venerdì 22 febbraio 2019

Poi dicono che siamo strani …



Poi dicono che siamo strani e complicati

lcuni maestri del genere noir - per impressionare il lettore - sono soliti ambientare le loro storie in luoghi angusti, macabri, cupi e misteriosi: mescolando, il più delle volte, vittima e carnefice, nonché bene e male. Io invece più “terreno”, poco fantasioso e per nulla ambizioso a livello letterario inizio la narrazione scritta - senza sconfinare nel mondo horror - con un “grido”. Il nostro racconto esistenziale comincia con un urlo forte, acuto e terribile: la nostra vita inizia - nel bene o nel male - con una “rinuncia”; si deve fare a meno - quando l'ambiente acquatico è favorevole - della quiete uterina. La vita autonoma ha origine da una “perdita” di simbiosi con la madre, da una “separazione”, da un “abbandono”, da un “taglio”: al cordone ombelicale. Un evento che - se mal gestito - lascia un “segno” profondo, caratterizzato da confusione, insoddisfazione, disperazione e dolore: il primo disagio sperimentato nella vita aerea. Una “privazione” di dimensione universale che se non trova un ambiente adeguato e un clima familiare favorevole lascia, nel corpo e nella mente, un “segno” indelebile, può influenzare in maniera significativa lo stile di vita, la sensibilità e la capacità d'amare del futuro individuo. Un fenomeno che con la sua impronta iniziale può dare inizio ad una “deviazione” neurologica prematura, ad un vero e proprio cambiamento biochimico ed ormonale; una modificazione per alcuni insignificante, ma per molti piuttosto importante considerata l'immaturità neurofisiologica, la totale dipendenza fisica e l'inadeguata “strumentazione” difensiva a disposizione del piccolo. 


a capacità di provare amore e attaccamento è la caratteristica essenziale dei mammiferi: veniamo al mondo troppo indifesi per poter sopravvivere senza il nutrimento e il sostegno che ci derivano dalla presenza di un forte legame madre/figlio. L'amore però può anche diventare motivo di sofferenza: perdere qualcuno o qualcosa cui siamo particolarmente legati ci può far precipitare in una lunga e penosa sofferenza. Anche la perdita della propria condizione, magari dopo una lunga lotta per la supremazia, può portare all'isolamento e a questo inequivocabile malessere emotivo, tanto a livello sociale quanto nell'ambiente lavorativo; un fenomeno riscontrabile in certe vittime di complotti messi in atto dai colleghi di lavoro, in persone che vengono allontanate dalla cerchia sociale di appartenenza o in chi non riesce ad adattarsi a certi cambiamenti (perdita di lavoro, disoccupazione, pensione). Se poi a questa modesta protezione si aggiunge, nel tempo, incomprensione, manipolazione, qualche abbandono, poca considerazione, mancanza di stima, scarso rispetto e alcune relazioni tossiche, il gioco è fatto: il senso di inferiorità, con tutti i suoi atteggiamenti colpevolizzanti e paralizzanti, è servito. Una condizione emotiva che non solo trova facilmente nel clima familiare un suo humus fertile e particolarmente favorevole, ma può anche predisporre alla visione di un mondo invadente, ostile e cattivo, ad una realtà assai pericolosa e piuttosto insidiosa; pianto e tristezza non possono mai essere espressi in modo libero e spontaneo perché minano la serenità, possono creare panico, ferire e rendere insicuro l'altro … generare squilibrio, portare tensione, allarmare e disorientare chi è preposto ad accudire e proteggere. Questo però non significa che per forza bisogna sconfinare nell'eccesso opposto: guai ad avidità di dominio e a gesti iperprotettivi che si sostituiscono all'azione, al libero scegliere e decidere del piccolo.


 così, piano piano, si fa strada la convinzione di valere poco, di non meritare nulla dalla vita, se non attraverso “voli pindarici”, riscatto ed espiazione; rassegnazione, sopportazione, passività, timori, insicurezza e disistima preparano un'esistenza incerta: fanno imboccare, fin dall'inizio, un percorso fuorviante, sterrato, disagiato e pericoloso ... si entra nella vita zoppicando. Un convincimento che rende eccessivamente sensibili alla sofferenza e alla sventura altrui, limita i gesti, frena le scelte e, soprattutto, ostacola la capacità di far valere le proprie opinioni in ogni settore della vita. Se non siamo mai stati guardati con dolcezza, presi con i “guanti” di velluto, avvolti nel calore, accolti, rassicurati, accarezzati e nutriti con amore avremo, come risultato finale, un “prodotto” umano con caratteristiche di scarsa qualità: un individuo spesso autodistruttivo, incapace di godere, insicuro, pessimista, rinunciatario, con poca fiducia in se stesso e negli altri; in ogni situazione si sente fuori luogo, in prestito, sembra che nessuno l'abbia desiderato o voluto su questa terra. Un soggetto 'trasparente' mai in prima linea, ma sempre con mansioni di gregario: dietro le quinte. 


ICORDA, chi non rischia mai, deve accontentarsi di poche cose, di scarti e briciole, resterà sempre debole ed affamato: della vita … chi rinuncia a vivere “muore” mille volte, mentre quelli con “grinta” una sola volta, diceva quel famoso poeta. Un personaggio che attraverso i suoi vari meccanismi di difesa primitivi ed inefficaci farà - quando va bene - scelte mediocri, rimanderà qualunque cosa perché in ogni settore della vita si sente inadeguato, si considera l'ultima “ruota del carro”; non sarà mai - sul palco della vita - il primo attore: primeggiare per lui significa uscire allo scoperto, esporsi alle critiche del mondo e, soprattutto, assumere ruoli rischiosi; gli altri poi potrebbero vedere - attraverso atteggiamenti e modalità relazionali - quelle profonde “mancanze”, scoprire quelle eventuali “debolezze”, quella spasmodica avidità mai sazia, quel vuoto incolmabile d'amore, quell'antica carenza di affetto, quel bisogno di calore primordiale mai ricevuto se non attraverso minacce o dolorosi compromessi. Il comportamento umano si può dividere in due parti; categorie strettamente connesse, caratterizzate e spinte dalla ricerca di soddisfazioni e dalla ricerca di sicurezza. Le soddisfazioni e la sicurezza sono considerate gli scopi, o stati finali, del comportamento umano, e cioè dei processi interpersonali. Nel linguaggio comune esse spiegano in termini generali che cosa si cerca in ogni situazione con altre persone, siano esse reali, fantastiche o una combinazione di queste due qualità.



 a ricerca delle soddisfazioni è una risposta ai bisogni biologici primari, tra i quali il cibo, bevande, sonno, riposo e, non meno importante, l'appagamento del desiderio sessuale. E' facile notare direttamente che per tutta la vita la ricerca delle soddisfazioni è provocata fisiologicamente da un aumento di tono in alcuni muscoli lisci, e il loro raggiungimento è accompagnato da un rilassamento generale dell'attività muscolare, con tendenza alla diminuzione dell'attenzione, dell'allarme e della vigilanza, e con una propensione al sonno. In parole più semplici, una soddisfazione provoca una diminuzione di tensione. L'altra categoria, la sicurezza, proviene dal bagaglio culturale dell'uomo: tutto ciò che è fatto da lui e che sopravvive come monumento a quelli vissuti prima. Tutti quei movimenti, azioni, parole dette, pensieri, fantasie, che appartengono più alla cultura di cui un dato individuo è stato imbevuto che alla organizzazione dei suoi tessuti e delle sue ghiandole, tutto ciò rientra propriamente in questa classe della ricerca di sicurezza. Qual é l'origine del bisogno di sicurezza? E' il fatto che attraverso una lunga storia, che inizia con la nascita, ogni persona diviene un essere sociale: il lattante sente gli effetti della cultura attraverso l'atteggiamento della persona importante, madre o figura di riferimento, che gli sta accanto. A sua volta lo stesso atteggiamento della persona importante è condizionato socialmente. 


olto prima di capire cosa sta succedendo, il lattante riceve qualche impressione sugli atteggiamenti di coloro che si prendono cura di lui. Dopo qualche tempo lo si educa deliberatamente, insegnandogli che cosa si considera giusto e che cosa si considera sbagliato. In altre parole gli impulsi biologici vengono condizionati socialmente, cioè modellati secondo le forme approvate dalla cultura. A differenza di quanto accade per le soddisfazioni, il raggiungimento della sicurezza esige la “conservazione” di una certa quantità di tono o tensione muscolare. Si dice che alcuni muscoli non sono mai completamente rilassati e che anzi molti di essi sono in uno stato di tono considerevole anche durante il sonno più profondo. I cambiamenti di sicurezza comunque sono accompagnati da cospicue modifiche di tono in tutti i principali sistemi muscolari del corpo. Le soddisfazioni raggiunte, secondo i modelli socialmente approvati, provocano un senso profondo di benessere, di compiacimento, di sicurezza.

questi bisogni non solo si provano, ma quando per qualche ragione non possono essere soddisfatti secondo i modelli culturalmente approvati che si sono appresi nella prima parte della vita, si prova una sensazione di intenso disagio, di malessere, di insicurezza che è l'angoscia.
Questo non vuol dire che i bisogni si sono trasformati in insicurezza ed angoscia, ma che essi sono sentiti come qualcosa che mette in pericolo la sicurezza, e cioè che si trovano in conflitto con la necessità di raggiungere quel preciso stato di quiete: raggiungere i propri obiettivi e progetti con fiducia e lucidità. La mancata soddisfazione di tali bisogni in maniera lineare e “naturale”, accompagnata da insicurezza, crea una diffusa e profonda “privazione” e, quindi, per farla breve, si è in prima fila come candidati a produrre tristezza e tratti melanconici; ci si ritrova in ogni occasione a fare i conti con un umore ballerino invadente: un personaggio con un grave defedamento organico e caratteristiche depressive persistenti. Il suo agire essendo permeato di motivi passivi, di inadeguatezza, di insicurezza e di indegnità si concretizza in una rinuncia continua, sia nascondendo sentimenti sia camuffando passioni e desideri. 


l fine di compensare quella mancanza d'affetto e, quindi, avere maggior considerazione e attenzione è disposto a sacrificarsi, a scendere a patti con ogni cosa, a qualunque costo, anche di rinunciare alla sua vita reale (vedasi il racconto di Esopo: “Patto leonino”): offrire un eccesso di disponibilità, una forma di altruismo ingannevole e un esagerato senso del dovere. Non dobbiamo dimenticare che la reazione depressiva, come ogni stato emotivo difficile, è una delle possibili risposte ad uno stato continuo di sofferenza; un tentativo, un aggiustamento mal riuscito per evitare l'impotenza di fronte alla sofferenza fisica e psicologica.
Sarà una vita governata da remissività e accondiscendenza, caratterizzata da scarso ardore, intessuta di delusioni, piena di lamenti, da un non dire e da un fare forzato, spinta da una smania irragionevole e da un desiderio assurdo di “nutrire” gli altri per sentirsi più vivi; un agire non soltanto ai margini della vita e nettamente in contrasto con il vero sentimento d'amore puro, schietto e genuino, senza catene, ma che tiene lontano anche dal mondo degli affetti sani, che obbliga a rinunciare alla propria individualità: il tutto condito da un'ideologia sacrificale, da un grande senso di frustrazione e da una enorme aggressività dirompente; un dare rivolto esclusivamente ad offrire un'immagine mascherata da troppa disponibilità e da “bravo personaggio” solo per avere in cambio più stima, sostegno e maggior considerazione: raccattare qualche misera briciola di affetto in più. E' bene ricordare che un debole stato di salute fisica indica che il corpo non funziona a dovere; non si può evitare l'effetto tossico e la lotta contro i batteri. 


n debole stato di salute mentale o emotiva, invece, indica una situazione simile con riferimento alla nostra personalità, alla nostra abituale maniera di adattarci. Non possiamo evitare gli effetti infettivi, non di batteri, ma dei nostri stessi errori di interpretazione: un modo di fare fallace nel senso che conduce ad un comportamento inadeguato. Comportamento che non è funzionale, che non ci dà quello che vogliamo. Questo modo di fare non è semplicemente sciocco, è dannoso. Vestirsi con abiti infantile è puerile; reagire ai nostri problemi in modo infantile è dannoso. Che cosa sono dunque alcuni di questi stati d'animo sbagliati, alcune di queste erronee interpretazioni? E come possono colpirci? Per scrupolo analitico esaminiamo questi atteggiamenti in termini di pensiero, sentimento e comportamento. Il più grave errore di interpretazione nel nostro modo di pensare è che andiamo dietro ai nostri desideri piuttosto che alla realtà per dominare i nostri pensieri. Questo ha come risultato, naturalmente, un giudizio insufficiente. Nel nostro modo di pensare anche noi interpretiamo erroneamente le conseguenze delle nostre azioni. Chi soffre di qualche disagio emotivo ha la tendenza di ripetere i propri errori. La gente in “equilibrio” può fare sbagli in maggiore o minore numero di chi soffre a livello emotivo, ma commette errori diversi, e ciò dimostra che ha risolto alcuni dei suoi problemi o che ha scontato gli errori ed è in grado di proseguire, di andare avanti in maniera più o meno felice. La gente che fa sempre lo stesso errore più e più volte mostra di essersi fermata ad un certo stadio di sviluppo. Il più importante errore emotivo di interpretazione di chi soffre è di sottovalutarsi, di punirsi, di trattarsi miseramente. Questo atteggiamento è il risultato di una misera immagine di se stessi. Una persona con una misera immagine di se stessa può veramente sembrare che stia cercando di aumentare il proprio valore, ma il tentativo è male indirizzato, superficiale, e indica che non ha un concetto di sé sufficientemente buono. Questo atteggiamento si estende alle relazioni di parentela, al mondo del lavoro e agli amici.



eneralmente è un soggetto che ha rapporti tesi con i genitori, con i fratelli, con la moglie, con i figli, con il datore di lavoro
. Egli interpreta erroneamente i loro sentimenti ed i suoi. Con gli amici è esigente, tende ad interpretare erroneamente ogni loro azione. Si concentra troppo su se stesso: non sa conversare ed è un esibizionista. Il fatto è che non sa fuggire dalla sua stessa prigione, dalla sua invalidante camicia di forza. Ciò che è al di fuori di lui non lo soddisfa abbastanza, e questo lo turba e lo disturba parecchio. Quindi interpreta erroneamente la natura delle relazioni sociali. Egli vuole ciò che vuole, quando lo vuole. Il suo errore di interpretazione consiste nel non riuscire a capire che deve anche dare, che deve imparare a sviluppare l'abilità che lo lega agli altri. Ma invece di impegnarsi a sviluppare relazioni del dare e avere, agisce come se scambiasse tutti per suo padre e sua madre e se stesso per un bambino ... e “grida”, “grida” ancora a più non posso. E naturalmente la gente rifiuta un simile approccio. Nel complesso i sentimenti tendono ad essere più negativi che positivi. Essi consistono nella collera, nell'ansietà, nel rifiuto e nel pessimismo. Chiunque sia cronicamente negativo, arrabbiato pessimista, deve per forza interpretare in modo errato le situazioni che affronta, perché la vita non è conforme ai suoi stati d'animo. Qualche volta essa ci appare buia, altre neutra, talvolta promettente. Se ci appare quasi sempre in un solo modo, c'è qualcosa da rivedere in noi. Il comportamento inoltre esprime pensiero, sentimento, e questo non è meno vero quando i pensieri e sentimenti sono in funzione degli stati emotivi, sebbene non sempre siano riconoscibili come tali. Spesso hanno poca perseveranza perché interpretano erroneamente il valore delle cose che fanno. Non appena incontrano un ostacolo, il più delle volte rinunciano, dicono: “Cosa vuoi mai, non ne valeva realmente la pena” e stanno immobili, se ne stanno fermi. Questo è un errore di interpretazione, una vera razionalizzazione. Il loro campo d'azione è limitato. Essi tendono a ripetere le stesse cose. Solo lavoro e niente svago rende “difettosi”. Il disagio emotivo dunque colpisce il nostro modo di pensare, di sentire, il nostro comportamento. Ci sono quattro campi in cui si esprimono questi stati emotivi.


l primo è la vita in casa. Collera cronica, ostilità, atmosfera pesante e tensione in casa propria indicano bisogno di aiuto. Il secondo campo è il lavoro. Aggressione, senso di colpa, depressione, alienazione possono seriamente minare la capacità di una persona nello svolgimento di qualsiasi attività. Il terzo campo, lo svago, è spesso trascurato, pur essendo un importante contrappeso nella nostra vita, perché in questa società globale e competitiva siamo sempre sotto pressione per produrre e lavorare. Quindi lo svago deve essere dedicato a soddisfare i nostri bisogni non avendo nulla a che fare con le pressioni che la società esercita su di noi. Potrebbe esserci d'aiuto il tirar fuori qualcosa dalle nostre tendenze aggressive per soddisfare i nostri inesauditi bisogni d'amore. La gente che non ha vie di uscite rilassanti, interessi esterni, che non fa altro che lavorare tutto il giorno e dormire tutta la notte, non può continuare a lavorare in mezzo alle sue difficoltà emotive. Il quarto campo, la vita sociale, urta con gli altri tre campi e oscura le loro possibilità e i loro espedienti. All'inizio della nostra vita sviluppiamo facilmente una povera immagine di noi stessi perché ci sentiamo rifiutati e inevitabilmente soffriamo per il rifiuto, perché dipendiamo moltissimo dai nostri genitori che ci aiutano. Una dura disciplina o più propriamente un'atmosfera priva di amore e di approvazione, ci dà un misero concetto di noi, e dozzine di esperienze distruttive con fratelli, amici, insegnanti e altri lo rinforzano. Quante volte nella mia attività ho ascoltato opinioni inutili e dannose, formulate per gestire o schiacciare il più “debole”: “Taci tu che sei piccolo, cosa vuoi mai sapere” o ancora peggio Taci tu che non capisci niente … quando avrai la mia età allora sì che potrai parlare”. Sembrano cose d'altri tempi, fantasiose, ma capitano ancora oggi e con una certa frequenza, più di quanto si possa pensare. Come risultato - per pulirci e tamponare le ferite - sviluppiamo dei meccanismi difensivi. Comunque questi non sono molto efficaci, non siamo abbastanza cresciuti per sviluppare difese vantaggiose. Tuttavia le rinforziamo, edifichiamo su queste misere fondamenta e sviluppiamo un autentico modo di vivere che implica evasione, ritiro, interpretazioni sbagliate, in breve i nostri variegati disagi emotivi. Dopo un po' di tempo questo modo di vivere diventa così normale che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo veramente perché è ciò cui siamo abituati.


a se ha ricevuto “poco”, mai sperimentato sentimenti di intimità e gratitudine, vissuto rapporti con figure dure, fredde e scostanti, affrontato responsabilità e compiti inadeguati per il suo momento evolutivo, quanta bontà e allegria genuina potrà offrire a se stesso e agli altri? E' difficile rispondere con precisione a questo complesso e farraginoso interrogativo perché in ogni suo gesto ci sono infinite sfumature, in ogni suo atteggiamento si cela sempre - dietro un manto candido di beatitudine, di falsa calma e di un egoismo ben mascherato di altruismo - un'aggressività distruttiva muta, sempre trattenuta e mai espressa, una rabbia repressa e un odio silenzioso verso ogni divieto: non sente e nemmeno ascolta più i suoi desideri più profondi, il suo corpo stanco, logoro, abbandonato e pieno di lividi. Se ti ritrovi in questi atteggiamenti appena descritti significa che sei saltato a piè pari, entrato a tua insaputa nel teatro della melanconia, scivolato silenziosamente su un palcoscenico in cui si sta recitando il dramma di un vissuto pieno di colpe, rovine, tristezza ed ipocondriaun demone del passato che prepotentemente fa sentire la sua voce nel presente annullando completamente la voglia di vivere. ATTENTO, ti stai muovendo su un territorio minato: quello depressivo. Lo stato depressivo - senza scomodare i poeti romantici - non solo è una sofferenza familiare a tutti noi, ma anche inevitabile per i motivi espressi fin dall'inizio della nostra narrazione (separazione, perdita, abbandono). Molte persone procedono nella loro vita fra gli estremi di tale stato; altre, in maniera leggermente più stabile, mantengono un prevedibile e desiderabile equilibrio. Ma più o meno siamo tutti coinvolti, tutti colpiti in una certa misura da quello stato d'animo persistente chiamato umore … “qui sine peccato est vestrum primus lapidem mittat”. Un fenomeno che si sovrappone al nostro modo di fare e stabilisce, volenti o nolenti, l'autentico tono emotivo della nostra vita quotidiana.


n giorno saltiamo giù dal letto con il piede giusto, con una discreta energia, sentendoci magnificamente vivi: una giornata che sa di buono, direbbe un noto spot pubblicitario; un altro giorno, invece, ci alziamo con i denti stretti, con una incomprensibile voglia di non fare, con un inspiegabile bisogno di isolarsi da tutti, non si notano le cose attorno e non ci siamo per nessuno: si è stanchi ancor prima di iniziare. Non ci sono rapporti con i nostri simili, ma paradossalmente abbiamo tanta energia, attenzione e un occhio di riguardo solo per quei piccoli animaletti “indifesi” che fanno tanta tenerezza, hanno bisogno di tante coccole e tanto calore, necessitano di tanto affetto ed infinito amore (non tradiscono, non deludono mai e, soprattutto, ricambiano in ogni momento attenzione ed affetto senza riservare brutte sorprese, in maniera del tutto disinteressata)si cerca di compensare quel prezioso “nutrimento” che ci è stato sottratto o, peggio ancora, svenduto. A colui che teme la società e il mondo intero, la compagnia degli animali arreca, oltre alla muta approvazione, il calore della vita. Quanti ricordi d'infanzia richiamano con emozione alla memoria certi momenti d'effusione, di liberazione di fronte a un cane o a un coniglietto che ascoltavano, con l'aria di comprenderli, quei grandi dolori che il piccolo non osava esternare per paura di essere criticato?





icordo Erika che ancora oggi con le lacrime agli occhi rievocava i bei momenti trascorsi con il suo bel siamese: “se non avessi avuto la sua compagnia ora sarei ancora più inguaiata”; ha condiviso per tutta l'infanzia pasto, letto, giochi, confidenza ed ascolto … un vero, prezioso e unico amico!
Muoversi ancora, in ogni direzione senza concludere nulla, fissando il vuoto, consumando ogni risorsa vitale. Reagiamo di meno agli stimoli e alle influenze sociali; evitiamo volutamente ed astutamente gli assembramenti di esseri umani; ci alleniamo alla trascuratezza e al disordine: le donne non curano più unghie e capelli, mentre l'uomo si lascia andare ad un vestiario disordinato e scadente, poco pulito. Questo articolo, comunque, non ha niente di saccente, non cerca colpevoli, tantomeno responsabili, la sua finalità è quella di far riflettere o orientare - chi è curioso ed interessato - a capire se la tristezza che si sperimenta è da valutare come una normale alterazione dell'umore o se invece è l'espressione di una condizione clinica più seria, che necessita di una diagnosi e di un trattamento adeguati. RICORDIAMOLO, ancora una volta, che una diagnosi precoce e un corretto trattamento sono indispensabili per ridurre la sofferenza, ridimensionare le conseguenze di tale stato emotivo e per evitare, soprattutto, che causi gravi danni a se stessi e agli altri … più di ogni altra cosa a piccini ed indifesi.  
Diventiamo apatici, indolenti, non c'è nulla che ”infiamma” la nostra curiosità, che alza il tono dell'umore. Quei piccoli gesti che prima erano il nostro cavallo di battaglia e la nostra fonte di piacere, ora non ci danno soddisfazione, non ci rallegrano più; nulla ci interessa, diventiamo abulici e freddi, tristi, scoraggiati e indolenti, dominati da un senso di futilità e di fallimento; stanchi, spompati, privi completamente di energia … cattive abitudini che tolgono forza fisica e mentale. Senza alcun vigore, ogni attività - se non completamente assente - non solo subisce un calo notevole di vitalità ma è soprattutto fonte di infelicità: lavoro, rapporti sociali e sessualità anziché sollevarci creano continui conflitti ed inutili battaglie. L'unica cosa che possiamo fare è soffermarci a pensare a noi stessi e ai nostri turbamenti: un profondo sconforto che sembra non avere fine. La nostra giornata, senza alcun motivo, si colora di tinte scure, di tristezza e scoraggiamento profondo; ci sentiamo continuamente minacciati anche quando le circostanze in cui ci troviamo non giustificano affatto un simile sentimento catastrofico


ortati a generalizzare ogni cosa, abbiamo sempre in qualsiasi settore della vita reazioni esagerate, il più delle volte a nostro svantaggio. Questa non è una visione reale, autentica, oggettiva del mondo circostante, ma è dettata dal nostro profondo pessimismo, dal nostro “umore ballerino” nei suoi riguardi: una disposizione, una interpretazione, un giudizio emotivo che, ancora una volta, ci fa piombare nel turbamento e nell'apatia. Le cose in sé non sono né belle né brutte, né buone né cattive; imputiamo ad esse questi giudizi di valore, ma tali valutazioni dipendono dai nostri gusti, dai nostri desideri e soprattutto dalle nostre interpretazioni ed aspettative: facciamo tabula rasa intorno a noi, contaminiamo con il nostro stato emotivo gli eventi che ci riguardano. Diventiamo ansiosi perché siamo convinti che c'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in noi. Guardiamo la nostra vita come una “valle di lacrime” che vale la pena abbandonare il prima possibile. Privarci continuamente di ogni cosa, materiale o spirituale che sia, ci deprime. Possiamo sentirci tagliati fuori dalla possibilità di una soddisfazione, e più ci sentiamo calpestati meno facciamo per ottenerla … il tutto convoglia verso un continuo senso di privazione, dritti, dritti nelle fauci del malessere depressivo. O possiamo sentirci, se non proprio in questo stato, come una nullità senza nome, in un largo impersonale corpo strutturato dove non c'è che una piccola speranza di riconoscimenti.



a noia, che spesso è confusa con la fatica, conduce alla depressione. Presi in un intreccio perverso di inattività e di noia, cominciamo a sentire che la vita sta passando su di noi. Prestiamo sempre meno attenzione agli eventi e alle situazioni perché, nella nostra attività sempre uguale, si richiede meno attenzione. Ma sfortunatamente non possiamo cessare da questa tendenza a prestare sempre minor attenzione alla vita, e presto finiamo col non essere più sufficientemente attenti alla quotidianità in maniera entusiastica, vivida. Cominciamo a perdere di vista ciò che potrebbe darci il sentimento di soddisfazione. E così il nostro malessere depressivo aumenta. Molto più deprimente è la paura della vecchiaia. Noi viviamo in un mondo globale, in un ambiente iperattivo nel quale abbiamo cominciato ad agire e a produrre senza limiti, abituati ad avere tutto e subito; l'età avanzata ci rende impacciati, limita non solo la nostra mobilità ma anche la nostra ragion d'essere; ciò è deprimente. Meno dobbiamo preoccuparci per qualcosa, più facilmente ci sentiamo depressi. Ma perché il nostro senso di fallimento o la perdita di qualcosa che amiamo deve affliggerci in questo modo drammatico? Perché questa apatia, perché non l'indifferenza o l'ira? Perché la perdita reale è determinata da una profonda rottura dentro di noi, piuttosto che di qualcosa intorno a noi. 


a perdita reale non è altro che la stima di noi stessi. Con la perdita di un bene materiale, di denaro, di prestigio, di un'opportunità o in ogni caso in cui venga a mancare qualcosa di importante, ci sentiamo meno adeguati. Con la perdita di una persona, invece, un'importante parte di noi se ne va a causa della nostra identificazione con quella figura affettiva (identificazione: meccanismo di difesa secondario, processo mediante il quale un individuo costituisce la propria personalità assimilando uno o più tratti di un altro individuo e modellandosi su di essi). E' come se il centro del nostro essere fosse stato tagliato via … non si ha più il faro che ci guida, alcun supporto, sicurezza. Il guaio sta nel fatto che la nostra condizione emotiva spesso è sproporzionata alla perdita che ci sembra di subire. Ciò induce a credere fermamente che la stima che avevamo di noi stessi non era ben solida, radicata in profondità. La nostra “disponibilità” a questo stato emotivo, complesso risultato di un insieme di precedenti privazioni, abbassa la soglia della nostra coscienza, esigendo che l'insoddisfazione si riduca sempre di più in noi: alla fine ci “svegliamo” dalla parte sbagliata del letto. Ma la soluzione è sempre la stima in se stessi.

ICORDIAMOLO ancora una volta che la stima è il fulcro, il centro emotivo su cui poggia la nostra armonia, il nostro prezioso equilibrio. La stima di sé, di una persona che soffre a livello emotivo, è controllata e regolata non dalla persona ma completamente dalle situazioni esterne: dagli altri. Molte persone cercano costantemente l'elogio e la giustificazione, l'ammirazione, l'attenzione, l'affetto: quell'amore sempre mendicato, desiderato con estrema umiltà. Un individuo pateticamente e perennemente affamato di attenzione e di complimenti. Il bambino, come è stato più volte sottolineato in questo articolo, comincia la sua vita come un animale; è interessato soltanto a soddisfare i suoi istinti (nutrirsi). Dopo un po' impara che non può fare a meno di certe figure di riferimento. Isolarsi, stare da solo è davvero pericoloso; si sentirebbe perennemente “schiacciato” dall'ambiente circostante, dominato da un senso profondo di impotenza. Gli altri possono fare tutto, da solo non può fare nulla. Impara presto che il suo senso di soddisfazione dipende dai suoi genitori e che il loro amore o la loro disponibilità ad accettarlo è una garanzia di aiuto per lui: un porto sicuro per la sua sopravvivenza. Così si sente confortato al massimo non soltanto quando è con loro, ma anche quando intuisce, mette a fuoco, razionalizza che l'essere accettato da queste figure di accudimento è cosa buona e tranquilla. 


l bisogno di essere amati e considerati diventa il requisito essenziale del bisogno dei suoi istinti: la fame e la sete. In primo luogo questo amore è offerto senza condizioni, ma queste figure di riferimento imparano presto, mettendo in atto quello che hanno acquisito, appreso dalla vita, ad esigere qualcosa in più, e il piccolo scopre di vivere in un mondo di approvazione o di disapprovazione. Dopo un po' l'amore è offerto soltanto se obbedisce, agisce conformemente alla volontà altrui. Le malefatte generano ben presto la paura della ritorsione, il terrore della disapprovazione, e le azioni buone un'attesa di approvazione. Il piccolo impara a riconoscere un giudizio di approvazione e uno di disapprovazione sufficiente bene da applicarli spontaneamente alle sue azioni, a se stesso. Non appena distingue ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, comincia a formarsi una coscienza, un super – Io direbbero ancora una volta gli psicoanalisti, e il bisogno di fare le cose giuste diventa il primo passo, il primo requisito per i suoi sentimenti di soddisfazione. In primo luogo ogni piccolo ha avuto bisogno di pensare che buono e cibo coincidono; subito dopo ha avuto bisogno dell'amore; non appena è un po' cresciuto ha bisogno di sentire che sta agendo in maniera “giusta”. Dal momento che fin dalla nostra infanzia siamo continuamente “richiamati”, sempre giudicati, ben presto impariamo a giudicare noi stessi … a nostre spese, con la stessa moneta. E quando facciamo qualcosa che riteniamo sbagliato ci sentiamo in colpa; siamo piuttosto severi, giudichiamo che non siamo degni di approvazione e di lode. Con estrema difficoltà tentiamo di riguadagnare l'approvazione degli altri. Sfortunatamente confondiamo la nostra “indegnità morale” o la nostra colpa con gli effetti che ogni nostro difetto ha su di noi. Ogni volta che manchiamo di fare qualcosa per la nostra soddisfazione, sminuiamo noi stessi; ancora una volta cominciamo a ricercare al di fuori la conferma del nostro valore. E' bene ricordare che il senso di colpa è un sentimento che può smantellare completamente il nostro equilibrio emotivo e, soprattutto, non deve essere confuso con la colpevolezza. A livello giuridico, ad esempio, si deve giudicare la colpevolezza di uno che ha commesso un reato. La sentenza arriverà da una figura esterna (giudice), che non è né la vittima né il colpevole. Si parlerà allora di una colpevolezza reale, legata ad un fatto concreto. Il sentimento di colpa, invece, indica il modo in cui un'azione è vissuta da colui che è 'accusato', a torto o a ragione, dagli altri e non da se stesso. Una colpevolezza sana è una colpevolezza proporzionale sia in qualità sia in quantità. Porta al rimpianto e al rimorso, ma non all'odio di sé, tantomeno forma giudici severi che non perdonano e non si sentono “sbagliati” per aver preso una briciola di pane. Dissuade dal reiterare, senza escludere il ventaglio di passioni e di piaceri. Non si può, a priori, screditare la colpevolezza: può essere pesante, sterile e disperante, ma è anche l'espressione della sensibilità nei confronti dell'altro, la spia accesa per la coscienza quando indica il rifiuto o l'indifferenza. 


on si è mai completamente umani senza acquisire un'attitudine a sentirsi colpevoli. Uno dei maggiori problemi posti da questo sentimento di colpa viene dal fatto che non c'è sempre consapevolezza: coscienza della situazione. Si può manifestare all'insaputa di una persona, attraverso uno dei suoi effetti indiretti: irritabilità, tristezza, risentimento, apatia. Questo senso di colpa, più o meno cosciente, è talvolta compatto, duro, resistente. Non bisogna dimenticare che questa condizione emotiva è spesso associata ad un irresistibile bisogno di punizione. Non è del resto sempre possibile differenziare il senso di colpa dal bisogno di espiazione. Per un atto reprensibile che non dovrebbe comportare che una “leggera bacchettata mentale” sulle dita, si assiste alle volte a delle misure punitive sproporzionate. A questo riguardo ci sono studi davvero interessanti circa la frequenza anormale di incidenti automobilistici che avvengono dopo un litigio con un familiare cui si è legati da un vincolo affettivo. Al di là della perdita di attenzione dovuta ad un legittimo sovraccarico emozionale, potrebbe anche trattarsi dell'espressione concreta di un bisogno incosciente di punizione. Per noi psicoterapeuti la situazione è molto chiara. Lavoriamo spesso con soggetti che resistono accanitamente ad ogni sollievo di sintomi, che sembrano perdutamente legati alla sofferenza affettiva, e questo perché, paradossalmente, questa situazione, questo modo di fare, di reagire, assicura loro il castigo che credono di meritare. Non è raro trovare in certi soggetti l'istallazione di uno stato depressivo dopo un litigio o una reazione di rabbia. Tornando ancora una volta ai tratti depressivi, passiamo il tempo cercando ossessivamente amore piuttosto che offrendolo. E le nostre relazioni sono spesso insoddisfacenti perché nessuno può darci ciò che domandiamo. L'insoddisfazione nell'amore diventa insopportabile perché l'amore è così importante. Dedichiamo noi stessi a questo, a spese degli altri aspetti della nostra vita.


iventiamo gelosi, in realtà più gelosi che amanti. Non siamo amanti, siamo soltanto disperatamente alla ricerca di amore, di considerazione, di attenzione
quel calore ancora una volta mai ricevuto. Alcune persone vanno alla ricerca dell'approvazione esterna e dell'amore lavorando in maniera eccessivamente dura e conseguendo molto di più del necessario. Certi sono magnanimi nei riguardi di una colpa; altri ancora si lasciano andare ad una specie di giostra sociale senza mai restare soli. Questi mezzi spesso ci offrono una reale, anche se instabile, possibilità di essere accettati. Ma sforzarsi così duramente per ottenere di essere accettati diventa un modus vivendi … spesso fonte di delusione. Invece di rallegrarci per la convinzione di essere amati, continuiamo ad avere paura di essere accettati soltanto per il tempo in cui lavoreremo in quel modo. Se ci fermiamo, pensiamo che perderemo tutto. Diventiamo stanchi man mano che invecchiamo, ma dobbiamo continuare. Non coltiviamo quelle relazioni più profonde che potrebbero aiutarci a costruire un'interiorità più vantaggiosa … più valida e sicura; continuiamo a correre senza fare nessun progresso. Questo ci esaurisce, ci toglie potenza L'energia che richiede ci priva della nostra forza e della nostra vitalità, lasciandoci non solo disposti alla depressione in generale ma anche meno capaci di goderci la vita. Questa monotonia è la differenza tra la sciarada che alcuni usano per godersi la vita e il fatto di essere veramente felici. Vediamo abbastanza spesso della gente il cui riso è sospettosamente forte. Se essi gioissero della vita soltanto a metà di quanto vorrebbero farci credere, non sarebbero stanchi in tal modo per la maggior parte del tempo. Viviano in un mondo che valuta attentamente e scrupolosamente ciò che ciascuno ha conseguito e che incoraggia il giudizio morale. E impariamo queste consuetudini con una esperienza personale, nei nostri primi anni di vita, dalle nostre figure di riferimento. Dapprima esse ci guidano quindi, attraverso vari automatismi, pilotiamo noi stessi sullo stesso sentiero esistenziale, e come risultato soffriamo facilmente di frustrazioni.


iamo frustrati e diventiamo irosi; quando diventiamo irosi ed esprimiamo i nostri sentimenti aggressivi siamo rimproverati; quando siamo aggrediti ci sentiamo in colpa e con tale emozione sviluppiamo un bisogno di punizione, il più delle volte attraverso la sofferenza, sacrificio ed espiazione. Tutto ciò sminuisce la nostra stima in noi stessi e di per sé aumenta la nostra dipendenza dagli altri, mentre tentiamo di ricostruire inutilmente le nostre fondamenta. Ma sostenere la stima di noi stessi tramite gli altri, generalmente non è fonte di ricompensa e poche persone sono realmente interessate ai nostri problemi personali. Così - colpiti e frustrati in questo modo - nascono in noi dei sentimenti di grande inadeguatezza e privazione che alla fine dei conti ci conducono ad un'ulteriore conferma del nostro senso di colpa e di privazione di valore. Il risultato di questa spirale deprimente di cause ed effetti è dato dal nostro quadro clinico, da conflitti nella nostra personalità. Siamo mossi, ad esempio, dal bisogno di conseguire obiettivi per soddisfare le richieste dei nostri genitori e della società in cui viviamo; inoltre conserviamo anche un bisogno di fallimento per soddisfare il bisogno di punizione che deriva dai nostri sentimenti di colpa. Siamo guidati dal bisogno di essere amati, ma abbiamo anche bisogno di esprimere ostilità. Questi conflitti il più delle volte silenziosi sminuiscono anche la nostra vitalità. Ancora peggio, invece di agire in base all'uno o all'altro di questi bisogni contraddittori, agiamo contemporaneamente in base a tutti e due, confondendo i nostri nemici, la famiglia e persino noi stessi. Un individuo, ad esempio, può scegliere una determinata professione perché, inconsciamente può aver concluso che se non può ottenere l'amore (attenzione, considerazione, affetto) di cui ha bisogno in famiglia, lo potrà trovare nell'ambiente lavorativo dove tutti finalmente lo apprezzeranno. Ma diventare un “bravo” professionista richiede di passare attraverso centinaia di tentativi, di infiniti “fallimenti”, facendogli sopportare la ripetuta minaccia e a volte anche il fatto del rifiuto. Così, per ottenere considerazione e l'amore di cui ha bisogno, si sottomette ripetutamente proprio all'opposto, il rifiuto.
Sogniamo di soddisfazioni, di serenità, di goderci la vita, ma siamo pressati sempre più ogni giorno a mettere alla prova noi stessi, ad aumentare il nostro valore agli occhi degli altri e di noi stessi. Assistiamo abbastanza spesso un conflitto fra il nostro giudizio razionale e i nostro comportamento quotidiano, ma non possiamo trattenerci dal comportarci così. Un individuo desidera la sicurezza finanziaria che è un aspetto del suo desiderio di aumentare la sua stima, e rischia quindi più di quanto dovrebbe. Nel momento in cui corre il rischio (dice quella famosa parolina “più” … ma quanto di “più”?) aumenta la sua insicurezza, non importa quanto grande sia la promessa che il futuro può prospettare. Ciò è molto simile alle difficoltà che la gente affronta quando gioca d'azzardo (vedasi l'articolo “La lusinga del diavolo”). La cosa più difficile è smettere quando si sta vincendo. E questo semplice fatto suscita realmente un problema spiacevole, quando si gioca con l'intenzione di vincere. Viviamo in una società in cui i nostri desideri sono stimolati anche di più rispetto a ciò cui la nostra stessa immaginazione mira. I talk show, la televisione e i film, e così tutti i mezzi a disposizione della pubblicità, ci portano a credere che il successo e le soddisfazioni sono conseguibili per chiunque. L'eroe e l'eroina si abbracciano e vivono felici per sempre. Fumate le sigarette di “grido”, usate il deodorante “giusto”, guidate la macchina del “momento”, e la vostra sarà una vita felice. Ma quando la vita “felice” ci sfugge per una ragione o per l'altra, ci sembra che qualcosa ci sia stato sottratto, e infine siamo profondamente delusi: depressi; il tutto è stato costruito sulla sabbia: sulla fragilità. 


iviamo anche in un ambiente ostile, nel quale dobbiamo contare il nostro 'resto', insistere per i nostri diritti, competere per un lavoro, per la nostra condizione sociale, per la soddisfazione sessuale, dobbiamo proteggere le nostre proprietà e quindi discutere con la compagnia di assicurazione perché ci rimborsi le autentiche perdite in cui siamo incorsi spendendo per assicurare noi stessi. Tutto ciò ha un effetto deprimente e minaccioso su di noi. I legami personali profondi stanno diventando sempre più rari. Con tutta la gente che ci passa intorno di corsa, è difficile avere una conversazione, per non dire amicizia; non ci sono più contatti, l'isolamento è pressoché totale, si prospettano nei prossimi anni quadri clinici davvero difficili se non gravi … un mondo sociale pieno di incertezza. Come risultato ci sentiamo minacciati. In una società che adora la gioventù - perché scarseggia - anche il normale e naturale processo di invecchiamento è minaccioso. Ma, soprattutto, esponiamo noi stessi a queste influenze a causa della disponibilità che è in noi verso lo schema frustrazione – ostilità – colpa. Spesso agiamo impulsivamente e lottiamo irosamente quando le forze che sono in noi e intorno a noi ci opprimono. Successivamente soffriamo un riflusso di senso di colpa e tentiamo di giustificare la nostra ostilità piuttosto che liberarcene. E' già abbastanza spiacevole non avere ciò che vogliamo. Ancora peggio è imparare che non siamo capaci di ottenere ciò che vogliamo. Ma ciò è soltanto il principio. Impulsivamente componiamo le difficoltà rovinando le nostre amicizie con gli altri e quindi diventiamo apprensivi per paura di quello che possono pensare di noi. Non appena ci domandiamo qual è la loro stima per noi, la nostra stima di noi stessi diventa instabile. Incapaci di mutare la situazione immediatamente, siamo lasciati bisognosi, insoddisfatti e impotenti. E tanto minore è il concetto che abbiamo di noi stessi, tanto meno vediamo le nostre possibilità per il domani. La gioia, la soddisfazione, il piacere diventano più lontani … sempre più lontani.




esta soltanto lavorare e dormire. Presto sopraggiungono la tristezza e la depressione. La diagnosi depressiva - anche se sono dati che interessano più gli addetti ai lavori che all'uomo comune - è un processo a due fasi. Primo è necessario identificare la sindrome depressiva. Questo richiede un'indagine su vari sintomi:
  • Disturbi del sonno;
  • Perdita di interesse o piacere (anedonia);
  • Sentimenti di colpa o di essere senza valore;
  • Astenia;
  • Difficoltà di concentrazione e disturbi mnesici;
  • Alterazioni dell'appetito;
  • Agitazione o rallentamento psicomotorio;
  • Ideazione suicidaria.
Per formulare la diagnosi di depressione, secondo il DSM V, devono essere presenti almeno cinque dei precedenti sintomi per almeno due settimane. La seconda fase del processo diagnostico è determinare la causa più probabile. Come altre sindromi, tale stato può insorgere in associazione a diverse condizioni e manifestarsi in numerosi modi (malattia, farmaci, conflitti sociali ed economici). E' necessario determinare se i sintomi sono causati o aggravati da una malattia medica, da farmaci o da una situazione sociale. In caso affermativo, la depressione viene definita secondaria. Se questi fattori sono assenti viene definita primaria o disturbo affettivo primario.


OSA FARE.
E' facile omettere dal quadro clinico del paziente la malattia depressiva, poiché molti dei suoi sintomi caratteristici quali stanchezza, dolori di stomaco, funzioni intestinali alterate, perdita di peso (o aumento) e insonnia vengono erroneamente attribuiti al disturbo fisico sottostante. Non fate l'errore di considerare tale disagio emotivo come una naturale conseguenza delle circostante o peggio ancora del fato, potrebbe essere causa di una sofferenza mentale ancor più drammatica, che può aggravare ulteriormente il malessere fisico. Il trattamento adeguato di tale stato in corso di malattia fisica è fondamentale per diminuire il rischio di complicanze e per favorire una più pronta guarigione dalla condizione medica di base. I gravi effetti di questo disagio emotivo non devono mai scoraggiare le persone che soffrono di questo disturbo. La cosa fondamentale è riconoscere questo quadro clinico come una malattia ed essere convinti e bisognosi della necessità di un trattamento adeguato. Per i suoi effetti devastanti - su se stessi ed il mondo circostante - è inutile soffrire e, soprattutto, lasciare scorrere il tempo sperando che il tempo sia il medico migliore, risani ogni ferita. Proprio per la sua complessità e delicatezza, anche in presenza di disturbi sostanzialmente simili un intervento “estemporaneo” può portare un miglioramento a una persona e provocare un peggioramento in un'altra. Per questo un intervento adeguato può richiedere a volte più tempo rispetto ad altri quadri clinici. Recenti studi hanno messo in evidenza che molti individui che soffrono di questo malessere nascondono il loro dolore non solo ad amici e parenti, ma purtroppo anche al professionista qualificato; preferiscono non curarsi per paura che la loro situazione diventi nota e, quindi, avere risvolti negativi sulla professione o rischiare di trovarsi isolati a causa del pregiudizio diffuso verso le cosiddette malattie mentali. Forse ora più che mai è necessario che la gente comune così come le persone che offrono servizi nel campo della salute in generale comprendano che il benessere psichico rappresenta un aspetto essenziale della salute di ogni individuo. Tutti devono essere in grado di orientarsi, di riconoscere i sintomi dei vari disagi emotivi, di decidere quando è il momento di chiedere aiuto e di valutare se una terapia è appropriata ed efficace. Anche le forme più lievi dei disturbi emotivi possono infatti comportare gravi sofferenze soggettive e una serie di paure, rinunce e limitazioni nelle scelte di vita; si pensi alla timidezza patologica, alle deviazioni della condotta sessuale, ai disturbi lievi dell'immagine corporea, all'iperreattività dell'umore, ai disturbi del controllo degli impulsi, alle condotte evitanti e dipendenti. Condizioni che in passato sono state sistematicamente ricondotte ad un difetto di volontà, e di cui oggi si cominciano a cogliere gli aspetti morbosi, e quindi la necessità di integrare i trattamenti medici e psicologici … considerare mente e corpo un'unica entità, non come mondi separati e in contrapposizione. Chi decide dunque di uscire dalla trappola nera della depressione è bene che si prepari ad effettuare questo percorso con un certo stato d'animo fiducioso, non passivo: con la voglia di conoscere, imparare qualcosa di nuovo.



iente pregiudizi, quindi, ma nemmeno comode scorciatoie e facili illusioni. Si ricorda che la depressione si manifesta a livello psicologico con profonde modificazioni nel modo di percepire, negli atteggiamenti, nel comportamento, nella personalità e soprattutto nell'umore; risulta indispensabile pertanto un aiuto nel ricostruire a livello di immagine e di autostima una personalità che può uscire profondamente segnata dagli effetti di questo malessere emotivo. Un aiuto psicologico può aiutare non solo a rafforzare la fiducia in se stessi, ma anche di accettare le perdite di relazioni, di creatività, di rapporti vari causate dalla malattia e a ricreare un progetto realistico di vita. Le persone che soffrono di questa malattia perdono ogni energia vitale, si sentono come paralizzate anche nelle più piccole scelte quotidiane, provano una terribile sofferenza esistenziale caratterizzata da uno stato di continua angoscia e tristezza. Chi è affetto da questo disturbo tende di solito ad evitare le normali reazioni sociali, a rinchiudersi in se stesso.
TTENZIONE quando l'umore diventa nero e alla mente si affacciano frequenti pensieri di morte. In alcuni casi tale malessere si instaura a seguito di avvenimenti specifici, non necessariamente negativi. Altre volte la causa scatenante può essere individuata in disturbi fisici, quali malattie infettive, tumori. Può essere una separazione, la perdita di una persona cara, ma anche la nascita di un figlio. Spesso insorge senza una causa apparente. Al di là della presenza o meno di cause esterne, si pensa che il soggetto colpito abbia sempre in sé delle componenti emotive drammatiche, residui di sofferenze antiche, un fenomeno che si trascina dall'infanzia. Il primo passo per controllare la depressione è sapere e, ancora, sapere, sempre sapere: il paziente e i familiari devono conoscere bene cause, sintomi, complicanze e possibilità di trattamento. Non si tratta solo di informazioni generali, bisogna valutare il singolo caso cercando di capire quali stimoli ambientali hanno scatenato l'episodio depressivo, se esiste un reale rischio di suicidio e come può essere ridotto, quale trattamento è più indicato per il caso specifico, quali sono i sintomi d'esordio e se è possibile identificarli con chiarezza. Più cose si sanno su questa condizione emotiva dolorosa, sconvolgente e devastante, per averle sperimentate e non solo aver letto qualche articolo, più facile sarà gestire la malattia e non esserne sopraffatti. Tutti i disturbi sono comunque dei modi di affrontare le necessità della vita. Il passato condiziona gli eventi particolari che scatenano l'episodio del disagio emotivo, e determina, con l'anticipazione del paziente, quel tipo di disturbo delle relazioni interpersonali che permetterà un certo “equilibrio”. Le previsioni del paziente sul suo futuro possono essere alterate da altri eventi: alcuni possono aprire una strada per un successivo sviluppo della personalità e verso la salute emotiva; altri possono chiudere la strada a queste possibilità, e allora le relazioni interpersonali disturbate vengono mantenute, perché questo è l'unico modo possibile di continuare a vivere. Scopo di questa iniziativa (articoli), suggerita dagli addetti ai lavori e non, senza peccare di narcisismo, è quello di aiutare a conoscere con un certo anticipo e “comprendere”, se questo è possibile, i disagi della vita per poterla rendere più “facile”; capire se la tristezza che si prova è da prendere in considerazione come una normale alterazione dell'umore o se invece è l'espressione di una condizione clinica seria, che necessita di una diagnosi e di un trattamento adeguati. Diagnosi precoce e trattamento sono infatti indispensabili per ridimensionare le conseguenze della depressione e per evitare che causi danni gravi o diventi un modo di vivere; non si può fare a meno di constatare che, nel formulare strategie terapeutiche e procedimenti per la loro realizzazione, si deve tenere sempre presente di un elemento importante: l'ordine sociale, come origine dei vari problemi, che poi sono essi stessi dei segni evidenti di difficoltà interpersonali ... in un certo senso con un alto livello di insicurezza.



a cosa possiamo fare quando siamo in queste condizioni di apatia, disistima, indifferenza ed isolamento?
Quale genere di aiuto efficace, a prescindere dai vari orientamenti scientifici, posiamo offrire a noi stessi? La prima cosa da fare è “muoversi”, impegnarsi in attività ginniche senza mai esagerare (nuoto, cross-country podistico o semplicemente camminare tra la natura). Mettere il cappello al chiodo e correre, di notte o di giorno, con il sole, pioggia o neve va sempre bene; vi sentirete bene perché il cervello (ipofisi), attraverso il movimento, ha prodotto quelle preziose endorfine benefiche per la nostra felicità … ha alzato l'asticella dell'umore. E' fondamentale che mettiate in moto ciò che rimane sotto il controllo della vostra consapevolezza e che spingiate voi stessi ad alcune attività piacevoli. Non leggete, non state seduti a pensare l'universo in termini filosofici o a guardare continuamente la televisione; quando ci si trova con un umore pessimo o ballerino, queste non sono cose da fare. Correte, giocate, fate del giardinaggio, ripulite e mettete in ordine la “cantina” ... qualunque cosa va bene e se qualcuno vi dice che quella cosa è inutile, beh mandatelo dove volete. Idealmente, dovreste fare qualcosa di diverso dalla vostra attività abituale. Se siete ad esempio un vigile urbano che va in giro a piedi tutto il giorno, non vi consiglio di correre per liberarvi di tale sofferenza. Ma non tutti sono agenti della polizia municipale. In ufficio, quando è possibile, create una scrivania accogliente, con dei bei colori stimolanti, un ambiente gradevole con un'atmosfera gradita. L'idea principale è di essere attivi, in movimento. Le persone con un quadro clinico depressivo frequentemente non riescono a dormire; ciò significa che c'è troppa adrenalina nel sangue, non sono abbastanza stanche, anche se la pensano diversamente. TENIAMO sempre ben presente che il vero stato emotivo depressivo invita all'inattività, al letargo. In secondo luogo, qualunque cosa facciate, fatela con altre persone, mai da soli.





a tendenza di chi è perseguitato da questa sofferenza è di isolarsi, ma proprio questo è il momento di chiamare i vostri amici, quelli veri, poco invadenti, che non danno consigli, ma ascoltato e, soprattutto, quando si chiede loro un parere, alla fine dicono “quello che decidi tu va sempre bene”. La gente trova il modo di distrarre la nostra attenzione da noi stessi. Andate anche alla ricerca dei vostri nemici se è necessario. Saranno aggressivi o magari irosi con voi, ma l'ira è meglio della depressione. Tentate di fare le cose che volete realizzare con la gente che avete astutamente “selezionato” e cercato; aiutateli nelle loro faccende; fate qualcosa per voi e per esse. Vi stimeranno di più proprio per questo, e stimandovi di più vi aiuteranno a ricostruire, da fondamenta solide, la vostra stima. Ma se soltanto piangerete sulle loro spalle, vi abbandoneranno dopo un attimo. Una cosa eccellente, al fine di salvaguardare la salute sia nel corpo sia nella mente, è una corretta alimentazione; alcune specifiche scelte alimentari sono ottimali per il nostro benessere generale; non una dieta rivolta a mantenere esclusivamente la “linea”, a contenere le calorie, ma semplicemente conservare una buona salute nel suo complesso: stimolare i neurotrasmettitori e una biochimica mentale adeguata. RICORDA, un “carburante” scadente rende più probabile un cattivo rendimento sul lavoro o, peggio ancora, il coinvolgimento in relazioni dannose. Se non vi sentite bene, è più probabile che una volta a casa cerchiate conforto con qualche cucchiaiata in più di “nutella” oppure patatine piene di grassi … vegetando davanti al televisore. E' un treno su cui si rischia di salire in qualsiasi momento ma scenderne richiede un po' più di consapevolezza e, soprattutto, di lavoro, di sacrificio. Per funzionare fisicamente, mentalmente ed emotivamente il corpo necessita di un'alimentazione adeguata, si dice da sempre in tutte le salse ma ... non si sa bene perché c'è sempre un qualcosa che ostacola. Altrimenti non siamo in grado di affrontare gli stress che ci si parano davanti. L'equilibrio dinamico delle sostanze chimiche all'interno del nostro cervello salta, manifestando ciò che chiamiamo ansietà, depressione, ossessione, in ogni possibile grado di agitazionequello che mangiamo influenza sempre, volenti o nolenti, i nostri pensieri e le nostre azioni. Se avete a cuore la vostra salute mentale, emotiva o psicologica - e il modo in cui queste si legano alla condizione fisica - sapete già che i rimedi offerti dal mercato mettono l'accento sui tratti negativi. Dopotutto, la persona che chiede aiuto ad un professionista del corpo e della mente - se non bara - non è la più felice, serena ed equilibrata del mondo. La “dieta” per la biochimica della mente rappresenta un'alternativa sana e serena. Perché non conoscere ciò che di meglio c'è in voi e lucidarlo fino a farlo brillare? Vediamo un po' di mettere a fuoco la situazione.


l cervello presiede a tutte le attività volontarie del corpo (le funzioni motorie e il sistema muscolo – scheletrico), sollecita la respirazione, coordina la digestione, gestisce la crescita e lo sviluppo, assicura la riparazione dei tessuti e funge da centralina del sistema nervoso. Il cervello è il nostro interprete del mondo circostante e monitorizza le informazioni raccolte dai cinque sensi. L'encefalo umano si divide in due parti. Uno strato esterno più recente chiamato neocorteccia o corteccia cerebrale, e una regione interna più primitiva nota come archipallio (corteccia cerebrale, di più antica formazione nel telencefalo dei vertebrati, precursore dell'ippocampo dei mammiferi. L'archipallio è situato dorsalmente e medialmente nell'emisfero cerebrale ed è un centro secondario di coordinazione in tutti i vertebrati terrestri). Si pensa che la corteccia cerebrale si sia evoluta in tempi più recenti che sia la sede della percezione, dell'apprendimento, del ragionamento, della coscienza e della morale. Nell'archipallio, che include l'ippocampo e il tronco cerebrale, dominano le emozioni e gli umori: paura, ansietà, felicità, amore, eccitazione e tante altre cose non completamente chiare. Cellule nervose specializzate chiamate neuroni costituiscono la struttura fondamentale del cervello. Il cervello umano possiede cento miliardi di neuroni e ciascuno ha circa centomila collegamenti verso gli altri: ogni secondo, miliardi di messaggi viaggiano tra un neurone e l'altro, per attraversare il collegamento, o sinapsi, questi messaggi si affidano a sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori.



 neuroni immagazzinano i neurotrasmettitori, emettendoli in risposta a segnali elettrici. Quando ciò accade, il neurotrasmettitore si aggancia ai recettori presenti nei neuroni vicini, emettendo a sua volta un segnale elettrico.
E' così che sentimenti, pensieri ed emozioni attraversano il nostro cervello. I recettori e neurotrasmettitori sono in corrispondenza biunivoca, come una serratura con la sua chiave: perché il messaggio venga trasmesso è necessaria l'accoppiata giusta. Una volta completata la sua missione, un neurotrasmettitore può essere demolito ed espulso dall'organismo, riassorbito nel neurone o semplicemente restare in circolo. Praticamente tutti i neuroni del sistema nervoso centrale, compreso il cervello, vengono attivati da neurotrasmettitori eccitatori - come ad esempio il glutammato - e spenti da neurotrasmettitori inibitori, tra cui l'acido gamma – amminobutirrico (GABA) e la glicina. La maggior parte del flusso di informazione altamente organizzato che attraversa il cervello viene regolata dalle fibre nervose contenenti il neurotrasmettitore eccitatorio glutammato attraverso la corteccia cerebrale. I messaggi possono essere trasmessi in un solo modo: tramite un neurotrasmettitore.


neurotrasmettitori sono composti di amminoacidi (le componenti basilari di tute le proteine), che ricaviamo dai cibi. Una dieta inadeguata ci rende quindi incapaci di produrre i messaggeri chimici necessari per un buon funzionamento cerebrale. Un'alimentazione ottimale, attraverso un cibo di qualità e integratori giusti, conserva l'equilibrio del cervello e questo a sua volta provvede alla quantità giusta di neurotrasmettitori, da cui deriva un senso generale di benessere. Alcune persone perdono il gusto per il cibo e devono sforzarsi di mangiare, o addirittura essere forzate da altri. Altre invece si rifugiano nel cibo e non riescono a smettere di mangiare, ingoiando voracemente di tutto, in particolare dolci e alimenti ad alto contenuto calorico (sensazione di pienezza … da bambini la pienezza viene data principalmente dalla conferma dei punti di riferimento, da grandi è un bisogno per esprimere il proprio essere; un amore appagante mai avuto nel giusto dosaggio). Usare i cibi giusti per riequilibrare la biochimica della mente ci aiuta a funzionare in maniera ottimale senza sacrificare parti di noi stessi sull'altare del benessere emotivo. RICORDA, il cervello si trasforma fisicamente in risposta alle nostre esperienze. I neuroni sviluppano nuove connessioni grazie alle nuove sensazioni e persino a causa dei pensieri. Quando apprendiamo qualcosa o cerchiamo di fare qualcosa di nuovo o proviamo una determinata esperienza per la prima volta, il cervello a tutti gli effetti cresce o altera la propria struttura per accogliere le nuove informazioni. La dieta, dunque, per la biochimica della mente, può restituirci al benessere. Cartesio diceva: “Penso, dunque sono”. Ma pensare non è un'attività distinta dall'essere. Ci va più vicino quel famoso personaggio della Walt disney quando affermava: “Sono quello che sono”. Mente e corpo non sono due entità che procedono in parallelo: esse costituiscono un'unità singola e noi esistiamo contemporaneamente su più piani diversi, e al tempo stesso, in maniera indivisibile, pensiamo, viviamo e proviamo sentimenti. La dieta per la biochimica della mente ci ricorda che quello che accade nel cervello fisico è la “mente” metafisica. Sono le nostre emozioni, i nostri pensieri, i nostri stati mentali … i nostri stili di vita. Facciamo alcuni esempi. Alcuni sono in crisi perché si trovano con poca serotonina, molto cortisolo nel sangue, molta istamina, poco zinco e magnesio ed elevati livelli di rame. Livelli bassi di serotonina nel cervello sono concordemente ritenuti un segno di depressione. La serotonina nel sangue è strettamente correlata alla serotonina nell'encefalo e ha quindi senso mirare a rilevare questo neurotrasmettitore. La serotonina è strettamente correlata con l'umore: quando aumenta, l'umore migliora, quando diminuisce, la depressione incalza. Anche nelle persone ragionevolmente equilibrate, i valori della serotonina variano con l'umore del momento. Un livello alto di istamina, inoltre, può essere un buon indicatore per il nostro stato depressivo. Nella depressione risultante da livelli elevati di istamina, normalmente i soggetti sono lucidi, tristi e visibilmente depressi; una quantità eccessiva di istamina può portare al suicidio. L'istamina bassa è responsabile di alcuni disturbi mentali come ad esempio forme maniacali e addirittura allucinazioni. Il cortisolo può essere un altro indicatore dello stato depressivo; in soggetti gravemente depressi i livelli di cortisolo sono doppi rispetto a quelli in soggetti non depressi; si possono comunque trovare livelli bassi in soggetti con depressione cronica. Il cortisolo è indice di una generica reazione allo stress e qualsiasi tipo di sforzo o pressione ne aumenterà i livelli. Al contrario della serotonina non indica perciò necessariamente l'esistenza di una depressione. Questo significa che il livello di cortisolo potrebbe essere alto perché si è depressi, o a causa di altri gravi problemi esistenziali (stress, paura, fobia).





ravi comunque disturbi mentali come la depressione clinica producono livelli alti di cortisolo. Alla depressione inoltre sono state associate carenze specifiche di determinate sostanze, come la vitamina C e le vitamine del complesso
B: acido folico (una sua carenza abbassa il livello di serotonina, crea spossatezza, previene e inverte, assieme alla B12, l'ipoglicemia; un buon metabolismo cerebrale ha bisogno di questa sostanza), tiamina (B1), cobalamina (B12), piridossina (B6), acido pantotenico (B5) e riboflavina (B2). Gli alimenti di seguito indicati, alla luce delle attuali conoscenze, si sono dimostrai utili nel “gestire” la depressione non grave. Spinaci, cavoli, asparagi, funghi, uova e cioccolato: contengono alti livelli di triptofano e flavonoidi. Semi di zucca: ricchi di acido folico, contribuiscono a regolare gli sbalzi d'umore; pesce azzurro e salmone (gli omega 3 salvano da problemi tiroidei e aiutano a livello depressivo); legumi; frutti di bosco.


TTENZIONE, alcuni neurotrasmettitori cerebrali che trasportano i nutrienti - come gli amminoacidi - che proteggono il cervello, sono collegati a determinati modelli alimentari. Un pasto contenente solo alimenti ricchi di carboidrati provoca un innalzamento del tasso dell'aminoacido triptofano (precursore della serotonina) nel sangue e nel cervello. Curiosamente, un pasto misto di carboidrati e proteine innalza, è vero, il triptofano nel sangue, ma non nel cervello. Questo perché l'insulina prodotta dopo l'assunzione dei carboidrati ha la proprietà di aumentare il livello di triptofano ematico, che poi passa nel cervello. Nei pasti ricchi di proteine, al contrario, l'abbondanza di altri aminoacidi che sono trasportati dal cervello dallo stesso sistema di trasporto del triptofano, si rivela competitivo ai danni di quest'ultimo aminoacido. Indispensabili “veicoli” del triptofano sono tutti gli alimenti ricchi di zucchero (fichi secchi, miele, cioccolato, cachi, banane, carni bianche). Meno efficaci sono i cereali e gli alimenti ricchi di carboidrati complessi (pasta, pane, riso, orzo, farro, mais, segale, patate …). La risposta insulinica in questi casi sarebbe minore. Contro la depressione è opportuno aumentare anche il livello dell'aminoacido tirosina che nel sistema nervoso viene trasformata nei neurotrasmettitori adrenalina, noradrenalina e norepinefrina, particolarmente utili nel trattamento delle depressioni. Anche le abitudini del sonno possono modificarsi in entrambe le direzioni: alcune persone non riescono più a dormire una notte intera in modo soddisfacente, altre invece dormono molto più del solito, e nonostante questo di giorno si sentono stanchissime. L'insonnia può assumere diverse forme: difficoltà ad addormentarsi, numerosi risvegli nel corso della notte, interruzione precoce del sonno prima dell'alba. Spesso i cambiamenti nelle abitudini alimentari e nel sonno vanno di vari passo: le persone che fanno fatica a dormire perdono generalmente anche l'appetito e sono piuttosto agitate, mentre chi dorme tanto tende a mangiare molto e a essere giù di tono.


a depressione non deve mai essere confusa con un episodio di naturale tristezza o un momento di grave prostrazione che si manifesta in ogni persona quando viene a trovarsi in certe situazioni vissute come “difficili” (malattia, separazione, licenziamento). L'umore nero è qualcosa di più drammatico, grave, doloroso e, soprattutto, persistente. Si tratta di una vera incapacità di sperimentare gioia, piacere (anedonia), vivere un vero e proprio coinvolgimento emotivo. Le persone che hanno sofferto di questo quadro clinico dicono che la loro vita si era “addormentata”, spenta, in un tragico e monotono trascorrere del tempo. Non si trova più interesse per nessuna attività, mentre in alcuni casi più gravi viene meno anche il desiderio di alimentarsi … la vita si ferma! Ci si sveglia il mattino in preda ad una profonda angoscia e anche gli affetti più cari, sono messi sullo sfondo, si allontano sempre più dal circuito sociale, diventano sempre più opachi e minacciosi … un buio sinistro all'orizzonte domina la giornata! Ogni semplice e banale attività provoca una fatica a dir poco di Sisifo, che sembra insuperabile, mentre la disperazione immobilizza completamente, paralizza la giornata, si impossessa lentamente dei gesti e dello spirito. La caduta di ogni interesse disorienta, provoca difficoltà di concentrazione, cresce invece il senso di noia e di apatiaChi è affetto da questo malessere emotivo tende di solito ad evitare le normali relazioni sociali, a rinchiudersi in se stesso, a rintanarsi in casa. L'umore diventa persistentemente cupo, a tinte scure, e alla mente si affacciano con frequenza eccessiva brutti pensieri, di perdita, di dolore, di non valere nulla; il passato domina con la sua negatività: sono successe cose cattive e solo cose cattive ci riserverà il futuro … si è dominati completamente da incessanti orazioni penitenziali. Si instaurano facilmente dei gravi sensi di colpa, come ad esempio, di non essere stato un buon genitore, un bravo figlio, la moglie giusta, un bravo lavoratore o un buon amico. Qualunque affermazione contraria dei familiari o specialistica non serve ad eliminare questa profonda convinzione, radicata profondamente. Spesso, sono gli altri che hanno dei seri problemi! In alcuni casi il disturbo non arriva mai a conseguenze così gravi da indurre la persona che ne è colpita a ricorrere a cure qualificate (è vissuto come marginale oppure “normale”): si cronicizza e può durare molti anni senza che vi sia un reale cambiamento o miglioramento, un piccolo risultato positivo … l'unica cosa reale è che non si vede un benché minimo spiraglio di luce in fondo alla giornata. Un'altra visione di primaria importanza per aiutare la depressione è di uscire e di usare qualche attenzione per se stessi. Quella fanciulla che compra, ad esempio, ogni tanto, un nuovo foulard - senza inciampare nell'acquisto compulsivo, prosciugare completamente il conto e i suoi risparmi - tutte le volte che si sente un po' giù di corda è più saggia di quanto la maggior parte della gente pensi. E non tutti i trattamenti o le attenzioni di questo tipo costano denaro. Anche trattenersi un momento alla fine della giornata, quando lasciate il vostro posto di lavoro, e notare come il sole che tramonta risplenda dietro gli edifici vicini, può sollevare il vostro spirito (la luce solare stimola la produzione di neurotrasmettitori). Guardate i dintorni con gli occhi di pittore. Al di fuori della semplice percezione, potete rendere più acuta la vostra abitudine di rallegrarvi per qualcosa. Infine, quando siete depressi, chiedete aiuto senza alcun timore; se non vi va bene quel tipo di sostegno cambiatelo, non perché è somministrato da un cattivo professionista, ma semplicemente perché quel tipo di intervento o orientamento scientifico non fa per voi, non siete sulla stessa lunghezza d'onda.



TTENZIONE
, però, non si deve mai confondere la propria diffidenza, paura e varie fobie con la scarsa professionalità altrui. Se sei seduto ai piedi della scogliera non esitare a farti aiutare … non c'è niente di vergognoso, chiedere una mano, non significa essere impotenti, perdenti o deboli, ma al contrario dei 'forti' perché, finalmente, desideriamo trattarci bene … fare e ancora fare cose utili e vantaggiose per crescere lontano dai propri fardelli. RICORDA, nessuno si mai liberato di questo stato emotivo affrontando l'intero problema anche con un deciso colpo di spugna, in un colpo solo. Ciò comunque non significa necessariamente aiuto specialistico. Quando la situazione è leggera, ogni persona che sia in rapporti amichevoli con voi, ogni vostro parente con cui siete in sintonia e buona armonia, può aiutare a sollevarvi l'animo con amore, con lo stare insieme a voi. Anche il più “duro”, il più forte di noi può avere i piedi d'argilla, ha bisogno di attenzione e d'amore. Ma se voi non lo chiedete, come farà la gente a sapere che ne avete bisogno? Quando siete depressi, date l'impressione che non ve ne importa niente della gente che è intorno a voi. Essi a loro volta reagiscono non occupandosi affatto di voi … pronti ad etichettare e lasciare attorno terra bruciata. La prossima cosa che dovete sapere, è che ciascuno sta schiena contro schiena, guardando in direzioni opposte. Quando siete preoccupati, nessuno vi rivolge la parola. Non siete aperti. La vostra mente non è libera o limpida ma prigioniera di un eccesso di preoccupazione.

RICORDIAMO
ancora una volta che l'informazione e la consapevolezza sono dei preziosi elementi nella prevenzione, nella rimozione di timori e pregiudizi, e soprattutto nella motivazione a curarsi. Per controllare questo stato mentale e liberare le vostre energie, provate queste “strategie” di seguito indicate … per comprendere e mettere a fuoco le cose realisticamente bisogna essere lucidi.

1. Concentratevi maggiormente sul presente: è una buona difesa contro l'ansia, che per definizione riguarda il futuro, ci proietta in un tempo inesistente. Chiedetevi se la vostra preoccupazione riguarda qualcosa che potete (o dovreste) controllare e se la risposa è “no”, allenatevi a non prenderla in considerazione ... non preoccupatevi!;
2. Rendetevi conto che vi state preoccupando e cambiate atteggiamento; può essere utile 'connettersi' con i propri sensi: olfatto, gusto, tatto, vista, udito (la nostra vita passa attraverso i sensi). Visualizzate un posto tranquillo e pacifico, come un lago di montagna o un paesaggio piacevole … una bella storia, annusare un profumo buono per voi, che dia sensazioni travolgenti, di euforia, non solo a livello cerebrale!;
3. Fate diventare la vostra preoccupazione un “ego distonico” (coerente con l'immagine e la percezione di sé). Di solito ci si preoccupa continuamente perché si dà valore a questo atteggiamento. Si pensa che possa servire. Farne un “ego distonico”, per dirla nel linguaggio degli addetti ai lavori, significa rendersi conto che il sintomo in questione non “è” nel proprio interesse e, quindi, risulta fondamentale imparare a guardarlo con sospetto, distacco, come negativo … GUAI abbandonarsi ad essole preoccupazioni ossessive fanno invecchiare più rapidamente il corpo. Chi si preoccupa in continuazione non usa pienamente il proprio cervello;
4. Qualunque cosa vi succeda, pensate che ha il suo lato buono, può essere un'esperienza fondamentale per affrontare le tappe successive della vita. Per esempio, se qualcuno sterza tagliandovi la strada, immaginate che sia a vostro vantaggio: una specie di promemoria a rallentare; magari in fondo, dopo il rettilineo potrebbe esserci una pattuglia della polizia o un autovelox.
 







n rimedio immediato è senz'altro utile, se non indispensabile, ma più importante è ciò che possiamo fare per prevenire tale debilitazione.
Possiamo naturalmente eliminare i due maggiori fattori che ci rendono predisposti a tale quadro clinico, cioè il senso di privazione continua e lo struggente senso di colpa, in gran parte inconsci e che abbassano la stima che abbiamo di noi stessi. Ma possiamo fare anche molto di più. La prima mossa, cosa che possiamo realizzare facilmente e con passione, è l'autentico impegno per rimanere in buona salute (attività fisica, alimentazione); la malattia produce sempre uno stato depressivo. Anche peggio della malattia è quel continuo stato di apatia e profonda indifferenza verso ogni cosa. Dopo aver lavorato eccessivamente e quando siamo troppo stanchi, ci trasciniamo in giro sull'orlo della malattia rimuginando in qualche modo se stare in piedi o andare a letto. In questa condizione diminuiamo la nostra attività, e così facendo aumentiamo la nostra disposizione ad essere depressi. Non potete dire “Andiamo fuori e divertiamoci” se vi sentite afflosciati come un cencio. Conservarsi in buona salute richiede attività fisica, non necessariamente pesante, ma piuttosto un'attività regolare, generale, come passeggiare, salire le scale, imparare qualche passo di danza … muoversi in armonia con il proprio ambiente circostante sia fisico sia sociale. Quando facciamo qualcosa che richieda un esercizio fisico, svegliamo una parte di noi stessi altrimenti addormentata. 
E' certo che l'esercizio fisico favorisce la secrezione nel cervello di sostanze chiamate “endorfine”, che inducono un senso di benessere. Migliora l'umore e si riduce l'ansia. Non è necessario che sia qualcosa di energico, come sollevare pesi o il lancio del disco. Anche pochi esercizi di stretching in salotto o rispolverare i libri della propria biblioteca bastano a sollevare lo spirito. L'importante è scoprire ciò che funziona per noi e quando. Il guaio è la terribile apatia che ci colpisce. Guardiamo la polvere in casa e pensiamo a tutte le cose che bisogna fare; allora prendiamo un altro caffè e decidiamo di rimandare la pulizia dei mobili a quando “ce la sentiremo”. Ecco com'è la depressione. Non vale la pena di pulire la casa, perché tanto si sporcherà un'altra volta. Baderemo alla polvere un'altra volta. Magari domani o dopodomani, chissà ... forse mai! Ma se non cominciamo mai domani sarà la stessa cosa. 


ermatevi a considerare per un momento la cifra complessiva dei vostri movimenti fisici nel corso di una giornata. Potreste essere, a dir poco, sbigottiti. I miei movimenti sono davvero tipici (ipotesi di viaggio di un depresso o di un candidato a tale stato). Scendo quattro scalini entro nella macchina, guido fino a Ferrara, lascio la macchina al parcheggio più vicino al posto di lavoro, faccio mezzo isolato e arrivo allo studio, mi siedo e resto lì fino a sera. Alla fine della giornata passeggio per mezzo isolato, guido fino a casa, salgo quattro scalini, mi siedo per cenare, poi mi trasferisco nel salotto a guardare passivamente qualche diavoleria. Il nostro bisogno di attività fisica è tanto importante quanto il nostro bisogno di riposo, di cibo, di acqua e di aria. Anche se stiamo seduti, i nostro corpo cerca di soddisfare il bisogno di movimento. Nessuno di noi sta seduto assolutamente immobile. Ci muoviamo un po', perché siamo costruiti in modo tale che quando un insieme di muscoli si contrae, l'altro si espande. Non possiamo immobilizzare completamente tutto il nostro corpo. Se poniamo in riposo una parte, l'altra parte è in tensione; questo è il motivo per cui non possiamo stare seduti perfettamente immobili. Se ce ne stessimo seduti assolutamente immobili per un tempo pari a venti minuti, ci si fermerebbe la circolazione in fondo alla schiena. Questo è uno dei problemi più gravi nel trattamento dei paraplegici. Spesso siamo stanchi, non per il troppo lavoro ma per il fatto che siamo inattivi e annoiati. Il fatto curioso è che tentiamo di liberarci della nostra stanchezza stando fermi. Ma lo star fermi non può liberare dalla fatica. Ciò di cui abbiamo bisogno è un'attività fisica: correre con moderazione attorno al caseggiato o fare un giro sulle mura di Ferrara immersi nel verde. Se il nostro bisogno di attività fisica resta insoddisfatto, ci rimane un senso di privazione. Siamo in grado di “alleggerirci” della depressione anche riconoscendo il valore della varietà. Se facciamo qualcosa in continuazione, la monotonia tende a tirarci giù di morale. Maggiore è la monotonia, minore sono le richieste di attenzione. La prima legge dell'attenzione è il movimento. Ogni cambiamento allontana dalla monotonia, dalla noia. Tentare ogni cosa è sempre la soluzione migliore per toglierci dallo stato di apatia, dalla sofferenza … prendere le distanze dal tarlo mentale! Non vedere l'ora di fare o avere qualcosa in programma aiuta anche a sconfiggere il malessere depressivo. Dovremmo ricordare che una delle caratteristiche della depressione è il non avere speranze. Fate piani a lungo e a breve termine.


i piacerebbe fare un viaggio in nave?
Progettatelo, anche se non avete molta speranza di riuscire a farlo. Quello che importa è sperimentare entusiasmo durante la ricerca delle informazioni; scoprire cose curiose ed impensabili. Alla fine vi rallegrerete semplicemente di leggere cose che non sapevate, scoprire importanti fattori sulle diverse modalità di navigare. E potreste anche trovare, con vostra sorpresa, che entro poco tempo il vostro viaggio non sarà così irrealistico. Forse, chissà, potreste accontentarvi di un viaggio breve, più ridotto. Fate piani per le prossime vacanze estive che, tutto sommato, anche se mancano poco più di tre mesi, non sono poi così lontane. L'idea è di rallegrarsi facendo dei piani e di anticipare gli eventi; si può gioire nel fare dei piani tanto quanto si gioisce delle cose che sono state progettate. Ciò non condiziona la “realtà”, la spontaneità, la naturalezza; potete anche cambiare i vostri piani se ne trovate uno migliore. E, col fare piani per il futuro, sapete che avrete sempre qualcosa da fare … l'importante è che quel gesto coinvolga mente e corpo, non sia forzato ma stimoli curiosità e produca sempre un senso di soddisfazione nel tempo presente. E' anche importante che vi preoccupiate della vostra vita sociale. Ciò significa che qualche volta bisogna accettare inviti non completamente graditi ed essere socievoli anche se l'entusiasmo non è completamente alle stelle. Ma ciò ha un senso poiché questo è il modo con cui estendiamo il numero delle nostre conoscenze. Se andiamo ad un “aperitivo” dovremmo tentare di andarci con almeno un amico in più, qualcuno che vi inviterà o qualcuno che inviteremo. Ogni cosa che facciamo per migliorare la nostra vita dipenderà sempre dal nostro quadro clinico: qualcuno guarderà l'iniziativa con sospetto, molti con diffidenza, alcuni con sufficienza, altri ancora … ; tutto ciò che si mette in cantiere per andare d'accordo con la gente, comunque, ci aiuta a prevenire la depressione perché diminuisce la nostra ostilità e il nostro senso di colpa, e perciò la nostra disponibilità alla melanconia. La miglior via per migliorare la propria capacità di andare d'accordo con la gente è di partire dal principio che ciascuno ha qualcosa da offrire ed è compito nostro trovare che cosa di interessante ha. E tutti, ma tutti, hanno qualcosa da offrire. Anche l'orologio che non funziona più è “giusto” almeno due volte al giorno! 


' facile accettare i lati positivi che vediamo nella gente, la difficoltà nella vita sta nel scendere a patti, quando la “giostra” è ancora in funzione, nell'accettare i loro difetti, nel modificare le nostre reazioni leggermente in modo da potere stabilire qualche modalità di relazione. L'esasperazione non porta da nessuna parte, non ci fa arrivare in nessun posto. Quando più a lungo restiamo sdegnati, non importa se giustificati, tanto il nostro modo di reagire è ostile e saremo abbandonati con un bel po' di senso di colpa. Un modo di sicuro successo per introdursi in ogni situazione sociale è di “sentire”, ascoltare gli altri. Se seguite attentamente una persona sufficientemente a lungo, essa vi dirà, e ogni altro cui capiti la stessa cosa, quanto siete di “valore” e che idee intelligenti” manifestate … se non altro siete vivi. Il fatto è che impariamo dalle altre persone, anche dalle persone noiose. Ascoltare ci aiuta a mantenere flessibili il nostro punto di vista personale. Ci impedisce di annoiare le altre persone con le nostre opinioni e con i nostri problemi. Un altro modo per impedire la depressione è sviluppare vie di uscita per l'ostilità (sport, affari, politica, cultura, viaggi). Interessi occasionali e ovvi che offrano entusiasmo ed euforia, bilanciano anche l'ostilità che nutriamo esageratamente verso le cose. Un viaggio ben organizzato, un dipinto o una porcellana che ci riescono bene ci danno un senso di soddisfazione, e ciò tende a diminuire quel sentimento fastidioso ed inutile di odio, animosità, astio, antipatia … e, quindi, il nostro senso di colpa e di depressione. Il senso di colpa, sensazione sgradevole di aver commesso un'azione cattiva, essendo una delle cause prime della depressione, rende il sesso - se gestito male - un importante fattore di depressione.


e cose stanno così perché l'attività sessuale, a sua volta, è una delle basi fondamentali del senso di colpa
(ricordate quella famosa “mela”? … dai, il peccato originale!). Una sana vita sessuale è generalmente necessaria per evitare la depressione (il depresso non avendo energia e poca forza ha una vita sessuale spenta, lo stimolo fisico è inesistente se non in forma infantile … i suoi gesti sono rivolti alla ricerca di protezione, calore ed affetto, a rievocare quell'amore primordiale mai avuto). Intere biblioteche sono state dedicate a questo problema; qui diciamo solo che poco è sempre meglio di una vita asessuata (vedasi gli articoli sul “sito” relativi alla sessualità). Un altro mezzo per prevenire questo stato di fiacchezza fisica e morale è riconoscere le nostre tendenze personali nei confronti della depressione. Molti sono come prigionieri dei lati negativi della loro personalità ed è questo a spingerli a cercare spesso in maniera frettolosa aiuto. Non dobbiamo mai dimenticare che una prima parte del processo di guarigione consiste nel ripristinare una visione a tutto tondo delle tendenze innate. A volte basta davvero poco per piantare quel seme. Poi sta ai singoli averne cura finché non germoglierà e darà il frutto. Possiamo essere abituati a sentirci un po' tristi, ad esempio, la notte della domenica oppure quando gli amici se ne vanno. E' un genere di tristezza che segue le attività piacevoli di fine settimana, un sentimento che può aver avuto inizio nell'infanzia, quando abbiamo lasciato i nostri “compiti” da fare all'ultimo momento e non abbiamo potuto finirli, con la prospettiva minacciosa del lunedì mattina. Bene, se la notte della domenica non è piacevole, mettiamoci in testa di stare con la gente la domenica sera. Eliminate la possibilità della depressione con qualche piacere extra, evitate lo schema comportamentalistico che vi deprime. Finalmente è di aiuto fare un periodico esame di se stessi, delle proprie fondamentali norme di vita e dei propri valori. Il nostro tenore di vita spesso è troppo alto per noi. Ce ne vantiamo, ma esso non ci procura nessun bene se non possiamo farvi fronte. Prendiamo in considerazione la possibilità di abbassarlo.



icordo Marco infatuato dell'auto del momento. Mi diceva: “Sa dottore quante cose potrei fare con quell'auto? Poi, tutte le conquiste che potrei realizzare ... infinite”! Marco non poteva permettersi quella spesa perché era in cassa integrazione e, soprattutto, non aveva risorse economiche disponibili. Intere sedute sono state dedicate ad esaminare tutti i pro e i contro della spesa avventata. Nonostante i vari tentativi di portarlo alla ragione, di farlo riflettere e di ponderare bene la cosa, la comprò. Dopo qualche mese si rese conto che non era in grado di sostenere le spese; la tenne chiusa nel garage ancora per un po' di tempo e poi dovette venderla … e affrontare i vari problemi sia materiali sia psicologici che la questione ha lasciato in eredità
. Non c'è bisogno che siate la persona più onesta, la più brillante, la più intelligente o la persona che lavora più sodo nel mondo. Se riducete le vostre prospettive esagerate in qualche modo troverete che andate molto più d'accordo con voi stessi e con gli altri (smettete di utilizzare in ogni situazione quella famosa parolina “più”). Vi sono delle occasioni in cui dimenticare qualcosa è meglio che farne giustizia, in cui la compassione è più comprensiva dell'onestà. Ridere ricompensa spesso più che conoscere, e la bellezza è spesso preferibile all'accuratezza. Riassumendo, la depressione è una situazione di diminuzione dell'attività, caratterizzata dal nascere della malinconia, da una sensazione diffusa di rifiuto e da un profondo senso di futilità. Anche le terapie sono difficili da portare avanti, un “tira e molla” continuo, spesso la continuità è inesistente: si disdice all'ultimo momento, per futili motivi, l'incontro terapeutico. Siamo in trappola, sentiamo che non c'è via d'uscita. E' una camicia di forza, un penoso imprigionamento in noi stessi. Tali sentimenti sono generati da un senso di privazione più spesso che da una privazione autentica e dalla perdita del sentimento del proprio valore. L'ostilità e il senso di colpa hanno in ciò un posto eminente e culminano nella tendenza a giudicare noi stessi troppo severamente. In uno stato di depressione la nostra volontà di fare le cose è seriamente danneggiata. Ciò è il motivo che rende così difficile trovare una via d'uscita alla depressione; essa è quasi autoperpetuantesi. Ce ne allontaniamo, qualunque sia la nostra disposizione nei confronti della depressione, col tenere viva la nostra volontà. Ciò è più importante che tenere basso il nostro peso o tenere i nostri risparmi in banca. Facciamo ciò non attraverso dei piani, pensando, parlando. Solo l'azione ha valore. Muovetevi, fate qualcosa! Idealmente dovremmo cominciare ad agire per abitudine. Ora, fra le cose che facciamo abitualmente, due tipi i attività ricompensano in maniera particolare.



l primo è mantenere la nostra abitudine a reagire “favorevolmente” con la gente in modo genuino, libero e spontaneo il secondo è seguire i nostri interessi con zelo sufficiente da essere assorbiti completamente in essi
. Un altro mezzo ancora più efficace per reprimere la depressione è qualcosa che migliori e ampli il nostro punto di vista. I nostri interessi si sviluppano meglio attraverso una prospettiva sulla vita, che è prima di tutto qualcosa che ci aiuta, piuttosto che un punto di vista critico, negativo, distruttivo. Le cose non sono esattamente buone o esattamente cattive; esse sono anche migliori o peggiori. Il fatto è che la cosa peggiore che può capitare raramente accade. Questo aiuta la nostra prospettiva. Ci aiuta a vedere che la vita non è così avara da non offrirci una seconda possibilità. Molte persone agiscono come se amassero il calcio più di se stesse, ciò nondimeno il gioco richiede veramente di più se giocato così. Ogni cosa ha valore qui, ora, adesso; la vita è più generosa nel permetterci di ignorare, di dimenticare, di tentare di nuovo. Tutto ciò che abbiamo da fare è imparare ad apprezzare qualcosa idealmente e, finalmente, metterci in moto.



disturbi depressivi nei bambini.
Non è necessario essere scolarizzati o estremamente acuti per riconoscere un bambino isolato, smarrito e “disperato”: alle prese con una profonda amarezza, un inconfondibile stato di grave abbattimento e sconforto. Un piccolo che, nel complesso, è esitante, insicuro, caratterizzato da slanci maldestri seguiti da improvvisi indietreggiamenti; un fenomeno che dà - nella sua forma più larvata - l'impressione di un bimbo controllato da due forze contrarie, disorientato, perso e completamente in balia degli eventi. Se nelle prime fasi evolutive, sviluppiamo la convinzione che non è prudente e saggio fidarsi della gente, impariamo velocemente anche a non fidarci di noi stessi. Senza quella profonda fiducia in noi stessi, pare che nella nostra mente vengano a stabilirsi - attraverso circuiti cerebrali forzati - convinzioni irrazionali, per cui noi separati dagli altri nell'infanzia, siamo costretti - il più delle volte angosciati e terrorizzati - a tentare da soli la scalata esistenziale ... trovare un adattamento per sopravvivere a questi profondi sentimenti di disistima, impotenza e disperazione
Il cucciolo che non riesce a fidarsi di coloro che lo circondano - poiché costoro non gli danno il loro amore incondizionato - impara a non fidarsi di nessuno … diffidare di chiunque. Insicurezza, paura e disistima governano ogni suo gesto. Questi sono i primi segnali inequivocabili di una sofferenza depressiva. La convinzione irrazionale che in un certo senso le cose vadano male per “colpa” nostra può svilupparsi, dunque, a partire da quelle fatidiche tappe evolutive: un fenomeno che prende forma nell'infanzia. E' allarmante quanto sia facile per i piccoli trovarsi in una situazione che non riescono a sostenere o a comprendere completamente le sfumature degli eventi in maniera univoca e concreta, uscendone con la convinzione di avere causato essi stessi il problema, di essere stupidi o cattivi, di meritare quelle precise 'sanzioni' o continue punizioni. Succede una cosa molto semplice che sfugge, però, a molti. 


uando ad esempio i genitori litigano o si separano - se non si fanno le mosse giuste - il piccolo, con quel tipo di disistima e sfiducia che ha addosso, suppone che ciò sia accaduto perché lui è stato “cattivo”, abbia in qualche modo boicottato la situazione, manomesso la relazione, influenzato il rapporto: più semplicemente crede di non essere apprezzato, considerato e amato. Oppure, ancora più grave, la morte di qualcuno che il bimbo conosceva può essere vissuta come un fatto avvenuto per colpa sua … si considera responsabile dell'evento. Tutto ciò che i piccoli non capiscono, proprio per la loro immaturità cognitiva, diventa materia di incubi (non solo a livello onirico) e causa di pensiero negativo. La paura di esser abbandonati può permeare ogni aspetto della vita, mostrandosi sotto forma di scarsa efficienza ed eccessivo perfezionismo: “Se realizzo quella prova o compito alla perfezione, mi considereranno sicuramente, mi ameranno perdutamente i miei sforzi saranno certamente apprezzati e ricompensati
L'esibizionismo, purtroppo, non prende strade diverse: “Nessuno mi ama, perciò devo attirare l'attenzione su di me in ogni momento” anche facendo il “pagliaccio”. Nei momenti depressivi la paura di essere abbandonati, non considerati e amati può aumentare a tal punto da sfuggirci di mano. Se la mia grande paura è la mancanza d'amore, durante tale sofferenza finirò - essendo ossessivamente concentrato solo su quel sentimento - per credere che mi sta succedendo realmente. Certamente è una sensazione, una impressione, e per quanto coloro che ci circondano possano credere di aiutarci e prendersi cura di noi, non sappiamo apprezzarlo perché ci sentiamo isolati, esclusi dal contatto umano, siamo su un altro pianeta siamo carenti di un qualcosa di indefinito, reale o immaginario che sia, ci mancano quei vissuti, quei gesti di attenzione, considerazione e amore.

ome si riscontra nell'adulto, anche i piccoli sono soggetti a sbalzi d'umore e si sentono confusi, malinconici o giù di morale. Sebbene i sintomi della melanconia, come il sentirsi tristi e apatici, siano presenti nei fanciulli di tutte le età, il quadro clinico depressivo è più intenso, doloroso, persistente ed invalidante: molto più grave. Tale condizione emotiva prende forme diverse a seconda dell'età; chi si trova in età prescolare può diventare apatico, perdere interesse al gioco e piangere spesso con estrema facilità, per un nonnulla; uno invece delle scuole elementari magari tende ad isolarsi in maniera più marcata dai familiari e dagli amici, ha difficoltà a livello scolastico e appare triste e demoralizzato; il preadolescente, invece, è scontroso, polemico con tutta la famiglia e l'intero corpo insegnate, rifiuta pertanto incombenze e compiti a casa, abbandona ogni attività sportiva che prediligeva e svolgeva, il più delle volte, con successo


d ogni età i fanciulli depressi sono irritabili ed estremamente autocritici verso loro stessi e gli altri. Come avviene negli adulti, le cause all'origine della depressione nei piccoli sono molto complesse. Alcuni “ereditano” dei tratti sia fisici sia emotivi. Spesso vivono insieme ad un genitore con difficoltà emotive o profondamente depresso. A volte tale sofferenza insorge in seguito ad uno stress di estrema gravità o ad una perdita traumatica, esperienze comunque che trascinano verso sentimenti di impotenza, di disperazione, di disistima, di non valere nulla. Ci sono elementi diversi che possono esercitare una certa influenza a seconda dell'età. Tra i più piccoli, i più importanti campanelli d'allarme che preannunciano la depressione sono gli eventi negativi della vita: morte, separazione, delusione continuata e dissesto finanziario della famiglia. I bambini che tendono a colpevolizzarsi o quelli pessimisti, convinti che il futuro riserverà loro sempre e solo cose o situazioni negative, sono sicuramente predisposti a sviluppare tale disagio emotivo.
Nei piccoli, la depressione anche in forma leggera è un fenomeno che non deve mai essere sottovalutato, perché può interferire a livello cognitivo, con lo sviluppo della personalità e l'acquisizione delle abilità di base …
vanno ascoltati sempre con molta attenzione! E poiché i genitori sono spesso troppo coinvolti emotivamente e, quindi non riescono a reagire con fermezza e lucidità, conviene sempre sentire un parere qualificato. Anche lo sviluppo psicomotorio può essere perturbato. Certi ritardi testimoniano così un grave stato depressivo, siano essi globali o settoriali (linguaggio, controllo sfinterico, abilità motorie). La frequente disarmonia del ritardo, le cattive condizioni socioeconomiche che in questo periodo storico non mancano di certo, l'ambiente affettivo sfavorevole, devono incitare ad andare al di là della semplice diagnosi di disturbo emotivo. Anche se sviluppano una modesta depressione spesso - considerata la loro immaturità psicofisica - non riescono ad uscirne velocemente, se la trascinano per un lungo periodo … una sofferenza davvero difficile lasciarsela completamente alle spalle con facilità. Gli eventi negativi o il profondo disagio in un fanciullo in fase evolutiva sono in grado di influire sull'identità in modo tale da rendere il piccolo più vulnerabile e sensibile nei confronti di tale affezione per tutta la vita. Per analogia con la clinica dell'adulto, un certo numero di sintomi di seguito indicati, in particolare di natura psicosomatica, sono considerati come equivalenti depressivi:
  • Enuresi;
  • Insonnia;
  • Asma, eczema;
  • Obesità, anoressia sporadica.


ICORDA, Senza una terapia adeguata, un episodio depressivo - anche se apparentemente banale - si può trascinare per mesi e mesi. Come negli adulti, anche nei piccoli un trattamento tempestivo migliora il decorso. In generale, quanto più precocemente la depressione si manifesta, tanto maggiore è la gravità del suo corso nell'arco della vita. L'opera di prevenzione della depressione nei piccoli considerati a rischio, rappresenta un nuovo fulcro di interesse dagli sviluppi particolarmente promettenti. Un buon approccio consiste nell'informare, attivare speciali corsi “antidepressione” in cui i bambini, diversamente dell'adulto, imparano a pensare prima di agire, a mettere in dubbio i pensieri volti all'autocritica e a gestire i conflitti con gli altri. Strategie pratiche di reazione come queste risultano particolarmente utili per i ragazzi che stanno per entrare nel territorio emotivamente complesso e “difficile” dell'adolescenza. Bisogna comunque uscire da questo stato, da questa profonda sofferenza. Perciò è necessario cominciare con qualcosa: iniziare quando si è in forza, abbastanza sicuri con una sola e 'piccola' strategia. 

' il caso di chiedere aiuto quando ci si trova 'impantanati' in alcuni dei seguenti sintomi:

        E' sempre triste, demoralizzato, irritato;
  • Non ha più interesse per le attività preferite;
  • Ha smesso improvvisamente di partecipare a sport o attività ludiche del tempo libero;
  • E' pigro e letargico o, al contrario, diventa agitato e irrequieto;
  • Si isola sempre più dagli amici e dai familiari;
  • E' sempre stanco;
  • Si finge malato per non affrontare le sue responsabilità, come la scuola ad esempio;
  • Diventa polemico su tutto;
  • Piange spesso e per un nonnulla;
  • Non ha interesse per il cibo;
  • Mostra poca stima verso se stesso e gli altri, non li considera proprio;
  • E' soggetto a incubi e ha un sonno estremamente agitato;
  • Rifiuta ogni attività scolastica;
  • Riporta in maniera continuativa votazioni scadenti a scuola.



e è stato risposto affermativamente ad un numero significativo a queste domande e se i sintomi persistono da qualche settimana, potrebbe trattarsi di un disturbo abbastanza serio: depressivo, con tutte le sue sfumature invalidanti. La differenza essenziale nella diagnosi nei piccoli, rispetto agli adulti, è che il loro stato d'animo può essere irritabile piuttosto che triste e anziché perdere peso essi si limitano a non aumentare in modo normale. La prevenzione, comunque, è sempre un approccio primario ed indispensabile; conoscere alcune dinamiche sociali, la relazione madre – bambino è essenziale non soltanto come profilassi a livello depressivo ma soprattutto per l'igiene mentale in generale, una garanzia per il futuro benessere emotivo. Si ricorda ancora una volta che la figura di riferimento non deve mai essere additata nemmeno colpevolizzata, ma semplicemente aiutata!


oncludendo. Questa profonda sofferenza difficilmente passa inosservata. Il volto è terreo, l'espressione poco mobile, gli occhi fissi, le sopracciglia aggrottate, la testa vuota, una stanchezza grandissima con spasmi viscerali e dolori vaganti; i solchi nella fronte urlano, avvertono che la crisi è vicina, se non è già attivo lo stato depressivo vero e proprio; un'espressione mimica e atteggiamenti di disperazione accompagnati da singolari lamenti che modificano un equilibrio relazionale già difficile se non precario o al capolinea. Nei casi peggiori la depressione è come una densa nube che scende su di noi del tutto inattesa. E' la paura del buio più profondo, come diventare improvvisamente ciechi, sordi, muti, paralizzati. Eppure, spesso, chi sta intorno, non conoscendo il vero dramma in profondità, proprio perché in realtà non sei nulla di tutto ciò, si aspetta che tu resista … tu sia diverso, più forte, più volitivo, più deciso, più sicuro; per farla breve, uscire fuori alla svelta da questa situazione. Un braccio rotto dice alla gente che c'è qualcosa di concreto che non va, ma quando la mente, per poter sopravvivere, si esclude dalla realtà, non esiste un modo semplice o facile per dire al mondo il dolore straziante che abbiamo dentro. Spesso la depressione riguarda sentimenti sepolti che lottano per essere riconosciuti. Se pensiamo di poter decidere che siamo “adatti alla salita”, dovremo lavorare in modo tale da poter fare i conti con quelle emozioni, questi sentimenti sepolti da tempo. Il senso di oscurità e di prigionia dà luogo a diverse immagini della depressione. Alcuni evocano mentalmente una profonda, stretta buca dalle pareti diritte, o il fondo di una fenditura in una scogliera. E' totalmente buia e non vi sono appoggi per i piedi. Si è soli, isolati, persi, ed il silenzio toglie il respiro. Altri “vedono” la prigione, come un ripido pendio, una gabbia che penzola sopra una fossa senza fondo. Qualunque sia l'immagine, le sensazioni si assomigliano. Ma questo non consola affatto, per niente. Per ogni persona depressa, il sentimento di estraneità rispetto a qualunque altro essere umano è estremamente drammatico e profondamente doloroso. La depressione è un'esperienza misteriosa, anche se abbastanza comune, che isola e di cui soffrono numerose persone. Se si pensa di non valere nulla, di essere brutti, goffi ed inaccettabili, si è incapaci di guardare il passato con piacere e il futuro con speranza. La mancanza di fiducia distrugge l'autostima, spegne ogni cosa, si è sconfitti prima di iniziare la giornata: Non so fare niente, Non sono buono a nulla, La mia vita è un continuo fallimento”. 


oi, quel senso di colpa che non abbandona mai: E' tutta colpa mia. E per non farci mancare nulla alteriamo l'immagine del nostro corpo: Sono grasso, basso, ho brutti capelli, il naso deve essere ritoccato, i seni sono due mele cotte, bisogna rimodellare il più presto possibile i fianchi ad ali di farfallaniente piace, anche le cose più belle sono escluse dalla felicità. Come sottolineato più volte, per molti individui, lo stato depressivo e l'ansia vanno di pari passo; può trattarsi di una condizione passeggera o di scarsa importanza. In altri casi, tale stato può diventare un elemento preponderante. In questo caso non bisogna esitare: è necessario chiedere un aiuto qualificato. Per lievi e passeggere crisi depressive, che durano al massimo qualche giorno, un approccio self – helph può essere d'aiuto se non indispensabile. 


TTENZIONE, alle terapie che restano concentrate sul dolore: bisogna uscire dal vortice della sofferenza. Le azioni, comunque, per controllare tale malessere prima che degeneri in autolesionismo sono riassunte e affrontate nel modo seguente:
  • annotare scrupolosamente gli elementi stressogeni cui si deve far fronte ed elaborare strategie per affrontarli in modo graduale;
  • impegnarsi su attività piacevoli e rilassanti che servono a staccare il cervello da fissazioni, timori e paure;
  • analizzare attentamente i pensieri, le situazioni e il futuro, e se sono negativi, muoversi, fare cose che permettano di interrompere il disco rigato pessimistico;
  • se i sintomi persistono o se ci si sente disperati e incapaci di affrontare, la situazione, è giunto il momento di chiedere un aiuto.  
Senza esagerare, possiamo dire che la depressione è il peggior dolore psicosomatico conosciuto dall'uomo; anche se non lo si dice in giro, è riconosciuta come una delle maggiori preoccupazioni sanitarie di questo periodo storico. Uscirne non è mai facile, anche con le mosse giuste e qualificate: è necessario impegno, fiducia, pazienza e poco orgoglio ... “saggezza” da ambo le parti; risulta fondamentale sia preparazione sia impegno per smantellare, pezzo per pezzo, questo gigante infernale e, soprattutto, una grande maturità emotiva ad accettare eventuali rinunce a sedute all'ultimo minuto ... vedersi disertare gli incontri. Un professionista esperto “accetta” questa sua strategia perché è l'unica situazione sociale in cui, il paziente, si sente libero, per certi versi può scegliere e decidere; deve tastare il terreno, la reale, vera e genuina disponibilità emotiva dell'altro ... non può sopportare un'altra delusione! Cerca un “ultimo” sorriso caloroso, sincero in cui comprenda intuitivamente che il suo interlocutore si trova in uno stato di armonia fra quello che pensa e quello che prova, fra cognizione ed emozione … un punto da cui si può comunque iniziare a costruire.
 

l soggetto è inerte e prostrato. La sua attività spontanea è ridotta al minimo, i suoi gesti sono lenti, incatenati, profondamente dolorosi. Può restare seduto per ore ed ore, immobile con lo sguardo fisso e la testa inclinata in un atteggiamento di concentrazione dolorosa (la testa piegata, al di là dell'artrite cervicale che alcuni lamentano, può essere confusa con alcuni tratti schizoidi). L'avvenire è nero, se poi si rientra nella categoria degli ipocondriaci, la certezza è che non si potrà mai uscire dal tunnel, guarire completamente. Se si crede colpevole, ha la certezza che l'anatema è vicino: il castigo è senza rimedio. Una mente che non dimentica! Qualunque cosa sia, per lui non vi è soluzione, non c'è più nulla da fare, tutto è perduto. La melanconia è come un'onda che si avvicina; un'onda cupa, scura, densa, pesante. Ci si sente ripiegare su se stessi; l'apatia, la non voglia di fare, il buio, la solitudine, sono momenti terribili della propria vita. Si sono smarrite completamente le emozioni. Il lavoro che diventa estraneo, la perdita del desiderio col partner, il rifiuto di uscire con gli amici. NO, grazie preferisco restare qui, solo … è più sicuro e vantaggioso! Non fare, aspettare, tutto si sbiadisce, perde colore, tutto diventa ripetitivo … inutile. Spesso per non cadere in quello stato ci si muove in direzioni obbligate, ci si sforza anche a vedere gente. La melanconia è acqua stagnante, un lago fermo in cui si teme di caderci dentro in ogni momento ... è pieno inverno, ogni cosa è fredda, si è avvolti costantemente dal gelo!


ICORDA
, l'onda della depressione se ne va solo se la trasformi nell'onda della vita. Il cuore, la pelle, gli occhi, si lasciano penetrare solo dal flusso della vita; la senti muoversi dentro, in tutti i suoi toni, le sue sfumature, i suoi cambiamenti … tutto diventa gioia! Con consapevolezza osserva senza giudicarti l'ansia che ti attanaglia, la paura che spesso ti paralizza, la resistenza che si oppone alla vita, che chiede solamente di uscire e percorrere con te la via della gioia che di diritto ti appartiene. L'angoscia è in primo piano: oppressione, soffocamento, cenestopatie multiple, straripamento emotivo il cui aspetto a volte, per i non addetti ai lavori, potrebbe sembrare comico o teatrale, ma che non si dovrebbe mai sottovalutare l'autentica sofferenza psico - fisica. L'ideazione è lenta (bradipsichismo), è impoverita, spogliata completamente, ridotta all'osso; i ricordi sono evocati con difficoltà, gli sforzi di attenzione e di concentrazione sono quasi impossibili. Il soggetto non può seguire una discussione o concentrarsi su una lettura; nella maggior parte dei casi l'orientamento e la percezione sono integri; non si presta attenzione al mondo circostante e si prende in esame solo gli elementi che possono alimentare le proprie devastanti ruminazioni. Ha perso il gusto per la vita! Il suo campo di coscienza è invaso da una tristezza invadente contagiosa fatta di noia, di rimpianti, di disperazione; un fenomeno comunque sempre indipendente dai fatti esterni: niente può consolare il “melanconico” sprofondato nella sua infelicità


arla poco, se è coinvolto risponde lentamente, a monosillabi con un tono di voce cupo e monocorde; i suoi segnali verbali, quando si ha la fortuna di sentirli, sono interrotti continuamente da sospiri e gemiti. Spesso risulta reticente e 'astuto' nel tentativo di nascondere o minimizzare il suo malessere profondo. Nel corso di una “melanconia” ansiosa è invece l'agitazione a dominare il quadro clinico. Molte forme d'ansia, perdurando, possono “sfociare” in uno stato depressivo mascherato che è un quadro clinico più diffuso e, specie nelle sue forme più sfumate, uno dei disagi psichici più difficilmente riconoscibili. Si calcola che più del cinquanta per cento dei pazienti che affollano gli studi dei medici di base siano dei depressi (dati OMS). Chi è al suo fianco deve prestare attenzione quando comincia a perdere l'interesse per alcuni aspetti della vita: lavoro, affetti, sessualità, piacere di stare con gli altri. Quando si è dominati dall'umore tetro, ci si isola e ci si trascura. Non si esci più, si dialoga a monosillabi, si evitano gli amici, si perde ogni spirito di iniziativa, si diventa inappetenti (o bulimici) e la libido latita, è assente, sparita completamente; sarebbe, però, un errore immaginare che tutti i depressi siano sempre di umore nero, sospettosi, distaccati. Lo possono essere a periodi, o per lo meno solo a momenti apparire tali, perché questi soggetti sono in generale bravissimi nell'occultare i loro disturbi. ATTENZIONE, questi individui non sono dei “mascalzoni” o astuti “birbaccioni” ma semplicemente cercano di mettere in atto strategie per evitare di soffrire e, soprattutto, di azzerare frustrazioni, richiami, condanne e rimproveri il più possibile; di gestire in qualche modo quelle relazioni oggettuali difficili, piene di critiche, violenze e incomprensioni. Le depressioni si possono suddividere in due grandi categorie: quelle reattive e cioè conseguenti a un evento spiacevole se non addirittura angoscioso, come la perdita di una persona cara, la perdita del posto di lavoro che, in questo periodo storico certamente non manca, una grave malattia, la separazione coniugale, le delusioni amorose, i rovesci finanziari. Le depressioni di questo tipo, e cioè collegabili ad un trauma esistenziale, sono quelle più facilmente recuperabili e la loro risoluzione è dovuta più che ai farmaci al trascorrere del tempo (chi muore giace e chi vive prima o poi si dà pace!), ai cambiamenti di ambiente, nuove amicizie, ai viaggi e alle distrazioni (la travel therapy è un efficace strumento terapeutico; una strategia che uso da tempo e porta a risultati davvero sorprendenti ... alza l'asticella dell'umore). Forme più difficili da “trattare” e talvolta, purtroppo, senz'altro irrecuperabili sono quelle cosiddette endogene, le quali comparendo senza evidenti motivi, inducono a pensare che esse siano da ricollegare a fattori costituzionali. La depressione colpisce più le donne che non gli uomini secondo un rapporto di tre a uno e si manifesta o si ripresenta con la sua forma più decisa, soprattutto, in primavera e in autunno. Le ore più penose della giornata sono in generale quelle di primo mattino come stanno a dimostrare i suicidi dei depressi che avvengono specialmente all'alba, quando il depresso si sente incapace di affrontare le fatiche e gli impegni di una nuova giornata. Con il progredire del giorno, che comincia scoppiettando, ma poi, riscaldandosi, trova un minimo di ritmo, l'umore del depresso tende a migliorare e può apparire o farsi addirittura brillante e vivace nelle ore della tarda sera.


nutile dire che se sposati, maschi o femmine che siano, i depressi mettono a dura prova la pazienza del coniuge e non pochi matrimoni che si scindono in età avanzata trovano il loro principale motivo nella depressione di uno dei coniugi, se non di ambedue
. Bisogna comunque uscire da questo stato. Perciò è necessario cominciare con qualcosa: iniziare quando si è abbastanza sicuri e il prima possibile con una sola e piccola strategia. Se sei da solo non mirare troppo in alto! Il piano d'azione comunque deve essere sempre realistico, deciso e graduale; mai lasciarsi influenzare dalla minaccia di voler abbandonare il trattamento sanitario, sospendere la terapia, dal pessimismo e timori del paziente. Non serve assolutamente muoversi all'impazzata cercando di operare su diversi fronti, ottenere numerosi miglioramenti contemporaneamente; tutto apparirebbe frustrante, deludente e penosamente lento … è sempre vantaggioso affrontare un problema alla volta con rigore, attenzione e continuità. Cerchiamo di mettere in cantiere magari una conquista alla settimana. 




ICORDA che la depressione, pur essendo comune, è una malattia opprimente, grande, misteriosa e difficile da afferrare che nel tentativo di farlo, spesso si “preferisce” rinunciare. L'unico modo di procedere è sempre un po' alla volta. Se la affrontiamo in modo frammentario, si possono ottenere buoni risultati, si riesce a togliere il ragno dal buco, vincere battaglia e guerra. Tieni ben presente che ogni momento particolarmente brutto della nostra esistenza - come ogni cosa della vita finisce - in realtà passa, può terminare anche se ora esiste e fa male. Se cominciamo a mettere a fuoco le cose belle e le cose brutte siamo in grado di capire cosa succede nel nostro animo e nelle nostre emozioni, capire il messaggio che questa sofferenza ci invia. A volte tale stato assume un andamento ciclico e a periodi di depressione, cioè di invincibile tristezza, di pessimismo, di noia, di mutismo, fanno seguito periodi di grande ottimismo, di rumorosa allegria, di eccessiva fiducia in sé e negli altri. Ciò trae in inganno i malati, ma soprattutto i familiari: quando una forma depressiva presenta questa bipolarità di comportamento, essa rientra nel numero delle depressioni difficili da trattare (psicosi maniaco depressiva o semplicemente 'bipolare' in cui l'umore alterna fasi di euforia smodata, detta “mania”). Tra le forme depressive più sfumate, solo di qualche nota comune sotto il tema malinconico, vanno ricordate quelle che compaiono in relazione a ricorrenze fisiologiche come, per esempio, le mestruazioni.

on poche donne entrano in uno stato di agitazione o depressivo una settimana prima della comparsa dei mestrui. Altre sperimentano la depressione per periodi più o meno lunghi dopo aver partorito e specialmente dopo il primo parto. Anche i primi segni della vecchiaia (menopausa, andropausa) possono accompagnarsi con un senso di inadeguatezza e di inutilità che è sentito soprattutto da quanti si sono abituati a vedere nell'efficienza, nel vigore fisico e nella bellezza, i valori massimi della vita. La depressione, come abbiamo visto, non risparmia neppure gli adolescenti ed i fanciulli: le statistiche non lasciano dubbi, ci dicono che i suicidi per depressione nei soggetti, tra i dodici e diciotto anni, sono in progressivo aumento. Anche certi medicinali, soprattutto se presi per lunghi periodi, possono portare a forme depressive che però passano quasi sempre a rapida guarigione non appena se ne sospenda il trattamento. Talvolta le depressioni da farmaco possono rappresentare la spinta determinante verso quello che è il rischio maggiore della solitudine, il suicidio.



L'autosoppressione, specie tra gli anziani, ha toccato in questo periodo storico punte molto alte.

erte situazioni connesse con la vecchiaia come la solitudine, la perdita degli affetti, la perdita del ruolo sociale, la perdita del vigore fisico e mentale, possono portare un soggetto già predisposto a non vedere altra soluzione alle proprie disavventure che la soppressione di sé.
A scanso di equivoci, è forse il caso di ricordare che non bisogna scambiare per depressione ogni abbassamento del tono dell'umore. Il nostro umore è come il cielo montano che ora è sereno e ora nuvoloso: si entra nel patologico solo quando le nubi sono pressoché piene d'acqua, persistenti e minacciose. Solo allora! Vi sono infatti abbastanza mali reali per aggiungervi quelli immaginari fatti solo di apprensione e di paura. Sarebbe quindi un grave errore chiamare “depressione” ogni carico di preoccupazione che entra come una costante nella condizione umana. L'intervento psicosomatico in questi ultimi anni ha portato un importante contributo al trattamento della depressione. Vantaggi che possono estendersi al sistema immunitario: con l'approfondirsi degli studi sull'immunità è stato, infatti, osservato che l'ansia e in particolare la depressione sono spesso responsabili di una insufficiente risposta immunitaria; un fenomeno che fa ammalare più facilmente e ritarda la guarigione. Se il soggetto senior è più esposto alle malattie infettive e degenerative, ciò può dipendere anche dal fatto che tra gli anziani il numero degli ansiosi e dei depressi è maggiore che nei soggetti junior. La necessità di continuare la normale vita sociale porta spesso questi soggetti a fingere di provare interessi che ormai non avvertono più; presentano un sorriso finto, si sforzano nel tentativo di fare domande interessanti e intelligenti per essere ancora considerati, sembrano sempre attivi ma girano a vuoto. Fanno fatica a concentrarsi e a svolgere una banale attività anche se a ritmi molto più lenti di un passato recente. Il momento più brutto della giornata è il risveglio: la nuova giornata appare senza scopo e si viene subito attanagliati dall'ansia e dalla tristezza in modo così violento da togliere perfino l'energia per alzarsi dal letto. Anche il momento di andare a letto non è percepito come la possibilità di rilassarsi e riposarsi, al contrario si viene assaliti dalla paura di rimanere svegli per gran parte della notte a rimuginare pensieri negativi, brutti ricordi o di essere subito assaliti da incubi.


uesti ritornelli negativi finiscono per convincere la persona depressa di avere sbagliato ogni cosa della propria vita.
Al sonno insufficiente si accompagna poi la stanchezza diurna e un grave senso di prostrazione. Questi soggetti vedono la loro vita trasformarsi in una sofferenza continua e lacerante, un dolore interno difficilmente comprensibile a chi non lo ha provato. Se non si intravvedono altre vie di uscita da questa situazione nella mente iniziano ad affacciarsi sempre più frequenti pensieri terribili, drammatici e catastrofici. Il depresso è una persona bisognosa di affetto e a volte i pensieri di morte proclamati servono per cercare di ottenere l'attenzione e l'appoggio dei familiari … è sempre meglio però non rischiare, nessuno è in grado di stabilire la gravità della situazione. Mai comunque arrendersi ai vari tentativi di ricatto, lasciarsi influenzare dalle minacce di voler rinunciare o abbandonare le cure, dal pessimismo e timori del pazientesempre rispetto ma mai indietreggiare o negare la realtà, solo professionalità, pazienza e continuità lo possono “salvare”!




er efficaci che siano, i depressi non devono però attendersi tutto dalle medicine (aspettative esagerate, miracoli vari). Esiste uno stretto rapporto tra le condizioni dell'organismo e quelle della mente, per cui il nostro malessere migliorerà più rapidamente se ci preoccuperemo del nostro stato fisico. Chiunque sia seduto al chiuso, facendo pochissimo e mangiando tutte quelle “schifezze” che gli fanno male ha molte probabilità di sentirsi depresso. Bisogna migliorare gradualmente le nostre condizioni fisiche. Questo ci permette di stare meglio con noi stessi e gli altri. E' necessario occuparsi del proprio corpo, sia perché è l'unico che abbiamo, sia perché trovare i pezzi di ricambio è davvero difficile e complicato. Sappiamo infatti che trattarci bene è positivo, come mangiare in modo equilibrato, fare esercizi fisici e aggiungere elementi alla nostra provvista di strategie per i giorni cupi. Le persone che restano aggrappate ad antichi rancori e che rinunciano a dimenticare sono spesso odiose e sgradevoli. Coloro che sono concentrati su se stessi, rancorosi ed arrabbiati, diventano una pessima compagnia. La depressione, infatti, è legata alla rabbia; stato clinico e sentimento sono strettamente intrecciati; repressione e rabbia diventano un meccanismo di difesa che produce depressione. Il depresso non è mai “buono” come vorrebbe far credere o apparire; si mimetizza da “buono” che è una cosa molto diversa nel rapporto con la realtà … se potesse metterebbe a ferro e a fuoco ogni cosa.


n terapia è importante che questa rabbia possa, in un contesto ben strutturato, defluire spontaneamente; bisogna alzare il coperchio, gestire con grande professionalità tale situazione difficile, saper liberare lentamente e con prudenza il vulcano che ribolle … un atto terapeutico che funga da cassa di 'decompressione'. Indipendentemente da quello che è successo e da quanto traumatico, ingiusto o sleale sia stato, la nostra salita sarà più facile se ci liberiamo dei vari fardelli, dell'inutile zavorra. Dobbiamo toglierci lo zaino o, altrimenti, ci trascinerà giù. A prevenire e anche a curare la depressione serve molto il cercare di mantenere i contatti sociali, le amicizie, gli affetti. Nel rapporto con le persone non bisogna però sempre tutto attendersi, bisogna anche dare. E dare significa molte volte ascoltare, saper semplicemente stare insieme. A volte un tale piacere non è purtroppo neppure avvertito, ma è perseverando che ad un certo momento ci si accorge quanto utili a noi e agli altri siano stati tali contatti. Perché depressi, magari a periodi, lo siamo più o meno tutti e lo stare insieme ci fa bene. ATTENZIONE a non confondere il quadro clinico depressivo con la struttura narcisistica o masochista. Queste personalità appena indicate, infatti, sono caratterizzate da fantasie onnipotenti, da sentimenti di vergogna, autodistruzione, noia e disperazione mentre lo stato depressivo di tipo più “melanconico” è dominato da sentimenti di colpa, iniquità, avidità e odio per se stessi.



ON UTILIZZARE QUESTE SOSTANZE SENZA UNA DIAGNOSI PRECISA O IL PARERE DI UN PROFESSIONISTA QUALIFICATO. QUESTI ESEMPI RIENTRANO - COME TUTTI GLI ALTRI ARTICOLI PUBBLICATI - IN UN PROGRAMMA INFORMATIVO ED EDUCATIVO, NON PRESCRITTIVO. TALE ELENCO, INFATTI, PER NIENTE ESAUSTIVO, E' RIVOLTO A STIMOLARE ULTERIORE CONOSCENZA, AD ESSERE - SE LO SI VUOLE - PIU' PREPARATI, CONSAPEVOLI, RESPONSABILI E, SOPRATTUTTO, ATTIVI NEL GESTIRE LA PROPRIA SALUTE … SAPERE COSA SI VUOLE E, SOPRATTUTTO, FAVORIRE IL DIALOGO CON LO SPECIALISTA IN MANIERA APPROPRIATA E PIU' VANTAGGIOSA POSSIBILE PER ENTRAMBI.


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