martedì 5 settembre 2017

Il mal d’ufficio …

Il mal d’ufficio

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n fenomeno assai allarmante - particolarmente diffuso in questo periodo storico nell'ambito lavorativo - è senza dubbio il mobbing. Con questo termine, per niente rassicurante, si indica l’assedio, l’attacco, l’aggressione del “gruppo nei confronti del singolo”: 'verticale' se perpetrato da superiori (bossing) oppure ‘orizzontale’ quando è praticato da colleghi di pari grado o qualifica. Una dinamica perversa che si sviluppa quando sul posto di lavoro l’individuo, quasi sempre isolato, subisce forti pressioni, continui soprusi, ripetute ed ingiustificate molestie psicologiche da parte di colleghi sleali, invadenti, annoiati, frustrati, aggressivi e violenti; individui che - in maniera maldestra e sconsiderata - sono alla ricerca continua di 'qualcosa' su cui sfogare non solo il loro malessere lavorativo ma anche la loro profonda insoddisfazione personale ... un assalto strisciante attraverso strategie subdole e occulte per neutralizzare o eliminare un ipotetico avversario indesiderato, vissuto come 'minaccioso' e 'pericoloso'. Spesso perfetti “incapaci” abituati a riversare sugli altri i propri difetti, errori e fallimenti di natura sentimentale - affettiva … sempre pronti a sbraitare, inveire, giudicare e condannare senza una vera ragione contro il mondo intero. Il vero Mobber, comunque, è quasi sempre una figura con personalità complessa o profondamente disturbata: antisociale, narcisistica, paranoica o borderline. La strategia di questo singolare personaggio è sempre la stessa: creare tensione, gioire per chi é in difficoltà, trarre piacere dai fallimenti altrui, boicottare i rapporti, eliminare la competizione,bloccare iniziative, inibire la creatività e, soprattutto, impedire all’altro di emergere a livello professionale; l'altro deve essere immediatamente bloccato, neutralizzato perché vissuto come 'minaccia' sia nei rapporti sociali sia a livello lavorativo. Trovare nel gruppo un capro espiatorio, una vittima designata su cui scaricare il malcontento, l'insoddisfazione e le pene esistenziali: ansia, rabbia, aggressività e ira repressa. Attraverso questo ‘meccanismo’ (proiettivo) il mobber (carnefice), evidenziando solo gli aspetti negativi dell’altro - esagerati e, spesso, inventati di sana pianta attraverso la calunnia e il discredito professionale - si sente migliore, un gigante, forte e superiore ... è convinto di possedere un'anima candida come un cherubino. Una strategia relazionale malsana che - nonostante siano evidenti e ben visibili i tratti patologici - fa dimenticare all'aggressore le sue profonde debolezze, nascondere le sue mancanze, imbavagliare le sue infinite insoddisfazioni, ignorare le sue reali difficoltà e 'annullare' i suoi dolori esistenziali: “Mors tua vita mea”. Una comunicazione di tipo ostile, persecutoria diretta in modo sistematico da parte di uno o più individui verso un loro simile, il quale si trova sempre isolato, emarginato, ‘disarmato’, indifeso e soprattutto in una posizione di inferiorità e di impotenza ... anche per i più 'navigati' non è mai facile uscire ‘vivi’ o senza ‘lividi’ da questo intrigo hitchcockiano.


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l mobbizzato è sempre impreparato, non trova mai le parole giuste, non riesce a reagire e combattere perché non conosce ancora la 'cultura' del litigio … non è ancora dotato di un agire in malafede. Nei suoi confronti sono messe in atto critiche distruttive, assurde pratiche vessatorie e sofisticati comportamenti lesivi costringendolo, nei casi più seri, a fuggire dal posto di lavoro o liberarsi il più veloce possibile, senza riflettere, dalla situazione stressante: abbandonare il ‘campo’ per sfinimento, per mancanza di autostima e per troppi sensi di colpa; dimettersi da quell'incarico, lasciare il lavoro, rassegnare le dimissioni o, 'bene' che vada, aumentare eccessivamente i congedi per malattia. Il congedo, tuttavia, non acquieta per niente la situazione in atto ma la rende ancora più incandescente, tesa e conflittuale: può scatenare gelosie, invidie, ulteriori aggressioni e, soprattutto, comportamenti vendicativi più sofisticati e violenti. Rapporti complessi, densi di sottintesi, pieni di trappole, carichi di tensione, sempre comunque difficili, se non impossibili, da gestire a livello individuale, umano, relazionale e ansiogeno.


così, piano piano, prende corpo nella mente del perseguitato - nonostante le sue reali capacità e il suo vero talento di cui, purtroppo, non ha mai la giusta consapevolezza - l’idea 'bizzarra' e confusa di non essere adatto a quella professione o a quel particolare ruolo … non idoneo a quel tipo di lavoro che spesso, paradossalmente, è l’unico ad essere in grado a realizzarlo a pieni voti ... pieno di rammarico per aver sprecato inutilmente anni e anni di studio e formazione per quel tipo di lavoro diventato, a causa di altri, odioso, fastidioso, faticoso e frustrante. Il progetto infame è quello di gestire, umiliare, sfinire e annullare l’altro; smantellare non solo tutti i punti di riferimento che da tempo con meticolosità, costanza, fatica e dedizione si è creato, ma boicottare anche il suo lavoro in modo tale da costringerlo a rifarlo più volte senza una vera ragione.


ono dinamiche relazionali - messe in atto nei confronti di soggetti particolarmente “influenzabili”, “suggestionabili” e “sensibili” - sempre silenziose, ostili, inappropriate, complesse e persecutorie rivolte a produrre confusione, amarezza, logorio psicofisico e profonda insoddisfazione; un modo di agire che isola, fa sentire 'indesiderati' e scomodi, rende infelici, azzera talento, creatività, smantella interessi, passioni e voglia di fare. Sono atteggiamenti che col tempo sfiniscono, minano l'equilibrio psico - fisico del malcapitato, mettono completamente al tappeto la vittima designata ... lentamente la spengono, la rendono innocua, la distruggono letteralmente, fino a farla diventare una presenza insignificante. Inizia, il più delle volte, in sordina, in modo apparentemente banale: un saluto negato oppure troppo formale, uno sguardo in cagnesco, scherzi pesanti, cattive parole, battute a doppio senso, insulti gratuiti, critiche ingiustificate, sabotaggio degli strumenti lavorativi (allentare i cavi del computer, riempirlo di virus, cancellare o nascondere le password) … piano, piano si fa terra bruciata intorno a lui, lo si isola sia dalla comunità lavorativa sia da quella produttiva.


na situazione che porta - per alcuni - ad un “inspiegabile” nervosismo, ad un calo significativo della produzione e dell'attenzione … e così il richiamo per scarso rendimento, incombe, diventa realistico e fa godere immensamente l'istigatore, che si rinforza, si fa sempre più 'credibile' agli occhi dei dirigenti e, soprattutto, salvatore dell'azienda perché ha individuato finalmente, a suo dire, il “sabotatore”



ontento, felice, soddisfatto perché sono “confermate” le sue affermazioni, cattiverie e maldicenze: i suoi sofisticati disegni diabolici. Un atto terroristico che crea nel soggetto delusione, complesso di inferiorità, insicurezza, lo spinge nel vortice depressivo, lo fa cadere in una profonda disistima, lo predispone a malesseri psicosomatici e a una sua precisa sintomatologia da non sottovalutare MAI: ansia, attacchi di panico, fobie, tachicardia, gastrite, emicrania, insonnia, calo della libido e depressione. Anche se non esiste una vera e propria predisposizione ad essere una vittima, il mobbizzato ha, purtroppo, curiose caratteristiche psicologiche evidenti e ben visibili, facilmente individuabili dal carnefice narcisista e megalomane: molto sensibile, taciturno, difficilmente si esprime o dice la sua opinione, non prende mai posizioni nonostante sappia le cose o abbia ragione, particolarmente accondiscendente e tendenzialmente passivo. 


ensa di essere un perdente ancora prima di iniziare qualsiasi attività o rapporto, è convinto non essere 'completo', mancante di qualche fantomatico ‘anello’ (così amava definirsi Cristina all'inizio della sua esperienza terapeutica), si crede 'difettoso' in ogni settore della sua vita: familiare, affettivo, professionale, sociale e lavorativo. Stati emotivi ricorrenti come ad esempio il timore costante di fallire, forti sensi di colpa per ogni possibile errore commesso e il terrore del giudizio altrui, nel tempo per lui, diventano un fardello eccessivamente pesante da sopportare. Ha poi un curioso chiodo fisso, un invalidante ritornello mentale, un ricorrente, preciso e inconfondibile turpiloquio psichico negativo che, sicuramente, oltre a sfinirlo a livello psicosomatico, non lo aiuta nei rapporti e negli scambi produttivi con i colleghi: è tutta colpa mia, non valgo nulla, sono un fallito, non riesco a concludere niente nella vita ... si flagella continuamente con l’accusa di non aver nessun valore, di avere poche capacità e scarsa cultura.


uesto turbamento, accompagnato da tanta sensibilità e insicurezza, non solo crea problemi sul posto di lavoro ma non lo aiuta nemmeno nel suo ambiente familiare. Quando torna a casa, infatti, l'atmosfera non migliora, trova spesso poca sensibilità e scarsa attenzione: il tormento e l’incomprensione vissuti in ufficio continuano … la serata diventa la 'fotocopia' della giornata. Si ritrova nuovamente coinvolto in rapporti poco chiari, di scarsa empatia, inquinati solo da consigli inappropriati e suggerimenti inutili. Non appena inizia a sbottare, si lascia andare al suo tormento relazionale, comincia ad esprimere il suo ‘mal d’ufficio’, viene aggredito, offeso, ridicolizzato, insultato e colpevolizzato ancora una volta. Come se la sua ‘storia’ attuale non fosse il prodotto di quelle dinamiche familiari e sociali in cui è cresciuto, il risultato dell’incontro - scontro con quell’ambiente in cui, dopo infiniti compromessi, ha sviluppato la sua personalità … la sua identità “addomesticata”. 


i pare già di sentire quei famosi giudizi di valore e ridicoli ritornelli accusatori: “Sei tu che non riesci ad adattarti, integrarti nel gruppo, ti metti sempre di traverso, in disparte, non partecipi mai, sei una 'pecora solitaria' … Figurati, con quella testa che ti ritrovi, poi, come potrai andare d’accordo con la gente … Bisogna darsi da fare nella vita, prendere posizioni, avere forza di volontà, grinta, essere decisi, imporsi, dare delle spallate, affilare le unghie, farsi largo con forti gomitate … In questo mondo di iene nessuno ti regala nulla, bisogna farsi furbi, ricordatelo ... capito ... mi hai capito!!!”. Arrivato in famiglia il tormento non da tregua, il malumore continua, invece di trovare una buona accoglienza, comprensione, solidarietà e un clima sereno, viene aggredito con un linguaggio accusatorio e colpevolizzante che lo fa scivolare ulteriormente nella frustrazione, nella disistima e nella palude depressiva … dalla padella alla brace, viene sottolineata, rinforzata e amplificata ancora una volta la sua sofferenza. Quando si innesca il circolo vizioso, anche la famiglia può tendere ad attribuire colpe e responsabilità alla vittima, minando il suo già precario senso di sicurezza e togliendole così un prezioso punto di riferimento. Spesso, purtroppo, per il nucleo familiare non è sufficiente fare il proprio dovere e rispettare le regole. In questo caso la colpa degli aggressori passa, paradossalmente, al mobbizzato in quanto la vittima, a loro dire, ha ciò che si merita: incapace di relazionarsi, inadatta a vivere con gli altri … anzi, sono tutte azioni utili per “svegliarla”, farla uscire dalla sua turris eburnea … razionalizzano il proprio comportamento dicendo di perseguire l'interesse del mobbizzato, si giustificano sostenendo di volergli bene, dargli un'educazione e una buona dritta sociale … una scusa per avallare tutta una serie di atti illeciti e spregevoli. 


n breve, sarebbe come dire: “Quella fanciulla è stata violentata perché indossava una succinta minigonna” e ancora “La mossa finanziaria, caldamente consigliata dal quel 'solerte, brillante, attento ma birbaccione' promotore, è andata male, anzi un vero fallimento, perché l'investitore non aveva nozioni di economia”. Assurdo, inquietante, diabolico e VERGOGNOSO … RICORDIAMOLO, il “mal d'ufficio” rivela sempre un'azione ANTISOCIALE, blocca il dialogo, annulla la comunicazione e, soprattutto, è LESIVA verso i più deboli. Non dobbiamo cadere nella trappola che questa relazione odiosa e perversa è una strategia a beneficio dell'altro ma considerarla per quello che è realmente: una cattiva comunicazione che toglie l'autostima, crea un rapporto pieno di 'tossine', “ingorga” e devasta la mente; un fenomeno poco 'pulito' e trasparente, a senso unico, sottile, falso, contorto, conflittuale, fondato su luoghi comuni, con poca saggezza, continui richiami, lamenti e consigli fuori luogo … annulla il senso di identità e fa ammalare più facilmente. Trattato come un estraneo, non trovando serenità e comprensione nemmeno nel suo ambiente 'naturale', altro non può fare che chiudersi a riccio e arrendersi: convincersi, a torto, che il vero problema non sono gli altri ma lui … tutto si complica, si accumula ulteriore disagio, si rivive un'altra pesante sconfitta e profonda delusione. Ma in tutta questa confusione, sofferenza e ostilità - provato emotivamente e fisicamente - come farà a rialzarsi, a difendersi, uscire indenne dal mobbing?

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osa fare: prevenzione e interventi. E' bene precisare subito che non esistono formule magiche universali per risolvere questo problema drammatico ed invalidante: ogni situazione è diversa, unica ed irripetibile. Non esistono, purtroppo, vaccini particolari o sieri miracolosi per guarire da questa infamia. La prima cosa comunque è riflettere attentamente sull'aggressione in atto, percepire attentamente con calma il clima, l'atmosfera lavorativa, mettere a fuoco la situazione con lucidità e consapevolezza; individuare quelle dinamiche lavorative letali in modo tale da difendersi, al momento giusto, con strategie mirate ed efficaci, se non risolutive. GUAI isolarsi o tirare i remi in barca, RICORDA c'è sempre “qualcuno” sensibile e disponibile a condividere un progetto di difesa … persone “qualificate” pronte a sostenere, aiutare e sconfiggere il MALE ... NON sei MAI solo! E' fondamentale avvalersi dei nuovi strumenti tecnologici, fotografare la situazione con prove concrete, registrare, raccogliere ogni elemento sempre in forma scritta; dati che potrebbero servire in futuro come prova (richieste, fotocopie, luoghi, foto, persone)


ocumentarsi sulla sintomatologia, informarsi cosa si rischia a livello psicosomatico quando si è dominati da un disegno diabolico e persecutorio; molto importante è conoscere anche cosa rischia sul piano giuridico il carnefice. Al di là delle varie strategie messe in campo per evitare di cadere vittime di questi comportamenti vessatori e terroristici sul posto di lavoro, credo sia utile non avere MAI fretta e, soprattutto, “impegnarsi” con un certo interesse nella propria attività, cercare in qualche modo gratificazioni ma, soprattutto, evitare di rendere l'attività lavorativa il solo (unico) scopo della vita. Per mantenere un adeguato equilibrio è utile definire in modo più chiaro possibile il proprio ruolo, perseguire i fini con impegno e migliorare con responsabilità la preparazione personale (libri, assistere dibattiti, approfondire la materia su cui si lavora, documentarsi, confrontarsi … può essere utile frequentare un corso di autostima); rivolgersi a specialisti o chiedere una consulenza psicologica se può servire a chiarire, eventualmente, i propri rapporti personali difficoltosi, conflitti o problematiche generali … non c'è mai nulla di vergognoso nel voler conoscere e approfondire il proprio stato emotivo, anzi è sempre una strategia vincente, se non nell'immediato sicuramente nel futuro prossimo. Imparare ed esprimere sempre, con le dovute maniere, pacatezza e diplomazia, i propri disappunti, le proprie ragioni ed opinioni in modo da non rimuginare continuamente: se lo stato d'animo è buono aumenta, inevitabilmente, la sicurezza e la fiducia in se stessi, ma anche a livello biochimico si crea equilibrio. 


AI tenere tutto dentro, perché le “schegge” emotive a lungo andare creano nei vari organi e tessuti tensione, contrazione, infiammazione e, infine, lesione … ammalano lentamente e fanno piazza pulita delle difese immunitarie. Altri comportamenti indispensabili per scongiurare questi fenomeni terroristici e mantenere un giusto equilibrio sono la cooperazione e l'adattabilità dell'individuo … e molta, molta pazienza. Queste abilità individuali permettono di realizzare validi rapporti interpersonali, un buon affiatamento (coinvolgimento) tra colleghi e, quindi, realizzare il lavoro più facilmente, con maggior soddisfazione, gratificazioni e riconoscimenti, ovviamente se è presente una buona capacità di adattamento ai cambiamenti repentini. L'adattamento comunque non è un fenomeno 'genetico' ma un processo attraverso il quale è possibile stabilire una condizione di equilibrio con il proprio ambiente: allenandosi e impegnandosi è possibile raggiungere tale modalità sociale e, quindi, vivere in sintonia con se stessi e il proprio gruppo … imparare l'abc del rapporto e delle regole sociali. Il gruppo coeso è fondamentale per contenere lo stress e, soprattutto, tenere sotto controllo i malumori individuali. 


omunque sia, al di là delle situazioni specifiche è IMPORTANTE, DOVEROSO, in una società civile, offrire sempre un intervento attivo ed efficace a sostegno delle vittime. Non va dimenticato, inoltre, che in alcuni paesi il mobbing è già riconosciuto come malattia professionale, quindi, se vogliamo veramente cambiare qualcosa anche da noi dobbiamo uscire dall'anonimato … documentiamoci, prepariamoci e facciamoci aiutare quando non è possibile risolvere la questione da soli.


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L'autore non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.


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