mercoledì 19 giugno 2013

- DIPENDENZA


DIPENDENZE  perché è così difficile uscirne?


a dipendenza è una condizione di “resa”, una forma di “schiavitù”, un atto con cui si “consegna” la propria vita a qualcuno o a qualcosa. Un comportamento altalenante, con effetti distruttivi, in base al quale un individuo attiva una relazione distorta con altre persone, situazioni, luoghi o cose. Un abbandonarsi a situazioni che gradualmente dominano e gestiscono la vita del soggetto fino a distruggerla completamente; impulsi forti che spingono l’individuo a compiere azioni dannose non soltanto per se stesso ma anche per gli altri (familiari, amici, colleghi). Un modo sbrigativo per sfuggire ai problemi o per alleviare sensazioni di impotenza, colpa, ansia o depressione. E’ una ricerca confusa del “piacere” attraverso qualche surrogato che, paradossalmente, pur limitando il potere decisionale, rende “accettabile” e “vivibile” il disagio quotidiano: un modo davvero singolare per alleviare la sofferenza quotidiana e sedare il malessere interiore. L’aspetto veramente distruttivo della dipendenza è l’impossibilità assoluta di gestire il comportamento ripetitivo, anche se consapevoli della sua inadeguatezza e del disagio che comporta. Il soggetto getta via il suo tempo, dissipando completamente la sua energia, perdendosi in lunghi ed inutili rituali. Questo rapporto “maldestro”, soprattutto se profondo ed intenso, oltre a far crescere l’ansia, può produrre sbalzi d’umore e modificare negativamente i rapporti interpersonali; la dipendenza - a causa di pensieri “spazzatura” e comportamenti forzati - avvelena, domina, controlla, distrugge, rende schiavi ed impoverisce l’esistenza fino a diventarne la padrona assoluta. 


ale esperienza, inoltre, contrariamente a quel che si pensa, non è prerogativa di un’età a rischio e tanto meno circoscritta ad un particolare ceto sociale. E’ un problema endemico che si acuisce con i “crolli” emotivi e si insinua indistintamente, senza misericordia, nelle case dei ricchi, nelle chiese, nelle case popolari, nei colti e negli ignoranti. E’ un fenomeno intenso e travolgente che in maniera subdola prepara il terreno a patologie psicosomatiche ricorrenti davvero importanti come insonnia, eruzioni cutanee, ulcere, cefalea, attacchi di panico e depressione. Il logorio associato alle varie dipendenze, inoltre, può esacerbare o peggiorare alcune condizioni fisiche, spesso già compromesse: intestinali, epatiche, respiratorie, cardiovascolari, neurologiche ed endocrini. La dipendenza, alterando la visione della realtà dell’individuo, non è un’abitudine innocua, una banale scusa, una mancanza di responsabilità o un’incapacità di esercitare il controllo su determinate situazioni, ma è - secondo il DSM IV - un vero e proprio quadro clinico che coinvolge aspetti sia fisici sia psicologici. 
Il ventaglio delle dipendenze è particolarmente ampio: da sostanze chimiche (collegate al consumo: alcol, cibo, nicotina, farmaci, psicostimolanti) e psicologiche (collegate al comportamento: - shopping, tentare di colmare un vuoto interiore oppure sentirsi più potenti in virtù del fatto di lasciarsi andare a spese pazze - gioco d’azzardo, difficoltà a gestire la propria affettività - sessuale, distrazione e sollievo emotivo - affettiva, scarsa autostima e bisogno di definire il proprio valore in base all’opinione altrui - lavoro bisogno ossessivo di garantirsi il futuro attraverso l’accumulo di ricchezza e beni - internet, mezzo per evitare qualsiasi approccio costruttivo al vivere con se stessi e gli altri). La distinzione tra fisica o psicologica è comunque solo teorica perché tutte le forme di dipendenza alterano e modificano la chimica cerebrale attraverso complessi messaggeri chimici (neurotrasmettitori). Al riguardo si veda la complicata natura della dipendenza da gioco d’azzardo, definita drugless, in cui non è implicato l’intervento di alcuna sostanza chimica esterna. 


gni dipendenza, infatti, proprio perché agisce su precise zone cerebrali, dando un senso di  esaltazione e piacere provvisorio, alimenta la ricerca del benessere illusorio e scatena il desiderio di ripetere l’esperienza “tossica”. Per la complicata natura assuefante del fenomeno, quindi, non è possibile fare una netta distinzione tra fattori biologici della dipendenza ed elementi psicologici della stessa. Le sostanze psicoattive (in maniera più marcata) e i vari sentimenti umani attivano sempre uno scambio di informazioni  tra milioni di cellule nervose. Questa alterazione, agendo sullo stato emotivo, si impossessa lentamente della persona fino ad annullarla completamente: si diventa, man mano che passa il tempo, sempre meno padroni della propria vita. Un ebbrezza altamente distruttiva che assorbe completamente tutte le energie mentali e conduce ad una vita di sterile infelicità. Gesti e rituali che danno un sollievo temporaneo ma che fanno aumentare l’angoscia anziché ridurla.



ome è stato più volte sottolineato, più si è dipendenti, depressi o compulsivi, più le aree cerebrali di questi sintomi diventano capaci di generarli (kindling). Un programma terapeutico tempestivo ed adeguato, oltre a ridurre il rischio di ricadute e aiutare il dipendente ad affrontare il senso di vuoto che emerge nella fase di recupero, permette di velocizzare i trattamenti e migliorare, fin da subito, la vita del malato. Il piano di recupero deve basarsi sulla comprensione del significato della dipendenza per il singolo soggetto e delle valenze specifiche attivate in ciascuna situazione.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
E mail: bonipozzi@libero.it

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