martedì 27 febbraio 2018

Disturbi della condotta alimentare (DCA) ... una voglia esagerata di dolcezza e d’amore

Disturbi della condotta alimentare (DCA) ...

          una voglia esagerata di dolcezza e d’amore


  
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li essere umani mangiano per vivere.  Ma  la  cosa   non è  sempre così semplice ed evidente. Per gran parte della storia dell’umanità - e ancora oggi in molte regioni del mondo - gli uomini hanno dovuto lottare per procurarsi il cibo. In questo periodo storico, invece, col 'benessere', vero o virtuale, con una vasta scelta di proposte alimentari a disposizione, l’alimentazione disordinata ed eccessiva è diventata - nel bene o nel male - un grave problema sanitario. Paradossalmente, mentre il peso corporeo medio è aumentato, la ricerca della linea si è ormai trasformata in una vera e propria ossessione. In una società in cui più snello” è sinonimo di “migliore”, chiunque non sia in perfetta forma può sentirsi a disagio, se non un emarginato, a volte un perfetto fallito. Molte persone, in particolar modo le giovani donne in soprappeso, si vergognano del loro aspetto oppure, sopraffatte da una sensazione di inadeguatezza, si convincono che sarebbero più felici, più attraenti o più realizzate in un corpo più magrouna silhouette alla Twiggy per intenderci. Sebbene compaiono in costante aumento, i comportamenti alimentari anomali e scorretti, non sono una peculiarità del mondo globale, della nostra epoca; i disturbi della condotta alimentare (DCA) non sono un fenomeno esclusivo di questo periodo storico. Anche se i criteri diagnostici per la bulimia nervosa (BN) non sono stati formulati fino al 1979, alcuni documenti antichi ci confermano che l'abbuffata era un comportamento frequente in alcune culture e civiltà classiche. Il primo resoconto documentato di un comportamento simile alla bulimia nervosa è stato registrato nell'Anabasi di Senofonte, circa nel 370 a.C. Anche gli antichi romani non scherzavano, si rimpinzavano di cibo nel corso di colossali banchetti per poi provocarsi volutamente, davanti a tutti i commensali, il vomito a più riprese, oppure quando era possibile - non c'era l'urgenza - utilizzavano un apposito settore confortevole, silenzioso, appartato e profumato denominato vomitorium. Non a caso l'aggettivo 'luculliano' si riferisce ai ricchi banchetti, ormai proverbiali, di Lucio Licinio Lucullo, uomo politico romano dell'ultima repubblica. Per secoli osservanti e devoti di entrambi i sessi - per motivi religiosi - hanno digiunato con l’intento di 'purificarsi'. Tornando ai tempi nostri, fin dalla prima infanzia l'intero processo digestivo ha una ricca espressività emotiva che va dal valore simbolico del cibo e delle feci, all'indubbia influenza degli stati emotivi acuti e cronici sulla funzionalità di tale processo nutritivo; un atto biologico che a volte può essere trascurato, controllato da forzature e imposizioni oppure dominato da troppa leggerezza. La prima funzione emotiva, infatti, percepita dal piccolo è la fame: essa si placa con l'assunzione del cibo ed è seguita dal soddisfacente senso di sazietà, intimamente connesso con la sensazione di sentirsi al sicuro, protetto e, non meno importante, amato


TTENZIONE
però, gli individui che sono stati 'troppo appagati' (eccessivamente stimolati direbbero i freudiani) nel periodo dell'allattamento (fase orale) e che di fronte a qualche difficoltà o ad ogni situazioni difficile, tendono spontaneamente a regredire ad una fase precedente piacevole del loro sviluppo (fasi: orale, anale, fallica), sono dominati dalla troppa fiducia che vi sarà sempre una madre che avrà cura di loro e che procurerà tutto ciò che desiderano (atteggiamento che, più tardi, nel mondo degli adulti potrà esprimersi con qualche difficoltà nei rapporti sociali, educativi e lavorativi); questa eccessiva fiducia li condanna alla fragilità, all'insicurezza, all'inattività - a non assumersi, di fronte ai vari impegni che la vita impone, le proprie responsabilità 
- ad aspettare la manna dal cielo, e nel contempo si rifugiano nei piaceri della tavola (bulimia … o altre dipendenze più complesse e pericolose). La loro golosità si accompagna al senso di insicurezza, disistima ed al bisogno di protezione: sperano sempre per così dire, alla 'dolce provvidenza', ritornare a quel “fantastico” periodico evolutivo, a quel continuo sgorgare del latte caldo dal petto materno; ogni volta che mangia la memoria lo 'catapulta' a quei momenti, a quei ricordi, a quell'energia primordiale del latte buono o del latte cattivo: pace, gioia, conflitti e lotte all'ultimo sangue. 

nche il loro comportamento sociale ne è interessato: essi infatti prediligono rapporti, lavori e svaghi tranquilli e sicuri, senza tanti 'scossoni'; rimangono perennemente dietro le quinte, sono disposti a rinunciare persino al successo personale per un'entrata più sicura, lineare e regolare; diventano trasparenti, fanno tutto il possibile per non mettersi in mostra, rifiutano i piaceri della vitanon solo quelli della buona tavola, ma anche quelli del vivere con gli altri in maniera libera, autonoma e spontanea. Nel loro comportamento essi sembrano sempre domandare qualcosa, in modo remissivo e persino aggressivo; danno veramente l'impressione di succhiare ovunque tutto il possibile, chiedono e insistono … dei veri insaziabili vampiri


ICORDA, privazione o eccesso sono due facce della stessa medaglia, predispongono sempre a debolezza d'animo e conflitto, non facilitano la vita, ma la danneggiano; non avendo costruito basi solide, una valida autonomia, una buona autostima e una discreta sicurezza inciampano per un nonnulla, rimangono in stallo, completamente in balia degli eventi: hanno bisogno di un continuo sostegno, una robusta 'stampella' su cui appoggiarsi in ogni momento della loro esistenza. Esempi patologici del simbolismo del cibo sono il vomito psicogeno come rifiuto di una realtà sgradita, la stitichezza come simbolo di trattenere, non dare, di avarizia e infine di eccessi contrari dell'alimentazione: anoressia e bulimia. Il vomito, infatti, è un disturbo piuttosto frequente nei bambini che rifiutano la situazione scolastica: vomitano tutte le mattine tranne la domenica. Ciò rappresenta il simbolismo, facilmente coglibile, di rigettare una situazione sgradita. Ma il rigetto è a livello inconscio; cioè il bambino vomita non perché non gli piaccia andare a scuola, ma perché la situazione scolastica viene vissuta come un abbandono da parte della famiglia (a volte distratta) la quale priverebbe così il bambino della propria presenza rassicuratrice per punirlo di qualche colpa (fenomeno non sempre reale, ma vissuto come momento del tutto fantasioso da parte del piccolo)


ale presunta punizione si realizza in maniera per così dire dantesca e cioè collegata al contenuto della colpa: il vomito nervoso simbolizza la restituzione di colpose fantasie incorporate. Mentre nell'anoressia il soggetto non può assumere il cibo per un senso di colpa già avvertito, nel caso del vomito nervoso egli è costretto a “restituire” il cibo ingerito per un senso di colpa legato all'ingestione stessa (vedasi il significato simbolico del cibo: buono, cattivo …). Quando la gente vede un neonato portarsi alla bocca tutto ciò che gli capita a portata di mano, dice che “sta mettendo su i denti” e che si massaggia le gengive. La spiegazione, pur avendo una parvenza di verità, è abbastanza puerile. La bocca è, per il neonato, una zona erogena (e NON SOLO per lui), una parte del corpo cioè che, comunque stimolata o toccata, suscita piacevoli sensazioni; ed è fin troppo ovvio che il piccolo ricorra volentieri a questa sollecitazione così come ciascuno di noi fa di tutto per concedersi qualunque cosa che lo soddisfi e gli piaccia. Da questa tendenza, infatti, deriva l'abitudine ad esprimersi oralmente: il piccolo, privo di altre forme di espressione quale ad esempio quella verbale, ci dice subito se una cosa gli piace o meno, leccandola e tentando di ingerirla nel primo caso, sputandola e mordendola nel secondo.


n tal modo egli cerca di impossessarsi di ciò che gradisce e di aggredire, distruggere o respingere ciò che lo disturba (la pratica predominante della fellatio o del cunnilingus nell'attività sessuale adulta rievoca certe dinamiche o fissazioni a quella fase eccessivamente stimolata, in eccesso o in difetto, in quella zona erogena; viene espresso un mondo fantastico, infinite fantasie infantili: una resa dei conti, un dibattito vivace tra un “mordere” avido e un dolce “carezzare”). Oggetti e soggetti, situazioni e persone, vengono cioè vissuti come cibo; il cibo incontra nutrimento ma anche profondi affetti … ogni boccone può essere una ferita 'aperta'. Ci sono ricordi, infatti, non digeriti, che 'tornano su' perché sono intrisi di rabbia e colmi di dolore … una guerra fredda che continua ad influenzare non solo le scelte, ma la vera felicità. A volte, più tardi, senza una apparente ragione, quando lo stomaco riceve un “cibo sbagliato” si arrabbia, i ricordi bruciano, si fanno sentire, diventano acidi, non vanno giù: tornano su pieni di rabbia, di rancore e di dolore. In ogni persona, l'assunzione del cibo e la conquista di un possesso sono uniti da un legame saldissimo, perché il cibo è la prima conquista che ciascun essere umano riesce a realizzare. Ma con l'assunzione del cibo, sempre se somministrato dolcemente e con generosità, il lattante prova anche una grande soddisfazione, un giusto appagamento. 


gli prova un senso di sicurezza, si sente accettato e amato. Così l'essere alimentato e l'essere amato vengono ad essere intimamente connessi nella sfera dell'esperienza e tali rimangono per tutta la vita. Ma se al lattante viene negato il cibo, quindi il seno non gli viene più offerto a sufficienza o elargito in maniera troppo sbrigativa egli reagisce con l'atto di mordere (seno cattivo). La frustrazione risveglia dunque impulsi aggressivi. Chi soffre di DCA è inibito, proprio nel campo relativo ai rapporti tra cibo, amore e possesso. Egli non sa maneggiare ciò che possiede, e non ne valuta correttamente la portata, né la conquista né la necessaria rinuncia a tempo opportuno. Afferma di essere estremamente moderato nei riguardi di se stesso e di essere invece spesso e volentieri prodigo con gli altri, talvolta persino in maniera esagerata. In verità però egli tende fortemente al guadagno e al possesso, anche se non lo sa, e spesso è pure inconsciamente aggressivo. Pertanto, dato che essere amato ed essere nutrito formano in tutti gli individui un unico indissolubile complesso, dietro ai desideri di possesso nascosti e non realizzati, si cela, in definitiva, un profondo desiderio di affetto e di protezione. 

proprio perché non vogliamo farci mancare proprio nulla, come accade per la maggior parte dei disturbi emotivi, anche il contesto culturale gioca un ruolo significativo: chi vive in una società industrializzata viene continuamente bombardato da messaggi che sottolineano, specie per le donne, l’importanza di una linea perfetta, essenziale non solo per la bellezza fisica, ma anche per raggiungere il successo in campo professionale, economico e sentimentale … per essere apprezzati, accettati e considerati. La maggior parte delle persone è in grado di regolarsi nell’alimentazione senza difficoltà. Molte persone mantengono un peso più o meno stabile anche senza particolari controlli sulla dieta, basandosi solo sul proprio appetito (i neuroni dell'ipotalamo sono stimolati dalla leptina). Il problema è che l’appetito non è automaticamente regolato come lo sono il bisogno di bere o di respirare. Se non respiriamo adeguatamente moriamo in pochi minuti; se non assumiamo adeguate quantità di liquidi moriamo in pochi giorni; ci vogliono invece settimane e settimane per morire di fame. Questo minor controllo sul comportamento alimentare è causa, in situazioni estreme, di anoressia, bulimia, ortoressia (attenzione esagerata alle regole alimentari), pica (ingestione di sostanze non nutritive ... fenomeno molto diffuso nell'infanzia o nei disturbi psicotici) e obesità. Non esistono disturbi emotivi analoghi - se non a livello analogico - rispetto alla regolazione del respiro o all’assunzione di liquidi perché queste funzioni sono di importanza vitale e non presentano margine di tolleranza.


ere e mangiare, lo si ricorda ancora una volta, assicurano il nutrimento, il soddisfacimento del bisogno del cibo, ma ritualizzano anche, ad un livello simbolico, le prime relazioni oggettuali (stadio orale direbbero gli psicoanalisti). Tale nozione di pasto e i vari rituali connessi implicano una dimensione culturale e relazionale: legame e momento di riunione della famiglia, simbolo di divisione, di comunione, ma anche di festa. Un processo in cui le emozioni hanno un ruolo fondamentale, nel bene e nel male. Molti problemi legati all’alimentazione non sono veri disturbi mentali, sebbene chi ne soffra possa avere conseguenze emotive e possa trarre giovamento da una psicoterapia. Gli adolescenti e i giovani mostrano spesso varie e strane forme di comportamento alimentare, che includono diete frequenti, abbuffate e vomito per evitare di ingrassare. Questi comportamenti che sono molto più comuni dei veri e propri disturbi dell’alimentazione, non sono quadri clinici importanti ma aumentano il rischio di sviluppare abitudini alimentari più pericolose e possono essere le prime avvisaglie di problemi potenzialmente gravi, per cui non devono mai essere, per nessuna ragione, sottovalutati o ignorati. Il rifiuto del cibo ha - è bene sottolinearlo - serie motivazioni patologiche e spesso deliranti (sitiofobia).


anoressia nervosa (AN) fu identificata per la prima volta oltre un secolo fa, da un medico inglese (Richard Morton) che la descrisse come un disturbo caratterizzato da uno stato di inedia (forma più estrema di malnutrizione) imputabile ad una costante ricerca della magrezza ideale. Sono soggetti che si negano il cibo, pesano pochissimo, si lasciano praticamente morire di fame; sono indeboliti dalla fame, presentano uno sguardo vacuo, rifiutano il cibo per paura di diventare grassi e gonfi come un “pallone”, nonostante abbiano, in realtà, un aspetto di chi sia appena uscito da un campo di battaglia o di concentramento; un cibo vissuto come minaccioso per il senso di sé, di identità e di autonomia. Nello specchio irrealistico e distorto della loro immaginazione si vedono grassi o flaccidi (i distretti corporei presi di mira sono braccia e gambe ... anche il naso per alcuni non scherza), anche nel caso in cui abbiano un peso normale o siano addirittura sotto peso. Sono individui che perseguono un solo obiettivo nella loro vita, quello di essere magri, trascurando tutto il resto ... gli stimoli che la vita può offrire e riservare ad ogni essere umano. Una tragedia che assume un valore enorme e prende il sopravvento su ogni altra cosa, compresi salute, sopravvivenza, sesso e bellezza fisica. 

n'attenta osservazione qualificata mostra che gli impulsi aggressivi - possessivi come l'invidia e la gelosia sono tra i fattori più importanti di questo disturbo. Se questi impulsi vengono negati dalla coscienza, possono portare ad una grave inibizione dell'assunzione del cibo. Da qui il passo è breve. E' facile capire che - proprio perché il mangiare crea soddisfazione - il senso di colpa può disturbare l'appetito a tal punto che il soggetto non si concederà il piacere di saziarsi. Questo concetto può essere più chiaro pensando che il digiuno, in certi ambienti religiosi, è una diffusa e severa formula di penitenza. Altro elemento psicologico comune a questi soggetti è una inconscia reazione di dispetto; in questo caso l'anoressico si comporta come il bambino imbronciato che si rifiuta di mangiare per obbligare le figure di riferimento a concedergli particolari attenzioni e per vederli preoccupati. E' fondamentale riconoscere, in anticipo, i segni e i sintomi d'esordio di tale patologia per poter intervenire con un trattamento tempestivo ed adeguato, prevenire le terribile conseguenze che fino a poco tempo fa avevano un esito nefasto. Quando familiari o amici si rendono conto del dramma siamo, se non in salita, solo a metà strada; queste persone sembrano non accorgersi che il loro corpo si sta sciogliendo, scomparendo, annullando completamente e non ha alcun valore quello che segnalano bilancia e il calo di centimetri in “vita” ... quasi sempre, davvero impressionante.

'inizio è da ricercarsi in genere in una normale, ingenua ed innocente dieta che sfugge letteralmente al controllo; una situazione che evolve verso rigide restrizioni caloriche e attività fisica intensa e prolungata. Inizialmente è difficile, anche per i più esperti, stabilire il confine tra la ricerca ossessiva della bellezza e un disturbo alimentare di questa portata, specialmente in questo singolare periodo storico che idealizza all'esasperazione un corpo 'affilato' e ben 'asciutto'; in particolare per adolescenti, che spesso sognano successo o professioni in cui la magrezza ossessiva rappresenta una condizione imprescindibile … emergere, sfondare, affermarsi, raggiungere il successo e la fama a scapito della 'dimensione' corporea. Raggiungere un ideale di vita impossibile, un'immagine di sé talmente perfetta che diventa difficile vivere una vita reale e concreta.

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oiché sono convinti che la magrezza sia assolutamente essenziale per la
felicità e il benessere, ritengono necessario adottare un comportamento alimentare estremo, per esempio rifiutare una normale, semplice ed innocua alimentazione. Non importa quante “taglie” si perdono in breve tempo: non si sentono mai magri abbastanza. ATTENZIONE, questi atteggiamenti e modi di pensare non vanno MAI intesi come difetti o debolezza di carattere, ma semplicemente come modalità reattive - consolidate nel tempo - poco vantaggiose nel mondo adulto; un modo di reagire che, ora, allo stato attuale, risulta poco idoneo per l'equilibrio psicosomatico e, soprattutto, per vivere in maniera autonoma e libera, poter scegliere e decidere ... con gioia e felicità. Oltre a sottoporsi ad una dieta ferrea, possono provocarsi il vomito e fare abbondante uso di lassativi e diuretici, che accelerano l'eliminazione dei liquidi. Sono state avanzate molte ipotesi circa l'eziologia, la causa di questa singolare condotta alimentare. La dinamica familiare e ereditarietà sembrano contribuire o, meglio, facilitare la sua insorgenza. In realtà, essendo un fenomeno più comune tra i parenti stretti, si preferisce affermare che ha le sue radici nella genetica, anziché nella vita sociale; per alcuni potrebbe far comodo non puntare il dito su qualche negligenza o abuso relazionale: fenomeno stimolato da precisi modelli culturali. Proprio perché si registra un'incidenza superiore alla media di disturbi depressivi tra i parenti stretti dei soggetti con problemi alimentari e del disturbo ossessivo - compulsivo nelle madri dei soggetti anoressici, dovrebbe far pensare, perlomeno far riflettere sulla seconda ipotesi. 


TTENZIONE, non si cercano colpevoli, un'attenta e oculata riflessione non serve per condannare qualcuno, non abbiamo bisogno di capri espiatori, ma per avere un quadro clinico chiaro della situazione, conoscere il più possibile il fenomeno in atto, le sue complesse dinamiche e, quindi, per poter intervenire con solerzia e la massima professionalità. MAI avallare comunque violenze, gesti distruttivi o giustificare comportamenti lesivi verso altri, nessuna riduzione di “PENA” ma sempre rispetto per chi soffre … da ogni parte!!! 
ale disturbo può essere anche una risposta ad una perdita personale, una scarsa autostima oppure un sintomo di una personalità narcisistica.

Una carente autostima può avere alcune conseguente molto negative, che vanno dall'incapacità cronica di raggiungere buoni risultati a scuola e nel lavoro, fino alla delinquenza, alla depressione e al suicidio. La bassa autostima è, infatti, un importante fattore eziologico nell'alcolismo, nella dipendenza da altre droghe e, soprattutto, nella anoressia nervosa. E' un problema grave. Alcune di quelle persone la cui autostima è bassa non ne fanno un segreto, ma altri ricorrono a meccanismi mentali di difesa per farvi fronte e - a livello conscio - negarla. Fra questi meccanismi vi sono la negazione, la formazione reattiva, la proiezione e lo spostamento. Non vi è alcuno standard assoluto in rapporto al quale possa essere giudicato il valore di una persona. Ai fini pratici noi siamo ciò che crediamo di essere, e spesso il compito dello specialista è cambiare le convinzioni del paziente riguardo a chi è e cosa può fare (utilizzare meglio le sue energie ...).


a sfida cui ci troviamo di fronte, dunque, è quella di accrescere le nostre capacità nell'aiutare la persona a cambiare la propria visione su se stessa, opinione che può avere fin dalla prima infanzia. Col passare degli anni queste concezioni di sé, avvertite a livello profondo, probabilmente sono ripetutamente rinforzate sia dai genitori sia da altre persone che hanno detto a questi individui con problemi che sono “bambini cattivi”, nonché da un insuccesso inconsciamente motivato in svariati campi della propria vita. Il soggetto, comunque, che “perde l'appetito” e per conseguenza dimagrisce è spesso soltanto affamato emotivamente (ha bisogno di un sincero amore, una buona attenzione, una genuina, onesta e spontanea considerazione).


l sintomo abbastanza comune dell'astenia è molto spesso causato da un conflitto emotivo che consuma tanta energia da lasciarne ben poca a disposizione di una normale attività … anche di alimentarsi! Spesso una tensione intrapsichica inconscia si può esprimere mediante una tensione muscolare che provoca alcuni dolori sì da far pensare ad una nevralgia atipica (nel tessuto liscio o striato). L'anoressia precoce, inoltre, nella prima infanzia, non d'origine ipofisaria, può essere uno dei primi segni di autismo e di una grave psicosi infantile. Sono sempre di casa - comunque la si veda la cosa - i conflitti nello sviluppo e nella maturazione sessuale. L'anoressia solitamente si presenta nelle adolescenti che incontrano difficoltà nell'accettarsi come “figure” sessuali. Infatti, l'anoressia evidenzia una regressione in fase prepuberale, sia psicologicamente sia fisiologicamente. Tale disturbo, pertanto, può essere non solo un tentativo maldestro di gestire questi campi emotivi minati, ma può avere anche la funzione di “risolvere” i conflitti adolescenziali, quali la formazione dell'identità, gli impulsi sessuali e la separazione dalla famiglia. Sono presenti, come abbiamo appena visto, un senso diffuso di inadeguatezza e di bassa autostima, che si pensa siano un precursore dei disturbi della condotta alimentare. Si ritiene che il problema prenda forma nella prima infanzia, quando i bambini crescono soddisfacendo i bisogni di genitori distratti o concentrati troppo su loro stessi e ignorino i propri bisogni che neanche i loro genitori considerano. Ciò che si sviluppa in queste famiglie ossessionate dall'aspetto esteriore è una persona pre – anoressica, con un falso sé, preoccupata di essere la miglior bambina del mondo


TTENZIONE, questa analisi concettuale non è un complotto contro la famiglia, nessuno vuole incolpare i punti di riferimento; ciononostante conoscere tali dinamiche è fondamentale per trovare soluzioni, per mettere in atto una corretta, vantaggiosa e tempestiva terapia; certe famiglie, infatti, hanno un'alta frequenza di depressione, alcolismo e disturbi della condotta alimentare rispetto alle altre. Mostrano modalità distruttive e ipercritichismo verso il futuro anoressico (emotività espressa negativa), collusione tra genitori e figli, preoccupazione esagerata per peso ed aspetto fisico. Le modalità di abuso sessuale e di coinvolgimento fisico e psicologico, e altre forme di violazione del “confine personale” e l'iperintrusività sono state più volte citate quali fattori coinvolti nel malessere in questione … nella patologia appena descritta. Gli anoressici sono pazienti particolarmente difficili da trattare; negano sempre il grave rischio che corrono non alimentandosi e molto difficilmente cercano aiuto spontaneamente. Nelle forme più gravi tale disturbo alimentare rappresenta una vera e propria emergenza sia medica sia psicologica. Il decesso in genere sopraggiunge per scompenso funzionale in più organi o grave squilibrio dovuti al deperimento organico. 


onostante la mancanza e la cattiva alimentazione troviamo, spesso, steatosi epatica (fegato grasso), dovuta allo squilibrio dei vari organi emuntori: una disfunzione che può essere, in breve tempo, letale. Il rifiuto del cibo in questi individui è deciso, vigoroso, così come lo è il terrore per le calorie: oppongono una robusta barricata, una solida opposizione, una forte resistenza e non accettano per nessuna ragione, l'idea di desistere dal digiuno. E' tempo sprecato, se non inutile, anche a far leva sul fatto che stanno mettendo in serio pericolo la loro stessa vita. La ripresa dell'alimentazione deve essere graduale, molto cauta all'inizio, meglio se in forma liquida; è una strategia vantaggiosa anche se temporanea, messa in atto solo per poco tempo. Interventi psico - educativi, sempre indispensabili, prevedono che il soggetto sia messo a confronto con le sue idee riguardo il cibo e al peso corporeo, fornendo in alternativa idee più digeribili; l'intervento psicologico, nonostante la decisa e netta opposizione, non deve mai mancare; dovrà indagare i conflitti, le difficoltà e i problemi non direttamente espressi, ma che sono sempre alla base di questa drastica riduzione alimentare. Trattare questo disturbo alimentare cronico è davvero difficile, perché si tratta di indurre il soggetto a fare esattamente la cosa che teme di più: aumentare la cintura di qualche foro o indossare una taglia in più.


ualunque iniziativa o cosa si faccia a livello terapeutico deve, comunque, iniziare con un contrattoresponsabile e vincolante: un accordo che, senza nessuna forzatura, prevede nel tempo un lieve incremento di peso. Se non si interviene nel modo giusto, la compulsione a ridurre le quantità di cibo e a perdere peso si aggrava sempre più fino a diventare irresistibile. Da soli non possono imporsi di mangiare di più o di non esagerare con l'attività ginnica. Solo se sottoposti a una terapia adeguata, questi individui possono acquisire abitudini alimentari corrette e tecniche pratiche per affrontare i loro delicati problemi: gestire il loro destino in maniera libera e autonoma ... se tale situazione, ovviamente, non è ancora gestita o controllata da un grave quadro clinico psicotico. Esiste tuttavia una forma di 'autoterapia' iniziale estremamente utile che può dare sicurezza, sollievo e conforto, avere una visione complessiva al di là della situazione in atto, mettere a fuoco come stanno realmente le cose (distogliere l'attenzione ossessiva sul cibo): tenere un diario. E' come la storia del 'malato grave', se noi lo lasciamo concentrato sul disagio, avvolto completamente nel male, nella sofferenza con lo stesso clima e gli stessi “argomenti” con cui è stata prodotta la malattia non svilupperà mai un'apertura verso nuovi pensieri e schemi mentali, non lascerà mai la “cosa” che lo spaventa di più, non abbandonerà mai i soliti riferimenti, non cambierà prospettiva, non darà mai spazio alle sue vere potenzialità, alle sue infinite risorse, al potere curativo delle immagini e ai desideri autentici che salvano: tirerà i remi in barca, entrerà in uno stato di accettazione della patologia in cui consoliderà, nel tempo, la convinzione che tutto è perduto, non ci sarà più nulla da fare … il bicchiere mezzo vuoto divorerà lentamente la sua vita, governerà completamente la sua esistenza. 


ul diario, pertanto, si possono annotare anche, in modo dettagliato, il cibo consumato e il comportamento alimentare in atto; diventa utile, se non terapeutica, la piena consapevolezza del disturbo e di quanto cibo si introduce, nonché idee e opinioni riguardo all'alimentazione e al peso, cercare di capire cosa sentono e che cosa pensano: cominciare a guardare quello che sta intorno; fondamentale sarà tenere sotto controllo l'idealismo ossessivo. Inizialmente questi soggetti trovano ogni cosa impossibile, estremamente difficile, ma con il passare del tempo affinano buone strategie e capacità di approfondimento sempre maggiore; bisogna stimolare il desidero di esistere, sicuramente non facile per chi ha perso il GUSTO della vita, ma con pazienza e senza fretta si possono raggiungere traguardi insperati. La terapia comunque opportuna e più efficace sembra essere quella di tipo empatico e basata sulla realtà; incoraggia il soggetto ad avere una visione più ampia della situazione, a riflettere, esaminare, confrontare le diverse distorsioni e i temi invalidanti sopra indicati. Le sedute psicoterapeutiche hanno inizialmente una cadenza mono – settimanale. Il trattamento deve essere basato su una valutazione completa che include l'esame dello stato fisico, psicologico e comportamentale, delle comorbilità psichiche e delle dinamiche familiari. 


on solo è necessario, ma fondamentale un lavoro a rete, in equipe multidisciplinari. Il trattamento include: normalizzazione del peso, riduzione dei sintomi con terapia cognitivo - comportamentale, terapia individuale e familiare e interventi psicofarmacologici in alcuni casi piuttosto delicati. Senza dubbio l'approccio ottimale, considerata la gravità del fenomeno, riunisce pragmaticamente tutte queste diverse metodiche terapeutiche. Il trattamento deve essere corretto in base alla fase di motivazione e al desiderio di cambiamento del paziente; non può essere diversamente, la riuscita dipende sempre dai giocatori in campo: da una parte è consigliata una buona professionalità (da sola non è mai vittoriosa) e dall'altra è gradita una discreta, se non indispensabile, disponibilità … la voglia di cambiare non deve mai mancare non solo per questo malessere, ma per tutte le patologie sia acute sia croniche, perché spinge ad aprirsi al nuovo, modificare lo sguardo sulle cose, a stimolare le risorse per un reale cambiamento. 


'obeso ingrassa perché mangia troppo, e mangia troppo perché, a suo dire, ha sempre fame. Ma spesso si tratta di fame d'affettosono soggetti, quasi sempre, orfani d'amore. Per alcuni, ogni volta che mangiano, è come se stessero ancora “poppando”, rievocando quei momenti difficili, quelle sensazioni di solitudine, quei bocconi amari, “duri”, deludenti, insipidi, sbrigativi, che possono ancora oggi ferire; può essere un cibo dolce, caldo, offerto con tenerezza - gustoso, non 'riscaldato' - che coinvolge e rassicura oppure freddo, gelido, avaro di tenerezza, senza affetto e amoreun cibo che crea un 'vuoto' e fa sentire sempre affamati anche dopo aver mangiato come un bue. Costituzione e genetica favoriscono l'aumento di peso ma non bastano a provocarlo; le DISENDOCRINIE ne sono più spesso l'effetto che non la causa, essendo il risultato dello sforzo inabituale cui viene sottoposto l'intero metabolismo. In realtà, la ragione più frequente e più importante dell'obesità è - per molte scuole di pensiero - di natura psicologica (sistema ormonale permettendo). Si dice che un individuo - alcuni detti popolari lo confermano - si “affeziona” ai piaceri della tavola - e quindi tende ad ingrassare - quando l'età, la famiglia, il lavoro gli impediscono le soddisfazioni delle conquiste sentimentali, economiche o di carrierae non meno importante rinuncia alla sessualità.


 d è giusto. Come è giusto che i fidanzati siano individuati immediatamente - da un buon occhio clinico - perché perdono l'appetito. Se stai con chi ami ti dimentichi di mangiare. Vuoi perdere qualche chilo di troppo, “innamorati” … la perdita di peso, senza fatica, è garantita!!! Se stiamo con le persone giuste, che ci fanno star bene, la cintura si restringe … il cambio del guardaroba è assicurato.. Amore e cibo si sostituiscono a vicenda. “Avvolgiamo” in maniera spontanea e naturale di affetto un familiare obeso, ed egli come d'incanto avrà, improvvisamente, meno bisogno di mangiare, e comincerà a dimagrire. Provare per credere, diceva quel famoso presentatore. Poiché nessuno di noi dimentica le esperienze più emozionanti, è ben chiaro che il diverso modo in cui può essere soddisfatto, nella primissima infanzia, il nostro erotismo orale influenza decisamente il successivo comportamento adulto.


e persone affette da bulimia nervosa (BN), come abbiamo visto nei precedenti articoli, non sono in grado di controllarsi nel mangiare, allo stesso modo in cui l’alcolista non si controlla nel bere (vedasi i vari articoli sulla “dipendenza”). Abbuffate voraci si alternano a frenetici tentativi di eliminare le calorie ingerite; il prezzo da pagare per essersi lasciati tentare dal cibo è il vomito, l’utilizzo di lassativi, il digiuno forzato e l’esercizio fisico intenso. La contraddizione insanabile alla base di questo comportamento consiste da un lato nell’impossibilità assoluta di controllarsi nell’alimentazione, dall’altro dal desiderio di controllare a tutti i costi il proprio peso. Quando la linea non rappresenta un grosso problema, questo modo impulsivo e vorace di mangiare porta inevitabilmente all’obesità; al contrario, se l’obiettivo prioritario è mantenere una linea perfetta, ci si impegna in disperati tentativi di neutralizzare l’effetto delle grandi mangiate per evitare l’aumento di peso: è un circolo davvero vizioso. La bulimia è un problema molto comune, specialmente fra le giovani donne dalla pubertà ai vent’anni. Spesso comincia con i primi tentativi di dieta per sbarazzarsi dei chili in più che ci si porta dietro dall’infanzia; con il digiuno forzato lo scopo viene “presto” raggiunto, rinforzando la motivazione a seguire.


i vuole poi poco tempo per scoprire (da soli o tramite amicizie) il vomito e i lassativi come rimedio, o anche come punizione, per ogni abbuffata: una volta innescato, il ripetersi ciclico di questi comportamenti non lascia spazio e tregua. Vi sentite in colpa per quanto e come mangiate, e anche per quello che fate dopo per contrastare gli effetti del cibo. Siete i primi a disapprovare questo comportamento: sgattaiolate furtivamente in bagno per procurarvi il vomito ma state sempre attenti che nessuno vi scopra. Il vostro problema è un segreto per tutti, anche per chi vi è più vicino, arrivate anche ad evitare di fare nuove amicizie per paura che il vostro segreto venga scoperto. I soggetti con questo disturbo hanno ripetuti episodi di abbuffate, durante i quali consumano molto rapidamente grandi quantità di cibo, perlopiù dolci, e smettono di mangiare solo a causa di forti dolori addominali, della necessità di dormire o di una interruzione. Nel tempo questi soggetti, molto “astuti”, hanno affinato abili strategie per accelerare in pochi “colpi” l'eliminazione del cibo introdotto: all'inizio mangiano alimenti ricchi di fibre (le cose introdotte assorbendo acqua si gonfiano, creano una base, un “fondo” nello stomaco,in modo tale che l'impasto compatto, ben corposo, possa uscire più facilmente) poi proteine, uova, pane e latticini. Chi soffre di bulimia di ‘tipo purgingsi induce il vomito o assume lassativi (clisteri) per alleviare i sensi di colpa e controllare il proprio peso. Chi invece è affetto da bulimia di ‘tipo nonpurgingricorre ad altri mezzi, quali il digiuno e l’esercizio fisico eccessivo, per compensare le abbuffate. La bulimia è molto più comune della anoressia, benché i due disturbi spesso si sovrappongano. A differenza dei soggetti affetti da anoressia, i bulimici tendono ad avere un peso più o meno normale. Tuttavia, anche le complicanze mediche di questo disturbo sono gravi e possono mettere a repentaglio la vita del soggetto. La bulimia - 'alla moda' - o sperimentale è piuttosto diffusa tra alcuni gruppi di studenti delle università e delle scuole superiori. 


e ragazzine che provano a mangiare grandi quantità di cibo e a vomitare subito dopo, non soffrono necessariamente di un disturbo emotivo; spesso queste ragazze vomitano quello che mangiano per un periodo che può durare da qualche mese a un anno e quindi smettono quando le loro condizioni di vita o sociale cambiano. Per chi cerca un aiuto, l'informazione, la conoscenza e la psicoterapia si rivelano estremamente efficaci. La bulimia è piuttosto comune tra le giovani donne; tra i giovani maschi questo disturbo fino a poco tempo fa aveva un’incidenza pari a un quinto rispetto alle donne ora, invece, stanno recuperando terreno abbastanza velocemente. L’età media di insorgenza, per alcuni “osservatori”, è di diciotto anni; il disturbo può manifestarsi tra i dodici e i trentacinque anni. Le persone che da adolescenti soffrivano di obesità hanno maggiori probabilità di sviluppare la bulimia in età adulta. La bulimia solitamente si manifesta al termine di una dieta ferrea protrattasi da alcune settimane fino a un anno o anche più a lungo e che può avere avuto successo oppure no. Le diete molto rigide possono influire sulla chimica cerebrale al punto da scombussolare i normali meccanismi che regolano l’appetito o la sazietà. 


uesto semidigiuno scatena un’abbuffata, che a sua volta porta all’eliminazione del cibo ingerito. Nel momento in cui si rendono conto che il vomito riduce l'ansia provocata dalle abbuffate, queste persone smettono di temere tali episodi. In questo caso le abbuffate diventano sempre più frequenti e più gravi, fino a trasformarsi, con il passare del tempo, in un mezzo per affrontare qualsiasi forma di infelicità o di stress. Tuttavia la chiave di questo disturbo non sta nel mangiare quanto nel vomitare, poiché probabilmente queste persone eviterebbero di mangiare troppo se non potessero vomitare dopo (ovviamente per gestire il loro mondo affettivo ed emotivo attiverebbero altre “compensazioni”). Anche alcune anomalie biologiche possono avere un ruolo importante, benché non sia chiaro se rappresentino una causa o una conseguenza di questo disturbo. Poiché la bulimia, come l’anoressia, tende a manifestarsi verso gli ultimi anni dell’adolescenza, può essere associata alle difficoltà derivanti dal passaggio all’età adulta. 



nche i conflitti familiari, sentirsi combattuti tra i due genitori, possono portare una giovane donna (o fanciullo) a sviluppare un comportamento bulimico. Il disturbo sembra inoltre essere associato allo stress, per esempio all’allontanamento da casa per motivi di studio o alla ricerca di un posto di lavoro. Sebbene quasi tutti i soggetti bulimici siano infelici e scoraggiati perché sentono di avere perso il controllo sul proprio comportamento alimentare, la bulimia può anche essere un sintomo di profonda depressione. Anche i disturbi d’ansia possono coesistere con la bulimia (attacchi di panico, fobie). Altri problemi osservati spesso nelle persone bulimiche includono l’abuso di alcol, la difficoltà a tollerare la frustrazione, problemi nei rapporti interpersonali e comportamenti impulsivi. Alcuni soggetti fanno uso di anfetamine o di farmaci da banco per ridurre l’appetito o perdere peso. Alcuni rubano cibo, capi di abbigliamento, gioielli o altri articoli oppure cedono all'impulso di procurarsi dei tagli (vedasi patomimia cutanea).



ra i familiari dei soggetti bulimici si registra un’incidenza superiore alla norma di depressione, alcolismo, abuso di sostanze chimiche e obesità; la maggior parte delle strategie e degli insegnamenti familiari utilizzati per gestire il malessere emotivo sono quasi tutti 'sostegni esterni' che non aiutano ad irrobustire, a sviluppare 'anticorpi', a responsabilizzare, ad affrontare direttamente e con decisione le difficoltà della vita in maniera autonoma … a cavarsela da soli. La vita dei soggetti affetti da questo disturbo ruota intorno al cibo. Sebbene abbiano generalmente un peso normale, queste persone sono estremamente preoccupate per il loro peso e tentano di tenerlo sotto controllo sottoponendosi a diete, vomitando oppure usando lassativi e diuretici. Alternando le abbuffate all’eliminazione del cibo ingerito, ingrassano e dimagriscono ripetutamente di vari chili. La loro vita è dominata dai conflitti derivanti dal cibo. 


olte di queste persone non fanno pasti regolari e non si sentono sazie alla fine di un pranzo normale. Inoltre, preferiscono mangiare da sole in casa propria perché provano vergogna e sensi di colpa. Il cibo è costantemente al centro dei loro pensieri. In alcuni casi i soggetti bulimici non vedono l’ora di uscire dal lavoro per correre a casa a mangiare. Le abbuffate sono programmate con cura; qualsiasi cosa interferisca con questi piani determina un estremo stato d’ansia nel soggetto e prolunga ulteriormente il ciclo abbuffata - vomito. Alcuni, solitamente, scelgono cibi ipercalorici e dal sapore dolce, per esempio torte, gelati, pane prodotti lattiero - caseari che possono essere trangugiati il più rapidamente possibile senza dover masticare troppo a lungo. Un’abbuffata dura in media un’ora o due: quando cominciano a mangiare, non sono più in grado di smettere. In uno stato di estrema frenesia, cercano in continuazione altro cibo e smettono solo a causa di interruzioni o perché non sono più in grado fisicamente di mangiare. Al termine dell’episodio, si sentono piene di vergogna, autocritiche e depresse. L’eliminazione del cibo ingerito allevia i dolori allo stomaco e spesso riduce il rimorso e l’angoscia. Solitamente queste persone si infilano un dito in gola; alcune imparano a vomitare a comando. Un numero più limitato di persone fa uso di lassativi, e c’è chi può digiunare per un giorno intero oppure impegnarsi in un’attività fisica estremamente intensa. La bulimia può continuare a manifestarsi di tanto in tanto per vari anni, con abbuffate che si alternano a periodi di alimentazione regolare. 


olitamente i soggetti bulimici hanno un aspetto normale e un peso più o meno nella norma, sebbene anche le persone snelle abbiano un addome pronunciato a causa delle frequenti abbuffate. In linea generale queste persone conducono una vita normale nonostante la bulimia, anche se nei casi estremi possono dedicare tutto il loro tempo a programmare le abbuffate, ad acquistare cibo e quindi mangiare e a eliminare il cibo ingerito; a livello sociale, lavorativo e relazionale però si trovano in difficoltà e si sentono sempre fuori posto. Spesso sono i dentisti i primi ad individuare un caso di bulimia, in quanto osservano danni ai denti e alle gengive, tra cui l’erosione dello smalto dentario, causati dagli acidi gastrici contenuti nel vomito. Altri segni medici della bulimia includono ipertrofia delle parotidi (guance paffute), graffi e calli sul dorso della mano (segno di Russell), dovuti allo sfregamento della mano contro i denti mentre si induce il vomito. Anche il fatto che il soggetto si scusi durante o dopo un pasto per andare in toilette, dove si procura il vomito, è un indizio significativo. I soggetti bulimici possono arrivare a consumare più di 15.000 chilocalorie in una singola abbuffata, ma ciò che causa i danni più gravi è la successiva eliminazione di quanto si è ingerito. 


li acidi gastrici contenuti nel vomito irritano le gengive e corrodono lo smalto dentario portando alla formazione di numerose cavità. Il vomito ripetuto priva l’organismo di sostanze nutritive e liquidi essenziali, il che provoca disidratazione e squilibri a livello degli elettroliti. La deplezione potassica (ipokaliemia) compromette la funzionalità del cuore e di altri muscoli e può causare aritmie cardiache e, in alcuni casi, la morte improvvisa (vedasi “La grande abbuffata”). Altre complicanze includono spasmi muscolari alle mani e ai piedi, palpitazioni, irritazione e sanguinamento dell’esofago e dello stomaco e disturbi dell’apparato digerente. Molte persone credono erroneamente che l’uso di lassativi o di diuretici acceleri la perdita di peso e perciò fanno spesso uso di questi preparati. In realtà l’assunzione di lassativi e di diuretici provoca una ritenzione di liquidi di rimbalzo, prolungando così la sensazione di gonfiore e rinforzando il ciclo di eliminazione del cibo ingerito. L’abuso di lassativi comporta gravi complicazioni, tra cui stipsi e prolasso del retto, nonché la rara condizione nota con il nome di colon catartico, che richiede un immediato intervento chirurgico. Anche nel caso in cui sembrino avere un peso e una salute normali, i soggetti bulimici possono soffrire degli effetti psicologici dell’inedia, che includono cambiamenti di umore, affaticamento e depressione. 


ra queste persone si riscontra inoltre un’incidenza superiore alla media di disturbi d’ansia, disturbi bipolari (sindrome maniaco – depressiva, oligofrenia) e disturbi di personalità; hanno difficoltà a livello sessuale o mostrano comportamenti impulsivi autodistruttivi quali il taccheggio, la promiscuità e l’automutilazione. La terapia della bulimia si realizza in varie fasi. La prima fase enfatizza il controllo sull'alimentazione attraverso tecniche comportamentali come l'automonitoraggio, prevenzione della risposta (mangiare senza poter vomitare), prescrizione di modalità alimentari regolari e misura di controllo dello stimolo (evitare situazioni a rischio di abbuffata). In questa fase “educativa” i soggetti sono informati sulla nutrizione, sulla regolazione del peso e sugli effetti deleteri della bulimia. La seconda fase si focalizza sul tentativo di ristrutturare gli aspetti cognitivi irrealistici (convinzioni e aspettative) e sviluppare metodi di risoluzione dei problemi più efficaci. La terza fase enfatizza il mantenimento dei “guadagni” ponderali e della prevenzione della ricaduta con incontri settimanali nel primo anno, quello più a rischio di ricaduta … tenere sotto controllo recidive quando si è sotto stress.

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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore informativo ed educativo, non prescrittivo.

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