mercoledì 18 ottobre 2017

Buone notizie … sul “MALE OSCURO”



Buone notizie … sul  MALE OSCURO

(Brevi frammenti di psicosomatica)



l quadro clinico depressivo non è, come spesso ritenuto dal pensiero comune, un banale e semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano, in maniera piuttosto evidente, il modo in cui il soggetto ragiona, pensa, raffigura se stesso, percepisce gli altri e, soprattutto, vede l’ambiente circostante. Una condizione psicosomatica inquietante che non solo uccide lentamente i rapporti familiari e sociali, ma toglie energia e annulla ogni forza di reazione ... spegne completamente la vitalità. Un soggetto con un vissuto a pezzi, una vita fatta di rinunce e contraddizioni: odia restar solo ma si isola dal mondo, vuole amore ma lo 'rifiuta' perché teme di essere deluso. Sembra che niente possa scuotere queste persone, nulla riesce a spronarle: sono bloccate nel passato e incapaci di formulare progetti per il futuro; nonostante il loro profondo tormento, paradossalmente, non “vogliono” aiutarsi o farsi aiutare. 

on serve allarmarsi, ma neanche liquidare questo disagio con qualche giro di mestolo o, peggio ancora, come semplice fattore caratteriale. Quante volte mi sento dire: “Ma sa dottore mia nonna era fuori come un balcone, mia mamma come un poggiolo e io non ho proprio scelta, non posso mica essere diversa, non crede ...”. A parte l'ironia, più o meno riuscita, è bene precisare che la genetica propone e l'ambiente dispone; certe sofferenze emotive, volenti o nolenti, sono sempre il prodotto di uno stile di vita, della cultura o dell'ambiente in cui si vive: quasi sempre, ahimè, frutto di rapporti maldestri. E' vero, si ereditano cellule e molecole, ma si apprendono anche modi di fare, di reagire e di pensare che, a loro volta, possono modificare la struttura neurofisiologica si insegnano cose belle ma anche cose brutte.
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on dobbiamo MAI e poi MAI girarci dall'altra parte, ignorare questa silenziosa sofferenza, questa drammatica e profonda scontentezza: la tristezza va sempre ascoltata, bisogna sentire cosa ha da “dire” fin dall'inizio, per evitare che cronicizzi o “sfoci” in quadri clinici ancora più complessi e dolorosi. La manifestazione più evidente è la caduta dell'energia, accompagnata da un senso di vuoto, di indegnità, di inadeguatezza, di rinuncia, di sfiducia e di pessimismo … il senso di colpa controlla e gestisce completamente la sua vita. Il depresso ha un gran bisogno di tenerezza, di stima, di amore, di considerazione, di prendere e di ricevere: tutte cose “incrociate” ma mai vissute direttamente nelle sue fasi evolutive. In lui sono presenti carenze antiche, ormai incolmabile, bisogni arcaici non ancora soddisfatti: stima, affetto e considerazione … un'attenzione mai conosciuta. Quel vissuto legato all'esperienza drammatica di abbandono si ripresenta ora con tutta la sua drammatica crudezza; un dialogo affettivo, con le figure di riferimento, da sempre cercato e mai trovato; una vita strutturata e rivolta a compensare quell'amore primordiale negato, che non c'è mai stato e mai ci sarà (così, come lo vorrebbe lui). Una ricerca concitata di un qualcosa che, purtroppo, non troverà MAI … una brutta storia senza futuro. E così, tra la gente, cerca con grande avidità quello che non ha mai avuto, se non di sfuggita: un gesto affettuoso, un caloroso abbraccio, una tenerezza, una carezza, un bacio, uno sguardo buono e gentile
Risultati immagini per un gesto gentile nei dipintiUn estenuante girare a vuoto tra parole non dette e gesti negati. Le giornate allora trascorrono monotone, caratterizzate da rinunce, contraddizioni e da un continuo ripiegarsi su se stessi … la parola d'ordine è una sola, rimandare, differire 'urgentemente' ogni cosa … anche l'affetto (aggressività muta). Questa tragedia emotiva si caratterizza per la sua incomunicabilità, quasi sempre sgradevole e accusatoria, ovviamente non per sua volontà. Si sente perennemente fuori posto, in prestito, precario, confuso, poco amato e per nulla stimato: un vivere in bianco e nero, una visione della vita quotidiana “appannata” … uno stato di grande confusione, tormento e inquietudine. 

na profonda abulia si impossessa del soggetto, scarsa reattività, immobilità, rigidità, servilismo, ritualità anticreativa, mancanza di gusto per la vita, squilibri affettivi sono all’ordine del giorno e, nei casi più gravi, sono espressi atti violenti contro se stesso (autosoppressione) e gli altri. I sintomi psichici, comunque, includono sensazioni di inutilità, inadeguatezza, difficoltà di concentrazione e memoria, rancore, solitudine e disperazione, spesso associate a perdita di interesse nel lavoro, nella vita familiare e sociale. ATTENZIONE, queste caratteristiche non vanno interpretate come “difetti”, non sono etichette per denigrare qualcuno, ma solo modi per definire alcune modalità reattive poco vantaggiose per se stessi e gli altri: come vede la sua vita e interpreta il mondo.

l depresso è convinto di essere un fallito, di non essere più in grado di svolgere i compiti che gli sono richiesti e per questo finisce per colpevolizzarsi e, soprattutto, isolarsi dal mondo. Tra i malesseri fisici possono essere inclusi perdita di energia, debolezza, lentezza nei movimenti, insonnia, bocca asciutta, problemi digestivi, intestino pigro e stipsi … cosa più drammatica, perdita di contatto con il corpo. In alcuni casi si può perdere o prendere peso (dipende dalla stato ansiogeno … più si è presi dall'ansia e più si divora) e spesso si possono accusare, in maniera più o meno invalidante, disturbi mestruali e sessuali.

In alcuni scritti di Ippocrate e Galeno troviamo un profilo unitario inquietante del depresso; una personalità descritta, già allora, come inibita, severa, fragile, alle prese con un amore insaziabile e incapace di sperimentare piacere (anedonia); un personaggio destinato ad un destino nefasto: di contrarre persino il cancro (vedasi “Arte medica Antica” - “Medioevo e medicina”).

n alcune persone tale malessere (depressione reattiva, anaclitica) è associato a fattori esterni: lutto, divorzio, lavoro, licenziamento, pensionamento, problemi affettivi e di coppia. In questo periodo storico - in questo curioso e bizzarro mondo globale - la depressione è percepita come una malattia in crescita esponenziale, in pratica una sorta di pandemia che trova radice in un modello di vita inadeguato ad affrontare una realtà confusa, frenetica e in perenne cambiamento (una specie di Babele senza torre). Il cervello, infatti, non è costruito per vivere nella frenesia, nell’abitudine e nella noia, ma ama la spontaneità, la naturalezza, vuole vivere imprese affascinanti, cambiare prospettive, cerca l’imprevisto e la sorpresa; ha bisogno di un “cibo” particolare e nutriente: entusiasmo e passione. Solo in questo modo può secernere le famose sostanze del buon umore (serotonina, noradrenalina, dopamina). La depressione il più delle volte si manifesta senza trombe e tamburi (senza preavviso), ma possiamo percepire, se siamo attenti, la sua atmosfera pesante, la sua drammatica e silenziosa presenza … ma anche i suoi preziosi insegnamenti. Tristezza, insicurezza, ruminazione mentale, senso di impotenza, perdita della speranza, disperazione, paura, isolamento, fastidio, insoddisfazione, confusione e irrequietezza, infatti, sono tutti stati emotivi che vogliono segnalare una cosa soltanto: che stiamo perpetuando schemi esistenziali decisamente obsoleti, oppure copiati, imitati, non nostri, che non ci appartengono.


Chi si oppone a questa sofferenza emotiva o tenta di zittirla con qualche strategia estemporanea (sostanze psicoattive: alcol, fumo, cibo … tutte cose che “addormentano” il cervello) rischia di cronicizzarla, oppure preparare il terreno a una nuova depressione più complessa e dolorosa. Mai fingere di stare bene perché lo sforzo stimola alcuni mediatori neuro – chimici antagonisti, peggiorando in tal modo la situazione psicosomatica, di per sé, già complessa e, soprattutto, precaria: angoscia, affanno e tachicardia vanno a ruota libera. In realtà questo stato, così come l’ansia, non va mandato indietro (soffocato), ma va lasciato, ovviamente sempre con un aiuto professionale qualificato (sempre se lo si desidera veramente … mai suggerito o spinto da altri), agire e gestito in modo più produttivo e vantaggioso possibile: metterlo a tacere ('nuotare', sostare, rimanere nella sofferenza) è solo un modo per renderlo ancora più forte e potente. 


a crisi depressiva, pertanto, arriva per liberare il cervello, per far vivere in maniera “spontanea - naturale”, rompe quegli schemi mentali che imprigionano, imbavagliano e annientano l'intero psicosoma; una vera e propria capacità del cervello che, saggiamente, “suggerisce” quando è il momento di “svoltare”, cambiare direzione nel percorso quotidiano, anche se tutto ciò a volte è impercettibile o si cerca di resistere (non si vuole ascoltare). Proprio per questa ragione è necessario smettere di recitare il solito personaggio, anche se nell'immediato può sembrare utile perché riempie dei “vuoti”, può rassicurare o mettere apparentemente al “sicuro” dalle turbolenze emotive. E così per il buon vivere si annullano i propri desideri, si evitano i cambiamenti repentini, l’imprevisto, quello che si desidera veramente viene annullato, spento, cancellato; si “sceglie” allora una scorciatoia, una vita piatta ... si va contro mano. Un quotidiano sempre uguale, contraddittorio, spesso inutile, senza alti e bassi: un mondo noioso e banale che ingabbia la felicità.
a vera esistenza, invece, scorre altrove, lontano dal personaggio precostituito, dalla grigia maschera che si indossa ogni giorno, dai rapporti stantii e banali. Ecco, allora, che si rimane intrappolati: più si trascura la vita, più si fa sentire lo stato depressivo. A volte, invece, uscire dal solito cliché farà sentire meno stanchi, meno banali, più vivaci e curiosi; aprirà a uno stato di nuova e stimolante compartecipazione con la realtà … si farà pace, finalmente, con il mondo intero. RICORDA, il cervello si trasforma fisicamente in risposta alle nostre esperienze. I neuroni sviluppano nuove connessioni grazie alle nuove sensazioni e persino a causa dei pensieri. Quando apprendiamo qualcosa, cerchiamo nuovi traguardi o proviamo una determinata esperienza per la prima volta, il cervello a tutti gli effetti cresce o altera la propria struttura per accogliere le nuove informazioni.
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ICORDA, se non affronti i conflitti perché temi di perdere l’armonia, se inibisci continuamente l’aggressività perché ami i rapporti ‘troppo’ sereni, se continui a tacere e a sopportare ogni cosa per il quieto vivere “rischi” di inciampare nella depressione.


L SEGRETO PER FARCELA
. Per riscattare una vita “spenta” e, soprattutto, per riequilibrare la chimica cerebrale, cominciamo a mangiare “bene”, non è tutto ma sicuramente un buon inizio. La carne bianca, infatti, contiene il triptofano (amminoacido) precursore della serotonina (neurotrasmettitore); livelli bassi di serotonina nel cervello sono un segno di depressione. Una dieta, inoltre, a base di carboidrati integrali (carboidrati complessi, mai semplici), aumentando la serotonina possono aiutare a gestire la depressione. Il depresso ha bisogno di molta luce (un vero e proprio bagno di luce; vedasi SDA: Disturbo Affettivo Stagionale), in quanto la sua lunghezza d'onda agisce su due neurotrasmettitori (serotonina e dopamina) indispensabili per regolare l'umore. Anche alcuni oligoelementi come Rame - Oro - Argento se assunti con una certa continuità possono supportare nei momenti difficili; per la sindrome ansiosa, invece, assumere Manganese - Cobalto - Litio - Fosforo - Magnesio. 


TTENZIONE, non utilizzare MAI le sostanze naturali per sentito dire, perché se possono far bene possono anche far molto male. Come ad esempio prendere l'Iperico se si assumono già farmaci antidepressivi di sintesi. Anche la Rhodiola rosea, in certe situazioni, può essere di grande utilità: alza la serotonina, allevia la stanchezza e aiuta la memoria. In un momento di forte stress e nei casi di leggera depressione, la Sequoia gigantea (MG) può diventare un grande alleato, soprattutto, per chi è abituato a piangersi addosso e per chi ha la sensazione di essersi infilato in una situazione che non presenta soluzioni.

RICORDIAMOLO, quando siamo in buona “forma” facciamo le scelte migliori e creiamo le condizioni più vantaggiose.


QUESTA BREVE ESPOSIZIONE HA SCOPO SOLO INFORMATIVO E NON CURATIVO. IL FINE DI QUESTO LAVORO (come ogni articolo pubblicato) E’ QUELLO DI INFORMARE, “TOCCARE” QUANTE PIU’ MENTI POSSIBILI IN MODO TALE CHE OGNI SINGOLO INDIVIDUO POSSA ESSERE STIMOLATO AD APPROFONDIRE (se lo desidera) I VARI ARGOMENTI TRATTATI E, QUINDI, ESSERE IN GRADO DI FARE SCELTE IL PIU’ POSSIBILE MIRATE, RESPONSABILI E CONSAPEVOLI PER IL PROPRIO BENESSERE. RIFLETTERE, SCEGLIERE E DECIDERE LIBERAMENTE … PER CRESCERE.

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LA CONSAPEVOLEZZA E' GIA' TERAPIA!!!

L'autore non si assume alcuna responsabilità circa il materiale qui riportato o per la conseguenza del suo utilizzo. Per qualsiasi disagio si invita vivamente il lettore a rivolgersi a professionisti qualificati e accreditati in questo settore.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo, pertanto, ha un valore educativo, non prescrittivo.



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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - E mail: bonipozzi@libero.it




1 commento:

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