martedì 27 luglio 2021

Le chiese che curano

Le  Chiese  che curano …  brevi frammenti di un caso clinico 'particolare'

Introduzione


onostante il termine depressione venga sempre più spesso usato nel linguaggio comune per ridicolizzare alcune “debolezze”, raccontare momenti imbarazzanti, mettere in risalto situazione buffe, esagerare su alcuni comportamenti umani stravaganti, sembra mantenga, comunque, nel tempo, il suo significato drammatico, inquietante e minaccioso. Il tentativo di annullare, negare, esorcizzare o semplicemente allontanare dalla mente tale disagio, attraverso rappresentazioni e caricature umoristiche, pare non abbia alcun effetto benefico; pur essendo, il più delle volte, un messaggio ironico, tale da conferire una certa connotazione di ridicolo, non raggiunge mai un tono distensivo e rassicurante; nemmeno con una punta di sarcasmo genuino, si riesce ad “oscurare”, raggirare questo tema angosciante; impossibile portare alcun abbellimento alla sua forma e ai suoi tratti antipatici; nessuna modifica benevola al suo carattere tragico e misterioso … qualsiasi “addobbo” rimane scarno ed inutile!!! La sua atmosfera conturbante viene percepita in tutta la sua drammaticità non solo da chi, in prima linea, si occupa dei disagi emotivi, ma anche da chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze ... nel suo suo raggio d'azione. Anche all'individuo più insensibile e distratto, non può sfuggire quel suo atteggiamento assente ed indolente, quel drammatico sguardo spento, smarrito e di totale indifferenza che sfocia lentamente in prostrazione e disinteresse per se stesso e gli altri freddezza che non perdona, raggela anche a distanza considerevole! Si ha a che fare con una condizione psicofisica scadente, per nulla vitale, che allarma e si fa sentire con forza anche nei giorni migliori, crea imbarazzo, tristezza, disagio ed inquietudine … collera, senso di colpa e vergogna invadono ogni cosa, sono sempre di casa


vvicinarsi a questa sofferenza, infatti, significa molto spesso sperimentare sentimenti di delusione, frustrazione ed impotenza. Tale stato emotivo è dovuto principalmente alla recrudescenza improvvisa e violenta dei tratti depressivi e, soprattutto, alla difficoltà di “smuovere” il soggetto dalle sue posizioni, convinzioni, blocchi mentali e secchi dinieghi: il suo non fare e i suoi continui rifiuti sono davvero proverbiali. Lo scopo principale, comunque, di questo lavoro non è quello di riproporre una nuova versione o definizione di questo complesso ed oscuro malessere psicofisico - altri lo hanno già fatto in modo esauriente e brillante - ma solamente narrare una “storia” umana senza mai cadere nel banale o sconfinare nel territorio del grottesco ... né nascondersi dietro inopportuni toni moralistici. Un racconto per certi versi piuttosto “comune” ma, nel contempo, originale, intenso, coinvolgente ed appassionante: un'esperienza di vita personale meravigliosa, illuminante e con un finale davvero sorprendente. Un caso clinico in cui il desiderio, il muoversi, la ricerca e nuovi interessi hanno scardinato completamente apatia, pigrizia ed immobilismo; un modo di agire che ha assunto, in ambito terapeutico, un ruolo dominante e di sprone per gestire il tormento esistenziale, uscire dalle sabbie mobili emotive, dal tunnel della sofferenza e dal tradimento affettivo. 

a vicenda ebbe origine da una esperienza vissuta direttamente dal personaggio principale di nome Olao ... una commedia sperimentata sul lettino dello psicoanalista direbbe ancora una volta il personaggio surreale di Woody Allen! Olao raccontò, durante il nostro consueto incontro settimanale, di aver sperimentato all'interno di un grande edificio, che in passato fu luogo di culto religioso, strane e profonde sensazioni psicofisiche. Da questa “elettrizzante” esperienza, vissuta direttamente durante un breve reportage fotografico nella città di Ferrara, emerse il desiderio di approfondire alcuni interessi e allargare la sua avventura sia a livello tecnico sia a livello emotivo; ovvero, effettuare una ricerca su questi immobili misteriosi, antichi e ben strutturati, straordinariamente semplici, senza tempo, in cui il vecchio e il nuovo rendevano quel territorio pulito ed affidabile ... un'area protetta e sicura era solito dire. Al suo interno Olao si sentiva un gigante, eroe, potente, forte, fermo, deciso, risoluto, energico: al riparo da ogni “turbolenza” affettiva. Un luogo, a suo dire, quieto e tranquillo che diffondeva calma e serenità, emanava una luce calda, gradevole e rispettosa; il tutto accompagnato da una sensazione di pace e libertà, che invitava a riflettere, ad agire, a prendere posizione, ad essere incredibilmente attivo ed energico. 


acque così la grande avventura. L'entusiasmo nel proporre il censimento di tutte le chiese sconsacrate - che in passato avevano avuto un preciso cambiamento di destinazione d'uso - fu immediato per entrambi. La bozza del programma coinvolse con gioia, da subito, i due attori principali della storia ed occupò, da quel preciso istante, buona parte degli incontri settimanali fino alla completa realizzazione del progetto. Piano piano, quindi, in base alle conoscenze e alle abilità personali possedute, furono assegnati a tavolino i compiti, i ruoli, i vari incarichi che ognuno in piena autonomia, ma in perfetta sinergia, doveva realizzare: a me il compito di redigere tutta la parte teorica, ad Olao invece la ricerca delle chiese sconsacrate con relativa produzione fotografica un reportage che documentasse tutti gli edifici sconsacrati e ristrutturati nel capoluogo ferrarese. L'incontro con tali edifici, certamente insoliti, non fu per Olao un puro e semplice risveglio dell'interesse religioso, ma come vedremo più avanti nella descrizione dettagliata del progetto, il significato simbolico e le azioni collegate a tale esperienza, al di là della devozione, erano di natura emotiva, stimolanti sia a livello percettivo sia a livello psicologico ... luoghi, a suo dire, “fantastici” ed “esaltanti”. Un'area che offriva silenzio, pace, serenità e sicurezza: tutti elementi indispensabili per cominciare a mettere ordine in casa sua … riflettere per una buona e profonda ristrutturazione cognitiva

l progetto, incontro dopo incontro, prendeva forma, era diventato un enorme faro che illuminava ogni “angolo” della mente, creava una psiche lucida, produceva energia utile per modificare convinzioni e pensieri disfunzionali più o meno consapevoli; tutto ciò, comunque, lentamente, senza trombe e tamburi, sgretolava, corrodeva e portava cambiamenti importanti alla severa sindrome depressiva di Olao. La chiesa non solo simboleggia pace, maturazione ed evoluzione interiore, ma diventa in quel frangente un suo posto speciale, un luogo sicuro dove rifugiarsi e riflettere in silenzio; assicura un momento di quiete, offre tranquillità, sicurezza e protezione. Nel linguaggio simbolico tale struttura architettonica, infatti, rappresenta l'archetipo della Grande Madre (immagini primordiali fondamentali depositate nell'inconscio collettivo che riguardano la “nutrizione”, protezione e tolleranza; è il simbolo della vita e della trasformazione, tutto ciò che viene trasmesso in modo benevolo o ostile e che può favorire oppure ostacolare la crescita di ognuno di noi). Una madre che, in questo caso specifico, differisce completamente dalla madre reale. Ed è appunto attraverso questa esperienza che viene riveduta e ristrutturata l'immagine della propria figura di riferimento biologica, per certi versi, non sempre sensibile e protettiva nei suoi confronti. Processo, d'altronde, indispensabile per poter raggiungere una discreta autostima, fiducia in se stessi, maturità e, soprattutto, fare scelte giuste senza scendere a compromessi … sviluppare un preciso stile di vita libero e completamente autonomo, utile per uscire da quel malessere che lo tormentava fin dai primi 'passi' esistenziali ... dall'infanzia

n modo diverso di agire, di pensare e di guardare le cose, rievocare gli eventi della sua storia personale con più lucidità, consapevolezza, armonia e maturità; di essere lì, in quel preciso istante, presente a se stesso, di sentire con tutti i sensi, di sviluppare la capacità di avere ben presente i termini e i “contorni” dei suoi conflitti, in modo tale da prendere decisioni importanti, impostare buone strategie, puntare su una lunga vita di gioia e serenità, mettere in atto scelte coscienti e, soprattutto, realizzare mete di valore con entusiasmo e soddisfazione … sentire qualcosa di forte e di buono in ogni azione quotidiana. Un modo per prendere le distanze da quello sconforto profondo, dirigersi verso quei segnali che danno piacere e fanno “scegliere” la minore sofferenza possibile, spingono ad orientarsi verso un dolore inferiore. Senza cadere mai nella tentazione di barare, perché sappiamo bene quanto ogni cambiamento di rotta sia difficile da realizzare, non solo sia complicato da mettere in atto senza strumenti idonei o confusi, ma possa anche terrorizzare, essere vissuto come estraneo a se stessi, drammatico, doloroso e angosciante. Olao è riuscito a mettere ordine dentro se stesso, ad invertire la rotta, ha preso in quel preciso frangente decisioni “giuste” e fatto scelte importanti ha saputo “sfrondare” i rami secchi, eliminare con successo il superfluo, snellire i suoi rapporti complicati e difficili. 


ttraverso questa sua passione fotografica è riuscito ad individuare, ad entrare in contatto con un mondo disordinato e con poche speranze di “salvezza” … con il suo vero problema centrale. E' stato in grado di mettere a fuoco quel malessere, quelle dinamiche e quei meccanismi di difesa che da tempo lo tormentavano e non gli permettevano di vivere una vita tranquilla e di buona qualità. Ha saputo muoversi, riconoscere e vagliare tutti i percorsi agibili al fine di ottenere un cambiamento del suo stato emotivo in meglio, più vantaggioso e gratificante … maneggiare con disinvoltura il suo tormento. Con i suoi gesti coscienti e strategie mirate, si è avvicinato ad un discreto benessere, ad una qualità di vita accettabile, libera ed autonoma. E' riuscito ad imbrigliare con impegno ogni gesto malsano, dare indicazioni precise alla sua mente, anziché lasciarla girovagare fra incertezze e mete indistinte … destinazioni che in quello stato, da soli, è impossibile raggiungere. Si rientra in “sala”, direbbe ancora qualcuno! Il teatro ha ripreso il suo spettacolo, a funzionare regolarmente attraverso la “rinascita” di un attore che si era perso, che aveva smarrito il copione esistenziale, rimasto per troppo tempo lontano dalla scena reale … ha ritrovato finalmente il suo vero talento, la sua possente voce, il suo ruolo specifico, il suo vestiario che lo rende più libero, vero e armonioso … scoprire finalmente la gioia di vivere, di affermarsi e di prendere decisioni. Il suo sguardo smarrito oramai è solo un piccolo ricordo, appartiene ad una “comparsa”, ad un “figurante” che non ha più voce in capitolo … anche se, di tanto in tanto, si presente sul palco: senza ambizione e voglia di protagonismo però!!! … non per riprendersi il suo vecchio posto, ma perché fa parte della vita; l'esistenza ci educa a contemplare ogni cosa come unica, a guardare il mondo dritto negli occhi, a percepire la realtà in modo diverso da come la "vediamo" noi e soprattutto capire che tutto cambia, che ogni forma di vita ha un proprio movimento ... che la difesa dal dolore stimola sempre la ricerca del piacere … ci insegna a rialzarci, a ripulirci, a vivere in sintonia e nel rispetto di noi stessi e del mondo intero. 

UN PO' DI STORIA.


el corso dei secoli la depressione è stata affrontata e definita in vari modi, a seconda del clima scientifico e culturale dominante del momento.
Ippocrate, medico greco nato nel 460 a.c. e morto nel 377 a.c. si oppose con fermezza alla concezione magica e religiosa della malattia, “curata” a quell'epoca solo da sacerdoti di poco conto e fattucchiere minacciose. Con il suo “giuramento” non solo liberò la popolazione dalla stregoneria, ma fu anche il primo “scienziato” a regolamentare la professione dell'arte medica. Prese le distanze dalla filosofia e stabilì che la medicina non fosse solo una professione con 'rigide' basi scientifiche ed esercitata da persone di “cultura” specifica, ma pretese anche che le malattie fossero spiegate e gestite in maniera razionale … secondo rigorose regole, uno studio continuo e sistematico; ogni problema di natura fisica, secondo il suo punto di vista, era dovuto a qualche difficoltà interna all'organismo, mai per cause esterne. Egli riteneva che la salute dell'essere umano dipendesse dall'equilibrio dei quattro umori contenuti nell'organismo: sangue, flegma, bile gialla e bile nera. L'aumento di quest'ultimo elemento fluido e freddo - ovvero una produzione eccessiva di bile da parte della milza - era la causa dello stato depressivo. A questo “squilibrio” dette il nome di 'Melanconia': traducendo dal greco, infatti, si ha melas nero e cholè bile. Le sue ricerche avevano evidenziato, già all'epoca, profili psicologici legati a patologie ben precise e piuttosto gravi; un Io debole, un Super – Io pretenzioso, eccessiva sensibilità ai cambiamenti ed una emotività bloccata, ad esempio, sono tutti tratti depressivi di cui il tumore costituisce, a suo dire, la massima espressione più grave. Sono affermazioni forti che vanno passate sempre a setaccio, ma non si può certo negare che fosse una persona - visti i tempi - dotata di un grande ingegno penetrante, una mente brillante, creativa e ricca di immaginazione. Non bisogna dimenticare, inoltre, considerato il periodo storico in cui viveva, la sua frase proverbiale, ancora oggi di attualità e di grande valore scientifico: “Lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo”.


ristotele
nato il 384 a.c. e morto nel 322 a.c., con le sue ricerche - pur essendo estranee al rigore scientifico -
sollevarono la questione del rapporto stretto tra “melanconia” e creatività, tema che desta, ancora oggi, un vivace dibattito a livello culturale e scientifico; mise in evidenza che molti artisti, poeti, filosofi e leader politici soffrivano di questo male più frequentemente della gente comune; sosteneva, infatti, che il modo di fare depressivo, pur provocando prestazioni particolari e fuori dal comune in vari settori della conoscenza e dell'agire, apparteneva di diritto al mondo della genialità umana: follia ed estro erano parte integrante, a suo dire, dello stato melanconico; e, ancora, non ci sarà mai un grande ingegno senza un pizzico di follia … tutti gli uomini straordinari, pur avendo tratti ben precisi come umore ballerino, instabilità, alto rischio di suicidio, hanno un qualcosa di melanconico ... ingegno creativo e talento, pertanto, vivono in un territorio invisibile, al confine con la salute e la follia.


on
E. Kraepelin, invece, psichiatra tedesco nato nel 1856 e morto nel 1926, lo studio della malattia mentale ebbe un taglio decisamente positivista. I suoi studi erano rivolti a classificare i disturbi psichici basati su criteri clinici oggettivi. Nelle sue ricerche iniziali cercò di dimostrare che i disturbi mentali erano di origine organica: disfunzione metabolica, endocrina e disposizione ereditaria. Il suo maggior apporto al disagio psichico fu quello di aver classificato magistralmente le malattie mentali. Principalmente, egli raggruppò i vari disturbi psichici in tre categorie: demenza precoce, parafrenia e psicosi maniaco depressiva. Il sistema di classificazione Kraepeliniano è tuttora, pur essendo per certi versi obsoleto, mantenuto ed utilizzato a fini diagnostici, in alcuni ambienti scientifici.


er
S. Freud, invece, fondatore della psicoanalisi nato nel 1856 e morto nel 1939, lo stato melanconico risulta simile al sentimento di lutto, in quanto ciascuno di questi fenomeni psichici si manifesta attraverso il ritiro sociale, apatia, auto - esclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto totale di ogni forma di relazione. Freud sostenne, inoltre, che la causa principale della melanconia è da attribuire ad un cattivo e malsano rapporto con alcune figure di riferimento importanti, risalenti nell'infanzia; a suo dire siamo tutti dei sopravvissuti a scontri ambientali e a complessi conflitti con personaggi particolarmente significativi. E' sempre una perdita, più o meno accettata ma mal superata, che può provocare nel tempo tristezza, ira, disperazione, estrema sensibilità al rifiuto e scarsa autostima … ogni “conto” emotivo in sospeso, pertanto, si presenterà inaspettatamente anche nei momenti di quiete, farà deragliare ogni intenzione su un binario morto, metterà in discussione la fiducia in se stessi e spegnerà ogni rapporto. I soggetti che non riescono ad esprimere la loro collera o sono incapaci di affermare la loro indipendenza spesso, per paura di avere a che fare ancora una volta con quei brutti e fastidiosi sentimenti di un'epoca oramai lontana, relativi al giudizio di valore, rifiuto o abbandono, possono auto punirsi per questi impulsi “insopportabili” ed “inaccettabili”, rivolgendo ogni istinto aggressivo verso se stessi ... sentimento che, lentamente, farà germogliare lo stato melanconico. Il punto di vista psicoanalitico ipotizza che il futuro depresso, durante il suo percorso evolutivo, nello sviluppo della sua personalità, abbia sperimentato a livello affettivo - con una figura affettiva fondamentale - alcune ferite importanti, non ancora del tutto rimarginate, come umiliazione, delusione, rifiuto, ingiustizia o tradimento, e che l'esperienza depressiva adulta non sia altro che una riattivazione, grosso modo, della situazione deludente infantile. Al di là dei vari orientamenti scientifici ci sono alcuni elementi che accomunano questi soggetti: non riescono ad evitare pensieri negativi, hanno aspettative e standard ideali non realistici per quanto riguarda le proprie prestazioni, oppure dipendono eccessivamente dagli altri. Essendo stati delusi, e avendo compiuto una serie di scelte “sicure” ma poco gratificanti nel corso della loro vita, questi individui possono ritrovarsi a vivere situazioni che danno loro poco entusiasmo, niente gioia e nemmeno un briciolo di soddisfazione; potrebbero far la differenza e aumentare il disagio, per esempio, un lavoro senza alcuna prospettiva, un partner di cui non si è innamorati o magari schiaccianti da responsabilità familiari e sociali. La terapia freudiana aiuta i pazienti a identificare, affrontare e controllare alcune ferite affettive come perdita, frustrazione, abbandono o rifiuto ... tutti quei “rigurgiti” affettivi del passato mai digeriti completamente che, se creano apprensione e tormento, vanno “neutralizzati”. Questa metodica terapeutica cerca di placare il tormento emotivo mirando ad una migliore integrazione della personalità … aiuta a gestire le proprie emozioni, attraverso una serie di precise strategie relazionali e simboliche, a fortificare l'intera organizzazione psichica.


ltri autori, invece, continuano a classificare tale stato patologico in
depressione endogena (che ha origine internamente) e in depressone reattiva (fenomeno episodico passeggero in cui il soggetto ha difficoltà ad accettare una certa situazione o evento esterno). Anche se per ragioni espositive queste due condizioni emotive sono tenute distinte, a livello clinico, tuttavia, non esiste una netta linea di demarcazione. Infatti, certi disturbi peculiari dell'umore, della motricità, del pensiero possono manifestarsi in modo piuttosto violento sia nella depressione endogena sia nella depressione reattiva. Una persona colpita, ad esempio, da un lutto che non migliori o non riprenda una vita “normale” entro un certo periodo di tempo (2 mesi circa per alcuni studiosi), che inizi a manifestare sensi di colpa, disistima o sensazione di inutilità, che sviluppi improvvisamente deliri - allucinazioni oppure che mediti l'autosoppressione, può sprofondare in una forte depressione grave e aver bisogno di terapia farmacologica immediata. La mancanza di rapporti affettivi stabili, le relazioni tormentate possono aumentare la predisposizione a gravi tratti depressivi. Tutti coloro che stanno affrontando una relazione sentimentale difficile, una crisi matrimoniale, sono più vulnerabili, hanno una probabilità maggiore di essere coinvolti in tale malessere psicofisico rispetto a quelli che vivono un legame forte e felice; anche i rapporti familiari aggressivi, violenti, ambivalenti, sviluppati sul rifiuto o sull'estrema dipendenza possono creare una predisposizione alla depressione. Lo stato depressivo endogeno, comunque, è legato non solo alla presenza di una alterazione delle funzioni psichiche e relazionali, ma anche ad un cambiamento biochimico importante: ormonale e biologico. E' una condizione psicofisica spesso durevole e senz'altro dolorosa. Con la sindrome depressiva endogena, si intende - oltre alla predisposizione ereditaria - un gruppo di comportamenti particolarmente gravi che se raggiungono un certo livello e frequenza determinano una rottura psichica importante, esperienze deliranti davvero invalidanti: stati psicotici. Anche se è difficile intervenire, perché il soggetto il più delle volte rifiuta di farsi aiutare, una educazione attenta e oculata gli permetterà di “lottare” contro questo malessere che rischia di aggravarsi se l'ambiente circostante asseconda o favorisce la sua “pigrizia” naturale. Nella depressione reattiva, invece, dovuta a cause esterne, la prognosi risulta meno grave; è il risultato di una reazione eccessivamente prolungata ad avvenimenti spiacevoli e luttuosi.


n enorme contributo nella interpretazione e definizione della depressione viene fornito da
S. Arieti e J. Bemporad con il libro
La depressione grave e lieve. Gli autori sostengono che lo stato depressivo è determinato da fattori psicologici anziché organici, pur non escludendo la compresenza di fenomeni biochimici. Lo spessore scientifico dell'opera è caratterizzato, oltre all'introduzione di una nuova terminologia, dalle singolari proposte terapeutiche. Sostanzialmente dividono la depressione in lieve o grave. Al primo gruppo appartengono quei pazienti che hanno un po' di consapevolezza del loro disagio e possono ancora lottare con tutte le loro forze per liberarsi da quella morsa infernale, da quello stato di apatia, disperazione e disinteresse per ogni cosa della vita e, soprattutto, non disdegnano, seppur a determinate condizioni, un aiuto esterno. Sono, pertanto consapevoli che tale condizione - non trovandosi nell'area psicotica - ostacola ogni attività quotidiana, limita l'apprendimento, azzera i rapporti sociali e compromette completamente il mondo affettivo e lavorativo. Nelle depressioni lievi, inoltre, vengono descritti quegli stati emotivi espressi attraverso l'umore particolarmente ballerino, tristezza, malessere psicosomatico diffuso oppure una estrema sensibilità affettiva ad eventi ambientali di poco conto. Nell'altro gruppo, gli autori, hanno indicato una serie di sintomi piuttosto gravi. Fondamentalmente i disturbi più caratteristici sono i seguenti: alterazione del pensiero, perdita di interesse verso ogni cosa, senso di disperazione, difficoltà a concentrarsi, scoramento … un soggetto completamente dipendente, in balia degli eventi e ripiegato completamente su se stesso. A livello di pensiero si riscontra un tipo di disturbo ipocondriaco, ossessivo e fobico. Mentre dal punto di vista motorio sono stati evidenziati movimenti estremamente lenti ed i rapporti interpersonali bloccati, quasi inesistenti. Tuttavia, oltre a questi disturbi si possono manifestare, anche se non sempre in maniera prevalente, esperienze di allucinazioni e quadri deliranti vissuti in situazioni particolarmente frustranti.


er
A.Lowen, pioniere della tecnica terapeutica denominata Bioenergetica, il problema depressivo è riconducibile ad un calo energetico; parla di un corpo spento, senza vitalità, fermo, statico, ed incapace di reagire a piccole stimolazioni esterne. La terapia Bioenergetica, a differenza di altri orientamenti scientifici, ha una concezione olistica della depressione. Infatti, l'approccio terapeutico non è basato esclusivamente sul versante psicologico, ma anche su quello somatico. Chi scrive applica l'ipnosi con discreti risultati sempre che, dall'altra parte, ci sia ancora qualche barlume di speranza ... disponibilità a farsi aiutare. Il trattamento della depressione, pertanto, avverrà contemporaneamente su due piani:
a livello psichico con l'analisi e la ristrutturazione del vissuto, mentre a livello organico con specifici esercizi fisici. Lowen sostiene che una persona diventa depressa perché in un particolare momento del suo sviluppo è stata privata di particolari attenzioni. Tutti coloro che nelle prime fasi evolutive sono stati limitati, annullati o “schiacciati”, spinti forzatamente all'autonomia senza avere le fondamenta psichiche solide, non hanno avuto sufficientemente supporto o cure materne, “rischieranno” in futuro di sviluppare una particolare struttura caratteriale chiamata “orale”. Ed è appunto durante la formazione di questo particolare carattere che, secondo, l'autore, viene messo a dimora il “germe” della depressione, si prepara un terreno arido e poco fertile … una vita buia ed infelice. A tale struttura appartengono individui con caratteristiche psichiche e fisiche ben precise. Fisicamente il carattere orale è tendenzialmente di statura alta e molto magro, con pressione bassa e scarso sviluppo muscolare … non a caso questi individui ironicamente sono etichettati con “nati stanchi”. Dal punto di vista psicologico, invece, hanno notevole difficoltà ad accettare la realtà, sono incapaci di esprimere sentimenti aggressivi, amano essere considerati, messi al centro dell'attenzione e, soprattutto, parlare di se stessi; si sentono inutili, insufficienti, nutrono un odio disperato per il proprio aspetto fisico e mentale, e per i propri simili. Non sentono alcuna vibrazione, nessun desiderio e, soprattutto, vivono a stenti, a malapena, non avvertono più l'esigenza fisiologica di sopravvivere, di fare progetti; non intravedono nelle pieghe del tempo nessuna schiarita … nessun obiettivo che merita un impegno di “lotta”. Lo stile depressivo toglie il sorriso, si muove con grande “astuzia" nel quotidiano, serpeggia e diffonde senza sosta il suo clima cupo e drammatico, si “aggiorna” continuamente adattandosi ai mutamenti del tempo, si nutre senza sosta di: apatia, pessimismo, inquietudine, delusione, incertezza, solitudine, illusioni perdute … dei nostri dubbi, debolezze e fragilità!!!


l di là dei vari orientamenti scientifici - che nel loro ambito di intervento terapeutico possono raggiungere sicuramente risultati straordinari - con la parola depressione
si intende, nell’uso comune, quel particolare stato dell’umore ballerino che con varie sfumature è detto anche tristezza, abbattimento, astenia, amarezza, avvilimento, sconforto, pessimismo e disperazione. E' senza alcun dubbio un fenomeno universale e profondamente umano. Ogni persona, in un qualche momento della sua vita, dall’infanzia fino all’età più avanzata, può sentirsi triste, priva di slancio e incapace di provare piacere (anedonia). Questo stato, man mano che aumenta di intensità, inghiotte ogni cosa, le luci si spengono, tutto intorno non resta che il buio assoluto; qualcuno, ad esempio, può trovarsi improvvisamente solo ed isolato, può escludersi da ogni cosa che si muove, ritirandosi in silenzio da ogni rapporto interpersonale e lasciando in sospeso progetti importanti; altri, invece, sono alle prese con piccoli fastidi, banali contrattempi e bloccati da modeste aspettative disattese, sembrano persino tormentati dagli affetti, terrorizzati da una semplice ed ingenua carezza senza sapere il vero motivo … rinunciano completamente alla vita sociale ed affettiva senza avere la più pallida idea di quello che realmente sta succedendo dentro e fuori di loro … la vita è bloccata, si ferma completamente!!! 


ueste sensazioni psicofisiche
fastidiose, penose e dolorose possono durare un tempo breve, spesso solo poche ore, altre volte un'intera giornata, per i più sfortunati qualche mese. Quando tale condizione si dissolve, la persona può sentirsi incredibilmente sollevata, avvertire una piacevole sensazione di leggerezza ... in preda ad una forte eccitazione (funzionamento bipolare … un personaggio che conosce solo i due estremi dell'emotività: oscilla tra tristezza e euforia). Se siamo presi dall'ansia, tendiamo a darci tanto da fare senza concludere assolutamente nulla; manifestazioni come frenesia, irrequietezza e iperattività sono sempre pronte a sollecitare una ricerca continua di un qualcosa che non arriva mai … che non si trova da nessuna parte (perché non esiste nella realtà), mentre nei casi più gravi di depressione passiamo molto tempo seduti, fermi, bloccati, immobili come una statua, fissando il vuoto: siamo stanchi, abbiamo voglia di dormire, non reagiamo per nessuna ragione alle sollecitazioni dell’ambiente esterno ... non distinguiamo più i “colori”, il mondo diventa opaco, gira in bianco e nero ... le cose buone e belle che ci stimolavano un tempo scompaiono improvvisamente dal nostro raggio d'azione. Agiamo al rallentatore, come se il nostro corpo fosse anestetizzato. Può capitare a tutti, comunque, sporadicamente di sentirsi un po' giù di corda, di umore triste, abbattuti e svogliati, e non sapere il perché. 


olto spesso però si è depressi per qualche motivo preciso; per alcuni, può essere un qualcosa, anche banale, che risveglia improvvisamente antiche vicende assopite, connesse ad esperienze di abbandono, rifiuto, scarsa considerazione e poca solidarietà
; per altri, invece, sono decisivi alcuni gesti innocenti, ma di grande ed esagerata carica affettiva, come ad esempio una risposta sgarbata da parte di una persona considerata importante, un compleanno scordato, un insuccesso scolastico o professionale, il timore di perdere il lavoro, il distacco da un luogo familiare, un calo improvviso di autostima, un ruolo sociale impegnativo da raggiungere, il fallimento di un progetto che da tempo abbiamo perseguito … sogni, scopi e speranze sono inquilini scomodi, allontanati volutamente, sfrattati da tempo, non esistono più, “forse”, sono solo un vago ricordo; un'attesa inquieta che ci lascia una fastidiosa sensazione di amaro in bocca, ci tormenta, ci tiene sulle spine, in sospeso, non ci lascia in pace nemmeno un attimo ... scuola difficile, lavoro impegnativo, salute cagionevole, affetti complicati, indefiniti e deludenti che al momento non ci sostengono affatto, possono ulteriormente boicottare il nostro equilibrio, remare contro l'armonia psicosomatica, confondere la stabilità e mettere all'angolo ogni tipo di tranquillità e pace. Tutti questi vissuti relazionali provocano stati emotivi che il linguaggio popolare chiama, appunto, malinconia, apprensione, vaga tristezza, umore nero, inquietudine, delusione e dispiacere. La solidarietà degli altri o la partecipazione alla vita sociale con un certo impegno aiutano a superare più attivamente questi momenti drammatici. In genere chi ha una maggiore ricchezza di interessi nella vita riesce a sollevarsi da terra con una certa rapidità, ad uscire più facilmente dal “pozzo nero” dell'inquietudine… da quello stato apatico contraddistinto da disinteresse e da un calo importante di motivazione; sicuramente, chi può beneficiare ancora di rapporti sereni, si trova in una situazione privilegiata ed è in grado di trovare con maggior facilità buone compensazioni e a riprendersi più velocemente in mano la sua vita. Nell’epoca attuale in cui tutto cambia con grande rapidità, che ci fa vivere in una cultura provvisoria, imprevedibile ed incerta sul domani, la sofferenza depressiva è estremamente diffusa


on sempre, fortunatamente, questo stato raggiunge le forme di un quadro clinico grave;
si manifesta, comunque, con una certa instabilità emotiva, sofferenza, disagio, malessere diffuso, incapacità di agire e di provare gioia: diventiamo apatici e indolenti, incapaci di realizzare nemmeno le cose più elementari di cui un tempo magari ci si vantava e rallegrava ... erano fonte di autostima, per non dire una vera punta d'orgoglio … ma ora guai mettersi in luce, in bella vista, prendere iniziative, potremmo avere delle brutte sorprese, scoprire di non essere all'altezza nel realizzare certe cose, incapaci di concludere quei vecchi progetti da tempo in stand by, di mancare in qualcosa, di essere “imperfetti” … rischiare un completo fallimento in tutti i sensi … meglio rinunciare e differire ogni cosa ancora una volta. Si cercherà volutamente, quindi, di evitare i vari confronti perché c'è il rischio di attivare - proprio per questo timore di sconfitta piuttosto marcato - antiche vicende affettive dolorose: conflitti interpersonali, minacce, senso di abbandono e profonde delusioni. 


iamo sempre tristi e scoraggiati, ci mettiamo persino a gridare senza motivo,
a discutere da soli, a richiamare all'ordine anche i pensieri più normali, mettere in riga in modo severo la nostra mente già tormentata e infelice, a dura critica gesti semplici, banali, innocenti ed insignificanti, a rigida censura ogni tentativo di libertà. Privarci continuamente di ogni cosa certamente non aiuta: ci deprime ancora di più. Possiamo sentirci tagliati fuori dalla possibilità di una soddisfazione, e più ci sentiamo calpestati meno facciamo per ottenerla. Una donna che sente che il marito non l’ama - ma che probabilmente le vuole bene ma non sa esprimere il suo sentimento con quel codice affettivo appropriato che lei desidera o vorrebbe - soffre di un continuo senso di privazione che la porterà, se tale convinzione persevera, verso tratti depressivi importanti. Anche la noia che spesso è confusa con la fatica, conduce alla depressione. Presi dalla morsa del non fare, dall'incapacità di prendere possesso del nostro vero ruolo, dalla scontentezza infinita e da una insoddisfazione cronica, cominciamo a sentire che la vita ci sta passando sopra, ci sfiora, ci solletica, lasciando il deserto intorno a noi; siamo immersi in un'atmosfera cupa, buia e piena di mistero, intrappolati, senza via d'uscita, in una fitta ragnatela scura e soffocante. Prestiamo meno attenzione alle cose perché, nella nostra attività sempre uguale, si richiede meno attenzione e concentrazione. Cominciamo a perdere di vista ciò che potrebbe darci una spinta, farci sentire bene, stimolare quel fantastico sentimento di soddisfazione anche se transitorio; così la nostra depressione ci allontana dalla realtà, può sostituirsi alla gioia di vivere, prendere la sua posizione nel quotidiano con forza, diffondersi velocemente calpestando ogni iniziativa, progetto e, soprattutto, soffocando ogni tentativo di “protesta”. Oltre alla “chiusura” con ogni attività, sono evidenziabili, in questo quadro clinico, una serie di disagi fisici particolarmente significativi, a volte seri e molto invalidanti: stanchezza, problemi respiratori e digestivi, misteriose malattie della pelle, insonnia, inappetenza, stipsi, mal di testa, mestruazioni irregolari e palpitazioni. Il mondo fisico si “infetta” proprio nel tentativo generoso di proteggere e sostenere il benessere mentale. 


i sono infatti una gran varietà di disturbi fisici connessi direttamente alla tragedia emotiva depressiva;
scopriamo un corpo “nobile” ed “altruista” che improvvisamente cerca di raggiungere la sua completezza (corpo - mente), la sua veste migliore, per assicurare e garantire una maggior funzionalità all'intero organismo; cerca con tutte le sue energie a disposizione di gestire il malessere psichico attraverso un'opera straordinaria di equilibrio psicosomatico; supportare una mente che viene boicottata da certi vissuti antichi e tradita da esperienze passate: uno stato confusionale legato a quel famoso gesto del “dare” e del “ricevere”. Chi soffre di questo malessere è tormentato da forti sensi di colpa, si rimprovera costantemente di qualcosa che non ha mai fatto e cerca continuamente di riscattarsi, di “rimettere” a posto tutte quelle cose che ritiene possano essere sbagliate o degne di un forte rimprovero ... ma che cosa dovrà mai ordinare e correggere? In esso il sentimento di aggressività non è rivolto all’esterno, ma bensì verso se stesso. Il depresso, quindi, cerca di evitare tutto ciò di cui non ha l’approvazione generale e nasconde di conseguenza i propri impulsi aggressivi attraverso una condotta “impeccabile”: indossa la maschera di un personaggio immacolato, senza macchia e senza paura. Esiste, inoltre, in questo disagio un problema serio ed invalidante, che immobilizza completamente ogni gesto, qualsiasi altra cosa: quello della responsabilità. La paura di assumersi delle responsabilità - non nel senso del merito o punizione, fortuna o sfortuna, giustizia o ingiustizia oppure della colpa, ma semplicemente di poter scegliere e di decidere liberamente - prende corpo, in particolar modo, quando si devono affrontare cose nuove, ci si scontra con una nuova fase evolutiva della propria vita, come ad esempio entrare nel mondo del lavoro, fidanzamento, matrimonio, la nascita di un figlio.


uai mettersi di traverso, pensarla in maniera diversa, con occhio critico e giudicante … saranno guai, meglio non reagire, conviene lasciar correre, non intromettersi, si rischia inutilmente e sempre troppo!
Tutto ciò crea però dipendenza: devono per forza maggiore appoggiarsi su altre persone. Nel disagio depressivo si è in balìa degli altri e di ogni cosa possa offrire sostegno o protezione; si teme di aggredire l’oggetto da cui si dipende e, quindi, ci si vede costretti a non manifestare mai apertamente l'aggressività, esprimere il proprio punto di vista, la propria opinione, compresa quella piccola “protesta in grigio” in cui bisogna, per restare in piedi, mantenere le distanze da ogni cosa; in questo modo è facile autoaggredirsi e chinare la testa, se poi azioniamo volutamente, in ogni cosa che facciamo, il freno a mano, non si prenderanno mai posizioni, decisioni personali … ci si renderà “inattivi” ora e per “sempre”. Quando costruiamo la nostra sicurezza e autostima solo su pochi punti esterni a noi stessi (famiglia, lavoro, partner) diventa particolarmente facile sperimentare esperienze depressive se uno di questi elementi viene a mancare o scomparire improvvisamente. La depressione scaturisce anche da una “storia” chiusa tra routine ed infantilismo. Nella menopausa quando gli estrogeni (ormoni femminili) diminuiscono e, quindi, aumentano gli ormoni maschili (testosterone); si verifica, in chiave psicosomatica, una perdita di “territorio”, della capacità di “creare”: appare così un fastidioso senso di colpa, di impotenza ... il dubbio di non essere più importanti e al centro dell'attenzione … ci si colpevolizza inutilmente … si pensa di essere sbagliati, inutili, di poco valore. Quando invece c’è un aumento degli ormoni femminili rispetto a quelli maschili ci sarà una depressione maniacale o isterica; essendo però un mondo tumultuoso, ma coerente, lo stesso meccanismo, lo troviamo, in senso inverso, nell'altra identità di genere.


a perché ci deprimiamo? Perché vediamo ogni cosa con un atteggiamento teso e pessimistico? Perché siamo sempre in attesa che qualcuno ci approvi? Perché siamo così scostanti ed impazienti da creare continui scontri e conflitti con il mondo intero? Perché, nella stessa circostanza, reagiamo in maniera passiva mentre il collega risolve la questione urlando semplicemente?
Perché il senso di fallimento, una carenza affettiva, la mancanza di attenzione, la perdita di qualcuno o di qualcosa devono affliggerci così tanto? Perché la depressione? Perché non l’indifferenza o l’ira? Perché non ignorare ogni cosa e mandare tutti al diavolo, a quel paese? Perché non urlare, gridare, mettere tutto a soqquadro? Semplice … direbbe qualcuno. Perché la perdita reale che stiamo vivendo è la perdita di un qualcosa dentro di noi, piuttosto che qualcosa intorno a noi; come quella persona è stata vissuta, percepita, considerata, costruita, introiettata: in che modo ha preso forma ed importanza dentro di noi … cosa ha rappresentato per la nostra sopravvivenza, felicità compresa. Se qualcuno, ad esempio, mi ruba la borsa mi darà sicuramente una noia incredibile e parecchio fastidio; non ci sono dubbi, reagirò a tale sopruso con un forte sentimento di rabbia e aperta ostilità per l'ingiustizia subita; ciò che mi è stato sottratto, comunque, pensandoci bene, credo sia un qualcosa di 'poco' conto, per certi versi una sciocchezza, una cosa che potrò sostituire probabilmente abbastanza in fretta oppure compensare facilmente a seconda delle mie reali risorse; ma, attenzione, chi insozza o mi priva del mio nome fa un danno enorme, a volte irreparabile, crea un qualcosa di molto sgradevole, spiacevole e doloroso; agisce sul mio aspetto, identità e sul mio onore, mi toglie spazio d'azione, autorità e potere … mi mette all'angolo, può annullare, danneggiare o confondere la mia idea di libertà, sciupare la mia preziosa ed unica immagine … mi sminuisce, manda in frantumi tutta la mia autostima … in ultima analisi mi sento, incompiuto ed inadeguato. "Inciamperò" in un complesso senso di inferiorità che, consolidato nel tempo, mi porterà a chinare sempre la testa, a non prendere mai posizioni, a non far valere mai, per nessun motivo, le mie ragioni e opinioni … mi troverò improvvisamente fragile, insicuro, decisamente poco intraprendente, diffidente, rinunciatario e pessimista … la mia vita sarà in penombra, sempre diversa da quella che desidero veramente, caratterizzata da un modo di fare confuso, incerto, da un continuo e frustrante rimandare: “vedrò, farò, cercherò, andrò”. Questo è quanto accade nella depressione. 


a perdita reale è quella della stima di se stessi!!! Con la sottrazione di denaro, di una perdita, di qualche opportunità o in tutti quei casi in cui venga a mancare qualcosa di materiale anche importante, ci sentiamo certamente frustrati, meno adeguati, forse infastiditi e arrabbiati, ma non depressi nel vero senso della parola. Con la perdita di una persona cara, invece, una importante parte dentro di noi se ne va a causa del nostro investimento emotivo idealizzato; tutto ciò infatti si è sviluppato attraverso il processo di identificazione, il meccanismo di interiorizzazione e a causa di una profonda “dipendenza” che si è creata nel tempo con quella persona “speciale”, considerata cruciale, importante per la nostra sopravvivenza. Per capire veramente come si arriva a sviluppare certi problemi emotivi, bisogna risalire fino agli inizi della vita, osservare attentamente i principali percorsi evolutivi e analizzare i guasti che si sono verificati lungo il percorso; in breve, come si sono fronteggiati e superati i vari tranelli, i pericoli del mondo sociale … in che modo ne siamo usciti, quali sono stati i vari esiti possibili. L'inadeguatezza delle cure da parte della figura materna può provocare, come più volte sottolineato, un'eccessiva vulnerabilità di fronte all'angoscia e compromettere lo sviluppo delle difese … preparare il terreno ad accogliere i semi della psicopatologia. Cosa rappresenta veramente per noi quel nucleo familiare? 


i siamo sentiti bene, protetti, valorizzati, al sicuro oppure abbiamo avuto la sensazione di essere stati di troppo, sbagliati e difettosi con i nostri interlocutori? Siamo poi sicuri di non esserci mai sentiti responsabili di quelle carenze affettive mai date nel giusto dosaggio? Dentro di noi non covava, forse, la convinzione che se avevamo ricevuto poco era perché non eravamo degni di meritarci qualcosa di più … consolidata l'idea che non eravamo degni d'amore? Se siamo stati rifiutati, abbandonati e poco considerati non ci siamo mai sentiti davvero un po' responsabili? … pensato che era tutta colpa nostra, perché eravamo sbagliati, difettosi, poco buoni e per nulla perfetti? … non la pensavamo davvero in questo modo? Domande inutili, che molto probabilmente non avranno, al momento, nessuna risposta perché buona parte delle sensazioni relative alle nostre esperienze di vita sono state represse, rimaste inconsce.
Una cosa comunque è certa, con noi portiamo sempre un bagaglio emotivo - anche se a volte tossico - originale unico ed imprescindibile; siamo portatori, nel bene o nel male, di scontri – incontri, di tutte quelle vicende precoci insolite che hanno influenzato il nostro pensiero e stile di vita; ogni cosa che abbiamo imparato o rifiutato attraverso il rapporto con gli altri è depositato dentro di noi: sensazioni, giudizi di valore, schemi mentali, paure, timori, aspettative deluse, atteggiamenti, modi di reagire, gelosie, rancori … ogni cosa ben amalgamata, pronta ad esplodere da un momento all'altro … non si sfugge mai a questa eredità “maledetta”! Il guaio sta nel fatto che la nostra depressione spesso è sproporzionata alla perdita che ci sembra di subire. 


iò induce a credere fermamente che la stima che avevamo di noi stessi non era completamente radicata, ben salda nel nostro cuore e nella nostra mente.
Quello che è stato imitato, “copiato” nell'altro non ha subito una vera e propria trasformazione personale, una adeguata rielaborazione mentale in modo tale da creare una organizzazione multifattoriale propria e, quindi, non ci ha permesso di muoverci liberamente, di fare scelte in maniera spontanea, autonoma e libera. Alcune persone comunque, per il loro vissuto, per le complesse privazioni precedenti e alcune caratteristiche innate, sono più predisposte alla depressione di altre. Possiamo infatti sentirci depressi senza un motivo razionale preciso o a cause non sempre facilmente identificabili. Spero non me ne vogliate per questo mio modo di insistere, ma ancora una volta l'elemento fondamentale è l'autostima. La stima di noi stessi è il fulcro o, meglio, il centro di gravità su cui poggia l'equilibrio emotivo, la forza e la nostra capacità di fare, scegliere e decidere. Alcuni hanno avuto la sfortuna di incontrare figure fredde, tossiche, scostanti, assenti che etichettavano, inviavano segnali contraddittori e raccapriccianti, di come eravamo realmente considerati: non amabili e degni di stima, non meritevoli di ricevere affetto e amore … perché non conformi al “modello” proposto o desiderato. Con questo modo di interagire ci si annulla, si abbassa l'autostima e ci si predispone alla depressione … la vita allora viene pilotata non più dal soggetto stesso, ma dall'ambiente circostante … ci si modella, senza alcuna consapevolezza, sulle aspettative altrui. 


gli cerca costantemente e con una certa insistenza l’approvazione, l'elogio, la giustificazione, l'ammirazione, la considerazione e l’amore degli altri. E' stato addestrato ad essere affamato di palco, riflettori, attenzioni e complimenti. Sembra proprio che di questo malanno fisico e psichico non ne possa più fare a meno; sarà alla ricerca continua di affetto e di amori perfetti, perché solo se li trova come li ha immaginati potrà riscattarsi, diventare “completo”, ribellarsi da quella convinzione di non meritare nulla, cercherà di compensare quell'affetto remoto tanto desiderato, ma mai somministrato nel modo giusto; la realtà, però, fa il suo corso, a volte è capricciosa, imprevedibile e dura, non guarda in faccia a nessuno: sarà destinato ad accumulare un'altra delusione perché non esiste in nessun luogo del mondo un amore puro, perfetto e senza difetto, senza un dare e un ricevere adulto … continuerà a mendicare, ad elemosinare amore, a supplicare uno sguardo dolce, a chiedere una tenerezza, un abbraccio e un sorriso sincero, cercare gesti tra la folla che lo possano rassicurare … ma non troverà mai nulla di quello che immagina, di come ha impostato dentro di sé il suo amore romantico … rimarrà, ancora una volta, con un senso di vuoto perché la sua ricerca continua appartiene al mondo delle fiabe ... non esiste; è proprio in questo legame distorto tra idealizzare, desiderare e ricevere che germoglia il dolore depressivo. 


uesti individui, comunque, vivono nella tristezza più totale, stanno affrontando qualcosa di molto spiacevole, drammatico e doloroso: uno stato di sofferenza psicofisica che non accenna a calmarsi, dissolversi, scomparire completamente, lasciare un po' di pace e tranquillità … non lascia scampo, nemmeno un piccolo spiraglio di luce che possa far nascere un filo di speranza. Sono disorientati, hanno perso letteralmente la gioia di vivere.
Un buon cibo, alcuni amici vivaci, un compagno seducente e tanti altri aspetti piacevoli della vita non hanno alcuna presa, non riescono a smuoverli, risvegliare nessuna fede, fantasia ed interesse. Questi soggetti, purtroppo, non riescono più a progettare, a concentrarsi sul lavoro o a compiere il proprio “dovere” … si trovano di notte soli, con il cuore in mano e le orbite piene di lacrime, rigirandosi nel letto fino al mattino con gli occhi sbarrati. Il velo melanconico si posa sul loro mondo come una nebbia fitta e grigia della pianura padana in piena estate ... “istiga” una fastidiosa sensazione di profonda tristezza, apatia e di assoluta disperazione. Pochi, però, di questi soggetti chiedono aiuto. Uno dei motivi principali può essere ricercato nel fatto che molti non considerano tale stato emotivo come un disturbo o una vera malattia che non può essere trascurata, ma trattata sempre, con la massima solerzia, da mani esperte e qualificate. Paragonare comunque la normale tristezza o svogliatezza a tratti depressivi importanti equivale paragonare un banale raffreddore al Covid – 19. 

n operaio, ad esempio, che viene licenziato può sentirsi disorientato, momentaneamente un fallito, avere un bisogno improvviso di isolarsi, di non voler vedere nessuno per qualche settimana. Un giornalista a cui sta morendo un familiare, se ha a che fare con un capo redattore insensibile che lo sbatte in prima linea, può faticare a trattenere le lacrime in diretta televisiva. Entrambi hanno tratti depressivi, ma non appartengono ad un quadro clinico depressivo, cioè non soffrono di un disturbo mentale grave. Se tale fenomeno persiste, comunque, deve essere sempre tenuto nella dovuta considerazione: sotto un giusto controllo … lo sappiamo con certezza, il tempo purtroppo non è sempre galantuomo, non cura tutti i mali!; se poi la chiusura in se stessi o gli attacchi di tristezza perseverano, si fanno più intensi, peggiorano nel tempo, è possibile che questi soggetti sviluppino tratti depressivi cronici, si abbia una importante degenerazione patologica. Dal punto di vista neurologico il malessere depressivo non va mai sottovalutato, è reale, doloroso ed il più delle volte invalidante quanto un qualsiasi problema fisico. Nessuno, dico nessuno è troppo piccolo o troppo avanti con l'età, troppo fortunato o troppo simpatico, troppo importante o troppo sicuro di sé per non essere “baciato” dalla depressione.
Non temete, oggi vi sono buone notizia che provengono dal “male oscuro”: esistono cure efficaci anche per migliorare situazioni difficili … sofferenze che possono essere realmente combattute e attenuate. 


ttenzione, però, quanto prima questo quadro clinico viene individuato, correttamente diagnosticato e curato, tanto prima ci si mette con le spalle al sicuro;
quanto prima si inizia, tanto prima è possibile cominciare a sentirsi meglio e cambiare vita … migliori saranno i risultati, i progetti e le aspettative di vita a lungo termine. Ma cosa succede veramente dentro di noi quando abbiamo a che fare con un disagio emotivo? Facciamo un esempio. Se io soffro di una qualche privazione o carenza affettiva, mi metterò subito alla ricerca - per compensare questa singolare mancanza - di un qualcosa che mi possa garantire sicurezza e “tranquillità” a livello emotivo: sorrisi, carezze, baci e abbracci … cercherò attenzione e considerazione in ogni cosa che tocco. Il mio pensiero - ogni volta che incontro qualcuno - sarà strutturato in modo tale da cercare l'approvazione e i complimenti dell'altro; l'obiettivo principale sarà quello di presentarmi “bene”, non come penso che l'altro possa apprezzarmi, ma secondo i miei parametri di giudizio acquisiti nel tempo … da qui un'altra delusione perché siamo unici sia nel pensare sia nel valutare … quello che piace a me non è detto che possa piacere anche all'altro!!! Se allarghiamo il concetto è facile intuire che il mio comportamento “forzato” diventa una difesa per mantenere in equilibrio alcuni parametri emotivi acquisisti: sarà rivolto ad ottenere più apprezzamenti e consensi possibili. Se entro poi in una sala d'attesa piena di gente, tutti quegli occhi mi metteranno a disagio e, quindi, mi difenderò come posso, con gli strumenti che ho a disposizione; metterò in atto ciò che ho appreso, cercherò di presentarmi come mi è stato insegnato a suo tempo, dando corso - se ho avuto seri problemi evolutivi - a quei fragili adattamenti in dotazione … sempre nel rispetto delle “mie” radici e secondo quei sensori che si sono sviluppati nel corso della mia vita.


lla fine, mi sembrerà di non essere mai stato in quella sala se non attraverso la tensione accumulata, con il dubbio però di non essere stato gradito o “piaciuto” ...
i miei pensieri, comunque, non erano lì con me, ma altrove … vivevo in un mondo irreale, mi difendevo da una mia insicurezza, da un'eventuale “offesa”. In definitiva cosa è successo. Tormentato da dubbi, incertezze e alla ricerca continua di apprezzamenti sono rimasto nell'angolo in silenzio, alle prese con i miei tarli mentali, consumando inutilmente energie preziose, togliendo forza e vitalità all'intero organismo: non ho socializzato, non ho visto e sentito nulla, mi sono perso il piacere di fare qualche conoscenza interessante, di scoprire cose nuove e di sentire il calore dell'altro! Questo modo di agire verrà attivato, con gradazioni diverse, in ogni relazione a seconda della carenza affettiva indossata … progetti, lavoro, rapporti, ricordi, affetti, sentimenti, sensazioni fisiche passeranno inevitabilmente attraverso il setaccio delle nostre esperienze passate ... mediante la nostra lente di ingrandimento sviluppatasi nel tempo.

Come si costruisce la “ predisposizione”.


' noto da tempo che le “attenzioni” materne verso il cucciolo d'uomo se sono ben dosate e “somministrate”, non solo forniscono uno scambio intimo, caloroso ed affettuoso, ma sono tanto indispensabili al suo sviluppo armonioso, quanto l'aria, il bere, il mangiare e le famose vitamine “ABC ...”.
Ma attenzione, non necessariamente deve essere solo la madre biologica ad assicurarle: essa è “sostituibile”. Il piccolo per sopravvivere non ha bisogno solo di essere pulito e nutrito, ma necessita di attenzione, tepore, palpazioni, baci, abbracci e carezze. Gli elementi fondamentali che tengono uniti i “pezzi” di ciascuno di noi sono sempre, comunque la si giri, il rispetto, la tenerezza, l'armonia e la dolcezza; disponibilità, continuità, costanza e stabilità insieme, all'inizio, nel primo approccio affettivo, sono la garanzia, la carta vincente per lo sviluppo di una personalità libera, armoniosa ed indipendente; sono senz'altro risorse preziose che assicurano un buon inizio e rendono la vita unica: mettono in corpo vigore, energia, forza, equilibrio, autostima e un senso profondo di sicurezza. Tutto ciò non si impara con le parole, con i consigli e neppure seguendo quella scuola di pensiero prestigiosa, rispettando rigorosamente alcuni precisi punti di riferimento sociali o, magari, letture di grandi esempi.
 

olo vivendo insieme -
condividendo l'esistenza quotidiana e interagendo a ogni avvenimento - le figure di riferimento assolveranno alla loro funzione di educatori e i figli diverranno a loro volta adulti in grado di esserlo e di “superare” ogni ostacolo che si presenterà nel corso della vita; questo consentirà ai genitori di conoscerlo veramente in profondità, di aiutarlo a superare i momenti difficili, di paura e di fragilità, smantellare i vari condizionamenti e automatismi che influiscono negativamente nelle scelte quotidiane. Con una “dote” emotiva simile potranno assumersi, da adulti, le loro responsabilità, sviluppare al momento giusto non solo la capacità d'amare e il rispetto di se stessi e degli altri, ma soprattutto sentirsi sereni e realizzati, essere naturali, spontanei e fiduciosi verso un mondo circostante che cambia continuamente ... non sempre accomodante, tollerante e compiacente. Senza insegnare niente a nessuno, è buona cosa conoscere bene, in profondità - per prevenire le difficoltà del piccolo comprendendone i suoi bisogni specifici - alcune dinamiche comportamentali, relazionali e comunicative … analizzare con originale efficacia alcuni suoi sentimenti dal punto di vista psicologico e sociale. Per rispondere in modo “corretto”, giorno dopo giorno, ai bisogni dei figli, è fondamentale l'atteggiamento aperto e sincero delle figure di riferimento fin dall'inizio: dalla primissima infanzia, dai primi momenti, addirittura dai primi “giorni” di vita del neonato. Egli ha sempre e comunque bisogno di calore, comprensione, attenzione, tenerezza, affetto e sostegno: le preziose ed indispensabili 'vitamine' della crescita. Ma egli ha anche bisogno di una atmosfera serena, di un territorio tranquillo in cui esprimersi e al tempo stesso di un ambiente “vivace”, in continuo fermento, di libertà, di autorità, di lealtà, di giustizia, di franchezza, di rapporti autentici, di protezione o, meglio, di stabilità, fermezza e sicurezza, ha bisogno sempre, da subito, di due figure fondamentali: di una 'madre' e di un 'padre' … ogni esempio autorevole può diventare una brillante fonte d'ispirazione che lascerà un'impronta forte ed indelebile nel futuro adulto. La presenza dell'altro lo rassicura, lo acquieta e, soprattutto, sa perfettamente che anche se dovesse in qualche modo reagire non verrà mai abbandonato.

er quanto una strada sia libera e in discesa, non si potrà mai e poi mai allevare un cucciolo d'uomo senza difficoltà e problemi!!! Per diventare adulti e restare in piedi anche nei momenti difficili, dobbiamo apprendere, imparare, adattarci, socializzare, fare nostre le regole del gioco e, nel contempo, rielaborare con i nostri criteri operativi le direttive altrui.
Non ci sono sconti, tanto meno scorciatoie, è un percorso obbligatorio se vogliamo costruire una buona, stabile e solida “impalcatura” emotiva. I conflitti svolgono una funzione estremamente importante a livello formativo ed educativo a condizione però di saperli gestire, superarli e soprattutto non farli diventare mai una guerra senza quartiere. Il piccolo in ogni sua fase evolutiva si scontra con la famiglia e con tutto ciò che è intorno a lui, entra in collisione con dinamiche conflittuali distruttive e incontra ogni specie di difficoltà. Tocca sempre all'adulto riconoscere le situazioni complesse in atto, capire la ricchezza educativa che esse possono determinare tanto per il bambino quanto per lui stesso … comprendere, quindi, i confini entro i quali è possibile muoversi per costruire buon senso, speranza, gioia e felicità. Dobbiamo cercare di adottare comportamenti più specifici a seconda dei diversi momenti di sviluppo psicofisico e dei cambiamenti relazionali frutto del suo interagire con l'ambiente circostante; attivare quei mezzi educativi capaci di aiutare a stimolare ogni potenzialità possibile, insegnargli il modo corretto di adattarsi e confrontarsi con il mondo in continuo mutamento, cercando di rispettare se stesso e gli altri; dargli la possibilità di coltivare i suoi talenti, soccorrendolo nei momenti di debolezza, nei periodi difficili, aiutandolo a capirli e a superarli con una certa facilità. Il bambino comincia la sua vita in modo disordinato, inizia i suoi primi passi per tentativi ed errori; ogni suo gesto è guidato dall'istinto di sopravvivenza; non lo sa, ma il suo massimo bisogno è l'assistenza da parte degli altri e da tutto ciò dipende la sua stessa sopravvivenza; la natura, infatti, ci ha messo a disposizione un riflesso nervoso, chiamato dai tecnici nocicettivo, un vero e proprio salva vita, una specie di allarme rosso utile per segnalarci, tramite il dolore, un corpo debilitato e per fronteggiare, attraverso la paura, i pericoli della vita che incontriamo strada facendo. 


uando è avvolto dal tepore, da mani morbide e vellutate, e gradevoli sensazioni il suo unico interesse è quello di raggiungere piena soddisfazione (mangiare, bere, cercare sensazioni termiche gradevoli … caldo, freddo). Il primo periodo esistenziale del fanciullo (0 – 4 aa.) è uno dei momenti più importanti per la costruzione di una personalità libera ed armoniosa. Questo è il periodo da cui traggono origine disturbi emotivi piuttosto seri: psicotici, borderline e narcisistici. In questa fase evolutiva, il piccolo riceve stimoli fondamentali per il suo futuro, ed inizia ad imitare; cerca di uguagliare o desiderare di superare qualcuno, prende su tantissime abitudini, buone o cattive: può diventare pauroso o intraprendente, fiducioso o dissimulatore, brioso o triste. Risponde ai nostri gesti, ai nostri sguardi, al tono delle nostre parole con un certo interesse e curiosità. A seconda della situazione e del tipo di rapporto specifico con l'adulto può cominciare a sviluppare precocemente un sentimento di paura o di diffidenza nei riguardi dell'autorità; a volte si pretende da lui - con la minaccia altrimenti di fare ricorso a punizioni dure e severe - un comportamento, a prescindere dall'età, da baronetto, un modo di fare ineccepibile; il timore però di essere punito o di fare brutta figura lascia in eredità un sistema psichico controllato, rigido e severo (vedasi Super - Io) … una sensazione diffusa di vuoto, di dolore, di essere difettoso; rimane quella indesiderata sensazione di essere inadatto, fatto male o imperfetto, di aver commesso un “delitto” imperdonabile, qualcosa di sbagliato ... un fastidioso sentimento chiamato dai tecnici senso di colpa. Rinuncia così a soddisfare i suoi bisogni primari e fondamentali a causa di qualche ipotetica minaccia mal interiorizzata, di eventuali ritorsioni non sempre però reali da parte delle figure di riferimento; da tutto ciò arriva ben presto una scadente valutazione, una brutta considerazione, un marchio infamante di se stesso: di non meritare nulla e di non essere adatto alla vita sociale; si ritrova ben presto isolato, tormentato e avvelenato dal timore che gli possa accadere qualcosa di drammatico, di essere improvvisamente aggredito, rifiutato, insultato, giudicato male … di poco valore ai propri occhi e a quelli degli altri. Questo modo di agire, se non superato, lascerà sul tappeto parecchie vittime, una notevole quantità di invalidi e non pochi feriti; si prolungherà per tutta la vita influenzando carattere e comportamento; tutto ciò si verificherà anche quando non esisterà un pericolo reale o nessuno penserà male di noi; è un'esperienza legata ad un'emozione autonoma, interiorizzata, radicata in noi nel tempo; un vissuto che ha radici profonde in uno stato d'animo di inferiorità, legato alla sensazione di inadeguatezza, al timore di essere umiliati, aggrediti o puniti. 


na simile realtà si concretizza attraverso rapporti e comportamenti specifici. Se ad esempio gli proibiamo in modo sbrigativo e definitivo,
senza le dovute spiegazioni, di urlare perché la cosa ci esaspera o di non giocare per terra perché si sporca, oppure vietare di stare con i suoi coetanei per evitare di contrarre l'influenza o il morbillo, comincerà a spegnersi, diverrà triste e privo di slanci, oppure al contrario - in base al suo preciso temperamento - piuttosto scontroso, riottoso e aggressivo. Se come un disco rotto continuiamo a ripetergli che è un debole, un buono a nulla, che i suoi compagni o fratelli sono migliori di lui, lo annulliamo rendendolo timido ed introverso. Se poi per costringerlo all'obbedienza più totale, lo minacciamo attraverso un severo diktat di non amarlo più, di farlo portare via dall'uomo nero o di mandarlo in collegio (adesso non esiste più questa singolare minaccia, ma ai miei tempi ha fatto tantissime 'vittime'), otterremo un personaggio ansioso, sospettoso e diffidente nei confronti del mondo intero. E ancora, se ci troviamo di fronte ad un bambino piuttosto viziato e lo preghiamo in modo superficiale di lasciarci lavorare, gli permettiamo di interromperci continuamente, disturbare per molte volte di seguito, lamentandoci e reagendo con insulti e minacce, ne faremo un despota capriccioso, bizzarro ed instabile, ma anche ansioso e inquieto per la mancanza da parte nostra di fermezza e autoritàdisciplina che gli è necessaria, in quel preciso periodo evolutivo, come un gustoso pasto quotidiano


e esistesse, comunque, un “buon” modo di agire che bastasse apprendere e applicare pari pari le regole del “ben - essere”, tutto sarebbe molto più semplice
. Ma le cose non stanno così; se da una parte, lo sviluppo di alcune regole generali e lo studio scientifico dell'essere umano permettono di chiarire meglio alcune dinamiche familiari e relazionali, dall'altra ogni singolo caso continua a rimanere singolare perché ciascun individuo è unico ed irripetibile, diverso dagli altri e, soprattutto, perché la vita viene percepita sempre in modo soggettivo, non guarda in faccia a nessuno, è come un rullo compressore, ci trasforma incessantemente in base ai suoi continui stimoli ambientali. L'educazione è sempre complessa e, soprattutto un qualcosa di dinamico e soggettivo; consiste forse in un certo senso nel modificarci - genitori e figli nessuno escluso - poiché la “formazione” dei genitori si arricchisce sempre di quella dei figli.


ggi sappiamo che per aiutare il piccolo nei momenti difficili - accompagnarlo nel suo sviluppo armonioso - bisogna assicurargli rispetto, una adeguata libertà alle sue attività e nello stesso tempo fargli sentire una certa sicurezza che in particolare deriva dall'autorità che direttamente esercitiamo.
Attenzione, però, libertà e autorità, molto spesso a torto, vengono contrapposte, come due modalità conflittuali, due metodi educativi diversi tra loro e in contrapposizione. Niente di più sbagliato!!! Si tratta invece di due bisogni complementari ed indispensabili per il fanciullo … in erba. Questi due atteggiamenti possono dare, nel tempo, quando sono ben equilibrati, buoni frutti, discrete soddisfazioni e ottimi risultati a livello educativo. E' fondamentale che nel nucleo familiare vi sia “autorità”, che la figura di riferimento si interessi non solo delle sue infinite attività e definisca in modo univoco le regole della sua esistenza, ma che sia anche contento nel vederlo vivace, creativo e allegro … col tempo, il piccolo, si renderà conto che se si comporta male anche i genitori saranno scontenti. Se non vogliamo creare un personaggio subordinato, acritico, completamente in balìa dei capricci del mondo e al volere degli adulti, dobbiamo centellinare la disciplina e, soprattutto, considerare attentamente sia l'età anagrafica sia lo stato mentale. Ha bisogno di muoversi in modo autonomo, esercitare la sua libertà entro determinati spazi e norme; pertanto, aspetta le regole da noi come fossero una piccola roccaforte costruita per la sua integrità e sicurezza. 

gni persona adulta attenta può osservare che il piccolo, in tenera età percepisce naturalmente questo bisogno di autorità e che l'accetta ben volentieri se viene erogata con pacatezza, decisione, fermezza e serenità; se questa sana condotta viene impartita con le modalità giuste, verrà accolta a braccia aperte e con gratitudine; egli è profondamente sottomesso, ma si sente protetto e al sicuro:
e ciò anche quando, istintivamente, risponde “no” alle richieste dell'adulto. Questi improvvisi accessi di opposizione costituiscono, soprattutto a una certa età, un semplice bisogno di esprimere la propria autonomia ed indipendenza. Ed è proprio in questo frangente che la nostra autorità diventa preziosa: trae vantaggio a non prenderlo sul serio. La perdiamo, invece, proibendo o esigendo continuamente senza alcuna necessità mille dettagli rigidi ed inutili di comportamento, minacciando infinite punizioni che non verranno mai inflitte. La perdiamo anche irritandoci, lamentandoci, ridicolizzando, discutendo a lungo senza spiegarci a fondo o farci capire. Si distrugge completamente anche quando gli adulti discutono aggressivamente tra di loro, gridando, criticandosi, offendendosi entrambi davanti al piccolo. Vi sono tantissimi modi per smantellare l'autorità: e si tratta sempre di una cosa grave, distruttiva più per il fanciullo che per l'adulto. Non è mai facile per nessuno gestire l'esuberanza infantile!!! Non esistono ricette magiche e risolutive. Ogni situazione richiede una scrupolosa e specifica valutazione, non solo in funzione del presente, ma anche per creare un futuro più sereno. Si può osservare direttamente che l'autorità risulta accresciuta da una buona fermezza, discreta calma e un rispettoso silenzio; attecchisce bene quando viene elargita con pazienza, equilibrio e costanza, il tutto accompagnato da fiducia, stima ed affetto. Essa è riposta molto più nell'atteggiamento, nel tono della voce e nel gesticolare troppo che non nelle parole stesse. Il bambino non si sviluppa solo da un punto di vista fisico ed intellettuale; anche la sua personalità deve trasformarsi incessantemente, maturare liberamente, senza mai saltare l'età mentale o bruciare le tappe evolutive.


gli dovrebbe diventare adulto a poco a poco, senza tanti scossoni. Le figure di riferimento, pertanto, rappresentano per lui l'immagine vivente di quel che egli deve voler diventare e fare nella vita. Anche se la ciambella non riesce sempre col buco, si può tranquillamente intuire cosa possiamo fare per aiutarlo lungo questo complesso cammino … su questo pendio scosceso senza nessun orientamento preciso. Essere presenti, in tutti i sensi, non significa mettersi al suo livello, ma essere se stessi, in modo autentico, in una situazione in cui, via via egli cresce e che la famiglia magari aumenta, la rete delle relazioni diviene sempre più complessa. Man mano che passa il tempo il piccolo impara che per ogni cosa ha bisogno di qualcun altro: di figure di riferimento con un atteggiamento ben specifico. Stare da soli appare poco vantaggioso e tutto può diventare in un attimo pericoloso; non può far nulla da solo, è “impotente” verso se stesso e il suo ambiente.
Così, piano piano, scopre a proprie spese che il mondo circostante può manifestarsi in modo ostile e frustrante … una realtà esterna nemica che mina completamente la qualità della sua vita. Impara presto che l’essere soddisfatto dipende da chi gli sta di fronte, dalle figure di riferimento e, soprattutto, che il loro amore o la loro disponibilità ad accettarlo è una garanzia di sopravvivenza per lui; scopre anche che l'amore è un bene prezioso e che non solo bisogna meritarselo, ma che spesso va anteposto completamente al piacere. La necessità di essere amati diventa il requisito essenziale come il bisogno di soddisfare la fame, la sete e, soprattutto, il suo immenso e insaziabile appetito di carezze. In primo luogo questo amore è offerto senza condizioni, ma i genitori ben presto esigono qualcosa, e il bambino scopre di vivere in un mondo complesso, il più delle volte “pretenzioso”, condito con uno strano modo di fare, con due atteggiamenti ben precisi: approvazione o disapprovazione. Dopo un po’ l’amore viene offerto soltanto se il piccolo agisce conformemente a certe regole, alla loro volontà. Le “malefatte” generano ben presto la paura della disapprovazione, e le azioni buone un’attesa di approvazione … di accettazione. Il bambino impara a riconoscere un giudizio di valore, di approvazione e uno di disapprovazione talmente bene da applicarli spontaneamente e rigidamente a se stesso. Non appena distingue ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, comincia a formarsi una coscienza personale, e il bisogno di fare le cose giuste diventa il primo requisito per i suoi sentimenti di soddisfazione e di giudizio favorevole … di consenso. 


 genitori, quindi, guidano, secondo i loro schemi mentali e stili di vita ogni cosa circostante; il piccolo, poi, quando ha interiorizzato tale meccanismo adattivo, lo fa suo e lo mette in pratica ad occhi chiusi senza rendersene nemmeno conto; impariamo la lezione così bene e alla lettera che guidiamo noi stessi, attraverso un incontrollabile automatismo, in quella direzione a suo tempo da altri “tracciata”, e come risultato soffriamo facilmente di frustrazioni, ci sentiamo insoddisfatti, delusi, spenti e “schiacciati”. Siamo frustrati, diventiamo insofferenti, dispettosi e furiosi; quando diventiamo irosi ed esprimiamo la nostra rabbia siamo rimproverati e richiamati all'ordine, all'obbedienza totale, al senso del dovere con parole minacciose e sguardi pietrificati che paralizzano corpo e mente;
quando siamo rimproverati, senza una giusta spiegazione, ci sentiamo sbagliati, difettosi e in colpa; e con la colpa sviluppiamo un bisogno di punizione, il più delle volte attraverso la sofferenza (dobbiamo espiare!). Ogni bambino ha avuto bisogno di pensare che “buono” e “cibo” spesso coincidono … ecco le radici delle grandi abbuffate! Nell’allattamento, infatti, il bambino prova il primo sollievo dal disagio fisico e, nel contempo, il contatto “caloroso” con la pelle vellutata e accogliente della madre gli dà la sensazione di essere difeso, protetto, sostenuto e considerato; di essere qualche volta sì in salita, ma con quella “pienezza” svilupperà un senso di fiducia e sicurezza che gli permetterà di affrontare autonomamente con vigore le sfide della vita senza arrendersi mai. Durante l’allattamento, inoltre, egli sperimenta sensazioni piacevoli nella bocca, nelle labbra e sulla lingua (zone erogene, fonte di piacere), che poi cercherà di produrre, in assenza della figura di riferimento, succhiandosi il dito o quello che trova a portato di mano (abitudini che, con valenze diverse, rimarranno nella memoria, vissute nella vita adulta in maniera non del tutto gratificante se tale fase rimarrà fissata ad una precedente fonte di soddisfazione, non verrà “superata” in maniera adeguata) … il cibo, quindi, può diventare un ottimo rifugio, in discreto supporto nei momenti difficili. Non appena è un po’ cresciuto ha avuto bisogno di sentire che sta agendo in maniera giusta.


al momento che nel corso della nostra infanzia siamo sempre giudicati, ben presto impariamo a sentenziare noi stessi.
E quando facciamo qualcosa o vogliamo realizzare un progetto che pensiamo sia ritenuto sbagliato (da altri), ci sentiamo in colpa; giudichiamo che non siamo degni di amor proprio, di attenzione, di approvazione e di lode. Questa dolorosa sensazione di sentirsi fragili ed inadeguati è un timore antico, registrato nella memoria, sono ricordi emotivi che ritornano e non lasciano scampo ... brutte ferite che hanno incrinato l'autostima durante l'infanzia e che continuano a fare stragi in ogni momento; una simile eredità, anche per l'organicista più incallito, non può che lasciare tracce insane sul nostro corpo, sul modo di pensare e di vedere il mondo. Sfortunatamente confondiamo la nostra “indegnità morale” o la nostra colpa con gli effetti che ogni nostro “difetto” ha su di noi. Ogni volta che manchiamo di fare qualcosa per la nostra soddisfazione, sminuiamo noi stessi; ancora una volta cominciamo a ricercare al di fuori la conferma del nostro valore. Passiamo il tempo a cercare l'amore perfetto piuttosto che offrirlo. 

 
le nostre relazioni spesso sono insoddisfacenti perché nessuno può darci ciò che domandiamo …  quel qualcosa che ci è stato sottratto a suo tempo, anche se in buona fede. Alcune persone vanno alla ricerca dell’approvazione esterna e dell’amore lavorando in maniera eccessivamente dura e conseguendo molto di più di quanto hanno bisogno; altre ancora si lasciano andare a una specie di “giostra sociale”, per paura di restare sole. Questi mezzi comunque sono un'illusione, spesso ci ingannano, offrono una “reale”, anche se instabile, possibilità di essere accettati. Noi adulti, non possiamo negarlo, a volte siamo dei veri campioni a smantellare iniziative, distruggere progetti, a spegnere passioni e a cancellare i sogni “altrui”, solo per mostrare il nostro lato “migliore”, quello ritenuto più brillante, nascondendo però, per assicurarci sempre quel fragile equilibrio, tutto il resto, conservare così come sono i nostri schemi mentali e stili di vita. Lo sappiamo che per una buona partenza, la coerenza, la fermezza e le regole sono tratti psicosociali importanti e costruttivi, ma dobbiamo saper anche dare ai nostri figli l'opportunità di esprimersi, sfogarsi fisicamente, di correre, di urlare, e ancora gridare più forte, di giocare all'aperto e, nel contempo, aiutarli a contenere l'ansia e incanalare in modo più costruttivo i loro impulsi aggressivi inutili e dispersivi. La complessità del fenomeno depressivo non si riscontra solamente nel tentativo di descriverlo, ma anche nella sua manifestazione clinica. I sintomi, presenti nella sindrome depressiva, possono manifestarsi nelle forme più svariate e, soprattutto, esprimersi attraverso altre categorie di disturbi mentali. Gli individui che soffrono d'insonnia, ad esempio, sintomo quasi sempre presente nella condizione depressiva, possono dormire, contrariamente a quanto si crede, più ore rispetto allo loro perdita reale di sonno, utilizzando buona parte della giornata. L'isolamento, inoltre, considerato un comportamento appartenente a tale stato emotivo, non sempre si realizza, in modo assoluto, con l'interruzione dei rapporti sociali improvvisi; anzi, a volte succede il contrario: . Quando tutto ciò viene a mancare, ovvero non sono rispettate o confermate queste sue esigenze narcisistiche, il soggetto mette in atto il meccanismo della fuga, troncando bruscamente la relazione che non è più esperienza gratificante, ma solamente fonte di malintesi, scontri e frustrazione … Ognuno di noi, inevitabilmente, nel corso della propria esistenza, ha dovuto affrontare, in modo effimero o duraturo, come un improvviso colpo di ferula, il malessere depressivo. La depressione è sostanzialmente un gioco di opposti, di equilibrio tra gioia e tristezza. Quando uno dei due sentimenti aumenta d'intensità l'altro diminuisce, determinando così l'insorgenza del benessere o del malessere relativo al disturbo emotivo specifico. Non possiamo separare neppure la depressione dall'ansia perché, per lo più, si alternano e si intrecciano.

e l'ansia viene definita come uno stato non patologico ma reattivo, cioè caratterizzato da un certo attivismo e da un innegabile vigore, la depressione si manifesta invece come uno stato di abbassamento generale dell'umore, con rallentamento delle funzioni psichiche e motorie; i soggetti sono completamente dominati da pensieri negativi, intrusivi e ripetitivi, da sensazioni di inefficienza, inutilità e fallimento. I sintomi psichici - apatia, irrequietezza, ansia, vuoto interiore ed ideazione suicidaria - si intrecciano con disturbi psicomotori - muoversi continuamente e senza una ragione precisa, amimia e agitazione psicofisica - e con quelli psicosomatici - vertigini, secchezza della bocca, stitichezza, diarrea, dolori diffusi, insonnia, anoressia, sensazione ingiustificata di freddo e tachicardia -.Tutto questo malessere è accentuato, in alcuni casi, nel primo mattino, va a scemare durante la giornata e si attenua di sera … iniziare la giornata con apatia e pochi interessi è difficile per chiunque, figuriamoci per chi ha tratti depressivi importanti! Il depresso, ancora in buone condizioni, stranamente, va alla ricerca di vecchi amici, che non sente da tempo. Tale rapporto, comunque, ha caratteristiche particolari nel senso che deve soddisfare sempre certe sue esigenze narcisistiche … un desiderio che non ha nulla a che fare con la vera natura affettiva, relazionale e sociale. Anche in questo “nuovo” rapporto vige quel famoso ritornello: “non mi sente considerato e capito” meglio fuggire a gambe levate. Un altro fenomeno che concorre alla formazione dei tratti depressivi è, paradossalmente, il tempo libero. Con le varie conquiste sociali si sono determinate buone condizioni di libertà per l'individuo, ma nello stesso tempo lo hanno spinto alla inattività. Questa singolare e forzata oziosità è deleteria per coloro che non sanno godersi appieno un meritato riposo o che non hanno attività sostitutive stimolanti, in quanto, l'inattività, sviluppa ancora di più confusione, incertezza, apatia, monotonia e noia. … un chiaro esempio di quanto affermato ci viene direttamente dalla personalità compulsiva: provate a dire a questi soggetti di rallentare o di fermarsi, vedrete personalmente cosa vi può “accadere”!!! Il fatto che si possa poi mangiare “bene” tutti i giorni, vestirsi alla moda tutte le mattine, indossare abiti delle migliori griffe dell'alta moda, avere a disposizione cineteche infinite, guardare i migliori film del momento, rende sempre più difficile “sognare”, manifestare desideri, avere delle voglie, sviluppare immaginazione, fantasia, entusiasmo e, soprattutto , notare “differenze” tra le cose.Per cui le persone avvolte dalla monotonia, senza scopi, interessi e curiosità, a lungo andare, perdono la stima in se stesse, diventano abitudinarie, si perdono nella routine, si lasciano andare al vortice del già conosciuto … sono spinte, purtroppo, senza accorgersene nel tunnel depressivo. E' cosa utile, pertanto, che ogni individuo, “predisposto” a questa leggera forma di depressione, non si adagi sugli allori; guai restare inoperosi, bisogna imparare a vivere nel presente non nel passato, ad esprimere liberamente la propria creatività e genialità nel settore che si desidera, svolgere varie attività manuali anche in maniera superficiale … se va male qualcosa, non si rimane impantanati nel nulla, si ha subito a disposizione una “alternativa” per ricominciare. Grave o lieve che sia, deve sentirsi accettato e considerato. Solo se si sentirà amato, potrà amare se stesso per come è realmente e non come vorrebbe sembrare o essere. Non deve restare solo, va inserito in un gruppo in grado di decodificare i suoi segnali in maniera univoca e accogliere le sue richieste senza tante promesse e ricatti. 


articolare attenzione, inoltre, deve essere rivolta, in modo da evitare numerosi atti inconsulti, agli anziani che sono maggiormente esposti, dopo la quiescenza, alle crisi depressive gravi. Essi quando parlano di un gesto per “farla finita” - non sono come gli isterici che hanno bisogno di una platea ben nutrita per realizzarlo e quasi sempre non lo mettono in atto - lo fanno, nella maggior parte dei casi in silenzio, realmente, senza nessuna esitazione e pubblico. Vi sono comunque non pochi meccanismi e rituali sociali che possono portare, anche se in modo effimero, qualche sollievo, combattere o attenuare le crisi depressive, come ad esempio ascoltare musica, coltivare interessi, inseguire passioni, accettare inviti a cena e praticare l'attività sessuale con una certa continuità. Esistono, inoltre, individui che alleviano il proprio disagio psichico ascoltando dei rumori provocati dall'uomo perché ciò indica una sua “presenza” … c'è qualcuno intorno a me, non sono più solo! Poiché l'essere umano per raggiungere la propria maturità deve affrontare e superare sentimenti di frustrazione, di rifiuto e di abbandono, condizioni che possono minare la sicurezza ed il tono dell'umore, gli sarà difficile cancellare completamente dalla sua vita il “germe” depressivo. Un altro punto della depressione controverso - che solleva un vivace dibattito nelle varie scuole di pensiero - è quello relativo al fattore eziologico. Da una parte, secondo alcuni orientamenti scientifici, le cause della depressione sono da imputare a disordini biochimici, disfunzioni organiche. Dall'altra parte, secondo altri studi seri, l'eziologia depressiva è prevalentemente di ordine psicologico.
Forse entrambe, queste due posizioni, hanno ragione. Questi due mondi sono strettamente legati tra loro come la notte e il giorno; il corpo attraverso i sensi invia segnali al cervello alterandolo, mentre la mente, attraverso alcune esperienze emotive, crea variazioni fisiologiche importanti nell'organismo. Quest'ultima concezione, ovvero la visione “individualistica” che si contrappone a quella organicistica, nacque all'inizio del secolo scorso con l'avvento della psicoanalisi. Non è compito di questo saggio chiarire, fare scelte, dimostrare la veridicità o meno delle due posizioni concettuali. 


icondurre, comunque, tutto al “biologico” oppure tutto allo “psicologico” significa affrontare il problema depressivo in modo parziale, riduttivo e semplicistico. Non è più tempo di fissarsi su posizioni narcisistiche: il “biologico” non è contrapposto allo “psicologico” semmai complementare. La ricerca, pertanto, relativa al “biologico”, attività sicuramente affascinante ma complessa, va stimolata e sostenuta non ostacolata come avviene molto spesso per falsi motivi etici e culturali. Una ricerca coscienziosa, scevra da pregiudizi, potrebbe fornire interessanti e preziose conoscenze fisiologiche (ormonali) del corpo umano e, quindi, eliminare o evitare molte sofferenze attraverso nuove strategie terapeutiche. Si sa da tempo che certe sostanze, di cui molte prodotte dal nostro organismo, in quantità ipo o iper, possono influenzare il pensiero, l'equilibrio psichico, i vari processi mentali. Studi significativi ed interessanti, ad esempio, sono stati condotti da vari ricercatori sull'effetto dell'istamina e della serotonina sullo stato depressivo: in giusto dosaggio lasciano un senso di benessere e di felicità. Altri elementi chimici, introdotti nel corpo umano, che in modo eccessivo possono far male, sono il piombo e l'alluminio. Essi rispettivamente, influiscono negativamente sul funzionamento cerebrale e sono responsabili di patologie degenerative. Gli strumenti attualmente usati per l'intervento “biologico” nella cura di uno stato depressivo sono: sonno, elettroshock e farmaci antidepressivi. Per quanto riguarda, invece, la ricerca “psicologica” essa dovrebbe fornire conoscenze specifiche della condotta umana e, soprattutto, cercare nuove formule educative più consapevoli, aggiornate e pertinenti al proprio periodo storico, per favorire la salute ed il benessere psichico di ogni individuo … migliorare le risorse emotive in modo tale da ritornare ad una vita più serena e produttiva … aiutare a superare con più facilità insoddisfazioni, limitazioni e inadeguatezza. 


a psicoterapia è una metodica terapeutica basata sull'introspezione, intesa come rapporto tra due soggetti:
il paziente, afflitto da problemi emotivi, e il terapeuta, in possesso degli strumenti professionali per collaborare alla loro risoluzione. Tale percorso terapeutico è caratterizzato da un insieme di regole fondamentali - implicite ed esplicite - che consentono di creare l'atmosfera relazionale idonea, l'interazione ideale in cui il paziente possa raggiungere la sua meta, che è la risoluzione dei sintomi attraverso una correzione intrapsichica in senso positivo: scomparsa del malessere, maturazione e sviluppo dell'intera personalità. Il fine terapeutico, quindi, mira ad alleviare i problemi emotivi che si manifestano con sintomi invalidanti, alterazione degli affetti e problemi comportamentali, a loro volta risultato di conflitti intrapsichici irrisolti e mancato adattamento; un lavoro che, se ben fatto, produce cambiamenti strutturali nel paziente; aiuta a rimuovere il sintomo attraverso il rafforzamento e la maturazione del soggetto, la modificazione dei suoi meccanismi patologici e la promozione di un cambiamento costruttivo nel Super – Io. In realtà si tratta di scoprire e definire i conflitti intrapsichici del soggetto e i metodi da lui adottati per farvi fronte, prestando particolare attenzione al modo in cui tali metodi (meccanismi di difesa) hanno fallito. In breve, gli viene offerta la possibilità di ricominciare da capo, di fare nuove esperienze, dando così il via a quegli stili di vita e schemi mentali che conducono a nuove e più mature integrazioni, a modi di porsi in relazione con gli altri più vantaggiosi e costruttivi. Guai confondere, comunque, l'improvvisazione con l'uso creativo della psicoterapia … la parola dell'amico e le botte sulle spalle sono cose importanti e, sicuramente, pur essendo un beneficio effimero, cosa buona al momento, ma sono tutt'altra cosa rispetto al processo terapeutico che mira, con tecniche specifiche, ad analizzare la situazione conflittuale, risalire il più possibile alla sua genesi, mettere a punto soluzioni o comportamenti adattivi nuovi e meno dispendiosi!


ome abbiamo sottolineato più volte, la capacità di gestire la realtà si sviluppa nel tempo attraverso l'esperienza diretta di ognuno di noi con il proprio ambiente: è sempre in funzione dell'incontro - scontro del piccolo con il suo mondo circostante. Lo sviluppo della personalità è il frutto di alcune caratteristiche innate, dell'iniziativa personale e dell'interazione sociale. Sono profondamente convinto comunque - anche se in questa sede non sono in grado di dimostrarlo - che i passi iniziali e le esperienze dei primi anni di vita del pupo, inseriti in un certo contesto, siano fondamentali, decisamente più importanti dell'eredità genetica. Piuttosto rapidamente si giunge alla conclusione che ogni bambino, all'inizio, cerca di ottenere non solo attenzione, coccole e amore, ma vuole anche essere protetto, aiutato ad affrontare e superare la fame, la sete, il freddo e la paura. Se una di queste penose sensazioni si impadronisce di lui scatta immediatamente la “rivolta”. Molti sono i pericoli, gli scontri, i tranelli, le ferite e gli infortuni che ogni cucciolo deve affrontare, gestire e risolvere durante il suo lungo e complicato viaggio esistenziale. Generalmente, alcuni adulti, pensano che per crescere i figli non vi sia bisogno di un addestramento particolare, di una educazione mirata e consapevole, tanto meno di conoscenze psicopedagogiche moderne, magari che il metodo Montessori sia oramai sorpassato ed inutile, ma che basti semplicemente un briciolo di buonsenso. Se ci guardiamo bene intorno, pero, notiamo che questo “buonsenso” non sempre porta a quanto desiderato, ottiene grandi risultati: funziona come si voleva o si sperava; in tutto ciò ci sono, infatti, tantissimi segnali contraddittori. Attenzione, il mio buon senso, infatti, essendo un giudizio di valore, non è detto che corrisponda sempre a quello dell'altro, per cui è facile intuire che occorre ben altro per garantire una crescita armoniosa e felice!!! Alcuni sono convinti che per educare un figlio sia sufficiente essere determinati, fermi, decisi, basta imporgli regole rigide e, soprattutto, la propria volontà. Certi, invece, più sbrigativi e poco coinvolti, credono che, per prepararlo alla vita dura, sia sufficiente lasciargli carta bianca, libero arbitrio, permettergli di fare tutto ciò che desidera senza alcun controllo … in breve, lasciare che se la sbrighi da solo; ma lui, a tutto questo lassismo, non potrà che rispondere con rifiuti, aggressività, paura ed arroganza. Altri circondano il figlio di un'assillante tenerezza, prodigandogli cure, affetto a volte davvero esasperante e consigli fino ad immobilizzarlo, a renderlo innocuo, privarlo completamente del suo potere decisionale … il piccolo istintivamente non potrà fare altro che difendersi con distacco, diffidenza e freddezza al soffocante “amore” ricevuto … non accetterà mai, se non attraverso ricatti e compromessi, quel surrogato affettivo irritante che immobilizza, toglie il respiro, crea ansia, rende i rapporti spenti e conflittuali; iperproteggerlo a spada tratta, risolvergli ogni suo problema, si creerà in lui solo debolezza, dipendenza e un futuro incerto, caratterizzato da rinunce, paure e panico.


iversamente, molti adulti amano tenere le distanze, si esprimono in maniera rigida e severa, suggeriscono la perfezione e impongono la rinuncia, in contrasto con ogni spirito libero ed indipendente; il loro credo è prima il dovere e poi il piacere, ogni cosa bisogna meritarsela, persino l'amore, ricordatelo bene, capito!!! Troppa autorità fa perdere all'adulto autorevolezza, mentre nel piccolo produce disistima, alimenta la sfiducia in se stesso e negli altri … sarà ansioso e privo di difese. Scopre di colpo che ogni cosa è in salita ed in funzione degli altri, che non può avere prodotti mentali propri, importanti, originali, formulare opinioni, possedere desideri e passioni: deve sempre accontentarsi, sperare nella bontà altrui … che gli si passi di tanto in tanto qualche “boccone” decente! Impara nel tempo che per ottenere un po' di rispetto deve avere grinta, essere forte, un combattente, un guerriero, un eroe su tutti i fronti, mai mollare e, soprattutto, guai piangere … è pericoloso si può scivolare in un'altra identità di “genere” … quella considerata ancora oggi da molti una figura fragile e “debole”; in questo modo sviluppa un comportamento scontroso, ostile e provocatorio; un pensiero confuso e contraddittorio che rende impossibile ogni tipo di comunicazione e rapporto: essere “buoni” non paga assolutamente, meglio improvvisarsi “cattivi” e aggressivi; l'unico modo per ricevere affetto e protezione è quello di eseguire alla lettera ciò che gli altri ci chiedono di fare … se non vinci o non superi i tuoi compagni sia a livello sportivo sia a livello scolastico, non esisti, cerca di fissartelo bene in quella zucca una volta per tutte; solo se non commetti errori e ti comporti nel modo indicato potrai essere considerato ed amato; l'amore allora non è più un diritto, un sentimento naturale, ma diventa un surrogato, dipende esclusivamente da un comportamento poco spontaneo, forzato ed imposto; il piccolo viene apprezzato per quello che fa e non per i suoi contenuti mentali importanti ed originali, per quello che si sforza di fare: il pensiero diventa la sua attività più importante e migliore, mentre i sentimenti sono debolezze, di poco conto, per nulla efficaci nel gestire la vita, non certamente vantaggiosi … meglio rinunciarci, sbarazzarsene il prima possibile! … bisogna far lavorare il cervello, la testa, il pensiero, guai manifestare sentimenti, rivelare quello che si ha veramente nel cuore e nell'anima. Ma questi tratti perfezionistici impressi nella mente non sono solo traditori e azzerano la spontaneità, ma boicottano ogni iniziativa, ostacolano la realizzazione di ogni cosa, persino di portare a termine ogni lavoro incominciato perché i compiti assegnati vanno oltre le aspettative, sono impossibili da concludere per chiunque in quel modo. 


a scarsa autostima, il timore di sbagliare, di essere sgridato e umiliato, infatti, rendono insicuri, bloccano e costringono a rimandare o peggio ancora a rinunciare ogni tipo di attività in corso. E' proprio dal sentimento di disistima che nasce il desiderio di perfezione: essere perfetti significa riconquistare il proprio valore, senso di sicurezza e di stima … considerazione dell'altro. Purtroppo è solo un'illusione! Il piccolo che appartiene a questa categoria ha solo bisogno di una discreta tolleranza ed una buona razione di affetto supplementare che lo rimetta sulla giusta carreggiata: in grado di riprendere contatto con la realtà e di occupare coraggiosamente il posto che gli spetta di diritto nell'ambito familiare. In questo modo non solo si impedisce che riempia il suo tempo con una quantità di piccoli dettagli che al momento a lui sembrano indispensabili anche se inutili, ma si evitano richiami, punizioni e rimproveri fuori luogo, solo adatti a sminuirlo, disorientarlo e creargli un forte senso di inferiorità. Gli si darà, inoltre, il pretesto di rinunciare a nuove attività, concludere, portare a termine progetti perché sarà sempre impaurito, insicuro, scoraggiato e contaminato da ogni esperienza difficile che incontrerà. Con tutti questi “insegnamenti” non è difficile creare confusione, malcontento e lasciare profonde ferite. Molti, infatti, improvvisamente, con grande rammarico, restano particolarmente sorpresi, stupiti ed amareggiati di non aver raggiunto, a livello educativo, gli scopi prefissati.

'epilogo appare più che evidente, la maggior parte dei genitori si lamenta del modo di fare e dello stile di vita dei propri figli … ci si ritrova tra le mani un piccolo tiranno con più difetti che qualità! E' importante tenere ben presente che da un attaccamento di tipo insicuro – evitante può svilupparsi un personaggio strano ed eccentrico che rifiuterà ogni contatto e relazione affettiva: percepirà il mondo in modo minaccioso ed ostile (avremo un disturbo di personalità paranoide, schizoide e schizotipico). Se la figura di riferimento si presenta come insensibile ed imprevedibile avremo un piccolo che si sentirà trascurato e per nulla soddisfatto nelle sue esigenze primarie. Vive i rapporti affettivi con ansia e non sentendosi amato chiederà continuamente conferma fino ad esasperare l'altro … e non solo a livello familiare, ma in ogni area sociale. Poiché teme la critica e la disapprovazione altrui eviterà ogni cosa possa renderlo vulnerabile … rinuncerà, quindi, di sperimentare tutte quelle cose che lo possono coinvolgere a livello affettivo, scolastico o lavorativo (avremo una personalità: dipendente, ossessiva - compulsiva). Anche un rapporto iniziale disorganizzato fa le sue vittime, produrrà personaggi melodrammatici, emotivi ed imprevedibili. In tale rapporto, questo tipo di attaccamento, la figura di riferimento è concentrata più su se stessa che sulle esigenze del piccolo; il pupo viene trascurato emotivamente e fisicamente. Per gestire i suoi pensieri e comportamenti disadattivi che causano sofferenza e disagio, il piccolo ha imparato a reagire a questa “carenza o “assenza” affettiva con rabbia, furia, dolore, panico, vergogna: per sopravvivere deve screditare gli altri, snobbandoli e manipolandoli in questo modo qualsiasi relazione diventa difficile e complicata … solo lui ha cose migliori e contenuti mentali importanti ... è comunque superiore a chiunque (personalità: Antisociale, bordeline, istrionica, narcisistica)


on è difficile scoprire, poi, ad una certa età, attraverso la “coazione a ripetere”, di essere come chi ci ha generato; sentire in giro qualche severissima riprovazione, certe imprecazioni, essere tormentati da certe riflessioni deludenti come: “Oh my god”, che guaio, sono una fotocopia, assomiglio proprio a “lei/lui” ... 'loro'!!! Molti sono gli atteggiamenti educativi che possono forgiare o indebolire una personalità, ma infiniti sono anche gli insegnamenti, gli strumenti, i modi di fare e le strategie terapeutiche per farla rifiorire. Il mestiere di genitori può essere sicuramente complesso, difficile, ma per certi versi appassionante e, soprattutto, non finisce mai, dura per sempre … per tutta la vita. Certo, è un'attività che può essere contrastata da alcune delusioni, ma non bisogna dare eccessiva importanza al primo ostacolo. Il piccolo si evolve continuamente; per dargli stabilità, dobbiamo accompagnarlo nella sua evoluzione e “trasformare” anche noi stessi in questo lungo cammino. Si possono prevenire le difficoltà del bambino solo se si comprendono i suoi veri bisogni. E' sempre difficile fornire ricette educative uguali e perfette per tutti, perché ogni piccolo è unico e bisogna tenere conto dell'ambiente e degli stimoli che variano continuamente … non pretendiamo mai soluzioni sbrigative, cerchiamo invece di essere più coraggiosi agendo da adulti: nessuno ha la verità in tasca!!! Solo attraverso un'atmosfera di rispetto, di stima, di fiducia, di affetto e di reciproca comprensione possiamo fornire un'educazione di qualità … saggia ed equilibrata ... anche gli errori sono importanti, possono diventare un buon esempio, un momento davvero magico per tutti. Bisogna incoraggiarlo a crescere, a non rimanere un bebè per tutta la vita, permettendogli maggior libertà ed indipendenza. Lui vuole essere se stesso, muoversi in modo autonomo; una cosa è certa, queste caratteristiche sono desiderate da tutti, si trovano in ogni essere vivente. Come non bisogna reprimerlo mettendolo continuamente a confronto con amici, parenti e compagni, così non bisogna sbattergli in faccia le nostre mille meraviglie, i nostri trofei … di essere stati dei veri “campioni” in passato … di mettere in mostra i nostri successi, solo per sventolare un perverso esibizionismo, un vivace ed infantile pensiero narcisistico. Esternagli un affetto genuino, inoltre, anche quando si oppone, può essere un buon gesto per stemperare tensione e conflitti; non bisogna però lasciare sempre correre o far finta di niente, ma in molti casi è più vantaggioso non entrare in collisione … scontrarsi frontalmente; a mio parere, tener duro su alcuni punti precisi, saper resistergli, nel caso in cui gli venga voglia di commettere una sciocchezza o una pura cattiveria è sempre la cosa migliore, ne giova la reputazione e, soprattutto, diventa un ottimo esempio … un buon segnale educativo. L'amore non si misura mai sulla base del successo o del territorio conquistato, ma sul rispetto, autorità e fiducia. 

BREVI ELEMENTI di PSICOPATOLOGIA


a psicopatologia si occupa, principalmente, dei processi psichici disfunzionali: compromissione dell'Io (Io: corrisponde alla percezione che abbiamo di noi stessi, rappresenta il polo difensivo della personalità e, quindi, aziona i meccanismi di difesa … è intermediario tra l'inconscio e il mondo esterno), i confini del Sé (Sé: sorgente inesauribile di tutti gli istinti … polo del conflitto con Io e Super – Io … è la forza legata direttamente al corpo; sono proprio i problemi del corpo a essere il linguaggio con cui si esprime l'Es) e del funzionamento del Super – Io (Super – Io: parte dello psichismo che coinvolge il sistema dei divieti e delle regole morali o religiose apprese, nasce dall'interiorizzazione delle richieste e delle proibizioni dei genitori). Chi soffre a livello emotivo possiede, spesso, un Io troppo debole per poter coordinare le due parti antagoniste della vita psichica: Sé e Super – Io. Lo studio del mondo psichico è rivolto, soprattutto, a comprendere in modo sistematico l'eziologia, la sintomatologia e l'evolvere dei disturbi emotivi in generale. In generale, s'intende la ricerca di un insieme di disturbi, più o meno gravi, a livello emotivo: un adattamento all'ambiente interno ed esterno non ben riuscito che blocca creatività e vitalità; in breve, comprendere come si arriva a sviluppare questa perdita del piacere di vivere che spegne interessi, gioia e sorrisi … una sofferenza umana che allontana dal piacere, dal buonumore e dal sentirsi vivi. Vengono prese in considerazione le sue massime espressioni che nascono da conflitti e disfunzioni intrapsichiche ... sono di natura caratterologiche, sintomatiche e, soprattutto, comportamentali. I modelli teorici, su cui si basano i principi psicopatologici, sono stati formulati attraverso l'esperienza clinica fatta con innumerevoli pazienti in trattamento psicoterapeutico e mediante l'osservazione diretta di bambini ed adulti “normali”. Sono prese in esame, con rigore scientifico, le relazioni oggettuali, il tipo di pensiero e l'esame della realtà. Le sindromi psicopatologiche vengono classificate, generalmente, in nevrosi e psicosi.


ol termine nevrosi si vuol indicare una serie di disturbi funzionali che non hanno alcun fondamento organico. In tali affezioni i sintomi sono, nella maggior parte dei casi, l'espressione simbolica di un conflitto psichico la cui origine è da attribuire ad esperienze infantili. Secondo Freud, l'elemento principale dei disturbi emotivi è il trauma sessuale anche se esso si è manifestato più a livello di fantasma che di realtà. Attenzione, però, qui non si intende la sessualità in senso adulto, riconducibile alla dimensione delle pratiche erotiche vere e proprie, ma un fenomeno puramente di natura affettiva e relazionale; un rapporto o un attaccamento con caratteristiche ben precise, un interagire con gli altri - nei casi più gravi - in modo distaccato, insicuro, ambivalente, evitante, ansioso. Contrariamente a quanto avviene nello psicotico, il nevrotico è cosciente del suo stato emotivo e desidera uscire dalla sofferenza perché intuisce che c'è qualcosa in lui che non va per il verso giusto. Tale disagio emotivo si manifesta con atteggiamenti inspiegabili, strani ed assurdi; un fallimento affettivo e comportamentale che spinge il soggetto ad adottare dei punti di vista o prendere decisioni che vanno contro i suoi stessi interessi. Ogni essere umano nel corso del suo sviluppo deve attraversare e completare per una crescita “normale”, diverse fasi evolutive (orale, anale, fallica). Può accadere, tuttavia, durante i vari passaggi, da una fase all'altra, che uno rimanga - per scarso o eccessivo soddisfacimento - “fissato” ad una “tappa” evolutiva precedente. I disturbi psichici sarebbero, determinati, pertanto, quando non si superano le fasi in maniera adeguata, da uno sviluppo anormale della struttura psichica con regressione a quello stadio specifico disturbato in cui il soggetto è rimasto “ancorato”. Il pericolo maggiore, per chi non ha completato una fase e passato alla successiva, è quello di essere registrato all'anagrafe come adulto, ma di fatto i suoi sentimenti, poco sviluppati, risultano immaturi … sono mantenuti alcuni modi di reagire infantili. Se non si assume una visione adulta delle cose, si rischia di tornare il bambino d'un tempo. Infatti, poiché ogni individuo tende a ripetere quel processo psichico relativo alla fase in cui è rimasto “impigliato” (coazione a ripetere), evidenzierà nei suoi comportamenti, qualora si verifichi lo stato regressivo, alcune “perversioni”. Ogni perversione (nevrosi), quindi, si caratterizza con fissazione ad una fase che dovrebbe essere integrata alla personalità adulta. L'ossessivo, ad esempio, è fissato alla fase anale, l'esibizionista alla fase fallica … molti disturbi psicotici alla fase orale. Grosso modo, quindi, la nevrosi, con i suoi sentimenti immaturi, è la lotta continua contro certe perversioni. Secondo lo schema psicoanalitico le nevrosi vengono distinte in base ai sintomi che esprimono simbolicamente i conflitti di origine infantile. Per la psicoanalisi tutti questi sintomi sono originati da complessi sessuali che risalgono alla prima infanzia (attenzione, fenomeno sempre relazionale non fisico). Altri autori come A. Adler, noto per la psicologia individuale, spiega la nevrosi come un fallimento sociale, una deformazione del senso di vita. Per Jung, invece, si tratta in generale di disturbi dello sviluppo della personalità: una sofferenza della mente che non ha trovato il proprio significato. Per lui la nevrosi non è tanto una malattia quanto un processo che deve stimolare lo sviluppo della personalità bloccata. Al di là dei vari movimenti e orientamenti culturali, i disordini mentali nevrotici sono divisi, semplificando parecchio, in: psiconevrosi (disturbo collegato a conflitti infantili) e nevrosi attuali (che riguardano il presente). Al primo gruppo appartengono sintomi psicopatologici piuttosto importanti: ossessivi ed isterici. Mentre nel secondo gruppo sono comprese l'ipocondria, la nevrosi d'angoscia e la neurastenia.

NEVROSI OSSESSIV

' un disturbo psichico in cui alcuni pensieri e comportamenti si impongono con forza straordinaria e con carattere ripetitivo sull'individuo. Sembra, infatti, che l'ossessivo sia spinto, da una volontà a lui estranea e misteriosa, a compiere dei rituali come ad esempio il lavarsi ripetutamente le mani, il dubbio di non aver chiuso il gas, chiudere a chiave una porta e verificare in continuazione la sua chiusura, il tutto accompagnato da un ordine esagerato … ossessivo, appunto! La personalità ossessiva limita, come ogni altro disturbo nevrotico, la capacità d'amare e, spesso, il suo agire tutto “perfettino”, compromette ogni attività lavorativa. L'ossessivo utilizza, proprio per evitare qualsiasi contatto e coinvolgimento affettivo, come meccanismo di difesa, l'isolamento. Il soggetto è costretto a eseguire tutto un particolare rituale per scongiurare i timori della polvere (amatofobia), dei microbi, degli oggetti a punta. Secondo la concezione freudiana la pedanteria, l'invidia, la rimuginazione, l'avarizia, la testardaggine, il collezionismo, l'ironia, la crudeltà, la ribellione sono caratteristiche – ovviamente se alcuni di questi elementi sono manifestati in modo continuativo e dominante – tipiche di una importante fissazione alla fase anale. Sono tante le idee, pensieri, impulsi, immagini persistenti che il soggetto sperimenta come intrusivi; cerca in ogni modo di ignorarli o di sopprimerli, ma non ci riesce, e solo un piccolo gesto, il tentativo di bloccare, di gestire il tutto provoca ansia. E' presente la consapevolezza che tale ingestibile fissazione è assurda, quel chiodo fisso è privo di senso e assolutamente senza alcun fondamento, ma il “malcapitato”, purtroppo non può fare a meno di rimanere turbato e subire il pensiero in atto.

ISTERIA


ono state individuate, a seconda della loro sintomatologia, due forme di isteria. Troviamo, infatti, l'isteria di angoscia in cui il sintomo principale è la fobia, e l'isteria di conversione nella quale il conflitto psichico si trasforma in un malessere somatico diffuso. Abbiamo di fronte un soggetto con comportamenti esagerati ed eccessivamente complessi, con tendenza alla drammatizzazione; presenta un'emotività labile e superficiale, disturbi della funzione sessuale ed è alla ricerca continua di attenzione, di applausi … di “platea”. La sua forma, le sue espressioni sono davvero spettacolari perché non hanno alcuna base anatomica riconoscibile: convulsioni, grida, spasmi, insensibilità al dolore, paralisi, vomito, perdita della voce. Ogni sua crisi avviene in pubblico, perché gli isterici hanno bisogno di un palco, di dare spettacolo … un perfetto simulatore anche se il suo dare a intendere è in buona fede. Suggestionabile, incostante, immaturo, l'isterico è alle prese con un conflitto antico. I suoi disturbi sono la manifestazione di un desiderio contrastato che non può soddisfarsi altrimenti, ma spinge il soggetto ad attirare su di sé l'attenzione degli altri, il desiderio proibito è spesso dovuto a frustrazioni relazionali inconsce. Da non confondere con la personalità istrionica in quanto appartiene alla struttura Borderline. Una differenza importante tra lo stato isterico e quello depressivo riguarda il tentativo di autosoppressione; il depresso quando decide di farla finita, lo fa senza tante trombe e tamburi, e il più delle volte va a segno, mentre l'isterico quando decide lo fa per impressionare, ha bisogno di una platea e, quasi sempre, non raggiunge mai il suo obiettivo … una diagnosi corretta e conoscere in profondità questi due stati mentali, permette di non correre rischi, intervenire tempestivamente e, soprattutto, salvare vite.


Isteria di Angoscia. Il soggetto con questa struttura psichica reagisce in modo fobico a determinate situazioni o oggetti assolutamente innocui. Attraverso la strategia del comportamento fobico l'individuo “trasferisce”, diminuendo in tal modo l'angoscia, una carica affettiva vissuta come pericolosa su un oggetto neutro, sostitutivo, assolutamente indifferente. Un esempio piuttosto significativo è l'analisi effettuata da Freud sul piccolo Hans in cui scopre che l'aggressività del piccolo, sperimentata nei confronti del padre, è stata trasformata in fobia per il cavalli. L'animale diviene pertanto l'oggetto di uno spostamento, una proiezione.


Isteria di conversione. Nell'isteria di conversione troviamo sentimenti rimossi che si esprimono attraverso manifestazioni somatiche. Il sintomo fisico (paralisi motoria, anestesie cutanee, iperestesia, cecità, sordità) rappresenta una soddisfazione mascherata del sentimento o l'inibizione di tale gratificazione oppure entrambe le cose. Così la cecità, ad esempio, potrebbe rappresentare un rifiuto a non “vedere” certe cose o situazioni, in quanto esse risulterebbero pericolose al soggetto per i contenuti affettivi. Poiché nel passato dell'isterico si è verificato un violento attaccamento, a livello di immaginazione, verso la figura di riferimento di sesso opposto, il punto di fissazione è collocato nella fase edipica. I meccanismi di difesa utilizzati dal soggetto sono la rimozione (che non sempre riesce) e lo spostamento.


POCONDRIA.
Con ipocondria si intende una preoccupazione esagerata e morbosa per disturbi fisici leggeri o inesistenti … timore eccessivo per le condizioni della propria salute. Il soggetto, usando una metafora familiare, si “ascolta” come fa il malato immaginario di Molière. Le sue sensazioni viscerali possono diventare insopportabili; può giungere a sperimentare dolori veri creati dalla sua immaginazione. Il suo atteggiamento narcisistico lo spinge ad esigere continue attenzioni e cure eccessive. Presenta delle forme ansiose, fobiche, isteriche, addirittura deliranti. L'ipocondriaco ricorre, senza alcuna tregua, a verificare l'organicità del suo “malessere” attraverso esami clinici, radiologici e biologici, i quali, tra l'altro, il più delle volte risultano negativi. Tali referti, comunque, anziché rassicurare il soggetto, creano ulteriore disagio ed angoscia: egli è in continua ansietà per la propria salute. Nel soggetto ipocondriaco si verifica un fenomeno simile a quello della depressione, cioè il ritiro degli “interessi” dal mondo esterno con investimento di essi sugli organi del proprio corpo.

EURASTENIA. La neurastenia, definita da Freud come una 'nevrosi attuale', è una sindrome psicopatologica caratterizzata da una notevole svogliatezza, stancabilità psicofisica, difficoltà di concentrazione, apatia, caduta del livello motivazionale ed improvvisa irritabilità. A questa sintomatologia di fondo possono affiancarsi altri sintomi di tipo psichico (depressione, ansia, iperemotività, ipocondria) o psicosomatico (tachicardia, disturbi gastrointestinali e respiratori, parestesie cefaliche, stitichezza). E' un disagio funzionale, in quanto non si riscontrano lesioni dimostrabili con gli attuali mezzi di indagine. Secondo il punto di vista psicoanalitico le cause della neurastenia dovrebbero essere ricercate in una recente insoddisfazione sessuale.

EVROSI D'ANGOSCIA. Termine ormai desueto è in stretto rapporto con l'astinenza sessuale. E' un disturbo nevrotico caratterizzato da una personalità ansiosa affetta da disturbo da panico. Ci sono importanti disturbi fisici a livello respiratorio, cardiovascolari e gastrici. Secondo la concezione teorica psicoanalitica le cause sono dovute ad una eccitazione sessuale non “scaricata” né sul piano fisico, né su quello psichico; uno stato ansioso che, in tempo reale, provoca turbe somatiche spesso drammatiche ed invalidanti. Chi soffre di questo malessere, a volte, non sopporta di trovarsi in un luogo chiuso o di attraversare spazi aperti (claustrofobia, agorafobia).


STRUTTURA PSICOTICA.

l termine psicosi indica una gran varietà di malattie psichiche. Esse vengono classificate in organiche, quando esistono alterazioni o lesioni al sistema nervoso, oppure funzionali quando la loro origine è indipendente dal sostrato organico. Le psicosi, principalmente, si dividono in: schizofrenia (paranoide, disorganizzata, catatonica, residua, indifferenziata, ebefrenica), paranoia e psicosi maniaco depressiva.

chizofrenia. Questa psicosi insorge molto presto, a volte nell'adolescenza. Si tratta essenzialmente di un disturbo dell'affettività, nella misura in cui essa ci unisce al resto del mondo. Le capacità intellettive restano intatte per lungo tempo, anche se subiscono, come spesso si è potuto constatare, delle distorsioni paradossali. E' disturbata soprattutto la vita psichica: l'attività è incostante, inibita o impulsiva, oppure artificiosa, manierata. Il distacco dal mondo si accompagna ad una forma di pensiero fantastico ... pensiero 'autistico'; il soggetto vive in un mondo fatto di sogni e di fantasmi. I suoi desideri non hanno più alcun rapporto con la realtà; egli diventa impenetrabile, indifferente ad ogni cosa, perde ogni senso pratico. Le sue reazioni possono essere improvvise, caratterizzate dall'inerzia o dalla perseverazione, ma sono sempre inefficaci. Gli aspetti più costanti della schizofrenia sono l'ambivalenza, la stereotipia, la discordanza, l'ermetismo. L'evoluzione della malattia è generalmente lenta, con episodi acuti e riprese improvvise. I sintomi vanno dalla semplice bizzarria ai deliri e ad azioni antisociali, come salire su un treno senza biglietto, impugnare una pistola per spaventare la gente, arringare per la strada i passanti (commuovere, ammonire, chiamare all'ordine). Le cause della schizofrenia sono in gran parte misteriose. Esiste certamente una predisposizione costituzionale, ereditaria. 

a lo scatenarsi e l'aggravarsi della malattia sono dovuti sia a fatti organici (lesioni, infezioni), sia a disturbi psicologici (carenza affettiva, maltrattamenti, abbandono). La schizofrenia, comunque, designa un gruppo di malattie particolarmente gravi e difficili da curare. Si distinguono principalmente tre forme di schizofrenia: catatonica (alterazioni motorie, ecolalia, ecoprassia, negativismo, immobilismo), paranoide (deliri ed allucinazioni) e ebefrenica (giovanile, apatia, indifferenza affettiva). La prima è una sindrome riconoscibile, soprattutto, per le sue peculiarità motorie: catalessi e stupor oppure forte eccitazione accompagnata con gesti, movimenti e frasi stereotipate. Il soggetto colpito da catatonia resta immobile, in atteggiamenti talvolta scomodissimi. Può manifestare una attività di opposizione, di rifiuto o, invece, un'estrema passività, una notevole suggestionabilità. Si osserva anche una mimica priva di significato e improvvisi scoppi di furore. In questa categoria, dunque, può essere manifestata sia l'immobilità totale che un'incontrollata agitazione. Viene trattata con la shokterapia, soprattutto con la insulinoterapia. Nella schizofrenia paranoide, invece, sono presenti idee deliranti, disturbi del pensiero, della volontà ed affettivi. Si caratterizza per alcuni aspetti particolari: orgoglio, diffidenza, giudizi errati, disadattamento sociale. Riesce spesso ad impressionare l'ambiente in cui vive con ragionamenti apparentemente logici e complicati, ma le cui premesse sono sbagliate. Tutti gli argomenti che affronta rafforzano la sua convinzione; scopre sempre degli indizi e delle prove in appoggio di ciò che dice. Non accetta pareri contrari, è testardo, rigido, niente può scuotere le sue “certezze”. Sospetta, inoltre, della buona fede delle persone che gli sono attorno, si considera, a suo dire, una vittima; è suscettibile, insoddisfatto, incompreso; tutto lo annoia, soltanto il suo personaggio è interessante, degno di nota e attenzione, si lamenta che nessuna se ne renda conto. Crede tuttavia di essere pieno di comprensione e di avere risorse a non finire, molte capacità, il cui valore viene misconosciuto. Aggressivo o gatta morta, il soggetto organizza tutte le sue reazioni con apparente coerenza, attorno ad un unico tema: la vendetta. Alcuni studiosi parlano di una predisposizione costituzionale, altri invece sono convinti che può essere provocata da situazioni traumatizzanti che portano l'aggressività ad una fase primitiva, ad una regressione. L'ebefrenia invece si sviluppa verso la pubertà con comportamenti scomposti ed eccitati, cambiamenti d'umore ciclici, mancanza di volontà, di coerenza e labilità in campo affettivo; esiste il pericolo di una rapida evoluzione verso un deterioramento psicofisico grave.


prescindere dalle varie correnti di pensiero e classificazioni psicopatologiche, lo schizofrenico, come si è potuto vedere nella descrizione dei vari comportamenti e sintomi, ha notevole difficoltà a stabilire un rapporto realistico col proprio ambiente sia dal punto di vista comunicativo sia a livello percettivo: mancanza di autonomia, autismo, delirio ed allucinazioni. Anche il corpo viene percepito in modo distorto: frammentato, disgregato e dissociato. Il linguaggio, inoltre, risulta particolarmente disturbato: incomprensibile, veloce, simbolico e metaforico, utilizza parole inventate. Sull'ordine della schizofrenia sono state avanzate diverse ipotesi. Alcuni autori sono a favore del fattore genetico cioè insistono sulla trasmissione di meccanismi biochimici, la teoria psicoanalitica, invece, pone l'accento sul ruolo dei meccanismi psicologici, cioè sulla regressione narcisistica, nel senso che lo schizofrenico ritira dal mondo circostante ogni “attaccamento” affettivo per riporlo su se stesso (Io).

aranoia. Nel corso dei secoli la paranoia ha assunto significati diversi; alcuni autori con questo termine hanno voluto designare varie forme di deliri altri, invece, lo hanno collegato, come è stato appena sottolineato, con la schizofrenia. La paranoia, comunque, è la forma di delirio in cui l'ambiente viene percepito in modo falsato, minaccioso ed illogico. Essa è caratterizzata, in generale, da deliri di persecuzione, di megalomania e di un forte senso di gelosia. Per la psicoanalisi la paranoia è una particolare difesa contro l'omosessualità. Freud arrivò a queste conclusioni - cioè il ruolo della sessualità nello sviluppo di questa affezione - attraverso l'analisi del caso Schreber (“Caso Schreber”: D. P.Schreber era un noto magistrato tedesco, ex presidente della Corte d'Appello di Dresda, affetto da gravi disturbi psichici. Freud descrisse, dopo aver letto le sue memorie, i meccanismi di difesa paranoici contro l'omosessualità incalzante. Il paziente fu ricoverato per diverso tempo in una clinica psichiatrica, inizialmente per disturbi ipocondriaci poi, successivamente, per gravi forme di delirio ed allucinazioni. Credeva, infatti, di essere continuamente esposto a violenti assalti omosessuali, in particolar modo dal suo medico curante. L'interpretazione freudiana del fenomeno fu il seguente: l'omosessualità di Schreber nei confronti del padre viene rievocata attraverso il rapporto col medico curante, ma poiché tale desiderio omosessuale diventa troppo doloroso, viene negato e proiettato sull'altro).


Narcisismo secondario. E' un comportamento rapportabile al mito di Narciso che preferì stringere la propria immagine riflessa, e quindi morire annegato, piuttosto che rispondere all'appello della ninfa Eco. Il narcisismo secondario è - a differenza del narcisismo primario (tappa normale dello sviluppo) in cui il piccolo prende se stesso come oggetto d'amore - uno stato morboso che s'incontra nelle più gravi di tutte le malattie mentali: le psicosi. Il mondo intero può venire privato d'ogni legame affettivo con il soggetto che ripiega ogni gesto d'amore su se stesso … rimane prigioniero del proprio fascino, continuamente concentrato su se stesso e costante bisogno di ammirazione: crede proprio di essere speciale ed unico ... esistono solo i suoi bisogni, gli altri non esistono, non li considera ... disprezza ed invidia!!! L'adulto che è rimasto ancorato ad una certa forma di narcisismo secondaria, dà un'importanza eccessiva alla sua persona: passa il tempo a contemplarsi, a cercare di farsi ammirare, amare … io sono autosufficiente e il migliore!!!. In senso positivo, una certa misura ragionevole di narcisismo spinge a mantenere l'orgoglio, l'amore di sé. Il narcisismo è frequente in malattie come la schizofrenia e la paranoia. Poiché il mondo viene disinvestito dalla “libido” il malato si chiude in un mondo immaginario, dove rivive il “sentimento oceanico” del bambino (sensazione di eternità, di essere un tutt'uno con il mondo circostante): il delirio.


sicosi maniaco depressiva. Il termine psicosi maniaco depressiva è stato coniato da E.Kraepelin nel 1896. Essa è una malattia caratterizzata dall'alternarsi di stati di depressione in cui nel soggetto c'è un calo degli interessi e a volte sono presenti idee autosoppressive, oppure stati di mania accompagnati da forte eccitazione ed irritabilità … condizioni intervallate da momenti più o meno lunghe da normalità. Durante il periodo di “equilibrio” tra queste due alterazioni psichiche, l'individuo presenta un comportamento pressoché normale. Anche qui per quanto riguarda l'eziologia, troviamo due posizioni: quella neurormonale e quella psicologica in cui l'Io è coinvolto in una progressiva disgregazione. Il ritmo e la gravità delle crisi variano molto da soggetto a soggetto. Nell'intervallo che separa i due stati estremi di eccitazione e depressione, il malato può condurre una vita normale e addirittura brillante.

CONCLUSIONI


on questi accenni incompleti di psicopatologia, si è cercato di proporre - in funzione sempre delle finalità culturali di questo progetto - non una realtà scientifica assoluta, ma fornire alcuni stimoli per eventualmente approfondire, chi è interessato, i temi trattati, descrivere un quadro generale dei vari disturbi emotivi con relativa classificazione clinica ed eziologica. Il non insistere su determinati argomenti è stato fatto di proposito proprio per evitare di appesantire ulteriormente l'esposizione e, per escludere, nel limite del possibile, le varie controversie che potrebbero sorgere trattando questa complessa e delicata materia. La struttura nevrotica, come si è visto, non si manifesta attraverso un cambiamento o sbalzi di “temperatura”, bensì tramite alcuni atteggiamenti, comportamenti insoliti, modi di pensare, cambiamenti di umore, indecisione, isolamento, ansia, senso di colpa, incapacità di lavorare in modo continuativo e, soprattutto, difficoltà ad esprimere in modo spontaneo i propri sentimenti. Il “nevrotico” sostanzialmente sviluppa un rapporto falsato col proprio ambiente, un modo di fare del tutto inadeguato e conflittuale. Circa quest'ultima affermazione, si potrebbero fare innumerevoli esempi. 


l più emblematico, forse, è la storia di un individuo che dovendo ogni mattina raggiungere il posto di lavoro, triplicava il percorso, utilizzando vie secondarie, strade sterrate, per timore di incontrare certi soggetti a lui “antipatici”; per evitare di incontrare, in quel determinato paese, una vecchia fiamma. Questa persona, attivando un meccanismo di evitamento illogico, buttava al vento parecchio denaro, sprecava tempo ed energia inutile; un meccanismo ossessivo che nel tentativo di gestire la sua irritabilità creava un affaticamento eccessivo; nonostante tutto ciò, era stimato e considerato dai suoi colleghi di lavoro. Il suo consumo energetico esagerato e il tempo per raggiungere in orario la sede di lavoro era, comunque, a dir poco eccessivo (90 min. in più ogni giorno). Questo dimostra quanto possa essere difficoltoso stabilire un netto confine tra il “normale” ed il patologico (stimato e ben voluto dai colleghi ma non certo “pratico”). Ciò che rende comprensibile l'organizzazione nevrotica, il grado, la durata, l'intensità dei vari turbamenti psichici e comportamentali che ogni individuo mette in atto è quello di allontanarsi dalla realtà … un modo di agire poco aderente alla realtà pur avendo consapevolezza della sua bizzarria … non può farne a meno perché entrerebbe in agitazione … soltanto attraverso tale meccanismo, pur essendo “patologico”, riesce a gestire il suo malessere. Per quanto riguarda, inoltre, i quadri psicopatologici, essi hanno subito una modificazione a seconda dell'epoca e della cultura. Infatti, ci sono dei periodi in cui alcune strutture nevrotiche prevalgono su altre: la paralisi isterica, ad esempio, riscontrata ai tempi di Freud sembra, ai giorni nostri una sciocchezza. Il nostro periodo storico, invece, pare sia caratterizzato o, meglio ancora, dominato dalla sindrome depressiva. I disturbi emotivi, comunque, non si creano nel giro di poche ore o nell'arco di una nottata. Essi si strutturano e si consolidano nel tempo a seguito di dinamiche complicate, di rapporti poco chiari, di intensi conflitti sperimentati nei confronti dell'ambiente. Ciò è dovuto, inevitabilmente, a tratti genetici, ma soprattutto ai rapporti dell'individuo con le figure di riferimento … preposte a “nutrirlo” sia a livello fisico sia a livello mentale. Un bimbo vivace, ad esempio, può cozzare contro delle esigenze educative troppo pretenziose e moralistiche e, quindi, sviluppare un meccanismo di valutazione, di sé stesso e verso gli altri falsato, eccessivamente esigente e rigido.



n bambino che cresce in un ambiente tollerante – non libertario come alcuni fraintendono – sarà verso sé stesso conciliante e malleabile con il mondo circostante; se è stato amato, sarà in grado di amare con autenticità sé stesso e gli altri; se sarà elogiato svilupperà autostima e sicurezza ed accetterà senza riserve sé stesso e chiunque incontrerà. Non è l'acquisizione delle norme sociali a creare le strutture patologiche profonde, esse sono indispensabili per un maturo sviluppo psichico e un buon equilibrio alla realtà, ma sono i ripetuti “assalti” violenti con cui vengono represse in modo irrazionale le condotte istintuali infantili. Mi fu chiesto un giorno, da parte di un genitore apprensivo, se era normale che il proprio figlioletto di 3 anni raccontasse delle bugie. Il piccolo frequentava da poco tempo, con estrema difficoltà, la scuola materna. Le pressioni educative e genitoriali, quindi, in quel periodo erano talmente intense che l'unico modo per uscire da quella situazione angosciante era la bugia. Il padre, per intenderci, usava continuamente un linguaggio minaccioso, con l'indice di accusa immancabilmente puntato, e intimidatorio anche durante una semplice espressione di gioco infantile. Credo siano questi gli atteggiamenti che, protratti nel tempo, incrinano la sicurezza, la stima e l'equilibrio emotivo. Non esiste, tuttavia, una formula educativa generalizzata, “buona” per chiunque. Molte madri, inesperte, alla nascita del primo figlio ricorrono, per timore di sbagliare (insicurezza che può diventare morbosa), alle pubblicazioni specializzate di puericultura e al parere dello specialista. Tutto ciò è cosa buona e può essere vantaggioso e di aiuto, ma non può assolvere, completamente, alla figura complicata del ruolo di madre. 


uello che conta è il rispetto dell'altro, la naturalezza dei gesti, un amore spontaneo con tutti i suoi aspetti “buoni” e “meno buoni”. La vita non riserva solo cose positive, non siamo nella Valle dell'Eden, ma anche cose negative … ogni rapporto vuole naturalezza, spontaneità e rispetto. Certo, ognuno di noi può “convivere” con i propri disturbi emotivi adducendo, per giustificare, false motivazioni, magari senza sperimentare direttamente una profonda sofferenza psichica. All'anagrafe possiamo risultare adulti, ma dal punto di vista dei sentimenti siamo rimasti forse un po' cuccioli … infantili nel dare e nel ricevere. Un timido o chi è afflitto da un senso di inferiorità, può andare tranquillamente in macchina, andare al cinema, frequentare amici, comprare il giornale, sposarsi, ma i suoi rapporti interpersonali e con il proprio ambiente saranno basati sulla diffidenza, sospetto, gelosia e paura … caratterizzati da un atteggiamento di chiusura ed isolamento; il lavoro sarà eseguito con superficialità e rabbia, i rapporti affettivi con i familiari saranno tesi e tenuti in vita da lamenti continui: di non ricevere abbastanza amore, attenzione e giusta considerazione.


lao nacque 29 anni fa tra le montagne piemontesi (età reale al momento del primo incontro). Per circa un anno e mezzo visse con i nonni materni, lontano dalla famiglia biologica, esiliato in una zona sperduta, completamente fuori dal mondo. Questa permanenza forzata, in casa dai nonni, era dovuta al fatto che i suoi genitori non avevano ancora deciso il da farsi circa la loro unione; per vari motivi più di natura culturale che economica, si erano presi l'anno sabbatico, un po' di tempo per regolarizzare il loro rapporto di coppia con l'atto giuridico del matrimonio. Rimase in quei luoghi montani fino all'età di 17 anni, periodo in cui traslocò per motivi di lavoro, nella provincia di Ferrara, a Cento cittadina dell'alto ferrarese. La famiglia di origine contadina abitava in un edificio diviso in due parti; una struttura originariamente costruita con precise funzioni e mantenute poi nel tempo: la parte più grande veniva utilizzata come abitazione, l'altra invece serviva da stalla e per l'allevamento di alcuni animali domestici. In questa ultima parte dell'edificio passava la maggior parte della giornata … era diventato il suo posto preferito, tranquillo e sicuro. La condizione economica e l'estetica dell'edificio costituirono, per Olao, a detta della madre, il suo primo tentativo di isolamento dal mondo. La casa, inoltre, completamente isolata fu costruita senza tante pretese da parenti stretti, sul vertice di un appezzamento di terreno a forma triangolare, ed era “racchiusa” da un altissimo argine e da una strada ghiaiata che conduceva al paese più vicino. La sua ubicazione era piuttosto significativa per Olao in quanto rappresentava una particolare forma di “protezione” nella quale era solito gironzolare senza alcuna meta, “abbandonarsi” a fantasticare nei momenti di sconforto e di solitudine. All'età di due anni e mezzo, con la nascita della sorellina e con una imposizione piuttosto virulenta imparò il termine “dividere”. Sono proprio di questo periodo i ricordi, a suo dire, più penosi e dolorosi. Non sempre, comunque, i ricordi corrispondono ad episodi reali … nei racconti evocati, infatti, qualcosina si aggiunge o si toglie sempre a seconda dello stato emotivo dominante. Tuttavia, i sentimenti di solitudine e di “abbandono” sono molto radicati in Olao. Racconta, infatti, nei primi incontri, con espressione cadenzata da profondi sospiri e singhiozzi liberatori il suo malessere fisico e mentale:

””” Ero completamente abbandonato, senza nessuna guida ed attenzione, dovevo solo muovermi, mi spingevano a fare tutto in fretta, realizzare ogni cosa velocemente, nessuno mi guardava, mi ascoltava, mi rispondeva, mi considerava. Ricordo interi pomeriggi da solo in piedi, con la schiena appoggiata al muro … ”””.


uttavia, le pene e la sofferenza emotiva non terminarono in quel lasso di tempo relativo alla nascita della sorellina. Man mano che passavano i giorni aumentavano per Olao impegni, responsabilità e incombenze: accudire la sorellina era diventato un dovere, un obbligo senza alcuna possibilità di appellarsi … doveva rinunciare alle sue rassicuranti camminate riflessive. E' opportuno precisare che in quel periodo esplose il boom economico, per cui i genitori di Olao vissero un cambiamento importante non soltanto in ambito familiare, ma soprattutto a livello lavorativo e sociale; a quell'epoca trovare un lavoro era facilissimo, si poteva scegliere con calma e, soprattutto, “spostarsi” con estrema facilità. Dovettero, infatti, improvvisarsi da contadini a operai metalmeccanici. Tutto ciò cambiò notevolmente lo stile di vita familiare, in particolar modo la presenza fisica di ciascun membro in famiglia; la permanenza dei genitori in casa diminuì notevolmente, a causa dei turni di in fabbrica e della sede lavorativa fuori mano. Ricorda con estrema nostalgia che solo la domenica era possibile vedere tutta la famiglia estesa al completo. Il tempo passava. Solo all'età di sei anni scoprì in modo piuttosto drammatico il mondo della scuola. Poiché gli asilo nido e le scuole materne erano completamente inesistenti in quelle zone a quell'epoca, se non nei centri principali, non fu iniziato all'attività didattica fino alla scuola dell'obbligo.


ll'inizio le assenze dalla scuola, per motivi di salute, con prevalenza di disturbi intestinali, aumentavano di giorno in giorno. Dopo varie strategie, tra cui la minaccia di mandarlo in collegio o di lasciarlo a casa da solo, i genitori dovettero ricorrere allo “specialista” (pare fosse un ex sacerdote), il quale dopo alcuni colloqui consigliò la madre di pazientare ed eventualmente di accompagnare tutte le mattine Olao a scuola. Non solo la cosa fu difficile da digerire per entrambi, ma andò a complicare ulteriormente i rapporti in famiglia: creò ulteriore stanchezza ed irritabilità. Per accompagnare a scuola Olao tutte le mattine, la madre dovette affrontare un altro sacrificio: cambiare il turno di lavoro diurno con quello serale. Tutti questi cambiamenti repentini sottoposero la madre a continue ed intense tensioni per cui anziché risolvere in breve tempo i conflitti relazionali familiari, stemperare il clima piuttosto teso e oramai insopportabile, aggravarono ulteriormente i rapporti in casa. Ci volle esattamente tutto il primo trimestre di scuola per trovare uno spiraglio di pace, un po' di serenità, un piccolo equilibrio, un rimedio “decente” al difficile inserimento scolastico. 


uperate queste difficoltà iniziali, Olao dimostrò, dopo qualche mese di lezione, buone capacità di apprendimento con un netto superamento, contrariamente a tutte le aspettative, di tutti quei compagni che avevano avuto un adeguato addestramento e numerose nozioni didattiche in età prescolastica. L'unica difficoltà era l'italiano scritto (incapacità di concretizzare il pensiero). Il suo acume intellettivo, comunque, accompagnato da buona fluidità verbale, trovò consensi ed apprezzamento da parte dell'insegnate elementare con la quale, tra l'altro, sviluppò uno stretto e significativo legame affettivo. Rapporto che, fortunatamente, andò a compensare la profonda ostilità manifestata verso la madre ed il padre. Fino al conseguimento della licenza elementare non emersero problemi significativi, anzi crebbe in lui un vivo interesse per alcune attività: l'arte fotografica e le fiabe piemontesi. Il ciclo scolastico, comunque, si concluse con esito piuttosto positivo. Dopo il conseguimento della licenza media, si manifestò un episodio piuttosto serio. I suoi genitori lo costrinsero, durante il periodo estivo, a lavorare presso un Hotel della zona. La spiegazione o meglio la giustificazione a tale imposizione fu:

””” Facciamo tutto questo per il tuo bene, almeno impari un mestiere, a stare con la gente. Non fare come me (padre) che, a questa età, senza arte e ne parte, ho dovuto cambiare più volte lavoro, vari mestieri malsani”””.


utto ciò naturalmente non interessava assolutamente ad Olao, se non la promessa, da parte della madre, che poteva tenersi tutte le mance.

”””Mia madre, come al solito, ha saputo imporsi, prendermi per il verso giusto; mi aveva garantito al cento per cento che nel periodo di villeggiatura i ragazzi che lavoravano nei vari alberghi in quelle zone montane riuscivano ad accumulare, solo di mance, oltre alla paga settimanale, una somma di denaro pari a qualche milione di lire”””.


a possibilità di poter disporre di una cospicua somma di denaro lo spinse ad accettare, pur con enorme diffidenza, questa attività lavorativa che, principalmente, consisteva nell'accompagnare i clienti con le valige nelle loro camere. Tale ipotetica somma di denaro fece correre la fantasia; doveva realizzare un suo sogno maturato nell'arco di alcuni anni; un progetto che lo ha sostenuto e consolato per tutto il periodo scolastico: acquistare una macchina fotografica con tutti i vari accessori. I sogni prendevano lentamente forma: diventare un famoso fotografo oppure entrare nell'ambiente del cinema. Il primo mese di lavoro con gli altri compagni trascorse in modo piuttosto divertente, lineare e sereno. Tuttavia, racconta con grande amarezza alcuni soprusi da parte di alcuni membri del gruppo di lavoro:

”””Nonostante i buoni rapporti, ognuno di noi - anche se non veniva espresso apertamente - diventava sempre più competitivo, maturava una intensa invidia, covava rancore e gelosia verso coloro che, con gesti piuttosto scorretti e prepotenti, riuscivano a strappare mance più alte; sapevamo, comunque, che una mancia consistente non era dovuta a particolare abilità e simpatia personale, ma esclusivamente da clienti facoltosi e, soprattutto, alla messa in atto di alcune strategie. Ciò nonostante, questa reale caratteristica competitiva rese i rapporti sempre più conflittuali, tesi e carichi di ostilità. Bastava un nonnulla per scatenare tra di noi violenti scontri, offese continue, risse a non finire”””.


a direzione, per ovviare o meglio gestire questi inconvenienti rissosi, propose di istituire piccoli gruppi di tre o quattro ragazzi: a turno si doveva controllare la regolarità delle mansioni, la correttezza dei rapporti e, soprattutto, il rispetto delle consegne lavorative, in caso contrario le mance passavano agli altri gruppi. Ciascun gruppo, poi, al termine del proprio turno di lavoro, depositava presso un referente, regolarmente eletto dai vari gruppi, una persona anziana di fiducia, facente parte del personale dell'albergo, ma estraneo al gruppo stesso, tutto il denaro accumulato durante l'intera giornata lavorativa. Tale somma sarebbe stata successivamente divisa fra ciascun membro di quel particolare gruppo, in parti uguali. Questo naturalmente non portò pace, saggezza e distensione nei vari gruppi, e tanto meno soluzione al problema delle mance. Come al solito, la scopo principale di ogni gruppo era quello di raccogliere più mance possibili, anche in modo piuttosto scorretto, truffaldino e lesivo verso gli “avversari”. L'avidità sviluppò in ogni gruppo, seppur in modo diverso, varie strategie d'azione. L'astuzia di attacco veniva utilizzata solamente per una giornata, in modo tale da non dare la possibilità ad altri gruppi di organizzarsi, copiare la procedura d'azione e quindi di passare astutamente alla controffensiva.

””” Un modo particolare di agire non molto corretto era quello di prendere o terminare, con estrema abilità e prontezza, il lavoro degli altri gruppi; si aspettava, in silenzio, in corridoio o fuori dal cancello dell'ascensore, l'arrivo del cliente con l'accompagnatore appartenente al gruppo “rivale” pronti a togliere il lavoro: ogni consegna ricevuta regolarmente dalla direzione dell'hotel e, quindi, sottrarre la mancia; non appena si apriva la porta, in modo fulmineo si “rubavano” le valige e ci si precipitava ad aprire la stanza assegnata con il passe – partout”””.

lao, comunque, da buon solitario, riservato e per nulla ribelle, non si associò a nessun gruppo e continuò a lavorare con le sue poche e singolari strategie, in modo del tutto autonomo. Verso la fine del periodo estivo, mentre si trovava con un turista americano facoltoso gli “rapinarono” le valige:

””” Con quel lavoro avevo ipotizzato una mancia pari a 5.000 lire, li avevo già in tasca, era davvero un finale meraviglioso, una chiusura lavorativa grandiosa; con essa avevo accumulato, nell'arco dei tre mesi lavorativi estivi, una somma di denaro che superava di poco il milione. Poiché non avevo nessun particolare rapporto di amicizia, ma nemmeno grandi conflitti con i vari gruppi e data la mia diffidenza e cattiveria (sorride), non mi sarei mai aspettato un simile scherzo, fui molto sorpreso e pur trovandola ingiusta non mossi un dito, rimasi di stucco, non reagii, non feci un passo”””.

Dopo una breve pausa aggiunse:

”””A seguito di quel tragico episodio rimasi completamente pietrificato, accompagnavo forzatamente chiunque salisse o scendesse con l'ascensore in modo automatico, apatico, senza scopi ed interessi precisi; tutto ciò durò poco, perché alcuni clienti si accorsero del mio stato di apatia ed avvertirono immediatamente la direzione; considerate le mie condizioni, l'avvilimento, il totale mutismo e la sofferenza evidente, mi allontanarono dal posto di lavoro e da quel momento non misi più piede all'interno dell'hotel; fu mia madre a ritirare il mensile e i pochi indumenti di lavoro ”””. 


'episodio ebbe un epilogo devastante, piuttosto serio, tutto finì con il ricovero all'ospedale cittadino per una cura ricostituente; al ritorno, una brutta sorpresa, una scoperta agghiacciante, un'altra doccia fredda.

“””Mia madre, approfittando, della mia assenza, si era presa buona parte delle mance che gelosamente custodivo - dopo aver tolto una lampadina - all'interno del lampadario della mia camera da letto””.

Dopo questi momenti deludenti, di solitudine e di malumori vari, venne il momento di “scegliere” la scuola secondaria per conseguire eventualmente la maturità:

””” Come al solito, anche questa volta, non ebbi la possibilità di scegliere e di decidere; la scuola era già stata individuata da mio padre. Poiché avevo speso tutto il denaro rimasto, dopo la “rapina” di mia madre, per l'acquisto di una macchina fotografica e relativi accessori, credetti che l'imposizione della scuola per certi versi fosse l'ennesima punizione; la storia, invece, col tempo risultò completamente diversa; mio padre lavorando da alcuni anni in una fabbrica in cui costruivano macchine agricole, pensava che una qualifica professionale, con specializzazione in meccanica, poteva essere utile per una eventuale occupazione a tempo indeterminato, nell'azienda in cui lavorava egli stesso; alla fine, non fui particolarmente addolorato di quella scelta anzi, col tempo, ne fui veramente felice”””.



opo qualche tempo Olao, infatti, si accorse che l'iscrizione alla scuola professionale, poiché non era impegnativa, molto pretenziosa a livello culturale, portò molti vantaggi. Poté coltivare con estrema cura e passione, oltre all'hobby della fotografia, altri suoi interessi inseguiti da tempo: la raccolta delle fiabe e le storie folcloristiche piemontesi, di cui molte a sfondo macabro. Molti depressi dipendono in modo morboso dai propri ricordi, dal passato in generale: non sopportano che le cose possano terminare, abbiano un fine … sono fagocitati completamente dai ricordi; nel presente complicato e pieno di insidie, è facile rievocare per quel tipo di disturbo un vissuto pieno solo di fatti negativi, confermando in tal modo che la vita, ancora una volta non riserva nulla di buono ... è solo una disgrazia. Per tale motivo hanno difficoltà a stare al passo con i tempi, con i cambiamenti delle cose e l'evoluzione sociale. Non sono disponibili ad accettare variazioni e recepire le innovazioni in generale. Le fiabe e le storie folcloristiche sono catartiche, hanno un chiaro legame col passato. Tra le tante storie raccontate durante i nostri incontri, forse la veglia del morto è la più significativa ed importante per lui: conserva un chiaro legame con il passato.


i racconta che un tempo era di regola vegliare i morti, prima della loro sepoltura, nell'atrio della parrocchia. Questo incarico piuttosto insolito e delicato veniva assegnato al becchino del paese e, a turno, per tutta la notte, agli amici più stretti e “coraggiosi” del defunto. All'evento funesto, tuttavia, non tutta la popolazione reagiva con tristezza o profondo dolore. L'evento, infatti, rappresentava per un gruppo di buontemponi una botta di vita, un momento di spasso, di divertimento e, soprattutto, di fuga dalla monotonia quotidiana … seppur lugubre diventava, per alcuni, quasi una festa, una distrazione di paese! I preparativi alla burla erano talmente raffinati e studiati in ogni minimo particolare e dettaglio da ingelosire persino Hitchcock; erano momenti talmente elettrizzanti, entusiasmanti e coinvolgenti che, molto spesso, i preparativi precorrevano il decesso di qualche settimana. Anche gli amici intimi del morto - che durante la notte dovevano vegliare in compagnia del becchino - erano scelti con cura e attenzione: una selezione attenta, mirata e ben accurata. In particolar modo essi dovevano possedere alcuni requisiti per il buon fine del “progetto”. Vi erano, tuttavia, due caratteristiche essenziali che non dovevano assolutamente mancare nei “vincitori” della gara: la fama di sbornione e di sempliciotto. Anche il ruolo del becchino non era sempre rigoroso e professionale. Ad esso, in realtà, era assegnato, ogni volta, il compito di promuovere ed organizzare la burla. La buona riuscita del “piano”, quindi, dipendeva per certi versi solamente dalle sue capacità di scegliere le persone giuste e di recitare la parte dell'integerrimo, impeccabile, serio e stimato professionista. L'assegnazione dei turni di veglia, poi, era un'operazione molto importante e delicata per il buon esito del giochetto: il primo turno veniva assegnato solitamente al personaggio più suggestionabile, l'ultimo turno invece ai soggetti non facilmente influenzabili, ma accaniti bevitori. Con quest'ultimi individui, particolarmente refrattari, si raggiungeva lo scopo solo quando compariva il torpore causato dal non dormire e dal troppo vino bevuto. Lo sfruttamento poi di certe necessità fisiologiche, come ad esempio il bisogno improvviso di urinare, costituivano la ciliegina sulla torta, il ciak, l'inizio della danza “macabra”. E' cosa risaputa, infatti, che dopo aver bevuto copiosamente vino, ci si deve improvvisamente appartare per il bisogno “idrico dinamico”; pertanto, non appena il compagno di veglia del becchino, a suo tempo preso di mira, si allontanava, scattava l'operazione burla notturna. In quel preciso istante il becchino - con l'aiuto degli amici e la complicità dell'ambiente scarsamente illuminato - scambiava velocemente i suoi abiti con quelli del morto, invertendo in questo modo i ruoli iniziali: il becchino prendeva posizione nella bara e il defunto seduto nella sedia con la testa tra le braccia appoggiate sul tavolo come se stesse dormendo. Dopo aver espletato i suoi bisogni, il compagno di veglia ritornava in chiesa e sedendosi nel proprio posto, chiedeva, da accanito bevitore, all'altro “addormentato”: Ehi, lo vuoi un po' di questo nettare degli Dei, di questa saggezza che fa parlare persino i morti … di vino buono … silenzio assoluto … dopo pochi minuti, ancora … lo vuoi si o no questa prelibatezza, questa bontà … ancora silenzio … un attimo più tardi, dopo aver inferto alcuni colpetti con una certa insistenza al gomito del “dormiente” … ehi, svegliati altrimenti te lo bevo tutto io … silenzio tombale … e, ancora, riempiendosi il picchiere di vino, più per paura di restare senza che per il desiderio di dividerlo, anche se le riserve di vino in tali occasioni erano praticamente inesauribili, ti decidi a bere questo “vin bon” … quando si raggiungeva il culmine della tensione, il becchino nella bara con voce d'oltretomba diceva: “Ma, dai non insistere, se non lo vuole lui, portalo qui, ho una sete incredibile … da un po' di tempo non riesco proprio a togliermi questa sensazione di sete ... dallo pure a me”. Sentendo queste parole il malcapitato impaurito, già pieno come un otre, buttava all'aria ogni cosa e cominciava a correre a gambe levate, fuggiva terrorizzato e, solitamente, si faceva rivedere in giro dopo parecchi giorni.



a una mia ricerca parallela pare, però, che alcuni “attori” del giochetto in questione dopo la fuga, o meglio, i più deboli di cuore, non “tornassero” più a casa, sembra che la cosa migliore potesse capitare a loro in quel frangente fosse l'arresto cardiaco! ... e cosi si aprivano nuovamente le danze, era pronta un'altra occasione per “divertirsi”... perpetravano lo scherzo con l'amico defunto. In questo modo la burla mensile proseguiva, era assicurata con personaggi diversi … come dire, non c'era proprio il tempo di annoiarsi in quei luoghi montani! Olao, nel giro di pochi anni, non solo raccolse storie interessantissime e divertentissime di fantasmi, oracoli, burloni, maghi e streghe raccontate dai contadini del luogo, ma aveva pensato più volte, dato il profondo significato simbolico e culturale delle storie contadine, di utilizzarle in qualche modo ... ma come? Dopo tre anni di scuola superiore riuscì a conseguire con buoni risultati, a luglio, la qualifica professionale. Buona valutazione per le materie teoriche, un po' meno, per quelle tecniche … il suo cavallo vincente non poteva che essere una materia legata al passato: storia. Fu proprio in quell'estate che l'azienda offrì al padre di trasferirsi nella nuova sede di lavoro a Ferrara, con la promessa che avrebbero assunto tutta la famiglia: alla madre era riservato un posto per le pulizie, al padre oltre al suo lavoro aggiunsero anche la mansione di custode in azienda, ad Olao invece fu assicurato un lavoro più 'qualificato' alla catena di montaggio. Anche per questa decisione non furono interpellati tutti i membri della famiglia. L'ingordigia, racconta Olao, di avere tre stipendi, in una famiglia composta da quattro persone, spinse il padre ad accettare il trasferimento. Dopo quella notizia, in casa, per qualche settimana regnò il silenzio più assoluto, nessuno accennava del trasloco, non si comunicava più, tranne mio padre che cercava di sdrammatizzare, giustificare e far passare tale scelta come la soluzione migliore per i vari problemi familiari ed economici. Per Olao, invece, non fu facile accettare tale trasferimento.

”””Era veramente un dramma abbandonare quel mio “triangolo” di terra, quei luoghi fantastici in cui furono create storie infinite di re, regine, principi, orchi, preti, gobbi; d'un colpo spazzati via, abbandonati; per alcune settimane mi sembrava che nell'intestino, dentro di me, si stesse staccando qualcosa ... distruggendo un mondo importante; l'unica cosa che mi rassicurava, prima di partire, era la certezza che sarei ritornato anche da solo in quei luoghi.”””

Ogni anno, infatti, per molto tempo, le ferie le trascorreva in quei luoghi. ”””Immancabilmente le vacanze, anche senza i genitori, le passavo nella casa paterna; quelle zone e i contadini, comunque, oltre a custodirli dentro di me, non potevo dimenticarli, erano immortalati nelle mie fotografie”””.



iunti nella provincia di Ferrara i rapporti con i genitori non miglioravano, diventavano sempre più tesi e conflittuali. In autunno fu assunto nell'azienda e come promesso occupò un posto in una catena di montaggio secondaria. In quel periodo la sua salute era molto cagionevole, peggiorava velocemente … debolezza diffusa ed apatia fecero nuovamente la loro comparsa. Dapprincipio una leggera faringite e problemi gastrointestinali, poi una vistosa eczema sul palmo della mano destra; prese forma, inoltre, una importante fobia per le malattie, una forte preoccupazione per i disturbi cardiaci. Ogni piccola cosa minacciava il suo fisico; un corpo inadeguato continuamente in balia dell'accelerazione violenta del battito cardiaco, delle contrazioni muscolari e dell'arresto improvviso della digestione. Tutto questo malessere psicosomatico, oltre ad imporre lunghe assenze dal lavoro, veniva attribuito ai genitori; per l'intera famiglia era diventato la pecora nera, il capro espiatorio di ogni cosa anche la più banale. Sosteneva, infatti, che il suo stato fisico era causato da una attività lavorativa troppo pesante e stressante, non voluta, imposta dai genitori.

””” Una sensazione ricorrente, dopo il trasferimento in Emilia, era quella di non rendermi conto di quello che facevo, non avere alcuna consapevolezza di ciò che mi circondava, vedevo tutto annebbiato; il mondo attorno mi sfiorava, non aveva più importanza, niente mi coinvolgeva, ogni cosa mi passava accanto velocemente e senza interessi … solo di rado mi accorgevo di una precaria lucidità”””.


assarono gli anni e venne il momento della visita per il servizio militare. Fu esonerato per insufficienza toracica. In quei giorni al distretto militare, lontano da casa, fece alcune esperienze e conoscenze singolari.

””” L'esperienza più importante fu quella di scoprire l'altro sesso, entrare in contatto con la sessualità femminile. Ogni sera si andava in un appartamento ben tenuto e con un'atmosfera misteriosa a trovare due fanciulle con le quali, a turno, si poteva “approfondire la conoscenza”; ma poiché l'attenzione era sempre insistentemente rivolta ai miei due compagni, l'ultima sera dei “tre giorni”, mi rifiutai di andare all'appuntamento e andai da solo al cinema. Il giorno prima di tornare a casa, mentre giravo per la città, vidi esposto in una bacheca della biglietteria ferroviaria, un volantino in cui si parlava di un Centro Psicologico che organizzava corsi e gruppi di incontro per conoscere e migliorare se stessi a livello emotivo; presi l'indirizzo ed il recapito telefonico del Centro con la promessa di contattarlo non appena arrivato a casa. L'indomani parlai con la segreteria del fantomatico Centro dalla quale appresi che l'inizio del corso era previsto per gennaio e che si sarebbe tenuto a Lugano con incontri mensili. Mi iscrissi immediatamente a tale corso. Nel primo week – end vennero spiegate le finalità, il funzionamento e gli scopi che il Centro si prefiggeva con l'attivazione di tali corsi. Negli incontri successivi ci si metteva uno di fronte all'altro ed a turno urlavamo, al compagno assegnatoci, il nome che i “conduttori” avevano destinato ad ognuno di noi. A me fu assegnato il nome di “morte”, per cui ad ogni incontro, dopo vari movimenti, gesti, esercizi specifici e smorfie, per circa dieci minuti il “compagno di merenda” mi gridava forte con una certa insistenza: morte, morte, morte ...”””.


isogna riconoscere che, certe volte, l'aspetto di Olao era davvero cadaverico, ma affibbiare l'appellativo di morte, ad un personaggio in quello stato, era davvero fuori luogo, di cattivo gusto, poco professionale e, soprattutto, non appropriato alla circostanza … davvero eccessivo, troppo funereo e sicuramente non terapeutico. Accertai, dopo vari incontri, che questo suo stato “cadaverico” veniva solitamente manifestato a seguito di particolari esperienze emotive, in particolare dopo profonde delusioni. Tale trasformazione sembrava volesse testimoniare una ingegnosa strategia di mimetismo. Come dire: sono “morto” quindi non “sento” niente, passo inosservato, nessuno mi nota. Tuttavia, dopo questa esperienza a Lugano ebbe una violenta crisi d'ansia che non gli permise di terminare il corso. Olao si chiuse sempre più in se stesso, si isolò completamente dai colleghi di lavoro e, soprattutto, dai pochi “conoscenti” che volutamente e consapevolmente, rinunciava ad incontrare per i loro, a suo dire, innumerevoli difetti. Di solito il suo stato di isolamento - apatia - mutismo durava più o meno due settimane, massimo un mese. Il suo pensiero fisso era quello di diventare “brutto” (dismorfofobia), per questo motivo non perdeva l'occasione di specchiarsi, guardare continuamente ed ossessivamente i vetri, lo specchio per confermare o meno la sua immagine, se il suo aspetto era cambiato. Questo suo stato indusse i genitori a ricorrere ancora una volta all'aiuto dello specialista.


APPROCCIO TERAPEUTICO


icordo perfettamente il giorno in cui ricevetti la telefonata da parte della madre di Olao. Avevo da poco traslocato con lo studio in un'altra borgata. Una giornata primaverile, limpida, silenziosa, benevola e tranquilla fino all'inedia. Quel giorno mi recai nello studio prima del solito per sistemare alcuni documenti e fare una cernita delle carte che mi potevano servire in futuro. Alle 14.00 circa, ora insolita, suona il telefono; uno squillo che sembrava venisse, da un mondo parallelo … lontano e misterioso; una combinazione di tonalità gradevole, accesa, difficile da abbinare ad un apparecchio telefonico. Un suono, a quell'ora singolare, carico di melodia rompe il silenzio e si diffonde lentamente in tutto il locale. Sollevo la cornetta:

”””Buongiorno, senta ho letto il suo articolo sul settimanale “Il ragno” mi è piaciuto … una “storia” interessante, scorrevole, ben descritta, chiara e precisa (in quel periodo scrivevo su un settimanale locale articoli di psicosomatica). Guardi, vorrei parlare un attimo con lei, desidero un appuntamento … le dico subito, comunque, che non è per me, ma per lui, mio figlio che non ha voglia di far niente, è depresso da una vita … così ha detto il suo medico. Non ne posso più, in famiglia è un inferno, tutto il giorno a letto che si lamenta, dice che non ce la fa più ... noi sì che non ne possiamo più, non è facile mi creda, dice continuamente che siamo tutti contro di lui, che non lo consideriamo, capiamo, aiutiamo come sua sorella … ma le pare, i figli sono figli ... tutti uguali”””.


opo questo colloquio telefonico a senso unico, pieno di amarezza e di singhiozzi, stabilimmo di incontrarci la settimana successiva. All'incontro comunque si presentò solo la madre:

”””Mi dispiace ma non ha voluto venire, dice che siete tutti uguali, che nessuno lo capisce ... non ne possiamo più. Le prometto, glielo giuro che la prossima volta, a costo di trascinarlo per i capelli, vedrà, verrò con lui sicuramente (come si ricorderà, anche per andare a scuola fu trascinato); ma forse ... forse è meglio così, che non sia venuto oggi ... in questo modo le posso spiegare liberamente come stanno realmente le cose … le voglio dire tutto, volevo capire dove abbiamo ... ho sbagliato, è stato difficile tirarlo su, ha sempre creato problemi fin da piccolo … con tutte le sue fantasie e i suoi spasmi allo stomaco era un inferno; sa fino a quattro anni e mezzo, urla a non finire, dovevo portarlo in giro per casa in braccio giorno e notte; sapesse, ero costretta, a volte, per fermarlo un attimo, a scuoterlo con impeto, lei capisce dopo un lamento continuo e un pianto interminabile ... quelle mie reazioni possono in qualche modo aver causato danni? … e, poi, la lotta con il lavarsi, la pulizia”””.


proposito dell'igiene intima, Olao racconta:

”””Da piccolo, quando mi “sporcavo”, mia madre mi puliva nella stalla, usando direttamente il getto dell'acqua fredda. Questa operazione, a suo dire, vera o non vera completamente pare venisse eseguita, senza tanti preamboli in ogni stagione … sembra anche d'inverno.”””.

“””Poi la scuola, quante ne ho passate, non voleva mai andarci; i primi tempi ho dovuto trascinarlo per un braccio; da suo padre, poi, mai un aiuto, solo violenti scontri, richiami ed interventi rabbiosi. Sì è vero, durante i lavori primaverili in campagna, rimaneva dei giorni a casa da solo con la sorella, ma cosa potevamo fare, dovevano pur lavorare; anche i miei genitori lavoravano nei campi; con i nostri impegni lavorativi non potevamo mica dare troppi vizi”””.

embra che nei momenti di semina, nei periodi di intenso lavoro, i nonni portassero Olao, non sapendo a chi lasciarlo, con loro nei campi e lo lasciassero dentro la carrozzina sulla cavedagna, il più delle volte senza nessun controllo e per diverse ore … solo qualche occhiata da lontano.

”””Forse è vero, all'inizio, avremo avuto poca attenzione nei suoi confronti, avrà sofferto un po', ma mia madre non è mai stata una santa, disponibile, una grande simpaticona con gli altri … anche nei miei confronti; in compenso fu una tragedia quando lasciò il nonno, era l'unico della famiglia a cui era veramente legato, nutriva buoni sentimenti. Ma guardi, le posso assicurare che, pur essendo poveri (a quell'epoca, sottolinea), niente gli mancava: cioccolato, biscotti, marmellata di buona qualità, fatta in casa ... aveva tutto … poi quando siamo venuti ad abitare qui, un disastro; pensi, non voleva venire con noi, non voleva lasciare la casa, un tragedia infinita. E, poi, tutte quelle sue sciocchezze, manie, le storie folcloristiche, la ricerca delle favole a 15 anni; sua sorella non era mica così, lei è una perla, dove la mettevi ci restava … è spesso turbata da lui, dalle sue reazioni, dai suoi modi improvvisi di fare; anche quando ha iniziato a lavorare era un inferno, in casa non ci si durava più, diceva che la sua vocazione era ben altro: fotografo, rappresentante o assicuratore ad esempio, le pare che siano attività che facciano campare una famiglia. Certo lui è molto fragile, esile, magro, ma in fabbrica non svolge mica un lavoro pesante … si immagini in una catena di montaggio che fatica si possa fare … sono due settimane che è a casa in malattia, non ci vuole più andare, se non ci fosse suo padre in azienda, con tutte le sue assenze, l'avrebbero già licenziato”””.


l colloquio si è protratto per circa trenta minuti tra lacrime, sensi di colpa, logorrea e intensi sentimenti di rabbia. La manifestazione di ostilità da parte dei familiari verso il depresso, non deve meravigliare, anzi è un fenomeno abbastanza comune … viene sperimentata un'impotenza continua e davvero profonda. Vivere assieme ad un depresso, per alcuni, soprattutto se non si è “corazzati” o si appartiene ad una struttura clinica diversa, è praticamente impossibile da capire; la passività, le lamentele struggenti, i rifiuti continui, le reazioni esagerate, l'indifferenza totale creano separazione e profonda ostilità ... allontanano, dividono, non avvicinano mai le persone tra di loro. Tutti questi comportamenti, pur non essendo presenti contemporaneamente, a lungo andare, rendono le dinamiche familiari cariche di tensione e i rapporti letteralmente asfittici, se non drammatici e distruttivi. Quel dialogo determinò nella madre, attraverso l'abreazione, una significativa scarica liberatoria di alcuni contenuti emotivi e, nel contempo, sicurezza e un po' di fiducia in qualche possibile soluzione; la certezza di poter dividere, con un'altra persona, la responsabilità, il peso e la gestione di questo suo compito piuttosto gravoso, cioè aiutare Olao, era diventata per l'intera famiglia una vera ossessione e, soprattutto, una massima priorità … più per il nucleo stesso che per il benessere di Olao! Tutto ciò risulta importantissimo ai fini terapeutici. Al depresso, infatti, sensibile e particolarmente vulnerabile a certe dinamiche relazionali e cambiamenti ambientali, basta poco per disertare le sedute terapeutiche, per cui una forte e sincera alleanza con una figura di riferimento importante è sempre utile e vantaggioso, se non indispensabile all'inizio del trattamento ... anche se il soggetto in terapia non è più un adolescente. La settimana successiva Olao venne alla seduta accompagnato dai genitori. Dalla finestra dello studio li vidi arrivare: Olao era completamente “rannicchiato” tra la figura esile – frenetica della madre e la corporatura possente – flemmatica del padre. Dopo una breve presentazione sfuggente, veloce e una leggera stretta di mano il padre si congedò per impegni di lavoro. La madre, invece, astuta e saggia, facilitò il colloquio introducendo argomenti generali e raccontando aneddoti divertenti della sua vita. Quando la conversazione raggiunse un clima più sereno, distaccato e disteso, si congedò, lasciò la stanza dicendo che forse Olao aveva qualcosa di più importante da raccontare. L'aspetto di Olao era quello di un individuo “spento”, di un soggetto apatico, amorfo, con un corpo rigido e ripiegato completamente su se stesso. I capelli lisci, “unti”, di un nero corvino, pettinati da una parte alla De Andrè, coprivano quasi completamente l'occhio sinistro, rendendo lo sguardo ancora più assente ed inquietante, caratterizzato da una sfida aperta e un chiaro non coinvolgimento … teneva le 
dovute distanze, “attento” e pronto a difendere il suo territorio fisico e mentale.


li occhi scuri, infossati e sbarrati su un volto ovale e biancastro creavano un aspetto tenebroso, sinistro, spento, cupo e misterioso. La bocca, caratterizzata da un grande labbro inferiore carnoso, mentre al contrario quello superiore quasi inesistente, presentava un'abbondante schiuma giallognola, prodotta “probabilmente” da una alimentazione caratterizzata da un alto consumo di grassi e un esagerato consumo di antidepressivi. La giornata, inoltre, anche se piuttosto ventilata non giustificava appieno l'abbigliamento di Olao: camicia di lana a manica lunga, maglione a giro collo, giubbotto scamosciato con cerniera chiusa fino al collo, pantaloni di velluto a coste larghe, scarpe alte con suola di gomma, il tutto coperto da un pesante pastrano scuro (una 'corazza' per proteggersi, non sentire niente, ma anche un segnale fisiologico di pressione bassa che caratterizza il depresso) … vestiario mantenuto fino alla fine della seduta. Con quegli indumenti rievocava una figura obsoleta, antica, d'altri tempi … una chiara immagine anacronistica del passato. La sensazione di freddo, inoltre, cioè ansia somatizzata, accompagnò Olao per tutto il colloquio … si sentiva intrappolato, immerso in una atmosfera relazionale pesante e “gelida”. Non era per nulla comunicativo a livello verbale, ma di sottecchi passava in rassegna ogni mio gesto e parola; molti silenzi, frequenti periodi di ruminazione, infinite divagazioni, brevi discorsi vuoti e fantasiosi hanno caratterizzato questo nostro primo incontro. Le sue resistenze iniziali fisiche e mentali erano particolarmente forti ed intense. Da seduto teneva il corpo “accartocciato”, sbilanciato e ripiegato in avanti. Quella posizione reclinata indicava sempre più, man mano che trascorreva il tempo, un carattere ombroso, un chiaro atteggiamento di dipendenza e sottomissione …. il suo sguardo, però, era pieno di sfida, rabbia e rancore. Nel colloquio successivo, tuttavia, anche se proseguiva alternato da un sospirare convulso e da un fumare accanito (a quel tempo non c'era il divieto di fumare), non veniva manifestata una aperta e rigida opposizione, tanto meno evidenti reazioni ostili. Anche il modo di fumare era piuttosto singolare: la sigaretta la teneva ben stretta all'estremità del filtro con la punta del pollice e dell'indice. Durante la fase di aspirazione metteva in bocca, insieme al filtro, i polpastrelli delle due dita. Questo particolare modo di fumare, coinvolgendo anche le dita, richiamava alla mente il caratteristico fenomeno infantile del “succhiarsi le dita”. Condotta piuttosto strana considerata l'età del fumatore. Nell'intervallo, inoltre, tra una boccata e l'altra, Olao “custodiva” la sigaretta all'interno del palmo della mano come se avesse timore di manifestare apertamente questa abitudine … la sua aggressività. 


li argomenti trattati nei primi colloqui riguardavano principalmente il suo aspetto (pensava di essere brutto e deforme, convinto di non piacere agli altri ... soprattutto a se stesso), i precedenti rapporti con gli altri specialisti, la passione per la fotografia e l'esperienza effettuata al Centro Psicologico di Lugano. Tutto ciò cadenzato da continue e pressanti richieste di rassicurazioni circa i suoi timori relativi ai propri cambiamenti morfologici (desiderio sincero di voler uscire da quella situazione dolorosa e difficile). Per quanto riguarda quest'ultimo punto, Olao non è certo una figura originale, capita sovente di incontrare “depressi” che hanno una percezione deformata della propria immagine corporea. Ad ognuno di noi, probabilmente, senza sconfinare nel disagio vero e proprio, almeno una volta nella propria vita è venuto in mente di chiedere, magari scherzosamente, un parere sul proprio aspetto fisico alle persone vicine per “strappare” un caloroso complimento, farsi una flebo di buon umore e autostima, senza però farne una ragione di vita. Per Olao, invece, l'opinione delle altre persone sul suo aspetto era fondamentale e vincolante, si è trasformata nel tempo in una vera e propria ossessione; una necessità di cui non riusciva a farne a meno. In termini generali ciò, molto spesso, è attribuibile ad una mancanza di autostima e ad un'immagine di sé piuttosto mediocre. D'altronde chi possiede un buon concetto di sé stesso - è in buona armonia con il proprio schema corporeo e l'ambiente circostante - non ha bisogno di verificare ossessivamente il suo aspetto esteriore. I precedenti rapporti con gli altri specialisti, inoltre, furono vissuti con profondo disagio, ansietà e, soprattutto, mise in evidenza più volte la loro incapacità e scarsa professionalità, pur accettando la loro etichetta di depressione. Il suo verdetto era: incapaci a comprendere i suoi reali problemi e, soprattutto, di non aver ricevuto alcun sostegno e aiuto. Naturalmente anche le mie capacità professionali e culturali, considerate certe reazioni di diniego e svariati tentativi di squalifica, furono messi in discussione fin da subito. Tale ipotesi veniva confermata, attraverso l'irrequietezza e il suo continuo strabuzzare gli occhi; appare comunque una figura passiva e dipendente, con delle forti resistenze al trattamento e, soprattutto, molto spaventato. Nei colloqui, proprio per la sua sensibilità narcisistica, furono evitate domande che potevano rievocare intensi vissuti emotivi; facendo leva, invece, sulla sua passione come ad esempio la fotografia, si allontanavano elementi negativi e ansiogeni incontrollabili. Il suo interesse per la fotografia, assunse, inizialmente, durante ogni colloquio un ruolo dominante. 

'argomento fu stimolato da un vecchio proiettore in disuso, dimenticato dall'inquilino che occupava precedentemente il mio studio. L'apparecchio l'avevo riposto, in attesa di restituirlo al legittimo proprietario, sulla vetrinetta alle mie spalle. Il tema del dialogo fu talmente coinvolgente che per un attimo Olao dimenticò completamente il suo stato, la sua profonda sofferenza; era come vedere quei giocattoli dentro la scatola azionati da una solida molla interna che al sollevarsi del coperchio esprimono la loro massima potenzialità … vedendo l'oggetto si espresse in quel preciso momento proprio così, come un giocattolo! Il discorso, ovviamente, non era incentrato su valori e contenuti emotivi, bensì sull'aspetto tecnico; dall'argomento principale scivolò poi a descrivere in modo dettagliato e minuzioso i vari meccanismi elettronici – meccanici della macchina fotografica e tutte le strategie che aveva imparato per ottenere buone riproduzioni. Per mantenere un clima ed un'atmosfera serena, rilassata e restare su tale tema, dovetti documentarmi, approfondire alcune nozioni sull'arte fotografica. E questa decisione fu buona cosa perché ha permesso ad entrambi di lavorare senza tensione per molti incontri e, soprattutto, di non disertare le sedute iniziali. Fare fotografie, senza alcun dubbio, era per Olao l'unica possibilità di gestire e controllare le pressioni genitoriali, di essere a modo suo libero, autonomo e di affermarsi a livello sociale. Da ultimo anche l'esperienza effettuata a Lugano ebbe molto spazio. Pur manifestando da parte sua una serie di critiche sulla conduzione dei corsi, riteneva comunque che in essi ci fosse la chiave per la soluzione ai suoi problemi: relazionali, sociali ed affettivi. 


uesta affermazione circa il corso (valutazione “positiva”), che smentiva alcune sue posizioni precedenti del tutto negative, era indubbiamente una “minaccia”, un tentativo di tenere le distanze: di squalificarmi professionalmente. Nei momenti di tensione, pur frequentando regolarmente gli incontri settimanali, era solito escludermi dal suo mondo affettivo, “minacciarmi” e ridicolizzare le mie mosse con un linguaggio non verbale piuttosto evidente ed aggressivo; non perdeva l'occasione di “annullarmi”, manifestare il “desiderio” di riprendere - dimenticando completamente il suo drammatico crollo psicologico - i “famosi” corsi a Lugano non appena fosse emerso un lieve miglioramento delle sue condizioni di salute; ovviamente, tutto ciò non per merito mio ma per i “risultati”, a suo dire, ottenuti durante le prime sedute “terapeutiche” presso il tale Centro. La cosa era piuttosto chiara: io non valevo un granché, l'esperienza attuale era, per lui, banale e deludente! Dovevo comunque entrare nelle sue grazie, condividere i suoi sentimenti e, soprattutto, non fare nessuna forzatura, ma dare indicazioni e suggerimenti concreti … bisognava, comunque, “rinforzarlo” e aiutarlo a rimuovere alcuni elementi psicologici problematici; dovevo essere malleabile, disponibile, mantenere una sguardo poco invadente, ma curioso e sincero in modo tale potesse fidarsi finalmente di qualcuno, sentirsi considerato, accolto e apprezzato. Un altro aspetto positivo, più volte affrontato nel colloquio, era quel suo desiderio, pur con una certa intermittenza, di voler uscire a tutti i costi dallo stato depressivo (quindi, non tratti psicotici, ma nevrotici). Proprio per questi elementi, si poteva intuire che le condizioni di Olao non erano poi così drammatiche … non “più” riconducibili a nessun quadro clinico psicotico come formulato dai primi specialisti … forse qualche episodio, ma non così grave come ipotizzato all'inizio. 



n bel giorno, il colloquio si concluse con due domande precise e dirette di valore prognostico:

”””Ma lei pensa che starò bene … potrò veramente uscire da queste condizioni difficili?” … prima apertura.

Vede, quando si hanno delle difficoltà sia fisiche sia emotive, a volte è sufficiente liberare le proprie energie … anche se tutto ciò appare all'inizio difficile, può risultare, man mano che passa il tempo, liberatorio e, soprattutto utile per rinforzare l'intera struttura psicosomatica ... se un locale è impregnato di aria viziata bisogna farla uscire, portare un qualcosa di nuovo e fresco, aprire la finestra e arieggiare i 'locali' …

Crede che riuscirò a venirne fuori?”.

Io credo sia molto vantaggioso unire le forze quando si porta una pesante valigia”””.


on una risata fragorosa, sconcertante, interminabile e assordante Olao si allontanò dallo studio. Seppi nell'incontro successivo che la risata esplosiva era riferita al fatto che da ragazzo, quando lavorava all'hotel nel periodo estivo aveva davvero portato le valige; quell'espressione verbale fece rievocare alcuni vissuti emotivi, buoni e meno buoni, connessi a quella esperienza giovanile; eventi però che, allo stato attuale, non facevano più paura, ma erano gestiti con un certo savuafer, una discreta e brillante ironia. Oltre a quella singolare fragorosa risata - un mix di rabbia mista a sarcasmo - ci fu un altro elemento che mi stupì particolarmente: la sua statura che ai primi incontri sembrava bassa, risultò all'improvviso piuttosto imponente. Quando terminammo il colloquio, per sciogliersi un po' dal torpore, si stirò e fece il gesto di tirarsi su i pantaloni: con quel movimento sembrava, a dir poco, un gigante uscito da un eterno letargo. La sua altezza confermata poi successivamente, a occhio e croce, raggiungeva il metro e novanta. E' mia abitudine terminare la seduta, a volte, introducendo, con particolari personaggi, la formula della “finestrella” e della “valigia”. A livello simbolico la casa è una sostituzione del ventre materno, della prima dimora di cui con ogni probabilità l'uomo non cesserà mai di anelare, giacché in essa lui si sente al sicuro, protetto e a proprio agio. Poiché la finestra, apertura praticata nei muri di ogni edificio, mette in contatto l'esterno con l'interno e viceversa, essa rappresenta, simbolicamente anche una modalità di comunicazione, a livello inconscio, con la prima “casa”: cioè con quelle particolari sensazioni di sicurezza e di protezione legate alla madre; un “edificio” che in quel periodo per Olao risultava apparentemente disabitato, in parte “distrutto”, vissuto con ostilità … in cui è possibile però far circolare “aria” nuova e salutare … dialogare con se stessi e gli altri. Con l'espediente della valigia, invece, si cerca di favorire la collaborazione, lo sviluppo di un rapporto interpersonale favorevole, farsi aiutare e, nel contempo, comunicare metaforicamente che esiste la possibilità di allargare conoscenze, di condividere attività piacevoli con altri … spartire il malessere emotivo con figure di fiducia. Dopo questa breve esposizione è già possibile fare alcune riflessioni significative sugli atteggiamenti di Olao; è sempre la madre, anche con i precedenti specialisti, a prendere i primi contatti telefonici. La stretta di mano di Olao, inoltre, è debole, sfuggevole, insicura, quasi inesistente: in quel gesto convenzionale venivano sfiorate soltanto le dita della mano completamente fredde e sudate; fu la madre ad indicare ad Olao la sedia dove e quando sedere; il modo di fumare e la posizione delle dita; il linguaggio corporeo accartocciato; il malessere emotivo coinvolgeva intenzionalmente e indistintamente tutti i membri della famiglia: tutti erano responsabili e colpevoli! Tutti questi modi di reagire appartengono ad un caratteristico quadro clinico in cui i segni distintivi sono, per certi versi, mancanza di aggressività, dipendenza e passività. In sostanza, tutti coloro che presentano questa struttura psicologica, hanno un rapporto con il proprio mondo interno ed esterno incerto ed insicuro. Vi erano, tuttavia, due aspetti importanti emersi fin da subito dal colloquio: la passione, con tutti i suoi rituali, per la fotografia - cioè la sua parte razionale - e l'interesse manifestato per le fiabe e le storie folcloristiche - con particolare vocazione alle pratiche magiche - attraverso le quali venivano espresse il suo mondo istintuale – affettivo. Questo suo pensiero razionale, passato e presente, veniva utilizzato per gestire, controllare quel mondo emotivo incombente. Ma soprattutto era un tentativo di difesa contro l'emergere di uno stato psicologico conflittuale e molto doloroso. Ci troviamo di fronte, quindi, non ad un equilibrio stabile tra “passione” e “ragione”, bensì ad una condizione di lotta per l'affermazione di uno dei due pensieri a scapito dell'altro. Quel suo mondo “razionale” risultava, pertanto, l'unica linea di collegamento, un'adeguata chiave di comunicazione con Olao per cui si è cercato, inizialmente, di privilegiare e dare spazio, nelle varie sedute, a tutti gli argomenti collegati alle storie folkloristiche e all'attività fotografica. Al fine di poter sviluppare buone conoscenze, apprendere buone competenze tecniche e, soprattutto, non dire “sciocchezze” circa questo argomento piuttosto complesso, frequentai da solo per circa un mese, con incontri pomeridiani o serali, a seconda degli impegni professionali di entrambi, lo studio di un anziano fotografo, prossimo al pensionamento ... l'unico resosi disponibile per tale compito. Questa esperienza con relativa preparazione, non solo mi fornì una buona capacità comunicativa e conoscenze tecnologiche importanti e moderne, ma si dimostrò molto vantaggiosa a livello relazionale e per rafforzare il legame terapeutico; tutto ciò mi permise di aprire fin da subito, all'inizio del rapporto, un piccolo varco e, lentamente, nel tempo, una “voragine” davvero calorosa a livello affettivo e comunicativo utile per superare quel blocco interiore che impediva di svolgere una vita relazionale fluida e soddisfacente, gratificante ed appagante; favorì la nascita di un rapporto disinvolto, sincero, autonomo e di profonda stima; stimolò fiducia, una gradevole atmosfera, un clima sereno e disteso; portò, nel contempo, un leggero cambiamento a livello di coinvolgimento e, quindi, un discreto rapporto terapeutico costruttivo e di buona cooperazione. La strategia terapeutica prevedeva un incontro settimanale e la somministrazione, man mano che diminuiva l'assunzione degli psicofarmaci, di alcuni integratori e sostanze “naturali”.


a diminuzione progressiva degli antidepressivi fu una sua scelta, libera ed autonoma, suggerita anche dal fatto che, da tempo, non erano presenti idee autosoppressive e, soprattutto, perché Olao manifestava continui segni di sonnolenza, insonnia, stipsi, anomalie mentali e comportamentali, con relativo stato confusionale durante il giorno … rischiava di “addormentarsi” sulla catena di montaggio! In quelle condizioni di scarsa lucidità, pertanto, all'inizio, non risultava certamente idoneo all'esperienza terapeutica basata sull'introspezione. La sostituzione graduale con alcuni integratori (non intesi come sostituzione del trattamento farmacologico antidepressivo), oltre ad essere un intervento diverso sia per composizione chimica sia per i fini relativi al programma specifico, ha evitato, indubbiamente, il crollo energetico e l'emergere di forti “resistenze” che si sarebbero manifestate con la sospensione progressiva delle sostanze chimiche. Dopo alcune settimane, inoltre, fu somministrato in forma concentrata il Magnesio (*). Tale sostanza si è rilevata utile, nel tempo a lungo termine, non solo al suo sistema nervoso e per il rilassamento della muscolatura in generale, ma per i crampi e tremori muscolari (mioclonia), nello stress psicofisico e, soprattutto a livello di stabilità emotiva.



ale sostanza è, assunta regolarmente, fondamentale per il funzionamento della ghiandola pituitaria connessa direttamente all'ipotalamo (la ghiandola controlla e regola le funzioni vitali del corpo sotto forma di messaggi chimici, conosciuti come ormoni). Oramai non ci sono più dubbi a livello scientifico, il magnesio è necessario per il funzionamento della ghiandola pituitaria. Questa ghiandola regola tutte le altre ghiandole del corpo, e per esercitare tale funzione regolatrice impiega, appunto, questo minerale; esso agisce in qualità di sedativo, neutralizzando l'effetto stimolante dell'adrenalina, prodotta dalle ghiandole surrenali, la produzione eccessiva delle surrenali, infatti, va contenuta entro certi limiti, o altrimenti tale secrezione ormonale, non solo creerebbe una carenza del magnesio, ma accelererebbe il processo di consumazione e di riassorbimento del tessuto osseo (avremo ossa meno robuste)


l magnesio attiva una infinità di enzimi presenti nell'organismo, è importante in molte funzioni cellulari, fra cui la produzione di energia; svolge un ruolo attivo nel metabolismo delle proteine e dei carboidrati e, quindi, interviene come co - fattore in alcuni ormoni … in quel frangente, era davvero di importanza vitale per la sua salute psichica; la carenza di tale minerale, infatti, è caratterizzata da sintomi piuttosto fastidiosi: irritabilità, disturbi cardiaci, eccitabilità, apprensione, debolezza, confusione mentale, disorientamento, problemi di trasmissione nervosa ed insonnia; le conseguenze di un eventuale deficit di magnesio, si trasformano in disturbi non solo neuromuscolari o comportamentali (stanchezza, ansia), ma svolge anche un ruolo importante nella protezione cardiovascolare, soprattutto inibendo la produzione di radicali liberi e la formazione di placche nelle arterie. Il magnesio, inoltre, “controlla” la secrezione dell'adrenalina e i “disastri” che essa, in forma elevata, provoca a livello del cervello, del cuore, dei muscoli e dell'apparato digerente. Lo stress cattivo provoca l'uscita di magnesio dalle cellule favorendo l'entrata di calcio e con un aumento della concentrazione a livello della muscolatura scheletrica e viscerale. In questo stato si possono verificare insofferenze varie: contratture, crampi muscolari e spasmo alla muscolatura liscia e striata.

(*) Non utilizzare  questa sostanza senza il parere del proprio medico.



 questo punto non potevano mancare alcune riflessioni sul suo modo di mangiare, per niente salutare; bisognava limitare l'assunzione di grassi e riduzione dei carboidrati lavorati ... intervenire su alcune precise abitudini alimentari negative, cibi da togliere completamente dalla tavola o da evitare il prima possibile; con questa mossa, infatti, non facile, si è cercare di capire come e perché la sua biochimica cerebrale aveva perso il giusto equilibrio e che cosa era necessario fare per correggerla. Non bisogna dimenticare che la “malnutrizione” - ovvero le cattive abitudini alimentari, indipendentemente dalle possibili cause - può provocare un profondo malessere psicofisico … compresa la depressione. Per questo è necessario osservare attentamente non solo lo stato psicosomatico a livello sintomatico, ma soprattutto occuparsi delle cause. Se a sbilanciare la biochimica cerebrale è una carenza vitaminica e minerale occorre agire immediatamente ripristinando il giusto equilibrio in modo continuativo. Una alimentazione corretta, un buon mangiare sano, per ognuno di noi - al fine di mantenerci in salute - è sicuramente fondamentale, per il depresso, invece, nutrirsi in maniera adeguata è di importanza vitale, una questione di “vita o di morte” … non può fare a meno di un discreto apporto di energiadeve uscire da una stanchezza cronica, senza però sconfinare in cibi spazzatura ... ingozzarsi di zuccheri semplici, farina e riso raffinati (carboidrati lavorati): detonatori biochimici della depressione


eglio un petto in più di tacchino caldo, pieno di triptofano, sedativo naturale che si trasforma in serotonina, anziché panini improvvisati, untuosi e freddi (i cibi caldi vengono digeriti ed assorbiti meglio e hanno un potere decisamente rilassante). Non dobbiamo mai dimenticare che il depresso, generalmente, ha poca serotonina, parecchio cortisolo nel sangue (quest'ultimo ormone segnala una generica reazione allo stress), molta istamina (un suo livello comunque scarso segnala diversi sintomi e disturbi mentali, tra cui varie forme maniacali o addirittura deliri e allucinazioni), scarso zinco e magnesio, ed elevati livelli di rame. ATTENZIONE, “normale” non sempre è “ottimale”, quindi, bisogna sempre indagare attentamente in “profondità” le funzioni e le sinergie dei vari alimenti … conoscere bene, ad esempio, i cibi che alcalinizzano e quelli che acidificano. Gli stati depressivi e gli affaticamenti in generale, si accompagnano spesso a carenze di vitamine del gruppo B (tiamina, ribovlavina, niacina, a. pantotenico, piridossina, a. folico e cobalamina … ottimi antistress!). Quelle evidenti screpolature agli angoli della bocca di Olao, coperte spesso da una sottile schiuma giallognola (acidità, psicofarmaci) e la lingua di colore violaceo confermavano, infatti, la necessità di assumere una buona dose di riboflavina (lingua) e niacina (screpolature). Un corretto apporto di niacina non solo è indispensabile per la produzione di energia, mantenere cellule sane, abbassare un tasso troppo alto di colesterolo e ridurre così il rischio di disturbi circolatori, ma fondamentale anche per il buonumore, perché aumenta i livelli di serotonina nel sangue (tale neurotrasmettitore ha funzioni importanti di mediatore chimico del sistema nervoso, con riflessi su funzioni vitali come la regolazione del sonno, della temperatura, dell'umore, utile nei casi di sensazioni di paura, preoccupazione, mal di testa, irritabilità, confusione … è l'ormone del buonumore). Il rame inoltre, in giusta quantità, mantiene il cervello agile e scattante (lo stress lo aumenta … anche tè, caffè e cioccolata) … livelli troppo alti producono sovraeccitazione … guai esagerare con certe sostanze!!! 


er ritrovare il giusto equilibrio emotivo, esistono diversi amminoacidi in grado di produrre serotonina o comunque in grado di agire positivamente sul buonumore. Il triptofano, infatti, oltre a gestire la depressione è un eccellente rimedio contro l'insonnia. Ma attenzione, con il tempo l'organismo sviluppa una certa tolleranza al triptofano e l'effetto soporifero diminuisce dopo poco tempo. Il triptofano è un amminoacido essenziale che deve venire dall'esterno perché il nostro organismo non lo sintetizza. La tirosina, inoltre, contribuisce a gestire lo stress aumentando i livelli di adrenalina e di dopamina. La mancanza di questo ormone può portare ad una carenza di adrenalina nel cervello e a conseguente depressione. Nel caso di depressione persistente la stimolazione di adrenalina e noradrenalina - neurotrasmettitori eccitatori - da parte della tirosina può risultare utile, là dove l'effetto sedante del triptofano è più indicato per tratti depressivi importanti. La tirosina agisce sulla tiroxina - ormone tiroideo - utile, nel giusto dosaggio, per conservare l'umore stabile. La tiroide partecipa a varie funzioni metaboliche tra cui, appunto, l'umore e quando risulta insufficiente il sintomo più evidente è appunto la depressione. L'ipoglicemia, per conseguenza di un pancreas iperattivo (iperinsulinismo), oltre agli sbalzi d'umore, può indurre non solo l'insonnia ma anche tratti depressivi importanti e in questo caso specifico sarà utile fare uno spuntino ad alto contenuto proteico, per mantenere stabili gli zuccheri nel corso della giornata (circa cinque – sette mini-pasti al giorno). Prestare attenzione alla propria ipoglicemia è spesso uno dei modi per uscire facilmente dalla depressione. Gli alimenti fondamentali da assumere con una certa continuità, perché stimolano la produzione di serotonina: sono banane, avocado, ananas, melanzane, prugne, pomodori, carne di tacchino, tofu, prodotti caseari poco grassi.


SEMPI e BREVI CURIOSITA’. Una carenza di istamina segnala una condizione maniacale (allucinazioni) mentre un suo livello elevato indica una tendenza depressiva (più è alta più c’è il rischio di suicidio). Una diminuzione di serotonina, invece, indica uno stato depressivo e tratti ossessivi – compulsivi (molto importante per conoscere la gravità dello squilibrio) ... se aumenta l’umore migliora. Alcune proteine animali come pollo, tacchino e coniglio contengono un buon quantitativo di triptofano necessario per la produzione di serotonina. L’organismo brucia i grassi e le proteine mediamente in cinque ore, mentre per i carboidrati impiega circa un’ora e mezza. Il cortisolo tende ad aumentare negli stati depressivi e abbassarsi in quelli maniacali. Il suo livello aumenta sotto stress. Un livello elevato di adrenalina segnala sempre una condizione ansiogena (attacchi di panico, rabbia, agitazione, comportamenti impulsivi). I minerali Zinco e Rame funzionano insieme (devono essere in equilibrio): una carenza del primo e un eccesso del secondo (eccesso: crea eccitazione, problemi psicotici - carenza: passività, apatia) creano nervosismo, insonnia e tratti paranoici, comportamenti violenti. Lo stress fa aumentare il rame e diminuire lo zinco. In questo caso bisogna evitare l’assunzione di cioccolata, funghi, caffè e crostacei perché fanno aumentare il livello di rame. Mani e piedi freddi, invece, potrebbero segnalare una carenza di zinco. Una carenza di magnesio può causare ipertensione, agitazione, insonnia, nervosismo, depressione. Una carenza di manganese può provocare sintomi psicotici e aumentare la pressione sanguigna. Una carenza di Vitamina C produce stanchezza, distrazione, apatia, confusione, irritabilità, cambiamento di umore, sonnolenza, anemia, dolore alle giunture degli arti inferiori, gengive sanguinanti. Una carenza di alcune vitamine del gruppo B può essere un segnale depressivo o un cattivo funzionamento cerebrale. Un cervello, inoltre, pieno di “rifiuti” e pensieri “spazzatura” necessita di zuccheri… di zuccheri complessi non di quelli semplici! Ricorda, la biochimica del corpo influenza sempre la biochimica del cervello e viceversa. E’ davvero importante, quindi, per raggiungere e mantenere l’equilibrio psicofisico, mangiare correttamente (corpo - mente - cibo sono uniti ) e sapere come reagisce la mente (pensiero - mediatori chimici): cosa è fondamentale e cosa bisogna evitare per restare in “salute”… mente e corpo sono ancora una volta inseparabili.


ia via che Olao si “impossessava” della dieta e dell'esperienza psicoterapeutica i suoi comportamenti più rilassati e sereni, cominciavano ad “espandersi” verso un modo di fare più concreto ... un mondo più adulto; possibilità sì di pretendere e reclamare un proprio spazio di libero movimento, ma anche la consapevolezza delle richieste e delle imposizioni del mondo interno ed esterno … era in grado di differenziare, riconoscere nitidamente e gestire perfettamente i due stimoli. Tutto ciò permise di dare, pur con molta cautela, un primo significato ai suoi conflitti, alle sue reali inibizioni sociali ed affettive. A mano a mano, quindi, che venivano smantellate le resistenze Olao comprendeva sempre più l'utilità del trattamento. Dopo, comunque, aver espresso a “bocca piena” tanti e tanti auguri di disagio e malefizi vari a tutti … compresi i suoi familiari; durante i primi incontri, furono lanciati violenti anatemi, anche alla nonna materna … calorose parole e buona considerazione, invece, erano rivolte continuamente al nonno … a cui ricorreva spesso nei momenti di stress relazionale. Si stava aprendo lentamente un varco, si poteva cominciare a lavorare bene e alla grande.


uesta breve esposizione sulla biochimica cerebrale ha scopo solo informativo e non curativo. Il fine di questa iniziativa, come ogni articolo pubblicato, è quello di “toccare” quante più menti possibili in modo tale che ogni singolo individuo possa essere coinvolto e stimolato ad approfondire tutti i vari argomenti trattati e, quindi, essere in grado di fare scelte - se lo desidera -  il più possibile mirate, responsabili e consapevoli per il proprio benessere … poter scegliere e decidere liberamente. Ricorda, la conoscenza rimane sempre il primo strumento di prevenzione … la consapevolezza è sempre terapia!!!


uesto suo maggior impegno e discreto coinvolgimento venne espresso, inizialmente, attraverso la richiesta di aumentare il numero di sedute; il suo desiderio era sincero, genuino e pieno di entusiasmo, dovuto tra l'altro ad un riscontro immediato ed oggettivo miglioramento psicofisico che lo torturava da anni: l'eczema alla mano sinistra era completamente sparito. La cosa estremamente importante, inoltre, fu la “riesumazione” dell'attrezzatura fotografica che era stata buttata alla rinfusa, dalla madre, nel piccolo scantinato dell'edificio, completamente impolverata e piena di ragnatele. A tale proposito Olao un giorno disse:

”””La cercavo da tempo, nessuno sapeva dirmi dove era; non avrei mai pensato di trovarla in quello stato, in quelle pessime condizioni. Quell'idiota (madre), quelle stupide, cretine (madre e sorella), me l'avevano nascosta, buttata sotto le scale, nell'umidità; un'attrezzatura che vale “milioni”, da far invidia anche al più esperto professionista … quell'imbecille (padre) non si è mai interessato … ha sempre rotto i … cosa vuole mai, non ha mai preso posizioni, è sempre stato contrario a questa mia passione … per lui è sufficiente un bel piatto di pasta, poi, tutto il resto non è affar suo ”””.



olte espressioni verbali di rabbia sono state formulate in dialetto piemontese e, quindi, nella traduzione il concetto risulta deformato. L'interesse per tutto ciò che riguarda la fotografia venne praticamente accantonata, subito dopo il trasloco a Ferrara. Furono molte le ragione che indussero Olao ad abbandonare, rinunciare completamente a tale hobby; oltre ai vari divieti imposti dalla famiglia e ai vari impegni lavorativi non c'era niente, a suo dire, di interessante ... uno scenario ambientale per nulla stimolante. A quel tempo cominciarono alcune esperienze oniriche, qualche sogno con immagini importanti e significative:

”””Sogno spesso di essere un bambino piccolo, mi trovo in campagna, in un luogo buio ed isolato … corro su un terreno appena arato, prevale il colore marrone su ogni cosa; solo il sole è diverso, colorato e gigantesco, è strano ed invadente, lo vedo strano, molto strano … è di un colore giallo intenso ed irradia un calore cocente, insopportabile … vedo in lontananza una casa … cerco di entrare, ma non ci riesco mai”””.

n questo sogno sono espressi alcuni simboli piuttosto importanti. Il sole che potrebbe rappresentare una figura aggressiva e dominante: un padre invadente e minaccioso; la casa, invece, in cui non riesce ad entrare mai, una madre che non dà sicurezza e protezione. In breve, un bambino che cerca di fuggire dall'ira del padre, correndo verso la “protezione” materna: una richiesta di appoggio, di abbraccio e di affetto ... in questo caso specifico un'attenzione il più delle volte negata. Sollecito e stimolo l'interpretazione con una certa curiosità e meraviglia: uh, un fanciullo che cerca, attenzione, supporto, protezione.

”””E chi ce l'ha mai avuta protezione, attenzione, adesso forse, un paio di occhiate, per timore di qualche mio gesto insano, null'altro”””.

omincia a prendere atto della situazione, ipotizare che il suo “malessere” viene utilizzato per gestire e dominare gli altri, i rapporti interpersonali, per aver maggior considerazione. Un altro sogno ricorrente è il seguente:

”””Sogno di fare l'amore, ma non concludo nulla, non raggiungo mai la fine”””.

Ma lei, conosce il partner?

”””No, direi proprio di no … ma non arrivo mai al sodo, non concludo assolutamente nulla … (timore di lasciarsi andare, mettere a nudo i propri sentimenti, paura dell'altro)”””.


aggiungere l'orgasmo, per certi versi, significa capacità di lasciarsi andare e, non meno importante, la possibilità di esprimere i propri sentimenti. Un individuo che ha manifestato in modo genuino i propri sentimenti e ha invocato per anni e anni un coinvolgimento emotivo nella “controparte” senza ottenere alcuna reazione a livello affettivo gli diventa a lungo andare quasi “naturale” non esprimere il proprio stato, le proprie emozioni: aprirsi all'altro potrebbe rappresentare un pericolo, il terrore di rievocare quelle esperienze affettive e “relazionali” dolorose dovute, appunto, a qualche inganno e tradimento … alla non cura e poche attenzioni espresse da interlocutori significativi a livello relazionale. In questa atmosfera fredda e rigida l'unica possibilità che rimane è quella di sviluppare una profonda diffidenza ed ostilità … congelare i propri sentimenti, paralizzare completamente il proprio mondo emotivo. Questo argomento o meglio questa interpretazione, fece ricordare ad Olao un episodio della sua adolescenza che non aveva nulla a che fare con i rapporti familiari. Prima del “congelamento” affettivo ci fu un periodo in cui, da piccolo, cercò di esprimere i suoi sentimenti di amore non più alle persone, causa a suo dire di frustrazione, ricatti e delusione, ma verso gli animali. Nel periodo invernale, durante le nevicate abbondanti, andava per i campi alla ricerca di animali da salvare. Ogni essere vivente che trovava in giro lo portava a casa per sfamarlo ed, eventualmente, curarlo come poteva. Anche questa esperienza non ebbe esito positivo, in quanto appena gli animali riprendevano le forze “scappavano”, creando ad Olao un ulteriore senso di amarezza, impotenza, solitudine e delusione. La sessualità, inoltre, non era particolarmente sentita, non era una esigenza prioritaria. Non gli portava via molto tempo. L'unica esperienza completa, ma prudente, fu con una di quelle ragazze incontrate durante la visita militare. Anche l'attività masturbatoria, era piuttosto povera, ed isolata: iniziava, ma subito dopo interrompeva perché si stancava. Si sa che la sessualità è un fenomeno molto complesso e che, sicuramente, non può essere districato con tre giri di mestolo. Essa non riguarda solo gli aspetti fisiologici, ma soprattutto coinvolge ed oltrepassa di gran lunga la sfera morale ed affettiva. La sessualità riguarda il rapporto con le altre persone, significa avvicinarsi e aprirsi all'altro, indica movimento … dinamiche che in Olao erano completamente assenti. 


uttavia, il processo di risveglio cominciava finalmente a “germogliare” … a dare buoni frutti. L'intervento terapeutico, pur essendo accompagnato da qualche lagnanza sporadica, si susseguiva con passi lenti, ma significativi. Anche l'attività lavorativa di Olao, tutto sommato, veniva svolta sì con una certa indolenza, apatia e senza tanti entusiasmi, ma in modo sempre più continuativo e collaborativo: le assenze per motivi di salute erano diventate un ricordo assai remoto. Inoltre, in ambito lavorativo si verificò un “avanzamento” professionale: fu nominato capoturno. Quella qualifica anche se non lo investiva direttamente di responsabilità, in quanto il suo compito era soltanto quello di predisporre il lavoro per i colleghi, gli permise di fare un salto economico piuttosto importante. Circa la sua “promozione” disse con un certo orgoglio:

”””Non creda mica, non è stata opera di mio padre, lui pur essendo un grande lavoratore instancabile, non è considerato in fabbrica, per cui non è assolutamente in grado di esercitare pressioni o influenzare la direzione per una mia eventuale promozione”””.

E ancora, con tono pacato, straordinariamente deciso e fermo, quasi volesse differenziarsi da lui e, nel contempo, evidenziare alcune sue capacità:

”””Mio padre appartiene a quella categoria di contadini che nella loro vita hanno lavorato solamente la terra (anche qui il rancore si esprime attraverso la squalifica): grosse braccia e poco … (sorride) ... non è mica colpa loro, sono ignoranti, non riescono a capire la differenza sostanziale tra il millimetro ed il metro, per cui in azienda sono stati destinati a lavori solo faticosi e poco di testa, a compiti generici, grossolani ... come le loro esigenze”””.


'assegnazione a quelle nuove mansioni furono, senza ombra di dubbio, dovute alle sue capacità: per ordine, per comprendere immediatamente le direttive dell'azienda e, soprattutto, cosa che ha conservato nel tempo, per la sua sbalorditiva fluidità verbale (caratteristiche orali direbbe ancora una volta A. Lowen). Intere sedute, comunque, sono state dedicate alla discussione del lavoro in generale. Furono presi in esame, senza fare pressioni e senza dare suggerimenti, gli aspetti positivi e negativi, i diritti e i doveri, vantaggi e svantaggi di qualsiasi attività lavorativa e, soprattutto, poiché bisogna per forza lavorare, in quel luogo oltre a passarci una buona parte della nostra vita, cercare di viverci il meglio possibile. Persino i contratti lavorativi nazionali di altre categorie di lavoratori furono esaminati e studiati attentamente a fondo. Altro fatto sorprendente, dopo vari confronti e profondi commenti, fu l'iscrizione a un club locale che organizzava a livello hobbistico concorsi di fotografia. Nonostante gli iscritti avessero quasi tutti la stessa età, non fu facile per lui legare; l'inserimento di Olao fu piuttosto tribolato e difficoltoso; ci volle, infatti, un po' di rodaggio: accettare il gruppo senza remore era ancora complicato. Il gruppo comunque molto coeso, non ebbe difficoltà, considerata la sua preparazione tecnica in ambito fotografico, ad accettarlo e ad offrirgli alcuni piccoli lavoretti a livello organizzativo e gestionale. Subito dopo la sua iscrizione, il Comune assegnò al club, in virtù del fatto che perseguiva obiettivi esclusivamente culturali e che raccoglieva molti consensi ed adesioni tra i giovani, alcuni locali ricavati da una ristrutturazione di una chiesa sconsacrata. Entrare per la prima volta in quell'edificio fu per Olao un evento indescrivibile ed indimenticabile. Tale sensazione la verbalizzò nel modo seguente:

”””In quel luogo mi sentivo leggero, appagato, libero dai pesi quotidiani … mi sembrava di vivere nella bambagia avvolto da un piacevole e rilassante tepore, trasportato da immense onde marine, mi muovevo in un'altra dimensione … ero in grado di estraniarmi completamente dal mondo circostante, dai rumori e vivere appieno questa profonda eccitazione, mescolata ad una punta di buona solitudine e preziosa nostalgia”””.


ietro sua richiesta visitai quell'edificio: la struttura architettonica, dovevo convenire, era davvero singolare ed avvincente. Un ambiente affascinante, sano, “morbido”, tranquillo e “pulito”. Questi nostri due atteggiamenti, modi di vedere e percepire l'edificio, per certi versi opposti, furono oggetto di intensi e profondi dibattiti. Da parte mia veniva manifestata una particolare sensibilità estetica, da parte di Olao, invece, furono esternati certi “bisogni” affettivi, esistenziali, indispensabili alla sua stabilità emotiva. Naturalmente queste sue necessità non erano più impellenti come per il passato; cominciava, infatti, a “scambiare” senza alcun timore e diffidenza, se pur in forma abbozzata, autentici sentimenti di affetto e un genuino senso di “attrazione” verso le cose. Cominciava, cioè, ad esprimere tutto il suo potenziale emotivo tenuto in “letargo” per troppo tempo. Da questa esperienza elettrizzante, la sua presenza al club, da saltuaria, diventò sempre più assidua. Anche perché conobbe, in quel periodo, una ragazza iscritta al club, con la quale era in sintonia, riusciva a manifestare, apertamente, segni di profondo affetto. Cosa rappresentava quel luogo, non dal punto di vista fisico ma emotivo, Olao lo sapeva già, non erano necessarie ulteriori analogie e rielaborazioni simboliche. Tale rapporto, tuttavia, risultava utile per “rafforzarlo” ulteriormente e, soprattutto, “temprarlo”. Un giorno si presentò con una scatola, utilizzata per contenere scarpe, completamente piena di fotografie in bianco e nero: aveva ripreso in lungo e in largo, con immensa gioia, la chiesa sconsacrata. Il lavoro era stato realizzato veramente con grande estro e straordinaria professionalità. Furono messi in evidenza particolari nascosti e dettagli impercettibili con grande maestria. Il ritorno, comunque, a questa sua vecchia passione non fu facile. I genitori dimenticando completamente il passato, cercarono di ostacolarlo, come al solito perché, a loro dire, sperperava troppo denaro con quel suo “vizio”. Fortunatamente tale tentativo, anche se ci fu un attimo di disorientamento da parte dell'interessato, non ebbe alcuna presa. Il pericolo maggiore era il paesaggio ferrarese che continuava a rimanere poco stimolante. Sì è vero produceva molte fotografie, ma tutte e due non vedevamo ancora emergere quell'entusiasmo o quella eccitazione manifestata nell'incontro con la chiesa sconsacrata. Ci voleva qualcosa di originale e, perché no, di ambizioso. Per questo motivo cominciò a cercare spunti, naturalmente all'inizio senza esito, su riviste di fotografia. L'illuminazione arrivò parlando della sua esperienza con un parente parroco. Attraverso quel colloquio venne a sapere che, nel tempo, molte chiese erano state sconsacrate e vendute a privati dalla Curia. Al consueto incontro settimanale si presentò particolarmente eccitato, elettrizzato, in modo piuttosto euforico. Sapeva già cosa dire e proporre, infatti:

”””Lei conosce qualcuno ... Dove? Sì, per avere certe informazioni. Cioè? In Curia, dice? Sì, proprio lì. No, ma credo si possa telefonare ... per qualsiasi cosa sono disponibili. E' una cosa particolare. Sarebbe? Avere certe notizie … conoscere quei bei edifici. Quali? ... l'elenco delle chiese sconsacrate in tutta la provincia”””.


roviamo. Presi l'elenco telefonico e cercai immediatamente il numero della Curia Arcivescovile di Ferrara. Sapevo comunque che non era facile; una domanda simile, pur essendo ingenua senza alcuna malizia, in quella sede poteva suscitare perplessità e brusche reazioni. In merito a quella particolare e strana mia richiesta, infatti, risposero - con tono giustamente diffidente e conciso - che sulle chiese sconsacrate esisteva parecchio materiale, erano stati pubblicati numerosi libri. Attraverso le pubblicazioni, consultate nella biblioteca comunale “Ariostea” di Ferrara, fummo in grado di individuare tutte le chiese sconsacrate con relativo indirizzo. Dal quel preciso istante furono stabiliti anche i compiti: a me toccava organizzare il materiale scritto ed esaminare le varie pubblicazioni relative alle chiese sconsacrate, ad Olao invece era riservata la produzione fotografica. Successivamente Olao propose di pubblicare, considerata l'idea davvero originale e le bellissime immagini realizzate, il reportage completo delle chiese sconsacrate. Poiché gli edifici non erano molti, proposi di inserire nel “volumetto”, qualora si fosse realizzato, alcuni brani delle storie folcloristiche raccolte a suo tempo da Olao, anche perché non esisteva più il pericolo di una reazione depressiva … rivivere tormenti o vissuti drammatici. Secondo il parere di Olao, giustamente, tale proposta non aveva alcun senso, proprio per il fatto che gli argomenti erano completamenti diversi, mancavano di un legame logico e non erano sicuramente in sintonia tra di loro. Buona la prima, tutti in scena! Ottimo. Un Olao che poteva finalmente scegliere e decidere. Poteva prendere posizioni e gestire la situazione con un pensiero realistico, libero da influenze esterne. Scartata l'ipotesi di inserire le fiabe o le storie folcloristiche nel saggio, Olao suggerì, invece, di raccontare gli avvenimenti così come si sono succeduti, senza cioè alterare in alcun modo la realtà e i personaggi compresi … usando i veri nomi e cognomi. Dopo un'attenta valutazione, in comune accordo, decidemmo che era la cosa migliore. Sembrano davvero inverosimili e sorprendenti alcuni cambiamenti che si verificano in certe persone affette da disagio emotivo, sia a livello somatico sia a livello psichico, quando riscoprono l'interesse e l'entusiasmo nel fare le cose. 


lcune spinte emotive, infatti, come lo slancio, il fervore e la passione risvegliano il “genio” addormentato, lo ricaricano completamente di energia; un fare però che, il più delle volte, si scontra con qualcuno, entra in conflitto con certe regole culturali e sociali; non va nascosto che queste sensazioni, nella nostra cultura, bisogna “guadagnarsele” col sudore della fronte; a volte sono ostacolate da modi di fare rigidi e monolitici perché considerate da molti una debolezza, un modo di fare troppo fantasioso ed infantile. Così, piano piano, ci perdiamo il meglio della vita, entriamo in confusione, questo patrimonio umano spontaneo e naturale si spegne, si perde nel corso del nostro processo evolutivo, calpestando il benessere psicofisico e la vera felicità … bisogna adeguarsi, mettersi al sicuro e, quindi, bisogna scegliere: più cervello e meno cuore! Naturalmente molti elementi concorrono a queste trasformazioni come ad esempio la riscoperta del “movimento”, di un prezioso e salutare esercizio fisico quotidiano (se fatto in un modo corretto scarica la tensione, rinforza l'intero corpo e migliora, attraverso la produzione di neurotrasmettitori, le difese immunitarie). Basti pensare anche alle cattive abitudini alimentari che determinano irrequietezza, eccitazione e paura. Quando tale errata condotta alimentare cessa, si manifestano mutamenti fisiologici e biochimici importanti; sparisce il gonfiore lasciando alla carnagione un color pesca, una pelle sfavillante e vellutata, inoltre, tutto il corpo irradia, stranamente, un intenso calore. 



ella cultura popolare non si usa forse dire: quel personaggio è improvvisamente rifiorito. Anche Olao, comunque, se pur saltuariamente, non in modo continuativo, ebbe uno strano rapporto col cibo: da “anoressico” passava con estrema facilità allo stato “bulimico” … a cibo spazzatura … oscillava tra una pelle secca ed untuosa ... un colorito spento e grigiastro su fronte e naso. Ciò causava notevoli sbalzi di peso, cambiamenti tuttavia impercettibili data la sua struttura corporea imponente. Anche l'aspetto psicologico andava di pari passo con gli eccessi alimentari: più aggressivo ed orgoglioso durante il periodo di astinenza, più masochista, noioso e provocatorio nella fase “coatta”. La produzione fotografica procedeva freneticamente e senza interruzione con grande entusiasmo. Anche le uscite con la ragazza conosciuta al club diventavano sempre più frequenti; un rapporto affettivo sereno e coinvolgente: da mangiare una semplice pizza, passarono alla visione di qualche film e poi a ballare in discoteca. E' passato ormai molto tempo da quando decidemmo di raccontare questa “storia”. Ci lasciammo con l'impegno di fare una cernita del nostro materiale migliore e di incontrarci successivamente per la realizzazione del progetto. Nel frattempo molte cose sono cambiate; i genitori sono morti, i due fratelli si sono sposati nello stesso giorno e con la medesima cerimonia. Olao inoltre, pur avendo conservato il lavoro in fabbrica riesce, con i turni, a svolgere un'altra attività con ottimo profitto. Un lavoro che ha sempre desiderato fare: l'assicuratore. La casa di famiglia, su proposta di Olao, in comune accordo con la sorella, fu messa in vendita e poi venduta.

ULTIME CONSIDERAZIONI


rrivati al termine di questa narrazione, ci si rende subito conto della necessità di ulteriori spiegazioni ed argomentazioni più profonde. Tuttavia, come più volte sottolineato, lo scopo fondamentale di questa “iniziativa” non è letteraria, ma quella di comunicare buone emozioni senza pregiudizi; semplicemente quella di trasmettere e di riassumere un'esperienza umana che, fortunatamente, ha avuto, per merito dell'attore principale (Olao), un epilogo positivo, se non per certi versi fantastico ... questa volta possiamo veramente dire senza nessuna “vittime”. Come abbiamo potuto osservare nel corso di tale esperienza, gli argomenti hanno assunto, man mano che si entrava nello specifico, un linguaggio esopico e simbolico. Percorso d'altra parte obbligatorio quando si entra nei meandri di quel “mondo magico”, nel labirinto delle parole nascoste … della psicoterapia. Ci siamo, inoltre, soffermati brevemente su alcuni punti per comprendere o meglio ancora per orientarci nelle fasi di sviluppo e nelle trasformazioni essenziali del trattamento. I dati relativi al vissuto di Olao hanno mostrato, sostanzialmente, come certe esperienze effettuate durante la crescita siano state determinanti nella formazione del suo malessere emotivo. Il tratto fondamentale dell'intera storia si riduce, quindi, al fatto di aver vissuto in un ambiente “freddo” non molto attento alle sue elementari esigenze primarie … non del tutto funzionali. 


n episodio significativo, ma non l'unico, purtroppo, in cui l'attenzione familiare era inesistente fin dalla nascita, è quello della “sosta forzata” sulla cavedagna; attendeva in silenzio per ore ed ore, coperto da una piccola tendina di cotone, in balìa dei fenomeni atmosferici e di piccoli animaletti fastidiosi, l'arrivo di qualcuno ... in quelle condizioni anche un animale molesto andava bene, poteva distrarlo da un pianto straziante ed interminabile; non poteva andare altrove, era lì fermo ad aspettare i nonni che terminassero certi lavori prima che lo raggiungessero non per rassicurarlo e accudirlo, ma per portarlo a casa … finalmente al “sicuro”; anche se piangeva nessuno se ne accorgeva, troppo impegnati e distanti dalla carrozzina!!! È indubbio che un'esperienza di quella dimensione, in modo continuativo, non possa aver prodotto conseguenze ed effetti psichici negativi, anche perché essa non fu mai un fenomeno sporadico, isolato, ma sembra si protrasse per interi cicli stagionali, soprattutto durante la semina nei campi. Riesce difficile, pertanto, non ipotizzare in quelle occasioni - visto che Olao presentava dolorosi spasmi intestinali e muscolari diffusi - degli intensi ed interminabili pianti, fino all'estremo delle sue forze. Questi modi di fare non hanno favorito, sicuramente, una crescita equilibrata. Appare immediatamente evidente che le occasioni di frustrazione superavano di gran lunga i momenti di soddisfazione e di benessere generale, procurando effetti dannosi sullo sviluppo della personalità di Olao. Il sentimento di insoddisfazione, è bene precisare, non sempre è negativo, anzi risulta indispensabile e di stimolo - quando naturalmente non supera certi valori o diventa permanente - per formare una personalità equilibrata ed armoniosa. Ma quando simili esperienze di frustrazione e di stordimento raggiungono valori patologici, a lungo andare, determinano un senso di impotenza, disistima e inadeguatezza diffusa sia nel corpo sia nella mente. Tutto ciò ostacola la “manipolazione” del mondo circostante, delle conoscenze e, soprattutto, crea rabbia e ostilità. Il rancore si sviluppa perché l'ambiente, in cui il bimbo cresce, è eccessivamente deprimente ... ritarda in modo irrazionale il raggiungimento delle soddisfazioni, blocca e spegne ogni iniziativa ... ogni sviluppo. Il sentimento dell'ostilità, come abbiamo potuto verificare in varie occasioni era piuttosto radicato in Olao. Esso veniva manifestato prevalentemente con l'uso del silenzio, una eccessiva critica, irosità incontrollata e un condannare in modo piuttosto rigido ogni cosa che lo coinvolgeva a livello affettivo: genitori, donne, relazioni umane e ogni attività. Il suo modus operandi per sopravvivere e mantenere una briciola di autostima era questo: se trovo dei difetti, vuol dire che sono superiore al mondo intero, che i miei contenuti mentali sono intelligenti e migliori. Anche l'immagine che Olao aveva di sé stesso era piuttosto povera e confusa. Tale visione negativa si era sviluppata attraverso pressanti imposizioni, mancanza di rispetto e, soprattutto, poca considerazione ... a seguito dei continui abbandoni, rifiuti e confronti con la sorella. Tutto ciò, inoltre, veniva consolidato da un clima familiare confuso, contraddittorio, completamente privo di affetto, tenerezza, comprensione e consensi. Piuttosto complesso e curioso si presentava il quadro psicopatologico. Non era sicuramente una struttura, pur essendo dominante, depressiva “pura”. Erano presenti, infatti, tratti ossessivi, ipocondriaci, fobici e psicosomatici. La psicosomatica, cioè lo studio delle influenze di alcuni fattori psichici sulle malattie organiche, fornisce una singolare e significativa chiave di lettura dei disturbi fisici ed emotivi di Olao.

'eczema alla mano, ad esempio, dermatosi in cui è presente un'oralità molto forte, indica soprattutto, una difficoltà di relazione col mondo esterno, viene respinto tutto ciò che può coinvolgere a livello relazionale ed affettivo. L’eczema esprime sempre una battaglia interiore, un conflitto che “brucia” internamente. I sintomi, rossore e prurito, rimandano a un fuoco interno che tende a distruggere un involucro vecchio ... espressione di una identità che vuole trasformarsi. Chi ne soffre ha energie forti che vorrebbe esprimere in ambiti diversi, ma paura, timidezza, timori vari, sensi di colpa e fobie lo bloccano. Nella fase acuta, cioè quando si avvertono maggiormente i disturbi dell’eczema, compaiono vescicole sulla pelle, che possono rompersi liberando un liquido chiaro (essudato). Successivamente, le vescicole si trasformano in una crosticina. L’eczema provoca intenso prurito, che può impedire il sonno. Nelle dermatiti da contatto le lesioni compaiono per l’appunto nelle zone di contatto tra parti del corpo e sostanze irritanti. Nell’eczema atopico le parti del corpo più colpite sono il viso, il collo, la pelle dei gomiti, delle ginocchia, dei polsi e delle caviglie. Molto frequente nei bambini allergici, è espressione di una difesa nei confronti di un mondo sentito pericoloso a causa della sua progressiva artificialità: giochi in materiale sintetico, cibi dalla provenienza incerta, aria sempre più inquinata. Alterato è anche lo stile di vita di molti genitori sempre di fretta e di corsa. La caratteristica “migrante” di questo disturbo, che può spostarsi in parti diverse del corpo, indica che la pelle del bimbo si difende in zone che man mano rappresentano - in modo simbolico - i punti più vulnerabili in quella precisa fase di sviluppo. La dermatite seborroica, invece, che colpisce adolescenti e adulti di mezza età, è proprio collegata a un conflitto con l’ambiente esterno dovuto a discrepanze tra la capacità di produrre risultati da parte dell’individuo e le richieste della società. Non è un caso che essa si manifesti soprattutto al cuoio capelluto, cioè sulla testa (il luogo dei pensieri), in persone fortemente stressate e che si “spremono” per impegni professionali frenetici. La seborrea inoltre indica che il soggetto non sta vivendo una quota importante della sua carica erotica, costretta ad uscire in forma indiretta sotto forma di sebo. L’eczema classico ha, invece, a che fare in modo prevalente con la difficoltà a esprimere un “fuoco” creativo che, per quanto si cerchi di nasconderlo, non può essere mai veramente domato. Una creatività intesa non solo in senso artistico ovviamente, ma anche possibilità di portare la propria “impronta” in ciò che si sta facendo. In molti casi la persona “arde di interesse” nel vero senso della parola per qualcosa o per qualcuno, ed è così sensibile da “accendersi” per un non nulla … ma non sente legittima la decisione di seguire questa via perché teme che potrebbe portarla lontano dalle scelte e dallo stile di vita consueti, a cui è legata per abitudine ma non per passione. A un atteggiamento conciliante e comprensivo corrisponde nell’interiorità un temperamento sanguigno che facilmente si irrita: un filtro di autocontrollo molto forte inibisce ogni reazione, lasciando che affiori sulla pelle. Una vita interiore ricca e profonda ma che poco traspare all’esterno:  per chi soffre di eczema è difficile parlare di sé, sfogarsi per un dolore o un’ingiustizia, raccontare o condividere. Ma la su tenuta in generale ha un limite e spesso uno sfogo sulla pelle è l’equivalente di una parola. 


'eczema esplose nella mano di Olao alcuni mesi dopo l'arrivo in fabbrica a Cento: i veri responsabili, a suo dire, erano i colleghi e la catena di montaggio. La pelle, infatti, organo percettivo, è un mezzo di comunicazione oltre che di protezione. La cute, come superficie limitativa tra l'Io e l'Altro, è il terreno privilegiato su cui possono esprimersi con estrema facilità i conflitti relazionali, alcuni processi emotivi: come ad esempio l'aggressività repressa che in Olao era piuttosto evidente (si veda il modo di tenere la sigaretta e la postura). Ancora una volta il contatto corporeo iniziale tra la madre e figlio è un processo emozionale fondamentale per una crescita psicosomatica equilibrata. Quando il piccolo, per svariate ragioni, viene privato di questo indispensabile contatto fisico svilupperà in futuro “freddezza”, incertezza, insicurezza e diffidenza; una tale privazione potrebbe tradursi in diversi disturbi emotivi tra cui depressione, turbe sessuali e comportamenti asociali. Non mi sembra che Olao, nel corso della sua vita, abbia potuto beneficiare di questo prezioso rapporto. Anche quella sua insistente, fastidiosa e severa stipsi era piuttosto significativa a livello relazionale e simbolico … al di là, ovviamente, della sua alimentazione spazzatura!!! Un malessere costante collegato al suo modo di fare testardo e dominato da pensieri ossessivi invadenti: non lasciare mai la presa, “trattenere” … ogni cosa. La stipsi è un problema che non riguarda solo l’intestino, ma soprattutto emozioni, affetti e tutto uno stile di vita, compresa l'alimentazione: un vero e proprio atteggiamento mentale, uno specifico modo di essere; è un disturbo che mette in risalto tratti di una personalità controllata, trattenuta, chiusa, tendente all’avarizia e alla gelosia… si è molto sensibili al giudizio altrui… soggetti sempre pronti, in ogni occasione, ad offrire un’immagine “pulita” e di grande rettitudine; nel colitico invece domina la voglia di trasgredire, ha spesso cattivi pensieri (di natura sessuale), teme le responsabilità per cui è ben felice di delegare (paura di essere giudicato, di non essere all’altezza delle cose), la sua aggressività è indirizzata male, dipendente e con un linguaggio il più delle volte spinto (parolacce, espressioni volgari). E' vero, la cattiva alimentazione - caratterizzata da una scarsa quantità di fibre, acqua, frutta e verdura - non facilitava sicuramente l'evacuazione, ma ciò che “bloccava” l'intestino era l'incapacità di lasciarsi andare, la mancanza di spontaneità nei vari rapporti e il terrore di perdersi nuovamente a livello affettivo. Mi trattengo perché temo che qualcuno possa rifiutare il mio amore, ingannare o peggio ancora mi respinga. Anche l'alterazione del battito cardiaco può essere enumerata tra i disturbi psicosomatici. Non a caso la psicosomatica individua nel cuore la sede delle emozioni. Tale organo, infatti, riveste una azione estremamente significativa nel trattamento dei disturbi emotivi. A prescindere dai vari orientamenti scientifici, comunque, ognuno di noi nel corso della propria vita ha potuto constatare di persona che i dispiaceri provocano inevitabilmente una perturbazione della funzione organica corrispondente: tengono in scacco l'apparato cardiocircolatorio. I disturbi cardiaci nel caso di Olao, hanno rivelato una fissazione anale piuttosto forte, un Super Io particolarmente rigido, severo e pretensioso. Egli, infatti, controllava in modo esagerato gesti e rapporti, perché temeva di entrare in contatto con quell'affettività primordiale inadeguata, insufficiente, inaffidabile e contraddittoria … piena di ricatti e fallimenti; il suo mondo pulsionale era tenuto al guinzaglio: in particolar modo l'aggressività e la sessualità. La storia di Olao è piena di episodi in cui l'aggressività viene repressa e la sessualità, essendo un suo derivato, completamente assente. 


ome abbiamo potuto constatare, il rapporto terapeutico gli ha dato fiducia e gli ha permesso, essenzialmente, di liberarsi attraverso l'espressione verbale, di una parte della tanta aggressività repressa e, quindi, di cominciare a eliminare tutta quella zavorra inutile, liberare la mano impedita dalla paura di agire aggressivamente (eczema). Pure i disturbi intestinali di Olao erano riconducibili al suo malessere emotivo. Il cibo, come è ben noto a tutti, non veicola solo carboidrati e proteine, ma soprattutto emozioni e norme sociali. La madre quando nutre il proprio figlio trasmette - oltre ai nutrienti necessari alla crescita - le basi dell'autonomia e dell'indipendenza ... conforto, sicurezza e tenerezza. Quando quest'ultimi bisogni non sono soddisfatti, come nel caso di Olao, il bimbo può servirsi di varie “strategie” fisiologiche per segnalare la sua sofferenza, sollecitare le cure e l'attenzione materna tra cui, molto usate, le turbe intestinali. Olao, invece, questa affezione la manifestava, quasi sempre, dopo aver trattenuto i suoi frequenti impulsi aggressivi. Circa i problemi del ventre, scrive G.Groddek:

”””Ma quali processi psichici possono aver luogo nel ventre? Come prima cosa mi viene in mente la soddisfazione. L'essere ben sazio è una buona cosa e, per quanto possa suonare cinico, la sazietà è insieme al sonno, la base della vita del bambino, anzi dell'uomo. Ma proprio accanto alla soddisfazione stanno in agguato il cattivo umore, la collera, l'invidia (itterizia) e l'avidità in ogni sua forma. Il piacere e il godimento hanno la loro parte nella nausea e nel disgusto. In breve una quantità di sensazioni spiacevoli alberga nel ventre. L'ira opprime e sceglie la sua sede al di sotto del diaframma; qui risiedono, con tutte le sue pene, le varie preoccupazioni spiacevoli ... provocano ogni genere di disordini meccanici e chimici. Il mezzo di cui si serve di preferenza l'ira sono gli accumuli di gas, localizzati nelle parti intestinali più o meno contratte, tra le due anse dell'intestino crasso”””.

Reportage: le chiese sconsacrate.

Premessa


errara fu edificata attorno all'VIII° secolo sulla riva sinistra del fiume Po. Le chiese ebbero, indubbiamente, un ruolo decisivo nella sua costruzione, in quanto esse non costituirono soltanto un luogo di culto religioso, ma soprattutto furono un preciso e significativo punto di riferimento per tutti coloro che necessitavano di un inderogabile servizio caritatevole. Infatti, accanto a questi edifici, di condizioni tra l'altro piuttosto modeste, sorgevano locali adibiti ad ospedali e a ricoveri per bambini di nascita illegittima, vecchi e donne “sfortunate”. Tutte queste opere misericordiose a favore dei sofferenti determinarono un momento di espansione della popolazione e degli edifici religiosi; sembra che già nel secolo XIII° la popolazione cispadana raggiungesse le 22 mila unità e ben 28 chiese furono erette con relativi luoghi di “rifugio”. La città per molto tempo crebbe in modo prosperoso e sereno. Nel 1796, con l'invasione dei francesi, l'immagine fiorente, festosa e tranquilla di questa cittadina, fu letteralmente capovolta, completamente smantellata e privata delle sue bellezze. Dopo aver preso Ferrara, i repubblicani francesi, misero in vendita e soppressero varie chiese, rapinarono quadri e materiale sacro di metallo prezioso. A seguito di tale cataclisma, nel 1806 rimasero a Ferrara soltanto 9 edifici religiosi funzionanti.

SANTA LIBERA o più esattamente CHIESA DI S.MARIA DELLE GRAZIE

In angolo con Via Scandiana s'è conservata ottimamente, dopo competenti interventi di restauro, la Chiesa di S.Maria delle Grazie. L'edificio ha mantenuto nel tempo la sua meravigliosa immagine sacra e l'ineguagliabile struttura architettonica. La chiesa, ai suoi tempi, era dotata di meravigliosi e preziosi dipinti che, purtroppo, sparirono con l'invasione dei francesi nel 1796. Dopo questa funesta data la chiesa venne chiusa ed utilizzata come stalla, magazzino e laboratorio artigianale. Attualmente il Comune di Ferrara questo stupendo edificio lo utilizza come “Civico Lapidario”.

CHIESA DI S.NICOLO'

In via Mazzina 9 c'è una enorme chiesa, ora sede di un circolo ricreativo, intitolata a S.Nicolò. Essa ospitò per molto tempo i monaci Benedettini e, finalmente, nel 1183 divenne parrocchia. Attorno al 1475 fu assegnata ai frati Agostiniani i quali fecero, oltre al restauro, importanti lavori artistici all'edificio. Nel 1667 per poter sostenere le spese di guerra contro i Turchi la chiesa fu soppressa e furono vendute tutte le sue risorse artistiche. San Nicolò nel 1671 riprese a funzionare ma, purtroppo, nel 1796 i sanculotti francesi troncarono definitivamente la sua attività religiosa. E' davvero un peccato, considerato il suo aspetto maestoso iniziale, ora in fase piuttosto decadente, che non ci sia un progetto di restauro in qualche cassetto … è davvero un peccato!!!


CHIESA DI S.MICHELE ARCANGELO

Nell'odierna via del Turco al n° civico 35 si trova una chiesa - considerata dagli studiosi una delle più antiche di Ferrara - intitolata a S.Michele Arcangelo. La famiglia Canani, per molto tempo, si prese a cuore la sorte di questa chiesa. Per merito di questa nobile famiglia fu, infatti, più volte restaurata ed abbellita da diversi dipinti di illustri pittori dell'epoca. Con la morte dell'ultimo discendente della famiglia Canani, che avvenne attorno al 1767, la chiesa fu in un certo qual modo abbandonata a sé stessa. Poiché la chiesa era parrocchia non venne soppressa dai sancullotti di Bonaparte ma, comunque, fu rapinata di tutti i suoi beni preziosi. Nel 1931 l'arcivescovo Bovelli decretò la sua soppressione. Attualmente la ditta ospitata si è trasferita, lasciando l'edificio completamente vuoto e al suo tragico destino.

CHIESA DI SANT'AGNESE

La sua grandiosa facciata lavorata magistralmente in cotto “controlla” imperterrita l'antico Vicolo Carbone. La chiesa considerata la più antica di Ferrara, inizialmente ospitò una comunità monastica benedettina. Fino al 1806, data in cui venne soppressa, fu sede ininterrottamente di culto religioso cattolico. Essa riprese le sue funzioni, per opera di una Pia Congregazione, fortunatamente, dopo appena qualche mese dalla sua chiusura. Dopo varie restaurazioni sapienti, la chiesa ha conservato nel tempo anche se purtroppo non è più ufficiata, la sua meravigliosa e straordinaria immagine sacra.


SANT'AGNESINA

A fianco della maestosa Chiesa di Sant'Agnese, in via delle Scienze al civico n° 27, sorge un edificio col nome si Santa Agnesina. Essa, pare, fosse fino al 1200, luogo di ricovero per mendicanti, infermi e donne senza famiglia. Anche Santa Agnesina nel 1796 con l'arrivo dei francesi, seguì il destino di tante altre chiese: fu soppressa e venduta. Dopo un'abile restaurazione per volere del Cardinale Carlo Odescalchi, fu riaperta al culto religioso. Ma dopo una breve riapertura Santa Agnesina fu soppressa definitivamente. Attualmente l'edificio per le sue condizioni strutturali, modificate dal tempo, non consentono di ipotizzare le sue origini sacre.



CHIESA DI SANTA MARGHERITA

In via De Romei al n° civico 14, è ancora possibile ammirare, l'enorme facciata della chiesa di Santa Margherita progettata, pare, attorno al 1604 da G.B.Aleotti. Essa, voluta dalla Duchessa Margherita Gonzaga, fu costruita per fornire al Conservatorio di Zitelle - che ospitava fanciulle sfortunate - un luogo di culto religioso. Con l'arrivo dei repubblicani francesi, la chiesa fu depredata e soppressa. Nel 1831 un violento incendio la devastò quasi completamente. Dopo questa tragedia venne utilizzata come ricovero per vecchi e, successivamente, sede del Corpo dei Civici Pompieri. L'edificio precedentemente è stato ristrutturato in un modo davvero geniale ed il risultato ottenuto, appare immediatamente al visitatore, armonioso e di buon gusto. Ora è sede di un importante Istituto Scolastico.



CHIESA DEI SANTI SIMONE E GIUDA

Si trova in via Bellaria al n° civico 17. Il suo meraviglioso frontale gotico, in condizione purtroppo di deterioramento progressivo, cattura lo sguardo di chiunque si aggiri in quel piccolo viottolo. Sembra che la chiesa nel 1278 svolgesse già il rito religioso. Nel 1422, inoltre, fu completamente ricostruita compresa la sua possente facciata che oggi, fortunatamente, possiamo ancora ammirare. E' davvero un peccato che i suoi cotti decorativi non abbiano ancora stimolato un energico intervento di restauro. Nel 1796 con l'arrivo dei francesi, l'edificio seguì la sorte di tante altre chiese: profanata, depredata e venduta. Dopo il ripristino delle funzioni religiose, le guerre successive non le riservarono un trattamento migliore; nel 1915 – 18 diventò, per tutto il periodo bellico, magazzino; con l'ultima guerra, invece, fu colpita da qualche ordigno il quale devastò completamente il tetto. Oggi è utilizzata come ripostiglio.



CHIESA DI SANTA CROCE

In via Croce Bianca al n° civico 41 sono ancora visibili i resti di una chiesa costruita nell'anno 1090. la chiesa, molto modesta, intitolata Santa Croce, esercitò le sue funzioni religiose fino al 1580. Con la violenta invasione francese, nel 1796 questa chiesa fu soppressa e chiusa. Acquistata da privati, venne ridotta ad osteria ed utilizzata come magazzino. Nella notte del 3 ottobre 1840 un incendio la distrusse quasi completamente. Sistemata un po' alla meglio, trovarono ospitalità, nel tempo, vari laboratori artigianali. Attualmente, e l'aspetto lo conferma, è un'autorimessa.



CHIESA DI S.PIETRO

L'edificio si trova in Via Porta S.Pietro. La sua struttura originaria esteriore, si è persa nel tempo a seguito delle numerose ristrutturazioni. L'accesso, inoltre, pare sia stato modificato e fosse opposto allo stato attuale. Nel 1806 la chiesa di S.Pietro entrò a far parte degli edifici soppressi e, quindi, venne chiusa in modo repentino al culto religioso. Più tardi fu venduta ed il ricavato venne utilizzato per la ristrutturazione di un altro edificio devastato dai “famosi” sanculotti. Il destino della chiesa di S.Pietro non fu molto decoroso: inizialmente, le sacre immagini religiose lasciarono il posto a un “maleodorante” magazzino, poi ad attività danzanti di dubbia fama ed, infine, a spettacoli cinematografici, attualmente è sede di un cinematografo con proiezione di film a luce rossa.

CHIESA DI SANT'ALESSIO

Poco lontano dalla chiesa di S. Pietro, dalla parte opposta della strada, era stata eretta la chiesa di Sant'Alessio, la quale esercitò le sue funzioni religiose fino al 1272. per motivi di vetustà nel 1595 fu sottoposto a significativi interventi di restauro. Successivamente la sua soppressione, diventò un panificio. La chiesa attualmente ha perso completamente la sua parvenza sacra, e, dopo varie ristrutturazioni, viene utilizzata come abitazione civile.



CHIESA NUOVA DI SAN MAURELIO DEL CORTILE

Questa chiesa inizialmente intitolata Cappella Ducale, fu costruita dal Duca Ercole I° attorno al 1476 in onore della propria moglie. Finché ebbero potere gli Estensi questa Cappella fu utilizzata per maestosi concerti musicali e per esporre al pubblico gli Estensi dopo la loro morte. Dopo l'incendio avvenuto nel 1660, la Cappella Ducale fu sistemata alla meglio ed usata come teatro (Teatro del Cortile). Poiché a Ferrara erano già in funzione due nuovi teatri, il Cardinale Legato soppresse quello del Cortile per costruirvi una nuova chiesa: S.Maurelio. Nel 1796 con l'invasione francese fu soppressa e utilizzata come magazzino. Passato questo burrascoso periodo, il Comune piano piano cominciò a reclamare il diritto di possedere la chiesa. Ed, infatti, con delibera del 10/V/1965 entrò in possesso dell'edificio, cambiando la sua destinazione d'uso. La chiesa nel 1923/24 per ristrutturazione ad opera del Comune, perse completamente la sua immagine sacra. Oggi il Comune utilizza il grandioso locale per varie manifestazioni culturali ed è intitolato “Sala Estense”.


EPILOGO

on la fine del percorso relativo alla ricerca delle chiese sconsacrate, ha termine anche il nostro racconto. Un viaggio senza tante pretese ma, al tempo stesso, singolare, piacevole ed eccitante nel “mondo vecchio” di Ferrara. Tale scenario è una enorme Idra che evoca immagini fantastiche: ogni via, ogni luogo e i vari viottoli suscitano meraviglia, profonde sensazioni di intenso piacere. Chi scrive ha verificato di persona questi interessanti e fantastici vissuti emotivi. Anche l'angolo più remoto può stimolare nuove prospettive, far rinascere l'anima … aiutare a guarire ferite profonde … e non solo quelle di Olao. Ogni viottolo percorso, con un suo preciso nome, fornisce elementi curiosi, interessanti, immagini non più monocolore, ma di fede e speranza. Può essere di spunto nell'inventare una storia di “Assassini”, di “Folli”, di “Santi”, di “Musici”, di “Poeti”, di “Curatori” e di “Martiri”. Tutto ciò sicuramente non fa male. Anzi, fantasticare per un attimo sulle “Vie” di Ferrara può essere un modo diverso nel sollevarsi dai problemi quotidiani, nell'affrontare con grinta le solite cose, alleviare spiacevoli sensazioni e, nel contempo, suscitare immagini gradevoli e ricche di contenuti emotivi significativi che fan bene al cuore e allo spirito … stimolare curiosità e risvegliare interessi. Quello che conta veramente nella vita di tutti i giorni è riuscire a lasciarsi andare agli eventi della vita, senza avere troppa paura di “smarrirsi”, terrore di “perdersi” nel nuovo.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore informativo ed educativo, non prescrittivo.

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
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