mercoledì 30 agosto 2017

Il corpo “parla” ... ascoltiamolo.




Il corpo “parla” ... ascoltiamolo

                                           

ggi, più di ieri, la concezione monocausale della sofferenza umana ha ceduto il passo ad una prospettiva multifattoriale. Malessere o benessere sono considerati come la conseguenza di più fattori, secondo un modello “bio – psico - sociale” in cui questi stessi elementi interagiscono e si integrano a vicenda. L'orientamento scientifico psicosomatico riassume questa grande “voglia” di comprendere l'uomo nella sua interezza; una saggia intuizione che ha ormai trovato ampie conferme scientifiche. 


n modo nuovo “rispettoso” di concepire la malattia. Un approccio singolare, diverso e di fondamentale importanza perché non considera solo l'organo malato da curare, ma la globalità dell'essere umano, per cui l'organo malato rappresenta solo l'espressione ultima di un malessere diffuso; una strategia scientifica particolarmente attenta alla storia personale, familiare ed ambientale dell'individuo. La visione psicosomatica, quindi, del corpo e della mente è globale… per i più “sofisticati” olistica. Dice in realtà che non è possibile comprendere la complessità dell'essere umano se non lo si esamina nella sua totalità: corpo - mente. 


uesto orientamento scientifico non si limita ad eliminar i sintomi: insegna a “sentire” e ad “ascoltare” … stimolare una mente nuova. Esso si pone come obiettivo di “educare” gli individui ad uno stile di vita armonioso, fare pace con se stessi ed il mondo circostante. Un modo di vivere, di pensare e di agire in perfetto equilibrio ... ritrovare la propria strada e, finalmente, riscoprire la magia e il “profumo” della vita. Insegna “a contare su se stessi” e, se lo si vuole, rendere ogni momento della vita un'avventura indimenticabile.

Risultati immagini per malattia in greciaLa medicina psicosomatica fa ritornare verso il “buonsenso” perché orienta l’attenzione sulla logica realtà che l’uomo è una entità a sé: una unità inscindibile. Non è sufficiente, quindi, diagnosticare e curare se l’esame dei vari sintomi non è abbinato alla comprensione delle condizioni generali dell’intero organismo: mentali ed emotive dell’individuo… senza mai trascurare il sociale. La mente e il corpo - funzioni organiche e psicologiche - sono un tutt’uno. L'ansia, non a caso, quando è negata o bloccata scende nella materia, si esprime attraverso il corpo: prende la via degli organi e dei tessuti … un fenomeno che dà voce al disagio emotivo, avvisa che qualcosa non funziona per il verso giusto. Il buon funzionamento del corpo non è semplicemente connesso a reazioni biochimiche, ma è preceduto e seguito, a vari livelli, da un tipo di energia “invisibile” che sfugge alla rigida definizione teorica. Dall’ambito di tale energia vitale non vanno tolte le capacità mentali di intervento e controllo di alcuni meccanismi corporei. Per i più scettici va ricordato che molte funzioni, come ad esempio la digestione, il battito cardiaco, il controllo sfinterico, sono completamente influenzati dallo stato mentale e psicologico (un esempio ben noto a tutti è senza dubbio il bisogno impellente di urinare dettato dallo stress oppure le famose scariche diarroiche prima di un esame).


e l’equilibrio fisiologico raggiunge la sua massima espressione in qualsiasi condizione anche l’aspetto mentale e psicologico viene ad essere alterato in maniera stabile e continuativa. In tal modo, non si arriva a distinguere più l’attività della materia dall’energia vitale, il funzionamento dell’organo dall’energia che lo fa funzionare, lo stato fisiologico da quello psicologico. Questo fenomeno, molto profondo, apparentemente destabilizzante e sconvolgente è più che reale. Ad esempio, una condizione leggermente alcalina del sangue - con un pH 7,4 ca. - genera uno stato emotivo di gioia, gratitudine ed ottimismo, mentre uno stato acido del sangue - con un pH 6,5 ca. - causa una reazione emotiva di ira, rancore, pessimismo e svogliatezza. Da tempo, fin dall’antichità, si aveva la consapevolezza dell’influenza dei fattori emozionali sull’organismo. La malattia era un fenomeno profondo che coinvolgeva non soltanto l'organo colpito, ma tutta la persona: atteggiamento psichico, armonia familiare e ambiente circostante. Una saggia tendenza - ancora oggi di grande attualità per alcuni orientamenti scientifici - a considerare l’uomo nella sua totalità: una meravigliosa struttura nella quale nessuna parte può trovarsi isolata. La pratica medica, già allora, pur essendo esercitata esclusivamente da sacerdoti, spesso più “pizzicagnoli” che uomini di scienza, da stregoni estemporanei e da guaritori improvvisati, aveva una chiara visione olistica del corpo umano e, soprattutto, considerava tale struttura un’unità funzionale inscindibile … concetto attuale di unità indivisibile. Era ben noto alla medicina antica, infatti, che se si procurava benessere all'individuo (gioia, piacere, soddisfazione), anche a quello più "ignorante", la salute migliorava velocemente. 

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n realtà, avevano già capito che l’elemento umano giocava un ruolo fondamentale nella soluzione del problema; l'importanza delle relazioni umane e sociali sia nell'ammalarsi sia nel guarire. La gioia faceva ingrassare mentre uno stato di tristezza, portava dritti al dimagrimento. Erano profondamente convinti che il malato per riprendersi in mano la propria salute doveva stare con gli amici, mangiare bene e bere vino buono in maniera "giusta" (ovviamente non al metanolo): mai irritarlo o annoiarlo. Diversamente, il disagio emotivo poteva avere il sopravento, provocare importanti e profonde modificazioni corporee. E' un meccanismo "scientifico" piuttosto facile, per chiunque, da verificare: se abbiamo paura non sentiamo altro che un corpo impaurito e teso, se invece siamo felici sentiamo un corpo gioioso ed elettrizzante … ci sentiamo sicuri in battaglia anche senza cannoni, ma con un semplice “temperino” (vedasi le nuove ricerche PNI e PNEI: rispettivamente PsicoNeuroImmunologia - PsicoNeuroEndocrinoImmunologia ... l'influenza dello stress sulla risposta immunitaria). 


ttraverso un'attenta e scrupolosa osservazione diretta del soggetto avevano compreso che ogni esperienza forte e sgradevole rendeva la qualità della vita non solo negativa, ma paralizzante e, a lungo andare, davvero invalidante. Tutto era delineato e ben chiaro - seppur in maniera grossolana - che i fattori emozionali e gli eventi esistenziali, particolarmente difficili, erano determinanti sulla salute e, quindi, potevano tradursi facilmente in ogni forma morbosa corporea (visione unitaria della malattia). Due mondi non in contrapposizione ma che esprimevano la stessa realtà con modalità diverse: uno mentale e uno corporeo. Lo scopo principale della terapia era quello di ristabilire la perfetta armonia dell'individuo. Fenomeno che viene descritto sapientemente, molto tempo più tardi, da C.G.Jung con il concetto di sincronicità: ciò che avviene nel corpo si verifica, nello stesso tempo, anche a livello psichico con un atteggiamento mentale simile al malessere organico. Il corpo è un evento sincronico in cui si considera l’uomo come espressione della simultaneità psicofisica (mente – corpo).


e ad esempio soffriamo di gastrite non solo ci brucia lo stomaco, ma avremo anche, a livello psichico, comportamenti e atteggiamenti mentali di natura “corrosiva” e di non disponibilità ad “accogliere”, “trasformare”, “digerire” il mondo … i “bocconi amari”, troppo invadenti, non vanno proprio giù; un personaggio che con il suo continuo rimuginare blocca il fluire naturale della vita. L’attenzione, quindi, era sempre focalizzata non solo sul disagio fisico ma anche su elementi come “temperamento” e “costituzione” (medicina umorale di Ippocrate).
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Il Padre della medicina, inoltre, riteneva indispensabile, prima di iniziare un trattamento, verificare se il paziente desiderava veramente "riprendersi" in mano la propria salute, era fondamentale chiedergli se era pronto ad eliminare le cause della sua malattia. Egli riteneva che la malattia si sviluppasse quando si creava un profondo squilibrio tra i vari umori (flegma, sangue, bile gialla e bile nera). L'umore dominante dava luogo al temperamento: “sanguigno”, “flemmatico”, “bilioso” e “melanconico”; il temperamento esprimeva il carattere e il modo di reagire di ogni essere umano. Tale visione complessiva della condizione di salute dell’uomo, nel mondo classico, dominato ancora da magia e mistero, comportava sempre in ogni caso, anche una certa attenzione alla vita quotidiana e all’atmosfera esistenziale: il modo di porsi nel mondo e un’occhiatina all’interiorità del paziente. 


vvero, una modalità terapeutica sensibile a tutti quei fattori che possono influenzare la permanenza dell’uomo nel regno del benessere o del malessere: biologico, energetico, emozionale, sociale e relazionale. Molte malattie, quindi, secondo questo antico approccio culturale, erano provocate da difficoltà relazionali, semplici frustrazioni quotidiane e da problemi esistenziali improvvisi (problemi nel complicato processo del "dare", "prendere" e "ricevere" ancora oggi molto interessante). Già allora si avevano felici intuizioni e profonda consapevolezza che penosi stati d’animo potevano influire negativamente su certe funzioni come quella cutanea, digestiva e respiratoria. Lo stesso Platone, nella sua grande saggezza, considerava un errore, durante la diagnosi e la terapia, separare il corpo dallo spirito e dal contesto sociale. Egli, infatti, vedeva nel sentimento di amicizia - oltre ad allargare i confini della coscienza (conoscenza) - la possibilità di raggiungere una certa ricarica energetica e la verità attraverso la condivisione giornaliera della vita. Una pratica terapeutica antica che, pur essendo semplice, aveva sapore avveniristico e moderno: un approccio "scientifico" davvero nuovo ed originale nel definire la complessa e variegata sofferenza umana. Tutti fenomeni impalpabili che, spesso, insorgono e si acutizzano in situazioni di tensione diffusa, e migliorano quando le circostante diventano più favorevoli o l’individuo impara a gestire i suoi stati conflittuali. E' opinione ormai diffusa - nonostante l'irritazione di alcuni sostenitori del pensiero scientifico a tutti i costi - che il mondo emotivo possa agire sul soggetto influenzando completamente il suo equilibrio bio – chimico (si veda a tale proposito le modalità espressive della personalità isterica e del paziente patofobico)


a nebbia del sarcasmo e dell'incredulità, ormai, si è diradata, non ci sono più dubbi su questa unicità e simbiosi armonica: sono d'accordo pure gli oppositori più incalliti! Anche la scienza ufficiale ha compreso che un accumulo di eventi destabilizzanti e, soprattutto, le difficoltà a gestire in modo vantaggioso gli stati emotivi, possono predisporre il soggetto a numerosi mali ... a un profondo mal - essere che annienta l'individuo (vedasi le nuove aree di ricerca PNI e PNEI). Non sono dunque i problemi esistenziali in se stessi a favorire il malessere, ma il modo in cui l’individuo li vive e reagisce ad essi. 


conflitti che sperimentiamo con gli altri ci rimandano - in maniera più o meno consapevole - direttamente ai nostri (a volte risvegliano certi vissuti ingombranti, trascurati da tempo, completamente impolverati). Tornando ai tempi nostri, con l’aiuto anche di nuove e sofisticate tecnologie bio – mediche, risulta più facile orientarsi e comprendere al meglio l’uomo e i suoi problemi nella sua interezza … quel fenomeno tanto oscuro, ma meraviglioso, legato all'inscindibile unità mente – corpo. Soma, mente ed emozioni rappresentano, dunque, un’unità: strutture non separate tra loro ma collegate da sottili legami energetici indivisibili. Anche la scienza ufficiale, nella sua tendenza parossistica alla specializzazione, è diventata più sensibile e sempre meno prevenuta verso quegli studi che si rivolgono all'essere umano nella sua "interezza". Un modo di pensare opposto a quello cartesiano che separava la mente dal corpo, studiava quindi l’uomo come una struttura in cui la malattia si poteva manifestare a livello corporeo come sintomo e a livello mentale come disagio. Terminando questa breve e succinta carrellata, Ippocrate diceva più o meno: la persona intera ha un rapporto con ognuna delle sue parti ed ogni organo con la persona intera. E’ illogico curare, quindi, un organo e disinteressarsi dell’insieme. E’ l’insieme che conta di più. E’ il tutto che bisogna curare. 


n organo malato ci segnala che tutto l’organismo è in “avaria”… non esiste malattia locale, ma malattia dell’organismo. La malattia non è altro che uno sforzo dell’organismo per liberarsi di certe sostanze morbose che ingombrano il tutto abusivamente (umiliazioni, schemi mentali, falsi bisogni, tossine, prodotti di rifiuto)cerca di ripristinare il vero stato di salute. “Contrariare” questo processo di guarigione è l’errore più grave che si possa commettere. Trattare un organo separatamente può favorire (investire su) un ulteriore malessere; l’organo è parte integrante di un tutto, è il tutto che è malato ancor prima che lo sia l’organo in questione… è il tutto che deve essere curato. Non bisogna mai dimenticare che nell’organismo tutto è legato e che ogni apparato agisce sugli altri. Nessuna patologia è strettamente connessa ad un solo organo, ma quando una parte è malata, è tutto l’organismo che è colpito e che bisogna curare… mai fermarsi al sintomo! Per lavorare su una patologia occorre molta pazienza, ma assumendosi la piena “responsabilità” della propria salute sarà sorprendente scoprire la “semplicità” e la validità dei vari meccanismi di guarigione totale (ovviamente quando non si è già alla deriva ... la patologia può ancora regredire ... è ancora possibile ripristinare la situazione iniziale ... ci sono carte che si possono ancora giocare) … il nostro benessere non dipende da nessun altro, solo da noi. 



TTENZIONE, però, le situazioni non sono mai facili da decodificare e non sempre tutte le cose dipendono direttamente da noi, bisogna avere molta cautela nel definire le varie condizioni; non è possibile, infatti, trascurare tutti quegli elementi patologici della nostra civiltà: cibi avariati (uova contaminate da insetticidi attualmente di grande attualità), inquinamento, materiali tossici. Proprio per questi motivi e, soprattutto, quando le cose sono conclamate - andate oltre alla possibilità di recupero - bisogna immediatamente AFFIDARSI, senza esitare nemmeno un attimo, alla medicina allopatica. Dobbiamo avere sempre, comunque, la consapevolezza delle nostre condizioni fisiche, dei vari atteggiamenti mentali e delle abitudini individuali per superare con successo certi momenti difficili, di crisi, di stress intenso e prolungato… per raggiungere consapevolmente, qualora fosse ancora possibile, salute e felicità. La prima mossa che possiamo fare per acquisire una miglior consapevolezza di noi stessi è capire che il nostro aspetto esterno, oltre a parlare con un suo linguaggio specifico, è collegato direttamente con il nostro mondo interno. Una volta capita la connessione esterno e interno del corpo - ovvero i messaggi dell’organismo - è possibile comprendere la causa della nostra reale condizione e, quindi, se siamo davvero “cortesi, premurosi, attenti e rispettosi” del nostro corpo possiamo fare il necessario per porvi rimedio. 


a conoscenza, comunque, per buona che sia, non vale nulla se non è messa in pratica. Non rimandiamo all’indomani ciò che si deve fare oggi … il corpo vive sempre nel tempo presente. Provate a pensare, per un attimo, se il cuore nel bel mezzo della giornata potesse dire: “Bene oggi sono stanco, ci penso domani a pompare il sangue nelle vene”. Lo stesso vale per tutti gli altri organi. La nostra salute e il nostro aspetto sono sempre in funzione dell’armonia con noi stessi, il mondo e gli altri. Una mente calma e felice, una buona alimentazione, una giusta compagnia, il tipo di esercizio e le varie attività messe in atto, il modo di pensare, sono tutti fattori indispensabili che si combinano per creare un flusso energetico armonioso, attivo e regolare, buona salute generale e una discreta felicità (“provare per credere” diceva quel famoso personaggio televisivo). 


icordiamoci che nulla succede per caso, isolatamente nel corpo, e quando qualcosa appare sull’esterno è il risultato di qualcos’altro che sta covando all’interno… da piccoli segnali come brufoli, macchie, colore, rughe, escrescenze, irsutismo, callosità si può arrivare a qualcosa di molto più drammatico. Quando qualcosa cambia all’interno, ciò mette in moto immediatamente una reazione all’esterno più o meno visibile. Se sappiamo cosa cercare (leggere la reale condizione fisica), possiamo capire che i segni visibili esterni stanno segnalando, comunicando qualcosa sullo stato di salute… il fenomeno interno viene perciò rivelato in superficie.

La medicina psicosomatica, quindi, “vede” la malattia come un segno di malessere ad altri livelli oltre a quello fisico. Secondo questa interpretazione vedremo che qualsiasi disagio ci induce a compiere un viaggio alla scoperta di noi stessi, il cui innegabile risultato sarà una trasformazione della nostra vita. Uno giustamente potrebbe chiedersi ma “Perché cambiare?”. La risposta è semplice: a volte per stare meglio, altre semplicemente perché - essendo di fronte ad un bivio - non si hanno alternative. Le idee sulle quali si basano le regole della medicina psicosomatica sono molto semplici. La prima è che tutto inizia dentro di noi. Ma cosa significa tutto ciò? Vuol dire che, se abbiamo qualcosa che non funziona bene nel corpo o nella vita, dobbiamo guardare dentro di noi, e non fuori, come invece ci ha propinato da tempo la nostra cultura. Per quanto sopra esposto, è evidente che ognuno - consapevolmente o no - è l’artefice della propria realtà. La crea con le decisioni che prende
(da come vede il mondo e da come pensa il mondo veda lui), attimo per attimo, e se il risultato che ha ottenuto non gli piace, lo può cambiare. Un punto di vista simile può sicuramente intimorire o colpevolizzare (GUAI pensare una cosa simile, non è questo ciò che intende la psicosomatica … MAI esprimere giudizi di valore!), poiché ci rendiamo conto che tutto dipende da noi ma, allo stesso tempo, questa consapevolezza ci permette di essere liberi di scegliere la vita migliore per noi (scegliere e decidere). Il sintomo ci aiuta nel nostro processo di comprensione ... è come un linguaggio in codice che, una volta decifrato, spiega ciò che ci sta capitando e mostra come ognuno di noi crea la propria realtà. Questo implica sia una grande “responsabilità”, perché non si può più attribuire (proiettare) la “colpa” a qualcosa che è fuori di noi, sia anche un’enorme libertà: quella di creare la vita che desideriamo, rispettando noi stessi e gli altri. Un altro assunto importante dal quale parte la medicina psicosomatica è che dobbiamo imparare a vedere a fianco del nostro corpo fisico, un mondo parallelo completamente fatto di energia. La domanda che sorge spontanea è: come procedere per cambiare il nostro punto di vista?
 

rientati, come siamo sempre stati, verso la dimensione materiale, abbiamo l’abitudine di considerare noi stessi come mere strutture biologiche: un insieme isolato di organi, muscoli, ossa e nervi; ma se osserviamo più da vicino la costituzione della materia, vediamo che possiamo considerarci anche strutture energetiche (reazioni elettriche, bio - chimiche, ormonali, ecc). Nell’individuo sano l’energia fluisce liberamente. Se siamo in perfetta salute significa che il nostro psicosoma risponde con successo a ogni evento esterno, scegliendo ciò che funziona meglio per noi. Questa energia può essere percepita e vista da tutti noi, anche se nella nostra società abbiamo idee molto limitate al riguardo. Quando prendiamo determinate decisioni che non sono giuste per noi, creiamo una tensione a livello dello psicosoma e questa blocca il flusso dell’energia; il sistema energetico si conforma alla nuova configurazione in tensione e se questo blocco ha un’intensità sufficiente e dura per un tempo abbastanza lungo, si manifesta un sintomo a livello fisico (contrazione, tensione, infiammazione e lesione). Quando guardiamo le cose da questa prospettiva, vediamo che non è il corpo fisico a creare il campo energetico, bensì il contrario. 


ertanto, quello che vediamo nel corpo fisico è il risultato finale di un processo che inizia nella coscienza. Quindi, se qualcosa non funziona nel corpo bisogna vedere che cosa abbiamo immesso nella coscienza ed, eventualmente, cambiarlo. Se la decisione che abbiamo preso porta ad un risultato che non ci piace, cioè a manifestare una patologia, possiamo decidere di fare qualcosa di diverso e rilasciare il sintomo. Possiamo quindi sostenere, secondo questo orientamento scientifico, che tutti i sintomi non sono altro che il risultato di un’energia bloccata, quando sblocchiamo l’energia, prendendo decisioni diverse, riequilibriamo l’energia e il sintomo può scomparire (se non si è già verificata una profonda “lesione” ... l'organo non ha perso completamente la sua funzionalità). Il sintomo, dunque, è una specie di linguaggio in codice, serve soltanto a comunicarci un messaggio: significa che stiamo facendo qualcosa che non va bene per noi. Nel momento in cui nella coscienza cessa di esistere la condizione che ci faceva star male, il sintomo guarisce (se i “birbaccioni” dell'inquinamento ce lo permettono!). Quando capiamo il messaggio che il corpo ci sta comunicando e facciamo ciò che è necessario per cambiare il modo di essere che ci crea squilibrio, risolviamo la situazione che non funziona per noi; allora, ritorniamo in armonia a tutti i livelli. La contrazione in una parte specifica del nostro corpo si manifesta attraverso una patologia particolare, che è il riflesso della tensione presente in una certa parte della nostra coscienza, in altre parole in una determinata area della nostra vita … il sintomo lo dice chiaramente. E’ evidente che, seguendo questo filo di pensiero, non ci può essere guarigione senza trasformazione. 


ossiamo, ovviamente, continuare a non cambiare, oppure fare qualcosa di diverso e allora avremo un esito differente. Non si tratto di stabilire che cosa sia giusto o sbagliato in astratto ma, semplicemente, che cosa funziona meglio per noi: se scelgo di continuare in questa direzione, sto male, se prendo una via diversa, sto bene. Vedere le cose in questa prospettiva non significa addossarsi la colpa di avere creato il sintomo, ma assumersi la responsabilità di avere preso decisioni non adeguate per noi da un punto di vista energetico (chimico, elettrico, ormonale). Un certo modo di essere crea un sintomo, un modo di essere differente lo fa scomparire. Siamo noi che decidiamo come vogliamo essere. Noi dirigiamo la nostra coscienza, che è energia, con i nostri pensieri. Possiamo scegliere quelli più funzionali al nostro scopo, che è quello di star bene, ma anche quello di essere sempre più noi stessi, di vivere nella gioia e nella semplicità; avere piena consapevolezza delle cose che si stanno realizzando, sentirsi utili e sempre con progetti in “canna” … imparare ad amarsi per quello che si è realmente e, soprattutto, accendere le passioni. Questo significa che, se siamo in grado di creare un blocco con una decisione che non ci rende felici, siamo anche capaci di togliere il blocco (da soli o con l’aiuto di professionisti nei casi difficili). Questo processo può avvenire in modo spontaneo, semplicemente perché ci rendiamo conto di avere imboccato una strada sbagliata e, quindi, lasciamo andare ciò che ci provoca tensione: ritorniamo al nostro stato naturale dell’equilibrio e facciamo ciò che è giusto per noi


volte, però, non è così semplice. Possiamo essere a tal punto coinvolti emotivamente in una situazione da non riuscire a vedere chiaramente ciò che è meglio per noi; manifestiamo un sintomo e non riusciamo a relazionarlo immediatamente a qualche evento della nostra vita. Allora conviene agire direttamente sul campo energetico, riequilibrandolo. La medicina psicosomatica fornisce tecniche di riequilibrio energetico semplicissime, ma decisamente potenti, che permettono anche di comprendere le ragioni per cui abbiamo perso il nostro equilibrio. Ora che abbiamo capito il meccanismo che crea il sintomo dal punto di vista energetico, come possiamo individuare il “codice”, la “mappa” che ci indica la correlazione tra una specifica patologia e la corrispondente tensione che l’ha generata? In altre parole, quale aspetto della nostra vita è teso quando, per esempio, ci viene il mal di stomaco? La psicosomatica è veramente molto precisa nel fornirci la risposta, permettendoci di identificare la causa energetica delle diverse patologie; il malessere non sceglie mai a caso i vari organi, ma colpisce sempre in base alla loro funzione e al loro significato simbolico. Semplificando di molto è come se il nostro corpo dicesse “C’è qualcosa che non va in questa situazione. Non sei attento alle tue sensazioni. Sei distratto, non stai ascoltando. Vai avanti per inerzia. Stai trascurando qualcosa che è molto importante per te"



he cos’è?” Se facciamo qualcosa che non funziona per noi, la tensione si manifesta come blocco del flusso energetico. Il funzionamento psicosomatico riflette le decisioni che prendiamo, a seconda di come scegliamo di rispondere alle situazioni della nostra vita nel momento in cui decidiamo che cosa pensare, che cosa sentire e che filtro percettivo usare per guardare il mondo (disponibilità, apertura, diffidenza, sospetto, ecc.), apriamo e chiudiamo una o più di queste “valvole” (cerebrale, ormonale), modificando il nostro assetto energetico. Tutto procede bene finché le decisioni che prendiamo sono coerenti con ciò che siamo. Ma se non ci ascoltiamo o non siamo lucidi, se neghiamo la nostra vera natura, iniziano a sorgere i problemi. Può accadere che per una decisione errata creiamo un blocco, una tensione (troppa adrenalina nei muscoli e, quindi, contrazioni, tensioni, infiammazioni, lesione … cambiamento ormonale, bio - chimico), da quel momento in avanti la nuova configurazione della nostra energia funzionerà come una calamita, attirandoci esperienze che confermano la tensione originaria. Ciò significa, per esempio, che se, dopo essere stati 'abbandonati', abbiamo deciso di non meritare più affetto, da quel momento in poi il nostro modo di pensare, di fare e di reagire (agendo a livello energetico) costituirà una specie di catalizzatore e attireremo soltanto persone che non ci amano. Questo, proprio attraverso il modo di reagire, di dare e di ricevere, confermerà la nostra decisione primaria: il blocco diventerà più solido e noi saremo sempre più infelici. Questi blocchi, queste tensioni interagiscono principalmente per mezzo del sistema endocrino e quello nervoso. 


uando c’è tensione in una certa parte della nostra coscienza, lo stress è captato dai nervi e diffuso in tutto l’organismo (vedasi PNI - PNEI). In questo modo siamo in grado di leggere il nostro corpo come la mappa della coscienza e, dunque, della nostra vita. Possiamo dire che il nostro corpo ci fa vedere che cosa non va nella nostra esistenza. … il corpo non solo avverte, ma protesta che stiamo NASCONDENDO emozioni, tensioni e stress la sua VOCE tenta di rimetterci sulla strada giusta. Ogni disturbo vuol dirci qualcosa, tenta di correggere un percorso, una direzione sbagliata che stavamo, “sbadatamente”, per imboccare: riporta a riflettere sulle proprie necessità, i bisogni più veri; ogni emozione trattenuta o bloccata ci mette con le spalle al muro, ci isola dall’organismo che, astutamente, altro non può fare che rivolgersi, chiedere aiuto al “malessere” psicosomatico. I disturbi, allora, dalla testa ai piedi, si fanno portavoce - ogni volta che non li affrontiamo - dei legami sbagliati, delle cose che non vanno o che vogliamo, per vantaggi secondari, tenere lontano da noi, così la psiche trova finalmente la sua voce: esprime il suo disappunto attraverso il corpo, ci dà precise indicazioni sullo stato di salute degli organiATTENZIONE, ci vuole guidare verso il benessere, segnalare che bisogna dare spazio a qualche cambiamento e alle emozioni censurate ogni giorno che, poi, tutto sommato, ci isolano dall’organismo. Dice di cambiare qualcosa nella vita, di eliminare quel profondo ristagno emotivo ... come realizzare la nostra vera naturaRICORDIAMOLO, ancora una volta, il corpo non in linea con le emozioni è sempre il messaggero di conflitti interiori, delle incomprensioni, delle manipolazioni, della fragilità, dell’insicurezza, di tutte le cose vitali inascoltate: in breve, che stiamo tradendo noi stessi. 


e si impara ad ascoltare il proprio corpo, si scopre - come d’incanto - che ha davvero molte cose da dire. Alcuni piccoli disturbi, che si trattano come fastidi, spesso frettolosamente in maniera drastica, sono in realtà precoci indicazioni di qualcosa che non va… non ci si rende conto della loro importanza o magari, essendo “distratti”, non ci si rende conto del fenomeno in atto. I disturbi si presentano se perdiamo di vista la nostra immagine più autentica, arrivano per aiutarci a mettere a fuoco e a comprendere che certi atteggiamenti, qualche rapporto e alcuni stili di vita non ci aiutano a vivere serenamente: ostacolano spontaneità e naturalezza; in breve, c’è un “nodo” da sciogliere … senza i nostri disagi, le nostre paure, quindi, non saremo in grado di riconoscere e collegarci con la nostra autenticità più genuina, i nostri veri e profondi desideri ... in breve, aiutano a percorrere la strada giusta. Sappiamo, infatti, da tempo, escludendo sempre la voglia di imporre dottrine o lasciarsi prendere dalla frenesia di primeggiare a livello culturale, che le tensioni del corpo rappresentano stress nella coscienza; queste tensioni nascono da decisioni prese in merito a qualcosa che ci è capitato nel periodo in cui abbiamo sviluppato il sintomo. Una determinata scelta crea tensione e, conseguentemente, il sintomo. 


na decisione diversa, come già accennato, ci permette di rilasciare il sintomo, ritornando al nostro stato naturale d’equilibrio e salute. Queste scelte a volte sono consapevoli (per esempio: faccio questo per fargli piacere, anche se a me non va), altre apparentemente non lo sono. Uso il termine “apparentemente” perché noi siamo sempre in grado di sapere ciò che è giusto per noi, nel profondo; soltanto che, a volte, ci capita di “distrarci!”. I motivi sono davvero tanti: opportunità, vantaggi secondari, solitudine e, soprattutto, perché siamo terrorizzati dagli “abbandoni”. 

Risultati immagini per sofferenza umana nei dipinti
Per riacquistare la “salute”, dobbiamo intraprendere un lavoro personale di ricerca, comprendendo ciò che stiamo facendo “contro di noi” e, soprattutto, dobbiamo attuare una serie di cambiamenti nella nostra vita, lasciando andare i modi d’essere che creano tensione, ritrovando appunto la nostra vera natura, accendere le passioni (so già la risposta di alcuni “Fosse facile, è una situazione immodificabile la mia”); RICORDIAMOLO ancora una volta che non è necessario stravolgere completamente le cose, ma è importante avere la consapevolezza della situazione e della frustrazione ad essa connessa … quel continuo rimuginare che porta a stress, blocchi e lamenti: tutte cose che bruciano i “neuroni”. 


TTENZIONE, però, le cose spesso non sono così evidenti. Molti si chiederanno, ma perché questa sofferenza accade proprio a me, bussa alla mia porta adesso, in questo preciso momento, si presenta ora che ho raggiunto un importante successo professionale, da sempre voluto e desiderato, un traguardo davvero invidiabile sia a livello lavorativo (ascesa professionale, buona situazione economica … una carriera davvero brillante), sia a livello sociale (una brava moglie, dei bei figli ubbidienti, tanti buoni amici … una bella e potente macchina)? SEMPLICE (per modo di dire), un cervello troppo occupato a fare sempre la comparsa o concentrato a recitare la parte di leader, lasciato libero ad intense e continue rimuginazioni, incanalato esclusivamente sui doveri, sacrifici e impegni, sul timore di deludere, su obblighi insensati, su schemi mentali fissi e solo su risultati da conseguire, non potrà mai prendere il volo, “decollare”, non sarà mai pronto ad ascoltare serenamente e in grado di guardare felicemente lo scorrere della vita; proprio per la sua rigidità, le lotte che mette in atto, le tensioni che crea per realizzare cocciutamente i vari obiettivi sempre uguali, PERDE il senso delle cose che gli sono vicine, nonostante gli sforzi non COGLIE mai le varie sfumature della vita: opportunità, apertura, leggerezza, curiosità, spensieratezza, gioia, entusiasmo, libertà, spontaneità, felicità, passione per il lavoro, godersi serenamente momenti piacevoli con i propri figli… da qui il passo è breve, il lettore è libero di ipotizzare tutte le strade possibili. Quante volte, durante il rapporto terapeutico, mi sento dire: “Lei dica quello che vuole, ma io mi sentirò bene solo QUANDO avrò una bella macchina, un bel vestito, una bella casa, una buona posizione sociale, più soldi, gli amici che voglio io, un bel corpo e, perché no, anche una amante intrigante” … una cianfrusaglia di pensieri inutili e deludenti che mettono in stand – by, non fanno mai scegliere, rendono schiavi del giudizio altrui, allontanano sempre dalle vere risorse creative, annullano completamente il PRESENTE (ma non abbiamo forse detto, da qualche parte, che il corpo vive il tempo presente!)



l DISAGIO allora si fa sentire per smantellare quei comportamenti innaturali, quella falsa sicurezza emotiva da tempo adottata, quelle forzature e quei percorsi rivolti solo ad ottenere cose effimere e transitorie, quel senso di inadeguatezza per non aver raggiunto quella “posizione” vincente tanto desiderata, quello stile di vita sofferente che non gli appartiene e che, proprio per questo, è costretto a mettete in scena un personaggio diverso da quello reale, sempre teso, deprimente, insoddisfatto, vuoto, rigido, aggressivo, triste, intriso perennemente di livore e caparbietà … lontano da se stesso, dal divertimento e dai suoi veri interessi, guarderà la sua vita con diffidenza e sospetto, e alla fine, a posteriori, si lascerà travolgere da profondi rimpianti, “cadrà” nella diabolica morsa dei rimorsi per le esperienze passate non vissute, non trattenute, lasciate sfuggire di mano (Le passanti di F. de André); tutte queste cose piene zeppe di infelicità, mai godute in tempo reale, lontane dalla dolcezza, senza trasporto e prive di passione, lentamente, diventeranno una gabbia angusta, acutizzeranno i contrasti interiori, toglieranno valore e fiducia in se stessi, produrranno ansia, cali d’umore, rancore e isolamento: sono da cancellare perché spengono la gioia di vivere, creano confusione, fanno perdere completamente il gusto della vitasono scarti mentali da eliminare velocemente. Anche la tristezza, pian piano, entra in scena, con il suo tormento cerca di far capire che bisogna spazzare via tutte quelle credenze inutili, far nascere nuovi atteggiamenti, nuovi modi di fare più appropriati … rigenerare il cervello di nuova energia


obbiamo volare, far viaggiare la nostra mente in territori sconosciuti e stimolanti in modo tale da evitare di girare in tondo inutilmente, essere continuamente avvolti dal dolore, avvitati su pessimismo e sofferenza … è lo stupore che ci ricarica e ci rende creativi anche nella tragica realtà! Anche nei momenti più drammatici se facciamo buon uso del cervello - lasciando da parte ricordi, ipotesi, dubbi, attaccamenti, aspettative, ambizioni, certezze, falsi obiettivi - possiamo scegliere di vivere in un'atmosfera gradevole: giocare un'ottima partita per raggiungere la miglior condizione di salute possibile.

L'autore non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.



Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
 E mail: bonipozzi@libero.it

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