niente a che fare con il giudizio di valore, ma indica semplicemente la consapevolezza dei propri gesti, non ci sono costrizioni e tantomeno forzature, ogni decisione è libera ed autonoma; si decide autonomamente e si utilizzano, di volta in volta, strumenti adeguati per raggiungere determinati risultati o obiettivi ... sempre in sintonia con i propri pensieri e progetti mai in funzione del parere altrui; una consapevolezza che permette di conoscere in anticipo le proprie azioni. Essere se stessi, ma soprattutto essere liberi ed autonomi nelle proprie scelte.

Risultati immagini per le fasi evolutive dell'infanzia Un articolo comunque non è mai una soluzione a certi problemi, tuttavia è fatto di idee e di riflessioni che rispecchiano una certa scuola di pensiero … un determinato orientamento scientifico. Alcuni di questi concetti possono essere più utili di altri, ovvero più appropriati a certi problemi specifici. Altri suggerimenti possono dare una “spinta” per ampliare nuove conoscenze. Quando si cerca una soluzione, l'unico fattore sconosciuto è il tempo. Nessuno può prevedere con precisione quando un problema cronico sarà risolto; le molte frustrazioni e delusioni dovute alle proprie aspettative disattese e ai ripetuti fallimenti provocano un enorme consumo di energie.


a la natura dei problemi cronici rende essenziale astenersi da qualsiasi previsione affrettata, che potrebbe produrre un'ennesima delusione e scoraggiamento, rendendo il problema ancora più profondo e radicato. Molti - perduta ogni speranza per il futuro - cadranno lungo la strada della dipendenza, della mancanza di speranza, dello sconforto, proseguendo il loro percorso circolare. Assumersi la responsabilità significa accettare il problema come proprio, impegnarsi a fare tutto quello che è in proprio potere per risolverlo … senza cadere nel tranello di demandare il tutto ad “altri”. Questo significa spesso respingere i consigli di coloro che “dovrebbero” essere più esperti. 


on è raro sentirsi dire - anche da persone del “mestiere” - in maniera categorica: “Io so cosa è giusto per te, ogni “strategia” diversa sarebbe una follia”. Comunque, al di là delle belle parole, non esiste una panacea, non ci sono soluzioni facili e rapide, ogni viaggio è sempre unico ed irripetibile. Sono tante le parole utili di consiglio, i suggerimenti, le metodiche terapeutiche che possono aiutare durante questo percorso verso la salute, o almeno additare i vicoli ciechi, affinché li si possa evitare … evitare di cacciarsi in labirinti senza via d'uscita. Alla lunga, sta a noi trarre il massimo dalle varie risorse di cui si dispone realmente e, quindi, raggiungere il miglior risultato possibile.

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La consapevolezza (intesa come conoscenza, essere presenti a se stessi, permette di agire in modo autentico, libero da condizionamenti e pregiudizi … allontana dagli “automatismi”) è sempre la consigliera migliore e può aiutarci, con le mosse giuste, ad uscire da questa dolorosa gabbia che nel tempo abbiamo costruito:
Scegliere un aspetto del problema, un elemento circoscritto, e considerarlo come una partita difficile di un gioco in cui si vuole VINCERE;


uddividere la “faccenda” nei suoi vari fattori: avversario, sfida, capacità richieste, scopi e qualsiasi altra componente che è possibile individuare;
Accumulare le risorse positive di cui avere bisogno per migliorare la propria posizione nel “gioco”. Rendersi conto di ciò che si impara dai vari tentativi … nella “battaglia”;
Assumersi la responsabilità di mettere in pratica un atteggiamento differente, un nuovo approccio, una nuova risposta al problema;
Rendersi conto che il problema è solo una parte della propria vita, non permettere che la possa invadere completamente.


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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.



Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
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