lunedì 3 ottobre 2022

 

PSICOTERAPIA



a psicoterapia non è rivolta a correggere il tuo lato più “brutto”, non insegna a diventare persone "migliori" o più "buone" ma, semplicemente ti aiuta a coltivare, esprimere e realizzare la tua vera unicità.




a psicoterapia è un’esperienza che richiede sempre "serietà", impegno, continuità e convinzione. La metodica terapeutica (l'indirizzo scientifico, la scuola di pensiero) che “HAI” scelto o la SEGUI oppure CAMBIALA … quando si fa qualcosa per se stessi, per il proprio benessere e per la propria salute la cosa migliore oltre a liberare la mente da inutili pregiudizi (racconti, notizie e esperienze bizzarre, credere che sia un luogo di sofferenza o di pettegolezzi ... tutte esperienze soggettive, spesso travisate, elargite a buon mercato dagli “oppositori”: NON è lacrimatorio!!!) bisogna anche essere CURIOSI, avere una gran voglia di CONOSCERE: richiede DEDIZIONE e FEDELTA’ altrimenti quello che stai facendo perde consistenza, si indebolisce, fa perdere “FORZA” a tutto il processo curativo (crea ulteriore squilibrio a livello biochimico, elettrico, ormonale, relazionale).


ella psicoterapia si trasferisce, nel corso del lavoro terapeutico, in modo deciso ed intenso (transfert) sul terapeuta i propri vissuti - come avviene in forma più o meno leggera in ogni relazione quotidiana tra gente comune, sul partner, nel rapporto di coppia - quel variegato mondo emozionale sviluppatosi nel tempo: questo fenomeno, altro non è che un ri – vivere il genitore o la relazione che si desiderava avere con lui.

UTTI, chi più chi meno, hanno qualche idea circa la psicoterapia, alcuni sono incuriositi, altri stimolati, qualcuno è sospettoso, ma nessuno è completamente indifferente, POCHI, comunque, possono affermare di conoscerla bene … al di là delle varie convinzioni questa “breve” descrizione è rivolta a TUTTE quelle persone “CURIOSE” e “COLTE” che vogliono capire di più.


n psicoterapia compaiono tre elementi - più o meno marcati - che si ritrovano in tutti i quadri clinici, qualunque esso sia: senso di colpa, angoscia, aggressività ... una parte della personalità rimasta "infantile", un vissuto per anni rattrappito ... questa parte "infantile" si aggrappa all'analista che diventa una figura di riferimento, fondamentale per tutto il percorso … la psicoterapia è prima di tutto una modalità relazionale, un dialogo tra pari, tra due colloquianti che hanno compiti e ruoli diversi ma di uguale importanza.

n generale, sono tecniche elaborate per il trattamento dei disagi emotivi: una modalità terapeutica che offre - a seconda dell’orientamento scientifico - non solo conforto ma permette di esplorare la mente inconscia. Superare molti disturbi mentali ed eliminare le false strutture della personalità … tutto ciò che tiene prigionieri senza nemmeno rendersene conto, che impedisce di vivere liberamente con se stessi e gli altri ... di amare. Un’esperienza umana in cui non si viene giudicati, né biasimati, né criticati e, tanto meno, puniti. Un luogo in cui, finalmente, non si corre il rischio di recitare una parte … perché le maschere e le corazze sono inutili, e il giudizio morale non ha alcun senso. Un aiuto a tutti coloro che hanno in qualche modo offuscato le loro potenzialità, che pensano in modo limitato e sospettoso, che vivono in maniera arida e con vari blocchi mentali, che hanno bisogno di dominare o di essere dominati, che sono impauriti e aggressivi, che credono sempre di essere respinti, disapprovati, biasimati e criticati. Aiuta a riflettere o modificare le relazioni con se stessi e gli altri … ovvero, cambiare, ritornare se stessi, diventare davvero autentici, riprendersi in mano la propria vita. E’ uno strumento umano di grande “precisione” che si rivolge sia alle sofferenze psichiche, a volte davvero considerevoli, devastanti e invalidanti, sia a quelle fisiche. 


n’esperienza affascinante e sincera, di una portata terapeutica incredibile, non solo preventiva ma soprattutto rivolta allo sviluppo interiore: scendere dentro se stessi, per capire la propria personalità, per stroncare il travaglio interiore e tutto ciò che “demolisce” la propria salute, potare le radici marce, cercare i sassi inutili, drenare le scorie tossiche accumulate nel processo evolutivo, fino a raggiungere quelle sorgenti cristalline benefiche da tempo ostruite (chi scrive ha potuto sperimentare personalmente questa grandiosa avventura attraverso un’analisi adleriana). Fare il punto sui vari turbamenti interiori e stati d’animo, veder chiaro su diverse problematiche interpersonali, prendere coscienza dei propri comportamenti e reazioni in società: conoscere, conoscere e ancora conoscere. Un esplorare, quindi, con “grazia” e coraggio i comportamenti umani (sani e patologici), “raddrizzarli” se sono un po’ “tortuosi”, ridare al soggetto la sua profonda autenticità e la sua libertà interiore: in breve, poter scegliere e decidere. Un lavoro di intensa e tenace collaborazione, un impegnarsi a fondo, uno scambio di parole, un rapporto unico, individuale e soggettivo che si stabilisce tra analista e analizzato. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni individuo, al di là delle sue vicende personali, è un essere sociale che cerca sempre se stesso dopo aver deragliato, essersi “smarrito”: desidera l’armonia, la completezza, andare verso i suoi simili e, soprattutto, non vivere nel terrore e nella paura. La psicoterapia se ben fatta e condotta da specialisti ben preparati non è mai un palliativo, ma uno strumento efficace per conoscere in profondità se stessi, per riacquistare fiducia ed autonomia: liberare tutti coloro che lo desiderano, dalla sofferenza psichica insopportabile, dall’idea ossessiva di aver ferito o irritato qualcuno, dalla tortura di essere considerati male e chi si sente perennemente giudicati … un tormento ingiustificato che accompagna per intere giornate. 


ermette, inoltre, di comprendere meglio e di anticipare le conseguenze di alcuni comportamenti infelici; far risalire a “galla” certe difficoltà interiori di cui neppure l’individuo sapeva della loro esistenza, pur avendo la consapevolezza che nella propria vita qualcosa non funzionava per il verso giusto… trovare nuove dinamiche che permettono di sviluppare in modo naturale le proprie potenzialità e creatività in modo da poterle esprimere liberamente. Tali scambi verbali, all’inizio coscienti (fondamentale è sempre la relazione terapeutica), portano a un nuovo grado di consapevolezza, al sollievo del malessere emotivo, al cambiamento dei comportamenti disadattativi, permettono di congiungere armoniosamente le parti di una personalità divisa e disperata, e alla scoperta di atteggiamenti più vantaggiosi ed efficaci per affrontare il proprio mondo esistenziale. Le varie psicoterapie mirano a riconciliare il malato sia con ciò che egli è (realtà interna ed esterna che percepisce), sia a far ritrovare ciò che egli dovrebbe essere in funzione dei suoi bisogni. Questa possibilità di ricorrere contemporaneamente a dei tipi di assistenza complementari (biologici, psicologici e sociologici) permette un approccio terapeutico dei disagi emotivi in tutti i suoi aspetti in cui essi si esprimono. In Italia esistono una infinità di scuole, correnti e forme diverse di psicoterapia e ciascuna - pur avendo concezioni peculiari diverse circa quello che riguarda l’accostamento all’inconscio - può risultare più o meno efficace o, addirittura, risolutiva per quel particolare quadro clinico a cui si è sapientemente adattata. Alcune portano un aiuto pratico ed immediato, altre invece richiedono più tempo perché sono rivolte a “ricostruire” in profondità. 


sse si differenziano per gli obiettivi (scomparsa del sintomo o modificazione profonda delle strutture psicologiche), per le metodiche terapeutiche attivate e per le condizioni di applicazione. E’ bene ricordare comunque che non è mai il paziente ad adattarsi a quella determinata scuola di pensiero, ma è il metodo che deve adattarsi a lui, sempre alla sua personalità. I risultati, poi, sono sempre in funzione del quadro clinico, dell’età e della cronicità del malessere emotivo del soggetto, nonché della personalità dello specialista e del suo orientamento scientifico. La finalità principale di questo metodo di trattamento è quella di influire sui pensieri, sul comportamento sulle emozioni e sugli atteggiamenti attraverso il “verbo” e l’ascolto … eliminare le false strutture della personalità per ri - nascere nuovamente. ATTENZIONE, non è l’atteggiamento che viene eliminato attraverso quella determinata metodica terapeutica, bensì il bisogno di quel atteggiamento … perché il soggetto non avrà più bisogno di compensazioni e stampelle. Ma chi sono queste donne e questi uomini che appartengono al mondo della sofferenza? Essi sono piccoli, grandi, tesi, nervosi, ansiosi, disinvolti, ironici, sottomessi, diffidenti, introversi, sempre sulla difensiva. Si trascinano dietro un’infanzia, un’adolescenza, una gerla completamente piena di storia. Sono individui carichi di abitudini, di modi di pensare, di angosce, di grandi ideali. Ognuno di essi è immenso, unico ed irripetibile. Nessuno, pur appartenendo alla stessa diagnosi, somiglia ad un altro. Molti sono rimasti sempre sul ciglio della loro strada che vorrebbero ritrovare al più presto. Alcuni si avvicinano a questa esperienza perché hanno sentito dire che “fa bene”. Altri chiedono un consiglio di sfuggita … e qui si confonde la schiuma con il resto del mare. 

analisi ortodossa mai dirige e mai dà consigli al paziente (perché sarebbe una cosa del tutto personale e soggettiva, col rischio che il paziente si vincoli ad un modo di pensare non suo: l’analista deve essere “neutro”), ma lo accompagna verso una maturità individuale, lasciando sempre a lui la responsabilità e la capacità di poter scegliere e decidere. Fa emergere una personalità libera e naturale, il soggetto si ritrova come avrebbe dovuto essere se non si fosse perso durante il cammino della vita, se non fosse stato “fuorviato” da un ambiente intollerante e repressivo … evidenzia ciò che resta, che rimaneva sepolto, inutilizzato, confuso, camuffato, ridotto al minimo. L’analisi in profondità, a differenza della consulenza, non è mai un trattamento d’urgenza e non prevede nessuna formula di incoraggiamento: “dai non ti tormentare, fai un piccolo sforzo e tutto andrà bene"… un qualcosa di superficiale, senza nessun valore, patetico e paternalistico. Aiutare, quindi, in piena libertà, a scoprire ed elaborare la dinamica psicologica inconscia del paziente: una ricerca ricca di sensazioni, profonda ed entusiasmante. Una metodica terapeutica rivolta a cambiare, sempre se lo si vuole, il modo in cui una persona sente, pensa, agisce ed entra in relazione con gli altri, in modo tale che possa intuire e perseguire nuove strade esistenziali, conquistare una consapevolezza diversa circa il suo comportamento e acquisire buone capacità di reazione agli eventi. I disagi emotivi, non bisogna dimenticarlo, sono l’espressione simbolica nella vita cosciente - sotto forma di compromessi più o meno riusciti ed efficaci - di conflitti tra le forze di repressione dei desideri e quelle che tendono a farli accedere a livello cosciente… un tentativo dell’organismo di ristabilire l’equilibrio, una soluzione di compromesso, ma sempre un tentativo mancato di adattamento (repressione: operazione psichica che cerca di far sparire dalla coscienza idee o affetti che contrastano con la personalità del soggetto). 


a rimozione rientra nella sfera della repressione, solo che è a livello inconscio. Si rimuove un ricordo spiacevole senza essere cosciente di questa operazione: il ricordo termina allora nell’inconscio … partono così delle “compensazioni” che per tenerle in “piedi” necessitano una quantità considerevole di energia, si attivano così atteggiamenti, comportamenti, stili di vita, schemi mentali per compensare, si agisce come se si fosse continuamente “inseguiti” da un qualcosa di reale: ci si difende senza sosta dall’angoscia, dal senso di inferiorità, dal senso di colpa, dall’aggressività repressa, da una sensazione di essere continuamente fuori posto, di essere in errore. Ma se invece lo si reprime consapevolmente non va a finire nell’inconscio. La concezione energetica e dinamica delle forze che governano la vita psichica induce a supporre che una quantità notevole di energia è utilizzata per mantenere questo equilibrio precario e per sostenere la lotta contro l’angoscia a scapito di una normale salute mentale. La psicoterapia, rinforzando l’Io del soggetto attraverso la relazione con lo psicoterapeuta, si pone come obiettivo principale quello di permettere al materiale rimosso di riaffiorare alla coscienza, in modo tale da liberare l’energia di repressione utile, invece, alla maturazione affettiva. Si cerca di mettere in luce - senza aumentare l’angoscia e le difese psicologiche del soggetto, e in modo da evitare di ricadere negli stessi rapporti fallimentari con gli altri - a scoprire a poco a poco soluzioni intra e inter - personali migliori, più adulte, autonome ed indipendenti. Sia l’intervento biologico (terapia farmacologica) sia il metodo di trattamento psicoterapeutico, pur utilizzando metodiche terapeutiche diverse, hanno un obiettivo in comune: il cervello (chimica, ormoni, neurotrasmettitori). Non esistono quadri clinici uguali e specialisti identici… nessuna persona somiglia ad un’altra. Le persone che si sottopongono a questa metodica terapeutica “trasferiscono” (vedasi meccanismo di difesa “proiezione”) inconsciamente sul terapeuta i propri desideri, bisogni, aspettative e speranze, che spesso sono in relazione a persone importanti del loro passato (per C.G. Jung, invece, questo fenomeno può manifestarsi non soltanto nel rapporto terapeutico, ma in tutte le relazioni umane… ed è vero! Si reagisce in questo modo in ogni circostanza, in ogni rapporto interpersonale intrapreso con superiori, marito, moglie, collega, amici). 


l trattamento si basa essenzialmente su questo fenomeno chiamato transfert: si tratta di una proiezione sulla persona dello psicoterapeuta, nelle condizioni particolari della cura, di sentimenti irrazionali generalmente legati a delle situazioni di conflitti infantili con le figure di riferimento. Il transfert, quindi, è un tipo di rapporto particolare che si sviluppa nel corso della cura, e mediante il quale il paziente rivive sullo psicoterapeuta relazioni e alcune emozioni dell’infanzia (una scarica di manifestazioni ostili oppure molto affettuose). Proietta sullo specialista gli affetti che erano fino ad allora inconsci… ciò che l’analista rappresenta per lui in quel preciso istante. Chi “debutta” in analisi, infatti, fin dall’inizio, attribuisce allo specialista sentimenti e comportamenti che non ha assolutamente: ammirazione, giudizio, irritazione, disprezzo, cattivo umore. Fenomeno in contrasto con il proprio modo di pensare. Il transfert può essere positivo, ed allora abbiamo dei sentimenti d’amore verso il professionista; può essere anche negativo, e far sorgere un odio profondo verso quest’ultimo (con queste caratteristiche - diffidenza, sfiducia, sospetto, rabbia, rancore, odio, timore - a seconda dell’intensità, il trattamento può essere davvero in “salita”). Riattivando il passato, il transfert crea una situazione nuova, attuale, una sfera intermediaria tra la malattia e la vita reale. L’interazione, il rapporto che si sviluppa tra il terapeuta e paziente (alleanza terapeutica) permette ad entrambi di lavorare insieme a questo grande progetto comune: ri-costruire e, quindi, guarire. Perché ciò accada, il paziente deve sentirsi libero, protetto, avere la massima fiducia e sentirsi sufficientemente a proprio agio con il suo terapeuta, mentre quest’ultimo deve mostrarsi autentico, adattabile, obiettivo, sincero, comprensivo, disponibile, partecipe e rispettoso, non recita, non giudica e non ammira: risulta importante quello che dice, ma ancora di più ciò che egli è… rispettare l’individualità in modo assoluto e, soprattutto, non deve “proiettare” i suoi problemi sul paziente (non deve vedere l’analizzato attraverso gli occhi di un suo inconscio particolarmente ingombro e turbato … in questo modo non potrebbe essere scevro da pregiudizi, non vivrebbe il rapporto in maniera neutra e senza giudizi di valore). 


cco perché si discute da tempo che questo trattamento sia riservato a chi abbia avuto una solida ri-costruzione e “preparazione”. Non dobbiamo dimenticare che anche l’analista è uno di questo mondo, è un essere umano con sentimenti ed emozioni e, quindi, non è estraneo ai conflitti interpersonali e immune ai condizionamenti sociali: ha acquisito delle idee in un determinato ambiente, in una data cultura, in un certo clima sociale. Un modo di vedere, di pensare e di agire costruito da altri, spesso con modi tirannici, mortificanti e svirilizzanti che spingono a mettere da parte i propri desideri e passioni. Non c’è nessun essere umano che possa pretendere d’aver seguito da sé la sua strada, anche lui, volenti o nolenti, dalla nascita è stato preso nella gigantesca ragnatela della società. Se il meccanismo “proiettivo” - ovvero non conoscere la parte buia infantile e negativa della propria personalità - è pericoloso nei semplici e comuni rapporti umani, in particolar modo fra genitori e figli, ancor più drammatico lo è tra analista e analizzato perché trascinerebbe quest’ultimo in un vissuto personale deformato, fondato su false convinzioni e su prospettive deviate. L’analista, oltre a “liquidare” la sua aggressività deve, comunque, attraverso la sua profonda preparazione conoscere in tutti i suoi dettagli questo meraviglioso viaggio e la meta luminosa, con tutte le sue fermate intermedie, le insidie, le tempeste, per averle lui stesso già affrontate. Indica la strada al paziente che prima vedeva solo nebbia, insidie, paure, illusioni, deformazioni, angoscia … chiudeva gli occhi davanti alle sue false sicurezze, alla sensazione di essere in colpa, al suo rancore, all’odio e al disprezzo, vivendo sempre ai margini di se stesso e di una esistenza in generale avvelenata e che, paradossalmente, trovava del tutto naturale quel suo vivere penoso.


TTENZIONE a tutti coloro che vogliono rifilare l’autostima in 5 lezioni, un esagerato rendimento in pochi incontri, chi vende illusioni e false promesse di “efficienza” in breve tempo, perché a lungo andare altro non procura che frustrazione, delusione e disperazione … chi soffre non ha bisogno di queste meschinità! ATTENZIONE anche alle cure interminabili, se già nei primi momenti non si sviluppa una buona "alchimia" è meglio rivolgersi altrove.
uando si inizia una psicoterapia bisogna prestare particolare attenzione verso quei professionisti che mostrano "ESAGERATA" sicurezza non solo verso se stessi ma anche verso la cura, hanno una scarsa flessibilità a livello relazionale e usano una terminologia troppo tecnica e incomprensibile … sono indizi davvero importante per capire se si inizia il "trattamento" con il piede giusto.

... non si devono  mai alimentare aspettative eccessive. Coraggio, siamo ormai alle battute finali, ancora qualche “passo”!!!


gni turbamento affettivo - non lo si ripeterà mai abbastanza - è sempre legato a un conflitto relazionale profondo … è una crisi della crescita. Conflitto tra amore e odio, tra sottomissione e rivolta, tra un facile infantilismo e una difficile maturità. Un fenomeno che deforma, arresta e inibisce la creatività della persona malata. Molte barriere, tante complicazioni, infinite deviazioni, giganteschi blocchi hanno sbarrato la strada nel processo evolutivo, ostacolato la marcia interiore, l’autonomia, la realizzazione di se stessi. Una strada ostruita da una rete di sbarramenti che impedisce l’azione libera, spontanea e naturale. Il soggetto non solo cammina senza sapere perché, ma vede il mondo secondo la sua realtà interiore, le sue esperienze personali, in base alla sua personalità inibita, deformata o rigida … vede il mondo esterno nella prospettiva dei propri sentimenti inconsci, a volte normali a volte un po’ meno normali. E’ vero, ogni fanciullo deve adattarsi alla società e al rispetto degli altri, nessuno può farci niente, ma è fondamentale capire che la buona riuscita di questa operazione sociale dipende sempre dal modo con cui viene realizzata. Formare è un atto doveroso e inevitabile nella vita, ma spesso, con certi personaggi “insensibili” e tirannici (proibizioni, rimproveri, minacce, castighi senza senso… strategie inutili e assurde piene di umiliazioni … irragionevoli principi sclerotici), alla guida del percorso educativo, non si ottiene altro che prevaricazione, moralismi, sensi di colpa, disistima, paura e angoscia … ovvero, il germe che avvelenerà l’esistenza di quel soggetto coinvolto in quella battaglia. 


n modo di vivere frustrante e cristallizzato che blocca la mente, comportamento, competenze, lucidità e intelligenza: non si osa imporre la proprio volontà tanto meno esprimere le proprie opinioni… impossibile essere liberi, naturali e spontanei. Qualsiasi individuo, in ogni attimo della sua vita, è la risultante di ciò che è stato da quando è venuto al mondo. Ogni momento che ha vissuto è l’inesorabile prodotto di infiniti altri momenti (consapevoli o inconsapevoli) che l’hanno preceduto e, nel contempo, diventa il punto di partenza di milioni di altri momenti della sua vita (e di quelli che gli camminano a fianco). Si è vincolati dagli atti dei genitori di turno, ai loro genitori e ancora ai loro predecessori: una fantastica concatenazione. L’ombra minacciosa e angosciante delle figure di riferimento - per i più sfortunati - sembra comandare ancora adesso come un tempo, quando si era completamente indifesi. Esse possono donare sicurezza o insicurezza, accettare o rifiutare, formare o deformare, rendere autonomi o sviluppare dipendenza, portare pace o angoscia, stima o disistima, fiducia o sfiducia. Ciò che si faceva a cinque anni, ciò che dicevano quelli dell’ambiente in cui si viveva, rimane impresso (custodito) nelle cellule nervose, per il proprio bene e per il proprio male … produce degli effetti coscienti invisibili sotto forma di sensazioni e malessere diffuso. Il disagio emotivo, pertanto, non si sviluppa all’improvviso, germoglia lentamente nell’intimo della personalità … a volte si rimane aggrappati a questo passato, invischiati al clima di quel periodo, si resta disorientati e un po’ infantili. Un progetto sociale rivolto a modellare un individuo secondo certe norme, determinate regole educative e culturali dominanti. Un vivere comunque “sottomesso”, come se si dovesse sempre rendere conto ad altri, in alcuni casi pieno di giustificazioni, altre volte concentrati a fare sempre bella figura, un volersi mostrare perfetti e senza errori, mai in funzione dei propri desideri, ma sempre secondo le opinioni altrui: è proibito esprimere le proprie esigenze, manifestare le proprie opinioni. 


anca davvero “qualcosa” … il soggetto interagisce mettendo in bella mostra una falsa e rigida padronanza di sé, con un costante e avvilente senso di impaccio. Poter scegliere e decidere diventa un’illusione, si ha la sensazione di essere braccati da qualcosa, isolati, incompleti, colpevoli, impotenti, confusi e controllati; di vivere continuamente in uno stato di inferiorità, in un mondo ostile popolato da strani e bizzarri giganti. Si mette in atto una “commedia” già scritta da altri … un vissuto antico che si ripete nel tempo presente, un passato che ritorna, che vorrebbe esprimersi, ma che trova ostacoli alla sua realizzazione (censura); si scontra con una realtà esterna (morale) nettamente in contrasto con i desideri e i sentimenti rimossi, confinati nell’inconscio (vedasi meccanismi di difesa). Una scelta involontaria delle circostanze della propria vita, un vissuto “falso”, non cercato, desiderato o voluto, semplicemente subito, che si è formato durante l’infanzia e l’adolescenza, in cui il soggetto continua a vivere senza nessuna consapevolezza: sa di soffrire, ma il più delle volte ignora quello che avviene dentro di lui. Un passato che non riesce proprio a dimenticarsi di lui: sempre presente con le sue circostanze, le sue speranze, le sue disperazioni, le sue felicità e infelicità. Impulsi di odio, rancore e paura verso tutti coloro che lo hanno oppresso, tiranneggiato, umiliato, spersonalizzato, che gli hanno creato una profonda disistima e paralizzato la sua vera spontaneità. Ciò che conta in una persona che soffre - anche se connesso con il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza - è sempre il disagio attuale, i sintomi manifestati in tempo reale, il modo in cui reagisce in quel momento preciso della sua vita e l’attuale disadattamento sociale.


i osserva rigidità di atteggiamenti, un vivere rattrappito, una condizione psichica carente o assente - descritta già molte volte in questo lavoro - che produce infinite difficoltà e distorsioni a livello relazionale, che non solo crea insicurezza e disistima, ma proprio per la sua povertà di contenuto, di gestione e di scarso controllo emotivo, necessita di un continuo supporto e sostegno da parte di altri… rende infelici se stessi e chi è a fianco. Ogni persona che “debutta” in questa esperienza terapeutica rivive direttamente certi stati emotivi invalidanti che nel tempo lo hanno forgiato: teme giudizi, rimproveri, attribuisce al compagno di viaggio (analista) strani comportamenti e sentimenti che non ha, mette in atto quella vecchia relazione oggettuale inconscia chiamata transfert (trasferire sull’altro i suoi sentimenti e viverli come un fenomeno reale… spostare il proprio stato d’animo sull’altro, attribuendogli dei sentimenti che non esistono). Il transfert può essere positivo quando si è felici (trasferire sentimenti amichevoli, affettuosi, fiduciosi, entusiasti) oppure negativo quando si è infelici (sentimenti di odio, ostili, aggressivi, diffidenza, sottomissione, timidezza). Non esiste relazione terapeutica senza transfert, come è impossibile, in ogni relazione umana, non mettere in atto questo meccanismo psicologico: trasferire simpatie o antipatie, tenerezza o avversione sui vari interlocutori. Non va dimenticato che l’orecchio dell’analista è sempre neutro, comprensivo, umano, cordiale, obiettivo e imparziale, non esprime MAI e poi MAI giudizi di valore. Egli ascolta con simpatia e con sincera disponibilità per aiutare chi sta sempre di fronte a lui, non comanda niente, non dirige e, soprattutto, non dà consiglio alcuno. Se il quadro clinico del paziente è complicato o l’analista impreparato (caratteristiche psicologiche personali irrisolte), le angosce e i sentimenti di colpa faranno la loro comparsa rapidamente in maniera incontrollabile, con il pericolo che il soggetto possa interrompere il trattamento prematuramente, abbandonare il campo di battaglia in anticipo (forzare il trattamento o la troppa rapidità di manovra fa chiudere la porta di accesso al mondo inconscio: blocca e compromette l’analisi). Senza i corretti passaggi e i giusti dosaggi di intervento, il soggetto spogliato dalle sue difese e non ancora rinforzato, non sarebbe in grado di tollerare consciamente il materiale represso e, quindi, scapperebbe a gambe levate … e come dice quella famosa parabola: “A voler arrivare troppo in fretta, si rischia di non arrivare mai"! 


iù l’ingresso della “prigione” si apre e più, paradossalmente, se non si rispettano i tempi soggettivi di consapevolezza, ci si afferra alle sbarre con tutte forze disponibili. Un’esperienza “a due” durante la quale entrambi i personaggi si impegnano a fondo per conseguire i migliori risultati: una grande collaborazione per raggiungere libertà e autonomia, rimettere in discussione tutto uno stile di vita che fa soffrire. Alcuni soggetti appartenenti a certi quadri clinici non si avvicinerebbero mai a questo trattamento psicologico: il narcisista, infatti, non ammetterebbe mai di avere problemi o fallimenti personali, mentre tutti coloro che non si fidano, che sperimentano disagio o terrore in una qualsiasi relazione umana (paranoie, schizoide, schizotipico, borderline), proprio perché tale esperienza è basata sulla fiducia, non sopporterebbero questo rapporto a due. Un rapporto, un legame umano che si consolida attraverso la parola, ed è proprio attraverso il “verbo” che ci si conosce, fino a raggiungere la vera consapevolezza (maturità). Una persona intraprende questa esperienza per esaminare, ricercare e correggere - se lo desidera - la sua vita profonda. Se si intraprende questa esperienza umana, si è completamente liberi di parlare, di dire tutto quello che passa per la mente, di tacere, di essere ironici e di esprimere l’ostilità, di essere aggressivi. E’ possibile eliminare quella “facciata” ingombrante, cambiare per ritornare ad essere se stessi, senza maschere e finzioni, ristabilire relazioni armoniose prima all’interno di se stessi poi con il mondo intero. Il paziente scopre dentro di sé risorse e spazi che non pensava di possedere e che non aveva mai intravisto … finalmente si rende conto che il giudizio di valore non ha alcun senso. E’ proprio in questo frangente che il paziente sviluppa e acuisce una profonda sensibilità: sente se è amato, accettato e non giudicato. Rivive sull’analista (proietta) le esperienze vissute con le figure di riferimento: amore, odio, violenze, aggressività, punizioni, sottomissione, rimproveri, giudizi, ricompense, ammirazione. 


mozioni che erano state accuratamente sepolte - rimosse perché legate a sentimenti penosi - nel corso della propria evoluzione, cose che sembravano del tutto archiviate o completamente dimenticate per non soffrire. Così l’analizzato, in questo ambiente protetto, attribuisce al “compagno di viaggio” delle intenzioni (affetti o aggressività), concentra su di lui tutta la sua affettività in maniera meno rischiosa e controllata rispetto a quello che avviene fuori, nei suoi comportamenti quotidiani. Vivrà l’analista - secondo il suo atteggiamento interiore - alcune volte in maniera amichevole, gentile, affabile (si sente accettato e amato) oppure altre volte gli sembrerà ostile, con fare severo, di cattivo umore (si sente respinto e non amato). Anche una educazione “esagerata”, un rifugiarsi nella gentilezza e nella sottomissione (difesa), troppa cordialità da parte del soggetto nei confronti dell’analista (o nei rapporti quotidiani) può segnalare una forte ostilità, una grande aggressività o una profonda angoscia (più cortesia meno aggressività, un modo per essere amato, ammirato e accettato, non criticato o considerato male… non dare spunto per essere oggetto di biasimo). Un’altra resistenza classica è dimenticare o esitare di pagare l’onorario (di non trovare i soldi nella borsetta o portafoglio). Oltre ad esprimere la propria aggressività verso l’analista, segnala anche la squalifica dello stesso o della seduta: un incontro, a suo dire, poco proficuo, per niente utile a livello terapeutico, pieno di paura e confusione. Il disagio emotivo - nonostante sia una sofferenza spesso insopportabile - è anche una protezione, una stampella con cui non si riesce a farne a meno… tutto sommato, comunque, con tale “protesi” bene o male, anche se con con fatica, claudicando un po’ di qua e un po’ di là, si continua a camminare, un vivacchiare bene o male … spesso, però, più male che bene. Tutto questo, ricordiamolo ancora, è frutto di una reazione di opposizione, una strategia comportamentale - quasi mai riuscita - per gestire e preservare il proprio benessere … per proteggersi contro delle circostanze ritenute pericolose.



orazze e difese che il soggetto si è costruito nel tempo credendole vere, scambiandole per un processo naturale e reale (ma inconsapevolmente recitava, interpretava una parte per sopravvivere), proteggendolo però da continue “minacce”: paura, angoscia, disistima. Man mano che procede l’analisi il soggetto, con stupore, si renderà conto di vivere sempre e soltanto sull’apparenza di se stesso. Per anni e anni ha vissuto e reagito con “difese” inappropriate e “false sicurezze” che, pur essendo patologiche, in qualche modo lo hanno protetto, rimanendo sempre per lui le uniche e più vantaggiose strategie possibili di sopravvivenza … l’unico rifugio e salvezza possibile per sfuggire all’angoscia. Una sicurezza “falsa”, un “falso” modo di vedere le cose che ha indebolito la personalità, ma è stata essenziale per sopravvive e proteggersi contro sentimenti penosi, contro un sociale castrante e invadente (l’equilibrio emotivo può essere raggiunto sia attraverso la salute sia attraverso la malattia). Ci si rende conto che ciò che fu vero da sempre, non lo è più … ma anche che la verità di oggi è la menzogna di domani. Tale contenuto emotivo inconscio, comunque, non può raggiungere velocemente la coscienza perché sarebbe una “minaccia”, come ammettere le proprie debolezze, paure, vergogne e tante insicurezze, di essere giudicati male, oggetto di biasimo e scherno. Se si cerca togliere rapidamente queste difese, le proprie maschere, non solo si scatena un permanente stato di allerta e una crisi aggressiva, ma il soggetto, non sufficientemente “armato”, sarà letteralmente terrorizzato perché teme di non riuscire a sopportare l’angoscia, di essere solo, abbandonato, non amato, respinto, criticato … l’angoscia farebbe sorgere una forte resistenza e un potente blocco all’analisi.

opposizioni, ritorsioni, resistenze e reazioni negative alla terapia da parte del paziente sono segnalate attraverso l’annullamento delle sedute o dimenticare di saldare la parcella. 

durante l’esperienza psicoterapica è facile che il terapeuta sia aggredito da chi non si sente amato o, peggio ancora, non si ama, perché trasforma la debolezza, la vulnerabilità e la frustrazione in aggressività. 

la consapevolezza è già terapia!!!

 a psicoterapia è un modo di vivere e vedere le cose con occhi "curiosi", può essere utile per far girare lo sguardo su percorsi diversi, osservare altri panorami, senza pettegolezzi, consigli e giudizi di valore.

a vedere cose che si credevano immutabili ... è un girarsi, senza dolori, verso ciò che attrae realmente: la vera passione. Esplorare territori inaspettati e spesso considerati, a torto, complicati ed irraggiungibili … ricordiamo sempre, che la felicità arriva spesso da percorsi inaspettati, per strade imprevedibili. 

…  fare psicoterapia significa prendersi cura di se stessi!!!

allontanarsi, se lo si vuole, da una mentalità che condiziona, ingabbia, imprigiona!!!


ontro – transfert … nel rapporto fra l’analista ed il suo paziente si stabilisce, inevitabilmente, un movimento psico affettivo intorno al quale si muove la comunicazione verbale tra i due soggetti in questione. Il terapeuta non è mai, malgrado il suo desiderio, lo specchio fedele che vorrebbe essere. I suoi atteggiamenti, come reazione a quelli del paziente (il contro – transfert), possono, se egli non li controlla, e se non ne prende coscienza, essere un serio ostacolo alla guarigione del paziente, perché in questo modo potrebbe essere bloccata la dinamica della situazione analitica.



RANSFERT. Termine per definite il “legame affettivo” che si stabilisce fra il paziente e lo psicoterapeuta., secondo leggi di una dinamica inconscia. Questo o quel momento nel contratto suggellato dalla situazione analitica stessa, alla insaputa del paziente, si rivelerebbe in reazioni di attaccamento e di rifiuto su temi di amore e di odio (transfert positivo e transfer negativo), lo psicoanalista dovrebbe mantenere il controllo di questi transfert, strumento catalizzatore e nello stesso tempo rivelatore di ricordi dimenticati o rimossi. La presa di coscienza degli atteggiamenti amichevoli o ostili, stabiliti nella sua infanzia e proiettati nella situazione psico – analitica, permette di capire il suo comportamento e di adattarlo in funzione degli elementi attuali; il transfert può dunque essere definito come una relazione intersoggettiva “sperimentalecontrollata dallo psicoterapeuta, ed un mezzo fondamentale per la guarigione del paziente.

Perché è fondamentale l’EQUILIBRIO PSICOSOMATICO




motivi sono davvero tanti. Il corpo e la mente - come più volte evidenziato - sono strettamente interconnessi: la salute dell’uno influenza quella dell’altra. Gli stati emotivi, infatti, come la solitudine e il dolore influiscono sul sistema immunitario, rendendo la persona più vulnerabile alla malattia: si verificano percorsi chimici che legano l’attività cerebrale ai processi fisiologici dell’organismo. Un esempio concreto è che il cortisolo e l’adrenalina - ormoni dello stress - inibiscono la produzione di anticorpi e quindi riducono le difese dell’organismo. Si sa da tempo, inoltre, che i globuli bianchi (che combattono i virus) si bloccano temporaneamente nei soggetti colpiti da un lutto. Le emozioni scatenano delle ondate di “messaggi chimici” - i famosi neuropeptidi - che raggiungono tutte le parti del corpo, inducendo dei cambiamenti fisici che disturbano o favoriscono l’omeostasi (processo con cui il corpo mantiene l’equilibrio interno): possono impedire i diversi sistemi dell’organismo di comunicare fra loro. A livello emotivo, lo stress può determinare ansia, irritabilità e tratti depressivi, ma non ha solo effetti psicologici, sul piano strutturale causa tensioni muscolari, congestiona la circolazione, altera la respirazione e alza la pressione, mentre sul piano biochimico può avere effetti devastanti sulle molecole messaggere nel flusso sanguigno, altera le funzioni dell’intestino, della circolazione e della pelle e, non meno importante, indebolisce i processi di riparazione dell’organismo. 


erti schemi mentali e modi di pensare (desideri, azioni, emozioni) possono causare o facilitare una serie di disturbi, come la sindrome dell’intestino irritabile, gli eczemi e le infezioni virali. In mancanza di omeostasi, dopo un lungo periodo di tensioni a livello biochimico, strutturale e psicosociale, si creano condizioni favorevoli per l’insorgere di disturbi infiammatori cronici, disturbi cardiaci e persino tumori. Ogni disagio emotivo, pertanto, oltre a portare con sé una profonda sofferenza soggettiva e una caduta del rendimento individuale, compromette - in maniera più o meno grave - i rapporti sociali e favorisce un rapido deterioramento fisico. Anche il malessere più leggero, con il suo linguaggio misterioso e ricco di significato, può alterare i rapporti - con se stessi e gli altri - influenzare l’andamento della salute e la vita quotidiana in maniera continuativa: paure, rinunce e limitazioni nelle scelte di vita si riscontrano facilmente … sono sempre all’ordine del giorno. In realtà, un errato modo di affrontare la vita può trasformarsi senza dubbio, proprio per le ragioni più volte esposte (le famose problematiche emotive rimaste insolute), in un persistente malessere, in una profonda sofferenza e in un qualche incomprensibile disturbo. Si pensi, ad esempio, le piccole deviazioni della condotta sessuale, le devastanti preoccupazioni, l’invalidante timidezza, i repentini cambiamenti dell’umore, le incontrollabili condotte evitanti e dipendenti. Tutte queste condizioni, oltre a distruggere fantasia e creatività, producono una notevole “stanchezza” e interferiscono con lo svolgimento delle varie attività quotidiane: una vita che in fondo in fondo non scorre più in modo lineare e del tutto tranquilla (anche l’interessato ne è consapevole seppur in maniera confusa). 


gni sintomo morboso è collegato ad una sofferenza, ad una esperienza spiacevole e può “svanire” se si scopre la giusta correlazione. I continui disagi emotivi, infatti, possono logorare i rapporti con i familiari e amici, che spesso abbandonano il campo perché si stancano di dare ascolto ad una litania di lamentele. Questi soggetti, per ironia della sorte, rischiano di restare isolati proprio quando avrebbero maggior bisogno di comprensione, di aiuto e di sostegno diretto. Considerare, pertanto, l’individuo solo dal punto di vista fisico è insufficiente. Quando una patologia ne provoca un’altra, ma ciascuna viene trattata solo per sé, resta ignorato un aspetto di base fondamentale: tutte queste malattie che si esprimono in maniera diversa potrebbero avere un legame, una causa in comune. Quanto più è radicato questo atteggiamento, cioè quanto più a lungo si dà la caccia alla singola malattia, tanto più scarse sono le probabilità di un successo globale. Ogni malato è stato “educato” a concentrarsi intensamente sui propri mali. Osserva se stesso, cerca tutte le possibili cause, anche quelle più remote. Spesso i suoi sforzi sono vani, in quanto egli indaga soltanto sull’aspetto corporeo e si aspetta, quindi, una solerte risposta da esso. Ma come andrebbero le cose se in questo scrupoloso “esame” egli cambiasse direzione, osservasse le sue condizioni sotto un aspetto del tutto diverso? Che piega prenderebbe tale fenomeno se egli cambiasse atteggiamento, cominciasse a sottoporre il proprio stato emotivo ad un esame più attento e critico? L’accesso psicologico alla malattia non è mai impossibile. Egli deve soltanto cominciare ad includere nelle sue riflessioni il suo personale atteggiamento, la sua interiorità e i propri bisogni più profondi … avere una visione più ampia, allargare lo sguardo e vivere in maniera più consapevole, libera e spontanea (non mi si dica per favore: “fosse facile” … ovviamente ogni cosa richiede allenamento). Bisogna pertanto porsi la seguente domanda: questo mio modo di vivere è l’unico possibile? Oppure è possibile assumere un atteggiamento diverso, più produttivo e meno dispersivo, più soddisfacente e gratificante, migliore e più vantaggioso verso la vita?


a vita quotidiana riserva ad ogni persona disagi, preoccupazioni, conflitti, offese. Le aspettative non si realizzano. Si deve ricominciare, subire. Nessun individuo può essere sempre a posto, felice, sempre soddisfatto, sempre gioviale, sempre contento. Il soggetto che sottopone la propria condizione emotiva al setaccio, ad un esame critico significa che non vuol lasciare il proprio “benessere” in mano ad altri, ma vuole personalmente occuparsi della propria salute e della propria felicità in modo del tutto naturale, spontaneo, consapevole ed autonomo. Una persona che si occupa direttamente dei propri bisogni in maniera globale, tenendo presente sempre l’interazione fra corpo e mente in ogni sua sfumatura., ha deciso non solo di prendersi in mano la propria vita con grande spirito di onestà verso se stessa, ma vuol fare qualcosa di concreto e decisivo per ridurre i vari disagi e migliorare l’esistenza consapevolmente. Egli si trova di fronte al compito di trarre un bilancio. Se si vive principalmente in un latente stato di infelicità, di insoddisfazione, di irritabilità, di sfiducia, allora sussiste il fondato sospetto che ogni disturbo si trovi direttamente in rapporto con questa condizione psichica (conflitti irrisolti) … un fenomeno che se si è attenti nell’ascolto può raccontare molte cose di cui l’individuo non è a conoscenza, portare un prezioso equilibrio in sintonia con la propria natura e capire se si sta agendo secondo i propri desideri o aspettative. In breve, incanalarsi sulla giusta via del “benessere”, seguire le proprie passioni, cercare di realizzare un progetto di vita gratificante e soddisfacente … diceva Socrate: “Una vita non analizzata non è degna di essere vissuta”.

segnali interni del corpo spontanei e autentici che ci accompagnano in ogni istante della giornata sono: sensazioni, emozioni, intuizioni … sono messaggi continui che possono far sbocciare le nostre vere potenzialità, percorsi davvero inaspettati, ma anche esprimere i disagi più profondi, segnalano quei modi di fare, tutta quella zavorra, comprese le deludenti aspettative, che riempiono la vita di sforzi inutili … voler essere sempre sotto i riflettori, sempre pronti ad ottenere l’approvazione, il bisogno di dimostrare di essere ciò che non si è realmente, accettare sempre tutto, indaffarati continuamente di aggiustare ogni cosa considerata fuori luogo, orientati a far piacere e buona impressione a scapito di quello che veramente si desidera, vivere per gli altri, il bisogno continuo di farsi in quattro per essere accettati, sono tutte situazioni che non permettono in nessun modo di realizzare se stessi: allontanano dalla vera felicità.

la consapevolezza è sempre terapia!!!


Alla   FINE del   VIAGGIO 


ccoci dunque arrivati in fondo a questo breve viaggio. Ogni viaggio è sempre unico come lo è ogni essere umano. In ogni percorso di vita non ci sono mai soluzioni facili, scontate e rapide. La cosa fondamentale è avere la consapevolezza che certi legami emotivi profondi possono determinare squilibri energetici pronti ad ostacolare l'armonia e la buona salute di ogni individuo. La malattia non è mai banale o casuale ma è in rapporto diretto con la propria "psiche". Aiutare, quindi, ad ispezionare tutti quegli "androni bui" della mente e quei tetri "vicoli ciechi" esistenziali, permette di conoscere fino in fondo il proprio malessere emotivo, in modo tale da evitare di girare a vuoto o di perdersi inutilmente ... un dialogo che permette di comprendere i vari disagi che generano tensione, contrazione e lesione. Una esposizione che orienta a guardare in ogni angolo della propria esistenza, per custodire al meglio la cosa più preziosa e naturale che ogni essere umano possiede: la vita. Negli ultimi tempi è diventato sempre più ovvio che la separazione tradizionale tra malattia "organica" e "funzionale" non ha alcun senso: per molti orientamenti scientifici questa divisione non ha proprio motivo di esistere. Ci si rende conto sempre più che le malattie si manifestano spesso su uno sfondo caratterizzato da molti fattori eziologici, tra cui quelli psicologici e sociali. Il paziente, pertanto, non è più semplicemente il portatore di un "organo" ammalato, ma lo si considera - come più volte evidenziato in questa breve esposizione - nella sua interezza e lo si cura (si DEVE) di conseguenza. Ne consegue che la comprensione psicosomatica, il desiderio di "entrare" nei conflitti emotivi intimi del paziente, dovrebbero far parte delle risorse dello specialista quanto qualsiasi altra metodica terapeutica convenzionale. Conflitti interiori, disagi emotivi e fattori psicoenergetici influenzano sempre il decorso, la durata e la natura della malattia organica ... e in qualche modo, a seconda dell'approccio scientifico, possono intensificare la resistenza alla terapia stessa. 


uesta "breve" esposizione, pertanto, senza sconfinare nella saccenteria, non ha solo l'intento di orientare e richiamare l'attenzione su certi vissuti esistenziali "avvizziti" da tempo, comprendere a livello cosciente i bisogni inascoltati, spesso considerati scabrosi e poco armonici, di far conoscere il termine "malattia" sotto un'ottica diversa rispetto alla concezione tradizionale (che, in nessun caso, deve essere considerata in netta opposizione), ma soprattutto condividere, verificare, dialogare e riflettere con molte persone curiose, sull'interazione corpo – mente ... preservare in questo modo il proprio bene più grande: la salute. Per comprendere cosa c'è dietro ogni malattia, il suo processo di prevenzione e il meccanismo di guarigione. Non insegna, quindi, a prendere "scorciatoie", ma ampliare ed approfondire le proprie conoscenze assopite, a stimolare nuove idee e a riflettere sulla propria esistenza offuscata ... imparare qualcosa di semplice e di diverso dal solito. Il mio più vivo desiderio, comunque, è quello di stimolare ad essere più attenti alle "grida" del corpo, far crescere l'interesse, la curiosità, la fiducia in se stessi e nella vita. Essere - seppur neofita - un regista attento, non una comparsa rassegnata e avvilita, nel prendere in mano e gestire il proprio ben - essere. In questo ambito, il fenomeno patologico viene interpretato non come una disgrazia divina o una pura fatalità, bensì come una strategia, un programma psicosomatico di auto - sopravvivenza attivato dall'organismo stesso: uno strumento per progredire nella propria evoluzione ... proprio come diceva Ippocrate. Le patologie, gli eventi e le situazioni esistenziali non vengono per ostacolare o sbarrare il libero fluire della vita ma, semplicemente, per liberare e indicare la strada giusta; segnalare che qualcosa nella vita non va per il verso giusto, per comprendere i vari malesseri e, quindi, guarire le piaghe dell'anima.


a malattia, infatti, secondo questa visione, contiene nello stesso tempo in sé il seme del benessere e della guarigione. Restare padroni del proprio destino perché ciò che si fa e si farà di se stessi è sempre determinante per gli anni a venire ... ovvero si diventa artefici della propria "fortuna". Ogni descrizione esposta, significato espresso e qualsiasi interpretazione elencata, inoltre, deve sempre essere intesa come guida alla conoscenza interiore, mai come verità assoluta. Orienta la persona alla ricerca, segnala una direzione a volte più vantaggiosa e, soprattutto, stimola idee nuove ... una ipotesi diversa da quello che le accade. Non può in nessun caso essere interpretato come fenomeno automatico e generalizzabile (espressione uguale per tutti), una gabbia concettuale rigida o un'affermazione assoluta. Il vero obiettivo, quindi, é facilitare la lettura dei segnali - unici ed irripetibili, perché l'esperienza e i vissuti sono sempre soggettivi ed originali - del proprio mal - essere personale in maniera più naturale, semplice e sereno possibile. 


n modo diverso di esplorare il corpo e i vari organi, una visione sicuramente più rispettosa e umana che va alla ricerca dell'armonia nascosta dentro ogni essere umano ... un'apertura ad una dimensione globale di ogni essere umano che tenga conto sia dell'aspetto corporeo sia dei pensieri e delle emozioni. Un malato, quindi, considerato nella sua interezza, in barba alla concezione cartesiana e alla visione meccanicistica - deterministica newtoniana. Un fenomeno con un "volto" più umano, visto nella sua totalità: corredato di anima, emozioni, mente e corpo. Uno studio rispettoso dell'individuo (calato inesorabilmente in un mondo in continua evoluzione, sociale, culturale ed educativo unico ed irripetibile) con una sua storia personale, affettiva e relazionale in cui ogni attimo della sua esistenza attuale altro non è che il risultato di tutte le sue esperienze passate. Un modo armonioso per vincere le varie difficoltà che affliggono quotidianamente ogni essere umano, attenuando, se non addirittura eliminando le cause, per cui subisce traumi ... semplicemente perché non ci vede più chiaro nella sua vita. La vita è un labirinto in cui, molto spesso, se non si è muniti di un "sestante", si inizia un percorso sbagliato prima ancora di saper "camminare"!


i auguro, inoltre, che questa breve esposizione - mediante una "chiara", seppur per molti versi farraginosa, descrizione dei fenomeni che concorrono ad ostacolare lo sviluppo umano - possa contribuire ad aiutare gli individui a giungere alla liberazione di se stessi senza perdersi mai nel regno dell'irrealtà. In breve, recuperare - sempre in armonia con le specifiche potenzialità individuali - autonomia, libertà, valori, abilità, talento, fiducia e rispetto di se stessi … avere sempre pensieri propri e poterli esprimere … esseri maturi e completi: il vero scopo dell’esistenza. Non dimentichiamolo MAI ogni persona è davvero unica e straordinaria!!!

ICORDA, cerca di essere un po’ più “egoista”, prendi tutto ciò che puoi dalla tua vita, senza naturalmente essere lesivo verso altri … cerca di essere naturale, spontaneo e senza maschera, evita di vivere in funzione di qualcosa o di qualcuno perché primo o poi paghi ‘dazio’, PRENDI fin che puoi, divertiti, mangia cibi “buoni”, gustati se lo desideri in compagnia o da solo, a cena o in un momento di relax, un buon bicchiere di vino o qualunque cosa che ti piaccia veramente … cerca di essere orgoglioso del tuo corpo, riconosci il suo valore gratificandolo con calorosi contatti, piacevoli sapori, gradevoli suoni, eccitanti visioni e intensi profumi … non smettere mai di “studiare”, INFORMATI continuamente, SAPPILO, noi impariamo anche dalle persone antipatiche ed odiose, prendi da loro quello che ti fa star bene e ricambiale con la tua naturalezza e spontaneità senza esprimere giudizi di valore verso te stesso o verso di loro … goditi le cose intorno, gustale lentamente attraverso i tuoi sensi.


ON TEMERE, sono le sensazioni che ti mettono sulla strada giusta, ti permettono di scegliere, di sentirti bene e in solida salute: di vivere più a lungo … non lasciarti sfuggire niente,INVESTIsulla tua felicità personale, sulla salute, sul lavoro e, perché no, anche su una buona situazione finanziaria che meglio si confà col tuo stile di vita … partecipa attivamente al tuo benessere, NON lasciare la gestione della tua vita in mano alla ‘fortuna’ o alle ‘stelle’, NON avere paura, affronta anche le cose difficili, non temere le sfide complesse e sottili, perché nel tuo arsenale fisiologico hai parecchie armi potenti e complesse in grado di rispondere con saggezza al nemico, alla fine, altro non scoprirai che possiedi buoni contenuti mentali e, con stupore, una grande intelligenza e una fervida immaginazione (l’insicuro impiegherà un po’ di più di tempo a conoscere queste sue preziose e latenti qualità, ma con un costante allenamento raggiungerà il traguardo) … non lasciare MAI il compito di ‘aggiustare’ la tua esistenza ad altri …la posta in gioco è davvero alta: la tua felicità! RICORDA, con un discreto divertimento, una giusta attenzione e una buona concentrazione non solo puoi raggiunge la massima efficienza, ma è anche possibile far pendere la bilancia verso di te, con le mosse giuste, CREDIMI, NON è difficile influenzare le avversità a tuo vantaggio.

la consapevolezza è già un inizio di TERAPIA!!!


.B. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo breve "Vademecum" non devono essere utilizzate per fare diagnosi o curare problemi di natura psicosomatica. NON sostituiscono il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica aggiornata. Questo lavoro, pertanto, ha valore SOLO educativo, non prescrittivo ... portare CHI, alle prese con un fastidioso disturbo, DESIDERA assumere un ruolo diverso, orientarsi realisticamente e cambiare modo di pensare nei confronti del malessere emotivo. Nessuno è responsabile delle proprie malattie ma essere consapevoli che una certa realtà psichica può favorire il loro insorgere è davvero un aiuto prezioso per un cambiamento di rotta verso la propria salute. Aiutare comunque il lettore non solo a comprendere meglio se stesso, ma a capire anche quando è il caso di cercare aiuto per sé o, magari, per le persone del proprio ambiente circostante e, non meno importante, essere in grado di valutare se si stanno ricevendo le giuste “attenzioni” o le cure più appropriate. 


no strumento prezioso per conoscere e affrontare globalmente disagi e malattie attraverso un'ottica completamente nuova. Tenendo ben presente che questo lavoro si propone ESCLUSIVAMENTE di informare e, per certi versi, “rassicurare” (una semplice guida) e non potrà MAI sostituire l’approccio terapeutico diretto vero e proprio con un professionista specifico. Bisogna ricordare che il rapporto terapeutico aperto e sincero, oltre ad essere già diagnosi e cura, è in ogni caso parte integrante di tale processo (vedasi sezione "transfert"): risulta INDISPENSABILE nella risoluzione del malessere emotivo e fisico. Un ambiente - quello psicoterapeutico - “contenuto”, che ricrea e rispecchia il modo di fare, di interagire di ogni individuo con se stesso e gli altri (atteggiamenti, comportamenti) … il ruolo che l'individuo riveste nella sua “comunità”, OVVERO il suo vivere bene o male, felice o infelice, aperto o chiuso, fiducioso o sospettoso, disponibile o affaccendato, speranzoso o scoraggiato … tutte cose ripetute, vissute e proiettate sulla figura del terapeuta (si veda transfert).


ICORDA, ognuno di noi è unico, originale e speciale, non dimenticarlo MAI! ... ricordarlo e dirlo spesso, non significa sconfinare nel narcisismo, ma tale consapevolezza, nel tempo, risulta davvero fondamentale per tutta l’impalcatura psicosomatica.




Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
 E mail: bonipozzi@libero.it

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.

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