nche se raramente ne siamo consapevoli, in ogni situazione che viviamo il corpo dice la sua con grande saggezza. Gli stati emotivi, più o meno intensi, si depositano nel corpo. Ogni sentimento vissuto - gioia, dolore e felicità - dall’apparato cerebrale si estende in tutto l’organismo, in ogni molecola, in ogni fibra, in ogni cellula. Se l’emozione, però, viene tenuta inutilmente attiva da un costante stato di allerta e da un perenne rimuginare, si somatizza e, nel tempo, attraverso l’infiammazione e poi la lesione, può diventare malattia. Quando la sensazione di essere in colpa è profondamente radicata, quando si sottopone in maniera automatica a un severo giudizio ogni azione o pensiero, non ci sono dubbi, la salute è a rischio. Spalle incurvate, sguardo spento, pelle opaca, eloquio incerto, postura contorta sono il risultato di un corpo che non piace più, spesso temuto e vissuto come un nemico, che può annientare da un momento all’altro: disturbi orribili sono in agguato.
Queste continue paure - oltre a mettere completamente alla corda tutti coloro che vivono accanto - risultano invalidanti, predispongono all’agitazione, destabilizzano i rapporti e, soprattutto, creano un ambiente povero di sentimenti, spento e noioso. Per chi vive tale situazione, la vita diventa un vero inferno. Una sofferenza che da alcuni, bene che vada, viene considerata una stravagante paturnia, mentre per altri, forse più “sfacciati”, è un’astuta invenzione orchestrata dal soggetto per soddisfare un suo misterioso tornaconto. Tali valutazioni, in parte dettate da rapporti conflittuali, snervanti e frustanti, sono sempre errate: in ogni gesto, se si presta la dovuta attenzione, non c’è finzione, ma traspare sempre una ingestibile sofferenza e una devastante paura. Il soggetto è terrorizzato, si fissa su una forma rara di leucemia oppure teme di essere stroncato da un morbo raro e crudele. Non è possibile raggiungere la tranquillità attraverso l’evidenza clinica perché basta un banale sintomo, spesso transitorio, per ossessionare e tormentare la mente fino a cancellare completamente i recenti referti medici; gli esami clinici non rassicurano più, dopo un apparente sollievo, ecco che si ricomincia da capo. Ben presto il sofferente diventa polemico e accusa gli specialisti, se non proprio di ciarlataneria, di non essere preso sul serio, di un parlare forbito ma ingannevole, di superficialità e di scarsa professionalità nell’affrontare il problema. Nei rapporti appare maldestro, distante e scontroso, non riesce più a concentrarsi sul lavoro per la convinzione di avere una grave patologia non diagnosticata. Gli amici, lentamente, creano attorno al soggetto un tessuto sociale arido e freddo: disdicono gli appuntamenti o non si fanno più trovare perché, a loro dire, è una “compagnia” che agita, irrita, destabilizza e annoia … meglio stare alla larga.
OSA FARE. Mai “peregrinare” su internet alla ricerca di fantomatici “santoni” e malattie bizzarre al fine di formulare una pasticciata autodiagnosi. Sarà vantaggioso, invece, evitare la consultazione di molti specialisti contemporaneamente ma cercare un “solo” professionista (cambiarlo immediatamente se si percepisce di non essere sulla stessa lunghezza d’onda) con cui sviluppare un solido rapporto di fiducia per progettare, insieme, ciascuno in base alle proprie competenze, un reale e concreto programma terapeutico. Non meno importante è concentrarsi sulle proprie sensazioni, i propri entusiasmi, le proprie passioni, le cose che interessano davvero e quelle che spengono le passioni, non appartengono più ad un’esistenza felice, rendono i gesti finti, l’esistenza banale e piena di sofferenze … anche se il malessere descritto può avere alla base cause diverse non va mai dimenticato che certi traumi psichici lo possono alimentare o intensificare.
Se soffri non rimandare,
non
rinviare un affettuoso e genuino sostegno:
l’aiuto deve essere chiesto quando
serve realmente! … altrimenti puoi cronicizzare e soffrire inutilmente in
silenzio. Se, poi, ti ritrovi continuamente inchiodato al dolore forse è
davvero il momento di farti aiutare, di mettere fine ai tuoi patimenti reali o
immaginari, non è un gesto di debolezza ma di grande forza.
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la
diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore
educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 – 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
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