venerdì 13 febbraio 2015

-ADOLESCENZA. I problemi di mio figlio.


I problemi di mio  figlio  

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nche se ad alcuni genitori fa piacere pensare che l’adolescenza sia un’età beata e spensierata, le preoccupazioni giovanili, purtroppo, sono presenti e comuni in ogni periodo evolutivo. La natura dei malesseri e dei timori invalidanti, inoltre, cambia via via che i giovani crescono.
Qualunque sia la causa del disagio o dell’apprensione, c’è una netta differenza tra l’essere ansiosi e il soffrire di un disturbo d’ansia, un malessere decisamente più grave e duraturo. Un bambino fa visita ai nonni che abitano in un grande palazzo, sale sull’ascensore per raggiungere l’abitazione, improvvisamente comincia a tremare e a sudare, si sente soffocare e ha l’impressione di morire. Una fanciulla, per paura che succeda qualcosa di terribile andando a lezione di danza, non esce di più casa a meno che non sia accompagnata dal fratello più piccolo. Un adolescente, pur sapendo perfettamente ogni materia, è praticamente paralizzato dal terrore prima di ogni interrogazione. Un bravo studente universitario, per paura di volare, rinuncia di approfondire le lingue straniere in altri paesi. Sebbene tutti di tanto in tanto si sentano agitati, nervosi, irritabili o imbarazzati i soggetti sopra descritti devono affrontare qualcosa di molto più grave ed invalidante: i disturbi d’ansia. I disturbi d’ansia ad esempio - disagi mentali particolarmente diffusi tra i bambini e gli adulti -  includono: episodi di terrore improvviso e inspiegabili (attacchi di panico), paure ingiustificate per oggetti e situazioni particolari (fobie), una sofferenza cronica (GAD)

utte queste inquietudini (paura, ansia, fobia) possono presentarsi molto presto, prolungarsi più o meno a lungo fino all’adolescenza o a un’età adulta. Quando il bambino, dopo aver raggiunto la capacità di ricordare, acquista quella di prevedere (senso del futuro, dell’avvenire), la paura può assumere una forma di apprensione che è sostanzialmente un timore diffuso vissuto anticipatamente: tale è la paura prima degli esami. Più tardi ancora, la ragione, la comprensione razionale degli oggetti e delle situazioni, il senso del ridicolo, possono trasformare le reazioni di spavento: ci sono bambini ed adolescenti che ridono delle loro paure; altri non osano esternarle, le tengono per sé, le interiorizzano o le trasformano. Tali sono i ragazzi timidi, inibiti, quelli che non hanno paura di nulla di preciso ma allo stesso tempo di tutto, quelli che nutrono inquietudini di ordine metafisico, che hanno paura della propria ombra. Infine, non bisogna dimenticare che è spesso nel momento della pubertà che paure antiche, fobie scomparse, possono riapparire insidiosamente e proprio sotto forme assai vaghe di inquietudine, di ansia diffusa, di inibizioni. Il giovane ha un modo di pensare che è molto diverso dall’adulto e, certamente, le sue paure appaiono strane e incomprensibili. Per queste ragioni, egli tende a generalizzare: la paura del padre autoritario, ad esempio, può essere trasferita su tutti coloro che indossano una divisa (la divisa nell’immaginario collettivo rappresenta l’autorità). 

Risultati immagini per fantasia nei dipintiA volte da un vecchio avvenimento che lo aveva terrorizzato, tratterà solo un dettaglio: in una notte di luna piena ha provato uno spavento e ora ha paura della luna. Spesso è scomparso anche il ricordo dell’oggetto ch’egli aveva associato a uno spavento ma quell’oggetto continua a provocare la paura. Questa può subire anche una trasformazione: il bambino che da piccolo avrà presentato delle angosce connesse alla alimentazione (frequenti cambiamenti di cibo, prolungata attesa dei pasti, clima di grande tensione durante i pasti) potrà in seguito diventare ansioso prima dei pasti e rifiutarsi di mangiare (anoressia)


n altro, in cui sarà stata immediatamente repressa ogni velleità di mostrarsi alquanto aggressivo, non oserà manifestare coraggio quando richiesto: la proibizione di essere aggressivo, cattivo, si confonderà con una proibizione di mostrare la propria forza e il bambino rimarrà timido e diventerà pauroso. Cosa fare. Prevenire l’inquietudine significa in primo luogo evitare le occasioni di creare l’ansia, poi saper rassicurare il ragazzo e infine mai impiegare la paura come mezzo educativo. Evitare le occasioni e saper rassicurare significa preparare sempre gradatamente il bambino alle nuove situazioni (mai sostituirsi a lui!). L’educazione è come una serie di svezzamenti in cui il giovane deve poter accettare, in base alle proprie capacità cognitive, le nuove costrizioni: prepararlo in un clima di fiducia, anche di calma, affinché non abbia paura di diventare adulto e sappia superare le sue difficoltà, le sue paure, la sua timidezza. Evitare di usare la paura come mezzo educativo, significa eliminare la minaccia immaginaria: l’uomo nero, lo stanzino buio, il cane cattivo che può tutto divorare. 


on bisogna usarla come forma di ricatto: “Non dirmi che avrai paura di farlo”, oppure: “Guarda, lui non ha paura di farlo”. Questi atteggiamenti a volte possono non avere gravi conseguenze, ma non possiamo mai sapere quale eco possano suscitare nel bambino queste parole, quali antiche angosce esse possano risvegliare in lui (insicurezza, incertezza, disistima). Se da una parte non bisogna dimenticare che le paure costituiscono spesso una spia di incidenti banali e benigni dell’educazione, dall’altra esse rischiano a volte di sfociare in turbe durature del carattere: timidezza, chiusura in se stessi, inquietudine per tutto; e soprattutto non bisogna dimenticare che in circostanze sfavorevoli possono essere l’inizio di turbe più gravi (depressione, fobie, dipendenze, disturbi alimentari). In definitiva, è quindi l’atteggiamento di comprensione e di sollecitudine da parte degli adulti che nella maggior parte dei casi potrà evitare determinate difficoltà, facendo scomparire alcuni segni anomali laddove si manifestano, mentre è invece necessario  prendere la decisione di consultare uno specialista nei casi più difficili. E’ sempre meglio prevenire che curare.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.
 

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 0532.476055  – 349.1050551
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