L'arte di ammalarsi con “successo” ...
utti noi, dilettanti e non,
tendiamo a confondere i sintomi della malattia con la malattia stessa, ma
indubbiamente in realtà le due cose non si identificano affatto. E’ possibile
avere una malattia, o diverse malattie, senza essere malati. Analogamente è
possibile essere terribilmente malati senza avere alcuna malattia. La
spiegazione di questo paradosso è che spesso interpretiamo culturalmente il
fatto di essere malati come l’esperienza di una perdita di confort o magari di
produttività. Durante un cambiamento di temperatura repentino è possibile
sentirsi malati, a disagio ed improduttivi, senza la presenza di alcuna
malattia. Il collega poco distante con la scrivania, ad esempio, con seri
disagi emotivi, può essere la persona maggiormente a suo agio di tutto
l’ufficio, pur essendo però completamente improduttivo. La comprensione del
fatto che malattia e condizione del malato non sono la stessa cosa è
fondamentale per riuscire a vivere con successo la malattia, specialmente con
le malattie croniche e ricorrenti, perché quasi certamente si è molto meno malati
di quanto si possa pensare. intomi
e segni. Quando si consulta uno specialista, lui cerca subito segni e
sintomi della malattia. I sintomi
sono sensazioni soggettive,
ovvero quello sconforto che fa preoccupare a tal punto da spingere a ricorrere
prima di tutto a un controllo. I sintomi più comuni sono il dolore,
la dispnea
(respiro corto), l’affaticamento, il prurito, le delusioni, le allucinazioni,
gli stati ansiosi e la depressione. I segni
della malattia, invece, sono fondamentalmente oggettivi; ossa rotte, tagli,
esami
clinici che esulano dalla norma, comportamenti strani. Il segno di
malattia accompagna solitamente i sintomi, ma non sempre. Nel caso dei disagi
emotivi, i segni del malessere possono essere costituiti da strani
comportamenti o da cambiamenti nella chimica cerebrale; i sintomi possono
essere la convinzione di cose che non sono vere (delusione), il
modo di vedere, sentire o percepire cose che non esistono
(allucinazioni). Quasi tutti noi siamo “tentati” ad evitare chiunque abbia
questi sintomi. Ci spaventano perché non si adattano alla nostra idea comune di
quello che dovrebbe essere la malattia. Sembrano minacciosi se non pericolosi.
In effetti, la loro pericolosità può essere più o meno reale. Incontriamo anche
una certa difficoltà ad accettare l’idea che questi soggetti, con problemi
emotivi, siano “realmente malati”. Essi si
presentano, a volte, come persone particolarmente a loro agio ma completamente
improduttive (girano a vuoto). Individui del genere sono spesso
considerati ‘parassiti’ e vengono trattati con una certa diffidenza o ostilità.
I progressi nelle analisi cliniche, inoltre, delle malattie sollevano altri
tipi di problemi. E’ facile comprendere che si è malati se si ha un forte
dolore alle braccia o se il braccio appare chiaramente piegato in maniera innaturale.
E’ ovviamente rotto. Ma che dire quando ci si sente bene, a proprio agio, e
produttivi, ed eppure si ha un elettrocardiogramma che segnala una malattia
cardiaca, una radiografia toracica che mostra la presenza di un carcinoma,
un’analisi sanguigna che rivela il diabete mellito, od uno striscio che indica
un cancro alla cervice?
ome conseguenza viene detto di ricorrere
immediatamente al medico e sottoporsi a cure che, per il momento, non sono
completamente comprese. In queste circostanze i pazienti sono sottoposti a
procedure mediche e chirurgiche radicali. Pochi, comunque, riescono ad
adattarvisi senza difficoltà. In qualche modo c’è la necessità di sentirsi
ammalati se qualcosa è fisicamente fuori posto, ed in questo tipo di situazioni
molta gente comincia ad agire da malata semplicemente per comunicare la gravità
della malattia di cui soffre. Lo sviluppo di un carcinoma è una condizione
fisica che può minacciare la vita, ma altri non lo comprenderanno a meno che non
ci si comporti da malato oltre ad avere i segni fisici della malattia.. Senza
questa espressione culturale della malattia, il paziente con carcinoma deve
affrontare una situazione potenzialmente devastante da solo. Un’altra
situazione clinica può essere altrettanto stressante. È possibile ritrovarsi ad
avere un sintomo di malattia ma senza alcun segno della malattia stessa, per
esempio forti dolori alla parte inferiore della schiena senza un riscontro
diagnostico … “scientifico”. Ci si sottopone continuamente a vari esami clinici
senza fare una qualche scoperta positiva. Non c’è semplicemente ‘nessun motivo’
per quel fastidioso dolore. Che cosa si
può fare? Stringere i denti e sopportare aspettando finalmente un “qualcosa”
che dimostrerà la presenza di un’anormalità fisica, fino a questo momento
impossibile da rilevare. Se ciò accadesse, ci si ritroverà finalmente
ufficialmente malati.
e ciò non accade, però, è possibile trovarsi in una
situazione in cui la gente non crederà nemmeno che si è doloranti o magari che tutto il malessere è “solo nella testa”. Sfortunatamente, il
dolore senza un segno può portare all’allontanamento dal medico di fiducia e ad
un affidamento crescente su cure meno tradizionali o perfino ciarlatanesche: si
diventa facili prede delle fattucchiere. Quando ciò accade, è essenziale essere
in contatto con specialisti ben preparati, comprensivi, tolleranti e flessibili
… in grado di far sperimentare trattamenti diversi e, soprattutto, essere a
fianco di chi, in quel frangente, è completamente disorientato. A dire il vero,
la medicina non ha certo tutte le risposte. Ma se è per questo non le ha
nemmeno l’altra ‘medicina’ o gruppo di improvvisati guaritori. Le situazioni in
cui sono presenti sintomi o malattie incurabili, se incontrate dovrebbero
essere affrontate con una certa maturità, e le limitazioni della cura
dovrebbero essere mese subito in chiaro. Specialisti e pazienti potrebbero
allora trovarsi in una situazione di armonia reciproca, cercando così di
trovare la miglior sistemazione possibile dei sintomi e dei segni.
l quadro dei sintomi comuni, di
seguito descritto, che avvertono sempre della presenza di una malattia può
essere utile per la comprensione della natura della malattia stessa. La maggior
parte di questi sintomi sono non - specifici; il fatto di provarli non ci
rivela di quale malattia si tratta. Si limitano semplicemente ad avvertire
della necessità di intervenire e, quindi, consultare professionisti
qualificati.Dolore.
Il dolore è il sintomo che noi tutti associamo all’idea di essere malati od
alla necessità di cure mediche. In generale, più intenso viene percepito il
dolore e più seriamente viene considerata la malattia da medici e pazienti. Il
dolore viene quasi sempre percepito come invalidante e pericoloso. A differenza
di molte altre sensazioni (udito, gusto, vista) il dolore non può essere
condiviso dall’esaminatore. La quantità di dolore provata viene strettamente
valutata dal paziente, e solitamente non esiste nessun sistema per un medico
per confermare la presenza o l’assenza di un dolore. La ricerca dei sintomi per
evitare il dolore ha giocato un ruolo fondamentale nella nostra evoluzione. Fin
dai tempi antichi, siamo andati alla ricerca di sistemi per affrontare il
dolore e le situazioni che possono produrlo. Il concetto di dolore come segnale
di pericolo è talmente instillato in noi che la sua presenza in quantità anche
piccole ed innocenti innesca massicce reazioni fisiologiche che pervadono tutto
il nostro sistema nervoso. In alcune situazioni il dolore viene percepito solo
quando abbiamo scoperto che un determinato evento è pericoloso. Un esempio
triste e frequente è costituito dal paziente in fase terminale del cancro che
non “sente” dolore fino a quando non viene formulata la diagnosi (L.Dudley - E.WelKe). Per il resto della vita del
paziente il dolore può diventare una componente costante. In questa situazione
il dolore simboleggia la natura del pericolo, e ricorda a coloro che circondano
il paziente che le sue condizioni sono critiche. Troppo spesso il dolore è il
solo mezzo di comunicazione aperto ai pazienti in fase terminale. Solitamente
per un paziente in fase terminale non è possibile discutere con altri la sua
paura di morire; una tale condizione allontana la gente (medici, infermieri,
famiglia, amici) e lascia il paziente a doversela cavare da solo. In contrasto
con una nozione comune secondo cui maggiore è il dolore e peggiori sono le
condizioni della malattia o della ferita, molti elementi indicano che
l’intensità del dolore dipende in gran parte dalle condizioni sociali di chi lo
prova. Uomini feriti seriamente in combattimento spesso provano un dolore
minimo o addirittura nullo. Individui che soffrono di ferite analoghe in un
incidente automobilistico, in cui l’auto viene distrutta per colpa di qualcuno
probabilmente ubriaco, sentiranno dolore intensissimo. In questo caso il senso
di essere feriti è intensificato dall’ingiustizia della situazione. Le vittime
degli incidenti automobilistici sono ferite sia emotivamente sia fisicamente,
ed il dolore conseguente, date le stesse ferite, è notevolmente più intenso di
quello provocato dalle ferite sul campo di battaglia. Il dolore costituisce un
problema dalla portata molto ampia quando diventa cronico, indipendentemente
dalla causa che l’ha originato. Il dolore può produrre una fusione complicata
di emozioni negative e cambiamenti fisici. Questi elementi si manifestano poi
spesso come depressione, rabbia, problemi cardiaci e
respiratori e cambiamenti gastrointestinali. Il dolore può anche
ricollegarsi con un distretto corporeo, e/o
produrre danni ai tessuti (tensione,
contrazione, infiammazione e lesione).
Dispnea.
La dispnea è un sintomo comune in molti pazienti che soffrono o meno di malattie polmonari. La sua identificazione si basa sul giudizio soggettivo del
paziente, e generalmente non è definibile in termini di gas sanguigni od
anormalità nella ventilazione. I pazienti forniscono descrizioni diverse della
dispnea, ma l’elemento generale è quello di sensazioni sgradevoli che insorgono
nel petto (sterno) o nei bronchi, interpretate come interferenze con la normale
funzione della respirazione. Il paziente si sente sfinito, senza fiato, e sente
che non riesce ad inalare una quantità sufficiente di aria. Alcuni pazienti
provano una dispnea molto acuta accompagnata a cambiamenti strutturali minimi o
nulli del loro sistema cardiocircolatorio, mentre altri pazienti provano una dispnea acuta, o nessuna forma di
dispnea, con cambiamenti strutturali acuti. La dispnea viene spesso
sperimentata dalle persone sane e normali durante sforzi esagerati o momenti
caratterizzati da emozioni particolarmente intense. Quando si studiano nei
dettagli soggetti ‘predisposti’ agli attacchi di dispnea, si scopre che tale
fenomeno è collegato sia con le emozioni che connotano l’attivazione sia con
quelle che connotano la non - attivazione. Nel caso di emozioni non-attivanti
quali la depressione, la dispnea è associata con una ventilazione
diminuita, o iperventilazione. Con emozioni orientate verso l’azione quali rabbia
e ansietà, la dispnea è presente in associazione con l’iperpnea o
iperventilazione (ventilazione accresciuta). Così la dispnea è associata sia
alla ventilazione accresciuta sia a quella diminuita. Come sintomo di malattia,
la dispnea rimane molto contraddittoria. Sia le persone sane sia i pazienti che
soffrono di malattie cardiopolmonari la provano. Ma non tutti i pazienti con
problemi cardiopolmonari la soffrono, e può essere innescata da un aumento o da
una diminuzione relativa della ventilazione. La miglior spiegazione di questo
fatto è che la dispnea è un sintomo imparato;
dipende dalle esperienze passate, e dalla lezione che ci hanno impartito.
Eventi quali il trattenere il fiato o piangere troppo durante l’infanzia, disturbi
cardiaci, reazioni allergiche, ed infezioni bronchiali portano
evidentemente a reazioni fisiologiche che vengono percepite come esperienze
minacciose nelle quali si presenta la dispnea. In altre parole, coloro che
soffrono di attacchi di dispnea sono
ipersensibili ai cambiamenti nel loro sistema cardiopolmonare. Provano una
specie di crisi ‘psicosomatica’, un cortocircuito respiratorio. Altri individui
ignorano questi cambiamenti e quindi non soffriranno i sintomi di dispnea. E,
come per molti altri sintomi di malattie, le reazioni emotive alla dispnea
spesso innescano una reazione a catena che origina un numero di attacchi sempre
crescenti. Da qui possiamo trarre qualche informazione utile ma sconcertante.
Il sintomo comune dispnea è indipendente dalla malattia, si perpetua
autonomamente, ed è una reazione condizionata. Siccome la dispnea è associata
al pericolo in due soli sistemi organici, non viene generalmente riconosciuta
un sintomo di pericolo come il dolore. Quindi se si prova la dispnea è
possibile, come accade spesso nei disagi emotivi, sentirsi accusare di
simulazione. Coloro che ci stanno accanto spesso non comprenderanno i motivi
che ostacolano la capacità di lavorare o di giocare; perciò, come spesso
sottolineato, è possibile trovare molte difficoltà nelle relazioni sociali a
meno che la propria dispnea non diventi abbastanza seria da portare gli altri a
considerarla davvero dolorosa.
rurito.
Il prurito è una sensazione limitata dell’epidermide. Viene solitamente
definito come il bisogno di grattarsi, ed indica la presenza di danni sulla
superficie più esterna dell’epidermide. E’ un sintomo che dice qualcosa di
specifico a proposito della regione in cui esiste il problema, e fornisce anche
qualche indicazione sul problema stesso. Il prurito è diverso dal solletico,
che rappresenta una risposta ad uno stimolo all’epidermide. Il prurito sembra
trasmesso da alcune tra le stesse fibre nervose che trasmettono il dolore, ed
in effetti un prurito molto intenso può essere doloroso al massimo. Può essere
provocato da un gran numero di malattie che agiscono direttamente od
indirettamente sulla pelle. Per esempio, si può avere il prurito perché
l’epidermide è stata esposta ad una sostanza chimica tossica quali detersivi o
sostanze chimiche in generale. Oppure si può avere il prurito perché l’epidermide
è stata esposta ad un elevato livello di prodotti di rifiuto presenti nel
sangue, risultato quindi di una insufficienza renale.
atica.
La fatica è un altro sintomo non-specifico che porta sempre a ricercare un
aiuto professionale. Spesso punta verso la depressione, la sensazione di averne
abbastanza dei problemi della vita per un bel po’. La stanchezza può indicare
anche altre malattie. La fatica è presente spesso quando il corpo è sottoposto
a qualche infezione, o ha un livello ridotto di ormoni “attivanti”. La fatica
può accompagnare qualsiasi squilibrio nella produzione biochimica delle
sostanze nutritive o dell’ossigeno nel sangue, o la rimozione di materiali di
rifiuto.
llucinazioni. Spesso il sistema nervoso centrale ‘inventa’
sensazioni e ce le fa provare: visioni, rumori, sensazioni od odori che in realtà non
esistono. La cosa sembra verificarsi quando non si presta attenzione
all’ambiente circostante, o si soffre di qualche patologia che isola il
cervello dalle sensazioni provenienti dal mondo reale. Privato di quelle
sensazioni che gli permettono di distinguere ciò che è reale da ciò che non lo
è, il cervello si riempie di cose che si pensa potrebbero o dovrebbero
esistere. Combinazioni di pericolo, solitudine e affaticamento possono innescare
tremende e bizzarre allucinazioni.elusioni. Le delusioni
sono pensieri che non sono ‘veri’. Per esempio, in alcune malattie la gente
pensa di stare fin troppo bene o che qualcuno sta cercando di ucciderla. Queste
malattie sono solitamente di natura emotiva, e dovrebbero essere valutate e
curate da persone qualificate in questo settore. Sia le delusioni che le
allucinazioni sono collegate a diversi quadri clinici: depressione, schizofrenia, psicosi manico
depressiva, narcisismo, paranoie. Inoltre, qualsiasi condizione che
altera in maniera significativa la struttura fisica e i neurotrasmettitori
cerebrali può produrre questi sintomi, ed essi devono essere controllati sempre
da specialisti prima che si possa dare il via ad un qualsiasi trattamento specifico.
Aggressività …
Sono infiniti e, per certi versi, sconcertanti i dati accreditati che
confermano l’esistenza di una relazione tra cambiamenti di vita, stress e
malattia. La spiegazione fondamentale del motivo per cui i cambiamenti di vita
producono le malattie è il fatto che tali cambiamenti richiedono all’individuo
(organismo) uno sforzo di adattamento, oppure lo costringono a combattere un
evento stressante. Alcuni individui mostrano un’abilità quasi inquietante ad
esprimere comportamenti aggressivi, o meccanismi aggressivi, per affrontare i
cambiamenti di vita; queste persone
sembrano che non si ammalino “mai”.
lcune persone si basano
solo su un paio di comportamenti aggressivi ogni tanto, e sono perennemente ammalate.
La maggior parte di noi si trova da qualche parte tra questi due estremi, in
base al numero dei comportamenti aggressivi di cui ci serviamo. I comportamenti
aggressivi comprendono le reazioni emotive (rabbia,
tristezza, depressione), le abitudini personali (mangiare, fumare, attività fisiche, sessuali),
le abitudini inconsce (morsicarsi le
unghie, sospirare, tamburellare le dita). Dedicarsi
coscientemente al proprio lavoro ed ai propri hobby è un comportamento
aggressivo, così come lo è il tempo passato in famiglia. I comportamenti
aggressivi possono essere dolorosi, specialmente se vengono manifestati
abbastanza di rado. Se mangiare diventa un comportamento aggressivo primario, il probabile
risultato è l’obesità. Nella nostra cultura l’uso dell’alcol e di altre
droghe come meccanismi aggressivi ha creato, soprattutto tra i giovani, un
problema di dimensioni epidemiche. Consideriamo un individuo il cui
comportamento aggressivo primario è la paura, un soggetto che non sappia
assolutamente come scendere a compromessi, arrendersi, intellettualizzare
o ridere. Per quanto possa trovarsi in una condizione minima, come
tutti gli altri dovrà affrontare almeno un centinaio di situazioni all’anno che
richiedono un qualche tipo di reazione decisa. Una multa per eccesso di
velocità, per esempio, od un ingorgo stradale che fa perdere molto tempo, o
forse sentirsi dire che la camicia preferita è stata macchiata in lavanderia.
ome risultato, l’individuo succube della rabbia avrà una reazione
“impassibile”, sempre uguale, anche quando la rabbia non sarà la reazione
appropriata o vantaggiosa. Come risultato, la persona vittima della rabbia sarà
sempre nei guai e troverà impossibile affrontare la vita. Una persona del
genere avrà notevoli difficoltà a conservare un lavoro per molto tempo, a mantenere strette relazioni interpersonali, o
a essere positivamente inserito nella vita sociale. Come pazienti, individui di
questo tipo non sono mai soddisfatti delle terapie; da studenti si ribellano
contro gli insegnanti; da lavoratori sono perennemente infuriati con i
superiori. Tutto e tutti li fanno andare su di giro. Nell’ambito di schemi di
questo tipo, esistono persone che sanno solo reagire deprimendosi o
abbandonando la lotta. A cavarsela particolarmente bene nella vita sono quelli
che sanno rispondere a qualsiasi situazione scegliendo tra almeno una dozzina
ed anche più comportamenti aggressivi.
onoscono reazioni diverse allo stesso
stimolo. Possono scegliere di reagire con rabbia,
tristezza, risate e logica. Sanno quale comportamento ideale è
richiesto da una determinata situazione. Sono proprio queste le persone capaci
di affrontare un numero considerevole di cambiamenti di vita. La malattia
stessa è sovente un comportamento aggressivo, e quando la malattia si verifica
in un individuo che ha una certa povertà di altri comportamenti aggressivi su
cui basarsi, la malattia diventa solitamente un comportamento dominante … a
volte difficile da guarire o, magari, di rimettersi in piedi facilmente.

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi
diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un
valore educativo, non prescrittivo.