martedì 19 settembre 2017

INFEDELTA' …

INFEDELTA'


era o immaginata, l’infedeltà è un demone che, prima o poi, farà la sua apparizione nella vita di coppia; entrerà lentamente in scena e allora sì che saranno notti scure, giorni bui e dolorosi. Queste parole venivano spesso formulate - un po' per paranoia, un po’ per scaramanzia e un po' per ironia - da alcuni amici buontemponi come augurio spiritoso ai novelli sposi: prima, durante e dopo la cerimonia nuziale; entrambi, a loro dire, dopo il legame coniugale, rimpiangeranno i bei giorni sereni. In pratica, si intendeva affermare che, volenti o nolenti, per quanto bene e passione ci fosse in quella coppia, il “mostro” in punta di piedi, con le sue inconfondibili sembianze, avrebbe fatto sicuramente la sua comparsa nel rapporto amoroso. Un tema, questo, che con l’avvicinarsi di ogni vacanza, - fatta di notti trasgressive e galeotte - può terrorizzare non poche coppie. 

onostante la religione condanni il tradimento (non desiderare la donna d’altri … non commettere adulterio) e la morale, per non farsi mancare nulla, lo mette all’indice, tale gesto, in amore, è di grande attualità e sempre più di moda … sembra esercitare ancora un suo fascino irresistibile. Il codice morale, quindi, pare non abbia nessuna presa su questa eccitante e piacevole forma di “svago”. Anche se tale fenomeno, come vedremo più avanti, coinvolge più facilmente alcune personalità rispetto ad altre, non dobbiamo mai dimenticare che certi fatti della vita adulta accadono perché in passato è stato preparato un terreno più o meno fertile: noi rispondiamo sempre in armonia col nostro stile di vita. La preparazione al rapporto di coppia non si improvvisa. Nel modo di esprimersi di un bambino, nei suoi atteggiamenti, nei suoi pensieri e nelle sue azioni, possiamo già intravedere l'embrione del suo comportamento futuro, in che modo si sta preparando alle situazioni in cui si troverà a fronteggiare da adulto; possiamo già intuire la sua opinione di come affronterà il mondo affettivo, il rapporto a due e con gli altri.

hi ad esempio ha vissuto nel nucleo familiare l'esperienza precoce dell'esclusione è costretto ad imporre, nei suoi vari rapporti di adulto - per evitare di ricadere in quella dolorosa esperienza relazionale - la sua presenza, accattivandosi simpatie, attenzione e premure; per avere l'affetto dell'altro affinerà le sue capacità di seduzione, dovrà indossare il vestito di un personaggio diverso da quello reale per ricevere un briciolo d'amore; il suo bisogno fondamentale, è di fare colpo, di imporsi, di piacere, di conquistare e, soprattutto, di sedurre continuamente (vedasi Disturbo Isterico - Istrionico di Personalità). Il problema maggiore è che rischia di allontanare gli altri a causa del bisogno continuo di dominare la scena e di essere costantemente al centro dell'attenzione. Queste persone hanno una grande carica emotiva che esprimono in modo rapidamente mutevole, passando dalle emozioni più intense a quelle più fredde. La teatralità del loro comportamento le rende “frivole” e “superficiali” agli occhi degli altri, anche quando sono profondamente coinvolte. Si irritano se non ricevono sufficiente attenzione; tendono a considerare le relazioni più intime di quanto non siano in realtà. Familiarizzano troppo in fretta e a volte in situazioni inappropriate: considerano, per esempio, conoscenze casuali o colleghi di lavoro come amici intimi. Il comportamento apertamente seduttivo di questi soggetti ha un significato più sociale che sessuale, ma non sempre la gente coglie la differenza.

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ossono pensare che gli altri facciano loro delle avance quando non ne hanno nessuna intenzione, con il risultato di creare situazioni imbarazzanti o, in casi estremi, inventarsi presunte molestie sessuali. L'instabilità del loro carattere si riflette anche nelle scelte di lavoro: si impegnano in nuovi progetti con grande entusiasmo, per poi perdere interesse velocemente. La continua ricerca di novità, fonti di eccitazione e di gratificazione immediate rendono impossibile l'impegno a lungo termine nella carriera: mettono più energia nel tentativo di sopraffare i colleghi che nel portare a termine il lavoro. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, tutti coloro che hanno vissuto un attaccamento di tipo insicuro – evitante. 
apporti che hanno insegnato il bambino a ritirarsi in se stesso, a chiudere le porte agli altri che vengono ignorati e deprivati di ogni potere invalidante. Un modo di reagire caratterizzato dal rifiuto delle relazioni, dal distacco, dall'indifferenza, dalla convinzione che le altre persone sono minacciose e ostili (Disturbo schizoide di personalità ...)

ddentrarci ulteriormente nei dettagli sarebbe troppo complicato … andiamo avanti. Tornando a noi, comunque, pare che la scappatella non conosca limiti, avviene in ogni fascia sociale e culturale. Mille sono i desideri nascosti dietro questa figura “trasgressiva”, “pittoresca” e “fantasiosa” dell’amante. Non solo si ha voglia di libertà e di nuovo, ma anche di ritrovare le profonde passioni ormai dimenticate, le attenzioni perdute, verificare la propria virilità e l’indiscutibile avvenenza. Dalla notte dei tempi, in amore, si è infedeli e si continua ad essere infedeli. 

are che questa attività, secondo alcune ricerche accreditate, non risparmi nessuno. Sembra, infatti, sempre secondo questo sondaggio, che un’alta percentuale di persone, chi più chi meno, nel corso della loro vita, almeno una volta abbia “inciampato” in qualche scappatella (i famosi incontri occasionali). In passato, il tradimento era forse più nascosto e peccaminoso, recentemente, invece, secondo la teoria della coppia aperta, viene interpretato come un segno di inequivocabile emancipazione personale. Un tempo per l’uomo tradire era indice di salute e, quindi, poteva vantarsene tranquillamente. Più trofei aveva appeso al muro, più aumentava la sua virilità (un personaggio con queste curiose caratteristiche lo troviamo in un film di F. Brizzi “Maschi contro Femmine” in cui il Don Giovanni di turno - A. Preziosi - colleziona oggetti, ben risposti in un cassetto, per testimoniare la sua potente virilità: mutandine femminili “internazionali”).

lla moglie, che scopriva l’inghippo, era solo concesso di perdonare e rimettere insieme i cocci rotti; le era assegnato il compito ingrato di rattoppare quello che era rimasto: la coppia scoppiata. In un clima di questo tipo la donna che tradiva doveva essere solo umiliata e cacciata. Solitamente era il maschio che veniva scoperto in flagranza mentre la donna, spesso, riusciva ad occultare con grande scaltrezza l’infedeltà. Dirlo o non dirlo, sembra il titolo di una tragedia shakespeariana. Il problema non è tanto confessarlo o meno, ma quello che potrebbe scatenare: accende sospetti, suscita gelosia, aggressioni brutali, l’orgoglio va in frantumi (se la coppia non ha più niente da condividere o spartire può anche andar bene)

ifficilmente c’è un responsabile in questa storia, l’infedeltà non è mai imputabile ad un solo partner, c’è qualcosa che non va nella coppia “fissa” e il tradimento, paradossalmente, ha la funzione di preparare le basi per un riesame del rapporto, diventare un banco di prova per il futuro e, se necessario, di voltare pagina: fare un'opera di revisione dell'unione in atto; ricreare e dare una spinta - se questo è possibile - ad un nuovo e sereno menage (quanti rapporti funzionano meglio dopo il tradimento!).

laria, ancora prima di subire quel imperdonabile scherzo da prete (parole sue), era convinta che il suo rapporto andasse a meraviglia solo per il fatto che da tempo, nel nucleo familiare, non si litigava e non si discuteva più; tutto bene, tutto a posto, tutto OK direbbe quella famosa canzone, nonostante, il rapporto fosse completamente spento, bloccato, congelato dalla rigidità, dalle abitudini e dalla ripetitività. Sono profondamente delusa; da lui un gesto simile non me lo sarei mai aspettato … da sempre, conoscendolo avrei messo la mano sul fuoco (ma lo conosceva davvero?).

egnali di stanchezza che, a suo dire, non li ha mai vissuti in maniera negativa perché distratta e troppo concentrata sulla “forma”; in compenso, però, scarsa comunicazione, poche dichiarazioni e niente contatti ravvicinati … baci inesistenti da secoli; racconta, ancora tra le lacrime, mai un sorriso, una battuta, un gesto affettuoso, un occhiata maliziosa, nulla e poi nulla, non si scherzava e non si giocava da anni e anni. Ma, purtroppo, ogni legame rigido e scontato, tenuto insieme solo da “Finché morte non vi separi” porta dritti, dritti in un posto “esclusivo”: al capolinea; tale situazione ha “spinto” Sergio, suo compagno, a cercare altri pascoli, assaporare e gustare altri nettari. Questa volta, però, non ha inviato un messaggio con l'iPhone o l'iPad, ma direttamente con il suo corpo scalpitante e su di giri, in disuso e alla deriva da tempo.

na vicenda che, indirettamente, ha insegnato qualcosa di molto importante ad Ilaria: che nella vita nulla è impossibile, che si può cambiare, fare qualcosa di diverso, soprattutto per il proprio benessere. Se nel rapporto non esistono più stimoli soddisfacenti comincerà ad emergere, nei soggetti più sensibili, un certo malessere, una fastidiosa e malsana frenesia aprendo, in tal modo, una profonda voragine nella coppia, una rapida crisi devastante: sarà guerra aperta. A volte la bocca mentisce, o la testa non capisce, ma le funzioni del corpo dicono sempre la verità. Se si verifica la “scappatella” vuol dire che quel rapporto è privo di passione e non fa più perdere la testa. 

uando in una coppia ci sono troppi tabù, la vita diventa una vera prigione, è inevitabile, quindi, che si desideri evadere! Non lo si può negare, essere traditi è davvero doloroso e devastante, destabilizza l’intera persona, ma è anche vero che spesso si rivela fondamentale nel processo di crescita e nell’evoluzione della coppia; l'affronto può essere “costruttivo”, se visto dal verso giusto, sia per chi lo attua sia per chi lo subisce; ma anche un gesto che può portare direttamente su un campo minato, avere conseguenze negative devastanti in cui i sensi di colpa, l’angoscia della perdita e dell’abbandono la fanno da padroni ... rendono la vita familiare un vero inferno, un tormento senza via d'uscita. Sia la vittima sia il fedifrago devono fare i conti non solo con le pene psicologiche (rabbia, disperazione, desiderio di vendetta, disistima, sensi di colpa), ma anche sopportare seri disagi fisici (disturbi gastrici, ansia, insonnia, attacchi di panico e, non raramente, disturbi dermatologici). L’infedeltà pare che abbia per alcuni, invece, una funzione in qualche modo terapeutica (se non si dice niente in giro). 

uando la coppia è “congelata”, avvolta da un profondo disagio, la trasgressione eccitando tutto l'organismo (elettrico, biochimico, ormonale) può far bene alla salute, dare una “Botta di Vita” (vedi il film di E. Oldoini): i malesseri generali scompaiono di colpo (mal di testa, mal di pancia, mal di schiena, quei tratti depressivi fastidiosi che da un po’ di tempo erano presenti … improvvisamente spariti), il cattivo umore lascia il posto all’entusiasmo e alla felicita, mentre l’ansia, di colpo, svanisce lasciando spazio alla voglia di fare. se Se le abitudini di coppia stanno spegnendo lentamente l’entusiasmo della vita quotidiana, uscire da certe regole fastidiose ha, infatti, un valore terapeutico indiscutibile … riconoscibile da chiunque, anche dal più incallito bacchettone. Il bisogno di tradire comunque è un tentativo di ritrovare le attenzioni che si sono affievolite nel tempo, per sentirsi compresi, per riaccendere la fantasia, per risvegliare l’eros che l’abitudine ha assopito e appiattito: permette di evadere dalla “routine affettiva” in cui, spesso, un rapporto di lunga durata, ormai al traguardo e senza fantasia, ingabbia entrambi i partner.

l bisogno di sentirsi femminili e affascinanti, di essere ricercati, questa è la vera molla che fa scattare l’infedeltà (soprattutto per coloro che hanno vissuto esperienze dolorose, nella triade familiare, di “abbandono” ed “esclusione”)Tutto ciò, dopo vari anni di convivenza,di solito - se non ci si inventa qualcosa di fantasioso - le reciproche attenzioni diminuiscono, l’erotismo si anestetizza parzialmente e soprattutto la donna può percepire di non essere poi così tanto desiderata. La donna ferita nella sua vanità è spinta a provare a se stessa di avere ancora sex appeal, si apre quindi ad altri sguardi e lusinghe fino a che scatta e si concretizza la relazione extraconiugale. In questo modo, oltre ad evadere dal focolare domestico sempre uguale e piuttosto banale, può trovare la conferma di non aver perso fascino, passione e seduttività. Per l’uomo, invece, la molla che fa scatenare l’infedeltà, è spesso il desiderio di vedere riconfermata la sua potenza giovanile e la propria virilità, in modo tale che nessuna donna possa resistergli (la commedia morbosa dongiovannesca fa pressione … incalza)


ovendo concludere questo articolo è importante precisare che nessuno ha il diritto di suggerire di tradire o di non tradire, quanto piuttosto di impegnarsi alla ricerca dei motivi che hanno spento e ingabbiato la grande passione amorosa (se esiste ovviamente ancora fuoco sotto la cenere). Inoltre, anche una forma di gelosia (ossessiva e morbosa) può spingere uno dei partner ad “urtare” inavvertitamente in qualche scappatella. Una unione, infatti, basata sulla persecuzione, sul sospetto e sul controllo del partner, altro non porta che al tradimento … o avvelena irrimediabilmente, man mano che passa il tempo, il rapporto di coppia.

MA COSA SUCCEDE

opo un tradimento si ritorna insieme solo se la nuova esperienza è stata utile per entrambi, fa battere il cuore come la prima volta, stimola altre visioni, sollecita interessi diversi, mette brio al rapporto. Basta rancori, illusioni, meschinità, aspettative, vittimismo, rivalse … recuperare un legame ormai logoro, sfilacciato e in mille pezzi significa mettere insieme, incollare un “amore” banale, insulso, fragile e inaffidabile … quando si va a “brucare” nei pascoli adiacenti ai propri territori vuol dire che qualcosa da tempo nella coppia si è spento o si è raffreddato (vedasi Ilaria), si è smarrito il senso dell’avventura, si è perso il gusto della conquista … allora, proprio per non "ammalarsi", si cerca altrove ciò che manca.

ontrariamente a convinzioni piuttosto diffuse, la fedeltà non è un atto d’amore eterno, tantomeno una garanzia di controllo o di possesso su l’altro … non deve essere un dovere, è solo un gesto spontaneo che segnala ancora fuoco sotto la cenere e, quindi, metterebbe sullo sfondo il desiderio di cercare altri orizzonti o altri pascoli, in realtà, non sarebbero per niente interessanti ... diversamente, se fosse un sacrificio, diventerebbe una prigione che fa solo danni alla coppia e, soprattutto, a se stessi.
pesso il tradimento viene “suggerito” dal “nuovo” perché il “vecchio” non attrae, non coinvolge, non stimola, non interessa, non stupisce più: passione ormai spenta; una relazione stanca che toglie vitalità, un rapporto infelice in cui l’abitudine e noia ci sono - forse in abbondanza - ma si è scarsi di tutto il resto, leggerezza, entusiasmo, sguardi, lusinghe, seduzione, slancio, fantasia ed erotismo compreso … l’infedeltà è un’esperienza complessa, a volte fa sentire meno soli, altre volte permette di prendersi i propri spazi che si sono persi nella relazione che ha sapore di roba stantia, odore di rancido ma, soprattutto, trasforma, fa sentire VIVI, permette di uscire dalla routine affettiva, dalla disattenzione, dalla noncuranza e dall’indolenza del partner: scardinare false certezza e cattive abitudine ... mette in primo piano i propri bisogni emozionali insoddisfatti.
on dobbiamo dimenticare che ogni “avventura”, al di là della sua più o meno brevità o astuta “programmazione”, è sempre un segnale evidente di sofferenza, di insicurezza e di vuoto nella coppia, un’infelicità spinta da un modo di vivere il rapporto in maniera stagnante. Una relazione troppo scontata, idealizzata, distratta, annoiata, monotona, ripetitiva, costrittiva o limitativa: un legame in cui non si sta più a proprio agio perché carente di attenzioni fisiche e affettive … la “scappatella” solitaria o ripetuta, allora, non solo può smantellare quella facciata sociale imposta e fuori luogo (che serve solo a tenere in pugno, controllare e gestire l’anima … la società), sconvolgere quel solito modo di amare, liberare tutta l’energia soffocata, rivedere un rapporto logoro ed invecchiato, diventare una strategia inconscia per liberarsi da schemi sentimentali rigidi, tradizionali e sempre uguali, ma anche un modo per essere più desiderabili, stimolare il piacere della conquista, sperimentare nuove sensazioni e stati di innamoramento travolgenti che risvegliano desideri insoliti, sprona a guardarsi intorno, concentrarsi su se stessi, risolleva dalla rassegnazione, sviluppa infiniti interessi, riaccende passioni intense e profonde: riconferma la propria individualità, ravviva i rapporti, lascia forti, seduttivi e sereni; fa “esplodere”, saltare, correre, urlare e cantare a squarciagola: trasforma, rende entusiasti, spensierati, ottimisti e rinnovati, si trascorrono momenti davvero FELICI … insegna a prendersi cura di se stessi; scioglie improvvisamente quei legami che impediscono di vivere, rapporti strani in cui da tempo si è ingabbiati.
ICORDA, la vita non chiede mai che le si volti le spalle … solo con una buona autostima, una adeguata realizzazione di se stessi e una giusta dose di serenità è possibile decidere se “giocare” al vero amore o restare in “panchina”.
Essere ripetitivi e abitudinari finisce per limitare eros, creatività e potenzialità: la relazione va vissuta con pienezza istante dopo istante (il presente) … l’eros non va assolutamente d’accordo con i calcoli e le strategie varie… non ingessare e contaminare l’amore con il proprio ideale di amore perché gli AMORI senza paure, sorprese, imprevisti, rabbie, desideri e passioni diventano prevedibili e scontati e, quindi, hanno vita corta, FINISCONO!… bisogna stare alla LARGA da chi ha intenzione di danneggiare!!!…

CORNA o non CORNA (un po' di mitologia)

Ma lo sapete perché si usa questa espressione, ovvero quello/a ha le corna, riferendosi ad un tradimento?
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i racconta che Pasifae - figlia di Elio e di Perseide - moglie del re Minosse, una notte si oppose ai suoi desideri amorosi. Con questo rifiuto ella non solo offese il re ma anche Afrodite (Dea della bellezza e dell'amore … Venere per i Romani) che per punizione la condannò a diventare ninfomane. Minosse, allora, preso dalla vergogna per questo sua comportamento "eccessivamente libertino" la costrinse a vivere in un luogo lontano dal palazzo e abitato solo da donne. Pasifae, però, non si perse d’animo, per soddisfare questo insistente ed intenso desiderio erotico, si mise all’interno di un manufatto di legno a forma di mucca e si fece legare nella “giusta posizione” affinché un enorme toro bianco potesse fare il “resto”… fu proprio da questo rapporto che nacque il famoso Minotauro (metà toro e metà uomo). Questa notizia scandalosa volò velocemente - anche senza internet - alle orecchie dei sudditi che non persero tempo a ricordare a Sua Maestà questo insolito tradimento con un gesto delle mani: le proverbiali corna … mignolo ed indice aperti e ben in vista.


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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.


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martedì 12 settembre 2017

Salute ... questa grande sconosciuta

Salute … questa grande sconosciuta



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i pensa che, nel corso della vita, una persona su tre circa sia colpita da un malessere psicosomatico, variabile per origine ed importanza (Fonte OMS). Un tema, quello della vulnerabilità emotiva, offuscato e dominato ancora oggi dalla trappola dei pregiudizi, senso di vergogna, timori ingiustificati e pressappochismi. Un'opinione piuttosto diffusa che ostacola l'apertura mentale e mostra una realtà completamente alterata … rende, se non ci s'avvede, mediocri; un'abitudine o, meglio, una “furbizia” manipolatoria messa in atto - per sentirsi meglio - da coloro che pensano di essere sempre senza macchia: mors tua vita mea. Un marchio d'infamia che, spesso, si dissolve solo quando si ha la certezza che gli altri cambieranno opinione o considerazione nei nostri confronti. Sono, infatti, numerosi e profondamente radicati i giudizi di valore che ostacolano, in maniera silente, la prevenzione, la diagnostica e la cura di questo singolare tormento umano. 


essuno è ritenuto colpevole per il fatto di avere l’epatite, il diabete, il tumore o l’ipertensione, ma c’è la tendenza a guardare con sospetto, diffidenza, se non con disprezzo, tutti coloro che presentano problemi a livello emotivo. Soffrire di un problema psichico non è segno di debolezza personale o morale, più di quanto lo sia essere colpiti da qualsiasi altra malattia fisica. Il malessere emotivo non indossa mai vestiti comodi, all'ultimo grido, vistosi e alla moda, meglio non farsi notare, non essere visti: perché la mente dei “sani”, colta di sorpresa, di fronte a certe inspiegabili “stranezze”, “stravaganze” o “bizzarrie” può SPAVENTARSI.

Risultati immagini per il matto Il fenomeno emotivo - restando sempre nel linguaggio della moda - ha, comunque, una sua precisa “griffe”, uno stile inconfondibile, circondato sempre da mistero, sguardo perso, passo incerto e speranze fugaci. Ecco allora, tra la gente per “bene”, ombre tenebrose, figure “schiacciate” sui muri che si muovono lentamente, con sospetto e grande difficoltà; immagini che con passo silenzioso, veloce e malfermo - per evitare occhiate severe, indiscrete e, soprattutto, per zittire (eludere) domande inopportune - sono costrette a diventare trasparenti ed invisibili. Così, lentamente, la vita sociale si spegne, i pochi rapporti interpersonali sono caratterizzati perlopiù da vile indifferenza, profonda intolleranza e da un diffuso senso di fastidio; ogni piccola occhiata contiene un segnale ben preciso: rivolgiti altrove, dai muoviti, vai oltre, non sostare, passa velocemente, questo non è il tuo territorio.


a “diversità” porta sempre con sé, oltre a spese inestimabili (assenze dal lavoro), la compromissione dei rapporti interpersonali e il rapido deterioramento psicosomatico. Anche le forme più lievi dei disagi psicosomatici possono determinare profonde sofferenze soggettive: paure diffuse, svalutazione, senso di inferiorità, disistima, torpore smanioso, incapacità di esercitare una professione in maniera continuativa, non essere in grado di occuparsi correttamente di se stessi e dei propri familiari. Il posto di lavoro, poi, diventa letteralmente una polveriera, un territorio di battaglia, un luogo arido e monocolore; ogni piccola cosa crea fastidio ed irritazione, un banale gesto diventa una seccatura, un pretesto per emarginare, umiliare e fare dispetti … mascherare i veri motivi del contrasto; tutto si trasforma in un senso di insofferenza e disgusto. Un'atmosfera lavorativa che blocca, stanca, rende infelice anche se quell'attività piace … ci si sente continuamente disorientati, a disagio e fuori posto. La vita sociale - vissuta al minimo e con il freno a mano tirato - oltre a cancellare i punti di riferimento, è sconvolta da scelte sbagliate, sommersa da desideri confusi, dominata dal dubbio, disorientata da continue rinunce e irragionevoli limitazioni.


i pensi, ad esempio, ad alcuni non gravi problemi della condotta sessuale, ai disturbi del controllo degli impulsi, all’umore ballerino, alle dipendenze patologiche, ai comportamenti evitanti e dipendenti. Manifestazioni che in passato sono state sistematicamente ricondotte a un difetto di volontà o ad una qualche imprecisata debolezza emotiva, e di cui attualmente si cominciano a cogliere gli aspetti “morbosi”, e quindi la necessità di integrare gli opportuni interventi terapeutici. Un malessere che segna la vita non solo alle persone che ne sono affette, ma anche alle loro famiglie, ai pochi amici e ai colleghi. Riconoscere le proprie difficoltà non significa essere dei mostri o dei falliti, ma semplicemente avere la consapevolezza della situazione, capire se c’è qualcosa che non funziona in modo tale da porre rimedio alla sofferenza invalidante; solo in questo modo è possibile attivare quegli strumenti utili a correggere i percorsi sbagliati. Imparare a vivere in modo più gratificante, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, avere una immagine di sé più realistica, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni, ritrovare l’autostima e la sicurezza, riacquistare il controllo di se stessi e scoprire che ci sono sempre delle alternative; inoltre, al di là della visione pessimistica del bicchiere mezzo vuoto, esiste sempre la possibilità e la capacità di prendere le decisioni giuste (percezione molto cara a Lodovico, in terapia per un invalidante tratto 'schizoide', da cui non si schioda di un mm dal bicchiere mezzo vuoto, anche in eventi e circostanze positive; non scommetterebbe nemmeno un 1 centesimo di € sul bicchiere mezzo pieno … per il momento non è certamente un campione di ottimismo!)

' fondamentale, inoltre, avere ben presente che possiamo agire solo su i nostri meccanismi interiori, non su quelli altrui; sarebbe una battaglia inutile e persa in partenza, quello che vogliamo noi non è detto che corrisponda a quello che desidera l'altro. Conoscere anche la funzionalità del sistema neurovegetativo è di cardinale importanza; sapere se in quel determinato “momento” della giornata domina nel nostro SNP il ramo simpatico (sistema nervoso periferico deputato a stimolare, contrarre, eccitare ... agisce, attraverso la produzione di adrenalina, sul cuore, pupilla, bronchi, muscoli, apparato digerente, vescica) o parasimpatico (facilita quiete, rilassamento, riposo ... agisce sull'energia in generale e sulle secrezioni salivari, gastriche, biliari). Il dominio dell'innervazione simpatica è legata all'ansia cronica, allo stress, all'attacco di panico e al temperamento collerico. La dominanza parasimpatica è caratteristica degli individui aperti, calmi e disposti a cedere (non a tirare i remi in barca ma semplicemente riflettere, a non combattere contro i mulini a vento a tutti i costi e, quindi, attivare inutilmente il simpatico)


n simile panorama impone, attraverso una corretta informazione scientifica, l’attivazione in tempo reale di strumenti terapeutici e preventivi, atti a promuovere la salute mentale. Ignorare la sofferenza emotiva - anche solo circoscritta a qualche indefinita stanchezza, svogliato sentimento o ad un innocuo pensiero persistente - può fuorviare dagli impegni sociali quotidiani, minare la capacità lavorativa, rendere difficili i rapporti con la gente e, soprattutto, non essere più in grado di svolgere con soddisfazione le attività elementari di tutti i giorni. Un aspetto fondamentale della salute emotiva è l’autostima, il senso di fiducia in se stessi, un sano orgoglio che dà ad ogni individuo la sicurezza per adoperarsi a raggiungere gli obiettivi, per aprirsi agli altri, costruire solide amicizie e relazioni strette … a livellare i picchi emotivi.

ALCUNE   DOMANDE

Come sapere con certezza se esiste un problema.

Non è sempre facile capire se le cose non funzionano per il verso giusto perché certe sofferenze si sono talmente consolidate nel tempo che possono essere tranquillamente mimetizzate o confuse con comportamenti del tutto considerati “normali”; un insieme di pensieri, credenze, fantasie e sentimenti, talmente presenti nel nostro agire, bagaglio culturale e comportamentale che sono considerati non solo del tutto regolari, ma necessari. L’unico modo per avere questa certezza è verificare le proprie impressione con uno specialista esperto e preparato in questo settore. 


on dobbiamo dimenticare che molti “segnali” o sintomi sono presenti in più quadri clinici (comorbilità) per cui risulta difficile anche per un esperto fare una diagnosi adeguata. Anche se l’autodiagnosi rappresenta un primo passo utile, il suo valore è per definizione limitato da piccoli preconcetti e da atteggiamenti interpretativi sbagliati. Non è possibile pretendere di padroneggiare le mille difficoltà di una vera diagnosi solo perché si è letto un articolo su internet o alcune pagine di un libro; quando i problemi sono significativi, continuativi e debilitanti è SCONSIGLIABILE curarsi da soli. Come dice quella famosa locuzione: ‘Un avvocato che si difende da solo non ha tra le mani che un cliente sciocco’ e impacciato. Capire che si ha un vero problema è difficile, soprattutto perché la maggior parte degli individui manifesta solo sintomi lievi e occasionali (soprattutto se si sconfina nei tratti psicotici). Se mettessimo insieme tutti coloro che hanno sofferto di depressione per qualche giorno o di ansia per qualche settimana, che hanno vissuto anche un solo attacco di panico, che di tanto in tanto si abbuffano di cibo, bevono un po’ troppo o hanno fatto uso di droghe, arriveremmo ad includere almeno il 95% della popolazione. 


irca un quarto di queste persone soffre di un disturbo diagnosticabile che richiede, forse, un trattamento deciso e tempestivo. Non esiste, purtroppo, una linea di demarcazione netta fra chi è affetto da una sofferenza importante e chi soffre soltanto di piccoli disagi o dolori occasionali che fanno parte della vita di tutti. Decidere se si è “normali” o no è molto facile quando ci si trova a uno dei due estremi, cioè se non si ha un segno di malattia o se i sintomi sono veramente conclamati, ma è molto più difficile se si è fra i tanti che si situano in posizione intermedie. E’ importante sottolineare che un sintomo non basta per diagnosticare un quadro clinico, sempre caratterizzato da un insieme definito di sintomi e da un decorso caratteristico. Prima di trarre conclusioni affrettate è importante sottolineare che i problemi per essere tali devono condizionare seriamente lo stato fisiologico, la vita affettiva e sociale in maniera CONTINUATIVA e non essere soltanto causa di un leggero disagio. 


eve coinvolgere vari settori della vita e condizionarla: biologico, sociale, affettivo, relazionale, lavorativo. Dato che il confine tra salute e malattia non è facile da tracciare, è importante fare attenzione a non sottovalutare né sopravvalutare la propria condizione. Il rischio più grave è quello di minimizzare i problemi: almeno tre quarti delle persone affette da un disturbo curabile non riceve l’assistenza necessaria. Anche la tendenza alla sovradiagnosi è molto diffusa e si può facilmente incontrare in soggetti ipocondriaci che ingigantiscono i problemi fino a farli diventare malattie davvero terribili … RICORDA, problemi non adeguatamente trattati danneggiano sia il corpo sia la mente ... i rapporti con se stessi e gli altri

Quali sono le cause di un problema

Rispondere a questo quesito può essere molto facile per alcuni malesseri, meno per altri: esistono però principi generali che possono essere applicati a tutti i casi. La maggior parte del disagio emotivo trova origine in una particolare vulnerabilità che interagisce nel tempo con le difficoltà che l’ambiente pone sul proprio cammino. Certe condizioni possono accrescere le probabilità di un singolo individuo di soffrire di depressione, di attacchi di panico o di alcolismo, nello stesso modo in cui possono incrementare il rischio individuale di soffrire di diabete, malattie cardiovascolari o tumori. NON bisogna MAI dimenticare la cattiva alimentazione che può innescare una serie di squilibri anche a livello cerebrale (c'è un formidabile test di Lesser-Kapklein che permette di correggere gli eccessi e le carenze nutritive. 


edasi Home page www.studiobonipozzi.it: Test. Un questionario che mette a fuoco - attraverso atteggiamenti, comportamenti e modi di pensare - gli squilibri nutritivi individuali; quadri clinici legati alla carenza o all'eccesso di elementi nutritivi: sbalzi di umore, tratti ossessivi - compulsivi, depressione, ecc. Vengono presi in esame i vari modi di reagire - stress fisico e psicologico - connessi a eccessi o forme di carenze biochimiche nel corpo in un determinato momento del soggetto esaminato). La nostra storia, comunque, si struttura, nel tempo, attraverso forze genetiche ed ambientali. I fattori ambientali che ci hanno modellati e che ora svolgono un ruolo decisivo nelle nostre scelte sono stati davvero numerosi: da traumi fisici a influenze familiare negative, a tutte le possibili difficoltà della vita, compresa l'attuale crisi economica. Siamo, comunque, tutti dei “sopravvissuti” a quelle inevitabili esperienze evolutive con piccoli o grandi “lividi” .... ancora, purtroppo, dolorosi (fase* - disagio emotivo … legame tra fase evolutiva e malattia). Al contrario, un ambiente con figure di riferimento sensibili e disponibili, particolarmente idoneo e attento può contrastare lo sviluppo del disagio emotivo … allontanare le “ferite” nel corpo e nella mente.

* FASE. Esistono quattro fasi fondamentali. La fase orale, la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato prova a succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene definito autoerotico. La fase anale è caratterizzata dall'interesse che il bambino dimostra per le funzioni della defecazione e della minzione (espulsione, ritenzione). Corrisponde all'apprendimento della pulizia, è decisiva nella formazione del carattere del bambino e della sua personalità adulta. La fase fallica, verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e nella bambina con la specificità dell'organizzazione sessuale. In seguito alla pubertà si realizza l'ultima fase, la fase genitale. 


ccade spesso in queste fasi evolutive che il piccolo si scontri con difficoltà che gli sembrano insormontabili. Rischia allora di voler regredire ad una fase anteriore. Se non può assumere le sue caratteristiche di adulto, tenta di tornare il bambino di un tempo. Si mette sulla strada che può condurlo sia sulla regressione completa (perversione) sia alla lotta contro il desiderio di perversione (disagio emotivo). Ogni perversione e ogni disagio emotivo (che è il suo negativo) si caratterizza con la fissazione ad una fase che dovrebbe essere integrata alla personalità adulta. L'ossessivo è fissato alla fase anale, l'isterico alla fase orale, l'esibizionista alla fase fallica.

Come affrontare il senso di amarezza

n problema emotivo rappresenta molto spesso una condizione difficile sia per il corpo sia per la mente. Nessuno d’altra parte può essere certo di avere una vita facile, e molte persone soffrono di problemi fisici e psichici peggiori di quanto si immagini generalmente. L’atteggiamento più saggio è di “accettare” con un certo “savoir faire”, le carte che sono già state distribuite, bisogna cercare di giocarle nel miglior modo possibile. NO pensare di rinunciare, a sottomissione, sconfitta o fallimento ma come un momento di grande riflessione, rimanere in stand by per recuperare energia e, quindi, pronti ad agire; pensare e ripensare ai problemi non serve a nulla, solo a soffrire inutilmente, ad avvitarsi su se stessi, soprattutto quando non si può avere il controllo sulle cose (produce in maniera eccessiva solo adrenalina). 


vviamente deve passare un certo periodo di tempo prima che si possa raggiungere questo grado di “accettazione” e, soprattutto, una piena capacità di reazione davanti alle avversità. Il passo più importante consiste nel capire che la vita, anche nelle avversità, può essere ricca di soddisfazioni se si cerca di assumere il controllo del disagio e se si lavora con “impegno” e “attenzione” per limitare le complicanze; ma se si lascia che sia il malessere ad avere il sopravento e a divorare dall’interno, il risultato è quello di vivere tra mille difficoltà e sofferenze. Capire che non si è soli e che si può uscire dai momenti difficili rende più sicuri, più coraggiosi, più sereni… discretamente forti e più “pazienti”.


Perché iniziare un trattamento adesso

iconoscere e trattare certi malesseri al loro esordio, prima che possano diventare parte integrante della vita e del modo di pensare, comporta vantaggi notevoli. E’ un po’ come riparare una perdita del tetto di una casa con prontezza, prima che danneggi il soffitto e i muri di casa; la tentazione quasi irresistibile - se si hanno pochi denari - è di lasciare perdere e di continuare a occuparsi delle proprie cose, ma prima o poi la perdita rovinerà l’intonaco e quello che avrebbe potuto essere riparato in maniera semplice ed economica richiederà costosi lavori di ristrutturazione. 


isure preventive e interventi tempestivi rappresentano la strategia più saggia e conveniente. Lo stesso vale per i disagi emotivi. Più si è depressi, compulsivi o soggetti al panico, più le zone cerebrali responsabili di questi sintomi diventano capaci di generarli; questo fenomeno viene definito con una strana parola kindling (accensione): è molto più facile domare le fiamme prima che il fuoco diventi un vero e proprio incendio. Molti studi dimostrano che numerose malattie rispondono in maniera più veloce e completa se la terapia è intrapresa nelle fasi iniziale del decorso, prima che i sintomi siano diventati per il soggetto, e per il suo cervello, un modus vivendi. Un trattamento tempestivo riduce anche il rischio di successive ricadute e migliora nel complesso la qualità di vita dell'individuo. Decidere di aspettare può essere una tentazione, ma è quasi sempre una cattiva idea, a meno che i sintomi non siano lievi, ambigui, di breve durata o legati a una condizione transitoria Il modo migliore per fare una cosa è FARLA.

E’ colpa mia

a maggior parte delle persone che soffrono di questi problemi tende a sentirsi colpevole. Da un lato, purtroppo, atteggiamenti sociali non particolarmente elastici contribuiscono spesso a rinforzare questa convinzione, questa sensazione diffusa, attraverso una serie di ingiuste stigmatizzazioni. Nessuno è ritenuto responsabile, come più volte accennato in premessa e secondo lo spirito di questi articoli del mercoledì notte, di avere il diabete, l’ipertensione, una malattia cardiovascolare o una polmonite, ma c’è la tendenza a guardare con sospetto, o addirittura con disprezzo chi è depresso, ansioso o dipendente da una sostanza; in qualche modo è come se ci aspettassimo di poter esercitare un controllo maggiore sui disturbi mentali. Questo atteggiamento è illogico, ingiusto, inutile e controproducente: soffrire di un disagio emotivo non è segno di debolezza personale o morale, più di quanto lo sia essere colpiti da una qualsiasi malattia. 


TTENZIONE, c’è una sola eccezione importante riguardo a questa considerazione; avere un problema di tipo psichico non solleva quasi mai da eventuali responsabilità legati a comportamenti criminali o immorali. Negli ultimi tempi si è diffusa sempre più, in alcuni ambienti giuridici, l’assurda tendenza a presentare la malattia mentale come scusa per giustificare tutta una serie di atti illeciti e spregevoli; per fortuna, questo atteggiamento si rivela in genere fallimentare in sede legale e si spera che possa progressivamente sparire anche dai programmi televisivi che si occupano di tali problemi … non si è responsabili della malattia ma lo si è del comportamento. Gli individui con qualche problema emotivo spesso devono compiere sforzi maggiori rispetto agli altri per controllare gli impulsi e per rispettare i sentimenti e i diritti altrui ... capire questo fa parte della responsabilità che comporta essere malati.

Che cosa fare per stare meglio


ercare di assumere il controllo della situazione anziché subirla è sempre una strategia vincente. Sapere, diceva quel saggio di cui mi sfugge il nome, equivale a potere: è fondamentale cercare di informarsi e di imparare tutto il possibile sulla propria malattia.

impegno per cercare di rimanere aggiornati deve essere costante; anche internet può essere utile ed indispensabile, mantenendo, però, sempre il giusto senso critico e comparativo; non è il rumore informatico che può far male, ma la sua esagerata influenza assecondata dalla nostra passività. Grazie ai progressi della ricerca e della tecnologia le conoscenze aumentano in maniera rapida e continua. Ancora più importante è essere seguiti da un professionista “sensibile” a questi temi, capace di aiutare a capire sempre di più le problematiche emotive e a porle nella giusta prospettiva: è fondamentale fare attenzione a questo particolare aspetto, sono molti i pazienti che si lamentano del fatto che il professionista scelto non li tiene sufficientemente al corrente della patologia in atto. All’inizio è meglio che il soggetto sia informato su quanto sta succedendo e sulle diverse possibilità terapeutiche: se lo specialista non è anche un buon docente capace e volenteroso, non è necessario insistere… meglio, non perdere tempo, sceglierne un altro (per entrambi!) non solo è utile, ma fondamentale). Infine, è importante cercare di conoscersi meglio


li esseri umani sono dotati di un grande spirito di osservazione per quanto riguarda tutto ciò che li circonda… eccetto se stessi. Una buona conoscenza di sé è un requisito fondamentale per cercare di migliorarsi, e succede facilmente di trovarsi davanti anche zone oscure quando si guarda l’unico oggetto che non si riesce mai a distinguere chiaramente: se stessi. Cercare, con calma, di imparare di più sui propri comportamenti caratteristici, su quello che piace e che non piace, sui punti di forza, le debolezze, le inclinazioni, le attitudini, i pregiudizi e le paure presenti; per comprendere e rendere più obiettivo questo quadro introspettivo può essere d’aiuto verificarlo con persone che si ritengono affidabili. Per superare un problema di questa natura bisogna veramente “mettercela tutta”: impegno costante, "onestà" e duro lavoro sono di importanza cruciale, ed essere un buon paziente non è davvero facile. I veri progressi si ottengono a poco a poco, compiendo piccoli passi, azioni normali che prima della terapia si cercava di evitare, accettando più tranquillamente se stessi. 


uello che si riesce a fare a casa, per conto proprio (il vero banco di prova) è in genere di uguale importanza del lavoro svolto durante le sedute terapeutiche: mettere in pratica ciò che si è imparato e affrontare le situazioni che normalmente si cerca di sfuggire. Molti disturbi hanno un decorso cronico o, più spesso, ricorrente. Se si sono vissuti parecchi episodi di malattia, è altamente probabile che accada ancora, a meno che non si cerchi di affrontare il problema in maniera seria, radicale e decisa: questo significa, di solito, cercare di acquisire una visione a lungo termine della patologia e prendere le misure necessarie per mantenerla costantemente sotto controllo… ricordarsi che l’amore per se stessi, può dare soddisfazioni maggiori di quelle derivanti da successi lavorativi e mondani o dall’accumulo di beni di cui in realtà, a volte, non si ha veramente bisogno.

Come può contribuire la terapia rinsaldare i rapporti

Risultati immagini per le fasi evolutive dell'infanziaSpesso i disagi emotivi sono fonte di grande tensione e continue incomprensioni all’interno della famiglia o dell’ambiente di lavoro. E’ particolarmente importante, anche se spesso difficile, che tutti i membri della famiglia cerchino di evitare un atteggiamento di biasimo reciproco. Bisogna rendersi conto che il disturbo emotivo può creare una situazione in cui è difficile vivere serenamente (non è facile convivere) non è esaltante stare vicino a una persona sempre depressa, eccitata, terrorizzata, in preda agli sbalzi di umore e alla collera o assorbita in rituali privi di senso, per fare qualche esempio. E’ comprensibile che i familiari perdano la pazienza e diventino a loro volta irritabili, frustrati e intolleranti nei confronti di chi soffre. La situazione da affrontare non è quella che si aspettavano e possono non essere preparati. 


iù i familiari impareranno a conoscere il problema, meno tenderanno a biasimare per eventuali comportamenti “bizzarri”; in caso contrario potrebbero pensare che il malato è ostinato, irresponsabile, egoista, ostile o incapace di amore. Una maggiore conoscenza della malattia permetterà loro di capire quello che il sofferente sta attraversando e di attribuire la colpa non al soggetto ma alla malattia; li aiuterà anche ad accettare aspetti del comportamento che in precedenza avevano giudicato sconcertanti, e a reagire meglio quando si ripresenteranno. La speranza è di riuscire ad aiutarsi reciprocamente e a diventare ancora più uniti di prima della comparsa della patologia: condividere il problema (sempre se lo vogliono entrambi) può spingere tutti a rivolgere una maggiore attenzione alle cose veramente importanti della vita. Di solito i disturbi mentali non compaiono all’improvviso. 


i possono determinare cambiamenti nel comportamento, impercettibili all’inizio, che il partner, i genitori, i fratelli o gli amici intimi notano, ma attribuiscono a stress o a un recente insuccesso. Se il cambiamento diventa più visibile o perdura per settimane o mesi, essi possono manifestare preoccupazione, ma ancora non sono in grado di intuire che davvero esiste un problema. In questo frangente è utile fare un passo indietro e guardare nella maniera più obiettiva possibile al proprio amico o parente. Che cosa precisamente è cambiato? In che maniera la persona agisce diversamente da prima? Da quanto tempo si sono notati questi cambiamenti? Sembra che stia peggiorando? In particolare è corretto chiedersi se la persona cara:

 Da diverse settimane sembra triste, depressa o di cattivo umore;
Pare che stia perdendo le energie e si sente sempre stanca;
Non sembra trarre alcuna soddisfazione da attività piacevoli;
Lamenta problemi di sonno;
Pensa con insistenza alla morte o parla di suicidio.
Manifesta forti oscillazioni dell’umore;
Sembra tesa, nervosa o irrequieta;
Appare confusa o ha problemi di concentrazione o di pensiero;
Prova improvvise sensazioni di panico o di terrore;
E’ diventata estremamente sospettosa o timorosa degli altri;
Fa fatica ad andare d’accordo con gli altri in casa o al lavoro;
Beve più del solito;
Usa sostanze illegali;
Non si è ripresa da una crisi che risale a parecchi mesi addietro;
Sembra incapace di controllare o di fermare comportamenti autodistruttivi, come il gioco d’azzardo;
Ha perso interesse per il sesso o non ha più le stesse prestazioni;
Si lamenta di sintomi fisici preoccupanti senza che ci sia una causa medica precisa;
Accenna a idee bizzarre e grandiose;
E’ diventata minacciosa, aggressiva o violenta.

Concludendo
Incoraggiare la volontà di star bene


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Parlare sempre in termini non drammatici ma realistici (guarigione, nuova vita, nuovo lavoro), non a scapito dell’onestà dei propri sentimenti e dei propri timori. Dare e aspettarsi rispetto e fiducia. Assegnare a tutti membri della famiglia dei doveri nella conduzione della casa e un posto nelle discussioni familiari. Mai essere iperprotettivi con il malato, non fargli un trattamento speciale e mai permettere che si nasconda dietro la sua “diversità”. 

Cercare delle informazioni

ebbene ci siano poche risposte già confezionate alle molte domande che insorgono quando una famiglia si trova ad affrontare un disagio emotivo, esistono alcune linee guida generali che potranno essere d’aiuto. Domande sull’istruzione, sulle opportunità d’impiego e su altre questione pratiche devono trovare risposte sicure. Fare delle verifiche con il terapeuta, leggere libri e articoli. Essere preparati “prima” del malessere.

Vivere la propria vita

er quanto sia difficile farlo, quando si è costretti a confrontarsi con un membro della famiglia con dei problemi, ogni persona deve continuare a coltivare i propri interessi e a vedersi con i propri amici. Sfoghi come questi rilassano, aiutano a controbilanciare l’atmosfera tesa che c’è in casa e tengono in contatto con comportamenti “normali”

Imparare a riconoscere i segnali d’allarme

Cercare di valutare le parole, le azioni o gli atteggiamenti che precedono i problemi, e cercare di calcolarne le ricorrenze. Se si hanno dei dubbi di fronte ad una certa gravità, è doveroso consultarsi con un specialista di questi disagi. 

Non aspettarsi troppo da se stessi

E’ probabile che di tanto in tanto ci si senta stanchi, adirati o risentiti. Accettare che il proprio lavoro e le relazioni personali incontrino delle difficoltà per questa situazione. Ricordarsi che non si è di ferro, poche persone possono sempre essere pazienti e generose. 

Non darsi inutilmente la colpa

Un disagio emotivo può essere causato da stress ambientale, da squilibri biochimici (stili di vita, modi di pensare, atteggiamenti) e da molti altri fattori conosciuti e sconosciuti. Rotture dell’armonia familiare o fatti particolari nella storia della famiglia hanno di certo contribuito, ma essi sono raramente gli unici responsabili. 

Parlare della situazione

uò darsi, come in molti casi, sia molto difficile discutere della propria condizione con gli amici intimi, perché essi non hanno alcuna percezione, o ne hanno ben poca, di quello che realmente si sta attraversando e quindi non sanno come reagire.

Non scoraggiarsi troppo presto


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La ripresa di un disagio emotivo richiede del tempo (è sempre in funzione della cronicità, quadro clinico, età, cultura). Come una ferita di natura fisica, la sua guarigione è graduale e non può essere affrettata. Non ci si deve scoraggiare per temporanee battute d’arresto: non cercare un colpevole quando le cose vanno male. Anche le piccole ricadute possono essere parte integrante della terapia … quando un bambino, ad esempio, ha imparato a "camminare", anche se inciampa e cade, è sempre in grado di rialzarsi!

Le strategie
esercizio fisico si è dimostrato positivo non solo per il corpo, ma anche per la mente. E’ anche un modo efficace per ridurre l’ansia: camminare, nuotare, fare attività semplici e senza sforzo. Una possibile spiegazione consiste nel fatto che l’attività fisica aumenta l’afflusso di sangue e l’ossigenazione del cervello e altera il livello delle varie sostanze chimiche del cervello provocando così modificazioni nell’umore. 

Una corretta alimentazione

anto il corpo quanto la mente per funzionare in piena efficienza hanno bisogno di un’alimentazione corretta. Le abitudine sbagliate - saltare i pasti, ingozzarsi in fretta e furia, sgranocchiare cibo-spazzatura - possono creare malessere fisico e disagio psicologico, come l’incapacità di concentrarsi sui propri compiti, di rilassarsi e di godere della compagnia degli altri. 

Le tecniche di rilassamento

sistono speciali tecniche di controllo dello stress che aiutano a produrre, attraverso l’attivazione di endorfine, uno stato di rilassamento, cioè uno stato di calma fisica e mentale che è l’opposto del riflesso attacca o fuggi, caratterizzato da ritmo cardiaco rapido, sudorazione, aumento della pressione arteriosa (vedasi adrenalina).

Terapie 

er la maggior parte dei disturbi emotivi esiste un gran numero di terapie efficaci e questa è un’ottima cosa, perché dà la possibilità di scegliere il trattamento o i trattamenti che meglio si adattano ai propri bisogni e desideri, alle proprie preferenze e possibilità economiche.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

uando si parla di “salute” non è facile essere sempre chiari, precisi e, soprattutto, trovare risposte semplici, rapide e sicure. I problemi cronici, spesso, persistono perché sono già stati fatti vari tentativi, si sono cercate altre vie d'uscita e, purtroppo, sono fallite. Molte sofferenze sono tenute in vita dal tentativo di prendere una scorciatoia, tagliare il traguardo senza rispettare le regole, sperperando eccessivamente le energie rimaste, interpretando erroneamente i messaggi e, non meno importante, dal fatto di non assumersi delle “responsabilità”


TTENZIONE, però, il concetto di responsabilità non ha niente a che fare con il giudizio di valore, ma indica semplicemente la consapevolezza dei propri gesti, non ci sono costrizioni e tantomeno forzature, ogni decisione è libera ed autonoma; si decide autonomamente e si utilizzano, di volta in volta, strumenti adeguati per raggiungere determinati risultati o obiettivi ... sempre in sintonia con i propri pensieri e progetti mai in funzione del parere altrui; una consapevolezza che permette di conoscere in anticipo le proprie azioni. Essere se stessi, ma soprattutto essere liberi ed autonomi nelle proprie scelte.

Risultati immagini per le fasi evolutive dell'infanzia Un articolo comunque non è mai una soluzione a certi problemi, tuttavia è fatto di idee e di riflessioni che rispecchiano una certa scuola di pensiero … un determinato orientamento scientifico. Alcuni di questi concetti possono essere più utili di altri, ovvero più appropriati a certi problemi specifici. Altri suggerimenti possono dare una “spinta” per ampliare nuove conoscenze. Quando si cerca una soluzione, l'unico fattore sconosciuto è il tempo. Nessuno può prevedere con precisione quando un problema cronico sarà risolto; le molte frustrazioni e delusioni dovute alle proprie aspettative disattese e ai ripetuti fallimenti provocano un enorme consumo di energie.


a la natura dei problemi cronici rende essenziale astenersi da qualsiasi previsione affrettata, che potrebbe produrre un'ennesima delusione e scoraggiamento, rendendo il problema ancora più profondo e radicato. Molti - perduta ogni speranza per il futuro - cadranno lungo la strada della dipendenza, della mancanza di speranza, dello sconforto, proseguendo il loro percorso circolare. Assumersi la responsabilità significa accettare il problema come proprio, impegnarsi a fare tutto quello che è in proprio potere per risolverlo … senza cadere nel tranello di demandare il tutto ad “altri”. Questo significa spesso respingere i consigli di coloro che “dovrebbero” essere più esperti. 


on è raro sentirsi dire - anche da persone del “mestiere” - in maniera categorica: “Io so cosa è giusto per te, ogni “strategia” diversa sarebbe una follia”. Comunque, al di là delle belle parole, non esiste una panacea, non ci sono soluzioni facili e rapide, ogni viaggio è sempre unico ed irripetibile. Sono tante le parole utili di consiglio, i suggerimenti, le metodiche terapeutiche che possono aiutare durante questo percorso verso la salute, o almeno additare i vicoli ciechi, affinché li si possa evitare … evitare di cacciarsi in labirinti senza via d'uscita. Alla lunga, sta a noi trarre il massimo dalle varie risorse di cui si dispone realmente e, quindi, raggiungere il miglior risultato possibile.

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La consapevolezza (intesa come conoscenza, essere presenti a se stessi, permette di agire in modo autentico, libero da condizionamenti e pregiudizi … allontana dagli “automatismi”) è sempre la consigliera migliore e può aiutarci, con le mosse giuste, ad uscire da questa dolorosa gabbia che nel tempo abbiamo costruito:
Scegliere un aspetto del problema, un elemento circoscritto, e considerarlo come una partita difficile di un gioco in cui si vuole VINCERE;


uddividere la “faccenda” nei suoi vari fattori: avversario, sfida, capacità richieste, scopi e qualsiasi altra componente che è possibile individuare;
Accumulare le risorse positive di cui avere bisogno per migliorare la propria posizione nel “gioco”. Rendersi conto di ciò che si impara dai vari tentativi … nella “battaglia”;
Assumersi la responsabilità di mettere in pratica un atteggiamento differente, un nuovo approccio, una nuova risposta al problema;
Rendersi conto che il problema è solo una parte della propria vita, non permettere che la possa invadere completamente.


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L'autore non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.



Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
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