domenica 15 settembre 2013

- DISTURBI ALIMENTARI. Sovrappeso.


SOVRAPPESO i bocconi amari della mente


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hi è alle prese con un problema vasto e complesso come l’eccesso di peso, gli riesce più facile credere di essere vittima di sottili disfunzioni metaboliche o di fantomatici “marchi” genetici. La persona che è in soprappeso, proprio per il senso di insicurezza e di sfiducia che spesso accompagna questo stato, afferma compiaciuta che la sua condizione fisica dipende - quasi sicuramente - da oscuri “difetti” del sistema ghiandolare. Ma dopo svariate ed interminabili indagini cliniche (sempre da fare) arriva la grande “delusione”: non si è in balia di una sofisticata aberrazione biologica a cui non si può opporre alcuna resistenza. Il verdetto, in realtà, può disorientare ma è semplice ed univoco: vengono introdotte nell’organismo troppe calorie rispetto al normale fabbisogno quotidiano (dieta ipercalorica). Nessun dubbio: chi vuole eliminare il proprio grasso eccedente deve limitare l’ingestione di calorie. Questo squilibrio, tuttavia, non è da imputare sempre ad un eccessivo apporto calorico, occorre infatti prestare molta attenzione anche agli errori che portano a rallentare il metabolismo e, soprattutto, bisogna valutare le fatidiche “uscite” (attività fisica). Un altro aspetto fondamentale di questo fenomeno è che il cibo, oltre ad essere legato a specifici problemi psicologici (si veda bulimia, anoressia, depressione), può tenere sotto controllo i brutti pensieri, essere utilizzato come sfogo, rifugio, rassicurazione e automedicazione. 

on si deve mai dimenticare che il corpo è sempre espressione della personalità: se quest’ultima si “inquina” l’altro inevitabilmente si “appesantisce”. Quando si è chiusi, avvitati su se stessi, spenti, statici, tristi e depressi, l’energia del corpo rallenta e ristagna (metabolismo lento). Con il cibo è possibile ristabilire, spesso in modo sbagliato, un rapporto armonico con le condizioni psicologiche: anestetizza e calma ogni “appetito” … anche quello sessuale. L’assunzione del cibo, in forma morbosa,  infatti, non serve a mantenere in salute il corpo ma a “saziare” altri bisogni di natura emotiva: sicurezza, compagnia e calore affettivo. Il cibo è un forte simbolo a cui è legato un valore sociale molto profondo che, nel tempo, può compensare e distrarre da mancanze o rimpianti esistenziali. Una consolazione facile ed immediata, davvero a basso costo dal punto di vista economico, ma con risvolti drammatici a livello psicosomatico.
Risultati immagini per bocconi amari dietaGli alimenti, dunque, oltre a nutrire il corpo, veicolano infiniti altri significati culturali, affettivi e psicologici. La cartina tornasole di quanto appena affermato è che quando si è completamenti presi dalla gioia, passione, felicità e soddisfazione non si percepisce alcun stimolo della fame, si dimentica perfino di mangiare. In pratica, se l’esistenza scorre senza entusiasmi, immediatamente, la mente si getta a capofitto sul cibo per portare un po’ di consolazione e un parziale senso di calma. Chi è calato in questa dimensione continua a subire la vita facendo cose poco stimolanti, a cui spesso non crede, tutte esperienze per la maggior parte deludenti, monotone, ripetitive e sempre uguali: uno sforzo che, a lungo andare, “appesantisce” e rovina completamente la “forma”. Una personalità poco “incisiva” che non riconosce realisticamente il proprio valore, visibilmente disorientata, smarrita, imprigionata, irrequieta e fagocitata dalle sue stesse rinunce. 

bbandonando completamente la strada della passione e del divertimento, si diventa piano piano sempre più estranei alla soddisfazione e al godimento: il cibo altro non è che un potente tappabuchi, viene usato come sostituto di attività entusiasmanti e piacevoli. Quando il senso di  deprivazione è diffuso - togliendo sempre più spazio alle esigenze personali -  la fame, come per incanto, si riaccende con smodata voracità. Alla fine della giornata, tirando le somme, la vita appare spenta, troppo addomesticata, statica, piatta, che non emoziona più. Un vivere fatto di continue rinunce, frustrazioni e insoddisfazioni: se l’esistenza si “restringe” il corpo si “appesantisce” e si “gonfia” velocemente. Più si reprime quello che conta realmente nella vita, più ci si scatena a tavola attraverso piccole o grandi abbuffate. Dipendere dagli altri, non farsi valere, dire sempre sì, troppa disponibilità senza un vero tornaconto, creare a tutti i costi un mondo privo di problemi, eccessivamente conciliante per il quieto vivere (annullarsi e mettere la propria vita in mano ad altri): ecco i peggiori nemici che tolgono felicità, allontanano da se stessi, annullano l’autostima e fanno saltare i bottoni. Le cose invece che cancellano questa particolare dipendenza, sopprimendo completamente la fame nervosa, sono: innamorarsi, passione per il lavoro, per qualche hobby e per le novità, una sessualità istintuale, viva e coinvolgente, e una sana amicizia. E’ un grave errore riversare i lamenti vari e le frustrazioni nel piatto, la felicità va sempre ricercata fuori dalla tavola perché il malcontento, a lungo andare, allarga e fa aumentare i buchi della cinghia. 


er contrastare il “peso” bisogna cavalcare il piacere, risvegliare la passione e godere delle piccole cose che stanno attorno … e sono davvero tante se si cercano nella direzione giusta.  Per raggiungere tale equilibrio psicosomatico sarà utile - da soli o con l’aiuto di un esperto - liberare la creatività e il proprio talento ma, soprattutto, togliere i “bocconi” amari dalla mente e “alimentarsi” delle piccole gioie quotidiane. Non ci sono dubbi, quando le situazioni assorbono completamente, ogni attimo diventa un’occasione speciale, si è felici, eccitati, soddisfatti, la dispensa rimane piena e il frigo perennemente chiuso. Molte sono le metodiche terapeutiche psicosomatiche utili per raggiungere armonia, equilibrio e forma. Ascoltare e osservare se stessi è sempre il primo passo. Conoscere poi il conflitto da cui scaturisce la fame nervosa risulta fondamentale non solo per affrontare il disagio psicologico ma anche per rendere più  duraturi e stabili gli effetti di una eventuale dieta … che va realizzata sempre senza ossessioni, sforzi e sacrifici vari. Quest’ultime, sono tutte  parole che evocano il senso di fatica, di tortura ed immergono completamente in un’atmosfera di cupo sacrificio, creando in tal modo sensi di colpa, inutile stress, frustrazione e disistima. Come si può “competere” o, meglio, pensare di sostituire l’effetto piacevole e “appagante” del cibo se si sceglie la strada del tormento corporale, si pratica la tortura e la privazione?

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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 –  0532.476055
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martedì 3 settembre 2013

-ANSIA. Smettiamo di litigare con il corpo.


Smettiamo di LITIGARE con il corpo


nche se raramente ne siamo consapevoli, in ogni situazione che viviamo il corpo dice la sua con grande saggezza. Gli stati emotivi, più o meno intensi, si depositano nel corpo. Ogni sentimento vissuto - gioia, dolore e felicità - dall’apparato cerebrale si estende in tutto l’organismo, in ogni molecola, in ogni fibra, in ogni cellula. Se l’emozione, però, viene tenuta inutilmente attiva da un costante stato di allerta e da un perenne rimuginare, si somatizza e, nel tempo, attraverso l’infiammazione e poi la lesione, può diventare malattia. Quando la sensazione di essere in colpa è profondamente radicata, quando si sottopone in maniera automatica a un severo giudizio ogni azione o pensiero, non ci sono dubbi, la salute è a rischio. Spalle incurvate, sguardo spento, pelle opaca, eloquio incerto, postura contorta sono il risultato di un corpo che non piace più, spesso temuto e vissuto come un nemico, che può annientare da un momento all’altro: disturbi orribili sono in agguato.


l soggetto si preoccupa di naturali funzioni corporee, come il battito cardiaco, la sudorazione, la digestione. Può avvertire la fame preoccupante, essere facilmente disturbato da rumori forti ed improvvisi, provare intenso disagio al caldo o al freddo. Anormalità fisiche minori, come una piccola infiammazione, o sintomi transitori, come la tosse, possono essere interpretati quali segni di malattia. La più lieve irregolarità, proprio perché si diventa sempre più vigili con il passare del tempo, può produrre apprensione e allarmismo. Se un banale segnale fisiologico appare fonte di preoccupazione eccessiva e irragionevole per la salute, è proprio il caso di dire che ascoltare il proprio corpo sono davvero “dolori”. In questo modo il corpo spodesta la mente, non è vissuto come una “casa” comoda e accogliente ma come un edificio diroccato: non più alleato ma un perfetto antagonista. “Quella lì non sta mai bene. Ne ha sempre una. Continua a  piovre sul bagnato”.


ono tutte cose che si dicono a quelle persone che, pur non essendo malate, sono sempre avvilite e assediate da singolari sintomi: il loro corpo è intorpidito da piccoli disturbi che, proprio per la particolare insistenza, non lasciano tregua. Prende sempre più “corpo” una strana convinzione, una insistente ed assurda sensazione che il proprio “involucro” si sia indebolito e sia sul punto di contrarre una grave malattia; infezioni, ictus, leucemia, AIDS, tumore, infarto sono le patologie più temute. Per chi soffre, questo atteggiamento dura anni e anni fino a diventare il fulcro dell’esistenza: uno stato di allerta continuo, in cui gli spettri della malattia e della morte possono esplodere all’improvviso, invadendo completamente il campo della coscienza. Si è sdraiati comodamente sul divano e un leggero formicolio al braccio rievoca immediatamente un evento funesto, porta subito al timore di avere un infarto, mentre si guarda un film una piccola fitta alla testa fa scattare il pensiero di un ictus imminente: l’attesa di un imprecisato divenire e le paure connesse scatenano dei veri e propri sintomi.
Risultati immagini per corpo bizzarro nei dipintiQueste continue paure - oltre a mettere completamente alla corda tutti coloro che vivono accanto - risultano invalidanti, predispongono all’agitazione, destabilizzano i rapporti e, soprattutto, creano un ambiente povero di sentimenti, spento e noioso. Per chi vive tale situazione, la vita diventa un vero inferno. Una sofferenza che da alcuni, bene che vada, viene considerata una stravagante paturnia, mentre per altri, forse più “sfacciati”, è un’astuta invenzione orchestrata dal soggetto per soddisfare un suo misterioso tornaconto. Tali valutazioni, in parte  dettate da rapporti conflittuali, snervanti e frustanti, sono sempre errate: in ogni gesto, se si presta la dovuta attenzione, non c’è finzione, ma traspare sempre una ingestibile sofferenza e una devastante paura. Il soggetto è terrorizzato, si fissa su una forma rara di leucemia oppure teme di essere stroncato da un morbo raro e crudele. Non è possibile raggiungere la tranquillità attraverso l’evidenza clinica perché basta un banale sintomo, spesso transitorio, per ossessionare e tormentare la mente fino a cancellare completamente i recenti referti medici; gli esami clinici non rassicurano più, dopo un apparente sollievo, ecco che si ricomincia da capo. Ben presto il sofferente diventa polemico e accusa gli specialisti, se non proprio di ciarlataneria, di non essere preso sul serio, di un parlare forbito ma ingannevole, di superficialità e di scarsa professionalità nell’affrontare il problema. Nei rapporti appare maldestro, distante e scontroso, non riesce più a concentrarsi sul lavoro per la convinzione di avere una grave patologia non diagnosticata. Gli amici, lentamente, creano attorno al soggetto un tessuto sociale arido e freddo: disdicono gli appuntamenti o non si fanno più trovare  perché, a loro dire, è una “compagnia” che agita, irrita, destabilizza e annoia … meglio stare alla larga.





e persone che sono cresciute in un clima di paura, di rimprovero o di violenza sono molto spesso quelle che, con grande astuzia e sofferenza, hanno imparato ad usare meglio i “Meccanismi di difesa” (del controllo) per sopravvivere. Tuttavia, quando una situazione sfugge loro di mano, perché si sentono minacciate nella salute, nelle relazioni affettive o nella sicurezza materiale, ecco che sono in preda all’ansia.




OSA FARE. Mai “peregrinare” su internet alla ricerca di fantomatici “santoni” e malattie bizzarre al fine di formulare una pasticciata autodiagnosi. Sarà vantaggioso, invece, evitare la consultazione di molti specialisti contemporaneamente ma cercare un “solo” professionista (cambiarlo immediatamente se si percepisce di non essere sulla stessa lunghezza d’onda) con cui sviluppare un solido rapporto di fiducia per progettare, insieme, ciascuno in base alle proprie competenze, un reale e concreto programma terapeutico. Non meno importante è concentrarsi sulle proprie sensazioni, i propri entusiasmi, le proprie passioni, le cose che interessano davvero  e quelle che spengono le passioni, non appartengono più ad un’esistenza felice, rendono i gesti finti, l’esistenza banale e piena di sofferenze … anche se il malessere descritto può avere alla base cause diverse non va mai dimenticato che certi traumi psichici lo possono alimentare o intensificare.
Se soffri non rimandare, 
non rinviare un affettuoso e genuino sostegno: 
l’aiuto deve essere chiesto quando serve realmente! … altrimenti puoi cronicizzare e soffrire inutilmente in silenzio. Se, poi, ti ritrovi continuamente inchiodato al dolore forse è davvero il momento di farti aiutare, di mettere fine ai tuoi patimenti reali o immaginari, non è un gesto di debolezza ma di grande forza.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.

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