Mobbing … una guerriglia interminabile
Gli stadi “evolutivi” del processo di mobbing.
1. In questa prima fase il conflitto quotidiano non viene risolto e diventa piuttosto invasivo. Può accadere che la conflittualità lasciata in sospeso, irrisolta, continui il suo percorso, la sua esistenza sotto la superficie della normalità, aumentando però di intensità con il passare del tempo … con dinamiche piuttosto violente e drammatiche!
2. In questa seconda fase si verifica un netto peggioramento: la vittima subisce un processo di etichettamento secondo il quale viene costretta ad assumere un atteggiamento di difesa o di fuga (vedasi panico, stress) … nel contempo si accusano i primi problemi di salute sia fisica sia psichica.
3. Tutti ormai sono a conoscenza di questa situazione conflittuale. In questa terza fase emerge un abbassamento nel livello di prestazione lavorativa qualitativa e quantitativa. Questa è una situazione delicata, ma nello stesso tempo devastante. Le vittime sono spesso considerate responsabili del conflitto (anche dai propri familiari): si attribuisce loro - senza mezzi termini - una percezione distorta della realtà, l’incapacità di gestire i vari problemi relazionali, mancanza di competenza e con seri problemi emotivi, trascurando in questo modo il ruolo causale di fattori situazionali (dal danno alla beffa).
4. L’ultima e terribile tappa del processo di mobbing è l’esclusione dal mondo del lavoro: trasferimento, bene che vada, ad un incarico di minore importanza, magari nel piano ammezzato lontano da tutti, e spostamenti continui (la disistima non solo avanza, ma galoppa velocemente).
scoltare (SENTIRE) di più il corpo senza mai rimuovere e coprire è doveroso: tono, energia, desideri e sintomi… se non si coglie il segnale del malessere e non si prende in mano la situazione, sarà qualcun altro a “mettere le cose a posto”: il corpo… ricorda, c’è sempre una corrispondenza impressionante tra le funzioni corporee e quelle della dimensione psichica/mentale… in realtà, il corpo usa le malattie, l’anima e i turbamenti vari, per avvisare che abbiamo intrapreso un percorso esistenziale contro mano, pesante e pericoloso… i sintomi, pertanto, non vanno mai ammutoliti ma ascoltati: sentire quello che hanno da dire… il malessere arriva perché svolge una funzione importantissima, vuole guarire: riportare sulla propria strada unica e soggettiva… i disagi esprimono un’atmosfera mentale, danno voce a “desideri” profondi che non sono riusciti a trovare una corsia preferenziale per uscire … le emozioni per potersi placare, devono scaricare la loro energia, fluire come un fiume liberamente: altrimenti ci sarà una grande “esplosione” nel corpo e nella mente, non bisogna mai negarle… comprimendole si prepara la loro esplosione dirompente… sono invece il vero carburante della felicità, ci rendono unici. Questo è un modo di pensare a misura d'uomo, molto vicino alla sua vera natura (vis medicatrix naturae: gli organismi, secondo il grande medico Ippocrate, contengono "poteri innati di autoguarigione"... si riequilibrano interagendo).
quivale a conoscere la grammatica del linguaggio delle malattie e delle modalità con cui queste si esprimono nei vari soggetti sempre unici, originali ed irripetibili. Inoltre, è la premessa necessaria per una diagnosi e una terapia rispettosa e globale. Così, come una volta per guarire un uomo, il “sacerdote” doveva saper parlare ai demoni che lo possedevano per cacciarli, anche oggi conoscere il linguaggio delle malattie vuol dire saper riconoscere e comprendere i vari simbolismi più nascosti, in modo tale da porre le basi per una moderna “magia” di guarigione. Non esiste una regola che si possa estendere a tutti in maniera uniforme, possiamo però ascoltare i messaggi inequivocabili del corpo. Se non conosci il “problema” non potrai mai attivare strategie, mettere in atto soluzioni vincenti per il tuo benessere e la tua felicità … ATTENTO, però, non è “sufficiente” sapere che le cose non vanno per il verso giusto, la relazione con l'altro non funziona o che quella particolare attività non ti soddisfa più - perché è un disagio evidente, chiaro, palese, che ti “avvita” su te stesso, non ti fa vedere in maniera lucida la situazione, ti imprigiona nei luoghi comuni e nei pensieri altrui, ti fa dubitare delle tue scelte - ma piuttosto devi allargare lo sguardo sulle cose che ti circondano e che ti spettano di diritto, ovvero prenditi cura di te stesso con amore e, soprattutto, non sentirti responsabile di ogni cosa che accade … lasciati incantare dalla gioia di vivere, piacere e desiderio, evita i soliti pensieri fissi e corrosivi, prendi le distanze in maniera consapevole da quel senso continuo di desolazione, di fastidio interiore, di imbarazzo, di solitudine, di disorientamento, di stordimento, di estraneità, solo in questo modo potrai riscoprire le tue risorse più preziose, avere finalmente gli occhi che brillano di felicità e, se vuoi, INSIEME ad un professionista “esperto e fidato” diventare protagonista della tua vita… regalati pace, vivacità, gioia e felicità: tutto ciò è POSSIBILE se impari a sorridere alla vita, a non rimuginare!!! NON cominciare a dire “fosse facile”, “siete tutti dei campioni a dare consigli” perché, disperdendo inutilmente energia cerebrale, ti allontani dalle tue vere potenzialità, che sono davvero tante … nessuno, dico NESSUNO può strapparci, annullare quando siamo in piena armonia, senza il nostro consenso, benessere, lampi di gioia nei nostri occhi e felicità.
osì lo stress lentamente prende forma e i suoi terribili effetti fisici e psicologici sono più che evidenti se non drammatici. In questo caso ci troviamo di fronte ad un problema più circoscritto, per lo meno a livello di cause: non si trovano in primo piano la natura del conflitto … anche il “mobbing” vero e proprio con tutte le sue sfumature, pur annullando e dequalificando, viene offuscato, di non facile gestione. Molte sono le cose confuse e poco chiare che emergono da tale situazione: compito, tempo investito, impegno profuso nel lavoro, relazioni interpersonali, rapporti con i colleghi e superiori che, se particolarmente deteriorati, non solo non decollano mai, ma compromettono l’esito delle prestazioni lavorative, nonché un abbassamento della qualità della vita (a questo punto diventa fondamentale offrire un intervento attivo, efficace e specifico a sostegno delle vittime). La chiave comunque per uscire da questa situazione non sta in nessun comportamento particolare, anche se il punto di partenza potrebbe essere l’acquisire consapevolezza e lucidità nell’analizzare la situazione e rivalutare l’importanza della rete di sostegno sociale.
l tormento e l’incomprensione vissuti in ufficio continuano senza sosta, non lasciano scampo nemmeno nascondendosi nella sua tana, nel suo posto segreto si sente protetto … peggiora esacerbando i sintomi e il tormento del mal d'ufficio; la serata si fa sempre più tesa e complicata, diventa la 'fotocopia' della giornata appena trascorsa. E allora via … si apre finalmente la dispensa e si fa piazza pulita di ogni ogni cosa che sia commestibile … si svuota completamente anche l'ultimo ripiano, tutto impolverato e nascosto. Ricorda, fastidio, insoddisfazione, dubbi, amarezza e stress sono tutti stati emotivi che sono “affamati” di anestetici… ATTENTI, il piacere e le piccole gioie che non si trovano nel quotidiano e nell'ambiente lavorativo si cercano poi di sera nel frigo o svuotando completamente la dispensa di nascosto, solo e soletto al lune di candela. I CHILI di troppo non sono solo un problema sociale di energia, lucidità e, soprattutto, sanitario ma coinvolgono SEMPRE quel mondo emozionale che non si riesce MAI a manifestare liberamente, apertamente nell'ambiente lavorativo e, soprattutto, a livello relazionale: esprimere spontaneamente e direttamente ogni cosa all’esterno; la ”famosa” stramangiata, infatti, cerca di neutralizzare le arrabbiature e i dissidi quotidiani con questo o quel collega, di un lavoro poco sereno e conflittuale, addolcire una vita piena di sacrifici, di autolimitazioni, di continue insoddisfazioni e umiliazioni, smantellare quelle relazioni affettive deludenti, quel vissuto complicato, vuoto senza nessuna novità, sorpresa e passione, eliminare i ricordi ingombranti trasformati inesorabilmente in rimpianti: tutte fatiche che “appesantiscono” la voglia di vivere, annullano la “leggerezza” e la voglia di fare, prendono il posto a un modo di essere poco felice;
ome abbiamo sottolineato più volte, gli sbruffoni incalliti o i prepotenti tutto fare, in qualsiasi ambiente essi si trovino, non solo cercano di prevaricare il mondo intero in modo disonesto, imporre sugli altri la loro volontà, ma - a lungo andare - intossicano ogni cosa, inquinano la realtà, creano malumore e producono ansia distruttiva; le persone invadenti, intransigenti, sbagliate e “scomode”, quindi, creano disagio e tolgono completamente le forze … succhiano ogni energia, fanno ingrassare e ammalare!!! Le emozioni sono il “cibo” dell’anima, ma è sempre il corpo a segnalare i “bocconi amari”, soprattutto quelli difficili da “digerire” da solo o in compagnia. Il cibo “tappabuchi” cerca di compensare il tempo sprecato, di riempire il vuoto affettivo, placare i timori, frenare quel senso di protezione eccessivo che paralizza ogni iniziativa, tenta di neutralizzare la noia, di bloccare l’infelicità e l’insicurezza … cerca in qualche modo, fin che può, di pareggiare insoddisfazioni, tormenti e dolori.
olte sono le fantasie che girano nella mente di chi è tormentato da uno stomaco su di giri, dal sovrappeso e dall'obesità: nascondersi, scomparire, dileguarsi, annullarsi, sottrarsi da ogni cosa. Se nella vita si perde il “gusto”, si smantellano i progetti e latita la passione, la mente ci getta in pasto al pane e al companatico per consolarsi … attenuare le tensioni; legandosi al piatto cerca di tappare quel senso diffuso di fastidio, profondo vuoto emotivo, quella inquietudine esagerata e, soprattutto, quel mal d'ufficio continuo. Ricorda, se la vita si arricchisce di nuovi stimoli, interessi e gioie il sovrappeso fugge a gambe levate terrorizzato!!! Si mangia sempre senza sosta per rabbia, noia e delusione; il corpo si riempie solo se la vita è povera, spenta, insulsa e vuota… quando invece si è innamorarti, felici, eccitati, soddisfatti, attratti, coinvolti nei rapporti, il mangiare non esiste, passa in seconda posizione, perde importanza ed interesse ... non si mangia più solo quando sono sazi e soddisfatti tutti i “sensi”!!! I piaceri e i divertimenti, invece, sciolgono il grasso, rendendo intraprendenti e leggeri ... la routine, la noia e l’abitudine fanno ingrassare, mentre la fantasia “brucia” i grassi e snellisce mente e corpo (risveglia la voglia di vivere): si vola in alto, davvero lontano … lontano dal tormento e dai guai quotidiani! Ricorda, il “giro-vita” dipende sempre dalla qualità della nostra reale esistenza!!!
a “lievitazione” corporea nasce, quasi sempre, dalla disperazione, dalla disistima, da una vita bloccata, spenta e poco gratificante … le emozioni “soffocate” si fanno “pesanti”, deformano lentamente il tuo involucro: il corpo e la mente. Un’esistenza deludente avvelena la vita, crea una inutile e ingombrante “zavorra”: il corpo allora si riempie se la vita è vuota, si gonfia di illusioni e di desideri inappagati. A scatenare un comportamento alimentare sbagliato e distruttivo può essere un evento sconvolgente carico di stress, come una professione poco gratificante, una relazione amorosa tormentata, il timore di prendere decisioni, la paura di affrontare i cambiamenti evolutivi o un’attività lavorativa conflittuale con colleghi, non del tutto soddisfacente … abitudini mentali che portano direttamente al soprappeso.
l cibo placa i timori, tampona l’ansia, scarica la rabbia da litigio, tiene a freno “altri appetiti” invadenti, dilata e, spesso, riempie il vuoto esistenziale: più ci riempiamo di cose inutili, più ci svuotiamo di felicità (senso di colpa). La fame compulsiva, ribelle, ostinata, subdola, gonfia lo stomaco ma non lo “riempie” perché il vuoto è da un’altra parte … bisogna dare alla propria vita il “peso” giusto e il gusto reale della “leggerezza”. Non è del companatico che siamo carenti: ci mancano i sogni, i desideri, gli obiettivi e le novità … non c’è più avventura, abbiamo bisogno di “nutrirci” di nuovi stimoli; non servono i sacrifici per mantenere un fisico statuario ma una giusta carica, una visione delle cose più ampia. Al cibo è difficile rinunciarci perché, oltre ad essere un buon anestetico, è un ottimo tappabuchi relativamente poco costoso, facilmente raggiungibile e con effetto immediato: diventa la piccola droga quotidiana.
a fame nervosa non nasce mai dallo stomaco, ma da meccanismi psichici invadenti, dal malumore, dalla nostra mente inquieta. Gli atteggiamenti mentali e gli stili di vita errati si fanno sentire, urlano giorno e notte, non ci abbandonano mai, la fanno sempre da padroni. Ogni conflitto psichico - accompagnato da depressione mascherata e ansia - sposta l'attenzione sul piatto, completamente sul cibo e sulla propria immagine in cui si annulla nel grasso … azzera ogni forza creatrice e, sopratutto, il vero talento naturale. Si rischia di essere “ostaggio” del cibo quando: ci si lamenta in continuazione senza mai reagire o prendere posizioni determinanti nella vita, si dipende emotivamente dagli altri, si scappa dalle responsabilità e si rimanda ogni cosa a tempi “migliori”, si ha una cattiva considerazione di se stessi (non valere nulla, disistima) ... si cova rabbia senza mai esprimerla!!!
osa fare. Il segreto principale per scacciare dalla mente i “bocconi amari” quotidiani è coltivare e dare spazio alle proprie sensazioni … essere presenti a se stessi, dare valore alle sensazioni … godersi le cose, vivere il presente in ogni istante; significa favorire la massima espressione dei propri sensi, riscoprire le vere sensazioni che ci fanno star bene in ogni momento, luogo e situazione: dare spazio all’eccitazione, coltivare i propri desideri, risvegliare la gioia e riaccendere la passione per la vita (chi si innamora dimentica il cibo … salta i pasti, li dimentica). I piccoli gesti quotidiani gioiosi, infatti, oltre ad innescare profondi cambiamenti interiori, rendono la mente priva di vincoli, molto più ricettiva, riflessiva, autonoma e libera. Realizzare le cose che piacciono, inoltre, senza vincolarsi ai modi di fare altrui, fa sentire bene, rende soddisfatti, indipendenti, liberi, unici e allontana i sensi di colpa. Si può togliere cibo dal piatto o dalla dispensa solo se rompiamo le abitudini e schemi mentali che “appesantiscono”, creano zavorra, portano al soprappeso. Se riscopriamo il piacere nei gesti quotidiani, ed eliminiamo il più possibile, senza rimorsi, tutte le fonti di tensioni che condizionano la libertà, l’autonomia, il nuovo e l’entusiasmo, tutte quelle cose caratterizzate da poco impegno, la vita non solo sarà in discesa, ma ci sembrerà di volare anche se non abbiamo le ali!
uando torna a casa, poi, non appena inizia a girare a vuoto, a sbottare, si lascia andare al suo tormento interiore, comincia finalmente a scoppiettare, ad esprimere il suo ‘mal d’ufficio’, viene aggredito, offeso, ridicolizzato, insultato e colpevolizzato ancora una volta: “Sei te che non funzioni, non sai impegnarti, collaborare, non sai socializzare … non sei attivo e determinato in famiglia figuriamoci in gruppo”!!! Come se la sua ‘storia’ vissuta in tempo reale non fosse il prodotto di quelle dinamiche familiari e sociali in cui è cresciuto, il risultato dell’incontro - scontro con quell’ambiente in cui, dopo infiniti compromessi, ha sviluppato il suo modo di fare e di reagire … hanno forgiato la sua personalità … prodotto le sue scarse difese e la sua identità “addomesticata”. Mi pare già di sentire quei famosi giudizi di valore e ridicoli ritornelli accusatori: “Sei tu che non riesci ad adattarti, integrarti nel gruppo, nel mondo del lavoro, ti metti sempre di traverso, in disparte, non partecipi mai, sei una 'pecora nera, ingrata e solitaria'. Figurati, con quella testa che ti ritrovi, poi, come puoi pretendere di andare d’accordo con la gente e realizzart8i nel lavoro!!! Bisogna lavorare, sforzarsi, darsi da fare nella vita, prendere posizioni, avere forza di volontà, un indole battagliero, grinta, essere decisi, imporsi, dare delle spallate, affilare le unghie, farsi largo con forti gomitate! In questo mondo di piccole iene, di vampiri ingordi e serpenti velenosi, nessuno ti regala nulla, bisogna farsi furbi, ricordatelo ... capito ... mi hai capito, sì o no!!!”. Arrivato in famiglia, quindi, il tormento non da tregua, il malumore continua, invece di trovare una buona accoglienza, comprensione, solidarietà e un clima sereno, viene aggredito con un linguaggio accusatorio e colpevolizzante che lo fa scivolare ulteriormente nella frustrazione, nella disistima e nella palude depressiva … è la storia del pesce che voleva fuggire dalla gratella, ma purtroppo sarebbe andato poco lontano: “dalla padella alla brace” ... viene sottolineata, rinforzata e amplificata ancora una volta la sua sofferenza, si genera un problema maggiore.
on dobbiamo mai cadere nella trappola di questi atti persecutori caratterizzati da ripetizione assillante, controllo meticoloso ed esagerata sorveglianza che causano solo sofferenza ingiustificata. Bisogna smascherare questi personaggi odiosi e malvagi il più presto possibile, mettere a fuoco queste relazioni odiose, sgradite, dolorose e perverse, perché oltre ad allontanarci dai sentimenti e renderci schiavi, ci danneggiano sia nel corpo sia nell'anima; è sempre una strategia a beneficio dell'altro, bisogna esaminarla e considerarla in modo attento e lucido, per quello che è realmente, nelle sue sfumature più profonde e bizzarre; rimane sempre una cattiva comunicazione che toglie le forze, l'autostima, crea un rapporto pieno di insidie e soprusi, “ingorga”, inquina e devasta il cervello; un fenomeno poco 'pulito' e per nulla trasparente, a senso unico, sottile, falso, contorto, conflittuale, fondato su luoghi comuni, continui richiami, lamenti e consigli fuori luogo … distrae, annulla, distrugge il senso di identità e fa ammalare più facilmente. Trattato come un estraneo, non trovando serenità e comprensione, quindi, nemmeno nel suo ambiente 'naturale', altro non può fare che chiudersi a riccio e arrendersi: convincersi, a torto, che il vero problema non sono gli altri ma lui stesso … tutto si complica, si accumula ulteriore disagio, si rivive un'altra pesante sconfitta e profonda delusione. Ma in tutta questa confusione, sofferenza e ostilità - vissuta emotivamente e fisicamente - come farà a rialzarsi, a difendersi, uscire indenne da questa profonda sofferenza silenziosa … dal mobbing?
osa fare. Prevenzione e interventi. E' bene precisare subito che non esistono formule magiche universali per risolvere questo problema drammatico ed invalidante: ogni situazione è diversa e, soprattutto, unica, non esistono casi uguali. Non ci sono in commercio, purtroppo, vaccini prodigiosi o sieri miracolosi per guarire da questa infamia. La prima cosa comunque è riflettere accuratamente sull'aggressione in atto, percepire attentamente con calma il clima e l'atmosfera lavorativa in atto, mettere a fuoco il momento con lucidità e avere consapevolezza della situazione reale; individuare quelle dinamiche lavorative letali in modo tale da difendersi, al momento giusto, con strategie mirate ed efficaci, il più delle volte risolutive. GUAI arrendersi, isolarsi o tirare i remi in barca! RICORDA c'è sempre “qualcuno” sensibile e disponibile a condividere un progetto di difesa oppure persone “qualificate” pronte a sostenere, aiutare ad affrontare con determinazione certi disegni diabolici ... sconfiggere il “DEMONE” ... se ti guardi attorno NON sei MAI solo!!! E' fondamentale, inoltre, avvalersi dei nuovi strumenti tecnologici: fotografare la situazione con prove concrete, registrare, raccogliere ogni elemento sempre in forma scritta … dati che potrebbero servire in futuro come prova da portare davanti all'autorità giudiziaria (richieste chiare e precise, fotocopie, luoghi, foto, persone). Documentarsi sulla sintomatologia, informarsi cosa si rischia a livello psicosomatico quando si è dominati da un disegno diabolico, persecutorio ed infamante come quello del mobbing.
ltri comportamenti indispensabili per scongiurare questi fenomeni terroristici e mantenere un giusto equilibrio, sono la cooperazione e la capacità di adattamento dell'individuo … bisogna mettere in cantiere, inoltre, molta, e ancora molta pazienza … poca frenesia e tanta, tanta lucidità. Queste abilità individuali permettono di realizzare validi rapporti interpersonali, un buon affiatamento (coinvolgimento) tra colleghi e, quindi, realizzare il lavoro più facilmente, con maggior soddisfazione, gratificazioni e riconoscimenti ... ovviamente se il tutto è seguito da una buona capacità di adattamento ai cambiamenti e si è in grado di rispondere con prontezza alle trasformazioni repentine. L'adattamento comunque non è un fenomeno 'genetico' ma un processo sociale acquisito, di grande fiducia e rispetto, attraverso il quale è possibile stabilire una condizione di equilibrio con il proprio ambiente: allenandosi e impegnandosi è possibile raggiungere tale modalità sociale e, quindi, vivere in sintonia con se stessi e il proprio gruppo … imparare l'ABC del rapporto e delle regole sociali porta sempre buoni frutti! Il gruppo coeso è fondamentale per contenere lo stress e, soprattutto, tenere sotto controllo i malumori individuali. Comunque sia, al di là delle situazioni specifiche è IMPORTANTE, DOVEROSO, in una società civile, offrire sempre un intervento attivo ed efficace a sostegno delle vittime. Non va dimenticato, inoltre, che in alcuni paesi il mobbing è già riconosciuto come malattia professionale, quindi, se vogliamo veramente cambiare qualcosa anche da noi dobbiamo uscire dall'anonimato, dalla riservatezza patologica … documentiamoci, aggiorniamoci continuamente, prepariamoci e facciamoci aiutare quando non è possibile risolvere la questione da soli.
ui entrano in campo atteggiamenti molto importanti, come ad esempio capacità di adattamento, cooperazione e autostima, che sono sempre requisiti fondamentali per il benessere e la salute di ciascun individuo, non solo per le competenze e la riuscita professionale, ma indispensabili anche per la sua vita sociale serena. Queste conoscenze, spesso trascurate nell’assegnazione dei ruoli e dei compiti, se non utilizzate sapientemente portano a danni significativi per il soggetto e i vari interlocutori. Infatti, se le disposizioni individuali e le attitudini dell’individuo sono in contrasto con una certa attività - che non c’entrano assolutamente nulla con il vero talento - provocano scarsa produttività, un rendimento inadeguato, antieconomico per il lavoratore e antiproduttivo per l’azienda. E’ risaputo, infatti, che quando si svolge un’attività lavorativa piacevole quasi non sembra di lavorare. Per questo motivo è un diritto e un dovere, se non subito ma col tempo in base alle proprie esperienze, cercare un lavoro - senza bruciare le tappe e sconfinare nel narcisismo puro - che fa sentire vivi e permette di esprimere in maniera inequivocabile il proprio talento e creatività. Altro fenomeno veramente devastante, presente nel mondo del lavoro è, come abbiamo più volte sottolineato in questi articoli, è il continuo terrorismo psicologico, fino a strutturarsi nel vero dramma sociale: mobbing. Con questo termine, mutuato dall’etologia, si indica l’aggressione di un gruppo nei confronti di un singolo. Si manifesta attraverso un fenomeno di accanimento, prevaricazione e sopruso nei confronti del lavoratore; se invece l’attenzione e l’interesse verso la persona è decisamente morbosa si ha a che fare con un comportamento chiamato stalking. Verso la vittima designata viene attivata, in maniera continuativa, una persecuzione sistematica che, a lungo andare, porta alla destabilizzazione. Questo terrorismo psicosomatico, o “mal d’ufficio”, si sviluppa quando sul posto di lavoro la persona, presa di mira, subisce ripetute molestie non solo da parte dei superiori (bossing: comportamento messo in atto dalla dirigenza per sradicare il lavoratore dal suo posto) ma, a volte, anche dai colleghi. Questo comportamento vessatorio ha ripercussioni non solo a livello professionale, con calo di produttività, riduzione della capacità di concentrazione e alterazione dell’umore, ma anche nel privato logorando i legami affettivi e familiari con disturbi psicosomatici quali mal di testa, gastrite, tachicardia, sessualità inesistente, panico e tratti depressivi. Le dinamiche del mobbing sono banali e allo stesso tempo complesse: boicottaggio nel lavoro in cui il soggetto deve realizzare più volte lo stesso lavoro senza alcun motivo, battute a doppio senso, insulti gratuiti, alternare i saluti o toglierli completamente. Un altro comportamento definito persecutorio nei confronti del lavoratore è lo straining. E’ un fenomeno devastante caratterizzato da un unico atto terroristico in cui l’individuo è sottoposto a una forte pressione in maniera coercitiva sul posto di lavoro (assegnare al lavoratore mansioni inferiori alla qualifica posseduta sempre in maniera umiliante e dequalificante).
OSA FARE. Per evitare di cadere vittime di questi comportamenti vessatori e terroristici sul posto di lavoro, credo sia utile “impegnarsi” con curiosità e interesse nella propria attività, cercare in qualche modo gratificazioni ma, soprattutto, evitare di rendere l’attività lavorativa il solo scopo della vita. Per mantenere un adeguato equilibrio è importante definire in maniera giusta il proprio ruolo, perseguire i fini con tenacia e migliorare con responsabilità la preparazione professionale (libri, dibattiti, confronti, aggiornamenti, consulenza anche psicologica se può servire a mettere a fuoco rapporti personali difficoltosi o problematiche generali … non temere si può fare ogni cosa basta lasciarsi coinvolgere e raggiungere, sempre con l'aiuto di persone qualificate, buoni risultati in ogni settore della vita). Imparare, inoltre, ad esprimere, con le dovute maniere, pacatezza e diplomazia, i propri disappunti, le proprie ragioni in modo da non rimuginare continuamente: se lo stato d’animo è buono aumenta, inevitabilmente, la forza, la sicurezza e la fiducia in se stessi, ma anche a livello biochimico ci si sente meglio, più forti e decisi. Altri comportamenti indispensabili per scongiurare questi fenomeni terroristici e mantenere un giusto equilibrio psicofisico sono la cooperazione e l’adattabilità dell’individuo in maniera naturale senza l'aggiunta di sacrifici vari. Queste abilità individuali permettono di realizzare solidi e validi rapporti interpersonali, un buon affiatamento (coinvolgimento) tra colleghi e quindi realizzare il lavoro più facilmente, con maggior leggerezza, soddisfazione, gratificazioni e riconoscimenti. Il gruppo coeso, inoltre, è fondamentale per contenere lo stress e, soprattutto, tenere sotto controllo i malumori individuali. Sono tutti concetti che vanno ripetuti all'infinito!!!
ome abbiamo sottolineato più volte, per comprendere la complessità del mal - essere umano, sia professionale sia sociale dicevano gli antichi "saggi", è necessario prendere in considerazione, non solo l’ambito lavorativo, familiare e ambientale, ma anche l’interiorità del soggetto in questione. Un modo di pensare a misura d'uomo, molto vicino alla sua vera natura (vis medicatrix naturae: gli organismi, secondo Ippocrate, contengono "poteri innati di autoguarigione" ... si riequilibrano interagendo tra loro). Il soma usa le malattie, l'anima i disagi emotivi per segnalarci che abbiamo intrapreso percorsi esistenziali "pericolosi". Solo in questo modo è possibile conoscere la vera causa della malattia, diventare consapevoli della propria sofferenza: cosa in realtà essa ci vuole comunicare o insegnare. La struttura corporea offre infinite modalità espressive, alcune legate a precisi significati soggettivi accessibili unicamente all'individuo perché connesse ad esperienze personali, altre, invece, esprimono un linguaggio universale legato all'inconscio collettivo. Il corpo costituisce il mezzo attraverso cui lo stato emozionale trova la più autentica capacità comunicativa: se vogliamo comunicare con esso dobbiamo imparare il suo linguaggio che ha regole proprie. Ogni disturbo fisico è un messaggio, un codice segreto specifico che segnala, in ogni caso, complessi disagi emotivi: uno stile di vita spesso deludente, intriso di sofferenza e tormento. Il corpo ci manda messaggi usando un linguaggio specifico. Interpretare questo linguaggio è fondamentale per favorire l’armonia, raggiungere il ben - essere e prendersi cura dei propri bisogni, modificare ciò che ci tormenta … non accontentarsi mai di essere una comparsa ma diventare la prima donna, la vera first lady, l'attore principale della propria esistenza.
ueste brevi conclusioni hanno lo scopo di orientare il lettore sensibile e "curioso", oltre ad indicare la strada da percorrere, a capire le cause delle diverse patologie e a decodificare il messaggio silenzioso della coscienza, comprendere quindi quel legame sottile che intercorre tra squilibrio emotivo e malattia fisica. Allenare a comprendere la disarmonia interiore, stimolare la curiosità e insegnare a leggere il sintomo in modo tale da decodificare i conflitti per superarli … focalizzare lo sguardo più in profondità per riprendersi quel senso di unità che lega il corpo alle emozioni. Un dizionario del linguaggio simbolico, quindi, utile a tradurre i messaggi del corpo che, attraverso il sintomo, ci invia sempre per ritrovare un giusto benessere … puntare lo sguardo su una migliore espressione di sé e una diversa qualità di vita più armoniosa. Questa "riflessione" concreta, quindi, in maniera semplice ed elementare costituisce, a seconda delle proprie necessità, un valido supporto per comprendere, orientare e superare i malesseri non “gravi” … evitare, pertanto, di cercare nei "posti" sbagliati. Mettere a disposizione preziosi strumenti di lettura per favorire la consapevolezza delle proprie reali condizioni psichiche e fisiche. In tal modo può risultare più semplice attivare tutte quelle risorse naturali che ciascuno possiede per raggiungere la propria serenità e armonia.
in dai tempi antichi, quando il “pensiero” non aveva ancora preso il sopravvento sull'anima, era ben noto lo stretto legame tra mente e corpo, di cui quotidianamente, attraverso sofisticate ricerche di neurofisiologia o esperienze personali dirette, ne abbiamo conferma. L’uomo è ammalato nel corpo perché la sua mente è ammalata e l'anima ha perso la sua salute perché si è “avvizzito” il suo “involucro”. Il benessere, quindi, dipende sempre dal perfetto equilibrio corpo – mente – mondo sociale: il primo può influenzare, in ogni momento, l’altra e viceversa, il terzo direttamente entrambi … ancora una volta, il tutto, vicendevolmente. Quando uno di queste componenti non funziona bene, o magari la si trascura, è segno che c’è qualcosa che non funziona, non va per il verso giusto nel proprio corpo, nella propria vita non solo lavorativa, relazionale e sociale, ma anche nel modo di alimentarsi … intendo mangiare bene e meglio: la “scorza” adiposa, quindi, risultato di quest'ultimo malessere profondo, non fa eccezione e può essere un segnale davvero inequivocabile.
uante volte, dopo una giornata storta, piena di delusioni, di litigi, di frustrazioni oltre ad aprire il frigo e mangiare in modo sconsiderato ogni cosa, ci siamo ulteriormente anestetizzati con un buon bicchiere colmo di “.......” o buttati a capofitto in un profumato calice di pinot? Quasi quotidianamente annuisce, con un certo pudore, la signora Lucia in un recente incontro terapeutico, pure Maria afferma, a malincuore, tale abitudine, ma anche Camilla, nella sua timidezza, ammette di aver fatto ricorso più volte a questa “magra” consolazione e, poi, Ettore che non sa proprio darsi pace per queste sue grandi abbuffate … tutti personaggi vittime di qualche chilo in più. Se la vita è immobile, scorre senza passioni e soddisfazioni, la mente “capricciosa”, allora, cerca delle compensazioni altrove, ci butta in pasto all'orco insaziabile: al cibo per consolarci. Quando i problemi della vita si fanno “pesanti”, anche il corpo, con la sua difficoltà a “digerire”, lentamente si fa carico di una esagerata, vistosa ed inutile zavorra; una vita “piatta”, troppo lineare, vissuta nell’anonimato, che non emoziona più, allarga la cintura, fa lievitare pancia e fianchi… fa perdere la linea e cadere la ciccia. L’alimentazione, infatti, può rientrare in questo intricato meccanismo psicosomatico, è legata al benessere, non solo fisico ma anche mentale; più si escludono dalla vita i veri interessi, i progetti, i desideri profondi, più l’orco con tutta la sua voracità, risorto prepotentemente dagli inferi, si scatenerà a tavola facendo piazza pulita di ogni cosa.
ibo, emozioni e atteggiamenti mentali agiscono sempre in maniera sinergica. Il cibo non è solo materia da cui trarre proteine e vitamine ma è connesso - metabolismo e tiroide permettendo - a bisogni emotivi, con le parti più profonde del mondo infantile; è legato, spesso, a tendenze svalutative, a valori familiari, alla sensazione di infelicità, a quella insaziabile fame d’amore che non abbandona mai… nemmeno di notte. Quando poi il cibo è sempre in testa, oltre a diventare l’unico motivo di consolazione, può trasformarsi in un comodo e potente analgesico nei confronti di un lavoro mediocre, di una vita spenta, priva di vitalità, che per quanto ci si impegni non emoziona più… soprattutto, quando si è a “dieta” di gioie, di gratificazioni e di libertà. Il piacere, il divertimento, l’innamorarsi perdutamente, il riscoprire la passione sono gli ingredienti fondamentali utili a modellare il corpo, il vero ed unico antidoto ai chili di troppo… fanno dimenticare di mangiare, bloccano, spingono veramente l’ago della bilancia sul basso. Il cibo è, erroneamente, il più delle volte un “buon” rifugio contro un lavoro banale, l’ansia e l’insicurezza, un “vero” antidepressivo, mette a tacere sofferenze, abbandoni, mancanze, rimpianti, delusioni e privazioni affettive; un’abitudine negativa che, prima o poi, si fa sentire con voce grossa per riscuotere i “sospesi”, da tempo depositati nel corpo, nella mente e nell'anima… sempre, però, con gli “interessi”. Poiché una esperienza simile espone sempre a una potenziale fragilità e vulnerabilità, nella struttura psicosomatica, addentrarsi in tale avventura di contenimento è possibile solo quando si è davvero convinti, sereni e tranquilli: sentire il desiderio di cambiamento, la voglia di liberarsi di vecchie abitudini e condizionamenti vari; trattarsi e volersi bene al punto di cambiare non certo per gli altri ma per se stessi, riscoprire quel senso di benessere che si è perduto nella routine e nella banalità quotidiana. Quando le giornate sono “alleggerite” e gli stati emozionali più clementi, sarà più facile raggiungere fino in fondo gli obiettivi… sempre con i risultati sperati.
icorda, se dai spazio al piacere - non dovendo più colmare quel vuoto interiore di solitudine, inquietudine, apprensione ed affanno - esci dall'impasse, ti togli dalle cose noiose, dall’insoddisfazione e soprattutto ti “allontani” dal bancale dei pasticcini e dai soufflé vari … solo se si “gusta” la vita con cose “buone” e genuine dell'esistenza, che fanno stare bene cuore e testa, si ha il senso della “pienezza” diffusa e, quindi, non avendo più bisogno del cibo spazzatura - tappabuchi, ci si toglie completamente la zavorra inutile, ci si alleggerisce e si dimagrisce DAVVERO!!!
Conclusioni.
gni giorno la vita - nel campo del lavoro, nell'ambito della famiglia e in qualsiasi relazione sociale - ci impone la necessità di prendere delle posizioni, di compiere delle scelte … di assumere determinati atteggiamenti a proposito di una o più controversie. Ogni scelta è, lo sappiamo per esperienza diretta, complessa, faticosa e, spesso, dolorosa. Se seguiamo una possibilità, dobbiamo abbandonarne un'altra, che, a volte, sembra la peggiore, intensa e più ingarbugliata. Normalmente scegliamo, ma quando siamo particolarmente tesi e confusi, la soluzione appare, dopo un po', la peggiore, amara ed infelice: rimandiamo e, ancora una volta, rimandiamo!!! Una vita serena non presuppone, infatti, la capacità di non sbagliare mai, ma quella di prendere una strada invece di un'altra (a una scelta sbagliata c'è, come ho sottolineato più volte nei vari articoli, “sempre” un rimedio, un modo di cavarsela non certo con il sorriso, ma sicuramente con la sensazione di aver “combattuto” … un modo comunque che ci permette di prendere le distanze, allontanarci dagli scarti mentali e uscire dal “traffico” cerebrale quotidiano con un certo grado di soddisfazione ... è sempre possibile!!!).
on l'aiuto di un esperto è possibile affrontare, aggirare o distruggere, con semplici strategie, tutte quelle forme di blocchi psicologici che ostacolano, annullano silenziosamente ogni iniziativa, che ci impediscono di agire con decisione, determinazione e, soprattutto, attraverso il nostro vero talento ... la paura di sbagliare, l'ansia, lo stress, la depressione, il mobbing, invece frenano, boicottano, la voglia di fare e scegliere ... nello stesso tempo, allontanano da se stessi, a capire in profondità che cosa vogliamo veramente, cosa desideriamo davvero dalla vita. Basta, ma basta davvero nascondersi dietro quel famoso ritornello ossessivo: fosse facile … siete tutti dei campioni a dare consigli, ma al lato pratico le cose si complicano!!! Se, infatti, avremo ben chiari quali sono i nostri obiettivi, riusciremo a prendere sempre - senza consumare energia inutile - importanti decisioni e valide scelte … buone e vincenti!!! Costituisce un fantastico e straordinario incentivo per tutti coloro che sono impegnati nel promuovere la “responsabilità” individuale nei confronti dell'ambiente e della salvaguardia della salute. Ricordiamolo ancora una volta che il “successo” in ogni settore della vita, teso verso conquiste che iniziano da decisioni basate sulla libera opzione, scelta che riflette noi stessi, i nostri valori e priorità, è un discreto punto di partenza per arrivare ad obiettivi concreti, raggiungere traguardi importanti ... tradurre ogni idea in azione e realizzare i veri desideri … ovvero raggiungere quello stato d'animo chiamato felicità.
l contrario, conquiste derivanti puramente da un atteggiamento seduttivo o di aggressività compulsiva (il bisogno di controllare gli altri), dall'obbedienza conformista ai dettagli culturali o sociali, oppure da un bisogno di trionfo vendicativo, come ad esempio un atto di ritorsione, lasciano sempre un vuoto, surriscaldano il cervello, uno struggimento cronico inutile e un senso di mediocrità interiore, nonostante l'apparente grandezza della conquista. Non credo neanche che una conquista reale - e meno che mai la felicità - possa essere ricavata nel possesso di status symbol o di agi materiali: questi usati solo come contorno, in modo esibizionistico, diventano un'appendice gravosa … anche nel caso di una buona e genuina stima di sé possono essere spiacevoli!!! Da ultimo, la felicità, in questo mondo limitato non può mai essere considerata una euforia smodata, senza limiti, continua, oppure libertà eterna e disgiunta da altri legami, battaglie, posizioni e decisioni. Ma entro i limiti della “ragionevolezza”, della realtà umana. Ricorda, il massimo di “potere” e autorevolezza non sono mai isolati, staccati dal rapporto con gli altri, sono traguardi raggiungibili attraverso conquiste in armonia con il resto del mondo e, soprattutto, con la realtà stessa … con quello che effettivamente siamo, senza ruoli fittizi e maschere di cera indossate. Poter scegliere e decidere, insieme alla straordinaria autonomia e profondo senso di libertà che ne deriva, rende possibile traguardi insperati … pagati con ogni tipo di felicità!!! Ricordati che la felicità si trova sempre nei gesti semplici, sta nelle piccole cose quotidiane: avere una sguardo aperto, libero, lontano dai tarli mentali, dall'invadenza altrui e dalle rimuginazioni continue … perdersi, inoltre, nei dettagli inutili ci assicura l'infelicità.
l senso di benessere è ora, adesso, nel tempo presente, non domani. Ricordo con grande affetto e stima Mario il quale era solito dire con una certa insistenza, nei suoi momenti particolarmente difficili e bui, il seguente ritornello: ”””Quando vado in pensione mi ritiro su un'isola deserta, lontano da occhi indiscreti, libero dal mondo intero, mare e sole tutto l'anno … non vedo l'ora!!!. Finalmente mi lascerò alle spalle ansia, smog, invidie, gelosie, cattiverie varie e ritmi frenetici ... prenderò finalmente le distante dall'inquinamento mentale, da un modo di vivere piatto, banale, insulto, pieno solo di sacrifici, malessere e attese catastrofiche”””. Mario ora non è più con noi, stroncato improvvisamente da un male incurabile. Non ha potuto realizzare il suo sogno. E' stato tradito ancora una volta dal suo continuo differire; nemmeno il suo fantasticare è riuscito, per un attimo, a renderlo felice nei momenti di sconforto, di tristezza e di profonda solitudine. Non c'è nulla di male fantasticare, sognare, desiderare cambiamenti e cercare soluzioni interessanti; non dobbiamo però dimenticare che con questo modo di fare non si agisce, nulla si muove, tutto si ferma e la vita rimane in stand by ... ma per quanto tempo? … guai lasciarsi dominare dall'immobilità, prendere le distanze dal proprio corpo, se ci distraiamo da esso non sentiamo più niente!!! Solo se questo pensiero ci fa star bene sul momento possiamo qualche volta fantasticare e progettare, ma subito dopo dobbiamo passare all'azione, altrimenti tale operazione mentale ci blocca, diventa una solida barriera, un enorme ostacolo e fonte di infelicità: non ci fa vedere nel tempo presente le vere bellezze del mondo … boicotta il fare, l'azione e la vita si riduce ad uno sforzo e malessere continuo, allora conviene agire, fare qualcosa nell'istante, solo così si potrà avere consapevolezza del vero disagio e, quindi, cercare di modificare quelle cose che ci fanno soffrire, liberarsi concretamente dei momenti difficili … ritrovare finalmente quello che ci spetta di diritto: la serenità interiore. Tante belle cose Mario. Tornando a noi, comunque, accettare la lotta, anche con il birbaccione e i manipolatori più incalliti, dà sicuramente un senso di leggerezza alla testa, un enorme contributo sia al potere decisionale sia alla libertà interiore … non ci fa sentire perennemente indifesi e messi all'angolo, al tappeto. Ricordiamolo ancora una volta che possiamo essere felici sia prendendo decisioni di successo sia non … ogni azione porta ad un senso di soddisfazione che invade completamente ogni cellula … diffonde nel corpo e nell'anima la sensazione di aver fatto cosa buona e giusta. E' importante, quindi, che tu riconosca con grande lucidità gli “intrusi”, chi ti danneggia e cerca di sabotare direttamente la tua serenità.
olte sono le decisioni importanti che, nell'ambito lavorativo e non, possiamo prendere o non prendere nell'immediato, atteggiamenti che, comunque, ci aiuteranno ad essere più liberi, autonomi e, soprattutto, felici:
No, isolarti quando invadono il tuo spazio, cercando di assumere un atteggiamento di eterna difesa. Guai rifiutare parole, disponibilità o supporti adeguati da parte di buoni amici che non ti chiedono sforzi, sacrifici o rinunce; quella amicizia preziosa che parla alla pari e, soprattutto, vuole la tua felicità, che tu possa, finalmente, realizzarti senza alcun vincolo e dovere ... aiutarti ad esprimere il tuo vero talento con profonda consapevolezza e creatività. Ricorda un appoggio disinteressato e sincero non crea mai una distanza emotiva, ma ti lascia libero di scegliere ed agire in piena libertà;
Sì, parlare immediatamente con una persona qualificata del proprio disagio e se vedi che non capisce la gravità della situazione non esitare, sostituiscila immediatamente. La vittima, inoltre, deve essere sempre supportata da terapie specifiche ed adeguate per uscire dal pantano lavorativo, dalla palude sociale, dalle relazioni opprimenti, dai rapporti interpersonali malati che allontanano da se stessi;
No, credere che la vita sia tutta lì: che esista solo quella situazione lavorativa, quel posto; concentrati, senza buttare all'aria tutto, sulla ricerca - anche se in questo periodo storico può risultare difficile - di altre esperienze o attività in funzione della tua vera creatività e formazione culturale … solo così puoi estraniarti dai tarli mentale e da inutili tormenti ... eliminare finalmente quella zavorra emotiva dispersiva e ossessiva che blocca le tue scelte;
ì, informarsi e aggiornarsi a livello professionale. Frequentare corsi e studiare lingue se il lavoro ha sedi o rapporti con l'estero. Documentarsi e impratichirsi è sempre la strategia vincente per tenere sotto controllo gli invasori e affermare le proprie posizioni ed opinioni: essere autonomi e liberi;
Sì, rispondere agli intrighi spinosi con decisione, garbo e astuzia … il proprio ruolo, professionalità, creatività sono posizioni uniche e di grande qualità che non vanno mai disperse e, soprattutto, sempre difese a spada tratta!!!
Come possiamo prendere le distanze, ostacolare le invadenze altrui e gestire i manipolatori incalliti ... mettere a fuoco, finalmente, chi ci boicotta e danneggia.
llenati a dire di no o meglio smetti di dire sempre sì anche quando la pensi diversamente. Un'affermazione positiva non vissuta veramente in profondità non ti da forza, tanto meno sicurezza e autostima, ma è un atteggiamento che crea solo piccoli “manichini” ed “imitatori”, se non veri e propri “galoppini”, eterni dipendenti al servizio di chi, per motivi personali o pura vanità, ti tiene in pugno … impara a non chiedere consigli perché l'astuto megalomane, per il suo delirio di grandezza, non solo ti farà sentire incapace e di poco valore, ma invaderà completamente la tua privacy, il tuo spazio privato … sfrutterà le tue “debolezze” a suo favore. I consigli altrui possono essere presi in considerazione, senza considerarli, però, l'unico modo per trarti di impiccio nelle difficoltà che incontri lungo il cammino sociale, lavorativo e familiare … un parere non assicura mai la giusta soluzione … affidati alle tue sensazioni che possono risvegliare saggezza, creatività, talento e buone conoscenze personali. Attento, con i dati in suo possesso non solo può manipolarti, ma anche boicottarti, ricattarti … devi essere sempre sicuro di confidare i tuoi pensieri e segreti a un personaggio schietto e sincero.
uai lasciarti coinvolgere in rapporti lamentosi, tossici e malati perché non solo ostacoli un tuo momento sereno e boicotti la felicità, ma ti cali in un'atmosfera emotivamente noiosa e negativa, ti vincoli al disagio e ad un modo di pensare altrui non certo sereno. Se vuoi puoi esprimere un tuo pensiero, ma poi basta, deve finire lì: allontanati, il lamento esprime sempre un dispiacere, un qualcosa di spento, una difficoltà comunicativa, uno stallo!!! Ricorda, dopo un po' le lamentele nel cervello ristagnano, si concretizzano, appaiono vere, si fanno 'corpo', ti rendono dipendente e passivo! Fai attenzione a chi adotta il ruolo del grillo parlante, a chi da consigli a senso unico, premuroso, coscienzioso e protettivo, a colui che assume, in ogni circostanza, la mutevolezza del camaleonte: la carica di buon padre, del giusto confessore saggio e perfetto; prima o poi vivrai nella sua ombra, ti farà sentire mediocre ed inferiore. Ti senti talmente “protetto” e “rassicurato” che non ti assumi più le tue responsabilità … non prendi nessuna decisione. Rinunciando alla tua libertà ed autonomia scivoli nella spirale della servitù, dipendenza e disistima Il rischio è davvero alto: restare un perenne ed insulso “piccino”.
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.