martedì 4 dicembre 2018

Salviamo il nostro apparato digerente da acidità, colite, gastrite ...



Salviamo il nostro apparato digerente 

da acidità, colite, dispepsia, gastrite, nausea, reflusso, stipsi, ulcera e …

 
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on è possibile tracciare una sintesi panoramica delle varie somatizzazioni a carico dell'apparato digerente senza prendere in considerazione il processo nutritivo: il cibo ed i suoi innumerevoli risvolti affettivi - emotivi. Una struttura complessa di organi completamente cavi da non sottovalutare mai perché delicata, sensibile e alquanto vulnerabile: da guardare ed assistere sempre con grande rispetto e speciali attenzioni. Non va dimenticato che la flora batterica e le difese immunitarie sono nelle sue mani (intestino): zona di battaglia in cui si sconta più di qualsiasi altro distretto corporeo conflitti relazionali e stravizi alimentari; un luogo sempre pronto a rispondere tempestivamente a pensieri cupi, eventi scabrosi, emozioni intense e situazioni burrascose. Un prezioso termometro emotivo che si fa sentire con dolori improvvisi: così come arrivano altrettanto velocemente, alcune volte, se ne vanno in maniera apparentemente 'magica' e troppo 'disinvolta'. Come tutti sappiamo per esperienza diretta, il primo contatto sociale consiste nel ricevere il nutrimento dalla madre, attraverso il quale si ottiene soddisfazione della fame, conforto, calore, attenzione, gratificazione dei bisogni e dei desideri. Fin dalla nascita l'intero processo digestivo ha una sua precisa valenza emotiva che spazia dal linguaggio simbolico cibo - feci all'indubbia e complessa influenza degli stati psichici sul “buon” funzionamento della digestione, ovvero le dinamiche cognitive implicate nel disturbo fisico. Il primo “allarme” fisico - emotivo percepito dal cucciolo è la sensazione di fame: un intricato meccanismo psico - fisico che si placa solo con una semplice poppata. Una tensione interrotta solo con l'assunzione del latte ed è seguita dal soddisfacente senso di sazietà, intimamente legato con una profonda sensazione di rilassamento, di sentirsi al sicuro, curato, pulito, protetto, coccolato, amato (il riempimento - accompagnato da un'attenta considerazione - determina uno stato fisico caratterizzato da dilatazione, rilassamento, tranquillità e un profondo senso di quiete): placare la tensione ma anche garantirsi un profondo piacere, accompagnato da un senso di compiacimento e di gradimento



l piacere di succhiare è talmente forte ed irresistibile che il piccolo è spinto a procurarselo da solo succhiandosi le dita nel momento di solitudine - abbandono (autoerotismo direbbero ancora una volta gli psicoanalisti ortodossi). Quando la gente vede un piccolo portarsi alle labbra tutto ciò che gli capita a portata di mano dice, spesso, che si sta grattando le gengive perché stanno spuntando i dentini. La spiegazione è piuttosto semplice. La bocca per il piccolo - e poi per l'adulto non dimentichiamolo - è un distretto corporeo, che comunque stimolato, suscita piacevoli sensazioni e una forte “eccitazione”; ed è fin troppo ovvio che il piccolo ricorra volentieri a queste stimolazioni così come ciascuno di noi fa di tutto per concedersi qualunque cosa lo soddisfi e gli piaccia, stimolando con strumenti vari, diversi e singolari questa zona considerata la regina di ogni banchetto … di tutti i riti alimentari (per alcune scuole di pensiero certe condotte sessuali adulte dominanti come la fellatio e il cunnilingus possono richiamare alcune dinamiche relazionali difficili vissute in quel preciso momento evolutivo oppure una fissazione nella fase chiamata orale). Il piccolo, privo di altre modalità espressive quale ad esempio quella verbale, già nei primi passi della sua vita ci dice immediatamente se una cosa gli è gradita o meno, succhiandola, leccandola e tentando di ingerirla se gli piace, sputandola invece se non rientra nei suoi gusti. Con questi primi approcci alimentari cerca di impossessarsi di ciò che lo delizia e distrugge ciò che non è gradito: lo disturba, lo infastidisce, lo rende irrequieto.

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on si dice forse da adulti:
'Quello proprio non mi va giù, mi rimane sullo stomaco, non riesco proprio a digerirlo” oppure “E' talmente bello che lo mangerei di baci'. Il bambino per la sua immaturità, da subito, localizza nell'addome tutte le sue difficoltà: dolori diffusi, vaghi e ogni sensazione di malessere. Solo più tardi i suoi disagi coinvolgeranno altri organi in maniera dominante (testa, polmoni, cuore, reni). All'inizio questi oggetti e soggetti, situazioni e persone, rappresentano un'unica cosa: saranno vissuti e interpretati come cibo. Questi significati emotivi che orientano e guidano la condotta del piccolo, con l'avanzare dell'età perdono la loro posizione di privilegio nella direzione del comportamento, e praticamente di essi non rimane traccia nella personalità cosciente dell'adulto. Attenzione, però, questi stati emotivi non vengono smarriti o persi per strada, bensì rimangono radicati nell'archivio emotivo inconscio del soggetto integrandosi e consolidandosi con altre esperienze e vicende personali successive, tanto che possono riaffiorare sia negli stati emotivi acuti dell'individuo “normale” (mandar giù qualcosa anche quando non è necessario come ad esempio un caffè nelle pause di lavoro, mettere in bocca una sigaretta oppure la frenesia del baciare, far onore ossessivamente alla tavola e, ancora, certe abitudini sessuali; tutto ciò sempre per riempire dei vuoti, coprire disagi e mascherare la solitudine … in breve, richiamare situazioni infantili) sia nei “seri” disturbi psicosomatici (anoressia, bulimia, colite, gastrite, stipsi, vomito)



el rapporto madre e figlio, il cibo assume significati variabili a seconda delle caratteristiche della figura di riferimento: cultura e tessuto sociale la fanno sempre da padrone. La relazione primaria precoce delle funzioni digestive spiega come mai i dolori addominali più o meno complessi e diffusi siano spesso oggetto di lagnanze di natura ipocondriaca; si tratta, il più delle volte, di dolori vaghi che possono essere connessi ad uno stato depressivo mascherato, al quale a volte si sostituiscono come equivalenti dopo un lutto, una perdita importante, separazioni, delusioni o scoraggiamenti vari (quante volte il bambino per non affrontare il problema scolastico lamenta imprecisati mali al pancino, ma non appena è passata l'ora della campanella, diventa vispo e veloce come una libellula … un tentativo per restare bambini, fermare una crescita percepita come troppo 'rischiosa'). Il rapporto tra tratti emotivi e funzioni dell'apparato digerente (difesa, secrezione, motilità, acidità) è confermato non solo da numerose esperienze umane dirette, ma anche da accreditate ricerche scientifiche (vedasi Pavlov e i suoi studi sui riflessi condizionati); il funzionamento dell'apparato gastrointestinale è sempre in rapporto - più o meno stretto - con il mondo esterno. Questo meraviglioso sistema diventa, nel tempo, un punto nevralgico del “traffico” emotivo quotidiano: si ammala - oltre all'introduzione di veleni vari - se siamo in perenne 'lotta' con noi stessi. Questo fenomeno lo vediamo più chiaramente quando siamo alle prese con una forte emozione o in battaglia con processi cognitivi alquanto complessi (pensiero pessimistico, paura, preoccupazione, incertezza, timore): dobbiamo correre in fretta e furia per eliminare urina e feci



l nostro meraviglioso organismo, in quel frangente, produce vari ormoni che vanno a stimolare direttamente i muscoli lisci, striati e la mucosa intestinale, producendo una reazione automatica di eliminazione delle scorie velenose: si avrà in tal modo un organismo più reattivo, energico ed efficiente; per alcuni - quel bisogno improvviso idrico dinamico - può essere fonte di forte tensione e profonda preoccupazione, una funzione fisiologica fastidiosa, ma rimarrà sempre una fantastica e geniale reazione fisica in cui l'organismo si prepara ad essere sorprendentemente in forma, attivo ed incredibilmente efficiente per risolvere qualsiasi problema gli si presenti davanti: reale o immaginario che sia. Molti autori e pediatri, inoltre, attribuiscono ad una sollecitazione materna eccessiva e ansiosa la responsabilità di quel disturbo intestinale definito “colica del terzo mese”. Fermiamoci qui per il momento, tenendo ben presente che il nutrimento ha un valore, il più delle volte, simbolico, di soddisfazione pulsionale, di investimento del piacere, di pura aggressività, ovvero una fame che ogni cosa divora (rappresenta, nelle fasi iniziali, chi lo distribuisce). La pancia grida quando c'è scarsa attenzione, se non siamo protetti, ben accuditi e alza la voce quando la fame d'amore non è soddisfatta, si arrabbia quando ci si adagia su un vivere piatto, ci si limita ad un quotidiano misero e banale: ad una vita ristretta, “piccola” e mediocre; segnala le dinamiche sociali in atto, il rapporto con il proprio ambiente dove si intrecciano libido, aggressività e narcisismo … un concentrato di sentimenti scottanti, di pulsioni viscerali difficili da gestire, che non possono essere elaborati completamente, per via del tormento che suscitano, del cambiamento profondo e radicale che impongono. Teniamo ben presente che non conta solo ciò che si mangia, ma anche come si mangia. Mangiare con calma e in ambienti rilassati è fondamentale per facilitare il nostro metabolismo.


l buon cibo riunisce la famiglia intorno al tavolo, stimola sapori antichi che avvicinano e scaldano in profondità mente – pancia. Pranzare insieme agli altri è il rito più antico dell'umanità: può essere un momento silenzioso, tranquillo e piacevole, pieno di serenità e di affetto, che richiama i valori familiari, il senso della tradizione e di appartenenza a quel preciso gruppo sociale; spesso però i commensali non sempre sono graditi e lo stomaco lo sa perfettamente, quindi, diventa l'alfiere della situazione, si fa carico di una protesta decisa e seria; ogni cosa - in quel preciso istante - può diventare pesante, indigeribile, indigesta ed insopportabile: si è costretti - tra la fragranza dei profumi e sapori inebrianti - a stare sull'attenti, assumere una posizione di difesa, ad ingoiare “bocconi amari” e “rospi” tossici che bloccano lo stomaco ... non sentirsi più “a casa” propria. RICORDA, le emozioni trattenute “bruciano” in profondità, rendono la digestione difficile e lentamente avvelenano questo fantastico apparato; imprevisti, situazioni nuove ed emozione sconosciute rallentano, a nostra insaputa, la funzionalità di questo “gioiello” che non riesce più a 'brillare', a staccarsi dalle situazioni pesanti … si sente perennemente in tensione.



uando si è tesi e nervosi il sistema digerente non funziona a dovere. RICORDA, quando si è distratti leggendo il giornale o guardando la televisione, si rischia - proprio per i loro contenuti spesso drammatici - di dimenticare di far funzionare o coordinare le mascelle nella maniera giusta: di non masticare! Non discutere a tavola faccende sgradevoli: meglio concentrarsi sulle leccornie e sui sapori, intavolare conversazioni leggere o restare per i fatti propri è sempre la cosa migliore per l'apparato digerente … e non solo! Per quanto possa sembrare strano è stato dimostrato, con ricerche serie, che pranzando in un'atmosfera poco serena non si assorbe tutto il potenziale nutrizionale del cibo: si producono troppi scarti … si eliminano anche le cose buone. Essere presenti a se stessi, quindi, significa avere consapevolezza del momento alimentare: gustare e prestare attenzione, in tempo reale, alle caratteristiche organolettiche che si mettono in tavola … godere del sapore e dell'odore di quello che si mangia.
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astichiamolo scrupolosamente prima di ingerirlo. La saliva che è ricca di enzimi digestivi, ha già svolto un buon lavoro, prima ancora che il cibo raggiunga lo stomaco. Questo è particolarmente importante invecchiando, perché lo stomaco e gli enzimi digestivi del pancreas diminuiscono di molto. Se dopo aver mangiato si soffre di aerofagia, rigonfiamenti o vomito, forse si mangia più rapidamente di quanto l'organismo riesca a sopportare e probabilmente si ripercuoterà anche sulla massa fecale. Masticando lentamente e dando al cibo tutta l'attenzione necessaria ci si allontanerà per almeno una buona mezzora dalle tensioni e dalle preoccupazioni della giornata. Non meno importante è la preparazione della tavola: mettiamo quando è possibile una bella tovaglia di un colore gradevole e poco invadente, spolveriamo piatti belli ed eleganti non solo nei giorni di festa e bicchieri di cristallo per degustare, senza esagerare, un buon vinotutte cose che ci fanno sentire bene, custoditi, aiutano ad apprezzare quello che stiamo facendo e l'ambiente circostante, godere delle cose semplici e, soprattutto, attivando importanti neurotrasmettitori olfattivi, apprezzare il tempo presente.


a biochimica del cervello deriva da quello che buttiamo giù. Tra i due processi esiste un anello di retroazione ed è per questo che quello che pensiamo è importante quanto quello che mangiamo e per essere veramente in salute occorre lavorare su entrambi i fronti. In termini molto semplici e, soprattutto, secondo il mio modo di pensare, questo significa mangiare alimenti genuini e pensare buoni pensieri; se il corpo deve essere alimentato da un “cibo buono”, anche la mente dovrà essere nutrita in maniera altrettanto adeguata. RICORDIAMOLO, ancora una volta, che un'alimentazione corretta sarà sufficiente a migliorare o stabilizzare l'umore riducendo ansia e tratti depressivi, a procurare ottima energia, un generale benessere e una discreta lucidità (le carni bianche contengono il triptofano, precursore della serotonina, l'ormone del buon umore): realizzare al meglio quel grandioso potenziale mente – corpo


l funzionamento di questo importante e fantastico sistema dipende soprattutto dallo stile di vita condotto. Sappiamo da tempo che alcune modalità reattive indeboliscono la risposta immunitaria (vedasi la psico-neuro-endocrino-immunologia: PNEI), mentre altre la rinforzano: in breve, che il nostro sistema immunitario risulti vittorioso contro svariate patologie, o che ne sia sconfitto, dipende in gran parte dal modo in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri … e con il resto del mondo. Una buona alimentazione e un corretto stile di vita, quindi, hanno effetti importanti sul sistema immunitario e possono di conseguenza migliorarne la capacità nel contrastare disfunzioni o malattie. Alimentazione, esercizio fisico e stile di vita non sono i soli potenti ausili del sistema immunitario a nostra disposizione. Alcune ricerche accreditate dimostrano che certe metodiche terapeutiche distensive ed altri metodi che sfruttano le capacità mentali a vantaggio del corpo migliorano la possibilità di contrastare le malattie. Anche i rapporti sentimentali e familiari sono di importanza fondamentale, possono essere disastrosi anche per uno stomaco più che “coraggioso”: rifiuti silenziosi, finzioni, tensioni, dipendenze affettive e amori che lacerano dentro … rapporti difficili che non sono poi così tanto rari da trovare nelle relazioni coniugali ed affettive.



ICORDA, ogni atteggiamento diffidente non solo crea dinamiche che fanno soffrire, ma distrugge anche rapporti, relazioni e autonomia. Nell'organismo c'è il più creativo e formidabile schieramento di strumenti curativi che si possano trovare in natura e la salute di questo sistema dipende essenzialmente da ognuno di noi e dal nostro comportamento quotidiano. Non va dimenticato inoltre che alcuni punti di forza e di debolezza del sistema immunitario dipendono dal progetto genetico che si eredita dai nostri genitori, e che perciò non possiamo cambiare. Tuttavia non si può negare che lo stile di vita, modificando in profondità le reazioni biochimiche, influisce notevolmente sul sistema immunitario, aumentando o abbassando la resistenza del corpo ... avere successo o meno sulle malattie. A meno che il nostro sistema immunitario non sia già, alla deriva, del tutto compromesso, saremo in grado - a seconda dei casi - di rafforzarlo o indebolirlo, semplicemente con le cose che buttiamo giù e le nostre modalità reattive - decisionali (vedasi il modo in cui l'organismo mette in moto le sue difese, ristabilendo la salute).


olti ricorderanno il famoso Hunter Patch Adams che diventò -
pur contro la sua volontà - una star, grazie all'omonimo film, interpretato da Robin Williams; il camice bianco più amato dai bambini, ideatore di una speciale medicina: la terapia del sorriso, meglio nota come Clownterapia. Si ricorda, ai più 'diffidenti' e agli incalliti seguaci dell'organicismo, che è tutto scientifico quanto descritto. Ridere infatti attiva tutte le parti del corpo umano: il cuore e la respirazione accelerano i loro ritmi, la pressione arteriosa diminuisce e i muscoli lisci e striati si rilassano. Anche la chimica del sangue si modifica, in quanto, tanto più la risata è naturale, esplosiva e spontanea, tanto più diminuisce la tensione e si manifesta una sensazione di liberazione che coinvolge tutti gli organi emuntori e ogni funzione corporea. Tutto questo perché ridere stimola la produzione di endorfine (sostanze oppioidi endogene, a struttura polipeptidica, dotate di proprietà biologiche simili a quelle della morfina e delle sostanze oppiacee) da parte delle ghiandole surrenali che producono cortisolo, un ormone che regola la risposta allo stress. La loro peculiarità sta nella capacità di regolare l'umore. Esse vengono rilasciate in situazioni stressanti come forma di difesa, in modo da poter sopportare meglio il dolore sia fisico sia psichico. È ormai provato che il buon umore e la fiducia rafforzano l'organismo aumentando le difese immunitarie, mentre stati depressivi favoriscono l'insorgere di malattie.


uò suonare strano ma assumersi la
“responsabilità” della propria salute e adottare un tenore di vita che rafforzi il sistema immunitario rappresenta non solo un “nuovo” modo di avvicinarsi alla malattia, ma sicuramente permette di attivare - oltre alle varie forme di difesa - un intervento olistico contro ogni sofferenza, fondamentale per raggiungere il “benessere” psicofisico generale. E' opinione comune ritenere che la salute dipenda sempre dagli “altri”, non dal nostro comportamento quotidiano: questa convinzione, oltre ad essere sbagliata, è anche potenzialmente dannosa perché spegne ogni processo auto curativo. Non dobbiamo colpevolizzarci o sviluppare sensi di colpa, ma semplicemente vedere ogni fenomeno della nostra vita in maniera globale: siamo un corpo ma anche una mente; due mondi che per loro natura sono “forgiati” in perfetta armonia, giusta sintonia e grande collaborazione, MAI in conflitto! Ricordiamolo ancora una volta che l'organismo è un'unità di parti in continua comunicazione, con un linguaggio unico, rispettoso e comune … parla, finché può, anche a quelle parti più 'capricciose'. La saggezza della natura, allora, quando non siamo in “equilibrio” fa, in base alle sue reali risorse, il suo percorso imponendo un cambiamento di rotta quasi contro la nostra volontà. Una breve storia per chiarire questa mia posizione. Eleonora da un po' di tempo ha qualche problema nell'addormentarsi, si isola e da sei mesi non ha più nessuna intimità col suo fidanzato. 



l medico di famiglia, dopo un breve colloquio risponde con fermezza, in modo sbrigativo e del tutto semplicistico: “Cosa vuoi mai Eleonora, tua nonna era depressa, tua madre è depressa, tuo fratello non è sicuramente un campione di buonumore, quindi, la tua strada è già segnata … il tuo 'destino' non può cambiare, non può essere diverso o avere un'altra rotta”. Accidentaccio!!! Rien ne va plus direbbe invece l'attento croupier! Credo comunque si sia perso qualcosa: la genetica è importante se non fondamentale per la nostra salute, ma anche certe abitudini, convinzioni e stili di vita si possono “trasmettere”, apprendere passivamente, modificando in tal modo il sistema immunitario a livello cellulare e subcellulare (cambiare la chimica molecolare e la struttura ormonale). Dopo quella crudele 'sentenza', Eleonora - privata della speranza di intervenire con tutte le sue potenziali risorse su quel malessere emotivo - completamente avvilita, si isolò ancora di più, il fidanzato la lasciò, perse il lavoro e un bel giorno al rientro dalla spesa, imbottita di psicofarmaci, ebbe un incidente automobilistico per fortuna non molto grave. La sorte volle che in quella occasione incontrò un professionista, non più bravo dell'altro, ma con una sensibilità e una visione diversa della malattia: con uno sguardo profondo, coinvolgente, rispettoso, umano e più vicino ad Eleonora. Ora Eleonora sta bene, è riuscita - con le sue forze e mosse giuste - a tirare fuori le sue vere risorse. Tante belle cose G.


opo questo breve 'giro di giostra' tra il linguaggio simbolico - cioè la specifica significatività degli aspetti psichici che si somatizzano - alimentazione e funzioni digestive, torniamo a qualcosa di più semplice e meno fantasioso.




’alimentazione rappresenta un bisogno primario per assicurare l’esistenza di ogni essere vivente, mentre la digestione è una forma di “gestione” e di utilizzo di sostanze acquisite: una struttura di trasformazione e di cambiamento che “assorbe” anche, in questo caso, il mondo esterno. In questa alchimia sono coinvolti altri organi indispensabili per la sopravvivenza (stomaco, fegato, cistifellea, milza, pancreas). Anche in questo apparato, a seconda dell'organo digestivo coinvolto, conosceremo il ruolo specifico delle emozioni nello sviluppo del malessere gastrointestinale. Un fenomeno che, a prescindere dai vari organi, ruota sempre attorno al tema della sicurezza e della protezione, al mondo delle idee, pensieri, dinamiche sociali e relazioni interpersonali. Quando l’intestino perde il suo naturale equilibrio, contemporaneamente, anche il cervello perde la sua lucidità, esaurisce la sua efficienza mentale. I disturbi legati al sistema digestivo, quindi, segnaleranno le difficoltà a trasformare, inghiottire e assimilare, “metabolizzare” quello che avviene nella vita ... un continuo su di giri e un perenne “ruminare”. Una psiche che non riesce a gestire e rielaborare alcuni contenuti emotivi interpretati come “impuri”, paura di sentire emozioni considerate non consone al proprio vivere, se non temute come vergognose (si veda più avanti la colite con le sue scariche diarroiche). Sono individui molto sensibili all’ostilità e al rifiuto.


l rapporto tra emozioni e funzione digestiva come ad esempio nausea, deglutizione, nodo alla gola, secrezione, motilità, vomiti e sensazione di bolla faringea, è evidenziato in numerose ricerche cliniche e confermato direttamente in molte esperienze umane.
Alcuni individui con tratti ossessivi – compulsivi, essendo molto sensibili ai cambiamenti, incapaci di eliminare ciò che è inutile e, quindi, rimanendo aggrappati a comportamenti, atteggiamenti, modi di pensare e a condizioni vecchie e superate, ostacolano il ricambio organico. In tal modo, con il timore di eliminare le cose passate sono trattenute anche le feci (stipsi). Molte problematiche intestinali sono accompagnate da tratti depressivi mascherati, da esperienze deludenti e da una insoddisfazione cronica. Tali problemi si risolvono solo se si comprendono le vere cause profonde che li hanno determinati. Speranza e futuro, per questi soggetti, sono stati completamente cancellati dalla loro vita. I problemi del sistema digestivo ci parlano, in ogni caso, della difficoltà di 'digerire' alcune vicende esistenziali, di affetti tenuti a freno, di legami bloccati, di angosce ossessive, di come sono gestiti i sentimenti, del timore di fallire, di non essere all’altezza delle cose, di sbagliare. Una involontaria scarica diarroica, infatti, segnala la tensione sperimentata nel tentativo dominare un profondo sentimento di vergogna o una situazione di grande paura … un modo di sottrarsi a situazioni vissute come molto pericolose. Non bisogna dimenticare che l'intestino produce anche l'ormone della felicità la serotonina (95%): ecco perché un "buon" intervento sullo stato dell'intestino può essere utile, non solo nella fastidiosa colite, ma anche negli stati depressivi e ansiogeni. Sarà sempre utile, pertanto, depurarlo continuamente sia dalle varie tossine della "mente" sia dalle scorie del "corpo": se sblocchi la mente liberi anche la pancia



'intestino percepisce l'ansia ancor prima del cervello, comunica le proprie tensioni attraverso la colite (si ricorda ancora una volta che sono coinvolti i vari mediatori chimici attivati dal sistema nervoso periferico). L’intestino - con la sua motilità alterata - percepisce i segnali emotivi nello stesso momento del cervello: una voce potente che batte tutti gli altri organi in velocità (cinque volte più rapido); il “blocco” di pancia rispecchia quello mentale: una “testa” che si basa troppo spesso sulla razionalità, controllata da paura e ingorghi affettivi. Quando le relazioni sono fastidiose o faticose da gestire - i rapporti interpersonali non sono basati sulla reciprocità ma solo finti - è l’intestino che tenta di risolvere la situazione ribollendo e sbottando: è la prima voce, il primo segnale di protesta, cerca di farsi strada attraverso il malessere intestinale; la pancia la metti al sicuro solo se la lasci esprimere, faciliti la curiosità e assecondi il bisogno di novità. Osservando la forma dell’intestino e del cervello si rimane immediatamente colpiti dalla straordinaria somiglianza: le circonvoluzioni cerebrali infatti richiamano le tortuosità delle pareti intestinali. Questi due organi comunque sono accomunati anche dalla medesima funzione: sia l’intestino - preposto alla produzione delle feci - sia l’apparato cerebrale adibito tra le tante funzioni alla produzione di pensieri, assimilano l’ambiente circostante, dando luogo ad un prodotto che dovrà poi essere eliminato (feci e pensieri).


’intestino i cibi li assimila ed elimina le sostanze di rifiuto. Il cibo che raggiunge questa parte “bassa” del corpo (colon) ha subito tutte le trasformazioni metaboliche necessarie a produrre il potenziale energetico: materia utilizzata e assimilata fino a ridursi a prodotto di scarto. Esso digerisce i cibi, li assimila e scarta le sostanze di rifiuto. Non si tratta però solo di rifiuti metabolici: a non essere assimilati sono spesso anche i pensieri e gli impulsi (chimica ed ormoni). Gli alimenti che arrivano nel labirinto intestinale rappresentano dunque simbolicamente la conclusione di un viaggio. L’intestino in quest’ottica compie un rituale di purificazione ogni volta che evacua, eliminando sia rifiuti organici sia i contenuti psichici “indigeribili”. In questo senso gli attacchi diarroici del colitico possono rappresentare il processo di elaborazione ed esternazione ritenute inammissibili. Quando si parla di colite si fa riferimento ad un malessere che presenta diversi "volti" e che tende a manifestarsi in maniera soggettiva. Imparare a leggere il suo linguaggio è essenziale per comprendere e affrontare il disagio, tutt’altro che banale, come la colite. Ogni colite è un fatto a sé, (soprattutto quando non è causata da infezioni batteriche) anche se all’interno delle diverse manifestazioni sintomatologiche è possibile individuale tratti comuni che aiutano a capire il senso profondo di questo disturbo, spesso, particolarmente invalidante. E’ ben diversa infatti una colite che colpisce nel pieno della notte con crampi, da una che si manifesta prima di affrontare situazioni stressanti o compromettenti (incontri affettivi o amorosi, esami, prove in generale). Occorre, inoltre, prestare attenzione anche ai momenti e alle fasi evolutive (della vita) in cui questo malessere si manifesta. Crampi dolorosi, ventre gonfio, attacchi di diarrea o costipazione ostinata. Crampi e dolori non ingannano, dicono sempre la verità! E’ questo il linguaggio d’organo attraverso il quale l’intestino racconta il malessere e il profondo disagio di chi soffre di colite. Conflitti aperti ma negati e una personalità complessa, tendente all’introversione, sono tratti tipici del colitico che manifesta difficoltà ad interagire con il proprio ambiente in modo fiducioso e sereno. Attraverso un’accurata analisi dei simboli legati al mondo intestinale emergono varie caratteristiche connesse in chi soffre di stipsi e di colite.


hi soffre di disturbi intestinali è difficile che si conceda ad acquisti spensierati, o doni consistenti. Tranne in qualche raro momento per pentirsene subito dopo. Il suo spiccato senso di possesso lo porta a trattenere avidamente tutto ciò che è suo (stipsi). Tipica di questo carattere è la tendenza a collezionare ogni cosa e a non buttar via nulla, neppure le cose vecchie o inutili. Relazioni finite, amicizie concluse, ricordi abitudini ormai inadeguate: tutto va tenuto e conservato. Il colitico sviluppa un vero e proprio attaccamento verso il vecchio, da cui non riesce a separarsi. I ricordi e i cimeli del passato ingombrano la sua vita come scorie tossiche, esattamente come fanno le feci nell’intestino. Tutte cose “accumulate” nel tempo che gli impediscono di fare spazio al nuovo, di evolvere e cambiare con le necessità del momento. Apparire “a modo”, “per bene”, in maniera grandiosa, è molto importante per il colitico che ci tiene a dare un’immagine di se “pulita”, “pura” e sempre impeccabile (di tanto in tanto chiunque può essere sfiorato da queste caratteristiche, ma per il colitico esse sono dominanti e continuative: sono davvero pochi i momenti di sollievo). Movenze e gesti sono studiati e trattenuti, fino a risultare talvolta artefatti e innaturali. La naturalezza (spontaneità) è scambiata spesso, a torto, per volgarità e mancanza di raffinatezza e viene poco apprezzata anche negli altri. L’atteggiamento controllato e difensivo verso il nuovo traspare anche nei rapporti con gli altri. Ama confrontarsi con persone che percepisce simili a lui, difficilmente si lascia attrarre da persone diverse, per quanto in fondo in fondo lo incuriosiscono. Preferisce muoversi su un percorso o un terreno conosciuto e rifiuta tutte quelle situazioni che potenzialmente potrebbero farlo cambiare. Il colitico, il più delle volte, ha un atteggiamento moralista che gli fa assumere posizioni inflessibili verso errori e debolezze proprie ed altrui. Ci tiene molto alla buona educazione e a risultare corretto e onesto. Spesso il suo idealismo sconfina in un atteggiamento mistico. Chi soffre di colite ha nei confronti dello sporco una vera repulsione, è davvero esagerato. Persino gli odori del corpo vengono considerati disdicevoli e vergognosi. Ecco perché spesso il colitico fa un eccessivo uso di profumi, deodoranti e detergenti (tutti indizi importanti per iniziare a formulare una diagnosi). Anche con la fisicità e la sessualità spesso è impacciato e inibito, dimensioni ritenute pericolose e particolarmente “difficili”. Il malessere fisico provoca tre tipi di atteggiamenti differenti: avido, aggressivo e insicuro.


a stipsi invece è un malessere che anche nei bambini ha un’origine complessa, di natura profonda e sottile. Le materie fecali –
e in misura minore l'urina – veicolano un'intensa carica affettiva che può essere positiva o negativa. L'acquisizione del controllo sfinterico si attua in seguito alla maturazione neurofisiologica, al piacere provato prima per l'espulsione poi per la ritenzione, quindi per l'accoppiata ritenzione – espulsione: la nuova padronanza sul proprio corpo procura al bambino una felicità rinforzata dalla soddisfazione materna. Per il bambino le feci hanno un significato più profondo che per l’adulto. Sono tre infatti gli atteggiamenti alla base della stipsi infantile. Atteggiamento aggressivo: tipico dei bimbi con un carattere egocentrico, che tendono ad attirare l’attenzione su di loro attraverso il malessere fisico. In questo caso è consigliabile stare con il bambino anche in bagno, rendendo l’evacuazione un momento gioioso. Atteggiamento insicuro: tipico dei bambini remissivi, la loro paura è quella di deludere. Atteggiamento avido: il bambino mangia voracemente e tende a mantenere tutto per sé. Nella maggior parte dei bambini stitici l’aggravante del disagio è l’insistenza incessante dei genitori. Niente di più sbagliato, quando il bimbo si siede sul vasino, o spesso ancor prima di avvertire qualsiasi stimolo a defecare, alcuni genitori cercano di forzare il bimbo al tanto sospirato “regalino”. In questo modo si perde uno degli ingredienti indispensabili per questo atto: la naturalezza (il rilassamento degli orifizi). E’ importante cercare di coinvolgere il bambino in situazioni piacevoli, giocose, rilassanti che impediscano l’insorgere della cosiddetta ansia di prestazione. I dolorosi crampi addominali, lo spasmo e la contrattura muscolare tipici di quella forma di colite parlano di una lotta interna, una sorta di “tira e molla” tra la tendenza a procedere in avanti e verso l’esterno (spirito di iniziativa, aggressività) ed un movimento che agisce in direzione opposta. Questa spinta in avanti, in realtà, viene bloccata da una resistenza interna tanto forte da renderla del tutto inefficace e, anzi, da far compiere addirittura una sorta di “guizzo” all’indietro. Può essere un soggetto dominato da due forze uguali e contrapposte (agire o subire - istinto o ragione) che lo bloccano, nonostante un più o meno consapevole desiderio di muoversi e di passare all’azione. E’ la classica persona che vorrebbe partire all’attacco, dando l’impressione di sapere bene quello che vuole, ma che all’improvviso compie una sorta di “retromarcia”, trattenendo dentro di sé tutto quello che avrebbe voluto esprimere. Anche e soprattutto l’aggressività viene ripiegata e rivolta verso se stesso in un doloroso meccanismo autoaggressivo.


olto spesso l’attacco di colite si presenta all’improvviso, senza un apparente motivo. Ciononostante si possono individuare alcune costanti che accompagnano la comparsa del sintomo: a volte i crampi addominali possono iniziare dopo i pasti, magari in un momento di inconsapevole agitazione o durante un’attività particolarmente impegnativa. Spesso sono sufficienti un momento di riposo ed una boule riempita di acqua calda a far cessare il doloroso attacco (da non fare con l'infiammazione in atto). Per riuscire a sciogliere il blocco che non gli permette di portare le cose, le azioni, le iniziative fino in fondo, l’individuo che soffre di colite spastica deve iniziare a lasciare fluire, a portare fuori, ad esprimere questi stimoli - tensioni che sente dentro di sé e che lo spingerebbero all’azione. Ampio spazio quindi ai momenti “scatenati”, siano essi in discoteca piuttosto che allo stadio o a far baldoria con gli amici e magari, in un secondo tempo, a litigare, sempre però con le dovute maniere. Il lasciare andare veloce e violento della scarica diarroica fa pensare al bisogno impellente di liberarsi di un 'materiale inaccettabile', che non si può né contenere né, tantomeno, assimilare. Questa carica a livello intestinale trova il suo corrispettivo, a livello mentale, nel tentativo di espellere un contenuto disturbante (fatto di pensieri, idee, emozioni, fantasie) e spesso vissuto in maniera “vergognosa”.


hi soffre di colite con forti e frequenti scariche diarroiche è una persona che tendenzialmente cerca di nascondersi e di nascondere determinati contenuti - spesso con spiccata valenza sessuale - che non può accettare. Assillato dal bisogno di “liberarsi” (purificarsi) da un materiale vissuto come 'sporco', molto spesso tende a manifestare anche all’esterno la sua “mania” per la pulizia. Una casa sempre linda, dunque, un linguaggio scevro da volgarità, un aspetto sempre piuttosto in ordine sono i tratti tipici di questi soggetti. La colite diarroica si può manifestare con diverse modalità, ad esempio con o senza crampi e meteorismo; può essere anche favorita da una determinata condizione ambientale come, ad esempio, un improvviso colpo di freddo. Ma, come è noto, persino un momento di particolare agitazione o di paura può facilmente causare un improvviso attacco di colite: molto spesso ciò accade prima di un esame, di un incontro o di una prova importante. Il gonfiore e i dolori che ne derivano spariscono subito dopo la scarica diarroica che segue all’attacco. Le situazione che rappresentano una fonte di ansia e agitazione sono vivamente sconsigliate ai soggetti che soffrono di questa forma di colite; non potendo ovviamente eliminarle del tutto, si può però cercare di ridurle al minimo. Anche prendere pian piano contatto con le componenti tanto temute da essere così urgentemente espulse, potrebbe giovare a queste persone.


Come?



 d esempio permettendo, durante una discussione, di tirare fuori queste parti “sporche”… alle volte un linguaggio “colorito” e scherzi triviali possono risultare anche più incisivi (senza nuocere ed essere lesivi verso gli altri ovviamente).

Con aria: qui il problema centrale si manifesta nel gonfiore, nel meteorismo, ovvero nella massiccia e fastidiosa presenza di aria all’interno del colon. Un’aria scomoda, che preme dall’interno e crea disagio soprattutto nel momento dei contatti e degli scambi interpersonali. Dunque, è come se chi soffrisse di questo fastidioso disturbo immettesse nell’ambiente, e quindi nelle relazioni, una presenza fatta di rumori triviali e scurrili. Una pancia che emette rumori può rappresentare un modo di manifestare all’esterno un’aggressione, una coloritura volgare. Chi ne soffre cronicamente risulta quasi sempre una persona decisamente formale, spesso incapace di portare fuori la propria rabbia e le proprie parti “impresentabili”, manifestandole apertamente nelle situazioni spiacevoli. Soprattutto vi è una attrazione – repulsione verso tutto ciò che inquina un’immagine di sé linda e inappuntabile. Questo sintomo fastidioso fa spesso la sua comparsa in situazioni significative, quando cioè si avverte l’attenzione o addirittura l’ostilità dell’altro e se ne teme il giudizio o la disapprovazione. Soprattutto nei luoghi affollati si può avvertire la sensazione di non avere spazio e contemporaneamente può insorgere la paura di rivelare, attraverso i propri rumori, quelle parti di sé, che si vogliono tenere nascoste. Può accadere così che la pancia si metta a “borbottare” rendendo manifesta proprio la presenza e l’attività di quelle parti tanto temute. In genere questo soggetto con tale tipo di colite è fortemente imbarazzato quando si trova in mezzo agli altri e cerca di occultarsi ogni volta che la pancia “rumoreggia”.


rattandosi molto spesso di pulsioni sessuali trattenute, è probabile che agendole più liberamente, inizialmente almeno a livello immaginario, questo sintomo si possa attenuare. Pur se nella maggior parte dei casi si tratta di una forma occasionale e sporadica di colite, quella cioè da cibi guasti, si può ugualmente riconoscere, quando il problema assume connotati di cronicità o di ripetitività, un significato più profondo. Così, eliminare frequentemente, in seguito a vomito o diarrea, certi alimenti (latticini, frutta e verdure non lavate, fritti) assume il senso di un rifiuto e del timore che qualcosa di poco pulito vada ad inquinare e alterare il corpo e la mente. E’ proprio l’incapacità a tollerare che cibi poco genuini o poco lavati vengano trattenuti nell’organismo e, seguendo i tempi fisiologici, regolarmente espulsi, a delineare la personalità di chi soffre di questo tipo di disturbo. Si tratta per lo più di persone molto attente (eccessivamente, esageratamente) alla pulizia interna ed esterna, spesso inclini a controllare la provenienza dei cibi, la loro composizione e tutti i possibili effetti sull’organismo. Questa tendenza al controllo è generalizzata e rivela in particolare il timore di avere qualcosa a che spartire con un mondo esterno considerato improprio e inferiore, l’idea di un contatto imprevisto che rischierebbe di alterare una dimensione interiore considerata pressoché perfetta. L’evento scatenante, ovviamente, è l’ingestione di cibi e bevande potenzialmente tossiche o verso le quali può scatenarsi un’intolleranza. La reazione di rapida espulsione di queste sostanze da parte dell’intestino è tesa a salvaguardare l’integrità (il tutto condito da timori, modi di pensare e schemi mentali). Non bisogna dunque intervenire troppo precocemente per controllare l’intensità della scarica, ma piuttosto favorire la fisiologica disintossicazione dell’organismo. L’ideale asetticità ricercata nell’alimentazione si può analogamente estendere al campo delle relazioni interpersonali. La paura di venire contagiati (fisicamente, ma anche emotivamente) dagli altri può condurre infatti anche ad una progressiva chiusura sociale. Ecco perché è importante “assaggiare” un po’ di tutto - cibi, bevande, ambienti, persone, rapporti, situazioni - ovviamente avendo cura di scegliere, perlomeno in un primo momento, gli elementi che risultano facilmente “assimilabili”, “digeribili” maggiormente tollerabili. Diversamente, ancora una volta, per analogia, l’intestino si fa interprete di questo disagio attraverso la veloce espulsione di cibi appena ingeriti.


gni spostamento, ogni viaggio, inoltre, comporta la necessità di modificare, anche per poco tempo, le proprie abitudini e di saper affrontare qualche imprevisto.
Quando si viene sradicati da situazioni e relazioni ben conosciute, e pertanto non preoccupanti, e catapultati in luoghi in cui l’insolito e il confronto con esperienze nuove sono inevitabili, può insorgere, insieme all’inconsapevole timore di non essere pronti ad assimilare questi cambiamenti, anche una sofferenza intestinale. Se è vero che ogni mutamento (fisico, psichico, sociale, ambientale) può essere accompagnato da uno stato di leggera ansia e preoccupazione, chi soffre di questo disturbo manifesta una spiccata sensibilità e ricettività nei confronti dell’ambiente che lo circonda. In particolare risulta evidente la difficoltà a distaccarsi da cose o situazioni passate e la necessità impellente di rifiutare ogni possibile cambiamento. Non solo i viaggi, ma anche tutte le occasioni di cambiamenti significativi sul lavoro o nella vita affettiva possono scatenare la sintomatologia colitica in coloro che sono predisposti a ciò. L’ansia e la preoccupazione che possono subentrare in occasione a tali mutamenti costituiscono già un’ottima spinta fisiologica, unita al tentativo di liberarsi (o trattenere) al più presto di quanto appena incontrato, prima che sia incorporato ed elaborato.


l motto
“mai lasciare la strada vecchia per la nuova” da un lato esprime la necessità di avere punti di riferimento stabili e sicuri, dall’altro non considera un aspetto fondamentale della vita: attraverso nuovi incontri, esperienze, stupore ed entusiasmo l’uomo arricchisce e modifica completamente la visione di sé e del mondo. Così, ogni cambiamento porta in sé una rinuncia, ma anche il potenziale della crescita individuale. Accettare consapevolmente questa rinuncia in favore di una evoluzione della propria personalità è pertanto l’obiettivo a cui questi soggetti devono tendere. ATTENZIONE, il caldo espone l’apparato digerente a stress, attacchi batterici e virali, per riequilibrarlo prova con gli oligoelementi: manganese – cobalto, mentre per le infiammazioni usa Vaccinium myrtillus, tarassaco e malva. RICORDA, i veri nemici dell’intestino non vengono solo dal piatto ma possono scaturire dai nostri atteggiamenti, ci ammaliamo, infatti, quando non facciamo più scelte di “pancia”, quando non si hanno più desideri, sogni quotidiani, ci si isola e ci si chiude in se stessi; si è perennemente indecisi (crampi), si trascinano continuamente i problemi (infiammazione). RICORDA, se ti trattieni lo infiammi, se liberi invece le emozioni profonde, anche quelle meno 'pulite', in modo “sano”, la pancia si alleggerisce, si sblocca completamente, la metti al “sicuro” e, alla fine, vedrai che ti ringrazierà; serve uno stile di vita più rispettoso dei ritmi quotidiani e un modo più genuino di esprimere pienamente talento e creatività. Colite, stipsi e altri mal di pancia fastidiosi li tieni lontani - dai salute, equilibrio, ritrovi il vero benessere - solo se lasci spazio alla spontaneità e alla naturalezza; ogni apparato non è mai isolato, ma sente gli equilibri di tutti gli altri distretti psicofisici. BASTA stress, isolarsi, timore del giudizio altrui, diffidenza, insicurezza, giudizi di valore, lottare all’infinito contro i pensieri considerati “scomodi” … la pancia “riparte” quando ti trovi bene con le tue emozioni e le esprimi senza aver il terrore di sbagliare o di essere tormentato dalla paura, di offrire un’immagine di te stesso negativa. RICORDA, certi atteggiamenti mentali e stati emotivi agiscono sulla muscolatura liscia e striata, aumentano la secrezione e le difese diminuiscono: così il ventre “scoppia” e nasce l'infiammazione … e non solo!
 
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NTESTINO TENUE

L’intestino è il motore silenzioso di tutto l'apparato digerente: è qui che avviene la motilità principale di tale struttura. Uno dei laboratori più efficiente e sensibile al contatto col cibo. Qui le sostanze nutritive, già separate nello stomaco, sono disponibili per essere assorbite. Aiutato dalla bile, secerne il lisozima che serve a mantenere l’equilibrio della flora intestinale. La bile svolge una funzione antisettica e neutralizza l’ambiente intestinale. Quando questi normalizzatori non funzionano bene, compaiono scariche diarroiche o infezioni (gas, spasmi). Un organo comunque gentile ma “pignolo” che sta cercando di dire qualcosa. Il suo delicato rivestimento è provvisto di cellule immuni uniche che, parafrasando un termine di moda, presidiano i confini e riconoscono i cibi che non si possono “tollerare”. Ma cibo o emozioni, chi è più colpevole? Sfida, per alcuni, ancora aperta, ma sicuramente non dovrebbe esserci alcun dubbio: entrambi responsabili! RICORDA, se l'intestino è troppo “nervoso” blocca la produzione di serotonina; la carenza di questo ormone frena la peristalsi e, quindi, il transito dei cibi: rallenta il buon funzionamento della digestione. La visualizzazione di tale fenomeno è segnalata in una zona rossa in mezzo alla fronte tra le sopracciglia, un’eccessiva sensibilità della pelle del volto. Un disturbo nell’elaborazione del plasma sanguigno (un liquido color giallo paglierino che contiene proteine, nutrienti, prodotti del metabolismo, ormoni) provocherà altre turbe del sistema di difesa dell’organismo e la persona sarà aggredita da malesseri come influenza e raffreddori.


e putrefazioni alimentate da carni spesso troppo cotte, da uova, o da oli per frittura di pessima qualità, producono sregolatezza nell’intestino e mantengono per migrazione cellulare il carattere infiammatorio, che può, alla lunga, lasciare il posto a metastasi intestinali. Lo zucchero raffinato blocca l'intestino, causa una super proliferazione della flora batterica a livello delle mucose intestinali. L’alterazione della qualità di queste mucose intestinali favorisce il passaggio dei colibacilli nel sangue e dà disturbi ai reni, provocando cistiti con minzione dolorosa, sensazione di bruciore e stanchezze anormali. L’intestino tenue ha un’importanza ancora maggiore nel procedimento della digestione. Dopo il passaggio nello stomaco, il cibo occupa tutta la superficie dell’intestino tenue di circa 280 metri quadrati, lungo da 8 a 9 metri e ricoperto di milioni di piccole asperità sempre in movimento e impregnate di zuccheri naturali, di sali minerali e proteine (il movimento aiuta la peristalsi intestinale ecco perché può essere d'aiuto l'attività sportiva contro la stipsi)


a fermentazione e la putrefazione provocano irritazioni (diarrea o stipsi) su questa parete … lo zucchero raffinato è uno dei responsabili di questa disfunzione (un composto organico che, purtroppo, oramai si trova ovunque). Se il soggetto continua ad alimentarsi in modo sregolato avrà un importante deterioramento delle cellule intestinali, procedimento che favorirà l’accumulo delle tossine che passeranno direttamente nel sangue. Quando la flora batterica non raggiunge il top, i processi di putrefazione prevalgono su quelli relativi alla fermentazione, le mucose non riescono più a smaltire adeguatamente le tossine; i veleni non eliminati completamente rimangono all'interno dell'organismo, minando la salute: esponendo il corpo a svariate malattie. E così, altri organi sono costretti a farsi carico di tali disfunzioni attraverso canali di deflusso alternativi: la cute attraverso eruzioni e dermatiti cerca di eliminare le sostanze dannose, mentre la testa si fa portavoce, con le sue tensioni e cefalee persistenti, del pessimo funzionamento intestinale; anche una mente poco efficiente, stanca e lenta può essere un segnale di una pancia pigra, tesa e capricciosa. RICORDA, attraverso questi malesseri (crampi, dolore, gonfiore) si è “costretti”, volenti o nolenti, ad ascoltare quei conflitti o quelle parti di se stessi continuamente censurate: la posta in gioco è la propria libertà, più naturalezza e la riscoperta degli istinti perduti … è la sana “ribellione” - sempre nel rispetto dell'altro - la vera cura! Glutine, lieviti e latticini sono sostanze che scatenano il meteorismo, i maggiori responsabili della sensazione del ventre teso, gonfio … “a tamburo”. RICORDA, quando questo organo sta combattendo contro una importante infiammazione, perde circa il 30% dello scudo immunitario. L’intestino tenue è responsabile di numerose obesità (allarga il bacino con presenza di accumulo di grasso o di cellulite). Svolge un ruolo importante nella formazione delle cisti alle ovaie nelle donne.


’intestino tenue è una delle più importanti barriere di difesa del corpo. Essendo uno degli organi che fabbricano il plasma sanguigno, presiede all’equilibrio generale dell’organismo. Per una buona funzionalità, bisogna contenere il consumo di (o eliminare): alcol, carne e formaggi che provocano una putrefazione, oltre alle uova troppo cotte, pane bianco, salumi grassi, ingredienti troppo piccanti (l'alimentazione piccante, come qualcuno ricorderà, è stimolante per l'apparato respiratorio, mentre per questo organo bisogna usare prudenza), zuccheri raffinati. Ha invece bisogno di prodotti: latteo fermentati, yogurt e lievito in caso di irritazione. In caso di parassitosi: aglio e crescione; con problemi infiammatori: alghe e lieviti freschi; infezione: carote, ciliegie, fragole, lattuga, patate, mele, pomodori, porri, sedano, spinaci, uova; apporto di sali minerali: alghe, cavolfiore, lenticchie, rape, sedano, soia; cereali specifici: frumento (adatto a migliorare la funzionalità), segale e riso non brillato. La polvere di zenzero è un potente scudo protettivo dell'intestino: disinfiamma e lo libera da sostanze pericolose. La sua massima espressione energetica è dalle 13 alle 15; se è presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi. Migliora con il sapore amaro. Se si hanno problemi di circolazione sanguigna, di cistite, o di presenza di gas nell’intestino, significa che esso non funziona bene. Fornisce, con il cuore, il massimo del suo sforzo energetico in estate. Il punto di massaggio sarà la vertebra sacrale 1 (S1: stitichezza, infezioni cutanee, colite).

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o sapevi che pulendo l’intestino e purificando il sangue con cereali integrali (Vit. Gruppo B), frutta e verdura (tarassaco, radicchio, cicoria) mantieni leggero e sano il tuo “involucro”?... NO a carne e prodotti lattiero caseari. Durante le scariche diarroiche evitare cibi integrali!
Riassumendo. E' un luogo in cui si completa la digestione e inizia la produzione sanguigna, che verrà poi completata nel fegato. Si ricorda anche in questa sezione che la carne, lo zucchero e i vari conservanti, contenuti nel cibo, gonfiano e indeboliscono questo organo e, soprattutto, la sua preziosa flora batterica. Quando non funziona per il meglio, è probabile che ci siano problemi a livello ematico, anemia per esempio e una importante perdita di peso. La sua cattiva funzionalità è ben visibile: un colore pallido ben marcato e diffuso delle labbra. La fermentazione intestinale - causata da troppi prodotti animali - non passa mai inosservata: marchia il viso con foruncoli e infiammazioni diffuse nel corpo.
 

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NTESTINO CRASSO (grande intestino: colon traverso, ascendente, discendente, cieco, appendice, sigma, retto, ano).


Qui, nell'ultimo tratto dell'apparato digerente, si completa la digestione (lungo ca. 1,7 m): l'acqua e i sali minerali vengono assimilati. Mentre la parte acquosa viene assorbita, rimane una massa solida di scarto: le feci scendono verso il retto. Se questa materia non è stata trattata con i “guanti” può diventare dura, solida come la creta ossidata, dando origine ad una disfunzione della defecazione chiamata stipsi. La stipsi è l’origine di numerosi disturbi: parassitosi, lesioni intestinali, problemi epatici.


a stitichezza da stress si presenta ogni volta che si deve affrontare una prova impegnativa, un qualcosa di sconosciuto o una nuova esperienza ed è connessa all'ansia da anticipazione, che blocca la peristalsi intestinale tenendo in scacco l'evacuazione.
È sempre un’impresa ardua valutare il grado di stitichezza di una persona. Molti pensano che, andando regolarmente di corpo, non siano soggetti a problemi di stitichezza; in realtà vi sono materie fecali che soggiornano troppo a lungo nell’intestino e si putrefanno, mentre le tossine che contengono provocano un avvelenamento lento dell’organismo e lasciano un fastidioso gonfiore. Bisogna fare dunque attenzione ai sintomi che accompagnano la stitichezza come la stanchezza, l’agitazione, l’anemia, le insonnie, le acidità, il mal di testa, le vertigini, alcune colibacillosi, i gonfiori, le emorroidi, le nausee e certi casi di mestruazioni irregolari che, in alcune donne, possono provocare una predisposizione alle cisti ovariche. Inoltre, le aderenze fecali agli intestini possono causare a lungo andare un cancro su questi organi (fonti OMS). Molti soffrono di “tossiemia” senza saperlo (troppe tossine); i veleni non eliminati inquinano il colon, si accumulano in tutto l'organismo e si esprimono attraverso sintomi ben visibili: alito pesante, una lingua bianca, sudore acido, palpebre gonfie. L’igiene alimentare svolge naturalmente un ruolo di grande importanza ed è necessario adeguarsi ad un regime adatto per lunghi mesi per poter rieducare l’intestino crasso. 


e cause del fenomeno di stipsi sono molte:
una secrezione biliare difficoltosa, un’alimentazione non adatta, un eccessivo consumo di carne rossa che facilita la fermentazione, il pane bianco, l’alcol, numerosi farmaci che asciugano le pareti intestinali o le irritano, l’abuso di lassativi, soprattutto di quelli molto saturi di sale (vedasi bulimia). Si dilata e si gonfia quando non ossida in modo sufficiente le scorie da evacuare. Il soggetto sarà spesso linfatico, gli mancherà quindi l’energia e avrà una tendenza alle ulcere varicose e in seguito alle metastasi intestinali. (Il linfatico ha un aspetto “rotondo”, pallido, gonfio e demineralizzato, con tendenza agli edemi e alla debolezza del sistema immunitario. Presenta scarsa energia: fragilità dell’apparato digerente, problematiche varie in questo distretto, stitichezza, diarrea o un’alternanza delle due, debolezza di fegato e rene, con sovraccarico epatico e ritenzione idrica, ptosi degli organi, perdita di elasticità tissutale, demineralizzazione, rallentamento circolatorio di sangue e linfa, disturbi metabolici e facilità ad accumulare tossine. Sul piano mentale possono spesso essere presenti apatia, scarsa motivazione, depressione e persino tendenza alla psicosi maniaco-depressiva).


eve seguire un’alimentazione ricca di oligoelementi per permettere una migliore ossigenazione del sangue attraverso la quale provocherà l’ossidazione delle scorie. Anche qui, si notano spesso cause psicologiche in persone che, in occasione di un viaggio, devono cambiare le loro abitudini:
questo porta a una stitichezza che può durare parecchi giorni; verrebbe da dire che questo organo è un prezioso “forziere” emotivo continuamente riempito però di una strana “materia” che non lascia scampo: infiamma e rallenta la pancia. Un organo potentissimo, portavoce della nostra identità, della nostra vera unicità: la cassa di risonanza del nostro stato emotivo, spesso, in balia degli eventi. Anche persone introverse, chiuse, incapaci di lasciarsi andare, di confidarsi in modo tale da scaricare un po’ delle preoccupazioni soffrono spesso di stitichezza. Questo si può verificare anche con altri problemi, e mette in evidenza il rapporto esistente tra la funzione psichica di eliminazione e la stessa funzione organica. Si sa da tempo che l'emotività si ripercuote direttamente sul sistema gastro – intestinale, ma è altrettanto vero che le varie problematiche intestinali possono alterare l'umore o alcune attività gestite dall'apparato cerebrale. La sua funzionalità verrà visualizzata intorno alle pieghe della bocca. Dilatazione dell’addome e del bacino. Viso bianco e dilatato verso il basso. Ventre gonfio dopo i pasti.

 

’alimentazione da eliminare e comportamenti da adottare: bandire completamente carni troppo cotte, farinacei, grassi e burro fritto, eccesso di sale, non bere durante i pasti. Regime consigliato: cipolla, dente di leone, porro, sedano, riso integrale e grano saraceno. Lo yogurt aiuta a regolarizzare il colon. Contro la stipsi: alghe, ciliegie, cocomero, porro, prugne, uva, olio di oliva (al mattino a digiuno). Per drenarlo: cereali, fichi, sale di potassio. Per una migliore eliminazione: cloruro di magnesio. Un organo che migliora con il sapore piccante. La zona di massaggio sarà la vertebra lombare 4 (L4: stitichezza, infezioni cutanee, colite). La sua massima espressione energetica sarà tra le ore 5 e le ore 7. L’identikit di chi soffre di stipsi è particolare: appare sempre come un personaggio indaffarato, occupato anche quando non è necessario, nel lavoro, poi, “troppo” attento, disciplinato, eccessivamente severo, volitivo, scrupoloso, selettivo e meticoloso (un “super” bravo che ha perso la sua “regolarità”) ma nel vivere quotidiano si sente spento, bloccato, timoroso di mostrarsi come è realmente (è importante ricordare che “dare” può essere un gesto generoso ma è anche un modo di esporsi, sentirsi indifesi, evidenziare la propria vulnerabilità e “debolezze”). La stipsi s’inchina davanti alle verdure cotte o crude, bevendo qualche litro di acqua perché facilita il lavoro dell’intestino, al consumo di legumi e cereali integrali (stimolano il movimento intestinale), a qualche caffè perché può aiutare la peristalsi intestinale e assumendo, soprattutto, al mattino frutta cotta … ma prima di iniziare la colazione un bel bicchiere d’acqua tiepida; limitare i prodotti lattiero caseari (a parte lo yogurt probiotico che con i suoi fermenti riesce a riequilibrare la flora batterica intestinale) perché fermentando producono gas e rallentamento della peristalsi, il latte può causare dolori e gonfiore; prova, inoltre, a far bollire qualche fico essiccato, scioglilo nel liquido e bevi due o tre tazze durante la giornata: può essere davvero fantastico!


iassumendo. In questo distretto si chiude l'intero processo, avviene la resa dei conti: si completa l'assorbimento di elementi nutritivi, viene distrutta la consistenza del materiale digerito, si assorbe l'acqua, vengono prodotte le feci e poi evacuate. In questo organo si trova un liquido alcalino che fermentando aiuta a decomporre il cibo; una condizione chimica – fisica che stimola la “peristalsi” e la produzione di gas.

Risultati immagini per piante per o stomaco



STOMACO una meravigliosa linea di difesa.



problemi allo stomaco possono essere visualizzati attraverso il gonfiore nella zona addominale, sopra l’ombelico, dopo l’assunzione di cibo, sonnolenza postprandiale, rossore agli zigomi dopo il pasto: tutti parametri fisiologici negativi che segnalano il vero stato di salute di tale organo. Lo stomaco borbotta anche quando quella particolare cosa non va proprio giù, non si vuole vedere o accettare quella determinata situazione, si è tesi ed arrabbiati, ma si rimane lì immobili e nonostante la frenesia ansiogena non ci si muove di un passo: si fa portavoce del rapporto col proprio ambiente e, soprattutto, delle dinamiche con gli altri. In questo organo oltre a metabolizzare i cibi ingeriti vengono veicolati contemporaneamente anche preoccupazioni, modi d'essere sbagliati, senso di colpa, tensione, stanchezza, tristezza e tutta l'atmosfera che si respira in quel preciso istante: estrapolando da ciò tutti gli insegnamenti, le delusioni ed ogni senso negativo o positivo che si può trarre. Lo stomaco è uno degli organi della digestione più importanti del corpo umano: prima linea di difesa dell’organismo. Lo scopo della digestione è quello di trasmettere all’organismo l’energia necessaria alla trasformazione dei prodotti grezzi. Le materie prime come le proteine, i grassi, gli idrati di carbonio, le vitamine e i sali minerali sono tutte sostanze trasformate sapientemente in combustibili e successivamente in energia. 



l processo inizia nella bocca a contatto degli alimenti e della saliva, e termina con le scorie nell’ano. Il tutto passa per lo stomaco che inizia l’azione chimica delle secrezioni, poi pancreas, fegato e ghiandole contenute nell’intestino tenue. Tutto il cibo assimilato viene a depositarsi sull’intestino tenue, dove, se il bolo alimentare va incontro a un’eccessiva putrefazione o fermentazione, si avrà un’infiammazione. Queste sostanze assimilate, se si continua ad assumere alimenti “spazzatura”, provocheranno un rigetto naturale da parte dell’organismo, con presenza di diarrea, di stasi e di stitichezza, e una rapida inondazione di tossine nel sangue. Molte emicranie sono dovute ad una fermentazione alcolica dello stomaco. Questa fermentazione non proviene da un consumo di alcol, ma fabbricata dallo stomaco, in seguito a un consumo di zucchero e di farinacei che fermentano. Questo alcol è più tossico dell’alcol grezzo normale, perché contiene le scorie di questa fermentazione impropria. Anche i disturbi di stomaco imputabili a fattori stressanti o psichici sono numerosi. Sono provocati da pasti consumati troppo in fretta, dall’assunzione di alimenti troppo caldi o troppo freddi, da pasti consumati a orari irregolari e dall’abitudine di mescolare liquidi e solidi durante il pasto (bere). I cibi dannosi e le cose che fanno male in generale allo stomaco sono: alcol, alimenti troppo caldi, bere durante i pasti, caffè, mangiare senza masticare, pane bianco e zucchero raffinato. Alimenti ottimi per l’infiammazione: mele, pomodori, ribes, uva (succo diluito se troppo irritato)


VITARE la combinazione di carboidrati e proteine, in quanto i primi - formati prevalentemente da carbonio ed acqua - diminuiscono nello stomaco l'acidità e, quindi, rendono difficoltosa se non incompleta la digestione delle proteine. Per la dilatazione dello stomaco si consiglia: aglio, mela, pompelmo, sedano, rabarbaro. Il colore giallo (giallo – grigio) al viso indica problemi energetici a livello di stomaco e della milza. Uno squilibrio energetico allo stomaco si manifesta con gastroenteriti, foruncolosi, ossidazione cutanea, infezione cutanea. Gli zigomi riflettono lo stato energetico dello stomaco, si evidenzia soprattutto dopo i pasti perché si congestionano. Il soggetto ha digestioni lente, con possibilità appunto di gastriti, di crampi, di gonfiori addominali e di aerofagia. L’alimentazione viene male assimilata, il soggetto è spesso nervoso, su di giri, mangia in fretta. Tutto ciò determina un’intossicazione progressiva dell’organismo, che può essere la causa di artriti, artrosi e successivamente di tumori o di ulcere (fonte OMS).


l cuoio capelluto sarà molto intossicato, con forfora e pruriti. Bisogna modificare il modo di alimentarsi, eliminare caffè, tè, zucchero raffinato e frutta fresca, fare una cura disintossicante, non assumere né alcolici né liquidi troppo caldi o troppo freddi. Se il viso tende a gonfiarsi e a diventare grigiastro, l’intossicazione organica è a uno stadio molto avanzato. Gli organi diffondono la loro energia in tutto il corpo. E’ possibile individuarne l’intensità e regolarla su linee di forze energetiche relative a ciascuno di essi. Su queste linee di forza si possono esercitare massaggi che permetteranno di mantenere la salute e l’armonia del corpo. Per quanto riguarda lo stomaco, qualora ci sia una lesione o come prevenzione, il punto da massaggiare sarà la vertebra dorsale 12 (DS12presenta una temperatura elevata)). Tale massaggio è consigliato per: cattiva digestione, gonfiori dopo i pasti, aerofagia, acidità di stomaco, crampi di stomaco. La sua massima espressione energetica è dalle 7 alle 9; se è presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi. Una adeguata conoscenza di noi stessi ci permetterà di percepire, durante la giornata, quelle difficoltà o momenti di stanchezza, di disagio, di vulnerabilità … condizioni legate alla cattiva funzione di questo organo.


hi ha problemi di stomaco inoltre tende ad “incassare”, mandare giù il magone, “digerire”, rabbia, livore e cinismo: vuole evitare in tutti i modi e maniera lo scontro e il conflitto, non riesce più a “metabolizzare” il mondo che incontra; IMPARA invece a comunicare a “caldo” con franchezza, spontaneità e naturalezza quello che senti, così elimini la rabbia e le parole indigeste, “sputando il rospo”, poi, scarichi dallo stomaco tutti i pesi inutili e ritrovi la vera “leggerezza”: elimini finalmente l’imbarazzo di “pancia”. ALLONTANATI dai legami affettivi che “infiammano”, divertiti con passione e spontaneità ... scegli l'atmosfera, le cose e le situazioni che ti mettono completamente a tuo agio, ALTRIMENTI la rabbia dirompente viene presa in consegna dalla stomaco e lo “violenta”; fare finta, controllarsi, non far trapelare nulla sono tutti atteggiamenti che stimolano la produzione di acido cloridrico nello stomaco … una sostanza che lentamente corrode e lo buca.


o stomaco si ammala non solo quando blocchiamo la nostra spontaneità, ma anche quando perdiamo fantasia e libertà, siamo troppo accomodanti, gestiti dal pessimismo e rassegnazione;
zittirsi e bloccare le proprie espressioni più naturali e spontanee è il torto più grande, se non il danno maggiore, che possiamo fare nei suoi confronti; per far “respirare” lo stomaco non trattenerti, tira fuori le tue emozioni, le tue risorse nascoste ed “indigeste”. Lo stomaco è un grande e potente “selezionatore” a livello sia fisico (cibo - alimenti) sia mentale (pensieri - relazioni) attraverso il nervo vago. La “pancia” - con il suo bruciore, dolore, pesantezza, crampi, nausea, digestione lenta, eruttazioni - segnala le varie problematiche della vita relazionale; i suoi messaggi più fastidiosi sono: bruciore - rabbia repressa per cose che non si riescono a gestire e a non risolvere; nausea - rifiuto sottovalutato connesso ad un certo contesto, digestione lenta - difficoltà ad elaborare quanto accade durante il giorno; pesantezza - troppe responsabilità ed emozioni trattenute e crampi - farsi passare come qualcosa di piacevole una cosa che non è proprio gradita e in cui ci si trova male (lavoro, amicizie, coppia, famiglia) i rapporti con il mondo esterno sono perlopiù tesi ed ansiosi, difficilmente sereni e rilassati. ATTENZIONE, le delusioni possono bruciare più del cibo piccante consumato a tavola, MAI fingere di stare bene! In quanto organo cavo, rimanda al concetto di contenitore e di caverna, entrambi simboli dell’istanza psichica femminile: ovvero, per i più fantasiosi, il grembo materno, un luogo dove la materia si trasforma in vita. E’ la dimensione che accoglie, avvolge e nasconde. Ma esso si fa anche portavoce di un simbolismo maschile: la digestione è infatti opera dell’acido cloridrico che rappresenta il fuoco purificatore, una forza maschile che aggredisce e trasforma gli elementi. Non va dimenticato inoltre che il cibo non è qualcosa di isolato, ma si riempie - come indicato in premessa - di significati legati all’atmosfera in cui viene consumato: ciò che si ingerisce si carica di valenze emotive che vengono legate alla struttura stessa dell’alimento.


uando la mamma allatta il neonato gli fornisce il nutrimento non solo alimentare ma anche affettivo: lo conforta, lo avvolge di amore e di sicurezza … lo avvolge di comprensione e tenerezza. Una figura di riferimento che con la sua presenza costante ed amorosa crea sicurezza e non sconvolge nemmeno più quando si allontana perchè, con il suo atteggiamento rassicurante, il piccolo ha imparato che non ci sono “scherzi mancini”: solo la certezza che la “mamma buona” ricomparirà; un'esperienza in cui si fonda la nostra capacità di fiducia e di speranza … allontana il brivido del pericolo e il terrore della transitorietà. Ecco perché è importante, durante tutto il ciclo di vita, che il cibo/pensiero sia “leggero e digeribile” altrimenti rischia di “restare sullo stomaco” e creare indigestioni non solo fisiche ma anche mentali. Lo sappiamo da tempo, fin dalla nascita, che l’essere umano mangia non soltanto per vivere: su quest’atto biologico si radicano fattori emozionali e sociali che rendono indissolubili gli aspetti fisiologici e psicologici del comportamento alimentare. Il nutrimento ha dunque un valore particolarmente simbolico (sicurezza, conforto, solidarietà, consolazione, appoggio, sostegno, incoraggiamento, aiuto, amore), di soddisfazione, di investimento del piacere, di aggressività (fame che divora). Il rapporto con il nutrimento, quindi, traduce il rapporto vero, sincero e reale della madre con il bimbo dove si intrecciano piacere, ostilità, odio, affetto, calore, timori, preoccupazioni, aggressività. Nel corpo, quindi, oltre alle cellule sono impresse queste sensazioni, questi sentimenti sviluppati nel tempo. Sapendo queste cose, il corpo può diventare un nostro grande alleato: segnala sempre le cose non gradite e quello che non va, ci permette, se lo vogliamo, di fare prima della catastrofe “inversione di marcia” ... di contrastare la sofferenza. Il dolore, per quanto sia una nota dolente, è sempre una voce che ci rivela che qualcosa non va. Una voce da ascoltare e non da “far tacere”. Il corpo è un grande alleato che tramite la “sofferenza” avverte un modo d’essere sbagliato, di comportamenti ed emotività che probabilmente non ci appartengono. Così la lettura psicosomatica può mostrare gli aspetti che determinano le gastropatologie, partendo da segnali minimi, atteggiamenti e piccoli gesti preziosi che spesso non vengono visti e restano ignorati.



na separazione, un lutto, oppure semplicemente l’arrivo della primavera o di una nuova stagione, ad esempio, possono influire pesantemente su questo organo grandioso ed impareggiabile (stomaco). Sono molti i fattori che possono scatenare le “proteste” dello stomaco, quasi tutti caratterizzati dalla "sindrome" del cambiamento. L’addio di una vecchia situazione per una nuova sembrerebbe la scintilla che fa nascere gastrite e ulcera. Ma non solo: è durante il pasto, quando emozioni e cibo si incontrano, che lo stomaco rischia di farsi sentire con bruciori e nausee violente. L’apparato digerente diventa, così, un termometro che rivela malesseri semplici, complessi e, soprattutto, destabilizzazioni in corso. Un pasto, la vacanza, il gruppo: sono situazioni, luoghi e cambiamenti in cui gli attacchi si fanno sentire con una certa frequenza, precisione ed insistenza. I momenti di cambiamento, infatti, il non riuscire ad adattarsi con facilità alla transizione, può provocare nausea e vomito, proprio perché la nuova situazione “non va giù” (traslochi, cambiamento del posto di lavoro, nuova situazione sentimentale). A digiuno, prima di pranzo o cena, lo stomaco libero richiama la sensazione di “vuoto d’amore”: il bruciore che ne deriva si placa solo quando viene introdotta una dose di cibo/affetto. In mezzo alle persone, poi, per il timore di ricevere una critica, la bocca dello stomaco si chiude e si contrae per non fare entrare i pericolosi giudizi degli altri. In vacanza lasciarsi andare tutto in un colpo ad uno stile di vita più libero (o trasgressivo) trova corpo e psiche impreparati; così lo stomaco, sottoposto al surplus di lavoro, oppone un rifiuto a queste richieste. I tratti di personalità più comuni di chi soffre di gastrite e ulcera sono un alto livello di introversione, un’apparente indipendenza e un atteggiamento che vorrebbe essere ironico, ma che risulta sarcastico e spesso irritante (a dir poco corrosivo). Inoltre la dimensione quotidiana di chi ha “lo stomaco in subbuglio” è ricca di altre sfumature che rendono il carattere dell’ulceroso molto complesso (molti diranno ma cosa dice mai costui: con tutto quello che ho ingurgitato ieri sera certo che … ma quanta aggressività c'era in quel pasto serale per ingozzarsi in tal modo? … e l'atmosfera? … poi, quella non attenzione, considerazione, quel raggiro, quella mancata promozione, tutte cose che “infiammano” e lentamente corrodono). Ciò che è più evidente nei soggetti con gastrite è un’aggressività che difficilmente riescono a gestire: sono infatti molto sospettosi e qualche volta arrivano anche ad avere veri e propri complessi di persecuzione (disturbo paranoide). E’ possibile che ogni tanto la rabbia trattenuta si tramuti in esplosioni di collera (emozione di solito evitata in quanto temuta). Il “digerire” torti, offese e l’ingoiare “bocconi amari” è sicuramente una delle cose più difficile per questi soggetti che tendono “a legarsi al dito” ogni contrarietà. Chi soffre in particolare di nausea e vomito frequenti, ricorre inconsciamente a questi sintomi per salvaguardarsi da eventi, tentando di rifuggire una situazione percepita come minacciosa (o presunta tale). Essi cercano di espellerla da loro, “vomitandola” e negando successivamente ogni contatto con situazioni “pericolose”.


li stomaci gonfi di frequente, invece, esprimono generalmente il costante bisogno –
che resta insoddisfatto – di un nutrimento affettivo, puntualmente compensato da un suo surrogato, l’aria (ingurgitano frettolosamente e con avidità ogni cosa senza gustare e apprezzare le piacevoli caratteristiche organolettiche). In tali individui le relazioni affettive sono (state) in genere vuote o fredde. Un vuoto colmato apparentemente con l’aria introdotta nello stomaco, quell’aria che causa frequenti eruttazioni (gonfia e dilata ed erroneamente fa sentire in pace, rilassati). E’ un atto di compensazione che rivela una grande caratteristica dell’ulceroso: il desiderio d’amore. Secondo la medicina psicosomatica il corpo è - ricordiamolo ancora una volta, senza stancare troppo - un grande alleato: segnala ciò che non va e ci permette di contrastare la sofferenza. Le dinamiche simboliche che innescano i disturbi gastrici sono in relazione alla funzione nutritiva, nel senso più ampio del termine, se è vero infatti che il corpo deve essere nutrito da un cibo "buono", ossia sano e adatto alle esigenze di crescita, anche la mente necessita di essere nutrita in maniera altrettanto adeguata (affetto, amore, rispetto, considerazione). Tutti i disturbi dello stomaco infatti hanno un legame diretto con le difficoltà di “accettare” o “digerire” un evento, una situazione o una persona (viene prodotto nello stomaco, attraverso lo stato emozionale, l’acido cloridrico in maniera eccessiva ed inutilmente). Chi soffre di stomaco, prova soprattutto intolleranza e paura di fronte a qualcosa che trova 'stomachevole' (nauseante, schifoso). Oppone resistenza alle idee nuove, soprattutto se non provengono da lui. Ha difficoltà ad adattarsi a qualcuno o a qualcosa che contraddice i suoi piani, le sue abitudini o il suo modo di vivere. Nello stomaco il cibo viene scisso, sciolto, bruciato, si prepara a diventare parte del corpo. Questo processo trova il suo corrispettivo mentale nell’elaborazione dei vissuti, delle emozioni, dei pensieri e degli stimoli che ogni giorno si assorbono. In questa ottica i disturbi gastroenterici, molto frequenti e diffusi, sono spesso in relazione con disagi che poco dipendono dal cibo che si assume e invece molto hanno a che fare con la difficoltà a digerire esperienze ed emozioni, passaggi di crescita che risultano particolarmente “pesanti” e difficili da affrontare. Nella gastrite infatti i diversi sintomi risultano connessi a specifici significati. E’ importante, per questo, cercare di leggere il dolore nelle sue tipologie che possono variare da persona a persona (RICORDIAMOLO, non esiste un quadro clinico 'puro', ma sempre frammisto … un po' di questo un po' di quello).


na sensazione a “tenaglia”, ad esempio, può riferirsi a situazioni sentite come soffocanti: chi le avverte potrebbe essere indeciso tra l’agire di “testa” e l’agire “d’impulso”. Un fuoco che divampa indica una rabbia che vorrebbe scoppiare e che invece rimane bloccata dentro (produzione eccessiva di acido cloridrico). Così il bruciore è il sintomo di un’emozione trattenuta che ribolle e “corrode internamente. Anche i sogni, il più delle volte veri incubi, sono curiosi e strani. L'aggressività repressa, infatti, si esprime nell'attività onirica sotto forma di fenomeni a dir poco devastanti: eruzioni, terremoto, esplosione, inondazioni … un vero e proprio tsunami. La gastrite altro non è che uno stato infiammatorio dello stomaco, il bruciore deriva da una iper produzione di acido cloridrico (sostanza prodotta dalla mucosa interna dello stomaco indispensabile per sciogliere le proteine): un suo eccesso in pratica aggredisce ed arde lo stomaco



a un punto di vista simbolico, come più volte sottolineato, esprime spesso una carica aggressiva, focosa appunto, che non trova adeguato sfogo all’esterno e che finisce col diventare un’auto aggressione. Per quale ragione ad essere colpito è proprio lo stomaco? Si tratta di una “scelta d’organo” primitiva: la nostra prima modalità di conoscere il mondo, di relazionarci con gli altri consiste nell’atto del mangiare (sia nell'eccesso sia nel difetto). Insieme al primo cibo - latte materno - portiamo dentro tutto ciò che esso rappresenta: amore, accettazione, protezione, sicurezza, dedizione. Ma anche tensioni, ambivalenze, angosce, scatti d’ira, nervosismo, tormento, impazienza, rifiuto; lo stesso accade anche per le esperienze di cui ci “nutriamo”: anch’esse sono intrise di emozioni da “digerire”. Senza saperlo ogni giorno portiamo dentro di noi varie tossine (emozioni, impegni eccessivi, tensioni, contrarietà, arrabbiature, arroganza) che ci tocca, volenti o nolenti, digerire, da cui non sappiamo difenderci e lo stomaco ne fa le spese … è sempre lui che paga il “dazio”. Ma cosa succede allora dentro di noi? La mucosa può ispessirsi o assottigliarsi, in ogni caso compromettere le sue funzioni, soprattutto quando la nostra capacità di affrontare le cose e le situazioni della vita si indebolisce. Si tratta comunque di difficoltà di relazionarci con un ambiente che lo percepiamo come invadente, aggressivo e potenzialmente nocivo (per il nostro modo di pensare). E’ il caso di contesti ed impegni lavorativi particolarmente pressanti, esigenti e competitivi, ma anche di dinamiche familiari conflittuali ed autoritarie


on dobbiamo dimenticare che tutto ciò che altera le funzioni del sistema digerente porta anche ad una carenza di vitamina B12 (se poi è ridotta la secrezione del fattore intrinseco si riduce ulteriormente la capacità di assorbimento di questa vitamina … fenomeno piuttosto comune nelle persone anziane), quindi disturbi allo stomaco, all'intestino, al fegato, alla cistifellea; vitamina che viene distrutta da sostanze troppo acide o troppo alcaline (vedasi l'importanza del pH). Una vitamina indispensabile per le cellule nervose; utile, quindi, nei casi di irritabilità, aggressività, umore ballerino, depressione e per certi quadri psicotici impegnativi. La gastrite non nasce a caso: essa si nutre a pieno dei disagi e delle sofferenze; imparare a conoscere la sua “voce”, permetterà di capire cosa non va in noi stessi. Il bruciore tipico della gastrite viene spesso descritto da chi lo prova come una fiamma che divampa e “mangia” dall’interno. In effetti, l’aumento dell’acidità gastrica equivale a un meccanismo autoaggressivo, all’esplosione di un vulcano che non trova sbocchi. Il “fuoco gastrico” (la produzione eccessiva di acido cloridrico - anche se determinata da uno stato emotivo - è sempre un fenomeno fisico) può anche manifestare dubbio, sfiducia e sospettosità nei confronti degli altri.


l contrario una carenza della produzione di succhi gastrici può svelare una forte mancanza di energia nel
“digerire” situazioni, cose o persone della vita di ogni giorno. Chi soffre di gastrite sa bene cosa voglio dire, cosa intendo per situazione drammatica: sentire le fiamme nello stomaco, il bruciore che sale lungo il canale digestivo, dando sensazioni di calore doloroso. E ciò, se facciamo caso, accade soprattutto - magari non subito ma più tardi - quando proviamo rancore o pensieri inaccettabili verso qualcuno o verso se stessi (soprattutto quando non riusciamo ad esprimerci per ciò che siamo realmente). Pensieri inaccettabili che il più delle volte dobbiamo trattenere: non possiamo esternarli per non generare dei conflitti. VA RICORDATO che lo stomaco si ammala quando si introducono cose “indigeste”: non si riesce a "mandar giù" cose o situazioni intorno a noi, si è continuamente irritati, si rifiuta di accettare le cose, persone, atmosfere.
 

gni tanto grida forte, fatti sentire,
TIRA FUORI LA TUA VOCE!!! Lo so da tempo e a mie spese - per esperienza diretta sul campo - quante reazioni aggressive si incontrano, quali rischi, conseguenze e rapporti conflittuali si possono innescare quando si “attribuisce” un’eziologia psichica alle malattie fisiche; non solo si può urtare la sensibilità altrui, ma si può apparire, per certi versi, anche poco rispettosi e offensivi. La cosa certa è che si incontra ancora oggi, nel pensiero comune, molte RESISTENZE e, per alcuni, parecchia IRRITAZIONE, se non un profondo SENSO di COLPA: difficile accettare che siamo sempre noi a generare il ‘male’. Alcuni giustamente diranno, ma tutte quelle cose velenose che ingeriamo, che ci propinano quotidianamente attraverso cibi pieni di additivi, acqua piena di metalli pesanti ed aria completamente inquinata non contano proprio nulla? … e il patrimonio genetico non conta nulla? Certamente. Domanda logica e di buon senso. Non bisogna però dimenticare che sono proprio i disagi emotivi e gli stress prolungati nel tempo che compromettono il funzionamento del sistema immunitario e, quindi, con difese ‘basse’ anche le cose più banali risultano difficili da neutralizzare. Va ricordato ancora una volta che questo orientamento scientifico non cerca responsabili, colpevoli da additare o mettere alla gogna, ma semplicemente di far riflettere sui modi con cui parliamo di noi stessi e dialoghiamo con il nostro 'involucro', in che modo prendiamo a testimone il nostro corpo e cosa nasconde il nostro malessere “esclusivamente” fisico; una interpretazione che insieme ad altre scuole di pensiero può rendere più semplice e meno doloroso il vissuto quotidiano; aiutando ad imboccare, quando è possibile e prima che accada qualcosa di irreparabile, la via del benessere, riscoprire spontaneità, gioia, fantasia e, perché no, anche un po' di felicità. Sono perfettamente consapevole del fatto che leggere alcune pagine di un libro o di un articolo non è sufficiente per risolvere un problema così complesso e devastante come quello psicosomatico. L'informazione, la conoscenza e la consapevolezza non solo servono a riconoscere che c'è un problema olistico in atto, ma è anche un primo passo sulla lunga e difficile strada della trasformazione e del cambiamento, se non della vera guarigione; aiutano a riflettere su certi schemi mentali non sempre vantaggiosi, a non arrendersi mai, a liberarsi dalle varie dipendenze, a rimettersi in piedi finalmente in piena libertà. RICORDA, nessuno ha colpa di essere nato a Ferrara anziché a Bologna, di essere un maschio o una femmina, di essere bianco o nero  ... costretto a vivere in un nido di "vespe".

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pesso il malato di stomaco, sempre nel rispetto e in funzione delle sue reali condizioni fisiche, non ha bisogno di una dieta particolare ma di imparare a sviluppare la capacità di “accogliere” e “digerire” tutto ciò che incontra: non a nascondere le cose sotto il tappeto o a rinunciare; lo stomaco è davvero un “sismografo” per molti stati emotivi, sono i conflitti aperti o nascosti a mettere sull'attenti, comandare male questo organo: “fame” di amore, affetto, stima, offesa, rispetto possono provocare un aumento della secrezione gastrica, sovraccaricano la mucosa di acidità proprio come la fame di cibo. Il pranzo in famiglia per certe persone è uno stress, una lotta, un conflitto. Quanto volte mi dicono: “Sa dottore, non mi va proprio giù il modo di parlare di mia moglie a tavola ... di quella brutta megera (suocera), poi, non me ne parli … un linguaggio sempre sopra le righi, ironico, gelido, per non dire caustico più di un acido. Un rituale dominato da un'atmosfera pungente in cui non esiste via di fuga … ci si sente perennemente sconfitti e abbattuti”. E così, senza trombe e tamburi, i nostri organi si fanno carico dei vari problemi, della rabbia trattenuta, delle aggressioni che arrivano addosso, dell'impotenza sperimentata nel non saper reagire nel modo giusto. Non va dimenticato che questa area fisica rappresenta la capacità di “accettazione”, un grande terreno su cui possono “germogliare” stati d'animo e dimensioni psichiche importanti: accettare o non accettare (cibo ma anche situazioni, cose, idee). 


ICORDA, se percepisci i segnali del tuo organismo ti proteggi dai disturbi e trasformi in salute le emozioni negative. Altrimenti non si ha scampo, le sensazioni di essere dominati, paura, inquietudine, imprevisti e preoccupazioni accompagnano le giornate: cose che non si riescono a gestire, a controllare. L'Helicobacter pylori (batterio presente nello stomaco, si pensa sia responsabile dell’ulcera) trova forza e terreno fertile in tutti quegli individui che sperimentano un senso di abbandono o di impotenza nei confronti di certe situazioni che “corrodono”: un insieme di contrarietà, di insoddisfazioni familiari e lavorative, di rabbia, di collera e di ansia. Questo batterio spiraliforme grande colonizzatore della mucosa gastrica, inoltre, è stato da un po’ di tempo - secondo alcune ricerche accreditate - rivalutato in quando produce una proteina (Hp2-20) in grado di riparare le lesioni gastriche (la presenza del batterio può essere individuata attraverso l’analisi del sangue e del respiro). Non va dimenticato che, in questo caso specifico, la Propoli può essere utile se non risolvere il problema: inibisce questo batterio e abbassa l’acidità; riso, carota, zucca, mela, banana, albicocche e broccoli rinfrescano e gestiscono l'infiammazione, insalata e patate assorbono l’eccesso di acidità. Mangia riso, orzo e grano saraceno in abbondanza, qualche albicocca e patate lessate per spegnere il “fuoco”, togliere pesantezza, acidità, proteggere dal reflusso, rinforzare l’intestino e curare le “ferite” dello stomaco. Quando ti senti solo gonfio o appesantito - se le cose non sono gravi - vuoi un sollievo e una cura immediata cambia l'ora del pasto, abitudini alimentari e, soprattutto, i personaggi con cui solitamente condividi il tavolo. L'attività onirica è caratterizzata spesso da incubi angosciosi, in cui il peso delle frustrazioni affettive sperimentate si manifesta in vari modi. Prigioni, tunnel, ascensori e cunicoli sono immagini frequenti (sempre immersi in un buio terrificante), a testimoniare l'interessamento di parti del corpo collegate al processo digestivo (lo stomaco come contenitore, i canali riguardano l'esofago e l'intestino).
 


APEVATE che la vitamina A protegge la mucosa dello stomaco nei casi di ulcera, la vitamina B12 protegge i disturbi del tratto digerente (stomaco, intestino, fegato, cistifellea), la vitamina Acido Folico ristruttura le cellule del tratto digestivo, il Potassio può essere utile contro la stitichezza.

UMORE allo stomaco. Malattia a cui bisogna prestare SEMPRE molta attenzione, avere una buona dose di SENSIBILITA' e di MASSIMO rispetto - per la sofferenza e l’inquietudine che porta con sé - nel fare interpretazioni a tutti i costi e, soprattutto, per comprendere il fenomeno psicosomatico che ne deriva è necessario prendere in considerazione la parte del corpo in cui si manifesta. GUAI comunque cercare di dare un significato a tutti i costi ai vari disturbi. Essi, nel presente, svolgono essenzialmente una funzione riequilibratrice anche se non è subito chiaro il loro significato. Riflettere anche solo su questo può aiutare a mettere il sistema neuro – endocrino in una situazione più salutare e protettiva. E' una parola che, nonostante il successo delle diagnosi precoci e terapie genetiche sempre più raffinate, suona male, terrorizza e assume una connotazione particolarmente negativa se paragonata ad altre patologie altrettanto gravi (infarto, ictus). Un mostro non solo associato all'idea di una sofferenza fisica particolarmente grave, ma anche di decadimento fisico estremo. E' una patologia complessa in cui non bisogna semplificare troppo le cose perché le cause sono tantissime: chimiche, fisiche, virali e congenite. Tuttavia, per quanto ci compete, è possibile trovare nel paziente canceroso alcune caratteristiche emotive utili e singolari: un'aggressività inespressa, una inibizione che sa di un sapore antico, le cui radici si trovano e sono attecchite nel suo processo evolutivo; un vissuto bloccato nella biblioteca dei ricordi, spesso intrappolato nella rinuncia e caratterizzato da un forte bisogno di compiacere messo in atto per paura di non essere accettato, considerato o, peggio, abbandonato; un adattamento forzato che ha soffocato le sue vere necessità e, per un “aggiustamento” scadente e di convenienza, ha dovuto rinunciare al suo potenziale vero e creativo; soggetti che sperimentano “amori” in maniera ossessiva e rancorosa, che coltivano vecchi dolori, rabbia e odio, si sentono impotenti nei confronti di una situazione vissuta nel passato come ingiusta che ha tolto loro, giorno dopo giorno, il gusto di vivere, di cui si sentono responsabili fino a provare rimorso; nell'esofago, quando si manifesta in questa zona, segnala un vissuto, una sensazione di essere entrati in un vicolo cieco, non si vede alcuna via d’uscita in una certa situazione … NON DIMENTICARLO MAI, c’è sempre una speranza di riprendersi, anche dai peggiori dei tumori, finché il sistema immunitario continua, con NOI, a combattere.


TTENZIONE al pH basso (condizione di acidosi: < 7) perché il tumore "ODIA" l'ossigeno e il suo equilibrio, mentre "SGUAZZA" nell'acidità. Già Ippocrate aveva sospettato e richiamato l’attenzione sul possibile fattore emozionale nell’insorgenza delle malattie tumorali e precisamente le mise in relazione con il temperamento malinconico. Ancora una volta, ATTENZIONE al livello di acidità nell’organismo perché può essere una delle cause che - oltre a creare stanchezza, infiammazione nei tessuti, irritabilità e aumentare le tossine - facilita la massa tumorale nell’organo più debole e più vulnerabile. E’ convinzione ormai diffusa che lo stato d’animo sia in qualche modo legato alla possibilità di ammalarsi: compromette il metabolismo e la funzionalità cellulare. Anche Galeno affermava che le donne tristi sono più facilmente vulnerabili al cancro rispetto a quelle ottimiste. Da sempre, viene attirata l’attenzione su l’influenza esercitata dall’infelicità, dagli improvvisi crolli di “fortuna” e dall’abituale temperamento malinconico in rapporto all’eventuale sviluppo di formazioni tumorali. In breve, una profonda sofferenza emotiva è tra le condizioni favorevoli allo sviluppo di alcuni tumori. I soggetti, particolarmente vulnerabili a questa patologia, pare facciano fatica a manifestare sentimenti ostili e con enorme difficoltà riescono ad esprimere le proprie emozioni; presentato tratti di personalità molto rigidi e sensi di colpa invalidanti: sono il più delle volte profondamente abbattuti e sfiduciati. Si riscontrano in tali soggetti, vissuti di abbandono, disperazione e rapporti problematici connessi al loro naturale periodo evolutivo (chi scrive ha conosciuto direttamente, nell'ambito della propria attività professionale, queste complesse e dolorose dinamiche emotive). Il rievocare tali esperienze attraverso rapporti conflittuali disastrosi e attività lavorative deludenti attuali, nell’età adulta, può portare l’individuo alla disperazione e ad una sofferenza atroce; risveglia in qualche modo le percezioni dolorose dei primi anni di vita; e, così, a lungo andare, un senso profondo di impotenza e sfiducia deprime anche il funzionamento cellulare. Sono, pertanto, maggiormente a rischio a causa della loro storia e formazione emotiva. Emerge che questi soggetti sono particolarmente timorosi, sono inclini a reprimere la rabbia, non riescono ad esprimere paura, disperazione, dolore e ostilità, mostrandosi in ogni occasione, proprio per il loro eccessivo conformismo sociale, sempre gentili, dolci, benevoli e sorridenti. Atteggiamenti che non permettono di “resistere” alla malattia, di prendere in mano la propria vita in maniera naturale, libera e spontanea: stati d’animo che fanno perdere la voglia di lottare e di vivere


e persone particolarmente disagiate oltre a sentirsi completamente svuotate di ogni potere e di qualsiasi capacità creativa, diventano, in questo modo, facile preda della frustrazione e, soprattutto, della depressione (spesso mascherata). Se il “pessimo” umore la fa da padrone, inevitabilmente, si ha un effetto di indebolimento diretto sulle difese immunitarie e sulla funzionalità del metabolismo in generale. Il terreno psicologico e temi emotivi ricorrenti che nel tempo hanno fatto ipotizzare la loro connessione con certi tipi di cancro, o comunque contribuiscono a peggiorarne la prognosi, sono: la modalità con cui ogni individuo affronta le problematiche esistenziali (il suo modo di reagire agli eventi della vita), le emozioni non espresse, i fatti traumatici della vita, l’isolamento e la depressione. Tutti questi elementi stanno, senza timore di smentita, a indicare che lo stato emotivo personale influenza lo sviluppo e l’evoluzione di questa patologia nell’organismo (scambi elettrici, biochimici, ormonali). Sono stati emotivi che appartengono ad altri quadri clinici, è vero, ma quello che è importante e a cui bisogna prestare molta attenzione (MAI sottovalutare) è l'intensità e la durata (continuità) del fenomeno. Attraverso importanti ricerche, passate e recenti, si è capito che il benessere psicologico e le varie tecniche mente - corpo rivestono un’importanza tale nel confronto di questa complessa e delicata patologia che tutte le metodiche terapeutiche rivolte alla prevenzione - cura devono tenere in conto sempre il fattore psichico. Grazie a queste conoscenze, in collaborazione SEMPRE ma SEMPRE con altri orientamenti scientifici specifici, si potranno mettere in cantiere importanti strategie psicologiche di prevenzione, aiuto e supporto per coloro che mostrano una evidente vulnerabilità emotiva. Le giuste scelte salutari, sani stili di vita, comportamenti più adeguati e “responsabili” rimangono sempre prerogativa del singolo e, soprattutto, elementi fondamentali a livello di prevenzione. Mangia riso, orzo e grano saraceno in abbondanza, qualche albicocca e patate lessate per spegnere il “fuoco”, togliere pesantezza, acidità, proteggere dal reflusso, rinforzare l’intestino e curare le “ferite” dello stomaco. SAPEVATE che la vitamina A protegge la mucosa dello stomaco nei casi di ulcera, la vitamina B12 protegge i disturbi del tratto digerente (stomaco, intestino, fegato, cistifellea), la vitamina Acido Folico ristruttura le cellule del tratto digestivo, il Potassio può essere utile contro la stitichezza.

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iassumendo. Non appena il cibo è stato inghiottito, lo stomaco, a prescindere dal contenuto, essendo il primo organo del processo digestivo, lo “accoglie”: lo scompone con i succhi gastrici (questa sostanza iniziale semifluida viene chiamata chimo); il tutto poi passa lentamente nell'intestino per una buona digestione. Le proteine e i grassi rimangono più a lungo rispetto agli altri elementi ingeriti, mentre i carboidrati rallentano il processo di svuotamento di tale organo. L'introduzione di alimenti come gli zuccheri (inibendo i succhi gastrici) e tutte le cose fredde ('paralizzano'), possono impedire il corretto funzionamento di quest'organo. Per attivare le funzioni salutari di tale organo è meglio iniziare il pasto con sostanze solide e calde senza esagerare. Si ricorda che la prima digestione - soprattutto per i carboidrati o i cerali in chicchi - deve avvenire già nella bocca. Si fa presente, inoltre, che un forte oppure scarso appetito è indice sempre di sofferenza, di disturbi allo stomaco. La lingua bianca può segnalare un disturbo precoce in questa area digestiva; anche le labbra possono indicare le reali condizioni dello stomaco: le cisti in questa zona possono indicare eccessiva acidità o ulcera. Attenti alle feci troppo scure potrebbero segnalare la presenza di sangue nello stomaco (o intestino). Quando l'interno del palmo, vicino al pollice, si colora di un blu sono presenti disturbi allo stomaco e probabilmente sono coinvolti altri organi della digestione. Le condizioni del digitis secondus (secondo dito) del piede parla delle condizioni dello stomaco.


FEGATO… il grande alchimista.



olte persone sofferenti di disturbi epatobiliari sostengono di non avere grossi problemi al fegato. Per riuscire a comprendere in quali condizioni si trova questo organo vitale, è necessario comprendere alcuni suoi malanni più o meno seri. Il fegato è la ghiandola più grande del corpo umano ed ha una infinità di funzioni. Agisce come filtro tra lo stomaco e il cuore. La sua azione è molto importante nella formazione del sangue e nella trasformazione dei
protidi (proteine) e dei lipidi (grassi). Esso neutralizza anche sostanze nocive e produce enzimi, ormoni, vitamine e, naturalmente, è legato alla formazione della bile. Senza di esso gli alimenti non si adatterebbero ai bisogni delle nostre cellule e l’organismo si intossicherebbe lentamente, in maniera irreversibile. Inoltre neutralizza silenziosamente molti degli elementi tossici contenuti nei cibi e medicinali. Da questo possiamo comprendere che vi è una notevole quantità di alimenti e farmaci che assediano il fegato: lo colpiscono senza alcuna pietà. I disturbi che lo riguardano sono l’epatite, gli itteri (accumulo di elementi biliari nel sangue), la cirrosi, le litiasi biliari (formazione o presenza di calcoli), le coliche epatiche, steatosi epatica (eccesso di grassi). Ma vi sono anche disturbi indiretti con conseguenze sulla digestione, il meteorismo, i bruciori di stomaco, le anemie, le carenze di sali minerali, l’obesità o il dimagrimento. Anche l’ipertensione, i disturbi della vista e dell’udito, l’artrite, l’artrosi, l’asma, i raffreddori da pollini, i reumatismi, le emorroidi, la tubercolosi e il cancro sono spesso legati indirettamente - assieme alla cistifellea - a questa complessa e geniale ghiandola. Quando vi è una disfunzione del fegato, il colorito è giallo - verde e il soggetto avrà mal di testa, meteorismo e gonfiori, capogiri e risvegli verso le prime ore del mattino. Ai numerosi alimenti “proibiti” nel quadro clinico che riguarda la cistifellea, bisogna aggiungere il cioccolato, il pane bianco, il caffellatte, che è un vero veleno, un consumo eccessivo di carne e naturalmente l’alcol. Il colesterolo, che erroneamente viene frequentemente attribuito alle patologie cardiache e vascolari, è da imputarsi al fegato. L’ipertensione può provenire da una disfunzione del fegato e il malato rischia di venir colpito da disturbi come l’infarto o determinate malattie delle arterie. Quando non riesce a compiere interamente il suo lavoro, sollecita il pancreas, che si esaurisce e rende il soggetto vulnerabile alle malattie infettive e ai disordini nervosi. Questo organo è quindi il grande “chimico” dell’organismo. È un organo dalla vitalità incredibile: è infatti capace di ricostituirsi sette volte nel corso di una vita e può funzionare anche se la sua porzione attiva è ridotta ad un quinto; proprio per questa sua incredibile capacità rigeneratrice è diventato il simbolo del “rinnovamento”, rappresenta il coraggio e l'abnegazione.


on a caso nella mitologia il
ribelle - eroe Prometeo viene associato al fegato; egli fu condannato ad una strana tortura: una feroce aquila mandata da Zeus si nutriva giorno dopo giorno del suo fegato … organo che poi ricresceva durante la notte. Prometeo è un titano amico dell'umanità e del progresso. Una bellissima leggenda (a me particolarmente cara non solo per il suo stile fiabesco, ma soprattutto per la sua forza progressista, lotta della libertà contro l'ingiustizia, per la sana e disinteressata amicizia “perfetta” aristotelica ... per quello che potrebbe ancora insegnare) lo descrive come progenitore dei primi uomini, ma altre narrazioni non concordano, sono comunque tutti uniti nel proclamarlo uno tra i maggiori benefattori dell'umanità. Ecco in breve il mito. Prometeo previde il diluvio che Zeus voleva mandare sulla terra per punire i mali dell'umanità e ne informò il figlio Deucalione, a cui diede le istruzioni per salvarsi e continuare il genere umano. Si narra che quando si dovette stabilire quali parti delle vittime dei sacrifici dovevano toccare agli Dei e quali agli uomini egli ricorse all'astuzia per favorire i mortali. E così fu. Durante un sacrificio, Prometeo divise un bue in due parti: una formata dalle carni ricoperte dalla pelle dell'animale l'altra formata dalle ossa nascoste sotto uno spesso strato di grasso. Chiese quindi a Zeus quale parte preferisse, il Dio, non avendo recepito l'inganno, volle la parte delle ossa, lasciando quindi l'altra, quella buona, agli uomini. Quando scoprì l'inganno, decise di punire tutto il genere umano privandolo del fuoco. Ma l'astuto Prometeo riuscì a rubare alcune faville di fuoco dalla fucina di Efesto (alcuni sostengono invece che la brace sia stata sottratta nell'Olimpo) e riportò il fuoco sulla terra. L'ira di Zeus questa volta si mostrò nella figura di Pandora (per i più curiosi, si veda il Vaso di Pandora); successivamente il Dio incatenò Prometeo ad una rupe, dove un'aquila si recava ogni giorno per divorargli il fegato. Tale supplizio sarebbe durato per l'eternità se Eracle (figlio illegittimo di Zeus) non lo avesse liberato. Prometeo ricompensò l'eroe informandolo che solo Atlante avrebbe potuto raccogliere i pomi d'oro che questi stava cercando. In seguito aiutò Chirone a morire. Il centauro aveva infatti natura immortale ma stanco di vivere, la cambiò con la natura mortale di Prometeo, che divenne in tal modo immortale. 
Dopo questa breve 'sbandata' narrativa torniamo a noi: al nostro fegato


 seguito della digestione di un pasto tutto il sangue, degli intestini, penetra direttamente nel fegato. Questo tratterrà gli elementi necessari e neutralizzerà le tossine che saranno eliminate attraverso il suo secreto: la bile. Ma se il fegato non riesce a neutralizzare le tossine, la bile scorrerà nell’intestino tenue carica di tossicità e provocherà, nell'ipotesi migliore, il vomito. La presenza di una eccessiva quantità di bile nell’intestino disturba la digestione e provoca dolori acuti con presenza di gas e di acidità che risalgono nello stomaco. Una bile troppo irritante e troppo corrosiva viene immagazzinata temporaneamente nella cistifellea che ha la funzione di neutralizzarla. Una delle importanti attività del fegato è la suddivisione del glucosio che permette l’azione muscolare. Numerosi incidenti muscolari, soprattutto negli sportivi, nei quali l’intensità della preparazione fisica non è stata accompagnata da un adeguato regime alimentare, sono imputabili al fegato. Visualizzazioni e segnali: viso tendente al verdastro, pelle giallastra e cuoio capelluto grasso, risveglio verso le due o le tre del mattino, crampi ai polpacci, irritabilità, mal di testa che comincia alle tempie e scende verso la nuca, artrite e artrosi, calcoli a livello della vescica biliare, pelle che presenta macchie, difficoltà di digestione e nausea. ATTENTO, i cibi troppo piccanti o l'eccessivo consumo di frutti di mare creano una situazione diarroica. Gli ortaggi utili al suo benessere sono: carciofi (bere anche l'acqua delle foglie se si sa ovviamente l'esatta provenienza della pianta), cipolla, limone, spinaci e tutti i tipi di cereali. Ingrossamento: asparagi, carote, cicoria, dente di leone, olio di oliva, pompelmi, ravanelli, ribes nero. Congestione: crescione e rapa (drenanti), sedano, uva spina. Insufficienza epatica: asparagi, carciofi, carote, gambi di sedano, limoni, rabarbaro, ravanelli, soia. La mela è un frutto straordinario, un ottimo alleato dell'intestino: rinfresca e protegge la mucosa (favorisce l'eliminazione dei grassi); è uno dei pochi frutti che consumato dopo i pasti non fermenta. Un toccasana in caso di gastroenterite, mentre cotta è un ottimo rimedio per la stitichezza. RICORDA, per mantenere un fegato attivo e in buona salute devi scegliere i cibi ed erbe che hanno un effetto depurativo: agrumi tarassaco, bardana, cumino, menta, zenzero. Le controindicazioni saranno: burro, caffè, olio di semi, grassi, zucchero. Per riequilibrare la cistifellea: lievito di birra fresco. Ingorgo della cistifellea: olio di oliva spremuto a freddo purissimo al mattino a digiuno. Per i calcoli biliari: dente di leone, pomodori e uva.


ICORDA, alcune verdure come carciofi (la cinarina lo disintossica mentre l'inulina fa assorbire meno grassi e zuccheri), le cipolle rosse (ricche di fenoli, minerali e flavonoidi aiutano ad eliminare scorie e tossine), le albicocche riducono i grassi 'cattivi', il radicchio e le cime di rapa se assunti con regolarità non sono solo un toccasana per il fegato, ma lo proteggono anche dai tumori. Massaggiare, per mantenerlo in armonia, la vertebra dorsale 9 (D9: tutti i disturbi epatici, dolore ai muscoli adduttori, dolore alla minzione, dolore ai tendini, tendenza ai crampi muscolari). Il sapore aspro stimola fegato e cistifellea. Fornisce il massimo dello sforzo energetico in primavera. Mentre è all'apice della sua energia dall'una alle tre del mattino. Il fegato e la cistifellea (raccoglie e “spruzza” la bile) non solo hanno un legame con fenomeni di irascibilità e indignazione (rabbia, ira, collera), ma segnalano anche coraggio, fermezza e speranza; sono organi che possono incidere, proprio per i loro contenuti ormonali e chimici, sulla vita emozionale di ogni soggetto fornendo vivacità oppure possono spegnere la voglia di vivere (amarezza, delusione, apatia, depressione). Il fegato si ammala quando: si è tristi e rassegnati, dipendenti a livello affettivo, si agisce con troppo vittimismo oppure si reprime e si trattiene la rabbia (oltre ovviamente all'introduzione di sostanze tossiche che non riesce più a neutralizzare). Chi soffre di fegato, proprio perché spesso conduce una vita 'noiosa', a volte, banale e difficilmente si svaga, non dovrebbe mai avere il tempo di sbadigliare, tantomeno ciondolare: muoversi è la cosa migliore; attivare tutte quelle attività che tengono vivi, danno piacere e, soprattutto, ricaricano; tutte mosse depurative che non solo curano il fegato, ma fanno bene anche al cervello. Cosa diversa è per l'ulceroso che, con i suoi tratti infantili evidenti, è un soggetto 'giocherellone' (sa “giocare”), si butta nell'attività ludica a capofitto, uno capace di divertirsi, di inventare giochi e scherzi. Ricercato, apprezzato dai bambini i quali si rendono conto che sta con loro volentieri, senza fingere e senza sforzarsi di compiacere. RICORDA, più boicotti o soffochi la contrarietà e quello che vorresti esprimere, più rischi di covare rancori che fanno male alla ghiandola epatica: fatti sentire … è una tua priorità assoluta. RICORDA, la collera non espressa viene somatizzata in questo organo e, soprattutto, nella colecisti con i calcoli biliari. Mai seppellire la rabbia! Esprimere le proprie irrequietezze, fantasie ed ira - nei modi dovuti - non è una mancanza di stabilità mentale o perdita di equilibrio, ma un segnale di grande equilibrio e di profonda saggezza che giova sia a livello fisico sia a livello mentale. Come ho sottolineato più volte in questo articolo e in tanti altri, l'ambiente esterno o il mondo emotivo ci creano frequenti disagi e, spesso, l'unico modo che ha il nostro corpo per segnalarli è di venire alla ribalta accusando qualche fastidio: cambiare ambiente o stile di vita è la cosa migliore. Comprendere il senso di questi attacchi e apportare le dovute correzioni può essere già risolutivo. Spesso nella vita ci sono emozioni intense ed invadenti che - a seguito di frustrazioni, risentimenti, amarezza nei confronti delle situazioni o persone - non si esauriscono proprio per niente in un semplice stato di eccitazione mentale, ma provocano una violenta e debilitante reazione fisiologica (reazioni nervose e ghiandolari: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, tensione muscolare, esantemi, stanchezza, sudorazione, ulcera, insonnia, emicrania, problemi tiroidei).


gni stato d’animo, volenti o nolenti, si traduce sempre in una condizione fisica: un momento di felicità fa sentire leggeri, un’emozione intensa accelera il battito cardiaco, uno stato di tristezza opprime il petto o irradia nei muscoli una pesantezza che ostacola il movimento. Per capire il proprio “involucro” non è necessario aver fatto le 'scuole alte' o contattare un 'interprete', non occorre lambiccarsi il cervello ma semplicemente accoglierlo, sentirlo, osservarlo: stanchezza, iperattività, tachicardia, scarsa energia, rigidità, perdita di lucidità, svogliatezza, stato d'animo ballerino, difficoltà a digerire sono sempre indizi importanti, variazioni fisiche da non sottovalutare MAI se tali manifestazioni sono continuative. Entrare in confidenza con il proprio corpo significa rispettarlo, consideralo e amarlo. Prestando attenzione anche ai malesseri più piccoli ma fastidiosi - senza tanti allarmismi - puoi sviluppare una profonda consapevolezza di ciò che ti sta bene e ciò che non riesci più a 'digerire' della vita che stai vivendo, se poi stai tirando troppo la corda in un periodo frenetico fermati un attimo … sopportare ti fa sbandare, ti porta fuori strada. Non dobbiamo dimenticare che molti malesseri fisici, pur nella loro drammaticità, sono provvidenziali in quanto bloccano una tendenza autodistruttiva, suggeriscono al momento giusto di cambiare rotta, certe abitudini, vari atteggiamenti e alcuni schemi mentali: aiutano a riflettere sul cambiamento, su una svolta di vita reale. Il fegato non è diverso dal resto del corpo, accogliendo tutti i vari disagi esistenziali protesta, fa sentire la sua voce, chiede più attenzione ed ascolto: di liberare le emozioni trattenute, di sentirsi più vivi, di eliminare gli “intrusi” e di superare il senso di inutilità, di nutrirsi di nuovi interessi e passioni, quindi, non più al guinzaglio della ragione … ristabilire di nuovo un contatto genuino col proprio mondo emozionale. Tale sollecitazione emotiva se permane per molto tempo nell’organismo, oltre a far soffrire, silenziosamente intossica la vita, modifica il comportamento, distrugge i rapporti affettivi, crea insicurezza e lentamente spegne l’autostima. Si diventa vulnerabili a livello cognitivo, la capacità di adattamento si sgretola, mettendo continuamente in discussione non solo le abilità professionali, ma alterando anche i vari rapporti sociali. Un fenomeno davvero pericoloso quando sfugge al controllo. Quando si presenta in maniera insistente e continuativo, diventa più forte di noi, si trasforma in rancore (legarsi al dito una vicenda) e dura al di là dell’evento che può averlo scatenato. Soggetti che prendono fuoco facilmente, con la “miccia” assai corta si usava dire ai miei tempi. Quanto affermato può essere tranquillamente verificato nelle vicende di cronaca nera. Se, ad esempio, ascoltiamo attentamente le interviste fatte ai passanti, ai vicini, agli amici o ai parenti del “mostro sbattuto in prima pagina” i contenuti appaiono sempre positivi, scontati e nettamente in contrasto con il gesto avventato commesso dal soggetto: era una persona a modo, sempre con un atteggiamento benevolo, gentile, educata, silenziosa, anche se un po’ schiva e riservata, ma molto, molto, molto buona, affettuosa e tranquilla. In realtà, per i più attenti, non è mai stato un individuo sereno e tranquillo ma sempre in tensione, taciturno, appartato, trattenuto, controllato, con una vita compressa, che ribolle come un vulcano in piena attività … un soggetto che, comunque, si teneva lontano dalla “vita”. Un personaggio che, nel tempo, accumula, tanta tensione senza mai riuscire ad incanalarla e utilizzarla in maniera produttiva. Quando un individuo non riesce a fare quello che desidera (sempre nel rispetto dell'altro), a realizzare le cose che si è prefissato (sviluppa aggressività, diventa una vera e propria polveriera), ovviamente in base ai suoi schemi mentali (secondo una sua logica), si scaglia furiosamente su tali situazioni frustranti per ottenere in qualche modo, a torto o ragione, attraverso anche la violenza fisica, “soddisfazione” o “giustizia”. E’ una battaglia persa in partenza, un conflitto inevitabile per gli individui rigidi, incapaci di adattabilità, in quanto il mondo non sarà mai come lo si vuole e secondo le proprie aspettative.



a vita con questo soggetto, spesso, sempre ipercritico e con la cura esasperata sui dettagli, diventa difficile e conflittuale perché crea, nell’interlocutore disagio, una diffusa sensazione di imperfezione e una profonda insicurezza:
di essere sempre fuori luogo o perennemente in difetto. Sono moltissimi i termini linguistici che si riferiscono a questa condizione emotiva (ira, collera, furore), la rabbia comunque è quella che descrive in maniera più appropriata questa reazione psicosomatica intensa. La rabbia stimola l’attivazione del tessuto muscolare e se per qualche ragione l’attività viene “soffocata” il muscolo rimane in tensione. Questo meccanismo spiega l’origine di molte fastidiose contrazioni alle spalle, al collo, allo stomaco, alla mascella e alla zona sacrale. E’ un fenomeno che ha radici sia biologiche (la frequenza è connessa al testosterone, adrenalina) sia culturali: il bambino che piange viene additato come una femminuccia, la bambina che si infuria, invece, viene immediatamente richiamata all’ordine perché tale reazione, per alcuni, “negativa” contrasta con l’immagine sociale della donna “debole”, dolce e materna. Non è la rabbia in sé altamente pericolosa, bensì quella non espressa (repressa o trattenuta).Così, a seguito di continue repressioni, di contrarietà mai espresse, di grandi litigi senza mai sbottare, improvvisamente, basta un nonnulla, una semplice banalità, per “eruttare”. La rabbia esplosiva, quella paralizzante, è una modalità espressiva impropria che, paradossalmente, è vero, permette di farsi “sentire” e di “affermarsi”, ma sempre in modo confuso e sbagliato in quanto diventa una protesta e una rivendicazione in chiave violenta verso un ambiente insensibile, sordo e cieco, vissuto sempre dal soggetto a senso unico, come ostile, ingiusto e conflittuale. La manifestazione più specifica di questo fenomeno è il risentimento che si sviluppa in genere in funzione a un senso di ingiustizia diffuso a fronte delle responsabilità e degli sforzi eccessivi di cui spesso, il soggetto, più di altri, si fa carico. E’ un sottofondo emotivo accompagnato sempre da un atteggiamento critico verso le situazioni e la gente in generale (irritazione, sfuriata, mutismo, rimprovero, fastidio, disappunto, odiosità). Assume caratteristiche evidenti quando la si ritiene giustificata, ed è proprio in questa circostanza che può concretizzarsi in una forma davvero violenta.


l di là degli aspetti patologici, la rabbia, con la sua forza propulsiva, sapientemente gestita, rende più efficienti, può offrire infinite opportunità, aprire altre porte, percepire nuove occasioni, cambiare la propria vita che, senza la sua spinta aggressiva, non si avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Questo sentimento, portato agli estremi (cattiva gestione), se permane a lungo nell’organismo, secondo alcune scuole di pensiero, provoca un ristagno di energia nel fegato e, quindi, un forte dolore al fianco destro (“spina” nel fianco). Quando si usa, invece, un atteggiamento ripetutamente esplosivo verso l’ambiente circostante, si sottrae energia necessaria al funzionamento di tale organo. Questa modalità reattiva, particolarmente impulsiva ed ingestibile, oltre a segnalare difficoltà di ordine emotivo, può predisporre la ghiandola epatica a varie patologie. Prepara e facilita, nel tempo, un terreno adatto per disfunzioni e malattie più o meno degenerative. Saper gestire, pertanto, in maniera appropriata anche le manifestazioni di rabbia aiuterà a mantenere in ottima salute questo organo così prezioso al nostro benessere. La rabbia 'triste' viene raccontata dal fegato con una profonda rassegnazione e una esagerata amarezza. Il fegato quindi essendo collegato con la rabbia ci parla dell’incapacità di metabolizzare l’ira: pezzi di un vissuto e di ricordi non smaltiti nel tempo. Timore ed ansia possono devastare ogni cosa, ma è anche vero che la speranza, la determinazione e la gioia possono tenere in scacco ogni malessere. Siamo dotati di poteri di cui troppo pochi di noi si rendono conto (vedasi omeostasi). Dovremmo imparare a servircene. Quindi avanti, in marcia, esploriamo, scopriamo, continuiamo a scegliere e a decidere liberamente. RICORDA che lo scoraggiamento ha la pessima abitudine di impossessarsi lentamente di ognuno di noi quando non stiamo “guardando” nel verso giusto!; quando lo sguardo è rivolto dall'altra parte: dove la vita è ferma, non scorre più. Non scommettiamo più sull'istinto, abbiamo spento la curiosità e smarrito la voglia di “conoscere”. RICORDA che il fegato ha bisogno di piccoli bocconi semplici e leggeri, non di esagerazioni, per riprendersi sono necessarie buone vitamine (C e gruppo B sostengono e proteggono il fegato ... la vitamina B3 e lo Zinco lo disintossicano), quindi, frutta (lontano dai pasti se non si ha il diabete) e verdura fresca a volontà … bandire alcolici, zuccheri raffinati, limitare caffè e cioccolato, molluschi e crostacei. TIENI PRESENTE che il fegato ha soprattutto bisogno di essere depurato con tutte quelle sostanze amiche che riducono il carico di veleni: Juniperus c. (MG), Rosmarinus o. (MG); Ginepro, Carciofo, Cardo m., Acero, Bardana; Rame, zolfo Manganese, cobalto (oligoelementi). Non bisogna dimenticare che la sua salute si crea nel piatto, ortaggi che non devono mai mancare ad ogni rituale: radicchio, rucola, carote, barbabietola, cavolo verza, sedato (per molti il viagra dei “poveri”).



iassumendo. Questa ghiandola accoglie, accumula, rielabora e distribuisce il nutrimento a tutto l'organismo; contribuisce alla formazione e alla distribuzione della sostanza ematica; filtra i veleni dal sangue appena prodotto dall'intestino tenue: se non riesce a bloccare o neutralizzare le varie tossine le ributta nel circolo sanguigno. Il fegato allora si gonfia, il suo metabolismo rallenta e il sangue rimane tossico: pieno di veleni. L'alcol e l'aceto per questo organo non solo sono pericolosi e difficili da eliminare, ma nel tempo diventano un vero e proprio veleno. Un occhio rosso che predomina sulla membrana bianca (sclerotica) è sempre indice di cattive condizioni. Se il labbro superiore è ingrossato, può segnalare un fegato gonfio. Un colore giallo, più vicino all'arancione, segnala un disturbo ai seguenti organi: fegato, milza-pancreas, stomaco e vescicola biliare. Anche i vasi capillari di un colore blu possono segnalare un cattivo funzionamento di questo organo. Se le mani poi sono troppo calde possono segnalare un fegato su di giri: troppo attivo. Il primo dito del piede (alluce) ci parla delle condizioni del fegato.
  

Per non dimenticare.



l nostro viaggio, ancora lungo, ci porta nei pressi dei disturbi alimentari: sugli effetti “iatrogeni” del cibo. Come è stato sottolineato più volte, i disturbi collegati al cibo, quando non sono presenti problemi metabolici o ormonali, sono manifestazioni di un disagio psichico più o meno complesso (il tutto, anche in questo caso, si riduce a quel famoso paradosso filosofico: è nato prima l'uovo o la gallina?). Alla base di tali comportamenti troviamo, spesso, una causa scatenante. Ad innescare la “miccia” potrebbe essere, il più delle volte, una cosa semplice, per certi versi banale, oppure un evento piuttosto importante a livello relazionale o emotivo; da una semplice ferita narcisistica (lavoro, scuola) ad una fine repentina, con risvolti più o meno drammatici, di una storia d'amore. Il conflitto che alberga nel soggetto viene proiettato completamente sul cibo e sul suo significato simbolico. Il cibo rappresenta, proprio per il suo ruolo iniziale, la figura di riferimento, la quale viene ri-conosciuta attraverso l'alimento e identificata col cibo stesso. Un nutrimento, in questo caso specifico, tutt'altro che piacevole, scarso di soddisfazione e per nulla gratificante. Attraverso il gesto alimentare si sviluppa un meccanismo di ricerca della “madre buona” che si concretizza nell'abbuffata, nella scelta o preferenza di un certo cibo anziché di un altro; un ricercare per tutta la vita quel grande amore, “riempirsi” di tenerezza, calore ed affetto tanto desiderati ma mai avuti se non a piccole dosi, sentimenti mai conosciuti in profondità.



na identificazione nella figura materna e paterna traballante, poco coerente … figure che covano dissidio e rivalità, un dualismo colmo di antagonismo che trasmette al piccolo solo confusione e disperazione (fenomeno che si trasformerà in comportamenti di grandi abbuffate, digiuni e diete rigide … vedasi bulimia). ATTENZIONE, non si tratta di additare o colpevolizzare qualcuno, GUAI, si elargisce e distribuisce solo ciò che è stato appreso nel tempo … nel bene e nel male. Mangiando il cibo quindi si cercherà, attraverso i vari meccanismi psicologici in dotazione, di trasformare la figura di riferimento assente, distante ed anaffettiva, in un'immagine attenta, vicina ed accudente; poiché ciò non avviene quasi mai, il cibo viene rigettato - come nel disturbo bulimico - in quanto vissuto e percepito come “nocivo” (invasivo nel tessuto sia fisico sia emotivo, invadente, soffocante, troppo ingombrante … un cibo “corrosivo”). Se il cibo venisse ingurgitato non si avrebbe più scampo, si rischierebbe di “smarrire” o, ancora peggio, annullare la propria vera identità, sconfinare in territori psicotici: la figura di riferimento con il cibo e i suoi atteggiamenti si impadronirebbe del piccolo sia del corpo sia dell'anima; per metterla in bella forma porterebbe dritti dritti, se non alla follia, alla “morte psichica”. Comportamenti che lasciano una eredità davvero pesante; atteggiamenti, schemi mentali e modi di fare che accompagneranno, domineranno e gestiranno sempre qualunque cosa si faccia, lasciando un senso di vuoto, di incertezza, di smarrimento e di disistima: sensazione di essere trasparenti, di contare poco, di non valere nulla anche in tutti gli altri settori della vita sociale, relazionale ed emotiva.


Anoressia mentale



' la perdita dell'appetito, nella maggior parte dei casi, di natura emotiva con una situazione biologica piuttosto seria. Segnala la perdita del gusto per la vita, un rifiuto del proprio corpo; le forme e le funzioni femminili si bloccano (seni, mestruazioni) per non somigliare a quella “figura” tanto odiata. Non riesce a passare da uno stato affettivo infantile a quello adulto; un rapporto con la figura di riferimento insoddisfacente e poco amorevole, una madre che detesta come il cibo che ingurgita e che, nel contempo, le fa rievocare il dramma del rifiuto, della non considerazione … dell'abbandono. Una visione distorta dell’immagine corporea e rifiuto della propria femminilità perché non riconosciuta e stimolata da una figura di riferimento non disponibile (solo critiche, aspettative e una grande competizione); grave conflitto relazionale madre-figlia: un personaggio che si sente tagliato fuori, escluso dal rapporto familiare (non vuole essere come lei ma per essere accettata e considerata deve assomigliarle; considerata l'età non ha strumenti psicologici competitivi per fronteggiarla e quindi è costretta a soccombere: subire ogni tipo di ritorsione e “violenza” per un abbozzo di sorriso, per un misero pezzo di “pane” stantio … lasciarsi schiacciare per sopravvivere). L'anoressica, inoltre, persegue un solo obiettivo nella vita, quello di essere magra, che assume un valore esagerato e prende il sopravvento su ogni altra cosa, compresi salute, sopravvivenza, sesso e bellezza fisica. L'inizio di questo disturbo è da ricercarsi in genere in una “normale” ed innocente dieta che sfugge al controllo ed evolve verso rigide restrizioni caloriche, attività fisica intensa e prolungata. E' un fenomeno complesso in cui si possono riscontrare disfunzioni dell'ipotalamo, nella produzione e nella regolazione di alcuni ormoni. Si riscontrano inoltre anomalie nei livelli di importanti neurotrasmettitori: dopamina, serotonina e norepinefrina. Può essere anche una risposta ad una perdita personale oppure un sintomo di una personalità ambiziosa e perfezionistica. La dinamica familiare, comunque, la fa sempre da padrone. E' una patologia seria in quanto non esiste un buon rapporto con la realtà: la negazione e l'incapacità di vedere il pericolo prima che sia troppo tardi sono caratteristiche tipiche di questa malattia. Soggetti che tendono a negare di avere un problema o a minimizzarne la gravità. Solitamente tendono a rifiutare ogni terapia perché temono che saranno costretti a riprendere i chili persi e quindi a diventare grassi; possono opporsi a qualsiasi tipo di trattamento consigliato nonostante ci siano problemi fastidiosi come insonnia, depressione ed importanti anomalie a livello epatico e del ritmo cardiaco. Quindi, sempre molta attenzione, rispetto e professionalità per questi disagi non facili da capire e, soprattutto, difficili da trattare (occorre sempre grande esperienza e non improvvisazione).


Bulimia

 


isogno compulsivo di ingurgitare ogni cibo si presenti davanti, mangiare a dismisura (per poi vomitare); una perdita di controllo come se il soggetto volesse mangiarsi "qualcuno". Non a caso nel comportamento bulimico si trovano tratti ossessivi, isterici e una profonda depressione; ci troviamo, spesso, di fronte ad un quadro clinico molto più importante, complesso e serio: borderline. Attraverso il cibo il bulimico crede di colmare un vuoto esistenziale, imbavagliare tratti depressivi profondi, frenare le proprie ansie e le infinite frustrazioni: bloccare la paura dell'abbandono. E' un modo, pur nella sua gravità, di farsi notare … non ha molti strumenti psicologici adulti a disposizione; il bulimico, attraverso la patologia, cerca di attirare l'attenzione e assumere una propria identità, anche se confusa e sbiadita. Qui troviamo una figura di riferimento vissuta come invadente che non lascia spazio, che ostacola l'identificazione femminile. Il bulimico è portato a pratiche compensatorie: è più semplice e più comodo “rigurgitare” per eliminare le calorie in più piuttosto che smettere di mangiare o doversi controllare; il digiuno, allora, diventa come l'astinenza per il drogato, ma purtroppo non può durare a lungo: bisogna mangiare per “sopravvivere”, ed ecco allora che il digiuno viene interrotto da un'altra abbuffata, ma MAI da un rituale tranquillo, MAI da un pasto normale. Il vomito autoindotto è la più comune condotta compensatoria di eliminazione ed è una vera e proprio tecnica che si affina con l'astuzia, l'esperienza, il tempo e la pratica: all'inizio il soggetto stimola il vomito con un dito o, per i più sofisticati, con uno strumento reso idoneo a tale compito, poi impara a farlo come e quando lo desidera perché crea un senso di sollievo … momentanea soddisfazione, covando, però, subito dopo, un profondo senso di colpa. A volte l'atto di ingerire purganti diviene l'estremo tentativo di gestire l'ansia, tale gesto lo si ricerca per il piacere che procura di per sé. La diagnosi corretta richiede la presenza di comportamenti compensatori, messi in atto anche con lo scopo punitivo per evitare l'aumento di peso. La diagnosi, comunque, dovrebbe essere sempre formulata solo nel caso di comportamenti continuativi e portati all'eccesso, assunzione sconsiderata di purganti, lunghi digiuni o esercizio fisico intenso; atti sempre spinti fino al punto di mettere a repentaglio la salute a causa degli eccessi. Non bisogna dimenticare che la perdita dei liquidi con il vomito, i lassativi, i diuretici e i clisteri può portare a disidratazione e scompenso elettrolitico, compromettendo di conseguenza, in casi estremi, il ritmo cardiaco … le normali funzioni intestinali sono completamente compromesse. Anche qui ci troviamo di fronte ad un lavoro terapeutico non facile: serve pazienza, professionalità e costanza, soprattutto, continuità nei momenti di umore ballerino. Il lavoro terapeutico sarà principalmente quello di rendere il soggetto autonomo a livello lavorativo, sociale e relazionale … lontano comunque da quelle figure di riferimento controverse.


Colite (sindrome del colon irritabile)



ndica un dolore addominale, un forte “mal di pancia” causato da contrazioni che aumentano in situazioni di stress, di forti livelli d'ansia - non sempre caratterizzato da infiammazione - accompagnato da diarrea alternata a stipsi. Un fenomeno che mette in pericolo oltre il buon funzionamento dell'intestino, la regolarità della defecazione. Il soggetto si sente paralizzato e continuamente sotto attacco, alle prese con tensioni sottili, a volte impalpabili, spesso dominato da un profondo timore di non “arrivare, di non concludere quello che ha iniziato (ansia), ma che questo organo inesorabilmente registra. Poiché è il luogo in cui vengono assorbiti liquidi e carboidrati riguarderà anche, a livello simbolico, la capacità di trattenere a proprio vantaggio il contenuto di un’esperienza o lasciare andare ciò di cui non si ha bisogno o risulta non più necessario. Un fenomeno che ruota intorno al dare e al ricevere. E’ il luogo in cui si prepara l’espulsione delle sostanze ancora non digerite, ma anche una zona in cui sono espressi i vari blocchi e ingorghi mentali. I “brontolii” della pancia, quindi, altro non sono che una energica protesta del mondo emotivo a cui non si presta molta attenzione; dubbio, titubanza ed indecisione bloccano non solo l'assetto emotivo, ma anche la “regolarità” e la corretta funzionalità della pancia. Diarrea. La diarrea funzionale è spesso scatenata da angoscia acuta o da eccessiva tensione: non si vuole trattenere nulla del passato. Il problema si manifesta in quelle persone molto sensibili, con poca autostima, caratterizzate da un profondo timore dell’autorità e da un forte sentimento di dipendenza impotente. Si sentono diverse, di poco valore e svantaggiate rispetto ad altri, perennemente sottoposti a richieste eccessive e, quindi, sviluppano la sensazione di essere prigionieri in molte situazioni della vita. Individui che soccombono alle paure anziché affrontarle, rifiutano a priori idee, situazioni e ciò che magari può essere buono. Il soggetto, “lasciando uscire” velocemente, il contenuto intestinale - essendo tale “scarica” considerata una forma infantile di “regalo” (vedasi l'introduzione) - spera di ottenere, attraverso il corpo, riconoscimento e considerazione. Stipsi (costipazione). E' un fenomeno generalmente legato allo scambio, al "trattenere", non dare nulla di sé, all'eccessiva prudenza (paura degli altri), ad una robusta chiusura difensiva (minacciati deprivati e invasi dall’ambiente), anche se spesso sono soggetti che tendono a dare il massimo in ogni occasione, preferiscono rimanere ancorati alle cose passate. La defecazione, infatti, è un processo che si svolge in modo riflesso ma, come tutti sanno, può essere influenzato dalla volontà; l’impulso a defecare (chiusura o apertura), quando l’ampolla rettale è piena, è sotto il controllo della volontà. Schemi mentali caratterizzati da eccessiva autosufficienza che portano dritti dritti all’isolamento più totale. E' un fenomeno che si manifesta in soggetti con tratti ansio - depressivi che, nonostante la maschera di beati, sono internamenti tesi, scoraggiati, abbattuti e con enorme difficoltà relazionale. Diarrea e stipsi sono la spia organica del livello d'ansia. Figura indecisa, immatura e sempre estremamente preoccupata di evitare conflittualità. Generalmente brillante, sensibile ed emotivamente labile: per lui scoppiare in lacrime per un nonnulla è davvero facile. I disturbi dell'apparato digerente sono collegati al tema della responsabilità e l'immagine di sé, rabbia, voglia di controllare gli altri, tensione, sicurezza, si è convinti di non essere stati nutriti a sufficienza dalla figura di riferimento. Un soggetto in perenne lotta (inconscia) tra il bene e il male; un fenomeno che dà voce al bisogno di rimuovere contenuti emotivi vissuti come inaccettabili, “sporchi”: se le necessità più intime e vere sono represse o sacrificate all’altare dei “doveri”, l’intestino si ribella per riportare il colitico sulla giusta strada; l’intestino sconta spesso i sensi di colpa (pentirsi per quel che si è fatto o si pensa di aver realizzato. Si ricorda che il senso di colpa è la sensazione di aver commesso qualcosa di sbagliato, di aver violato una regola. Un fenomeno già passato per cui, qualunque cosa sia stata messa in atto, non è più possibile modificare o “correggere”. “Boicottare” il senso di colpa non significa diventare irresponsabili ma sbarazzarsi di un Super - Io invadente e troppo rigido, allontanarsi da alcuni vincoli sociali che non ci appartengono e non ci rappresentano più. Riassumendo possiamo dire che la colite è una delle malattie nelle quali osserviamo con maggiore evidenza come nel corpo la “parte bassa” (intestino - istinto) possa farsi carico di ciò che la “parte alta” (psiche - ragione) non riesce a contenere e a elaborare completamente. Un’infiammazione dolorosa, tanto bruciante quanto silenziosa che, oltre a raccogliere in un attimo tutta la sofferenza umana, svela il malessere e il disagio emotivo di una personalità complessa e introversa. L’intestino è un organo fragile, facilmente attaccabile e particolarmente sensibile ai cambiamenti: alimentazione, stress, ritmi quotidiani e cattive abitudini.


ensieri, tensioni, delusioni, impulsi e pene varie si smarriscono, improvvisamente, nel labirinto oscuro della massa intestinale
. Una motilità intestinale - accelerata quando si è tesi - davvero capricciosa che non conosce età, ragioni e stagioni. Colpisce, il più delle volte, a tradimento, senza un preavviso, in modo originale e soggettivo. Una dittatura che si manifesta, come dicono gli specialisti, con un “alvo alterno”, cioè con l’alternarsi di periodi di stipsi serrata e di scariche diarroiche. Questi malesseri, lentamente, iniziano a dettar legge e a condizionarci con tutta una serie di limitazioni che sconvolgono il nostro stile di vita in senso restrittivo. Spasmi involontari e fitte improvvise arrivano quando siamo assaliti da timori, paure e condizionamenti, ci sentiamo sotto esame, crediamo di non essere all’altezza della situazione e, soprattutto, di non essere abbastanza bravi: siamo attanagliati dai complessi di colpa e avviliti dai sensi di inferiorità. Spesso, queste patologie invalidanti, sono più gravi dal punto di vista psicologico che fisico, minano infatti l’immagine di sé e quindi le basi dell’autostima: una spia che rivela una mente sensibile e un profondo disagio emotivo ignorato. Un segnale inequivocabile di uno stile di vita conflittuale, non ascoltato, che riversandosi sulla pancia ci spinge a “correre” subito ai ripari: segnala che qualcosa non va nei nostri atteggiamenti e nel nostro modo di essere. Un “grido di dolore” perché, da tempo, neghiamo una naturale dimensione espressiva, annulliamo le fantasie, soffochiamo le passioni e reprimiamo i desideri. Un modo maldestro di ingabbiare l’ansia e l’angoscia. Questa strategia di “contenimento”, anche se a livello sociale rende più presentabili e docili, può creare squilibri nel ricambio organico. Ne soffrono perlopiù le persone ansiose: più aumenta la tensione, maggiori sono i disturbi vissuti. Una pancia “imbarazzata” che protesta per i nostri “errori” e valutazioni, tratteniamo emozioni e manteniamo in vita false identità. Una pancia ferita dagli affetti che, con il suo dolore improvviso o costante, condiziona anche l’efficienza mentale. Quando tale malessere non è imputabile ad ormoni sessuali (menopausa-stipsi), a infezioni batteriche o virali, è proprio il caso di dire che la tensione gioca un brutto scherzo alla dimensione intestinale. Un’altra protesta dal “basso” è la stipsi.


onfio e chiuso, l’intestino va al rallentatore, anzi si blocca per giorni se non per settimane. Tale stato, spesso accompagnato da tratti depressivi, segnala che siamo “isolati”, troppo calati nella dimensione del “trattenere” e del “conservare”: così attaccati alle cose, alle nostre convinzioni, da non riuscire a “liberarci” neppure nel senso fisiologico del termine. Un intestino intasato corrisponde, spesso, ad un cervello sovraccarico e incapace di staccarsi dal vissuto quotidiano (autocontrollo e ruminio interiore). Esprime, in chiave simbolica, un rapporto con il proprio ambiente caratterizzato dal controllo eccessivo, da una coscienziosità ostinata e da un agire offuscato dalla diffidenza. Le scariche, invece, colpiscono e arrivano nei momenti meno opportuni, rendendoci vulnerabili e insicuri: viene messa in discussione la capacità di “assimilazione” in tutti i sensi. E’ un modo di sottrarsi a una situazione percepita come pericolosa per il proprio equilibrio psicofisico. Secondo sempre la nostra chiave di lettura è una condizione fisiologica di chi ha la tendenza a “mandar sempre giù”, un prezzo che si paga per continuare a “far finta di niente”, trattenere rabbia e rancore: pensieri che ingorgano la psiche e infiammano l’intestino. Di solito le modificazioni metaboliche intestinali sono influenzate da conflitti psicologici che ruotano intorno al tema di “non scelta”. Il colitico, infatti, è combattuto sul prendere decisioni, di scegliere liberamente, a vivere e a esprimere le proprie scelte. Tende ad agire in un certo modo non per se stesso, ma per conformismo, per far piacere all’altro, per sbalordire o per spirito di sacrificio. Quando poi la perturbazione intestinale è generata direttamente da comportamenti affettivo - emozionali bisogna prendere in considerazione lo sviluppo psicosessuale perché anch’esso - inibito, intrappolato e ingabbiato sul piano mentale - può influire sull’aggressività e, quindi, complicare ulteriormente la situazione attraverso uno stato cronico di allerta. In questo soggetto è presente la tendenza ad isolarsi, a chiudersi in se stesso e, nel contempo, mantiene un forte desiderio ad essere considerato e apprezzato. Con la scarica diarroica si cerca in qualche modo di “purificarsi” (allontanare, scaricare) da idee e contenuti mentali inaccettabili, vissuti come “sporchi”. I problemi dell'apparato digerente parleranno della difficoltà ad "inghiottire", a "digerire" ed "assimilare" ciò che incontriamo nella vita: quando si "mandano giù" persone o situazioni indigeste, lo stomaco reagisce col "fuoco" della gastrite. La “fluidità” della bile prodotta dal fegato, raccolta dalla cistifellea (se non è accolta in questo organo passa nel sangue: itterizia) e inviata attraverso il condotto biliare del duodeno è sempre in funzione dello stato emotivo: gioia, ira, furore, paura e tristezza (ogni processo interessa l’intero organismo), felicità o infelicità, tristezza o allegria, contentezza o scontentezza sono stati che volenti o nolenti, se non lasciati fluire liberamente, si ripercuotono sul corpo attraverso secrezioni, modificazione del sangue e dei tessuti. ATTENZIONE, non sottovalutare mai alcuni segnali importanti come: perdita di peso involontaria, sangue nelle feci, febbricola persistente, stanchezza ingiustificata.



Cosa fare. L’esercizio fisico graduale e continuo, alcune ricerche lo confermano, mette al riparo il tratto di intestino predisposto alle infiammazioni. Anche una corretta alimentazione può rappresentare un punto fondamentale nella prevenzione e nel trattamento vero e proprio di questa affezione che è sempre una manifestazione soggettiva. Fibre sì, fanno bene ma occorre, come in ogni cosa, misura: l'eccesso potrebbe irritare la mucosa e creare ulteriori disfunzioni. E' vero ci sono diete improvvisate e cibi “nemici”, ma è altrettanto vero che ci sono fobie alimentari, ovvero la pancia reagisce anche alle “paure” e “diffidenze”, più si considera l'altro (cibo) un potenziale nemico più si rischia di renderlo “importante”, di renderlo forte, di somatizzarlo. Le tecniche distensive sono utili perché insegnano gradualmente a rilassare la muscolatura, far scorrere tutte le energie che ristagnano nell’organismo e, soprattutto, a liberare la mente dai pensieri ingombranti (pensare poco ma agire molto); quella mente sempre gravata da pensieri, dalle ossessioni e, soprattutto, dai ricordi, da tutti quegli “scarti metabolici” emotivi che immobilizzano, rendono fragili e creano solo rinunce ed inutili sacrifici … dai spazio alla tua unica e potente vitalità! Anche una psicoterapia ad indirizzo psicosomatico - metodica terapeutica solitamente non gradita a questi soggetti in quanto l’alto grado di diffidenza e il senso di sfiducia che li accompagna costantemente non permette loro di avvicinarsi a tale esperienza - oltre ad aiutare ad interpretare correttamente i messaggi che la pancia invia, può stimolare la fiducia in se stessi, favorire in maniera più vantaggiosa i rapporti con gli altri, allenare ad essere più “sinceri”, spontanei, naturali e autonomi: una cura che ridà benessere all’intestino passando prima, se vogliamo, dalla ”parte alta”. Un lavoro psicologico che può aiutare a scaricare le tossine emotive di intestino e cervello, ad illuminare le cause di certi atteggiamenti mentali verso il cibo, ridurre una buona dose di ansia … quella frenesia che accompagna e non abbandona mai il colitico. In realtà, si tratta di esporsi alla vita, affrontare e trasformare con le giuste mosse - lentamente e a piccole dosi - quelle “debolezze” e fragilità emotive problematiche che producono rinunce dannose e impediscono di fare una vita rilassata, in qualcosa di nuovo: aprirsi alle novità, abbandonarsi alle sorprese, lasciarsi coccolare dallo stupore e dall'insolito … e quando te la senti comincia, senza nessuna remora, a ruggire più forte che puoi!

 

iassumendo. La colite, per molti, è il fastidioso “mal di pancia”, per alcuni orientamenti scientifici invece è un fenomeno con un'alterata motilità intestinale ben precisa: un disturbo comunemente chiamato “colon irritabile” senza però quella fastidiosa situazione infiammatoria. La 'vera' colite, invece, è caratterizzata da gonfiore, infiammazione, dolore e periodi di diarrea che si alternano ad una ostinata stipsi. Un'alternanza tra stima e disistima, una percezione che, a seconda dello stato, oscilla sempre tra due precisi atteggiamenti, tra due inconfondibili estremi: coraggioso - timoroso, positivo - negativo, valido - incompetente, generoso - avido, ottimista - pessimista, energico - fiacco, aggressivo - remissivo, pulito - sporco; un continuo salire e scendere, un vivere perennemente influenzato dai giudizi esterni. Una percezione di se stessi combattuta, che oscilla sempre tra due poli, due stremi: valido non valido, coraggioso o pauroso, simpatico poco simpatico, generoso o avido. Le cause pare siano tantissime: ansia, stress, fattori si ordine psicologico, preoccupazioni, paura, cambiamenti ormonali, infezioni batteriche o virali. Chi soffre di colite comunque è tendenzialmente una persona alquanto emotiva con la tendenza a trattenere dentro di sé ogni cosa che riguarda il mondo emozionale … è un vero campione nel 'conservare' l'espressività emozionale. Conflitti, frustrazioni, liti interminabili, risentimento, aggressività trattenuta fino all'osso, eccesso di tensione e vissuti emotivi stressanti sono tutti stati psicofisiologici che possono imbestialire il colon: provocargli un super lavoro; è scientificamente dimostrato che è più incline a sviluppare infiammazioni a questo ultimo tratto intestinale chi è dominato dall'insicurezza, dal senso di colpa e, soprattutto, tutti coloro che vivono ossessivamente ogni compito con timore, ansia e perfezionismo.

 

' sempre difficile per chiunque affrontare le circostanze della vita rimanendo tranquilli e fiduciosi, sentendosi in grado di offrire risposte validi e di buon senso. In questo modo, se il fenomeno si protrae nel tempo attraverso varie forzature, accumulando un alto grado di tensione, la nostra mente, scatta, si attiva immediatamente in nostra difesa:
convertendo il disagio emotivo in un sintomo fisico, permettendo in tal modo che la tensione trattenuta e l'energia compressa possa manifestarsi all'esterno o ristabilire, almeno in parte l'equilibrio psicofisico. Tentare di occuparsi di certe tendenze, capire di vivere ogni cosa con ansia e agitazione, sarà sicuramente fondamentale per fare le mosse giuste, ristabilire il giusto equilibrio … una spinta a prendersi cura dei propri bisogni più profondi. Sono comunque dei soggetti con proprie e specifiche caratteristiche emotive: sensibili ed introversi, ossessionati dall'ordine e dalla pulizia, eccessivamente puntuali (secondo A.Adler) per far sentire in colpa l'altro: “Hei, guarda che io ti aspetto da un sacco di tempo!” … anche se il ritardo è solo di pochi “secondi”), l'aggressività e la sessualità sono tenute costantemente a freno, scarsa capacità di adattamento, con pochi rapporti sociali, hanno un insaziabile bisogno di affetto. ATTENZIONE questi atteggiamenti non vanno interpretati come “difetti”, ma interpretati come linguaggio simbolico … una guida pratica per prenderci cura di noi stessi e dei veri bisogni reali. La tendenza a reprimere sistematicamente il rancore, l'ostilità, la rabbia, l'irritazione, la collera e la tensione possono condurre a gravi somatizzazioni a livello gastrointestinale. Guai rimuginare sul “latte versato” perché trattenere dentro di sé le varie situazioni problematiche (quello che si doveva fare o dire e non si è fatto) sarebbe come rigirare il coltello nella piaga … giudicarsi inutilmente e crudelmente.

Risultati immagini per vaccinium myrtillus

lcuni rimedi da assumere a seconda della situazione:
Ficus carica (importante nella componente ritmica, stress, ulcera, disordini digestivi, gastrite) MG; Vaccinum myrtillus (proprietà astringenti e antidiarroiche) MG; Vaccinum viti idaea (antinfiammatorio, astringente) MG; Ribes nigrum (antinfiammatorio e antiallergico) MG; Tilia tomentosa (antispasmodico contro il mal di stomaco) MG. Massaggiare l'addome con 2 gocce di bergamotto (attenzione è fotossico) (OE) in poco olio di mandorle (ha un'azione digestiva, rilassante, antidepressivo, amtispasmodico).
Disagi emotivi che, nel tempo, possono sfociare in disturbi fisici … malesseri organici connessi all'interiorità.


Emorroidi.


ono varici ano – rettali localizzate all’interno o all’esterno dell'orifizio (vene dilatate e tortuose, cuscinetti di tessuto riccamente provvisto di vasi sanguigni che spesso chiudono il canale anale). La loro uscita è favorita da condizioni di stipsi, gravidanza e di diarrea prolungata (infiammazione ed irritazione); un fenomeno che ruota attorno al tema dello spingere “fuori”, del “lasciare la presa”. E’ un disturbo presente in persone che vivono un eccessivo senso di pressione sociale o di impegni esistenziali che non piacciono più e, quindi, sono costantemente sotto tensione e sforzo continuo (nel lavoro e nella vita sociale - affettiva). Uno stato di tensione che favorisce indignazione, collera, rancore, senso di impotenza e di colpa. E’ una patologia caratterizzata dalla dilatazione e dallo sfiancamento di un gruppo di vene, strettamente collegate tra loro, situate a livello del retto dell’ano. Le vene dilatate e tortuose (varicose) si classificano in interne ed esterne, cioè che fuoriescono dall’orifizio anale. Sono favorite da eccessivi sforzi durante la defecazione in soggetti stitici, da sollevamento di pesi e gravidanza (aumentata pressione sulle vene di retto e ano). Le donne comunque, dopo la nascita del figlio, guariscono solitamente dopo circa tre quattro mesi, quando l’organismo non ha più lo stress di dover trasportare il feto. Il sintomo principale in caso di emorroidi è una perdita di sangue (colore rosso brillante, liquido e privo di coaguli) a ogni emissione di feci, associata a bruciore, dolore e senso di peso rettale. A causa dell’irritazione della zona interessata può manifestarsi anche un fastidioso prurito. Una possibile complicanza è il cosiddetto prolasso emorroidario, determinato dalla protrusione di un’emorroide interna oltre il canale anale. Possono verificarsi in qualsiasi periodo della vita, ma sono più frequenti con il passare degli anni. Le emorroidi simboleggiano qualcosa che, come nel caso dell’ernia iatale o dell’ernia inguinale, sta uscendo dalla sua sede. Ma se nell’ernia iatale ciò che il viscere – stomaco rappresenta va verso l’alto (ragione - razionalità), tentando di farsi sentire a livello razionale, nelle emorroidi, invece, la mucosa anale, che prolassa verso l’esterno, con i suoi contenuti simbolici, va invece verso il basso (istinto - emozioni), sfugge ancora di più alla coscienza: si tratta di contenuti che proprio non vogliono essere presi in considerazione. Ovviamente, sono pulsioni profonde, legate perlopiù al mondo degli istinti (atti, fantasie, desideri) a una sessualità non vissuta o sperimentata all’interno di un forte conflitto morale, dove è giudicata “sporca”, come qualcosa di cui vergognarsi e da cui allontanarsi al più presto; ma può trattarsi anche di un dolore profondo, viscerale appunto, legato a un lutto, ad una separazione, che vuole essere controllato e subito spinto via, buttato fuori, prima ancora di essere elaborato. L’emorroide esprime quindi, in questo caso, il rifiuto di un dolore troppo grande, di una sofferenza insostenibile che “non ci sta dentro”. Quando si collega alla stipsi, il tema dello “spingere fuori” è correlato al trattenere tipico della persona stitica, e in tal caso le emorroidi “compensano” le feci mancanti.


sse tuttavia possono avere anche una valenza difensiva nei confronti dell’ambiente circostante: soprattutto nella donna, quando si sente minacciata dal forte desiderio sessuale del partner o, più in generale, quando sente di poter essere invasa da eventi più grandi di lei. Qui le emorroidi indicano il bisogno di “chiudere” il passaggio simbolico di entrata, mettendo un ostacolo alle insidie che giungono dall’esterno. In altri casi ancora, tale disturbo segnala una stasi esistenziale; associato a un eccesso di sedentarietà, indica che si sta “covando” troppo qualcosa che si ha dentro: un progetto, un’energia, un desiderio. Quando sanguinano possono avere due valenze: la prima, legata alla sessualità e alla morale, riguarda l’espiazione, ed è una sorta di autopunizione; la seconda riguarda invece un grande dolore vissuto, e indica il “pianto”: lacerazione affettiva profonda, nascosta agli altri e anche alla propria coscienza. Chi è a rischio. Persone che tentano in tutti i modi di occultare le emozioni profonde, soprattutto quelle negative (è ovvio che anche il soggetto il più delle volte non ne ha consapevolezza perché è un fenomeno inconscio); persone sottoposte a pressioni dall’esterno che però intimamente rifiutano, alle quali di solito dicono di “no” attraverso un malessere fisico; persone particolarmente soggette ai sensi di colpa dai quali non riescono mai a liberarsi del tutto; persone che temono, oppure giudicano peccaminose le fantasie sessuali molto spinte proprie e/o del partner; persone con tendenza al pensiero ossessivo, alla logorrea e alla stitichezza, tre aspetti spesso compresenti.

Per problemi alle emorroidi, un succo di: ciliegia, more e mirtilli può aiutare.
Anche i seguenti Macerati Glicerici (MG) possono essere un supporto interessante: Carpinus betulus (antinfiammatoria, antispasmodica, cicatrizzante); Aesculus hippocastanum (decongestionante, rinforza i vasi venosi, li rende elastici ed impermeabili); Sorbus domestica (antinfiammatorio, tonificante). Per un sollievo esterno: mescola alcuni gr. di polvere di Ratania con gel di Aloe e applica tale composto sulle zone interessate.
 

Gastrite

 


nfiammazione della mucosa dello stomaco
(da non confondere con la dispepsia che indica in generale una cattiva digestione). L’associazione tra gastrite e stress è ormai da tempo accertata; è un organo molto sensibile alle sollecitazioni di tipo emotivo e mentale: non gli sfugge mai nulla. Il suo stato acuto può essere causato da fumo, stress, alcol, farmaci, infezioni (Helicobacter pylori). Fame di amore, carenza affettiva, poca considerazione, paura, impulsività, scarsa stima, mancanza di rispetto possono provocare un aumento della secrezione gastrica, proprio come la fame di cibo. L’uomo non manda giù soltanto pane e companatico, egli inghiottisce anche eventi, cambiamenti, umiliazioni, delusioni. In questi casi, lo stomaco si comporta come se dovesse realmente digerire ogni cosa, come se stesse di fronte all’ingestione di un pasto reale. Produce dunque il suo acido cloridrico, che in questo frangente è una sostanza non necessaria, la quale col tempo attacca completamente la mucosa. La mucosa dello stomaco si infiamma e si auto – corrode (ipersecrezione); così, quando meno te lo aspetti, le troppe rinunce, il continuo rimuginare e il voler primeggiare, la rabbia che tarda ad “evaporare” e i conflitti aperti o nascosti si fanno sentire, si manifestano attraverso una lacerante gastrite. La gastrite, attraverso questo meccanismo, è una sorta di “autocombustione”… lo stomaco mangia se stesso.
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La persona con questo disturbo si sente completamente logorata perché sta lottando, senza riuscire a gestire la situazione, contro qualcosa che non vuole più … non si sente libera di agire, accumula rabbia e tensione, crca di controllare eccessivamente ogni cosa … una libertà limitata; difficoltà ad essere se stessi, relazioni spesso infuocate, combattute e alternate da momenti di passione e attimi di freddezza eccessiva. RICORDA, la rabbia permette in qualche modo di affermare le proprie posizioni, se la fai uscire, se ne va anche la gastrite! Quando si cerca di far tacere la rabbia per troppo tempo, il corpo trova sempre la sua modalità espressiva: un modo di esprimerla per vie traverse; la rabbia nasce sempre quando per troppo tempo ci si è voluti adeguare ad un ruolo, ad un modello o ad un personaggio perfetto: ossessivamente coerente, altruista, tranquillo, moderato, bravo. La rabbia, inoltre, agendo sul ritmo cardiaco, fa aumentare la circolazione sanguigna, quindi, calore e gonfiore. Un aiuto: Nux vomica 5 CH può rasserenare la digestione. Riso, tacchino, patate, cavolfiore, cavolo verza, zucca e mela (Delicious, Stark sono le più indicate); questi elementi se assunti con una certa continuità non solo possono aiutare lo stomaco in subbuglio, ma lo possono anche curare. Niente formaggi stagionati, grassi e piccanti, usiamo solo quelli magri e non fermentati. Bandire succo di pomodoro e dolci. Una buona soluzione per contrastare acidità e bruciore alla mucosa dello stomaco può essere il succo di carota mescolato a quello di patata: il tutto diluito in poca acqua e da bere a piccoli sorsi durante la giornata. Un dolore forte, invece, può essere contrastato mangiando riso bollito nel latte magro: da assumere tiepido e come un vero pasto.

Ulcera una lacerazione “interiore” che non riesce a 'cicatrizzare'.

Risultati immagini per piante per l'ulcera Erosione del tessuto epiteliale, mucoso o cutaneo, accompagnata la lesioni... una grande rabbia e rancore che rode internamente. La vendetta diventa l’obiettivo principale, fino a trasformarsi in autodistruzione. A farne le spese è proprio il tessuto gastrico che aumenta le secrezioni e le difese diminuiscono; si abbassano improvvisamente le difese immunitarie fino al 30%: così appare sulla scena l'infiammazione … anticamera dell'ulcera. Il “batterio” (Helicobater pylori) allora prende forza e allarga la sua distruzione su una mucosa sempre più debole, fragile e meno difesa. Il rancore non espresso si trasforma in distacco e odio represso, mettendo a rischio completamente il benessere psicofisico; insieme al companatico ingeriamo anche le esperienze della vita, le digeriamo ed esse entrano a far parte del corpo: vissuti conflittuali, rapporti indigesti e difficili da mandar giù. Se la vita è amara lo stomaco e l’intestino protestano: esprimono il proprio dissenso o avversione “bruciando”. Anche qui la rabbia gioca un ruolo fondamentale. La rabbia legata a contrasti di lavoro, familiari e d’amore, al giudizio degli altri, alle speranze e attese deluse sono tutte “eruzioni” emotive che danneggiano il nostro prezioso organosoprattutto quelle non espresse o trattenute; tale emozione può essere una manifestazione immediata (ira, collera, aggressività) o controllata (rancore, odio, frustrazione). Un corpo “soffocato” è spesso il segno di istinti aggressivi che non hanno avuto la possibilità di esprimersi e portano dritti, dritti alla somatizzazione o alla depressione. La “vendetta” poi - prodotta sempre dalla rabbia covata e non espressa - è acida e corrode: si mandano giù bocconi amari, insulti e offese varie.


’ulcera infatti parla di bocconi amari, di un bruciore interiore intenso (fuoco emozionale); soggetti spesso combattuti tra la fame di successo, bisogno di essere “nutriti”, attenzione e cura… un continuo bisogno di conferme esterne, un conflitto aperto tra autonomia e dipendenza. Non bisogna mai dimenticare che questa area rappresenta la capacità di accettare o di rifiutare: accettare o non accettare (cibo ma anche situazioni, cose, idee); sensazione di essere dominati, paura, inquietudine e preoccupazioni accompagnato le giornate: cose che non si riescono a gestire, a controllare. Helicobater pylori (batterio presente nello stomaco, si pensa sia responsabile dell’ulcera) trova forza e terreno fertile in tutti quegli individui che sperimentano un senso di abbandono o di impotenza nei confronti di certe situazioni che “corrodono”: un insieme di contrarietà, di insoddisfazioni familiari e lavorative, di rabbia, di collera e di ansia. Questo batterio, inoltre, è stato da un po’ di tempo - secondo alcune ricerche accreditate - rivalutato in quando produce una proteina (Hp2-20) in grado di riparare le lesioni gastriche (la presenza del batterio può essere individuata attraverso l’analisi del sangue e del respiro); non dimenticare che la Propoli può essere utile: inibisce questo batterio e abbassa l’acidità; riso, carota, zucca, mela, banana, albicocche e broccoli rinfrescano e gestiscono infiammazione mentre l’insalata e le patate assorbono l’eccesso di acidità.


Conclusioni.
L'ulcera (dal greco peptikos “digestivo”) consiste in una perdita di sostanza della mucosa gastrointestinale, generalmente nello stomaco (gastrica) o subito dopo nel duodeno (duodenale). Si riscontra un maggior afflusso di sangue e ipersecrezione di acido cloridrico a livello gastrico; un eccesso di fuoco che “brucia”, ovvero una forte aggressività trattenuta nei confronti di un ambiente vissuto come minaccioso; diverso è il discorso della colite che segnala un bisogno di eliminare velocemente certi contenuti emotivi ritenuti inaccettabili. Di “recente” è stato identificato un batterio - heucobacter pylor - che favorisce l’eziologia dell’ulcera duodenale. La sintomatologia ulcerosa può comunque peggiorare bevendo caffè, assumere medicinali (acido acetilsalicilico), fumando e mangiando in modo inadeguato. L’ulcera gastrica, inoltre, può essere collegata ad una vita stressata o svilupparsi in periodi in cui si è sottoposti a stress prolungato, con scarsa capacità di “coping” ovvero di trovare strategie di soluzione ai diversi problemi. Tale patologia si sviluppa comunque quando si altera l’equilibrio tra elementi aggressivi (acidità e enzimi) e i fattori di difesa della mucosa. I sintomi, alternati a periodi di latenza, dipendono dalla localizzazione dell’ulcera (stomaco o intestino) e sono caratterizzati da un dolore a crampo, un senso di bruciore (urente, corrosivo), leggeri gorgoglii, dolori laceranti, nausea oppure sensazione di fame o pienezza addominale. Le numerose ricerche sull’ulcera peptica hanno messo in evidenza risultati e opinioni molto diverse. Alcune funzioni gastriche, la motilità, il flusso sanguigno e la secrezione sono sempre strettamente connessi - al di là dei vari orientamenti scientifici - all’attività di processi nervosi e allo stato emotivo prevalente. Alcuni sentimenti come l’aggressività e il risentimento accelerano il transito del cibo nello stomaco, mentre l’ansia e le emozioni forti inducono a “contrazioni” e rallentano il transito del cibo. L’ansia, i pensieri depressivi o il pessimo umore riducono le secrezioni di acido cloridrico,  la motilità  e  il

flusso sanguigno nello stomaco.



li stati emotivi conflittuali, che generano ostilità e tendenze aggressive, aumentano la secrezione gastrica e, se persistono, creano alterazioni della mucosa:
il contatto costante con i succhi gastrici può dare avvio ad una formazione ulcerosa. La letteratura psicosomatica descrive l’ulceroso non solo come un uomo ambizioso, senza scrupoli concentrato sul successo, con un forte bisogno di essere riconosciuto e ammirato, ma anche una figura estremamente sensibile al rifiuto, al timore della sconfitta, alla paura dei cambiamenti irreversibili e, soprattutto, della solitudine.


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Cosa fare. Oltre al trattamento medico standard per favorire la riparazione della mucosa, saranno utili colloqui concentrati sull’attuazione dei cambiamenti nella vita quotidiana del soggetto facilitando, inoltre, l’espressione dei propri bisogni senza il timore di essere giudicato. Anche le metodiche distensive sono utili per l’ulceroso, in quanto è estremamente importante che il soggetto iperattivo impari che è possibile avere una vita dinamica anche in uno stato di rilassamento.


Per ricordare.
L’essere umano, sappiamo, non manda giù solamente pane e companatico, egli inghiottisce anche l’umiliazione, la delusione per la sua mancata realizzazione o promozione, una catastrofe finanziaria o affettiva e tanti sentimenti di colpa. Paradossalmente, l’organo della digestione, cioè lo stomaco, si comporta come se dovesse realmente digerire tutto ciò, come se fosse di fronte a un succulento pasto. Produce dunque il suo acido gastrico, che in questa situazione è una sostanza corrosiva non necessaria quando non sono presenti proteine, la quale col tempo attacca la sua mucosa: lo stomaco in pratica mangia se stesso. In realtà, la secrezione e la circolazione di tale organo viene influenzata in maniera determinante da reazioni emotive, certi bisogni e particolari stati d’animo (fame di amore, affetto, stima, rispetto, considerazione, rabbia, collera, autonomia, dipendenza). Lo stomaco, pertanto, partecipa a reazioni di cui il soggetto, molto spesso, non ha consapevolezza. Se lo stomaco produce acido cloridrico ma non riceve nulla, nessun cibo scende a riempirlo, tale sostanza prodotta, tuttavia, non può neutralizzarsi, quindi, insorge un pericoloso funzionamento a vuoto: i conflitti aperti o nascosti si esprimono attraverso un preciso segnale ammonitore, cioè con un disturbo allo stomaco. Molto spesso, si riscontra nei malati di stomaco, dopo una lunga terapia priva di successo, una guarigione in maniera spontanea, a volte, del tutto inattesa. Tale guarigione, apparentemente miracolosa, diventa comprensibile solo quando si prendono in esame le condizioni e cambiamenti di stili di vita del paziente. Chi soffre di mal di stomaco si riconosce già dal suo aspetto esteriore. Egli non è quasi mai grasso, mai corpulento, a livello costituzionale è slanciato, pallido, sottile. Di solito è un individuo che prende “troppo” sul serio le cose della vita: è alle prese con un continuo rimuginare. Estremamente sensibile, nervoso, facilmente irritabile. Si preoccupa, si dedica al lavoro più degli altri, cerca in maniera spasmodica continuamente successo, affermazione e riconoscimento, in breve, ha una vita caratterizzata da un ritmo vorticoso e un’attività molto intensa con il continuo rodersi interiore caratteristico appunto di chi soffre di stomaco. Anche l’aggressività in questi soggetti è particolare e “corrosiva”. E’ contorta, indiretta, cova interiormente ed emerge a fatica (trattiene le cariche aggressive). Qualora dovesse venire a galla, però, è particolarmente graffiante, piena di sarcasmo: si potrebbe definire un’aggressività al “vetriolo”. Il motivo di tale strategia nasce dal fatto che questi individui sono legati a un doppio filo (la dipendenza) a situazioni e a persone di cui soffrono nel fare a meno; ecco perché, quando si arrabbiano, in qualche modo tendono a trattenersi: temono di rovinare il rapporto e, quindi, trovarsi soli.
 



uò accadere che reprimano i loro desideri, che possono restare inconsapevoli e addirittura non trovare alcuna forma espressiva, compensati da una esibita affermazione di autonomia; ma può anche accadere che li esprimano apertamente e si scontrini con l’incomprensione da parte del loro ambiente circostante. I tipi di personalità risulteranno, nei due casi, opposti, ma in entrambi ci sarà comunque un certo grado di frustrazione, in relazione al desiderio di ricevere, affetto e attenzione. Anche a livello sessuale è presente la dimensione conflittuale, e dunque i rapporti saranno vissuti in modo estremamente ambivalente. In realtà, vuole affermare la propria autonomia e al tempo stesso cerca la dipendenza, attivando meccanismi spesso carichi di aggressività, quasi sempre repressa o magari assente, proprio per paura di restare deluso nel proprio bisogno d’amore. Non va dimenticato che alcuni vivono in uno stato di profonda dipendenza, di cui però hanno molto timore e che vogliono nascondere a tutti i costi. Un tale individuo può apparire come il tipico soggetto “rampante” ma è invece particolarmente spaventato dall’idea che qualcuno possa accorgersi della sua grande esigenza di rassicurazione. Cosa fare per tornare a stare bene. Le metodiche terapeutiche sono tantissime, molto efficaci anche come prevenzione: alimentazione specifica, esercizi di rilassamento, touch for health, tecniche biofisiche; ma, soprattutto, è importante che la persona impari, attraverso un aiuto qualificato, due elementi fondamentali: chiedere agli altri ciò di cui sente il bisogno – superando la paura di ricevere un rifiuto – e essere meno pretenzioso e severo con se stesso.

un piccolo ripasso.

Bruxismo
Di giorno si trattiene la rabbia e le parole non dette, di notte invece, in silenzio, quando le difese cadono, si vorrebbe rimediare: aggredire ogni cosa. Ci si prepara per addentare qualcuno, sfregando i denti si segnala questo bisogno profondo; sentimenti aggressivi non espressi nel momento opportuno con il diretto interessato trovano voce solo di notte.

Stipsi
La stipsi, detta anche stitichezza o costipazione è un disturbo intestinale caratterizzato da un ritardo o scarsa evacuazione delle feci. La defecazione normale è il prodotto della combinazione di un riflesso spinale e dell'attività di alcuni muscoli volontari; solo a partire da una certa età, quindi, è possibile “pretendere” dal piccolo l'evacuazione volontaria delle feci (a diciotto mesi ca. è possibile acquisire sufficiente padronanza del controllo sfinterico). Oltre alla maturazione neurofisiologica ed alla pressione culturale, l'acquisizione della pulizia è uno degli elementi di transizione nella diade madre – bambino. Le materie fecali veicolano un'intensa carica affettiva che può essere positiva o negativa (vedasi anche il processo alimentare): una dimensione relazionale fondamentale per una corretta evacuazione futura. L'acquisizione del controllo sfinterico si attua in seguito al piacere sperimentato prima per l'espulsione poi per la ritenzione, quindi per l'accoppiata ritenzione – espulsione: la nuova padronanza su questa mucosa particolarmente sensibile procura al bambino (più tardi anche nell'adulto) una eccitazione - felicità rinforzata dalla soddisfazione materna. Durante questo atto non solo è presente un piacere intenso, ma ci sono anche conflitti specifici. Lo scarico intempestivo, coincidente con il rifiuto di compierlo nel momento o nelle circostanze imposte dalle figure di riferimento, assume un carattere aggressivo di opposizione (il bambino può soccombere o differire la scarico in piena liberà: le prime prove di autonomia e di libertà). Quante volte abbiamo sentito dire: “dai fammi un “regalino” che ti do un soldino”. Le feci allora diventano preziose, una “moneta” di scambio, assumono un grande valore simbolico.


a
scibala fecale rappresenta per il piccolo una “moneta” di scambio tra lui e gli adulti: il regalo che si offre o che si rifiuta. In questo caso specifico non sarebbe certamente appropriata la famosa locuzione latina: pecunia non olet. Un problema che non riguarda solo l’intestino, ma soprattutto emozioni, affetti e tutto uno stile di vita: un vero e proprio atteggiamento mentale, uno specifico modo di essere; è un disturbo che mette in risalto tratti di una personalità controllata, trattenuta, chiusa, tendente all’avarizia e alla gelosia… molto sensibile al giudizio altruisoggetti sempre pronti, in ogni occasione, ad offrire un’immagine “pulita” e di grande rettitudine. Come dire, un cervello “intasato” di scorie, di pensieri inutili, non solo cronicizza il dolore, ma “blocca” l'azione a livello intestinale. La stipsi ha un linguaggio semplice e chiaro: stai trattenendo le cose da troppo tempo, devi aprirti al nuovo, hai bisogno di nuove amicizie e di percorsi diversi. Evita il più possibile di maltrattarti, stai lontano dai dubbi e apprezza le tue vere risorse. RICORDA, “corri” solo se ti lasci andare alle emozioni e non le blocchi più: basta accusarti e smetti di censurarti! La stitichezza può insorgere anche quando l'intestino non si muove in maniera efficace, ha poca acqua, si introducono poche fibre o troppi grassi e zuccheri raffinati. La forma e la consistenza, infatti, della materia di scarto è proporzionale al maggior o minore assorbimento di acqua dell'intestino; un adulto attento alla sua alimentazione elimina in media 200 – 260 grammi ca. di feci al giorno. Poiché una buona parte del sistema immunitario risiede nelle mucose dell'intestino, un cattivo funzionamento intestinale con un aumento delle tossine nel corpo, una difficoltà nell'eliminazione della materia di scarto può abbassare le difese anche del 50%. Tutte le tossine non eliminate vengono diffuse in tutto l'organismo creando numerosi problemi allo stomaco e al fegato (tossiemia intestinale). RICORDA, per facilitare l'evacuazione inclina il busto in avanti e tieni sollevati i piedi, altrimenti se ti sforzi troppo puoi andare incontro a seri problemi: prolasso rettale o fastidiosi disturbi in sede anale. Nel colitico invece domina la voglia di trasgredire, ha spesso cattivi pensieri (di natura sessuale … li considera “sporchi” ed inaccettabile per la sua educazione), teme le responsabilità per cui è ben felice di delegare (paura di essere giudicato, di non essere all’altezza delle cose), la sua aggressività è indirizzata male, dipendente e con un linguaggio il più delle volte spinto (parolacce, espressioni volgari, fantasie erotiche). Proteggendo la mucosa e placando le tensioni è possibile ritrovare la giusta regolarità: Melissa (TM), Griffonia (TM), Camomilla (TM), Ficus carica (MG), Vaccinum itis idaea (MG), Quercus robur (MG).


i costipazione ne parla anche il grande drammaturgo Moliere nelle sue meravigliose commedie: L'avaro” e “Il malato immaginario; personaggi (Arpagone - Argante) con caratteristiche psicologiche simili al nostro stitico. Nella prima commedia il dramma si svolge intorno alla figura di Arpagone. L’avaro è un noto uomo d'affari (si fa per dire), padre di due figli, Cleante ed Elisa. Ha un carattere schivo ed introverso. Le sue uniche amicizie sono i soldi, dei quali è gelosissimo e grazie ai quali è conosciuto come “ottimo” speculatore (anche lo stitico ha un rapporto particolare con la moneta). Il figlio Cleante è invece un abile spendaccione, che si attornia di tutti gli sfarzi e i pizzi che vanno tanto di moda in quel periodo storico ('600). Sia Cleante sia Arpagone sono innamorati di una giovane dama, Mariana, che diverrà in seguito anche motivo di ricatto tra i due. Arpagone vede in lei quella bellezza e quella semplicità che non richiedono eccessive spese di mantenimento; inoltre, mira ad una cospicua dote, che gli sarà data negli anni dopo il matrimonio attraverso servigi e parsimonia nell’uso del denaro. Cleante, invece, è perdutamente innamorato di Mariana, del suo sguardo e dei suoi sorrisi e mira ad un matrimonio vero e ricco di sentimenti. Nella seconda commedia, invece, la scena si svolge a Parigi, nella casa seicentesca di un importante uomo francese. Il luogo principale entro il quale è ambientata la commedia è la stanza di Argante. Il protagonista di questa vicenda è Argante, il malato immaginario. Costui è attorniato da numerosi personaggi che approfittano della sua ipocondria. Come tutti quelli che soffrono di questa fobia, Argante, è preoccupato solo della sua salute, delle malattie che teme è che sente di avere tutte. L’argomento unico delle sue conversazioni sono, appunto, le sue malattie. Si nutre di medicine e vive sempre in allarme intravedendo in ogni più piccolo sintomo la comparsa di terribili malattie. Di questa sua fobia ne approfitta alla grande il dottor Purgone che gli prescrive quantità infinite di lassativi (pozione introdotta per mezzo di una siringa di dimensione enorme: dare piacere e, nel contempo, dare una parvenza di veracità al trattamento) e sciroppi per espellere ed evacuare i ”veleni” di sua Signoria.
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Aerofagia. Deglutire aria in grande quantità - un ‘bulimico’ d’aria - e, nel contempo, ingoiare parole per timore della loro validità e fondatezza, ma anche un tentativo di coprire il “nulla”, i “silenzi” con le parole (un perfetto chiacchierone): bisogna imparare ad ascoltare di più!… soggetti (ansiosi e frettolosi) che anticipano le difficoltà e le pressioni esterne, hanno problemi nella gestione delle responsabilità e degli impegni lavorativi… Un aiuto naturale: Ficus carica MG, Tilia tormentosa MG e Rosmarinus officinalis.

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Morbo di Crohn (intestino tenue: ileo … la mucosa intestinale presenta lesioni da ulcerazioni … il sistema immunitario aggredisce questo organo come se fosse un nemico, limitando il suo naturale processo di assimilazione).
Soggetti costretti a vivere dinamiche sociali forzatamente, subiscono in silenzio le aspettative altrui reprimendo rabbia e frustrazione: una lotta continua tra sottomissione e ribellione … offrono un’immagine di loro stessi “pulita”, tranquilla, pura … una figura quasi angelica che non può scendere a patti con sentimenti in contrasto col suo modo di vedere e pensare: invidia, egoismo, rancore.

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Ernia iatale (parte “bassa”, mondo degli istinti si fa sentire).
I succhi gastrici (materiale acido contenuto nello stomaco) migrano verso l'esofago (imboccatura dello stomaco); sono altamente corrosivi in quanto la mucosa di questo tratto intestinale non è abbastanza protetta - come avviene invece nello stomaco - per difendersi da queste sostanze. Un fenomeno che può manifestarsi in qualsiasi momento della giornata, anche a stomaco vuoto; di solito quel fastidioso bruciore compare lontano dai pasti o subito dopo aver mangiato. Cambiare continuamente gli orari dei pasti, soprattutto mangiare di notte, influisce negativamente sull'attività gastrica causando dolori, bruciori e reflusso. Un mondo emotivo che con forza vuole esprimersi perché troppo a lungo represso; un soggetto che ha subito eccessive sottomissioni e parecchi divieti: reclama più spazio, vuole farsi largo in un ambiente che lo limita. Si fa sentire anche quando ingeriamo cibi troppo complessi da digerire: forse conviene - se è un fenomeno occasionale e non persistente - cambiare dieta e stile di vita!

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Meteorismo (gas, gonfiore, fermentazione intestinale).
Un eccesso di attività mentale, difficoltà a “concretizzare” il pensiero: un rimuginare continuo sugli stessi pensieri (personalità ossessiva) … ingigantire personaggi o certe situazioni di poca importanza … un soggetto insicuro che tende a trattenersi, non vuole esporsi perché teme critiche e giudizi, non vuol lasciare trasparire nulla di se stesso se non un’immagine esagerata (“pallone gonfiato”).
Nausea quando si presenta troppo frequentemente segnala una sensazione di disgusto, una gran “voglia” di vomitare, di dire no, di rifiutare… avversione verso relazioni, situazioni o persone (pensieri e idee che fanno venir la nausea) perché ci si sente minacciati, fanno in qualche modo paura… fenomeno che segnala un atteggiamento di accondiscendenza verso situazioni ed impegni anche quando non sono condivisi.
Acalasia (rallentamento del cibo verso lo stomaco: deglutizione dolorosa). Incapacità di convogliare, di assimilare, di riceve, di accogliere e far passare il cibo ma anche integrare cose, idee e nuove situazioni: non si riesce più a “deglutire” (la gola si chiude ai liquidi e ai solidi), il soggetto è frastornato dalla sensazione di essere criticato, giudicato, ridicolizzato, umiliato … di fronte ad una vasta “platea”, il più delle volte inesistente!
 
 

Conclusioni e … piccole curiosità. Sono convinto che la salute e il benessere siano talmente importanti e complessi per essere lasciati in mano ad una sola scuola di pensiero: argomento di studio di un unico orientamento scientifico. Forse sarebbe più vantaggioso accantonare i propri tratti narcisisti e collaborare, collaborare, collaborare seriamente con tutte le discipline, nessuna esclusa, perché il benessere è un bene prezioso non solo soggettivo, ma anche sociale: chi è in uno stato di buona salute altro non può fare che diffondere 'armonia', quiete e serenità intorno a sé e, soprattutto, dentro se stesso. Ovvero, creare una maggior collaborazione tra specialisti - con approcci diversi - e pazienti in modo tale da ottenere e raggiungere i migliori risultati possibili in tutti i settori della vita: ormonale, relazionale, emotivo e sociale. Più passa il tempo più la ricerca scientifica conferma ciò che la medicina classica ha sempre saputo: esiste una continua interazione tra gli stati emotivi, i pensieri, gli atteggiamenti, le azioni e l'organismo. In realtà lo stato emozionale e gli affetti abitano in corpo tanto quanto lo stomaco, il fegato o l'intestino: il segreto in tutto ciò sta nel capire in che modo tali condizioni si esprimono: “parlano” o, nei casi peggiori, “urlano”. La struttura corporea, così, si tinge di significati spesso oscuri, ci parla in qualche modo di noi e le malattie diventano un messaggio simbolico con cui l'organismo esprime il malessere più profondo. Conoscere questo linguaggio significa attivare un primo validissimo intervento terapeutico: la presa di coscienza, può essere quindi fondamentale ad orientarci verso l'inversione di rotta (cambiamento), virare verso un nuovo stile di vita più vantaggioso, senza più “mandare giù” passivamente … produrre inutilmente acidità, bruciore, infiammazione e ...dominati da angherie varie. Non a caso chi “ha stomaco” è colui che dimostra capacità di “gestire o mandar giù certi bocconi”, e la metafora “calza” benissimo a chi dimostra coraggio o resistenza sul versante psichico e affettivo - emozionale.


Risultati immagini per fuocoLo stomaco, quando “mandiamo giù” sensazioni sgradevoli, è sempre in prima linea e ne facciamo direttamente le spese: un dolore silenzioso che, non trovando una scappatoia, una via d'uscita, si rivolta con tutta la sua aggressività contro … come un boomerang. Certi Pensieri e bocconi che mandiamo giù, nonostante le varie opposizioni, sono spesso vissuti come “bocconi amari”; non si dice forse: “Sapessi quante ne ho dovuto mandar giù” e “Questa cosa proprio non la digerisco”; metafore connesse a quel mondo emozionale a cui simbolicamente le rappresentazioni di tipo gastrico ci rimandano inesorabilmente. E' oramai condiviso da tutti che il cibo mangiato, l'aria che respiriamo, l'attività ginnica che pratichiamo, l'entusiasmo, la gioia, il dolore e i sentimenti che nutriamo a livello sociale, il lavoro, gli amici e i colleghi sono strettamente connessi al nostro benessere più profondo: alla salute. Questo meccanismo interattivo avviene a ogni livello del nostro essere e interessa la dimensione biochimica, quella strutturale e quella sociale. Sono condizioni che dipendono dalla capacità di adattarsi agli stimoli esterni e, quindi, di mantenere quel famoso equilibrio, più volte sottolineato in questi articoli, chiamato omeostasi; in breve, il corpo tende naturalmente ad una sua precisa forma di equilibrio interno rafforzando e stimolando la capacità di “autoguarigione. Gravi lesioni fisiche, carenze od eccessi, infezioni e disturbi mentali possono inibire questi processi omeostatici. L'organismo è equipaggiato per far fronte - se non sono già scappati i buoi dalla stalla - alle sfide quotidiane e predispone continuamente gli adattamenti necessari per mantenere un suo giusto equilibrio. Per far fronte a questo suo grandioso progetto 'curativo', attinge continuamente alle risorse corpo – mente. Se una di queste dimensioni è sottoposta a tensione, immediatamente cerca una forma di compensazione nell'altra; un taglio in qualsiasi parte del corpo è l'esempio più emblematico: quella determinata lesione si 'ricuce' da sola lasciando in vista un bel cheloide. Ad ogni comportamento, ad esempio, l'organismo se è in perfetta salute rilascia delle sostanze chimiche che possono controbilanciare effetti dannosi di un eventuale “intruso”. La possibilità di andare in “tilt”, che aumenta quando il corpo e la mente non riescono ad adattarsi alle pressioni esterne ed interne, dipende da vari fattori che, se continuativi, influenzano la vulnerabilità e la resilienza. I famosi movimenti chiamati peristaltici - meccanismo di trasporto del cibo nel tratto digerente - sono stimolati in parte dal nervo vago, in parte dal sistema nervoso simpatico ma fondamentalmente da una rete di nervi presente nelle pareti dell'esofago, dello stomaco e dell'intestino. La struttura relativa alle pieghe della parete interna dello stomaco è necessaria perché possa distendersi, trovare un suo stato di quiete. Nelle pieghe della mucosa si trovano le ghiandole che secernano il succo gastrico. Per proteggersi da questa sostanza acida, la mucosa secerne anche un muco denso. In alcune malattie, la secrezione di succo gastrico - aumentato dal cibo e, soprattutto, da alcuni stati emotivi - irrita la mucosa stessa. Un prolungato stato di tensione nervosa dunque può essere alla base di un aumento di secrezione e provocare così l'ulcera e tanti altri “malanni” ancora più seri. L'apparato digerente garantisce all'uomo la possibilità di assimilare le varie sostanze chimiche contenute nel cibo, assicurando all'organismo un giusto apporto calorico, indispensabile per il mantenimento delle varie funzioni. Lo stomaco è quella parte dell'apparato digerente situata tra esofago e intestino. Trova spazio nella cavità addominale appena sotto il diaframma, tra il fegato e la milza. Assume prevalentemente una posizione verticale a forma di “cornamusa” ma, a seconda della costituzione individuale, può assumere caratteristiche differenti. Quando tale organo è in uno stato medio di distensione ha una lunghezza di dodici centimetri e può contenere, in media, 1300 centimetri cubi di sostanze fluide.

 

ià nel 1500, pensate bene, ci sono scritti del celebre medico Paracelso, che descriveva tale organo come il grande “alchimista”: purificava e trasformava ciò che veniva messo dentro. Un organo che, se ben ricordate, usa la vitamina A per proteggersi e rafforzare le sue pareti, e varie vitamine del gruppo B per formare gli enzimi. Lo stato emotivo - secondo alcune ricerche accreditate - interessa il sistema digestivo, causando sintomi che vanno dalla perdita di appetito all'avere quelle curiose sensazioni di “farfalle” nelle stomaco. Ma sono comuni e ricorrenti anche problemi più seri. Alcune condizioni, tra cui la sindrome dell'intestino irritabile e varie malattie infiammatorie di questo apparato, sono strettamente legate a fattori psicologici. Molti soggetti, con tali problemi, infatti, soffrono anche di distimia e depressione maggiore che, nel tempo, se non si interviene nel modo giusto, finiscono per esacerbare il malessere digestivo. Molti traggono giovamento da una corretta informazione circa il loro stato e dall'addestramento al controllo di alcuni disagi emotivi e dello stress. Il famoso “mal di pancia” è un malessere che accompagna numerose malattie, non solo a livello gastrico ma coinvolge anche vescica biliare, pancreas, ovaie e utero. Spesso si manifesta con un dolore sordo, altre volte invece diventa più acuto. Gli elementi che aiutano ad interpretare, riconoscere ed isolare il dolore profondo che provoca una eventuale disfunzione di tale apparato sono: l'area dell'addome in cui si verifica il dolore, il tipo di dolore, i vari alimenti assunti di recente, un cambiamento di temperatura, il vomito, un gonfiore esagerato, la diarrea o la stipsi.


 n disturbo in questo distretto corporeo (stomaco) causa dolore nella zona alta dell'addome e, di frequente, coinvolge anche una buona parte del torace, della schiena e delle spalle; le labbra inoltre rivelano lo stato reale di questo organo: una lesione sul lato destro segnala troppa acidità mentre se si trova sul lato sinistro un inizio di ulcera. Un malessere intestinale invece causa sofferenza alla parte bassa dell'addome. Disturbi al tessuto epatico e alla cistifellea si collocano nella parte destra dell'addome, mentre un disturbo pancreatico viene avvertito nella regione superiore dell'addome. Il colore e la quantità di urina sono condizioni fondamentali per conoscere le reali condizioni fisiologiche del corpo (dei reni). L'uomo in buona salute non dovrebbe urinare più di tre o quattro volte al giorno, mentre la donna, con una vescica più capiente, non più di due o tre volte. Il suo colore non dovrebbe essere ne troppo chiaro ne troppo scuro … un colore chiaro come il vino 'chardonnay' potrebbe andare bene; se troppo scura sono stati introdotte troppe proteine animali, cereali e sale; se troppo chiara, il corpo ha assorbito troppi liquidi; se poi è simile all'acqua di fonte bisogna smettere di mangiare zuccheri (reni gonfi). Le feci inoltre dovrebbero essere evacuate mediamente una volta al giorno. Anche qui il colore ha la sua importanza. Un bel colore bruno potrebbe essere quello giusto. Questo “scarto” dovrebbe essere morbido, uniforme e compatto, mai emanare un cattivo odore perché, altrimenti, indicherebbe un palese disturbo allo stomaco o agli intestini. Se si usa troppo sodio, il colon assorbe una maggior quantità di acqua e le feci risultano “pasticciate”, secche, scarse, striminzite e a palline. Anche il fegato, se maltrattato, si fa sentire attraverso il suo peculiare linguaggio: rigidità muscolare, affaticamento, congestione, obesità, infiammazioni oculari. In quasi tutte le culture, questo organo è direttamente collegato al coraggio, all'energia vitale, alla determinazione; tutte definizione riassunte in alcune locuzioni come “avere fegato” o “persona di fegato”. La sua apparente inesauribilità, dovuta alla sua capacità rigeneratrice, lo ha reso simbolo di impavidità ed abnegazione. Non a caso la mitologia narra che l'aquila di Giove dilaniava ogni giorno il fegato al ribelle Prometeo, che nella notte gli ricresceva, in attesa di essere liberato. E' il miglior - se trattato con i guanti - laboratorio biochimico dell'organismo: il miglior produttore di energia e della sua conservazione. Raccoglie e filtra tutto il sangue proveniente dagli organi addominali e, in generale, quello venoso che ha percorso i tessuti periferici, caricandosi di sostanze di scarto, che qui vengono ossidate, scomposte e neutralizzate … un sangue che esce ripulito, filtrato e “ricaricato”. Un meraviglioso organo deputato alla detossicazione e all'eliminazione delle sostanze di scarto di tutto l'organismo.
 
Risultati immagini per bere e mangiare eccessivamente nelle vignette Lo stile di vita “libertino” pone il fegato sempre in prima linea, facendogli svolgere un lavoro sempre più difficile e complesso che mette sempre in pericolo e a dura prova anche il suo potere rigenerativo: ogni sei mesi “ca.” rinnova la metà delle sue cellule. Può accadere, anche in assenza di alterazioni anatomiche, che la sua funzionalità sia in qualche misura inadeguata; il tutto comunque può essere segnalato attraverso sintomi di malessere come stanchezza e sonnolenza. I segnali di un cattivo funzionamento epatico sono espressi attraverso un fastidioso senso di pesantezza, eruttazione, nausea, stitichezza, cattivo sapore in bocca. Altre spie importanti sono: alitosi, pelle giallognola e untuosa, capelli e unghie fragili, acne, eczemi. I sintomi psichici invece, che non mancano quasi mai, si manifestano con irritabilità, collera trattenuta, insofferenza ai cambiamenti, tratti ossessivi e insonnia. Sono rilevatori, comunque, di uno stato, seppur lieve, di sofferenza epatica. Irritabilità, collera ed ingiustizie subite si trovano sempre al primo posto ... la fanno da padrone. Il soggetto “epatico” è colui che si rode dentro per la rabbia o è morso dall'invidia; un personaggio che trova il suo corrispettivo analogico proprio nel cattivo utilizzo delle funzioni epatiche. ATTENZIONE, se nel bianco della sclerotica predomina il colore rosso significa che il fegato ha 'inciampato' di brutto nel suo peggior nemico: acidi grassi saturi … la cellula epatica è davvero in cattive condizioni. Quando ci troviamo di fronte a problemi legati alla funzionalità epatica, il gesto più vantaggioso per quanto riguarda l'alimentazione è quello di fornire all'organismo un combustibile semplice, che richiede sempre poco sforzo, uno scarso impegno digestivo per la trasformazione. I cibi da evitare tassativamente perché compromettono la funzione enzimatica sono: alcolici e sostanze nervine (caffè, tè, cacao) frutta secca, cibi fritti, grassi animali, insaccati, carne di maiale, salse, intingoli vari e prodotti lattiero-caseari. I carboidrati, possibilmente integrali, pesce, carni bianche, agrumi, carciofi, insalata e vitamina C vanno benissimo per disintossicarlo, senza caricarlo troppo.
 


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