domenica 10 marzo 2024

 


Ipocondria … le malade imaginaire



no dei capolavori teatrali più brillanti, originali e suggestivi realizzati nel XVII secolo in Francia dal drammaturgo Molière è “Il malato immaginario”. Una perla teatrale in cui molti di noi, ancora oggi, purtroppo, si riconoscono e si identificano con tale personaggio: una figura cupa, insoddisfatta, ferocemente disperata per una malattia inguaribile del tutto immaginaria. La celebre commedia per certi versi realista, più che mai attuale, narra la vita di un credulone beffato, tormentato e circondato da una schiera di medici “alternativi”, imbroglioni, che non solo fanno diagnosi insolite e bizzarre, e lavorano esclusivamente per il loro tornaconto, ma creano una infinità di danni al protagonista della vicenda; una storia senza tempo, un uomo fragile, trascurato, anziano, ricco e stravagante, sicuramente tormentato dai suoi malanni, dalla paura di invecchiare e di ammalarsi, ma altrettanto ossessionato dal prezzo delle parcelle e dal costo dei medicinali prescritti da alcuni dottori birbaccioni come Olezzo e Purgone. Il personaggio principale di nome Argante, man mano che passa il tempo diventa sempre più polemico, impaziente, furioso e aggressivo verso tutte quelle metodiche terapeutiche inutili e superficiali somministrate da “pizzicagnoli” di scarso prestigio professionale ed umano i quali anziché migliorare le sue condizione fisiologiche le peggiorano giorno dopo giorno; personaggi che, a loro volta, si difendono e lo accusano di scarsa sensibilità verso la scienza, la vera medicina, perché rifiuta sofisticati strumenti diagnostici e cure all'avanguardia; li definisce astuti truffatori che ne approfittano del suo insanabile malessere, si prestano in ogni momento del giorno e della notte ad oscuri inganni, a manovre scorrette e truffaldine nei suoi confronti. Addita senza sosta, tutti coloro che, volutamente, non riescono ad individuare e risolvere il suo “innocente” problema di salute e, cosa più grave, di nascondergli eventuali cattive notizie: qualche malattia terribile, rara e incurabile. In breve, il più celebre e bizzarro ipocondriaco della storia della medicina occidentale alle prese con blandi lassativi e tormentato da continui, inutili e “fastidiosi” clisteri ... una vita che, parafrasando Dante Alighieri, ruota intorno più a inferno e 'purga' che paradiso. Costantemente ipervigile, perennemente preoccupato, attentissimo sulla corretta funzionalità ed integrità del suo corpo, afflitto da insolite e ridicole malattie, per la maggior parte immaginarie, stanco dei vari trattamenti fantasiosi ed inutili, somministrati da professionisti ciarlatani, incapaci, egoisti ed ipocriti, chiede per l'ennesima volta le cure di un altro pseudo medico - ancora tirocinante - non certamente diverso dagli altri, ma in grado di supportarlo nei momenti di crisi, aiutarlo a gestire quel suo fastidioso, curioso, incomprensibile, strano “vizio”, il dottor T. Diafoirus (figlio del noto dottor Diafoirus, cognato di Purgone) promesso sposo di Angelica primogenita (meglio avere in casa un 'medico' anche se poco qualificato e per nulla intelligente che essere abbandonato al proprio destino, al tormento della vita quotidiana, non avere nessuno attorno che sappia un po' di “stregoneria”); anche questo però, pur masticando con una certa abilità le lingue antiche, viene definito da Moliére imbranato, sgraziato, giuggiolone e, soprattutto, non solo limitato culturalmente ma, come i precedenti, di scarso livello scientifico e di poche capacità professionali … dalla padella alla brace direbbe ancora qualcuno! Dopo una vita di lamenti ipocondriaci, depressione, allarmismi e ansia, a farlo ragionare o meglio guarire dalla sua fissazione di essere gravemente ammalato sarà soltanto una “semplice” diagnosi di un finto medico che prescrive l'amputazione di qualche arto, cosa che terrorizza il soggetto provocandone l'immediata guarigione. A parte la bellissima e originale opera teatrale, l’ipocondria - da non confondere con la patofobia o l'isteria di conversione - è, purtroppo, una preoccupazione “seria” e “dolorosa”, vissuta comunque come “reale”, un timore esagerato ed irragionevole per il proprio stato di salute, ancora oggi, per molti, piuttosto diffuso e, soprattutto, un curioso quadro clinico che dà filo da torcere anche ai medici di base più preparati in quanto i sintomi, sempre ben mascherati, non sono mai collegati ad una lesione organica visibile. Anche se si sa da tempo che esistono molti disturbi delle funzioni organiche nei quali sembra che giochino in maniera significativa molti fattori di natura psicologica è piuttosto comprensibile che dal punto di vista clinico il professionista si senta confuso e disorientato; se non ha una buona formazione a livello psicologico troverà sempre una certa difficoltà a classificare questo quadro clinico nelle sue forme più complesse, strane e singolari; quando si ha di fronte una mente che in realtà percepisce “sintomi” fisici in assenza di un reale cambiamento biochimico e caratteristiche cliniche specifiche, quello stato funzionale, sarà sempre difficile da diagnosticare anche per il professionista più abile e scrupoloso. La tensione si scarica, senza modificare apparentemente in profondità la struttura fisica, attraverso le vie somatiche: una situazione funzionale piuttosto che anatomica; è la forma più intricata del disturbo funzionale, uno stato di diffidenza e di allerta debilitante, una turba delle sensazioni corporee accompagnata da da un'angoscia devastante.

n rapporto che, alla lunga, può mettere in luce alcuni punti deboli del professionista e indurlo ad errori banali, a sentimenti negativi, mettere in pericolo la relazione fondamentale medico - paziente: eccessivo zelo terapeutico, onnipotenza, megalomania, un fastidioso controtransfert, la scarsa tolleranza per l'ansia e l'angoscia del proprio assistito, possono giocare brutti scherzi e incrinare il rapporto terapeutico, diagnosi e cura. Una esistenza letteralmente esasperata, concentrata, strutturata e organizzata esclusivamente sulle funzioni del corpo: un'attenzione eccessiva su dieta e feci, una interminabile ritualizzazione del sonno e dei pasti. L'ipocondria per gli addetti ai lavori, nella forma più semplice, è una preoccupazione esagerata per la condizione della propria salute. Il soggetto, usando un'immagine familiare, si “ascolta” e, quindi, amplifica anche il segnale fisiologico più banale, come fa il malato immaginario di Molière. Un soggetto perseguitato dall'incontrollabile convinzione di avere un male raro, oscuro, brutto, incurabile, non ancora in circolazione o diagnosticato; un pensiero talmente consolidato e radicato nella sua mente che resiste a qualsiasi rassicurazione da parte di seri e competenti luminari, e anche di fronte all'accumularsi di referti ed esami clinici normali o negativi. Le sue sensazioni viscerali possono diventare insopportabili; può giungere fino al punto di soffrire per veri dolori creati dalla sua immaginazione. Il suo atteggiamento narcisistico lo spinge ad esigere attenzioni e cure eccessive. E' un quadro clinico difficile da gestire non solo per i pazienti e familiari, ma anche per la classe medica e, soprattutto, non deve mai essere preso alla leggera perché oltre alle forme ansiose, fobiche e isteriche di poco conto esistono condizioni che possono materializzarsi in un delirio ipocondriaco piuttosto serio: veicolare un pensiero delirante di tipo psicotico. Per dirla in termini tecnici e in maniera più scientifica possibile, possiamo dire che le cariche narcisistiche degli organi sono particolarmente accresciute e danno origine a sensazioni ipocondriache, le quali poi vengono “spiegate” con fantasie primitive, così aprono la strada ad esperienze allucinatorie e idee aberranti di possesso, offesa o perdita dovuta a un atto esterno. Dove predominano idee di perdita organica, si sviluppano più rapidamente sentimenti di spersonalizzazione (mancanza di sensazione dell'organo, senso che certe parti del corpo “non appartengono alla persona, o siano morte come avviene nella sindrome di Codard). Ma di regola la spersonalizzazione tiene dietro a una fase ipocondriaca ed è una difesa contro il timore del cambiamento o “perdita” di un organo. Il soggetto consuma grandi quantità di energia narcisistica attraverso una preoccupazione meticolosa per le sue sensazioni o funzioni corporee, e finisce per produrre una specie primitiva di controcarica (espulsione dalla coscienza) che cancella le sensazioni penose. Tale reazione può essere scatenata da sintomi transitori di minima entità o, nei casi più gravi, con tratti psicotici completamente fuori dalla realtà, senza un preciso riferimento organico; è un disturbo di tipo funzionale senza un evidente substrato anatomico che può sfociare in reazioni piuttosto drammatiche come automutilazione o complesse convinzioni deliranti (vedasi la sindrome di Codart). L'individuo facilmente suggestionabile, anche quello più “normale”, se si concentra intensamente su alcune sensazioni del suo corpo, al di là del suo vero quadro clinico, scoprirà tantissime alterazioni più di quanto potrebbe pensare e, quindi, preoccuparsi della loro possibile funzionalità (più ci si concentra su quel punto o funzione del corpo, più si allarga la sensazione). E' un fenomeno che si può manifestare attraverso una profonda ansia e, quindi, con paure continue ma infondate circa le condizioni dei vari organi e tessuti del proprio corpo oppure attraverso sensazioni fastidiose come ad esempio alcune percezioni di semplici, naturali e banali cambiamenti fisiologici: contrazioni, formicolii, pesantezza, bruciori, convulsioni, congestioni, spasmi. Una banale emicrania diventa un tumore cerebrale, un semplice formicolio un ictus, una trascurabile indigestione un infarto imminente, una normale stanchezza una profonda infezione o una devastante anemia falciforme. Attenzione, le persone affette da queste condizioni, che lamentano sintomi fisici privi di una base organica riconosciuta, in cui non vi sia alcun segno di una causa biologica, non sono criminali, diabolici truffatori, ma semplicemente non sanno controllare, non hanno le difese psicologiche giuste per gestire ciò che sentono e neppure producono o simulano a livello cosciente i loro malesseri.


i avrà qualche idea delle complesse forme eziologiche necessarie a spiegare questa complessa condizione psicosomatica osservando soltanto le condizioni cliniche cui essa si associa o cui preclude. In forma leggera, la si può riscontrare spesso in un disturbo organico iniziale, meno frequente nelle situazioni traumatiche, negli stati d'angoscia, stato di debolezza irritabile che si manifesta con una serie di sintomi che vanno dalla cefalea prevalentemente nucale al cardiopalmo e alla ipereccitabilità. Può comunque accompagnare un isterismo di conversione e lo si trova, cosa più grave, in vari stati psicotici ad esempio in alcune forme leggere di ansia preannunciate da disturbi gastro – intestinali, in forme aberranti di depressione e negli attacchi schizofrenici, dei quali anzi può essere il primo sintomo. Possiamo dare per certo, perciò, che tale quadro clinico (ipocondria) può essere causato dagli stessi disturbi funzionali di eccitamento e di scarica abbastanza invadenti e aggressivi coinvolti nei gruppi appena descritti. Avendo accantonato questi, possiamo ora rivolgere la nostra attenzione ai meccanismi implicati nelle psicosi, e a quei disagi in cui si manifestano sintomi psicotici. In primo luogo, possiamo dare per certo, non solo che le difese del conflitto sono all'origine delle manifestazioni ipocondriache, prima o durante le manifestazioni psicotiche, ma che il fattore di regressione dentro l'apparato psichico ha qui una parte più importante di quella che non abbia nelle condizioni psico – somatiche.


ati tecnici. Regressione: meccanismo inconscio implicante un ritiro di energia psichica da un livello psichico più o meno avanzato di funzione ad uno più primitivo … ritorno a comportamenti passati. A modi di pensare precedenti, più infantili o, più in generale, che richiedono maggior accudimento. Lo sviluppo affettivo ed intellettuale avviene per fasi successive legate ad una progressiva maturazione del sistema nervoso. A volte, quando si trova in una certa fase, l'individuo regredisce ad una fase anteriore in seguito ad eccessiva fatica, stress, a malattia, a deterioramento mentale. In particolare il disagio emotivo, le difficoltà esistenziali provocano regressioni.

nsomma, dobbiamo renderci conto del fatto che, in fasi diverse dello sviluppo dell'apparato psichico, vi sono modi sempre più complicati di tener testa all'eccitamento … alle tensioni, ai problemi della vita. Nelle prime fasi della vita mentale, l'associazione fra lo stimolo e la scarica somatica è più stretta che in qualunque altra fase. Ma col crescere della psiche, il processo regolatore viene sempre più controllato da fattori psichici, finché non si raggiunge un punto in cui il disturbo psicogeno della carica inconscia è la causa principale del turbamento della sequenza di eccitamento e scarica. Per comprendere l'ipocondria psicotica, sono necessari prendere in considerazione alcuni concetti: energia organica, narcisismo, l'Io corporeo, la carica degli oggetti istintuali, l'abbandono della carica degli oggetti, regressione (vedi sopra). La libido degli organi introduce un fattore quantitativo di base. La quantità della libido degli organi varia; può salire o scendere oltre i limiti normali. La precoce formazione di alcuni nuclei della personalità (Io) dentro un'organizzazione narcisistica primaria.

ati tecnici. Narcisismo. Nel disturbo narcisistico l'autostima viene mantenuta tramite le conferme dell'ambiente circostante; il soggetto ha notevole difficoltà a mettersi nei panni degli altri e le sue caratteristiche principali sono: bisogno di essere sempre ammirati, idea grandiosa di sé, esagerazione dei risultati ottenuti, pseudoumiltà e tratti depressivi spesso mascherati. A livello educativo e sociale pare che le figure di riferimento non abbiano risposto in maniera adeguata alle sue richieste naturali evolutive: una relazione genitoriale per certi versi fallita. Un soggetto con un certo grado di arroganza, che per compensare la sua grande fragilità ha sviluppato un'immagine di sé grandiosa ed autosufficiente (rafforza l'autostima svalutando e disprezzando gli altri). Il suo dramma è proprio questo, non si fida di nessuno, non ha bisogno - a suo dire - di niente e di nessuno ... come potrà mai chiedere un aiuto “terapeutico” o dipendere da un altro nell'ambito sociale o lavorativo? Le attività di gruppo sono forzate e mai genuine, se ci sono vengono utilizzate per mettersi in mostra. Si considera un individuo superiore agli altri, brillante, dotato di ineguagliabile abilità, poteri speciali e con fantasie di successo illimitato: tutti sono insignificanti e privi di valore … mors tua vita mea. Le relazioni interpersonali sono tantissime ma tutte superficiali (lo si riconosce subito: le sue conoscenze sono sempre di alto livello, sfodera sempre la cosa migliore e originale, dal medico al meccanico personale). Nell'ambito familiare considera più importanti i figli che il partner ... forte insensibilità ai bisogni e sentimenti degli altri. Se non si è attenti è un disturbo che può essere confuso con personalità psicopatiche, depressive, isteriche e ossessive – compulsive. Un candidato all'ansia e alla depressione con manifestazioni corporee specifiche (attacchi di panico, tachicardia, tensione muscolare).


arcisismo primario è quello del bambino che prende se stesso come oggetto d'amore senza alcun rapporto con il mondo esterno. Questo stato corrisponde alla credenza infantile nell'onnipotenza dei propri pensieri, ritrovabile nel popolo primitivo. Si tratta d'un amore che resta fissato all'Io, prigioniero del proprio fascino. E' a partire da questo narcisismo che bisognerebbe comprendere anche il sentimento religioso o sentimento “oceanico” (una sensazione di essere un tutt'uno con il mondo esterno). Il sentimento oceanico dev'essere sconfitto dal “principio di realtà” (nettamente in contrasto con il principio del piacere), ma può sussistere o riapparire in certe malattie sotto forma di narcisismo secondario.

arcisismo secondario. E' uno stato morboso che s'incontra nelle più gravi di tutte le malattie mentali: le psicosi. Non si tratta di una fase della libido, ma d'una regressione patologica. Il mondo intero può venir privato d'ogni legame affettivo con il soggetto che ripiega il suo amore su se stesso (Io) il narcisismo è frequente in malattie come la schizofrenia e la paranoia. Poiché il mondo viene disinvestito della libido, il malato si chiude in un mondo immaginario, dove rivive il “sentimento oceanico” del bambino: il delirio. Il fantasma più caratteristico di questa regressione narcisistica è quello della “distruzione del mondo”. Il malato ha l'impressione che dall'inizio delle sue turbe tutto l'universo sia crollato. Infatti l'ha completamente disinvestito. Attraverso i suoi fantasmi s'è costruito un mondo interiore nel quale può vivere. E' un delirio da cui non uscirà più. Frantumati i confini dell'Io, lo psicotico, nella sua regressione narcisistica, diventa prigioniero dell'immagine del proprio corpo.

IASSUNTO (Personalità Narcisistica). Il soggetto che presenta un disturbo narcisistico “puro” mantiene la propria autostima (o disistima) tramite le conferme (o disapprovazioni) provenienti dall’esterno. Una grande fame di riconoscimento, attenzione, ammirazione e un bisogno continuo di essere rassicurati: letteralmente terrorizzati di essere svergognati da qualcuno o che la loro fragile autostima venga sminuita. Il narcisista, infatti, oltre ad essere costantemente alla ricerca di situazioni in cui possa essere ammirato in modo tale da aumentare la considerazione di se stesso, è perennemente allarmato e preoccupato del giudizio altrui. Questi soggetti, pertanto, non ammetteranno mai i propri errori, cercano in tutti i modi, sfoderando unghie e canini, di nasconderli a chi potrebbe scoprirli, sono spesso arroganti e, sotto sotto, pensano che tutto gli sia dovuto: una modalità comportamentale che spesso ferisce e, quindi, non facilita il rapporto interpersonale, anzi li allontana dagli altri. Nei casi più gravi, denigra i modi di pensare altrui ma pretende una buona considerazione delle proprie opinioni. Nel mondo del lavoro, poi, rischia continuamente l’emarginazione perché insiste su un trattamento di riguardo in funzione delle sue fantasticate capacità fuori dal comune: a dir poco, secondo lui, eccezionali. Sono soggetti a cui “manca qualcosa” nella loro vita interiore e nell’interazione con gli altri … non chiedono mai nulla perché in tal modo ammetterebbero di avere “bisogno” degli altri (di essere “difettosi”, di avere dei problemi). Fanno di tutto per non riconoscere i propri impulsi e desideri … sono intolleranti alle critiche, non accettano l’imperfezione e la possibilità di fallire in qualcosa. La vergogna (convinzione di essere considerati cattivi o trasgressivi) e l’invidia sono emozioni dominanti di questa organizzazione psichica. Una personalità caratterizzata da atteggiamenti esibizionistici, sensazione di vuoto, arroganza, distacco, inaccessibilità emotiva, pensiero onnipotente (immagine grandiosa di ciò che vorrebbe essere), sopravvalutazione delle proprie capacità e tendenza a giudicare gli altri. Sono soggetti preoccupati di come appaiono agli altri … in fondo in fondo si sentono impotenti, deboli, inferiori, disonesti, temono di essere inadeguati e incapaci di amare. Sono continuamente in lotta perché temono di essere trovati con le mani nel vasetto della marmellata: smascherati nelle loro debolezze. I soggetti a rischio, cioè capaci di sviluppare un carattere narcisistico, oltre ad aver vissuto in un clima eccessivamente valutativo, sono particolarmente sensibili ai messaggi emotivi, sono stati (sfruttati) utilizzati dalle figure di riferimento per mantenere la loro autostima (cresce disorientato perché non capisce a chi appartiene la vita che conduce ed è criticato ferocemente quando sbaglia). Utilizzano principalmente come meccanismi di difesa l’idealizzazione (grandiosità interna ed esterna: ecco perché il narcisista ha sempre lo specialista migliore, il figlio più diligente, il docente più autorevole, il dentista più bravo, il parrucchiere all’avanguardia, ecc.) e la svalutazione (gli altri non valgono niente) e il perfezionismo (obiettivi grandiosi, esagerati). Queste persone particolarmente vulnerabili e sofferenti sono difficili da trattare a livello terapeutico: difficilmente si avvicineranno spontaneamente ai vari trattamenti medici e psicologici, perché sarebbe come ammettere che hanno qualche problema … basta davvero poco per ferirle e deluderle.


dipende dall'esperienza corporea di innervazioni motorie e sensorie di affetto che variano col crescere e il calare dell'eccitamento istintuale. Queste esperienze corporee variano anche col fluttuare dell'attività fisiologica ed erogena dell'organo coinvolto, per cui i nuclei primari della personalità sono i nuclei corporei, contenuti, per così dire, dentro una struttura molto “sottile”. Questi nuclei costituiscono le prime differenziazioni interne del narcisismo; ma man mano che cresce il riconoscimento degli oggetti, la fase narcisistica fa posto gradualmente a una fase di distinzione fra l'Io e le cose circostanti. La percezione, o meglio la differenziazione degli oggetti viene intensificata dal rapporto diretto, dall'esperienza di diverse gradazioni e specie di carica, di cosa rappresenta quel determinato oggetto. Ma poiché nessuno di questi sviluppi è definitivo, totale e permanente, i processi possono sempre venire rovesciati in uno stato di regressione. La prima fase di questa regressione nelle psicosi è uno spostamento, un diniego della libido oggettuale, la quale, però, è più totale che non nelle forme più leggere di disagio emotivo. L'oggetto psichico è abbandonato. La libido regredisce verso livelli narcisistici e riaccende in ordine inverso le varie fasi di organizzazione che già un tempo hanno condotto allo sviluppo della formazione relativa all'oggetto. Per cominciare, l'Io è invaso dalla libido narcisistica (Io: istanza psichica che svolge una funzione di regolazione fra processi primari e processi secondari, ovvero fra principio di piacere e principio di realtà). Se la regressione continua senza limiti, viene intaccato l'Io corporeo originale, e i suoi componenti nucleari più antichi e più importanti vengono sovraccaricati di libido.


ati tecnici. Libido: è la quantità di energia posta al servizio delle pulsioni. Si distingue da queste ultime perché ne ricopre soltanto l'aspetto psichico, non l'aspetto somatico (fisico). La libido non è una mera forza oscura, ma possiede una storia, descrivibile in termini di fasi. Dalla nascita alla conquista della generalità, l'individuo attraversa un certo numero di fasi (orale, anale, sadico – anale, fallica, genitale). Ogni fase è definita da una particolare organizzazione della libido attorno ad una zona erogena (bocca, pelle, orifizi, genitale …). nel corso di questa evoluzione il soggetto corre due rischi, la fissazione e la regressione. Può accadere che una fase sia investita più di un'altra. La libido allora rimane fissata, in parte o del tutto, ad una fase. Se non si risolve la questione in modo soddisfacente, la libido non raggiungerà mai la fase successiva (genitale) o, peggio, regredirà ad una fase già superata in precedenza. La regressione dà origine alla perversione. Se l'individuo (Io) lotta contro il desiderio di regredire, può manifestare disagi emotivi. Nevrosi e perversioni sono trasformazioni patologiche della libido. Alcuni distinguono tra libido dell'Io, investita dal soggetto sulla propria persona, e libido oggettuale, che determinerebbe l'attaccamento del soggetto al suo ambiente circostante. Tra questi due modi d'investimento ci sarebbe un equilibrio, poiché uno aumenta quando l'altro diminuisce).


n questa fase entra in gioco la piena forza del processo psicosomatico funzionale. La libido dell'organo viene accresciuta per il concorso di fonti sia dirette sia indirette, e comincia il disturbo della funzione somatica. Questo disturbo viene costantemente accresciuto dalla carica narcisistica secondaria dovuta all'ansietà. Le prime fase del disturbo danno origine ad ansietà e sensazioni ipocondriache. Perciò, in un certo senso, si può dire che l'ipocondria psicotica è semplicemente una precoce manifestazione psichica sull'organo dovuta ad una regressione psicotica, e che è complicata da un elemento traumatico dovuto ad un'invasione narcisistica della psiche. E' il fattore dell'introversione, che segue al diniego e ritiro della libido dell'oggetto, quello che per primo pone in essere la regressione della libido dentro l'apparato psichico e che determina un imbrigliamento ed accumulo dell'eccitazione.

uai sottovalutare la più banale manifestazione corporea, non ascoltare comunque ogni piccolo segnale fisiologico perché molte patologie gravi, lo sappiamo - spesso a nostre spese e con certezza a livello scientifico - iniziano silenziosamente, in sordina, e si sviluppano lentamente, sono la manifestazione di sintomi semplici, confusi, lievi e relativamente innocui. Quando si ha a che fare con un problema fisico, spesso, il disagio emotivo viene frequentemente sottodiagnosticato. E' fondamentale, invece, di fronte ad un paziente che lamenta sintomi poco chiari, strani e inspiegabili, approfondire sia l'anamnesi sia i dati clinici per escludere eventuali disagi psicosomatici profondi: angoscia, ansia, depressione o magari qualche dipendenza non segnalata. Dunque, sempre attenti, mai lasciare certi segnali corporei al caso, ad analogie, ad esperienze passate! Gli esami clinici, sempre da fare, ci possono aiutare a risolvere i dubbi.

nche se raramente ne siamo consapevoli, in ogni situazione lavorativa, sociale, relazionale o semplicemente comunicativa che viviamo, il corpo dice la sua con grande saggezza. Gli stati emotivi, più o meno intensi, difficili, quelli che feriscono e a volte lasciano un piccolo segno, si depositano nel corpo, vogliono farsi sentire, orientarci a scoprire cose importanti che non conosciamo ancora ... vogliono insegnarci in che modo possiamo difenderci, farci diventare “primi” attori e, soprattutto, consapevoli dei nostri diritti, diventare padroni, autonomi nelle scelte, protagonisti della nostra vera vita; insegnarci a camminare con i piedi per terra nella direzione desiderata da noi, seguire un nostro percorso naturale, un nostro pensiero spontaneo, per lasciare una nostra impronta unica e originale, che porta a “cambiamenti” importanti per noi; farci “semplicemente” evolvere nel modo migliore, incanalarci verso terreni più fertili, rispettando sempre i nostri tempi e la nostra vera unicità; il corpo, quindi, non condividendo il nostro modo di fare, si incarica di segnalarci che stiamo andando contromano … controvento. Fai attenzione, più vivi in perenne lotta con te stesso, cerchi di fare l'indifferente, allontanarti, reprimere, scacciare in maniera 'disordinata' i “brutti pensieri”, attraverso la recita, quel continuo, inutile e sterile rimuginare, quel modo orgoglioso, dispettoso e sofisticato che porta a girarsi dall'altra parte, più li rinforzi; ansia e panico in realtà ti ingabbiano, la fanno da padroni, inaridiscono, spengono l'umore e bloccano la vita quotidiana; ogni cosa perde il suo ritmo e fascino, l'esistenza giace al buio, completamente fredda ed immobile. Allontanati non solo dal pensiero comune, dalle voci che ti confondono, da coloro che ricattano mettendoti in seconda posizione, minacciano rifiuti e abbandoni a non finire, dagli accentratori, da chi desidera che tu sia uguale agli altri, che non perde occasione per criticare o sbandierare la sua superiorità, ma anche da chi predica il tuo bene secondo il suo modo di “razzolare”, i suoi schemi mentali, i suoi pensieri insipidi e banali ... le sue confuse e mediocri regole moralistiche soffocano, fanno perdere il contatto con te stesso, ti dicono di accontentarti perché la vita è solo sacrificio, bisogna porgere l'altra guancia, niente di più sbagliato, i sacrifici insegnano, attraverso il risentimento, solo ad odiare se stessi e gli altri … stacca immediatamente la spina! Non pendere mai dalle labbra altrui perché quelle parole altro non fanno che congelare i tuoi pensieri e bruciare le tue opinioni. Sganciati immediatamente da tutti quei rapporti di sottomissione che ti rendono solo dipendente e confuso: spengono la tua creatività. Impara ad allontanare gli intrusi … quelli che fanno solo danni, rubano il tuo spazio vitale in nome del tuo benessere. Rimettiti in piedi seguendo le tue idee, iniziando con piccoli cambiamenti voluti, sempre nel rispetto degli altri, solo da te. Ritrova la giusta distanza da questi personaggi che altro non fanno che auto – sabotarti o soffocare le tue passioni, i tuoi veri desideri a livello lavorativo e sociale … non accontentarti delle briciole, delle rimanenze, degli scarti, ma difenditi con determinazione dai manipolatori e, soprattutto, dai narcisi; se ti “alleni” ad individuare questi impostori, a non temere il loro giudizio di valore li neutralizzi, ti liberi dal personaggio inutile e stretto che ti hanno cucito, confezionato addosso … allontanati da coloro che non vogliono cambiare nulla, ma solo te stesso, forgiarti a loro immagine! Fatti aiutare da una persona qualificata, da un professionista che non giudichi, che non dia consigli banali, che non interferisca con la tua vera natura, la tua irripetibile unicità, la tua libertà ma, soprattutto, che non cerchi di omologarti a qualche modo di fare o a qualche insulsa scuola di pensiero. 


ai abbassare la guardia! Il benessere è sempre lì, pronto, dentro di te, nella “libertà”: poter scegliere e decidere con consapevolezza … mai mettere la tua vita in mano ad altri. Allontanarsi allora dall'intruso non solo è un'operazione utile e vantaggiosa per la propria salute, per le proprie difese immunitarie, ma un “diritto” e un “dovere” per riprendersi in mano la propria vita. Ogni sentimento vissuto - gioia, dolore e felicità - dall’apparato cerebrale si estende in tutto l’organismo, in ogni molecola, in ogni fibra, in ogni cellula: se non è ben gestito non ti lascerà mai stare in pace con te stesso e gli altri. Se l’emozione viene bloccata, non vissuta, tenuta inutilmente attiva da una costante tensione, da uno stato di allerta, da una cattiva comunicazione e da un perenne rimuginare, si somatizza e, nel tempo, attraverso la tensione, la contrazione, l’infiammazione e poi la lesione, può diventare malattia. Quando la sensazione di essere in colpa è profondamente radicata, quando ci si sottopone in maniera automatica a un severo giudizio e ogni azione o pensiero troppo razionale si allontanano dal cuore, non ci sono dubbi, la salute è a rischio. Spalle incurvate, sguardo spento, pelle opaca, eloquio incerto, postura contorta sono il risultato di un corpo che non piace più, spesso temuto e vissuto come un nemico, che può annientare da un momento all'altro: disturbi orribili sono in agguato. Il soggetto si preoccupa di un normale metabolismo, di naturali funzioni corporee, come il battito cardiaco, la sudorazione, la digestione. Può avvertire la fame preoccupante, essere facilmente disturbato da rumori forti ed improvvisi, provare intenso disagio al caldo o al freddo. Anormalità fisiche minori, come una piccola infiammazione, o sintomi transitori, come la tosse, possono essere interpretati quali segni di malattia grave. La più lieve irregolarità, proprio perché si diventa sempre più attenti e vigili con il passare del tempo, può produrre apprensione e allarmismo. Se un banale segnale fisiologico appare fonte di preoccupazione eccessiva e irragionevole per la salute, è proprio il caso di dire che ascoltare il proprio corpo sono davvero “dolori”. In questo modo il corpo spodesta la mente, non è vissuto come una “casa” ben fatta, comoda e accogliente, ma come un edificio “terremotato”, completamente diroccato: non più amico e alleato, ma un perfetto antagonista. “Quella/o lì non sta mai bene. Ne ha sempre una. Piove sul bagnato”. Sono tutte cose che si dicono a quelle persone che, pur non essendo malate, sono sempre avvilite e assediate da singolari sintomi: il loro corpo è bersagliato e intorpidito da piccoli disturbi che, proprio per la particolare insistenza e continuità, non lasciano tregua. 


rende sempre più consistenza, o meglio “corpo”, una strana convinzione, una insistente ed assurda sensazione che il proprio “involucro” si sia indebolito e sia sul punto di accartocciarsi su se stesso, contrarre una grave malattia; infezioni, ictus, leucemia, AIDS, tumore, infarto sono le patologie più temute. Per chi soffre, questo atteggiamento dura anni e anni fino a diventare il fulcro dell’esistenza: uno stato di allerta continuo in cui gli spettri della malattia e della morte possono esplodere all'improvviso … affollare, riempire completamente il campo della coscienza con delle “cianfrusaglie” di nessun valore. Si è sdraiati comodamente sul divano e un leggero formicolio al braccio rievoca immediatamente un evento funesto, porta subito al timore di avere un infarto, mentre si guarda un film una piccola fitta alla testa fa scattare il pensiero di un ictus imminente: l’attesa di un imprecisato divenire e le paure connesse scatenano dei veri e propri sintomi. Queste continue paure - oltre a mettere alla corda, completamente al tappeto se stessi e tutti coloro che vivono accanto - risultano invalidanti, predispongono all'agitazione, destabilizzano i rapporti e, soprattutto, creano un ambiente teso, povero di sentimenti, scarso di passionalità, spento e noioso … il lamento non solo spegne il cervello ma lentamente lo distrugge. Per chi vive tale situazione, la vita diventa un vero inferno. Una sofferenza che da qualche interlocutore, da alcuni bene che vada, viene considerata una stravagante paturnia, mentre per altri, forse più “sfacciati” e “smaliziati”, è un’astuta invenzione orchestrata dal soggetto per soddisfare il suo narcisismo, un suo invisibile e misterioso tornaconto. Tali valutazioni, in parte dettate da rapporti conflittuali, snervanti e frustanti, sono sempre errate: in ogni gesto, se si presta la dovuta attenzione, non c’è finzione, ma traspare sempre una ingestibile sofferenza, un profondo smarrimento e una devastante paura. Il soggetto è terrorizzato, si fissa su una forma rara di leucemia oppure teme di essere stroncato da un morbo raro e crudele. Non dobbiamo dimenticare che certi sentimenti e atteggiamenti, se pur fantasiosi, come sospetti, timori e paure continue abbassano le difese, creano squilibrio biochimico e, quindi, primo o poi qualcosa farà la sua comparsa. Non è possibile raggiungere la tranquillità attraverso l’evidenza clinica perché basta un banale sintomo, spesso transitorio, per ossessionare e tormentare la mente fino a cancellare completamente i recenti referti medici; gli esami clinici non rassicurano più, dopo un apparente sollievo, ecco che si ricomincia da capo. Ben presto il sofferente diventa polemico, intrattabile e aggressivo proprio come Argante e accusa gli specialisti, se non proprio di ciarlataneria, di non essere preso sul serio, di un parlare forbito ma ingannevole, di superficialità e di scarsa professionalità nell'affrontare il problema. Nei rapporti appare maldestro, distante e scontroso, non riesce più a concentrarsi sul lavoro per la convinzione di avere una grave patologia non diagnosticata. Gli amici, lentamente si allontanano, creano attorno al soggetto un tessuto sociale arido e freddo: disdicono gli appuntamenti o non si fanno più trovare perché, a loro dire, è una “compagnia” che agita, irrita, destabilizza e annoia … meglio stare alla larga il più possibile, quindi, da chi si lamenta in continuazione!


l malessere ipocondriaco è certamente un quadro clinico complesso e spesso incomprensibile per chiunque, non solo un fare maldestro utilizzato per gestire emozioni, agitazione e tensione soggettiva, ma anche un modo estremo per tenere testa a conflitti sperimentati nei vari rapporti con gli altri e, soprattutto, mantenere la propria immagine “immacolata” ... confusione percettiva tra stimolo e scarica somatica. In alcune situazioni difficili o rapporti piuttosto alterati, i timori e le preoccupazioni, oltre a diventare il fulcro dell’esistenza, sono talmente devastanti da ostacolare qualsiasi altra attività … 'avvelenano' lentamente il sangue, relazioni e l'intera esistenza. Felicità o infelicità, tristezza o allegria, gioia o dispiacere sono sempre lì pronti a dare il loro contributo, a dire la loro; tali sentimenti invadendo la struttura corporea, si ripercuotono sulle funzioni fisiologiche più importanti del corpo, raggiungono “silenziosamente” senza fare sconti a nessuno i suoi angoli più intimi, segreti e remoti; alterando qualche funzione prende forma la malattia: il corpo esplosivo allora minaccia gioia e passione … la vita. E' facile scoprire direttamente a proprie spese che sentimenti di rabbia, rancore e odio sono esperienze che mettono in moto apprensione, confusione, sospetto, diffidenza, paura e sofferenza; tutto in quel preciso istante si complica, si confonde, ogni cosa perde la sua naturalezza, il mondo circostante viene percepito in modo strano ed esagerato: l'odio provoca una eczema fastidiosa, l'avarizia trova terreno fertile in una stipsi capricciosa, l'orgoglio accompagna e gestisce gli sbalzi pressori e predispone, silenziosamente, all'infarto, la rabbia repressa toglie il respiro ... candida senza tante pretese all'asma, la colpa infiamma completamente la parete dello stomaco. Sono stati psico – fisici che esigono forme di prognosi, diagnosi e terapie diverse e, soprattutto, non possono essere compresi con un esame fisico, per quanto accurata sia oggigiorno la tecnologia … MAI comunque sottovalutare le cause somatiche della malattia!!! 


ttenti, se non si prendono in considerazione tali sentimenti, esaminare in profondità il mondo emotivo e fisico in cui si è calati, ogni intervento procederà su un sentiero sterrato, un terreno disagiato, imboccherà un percorso poco chiaro e pericoloso, tanto da cambiare il corso della vita, costringere a rinunciare alle cose più preziose e belle del quotidiano … se stessi, alla libertà, all'autonomia, alla propria vera natura. L'eccessiva importanza alle proprie sensazioni fisiologiche, la paura esagerata, la convinzione o la preoccupazione di avere una malattia incurabile spesso può riguardare e stravolgere, come è già stato sottolineato più volte, il il semplice metabolismo o, meglio ancora, alcune funzioni somatiche normali: battito cardiaco, la sudorazione, sbalzi di temperatura, digestione lenta, oppure qualche alterazione fisica di scarsa importanza come ad esempio un banale raffreddore. Possiamo dire, comunque, che molti dei nostri disturbi nelle forme più semplici sono, senza dubbio, esagerati ed immaginari; ogni individuo, proprio perché il suo sviluppo psico - fisico deve percorrere e superare, volenti o nolenti, una serie di fasi evolutive difficili e complesse, può guardare fin da quei momenti con sospetto ed allarmismo, ogni cambiamento, fissarsi su alcune innocue, banali e naturali alterazioni fisiologiche: manifestare nel corso della sua vita tali disagi e preoccupazioni ... tratti “ipocondriaci” (legame tra fase evolutiva e disagio emotivo è piuttosto evidente nei vari quadri clinici). Ogni individuo, infatti, se non supera tali momenti evolutivi in maniera armoniosa ed equilibrata, senza ricorrere a sofisticati meccanismi di difesa irrazionali e troppo primitivi per gestire, calmare, per compensare la tensione interiore e i conflitti esistenziali, può rimanere imprigionato, intrappolato in importanti dinamiche affettive, ancorato, bloccato in fantasie che non hanno niente a che fare con la realtà, ma solo con modi di fare puerili, improntati sempre sulla difesa e sul sospetto, a stadi affettivi infantili, non raggiungere mai la vera maturità emotiva che gli permetta di vivere in maniera libera, autonoma e serena la sua vita (la condanna è quella di non diventare mai 'adulti' a livello affettivo ed emotivo). Genetica per un buon 20%, alimentazione, clima familiare, insufficiente adattamento sociale, personalità e difficoltà della vita sono tutti fattori responsabili, chi più chi meno, a seconda del loro valore dominante, della nostra salute … il benessere non è mai una casualità, ma appartiene sempre al mondo della sincronicità!


l personale atteggiamento, lo stato d'animo, il modo di affrontare la vita, dunque, possono trasformarsi in “dolori”; di fronte a tutto ciò la consueta assistenza medica - se non prende in esame sia l'aspetto psichico sia l'aspetto fisico - non è sufficiente a guarirci completamente: tale modo di “vedere” le cose, primo o poi, se non si imbocca la strada giusta, farà la sua comparsa, si esprimerà in altri disagi magari più sottili e sofisticati. Ritornando al tema principale, il soggetto nei casi più gravi, infatti, interpreta ed amplifica tutte le sensazioni fisiologiche come prova di una grave patologia invalidante: diventa sempre più vigile e con il passare del tempo questa particolare attenzione si trasforma in preoccupazione … in un devastante attacco di ansia e di panico! … ogni cosa allarma, destabilizza, viene vissuta come un sofisticato e minaccioso attentato alla propria immagine narcisistica. La minima irregolarità corporea può produrre apprensione ed allarmismo. Anche una semplice relazione oggettuale instabile ed ambivalente oppure una minima frustrazione possono diventare uno stimolo più che mai patogeno. Quella reazione fisiologica percepita come sgradevole occuperebbe, man mano che passa il tempo, nel vissuto e nella fantasia dell’ipocondriaco, un rilievo sempre maggiore ... una paura ingestibile, un qualcosa di terribile e di profonda angoscia. Un modo di affrontare la vita, pur essendo adulti, con strategie piuttosto deboli e certamente infantili … in breve, attraverso una organizzazione narcisistica (vedasi articoli precedenti). E’ una storia centrata su continue ed inutili visite mediche: una relazione piena di rancori e senso di frustrazione bilaterale (medico - paziente). Un fenomeno caratterizzato, a seconda del proprio vissuto e del proprio modo di “vedere” le cose, chi più chi meno, da un eccessivo bisogno di dipendenza (ottenere cure ed attenzione con ogni mezzo possibile, anche attraverso la simulazione … avere sostegno, un prezioso supporto come desiderava Argante) oppure il terrore di perdere il controllo, di essere alla mercé di incompetenti, sanguisughe e approfittatori, timore di essere dominati e sminuiti da qualcuno, in questo caso specifico dalla figura professionale, dal camice bianco … da qui sviluppare pensieri persecutori e, quindi, un disturbo paranoide il passo è davvero molto breve; tutto ciò comunque è facilmente intuibile, visibile, riscontrabile in tutti quei soggetti che non hanno mai fatto nessuna prevenzione, disertano gli appuntamenti, non provvedono al saldo della parcella, nutrono diffidenza nei confronti dei medicinali e non seguono nessuna indicazione terapeutica circa l'eventuale patologia in atto … consigli che non prenderanno mai in considerazione. E' bene ricordare che il professionista, a prescindere dalla sua formazione, non può mai decidere per gli altri, ma soltanto proporre, suggerire, consigliare, richiamare l'attenzione sui vari pericoli e offrire con umiltà il proprio aiuto. Per ottenere in ogni situazione risultati fantastici bisogna considerare l'individuo nella sua globalità … nella sua interezza. Diceva il saggio Platone: “l'errore maggiore in ogni cura è voler separare il tutto: corpo e anima” … possiamo saggiare questa affermazione direttamente sul campo e restare veramente stupefatti: quando il tutto si ammala è impossibile che una parte dell'intero involucro sia sana! … nel corso della nostra vita non ci mancherà sicuramente la possibilità di verificare, le occasioni purtroppo sono davvero infinite.


gni malattia, a prescindere dalla sua storia e vera natura è sempre devastante, non risparmia mai nessuno, infligge a chiunque le sue regole non solo rigide, ma molto spesso severe e piuttosto crudeli; in poche parole questo nostro prezioso involucro ci rammenta che non possiamo fare più ciò che vogliamo, che non si è più in salute, ci ricorda senza tanti preamboli che abbiamo bisogno di qualcuno, dobbiamo farci aiutare, a volte, anche da personaggi sconosciuti e, soprattutto, che c'è l'obbligo di seguire un protocollo preciso e rigoroso, un certo percorso terapeutico regolare, impegnativo se non penoso (entrano in gioco atteggiamenti infantili narcisistici non facili da gestire). A volte si sviluppa una vera e propria collusione con la “vittima” di turno, denigrando e mettendo in dubbio la sua professionalità e magari quella dei precedenti specialisti cui ci si era rivolti … intolleranza, linguaggio incomprensibile e confusione a livello diagnostico rendono il rapporto terapeutico difficile e il più delle volte ingestibile. Con questi individui sempre inquieti, preoccupati ed irremovibili, fermi sulle loro posizioni, sembra spesso di parlare al vento; sprovvisti di slancio, poca voglia di vivere, insofferenti ad ogni cosa, indifferenti, critici, timorosi, 'arroganti', aggressivi e completamente assenti non si smuovono per nessuna ragione dalle loro posizioni e convinzioni. I soggetti che presentano questo malessere, infatti, spesso, sono convinti di avere di fronte scarsa professionalità oppure di non ricevere cure adeguate alla loro complessa esperienza sensoriale spiacevole. A dire il vero pare, però, che questi soggetti siano più interessati ad ottenere attenzione, considerazione e una diagnosi pasticciata a tutti i costi piuttosto che un sollievo vero e proprio della sintomatologia in atto (un professionista che ascolta, chiacchierino e attento può essere un buon inizio, facilitare il proseguimento del rapporto, formulare insieme un importante e proficuo programma terapeutico). Un individuo frustrato, eccessivamente dipendente, può in qualche modo “riscattarsi”, attraverso la sua “eccezionale” patologia difficile da trattare, additando lo specialista, nonostante la sua apertura e buona disponibilità, di scarsa professionalità, incapace e per nulla competente … si “illude” di controllarlo attraverso la sua singolare e “rara patologia”. Questa convinzione è talmente radicata nella mente del soggetto che resiste a qualsiasi rassicurazione da parte di vari professionisti e anche di fronte a numerosi referti ed esami di laboratorio negativi. 


a rassicurazione relativa ad una buona salute non lo fa sentire sicuramente meglio, anzi aumenta la sua ansia mettendo in dubbio la valutazione clinica, il pressapochismo del professionista o la funzionalità degli strumenti diagnostici, a suo dire molto discutibili, ritenuti non idonei o obsoleti, rievocando magari qualche episodio recente o un evento poco chiaro di “mala sanità”. Il soggetto non riesce più a concentrarsi sul lavoro e sulla famiglia per la paura e la convinzione di avere una grave patologia non diagnosticata: naviga interrottamente su internet alla ricerca di esami ed eventuali terapie cui sottoporsi. Il malessere fisico, spesso, può essere usato per esercitare una forma di pressione o controllo sulle relazioni interpersonali (familiari, amici, ambiente scolastico, sanitario, sociale e lavorativo). E' sempre, comunque, non solo nostalgia e nel contempo timore di dipendenza, una ricerca di attenzione e protezione, ma anche un forte desiderio di essere completamente liberi da impegni e da tutte le responsabilità che la vita chiede e spesso impone. Una volta che gli esami clinici non hanno rilevato anomalie fisiche i familiari potrebbero essere tentati di liquidare tali sensazioni come fisime. Da questa situazione inizia la grande battaglia, il vero conflitto: il soggetto temendo di non essere compreso, per nulla capito, inizia a “peggiorare” attraverso i sintomi fisici (regressione, malattia come rifugio). Queste continue preoccupazioni per lo stato fisico possono creare profonde tensioni all'interno della famiglia, che spesso si stanca di ascoltare lamentele ingiustificate, fuori luogo e del tutto irrealistiche. I membri della famiglia, oltre ad allontanarsi dal rapporto, potrebbero risentirsi per le ore tolte al lavoro, le energie e il denaro che il soggetto investe nella preoccupazione eccessiva per la salute (vedasi Argante). L’ipocondria è uno stato d’ansia invalidante che utilizza il corpo per esprimersi: paure e angosce inascoltate a cui non si riesce a dar voce e a trovare altre forme espressive più vantaggiose. Non bisogna comunque dimenticare che molti soggetti affetti dal malessere ipocondriaco “leggero” (non psicotico) continuano a svolgere le loro attività in modo più o meno “adeguato” e i sintomi, benché a volte fastidiosi e dolorosi, possono causare semplicemente un rallentamento a livello ideativo o nei migliori dei casi una menomazione lieve, superficiale, sfiorare in certi momenti del giorno l'umore del soggetto. Tuttavia tale quadro clinico può cronicizzare, o meglio, tra alti e bassi, suscettibile di peggioramento col passare del tempo e c'è la possibilità, anche se piuttosto remota, che diventi invalidante e conflittuale a livello individuale e, soprattutto, nell'ambito relazionale - sociale - lavorativo. Ecco perché è importante rivolgersi con la massima solerzia alle persone giuste senza tante esitazioni; i confronti, i pareri “gratuiti”, la botta sulla spalla, i consigli spesso superficiali, le frasi banali come “ma dai che tutto passerà … non hai niente … esci, vai in vacanza, mangia bene e con un buon bicchiere di rosso ogni cosa se ne andrà ...”, rischiano di impressionare, di disorientare, far sostare chi soffre nella palude depressiva ed ansiogena, nella sofferenza inutilmente, amplificare il disagio per nulla, al solo scopo di gestire la situazione a proprio uso e consumo: cronicizzare, se non peggiorare la situazione clinica. Il terrore continuo per la salute fisica può logorare i rapporti con tutti i membri del proprio ambiente sociale e lavorativo che si stancano di dare ascolto a una litania di continue lamentele … familiari, amici e colleghi di lavoro scappano a gambe levate. Per ironia della sorte, questi soggetti rischiano di restare isolati proprio nel momento in cui dovrebbero essere supportati, “sorretti” nell'istante del bisogno, quando avrebbero maggior necessità di comprensione e sostegno genuino. Questo soggetto viene spesso considerato, come avviene per il personaggio di Molière, un “malato immaginario” e, proprio per non farci mancare nulla, deriso e mal sopportato dal suo ambiente familiare e sociale. In realtà non bisognerebbe fare come i Greci antichi che li coloravano di giallo e li buttavano giù dalla rupe per scuoterli un po', ma capirli, guardarli e riguardarli con la giusta considerazione - distanza e mai dimenticare che l'ansia - fondamenta delle preoccupazioni dell'ipocondriaco - è fonte di sofferenze disperate, non meno importanti o debilitanti di quelle causate da una “vera” malattia del corpo. Per motivi vari, comunque la si giri, si ha sempre a che fare con un personaggio che non presenta mai un aspetto apprezzabile, invidiabile … non è davvero il ritratto della salute! I disturbi ipocondriaci, quindi, come tutti i disagi emotivi meritano di essere osservati e considerati con attenzione e grande professionalità; essi rappresentano il 'pedaggio' pagato da ognuno di noi per le vittorie troppo rapide, superficiali o mal strutturate sul mondo dei rapporti a livello sociale ed affettivo, per gestire gli istinti infantili pilotati secondo le esigenze culturali… il prezzo pagato per una “buona” socializzazione e cultura di turno a detrimento delle proprie esigenze, della propria vera natura umana. 


nche una regressione narcisistica “ben fatta”, più o meno riuscita, pur essendo rinforzata da sintomi ipocondriaci, da allucinazioni o da deliri di grandezza sofisticati, non toglie mai completamente il soggetto dal tormento, dalla sofferenza, dal disagio psicosomatico; il più delle volte è una strategia maldestra, un meccanismo di difesa primario che cerca in qualche modo di mettere insieme i “cocci” alla rinfusa senza mai raggiungere, a livello emotivo, una vera armonia ... un'apprezzabile opera d'arte (vedasi articoli precedenti). Alcuni sono tormentati da un'angoscia cronica riguardo il loro stato mentale e temono di diventare pazzi. Altri si danno all'alcol o alle droghe in cerca di sollievo, incorrendo in tal modo nella dipendenza vera e propria da abuso di sostanze. E' comunque un malessere che può anche esistere in concomitanza con una malattia fisica comprovata. Un personaggio davvero curioso in quanto, nonostante continui a lamentarsi circa le sue vicissitudini fisiologiche e varie disfunzioni corporee, non muove un dito per mantenersi in salute … ma delega altri (solo così può avere attenzione e considerazione, essere accudito; non bisogna dimenticare che le strutture ospedaliere, pur terrorizzando alcuni, vengono vissute come istanze, a seconda del tipo di personalità, buone, temibili o cattive). Un'accurata indagine, comunque, sulle interazioni tra psiche e soma - soprattutto per questo singolare quadro clinico - non solo è legittima, ma doverosa. E' una modalità d'approccio fondamentale, di primaria importanza nel rapporto tra medico e paziente. Non bisogna mai dimenticare che l'ipocondria esprime, attraverso percezioni esagerate e differenti del corpo, angosce che mascherano una struttura spesso piuttosto grave, che sconfina il più delle volte in quadri psicotici complessi. Qualsiasi valutazione comunque per questo disturbo della mente che influisce sul corpo deve cominciare con una dettagliata anamnesi, un'indagine a tappeto completa e, soprattutto, a 360° senza tralasciare nulla, allo scopo di escludere condizioni cliniche e patologie fisiche più o meno serie. Qualche volta questa condizione può essere il sintomo che accompagna un'altra condizione mentale, per esempio il malessere depressivo, ansia generalizzata, attacco di panico o disturbo ossessivo – compulsivo. Spesso lo specialista inesperto, disorientato da una gran quantità di sintomi confusi, poco chiari, non riuscendo a formulare una diagnosi fisica veloce, prescrive costose procedure diagnostiche, indagini chirurgiche esplorative invasive e farmaci che possono dare assuefazione … il rischio e le complicazioni serie sono davvero tante. Attenzione, però, anche il paziente non può farla franca, deve cercare altri equilibri, altre sistemazioni, orientarsi diversamente, anche a lui spetta un nuovo ruolo: cambiare modo di “vedere” e di pensare.


nche se a molti adulti piace credere che nel mondo 'colorato' dell'infanzia regni la serenità e la felicità più assoluta, non sempre purtroppo è così, se siamo attenti e ben concentrati scopriremmo immediatamente che tale affermazione non è affatto vera … un modo di pensare che, se non delude, non piace per nulla ai diretti interessati! Non c'è niente di beato, di spensierato o di idilliaco in tutti i periodi evolutivi dell'essere umano: infanzia, preadolescenza e adolescenza. Non si scappa, non ci sono scorciatoie per staccarsi definitivamente, allontanarsi in fretta e tutti interi da questo intricato meccanismo evolutivo; uscire vincitori da questo lungo periodo di “aggiustamento” che inizia con la nascita e termina con l'adolescenza, per affermarsi con successo oppure rialzarsi con il petto in fuori e la schiena diritta, ricominciare ad amare con gioia, con il sorriso ... magari ancora più forti di prima. La sofferenza, il dolore, il tormento, le preoccupazioni sono tutte sensazioni e stati d'animo comuni ad ogni età. … non sempre si entra, si avanza nella vita saltellando, sorridendo e canticchiando una piacevole melodia. Timori, ansie e angosce sembra proprio che non vogliano abbandonarci mai, crescono ed evolvono, nel bene o nel male, sia nella costruzione sia nella distruzione, con noi; alcuni vissuti, molti rapporti complicati, parecchi blocchi emotivi, certi sbarramenti culturali e improvvise paralisi affettivi non risparmiano nessuno, sono sempre lì pronti a darci battaglia, a fare la loro parte in funzione del periodo storico, del momento evolutivo e degli stimoli provenienti dal mondo esterno; condizioni fondamentali per l'armonia interiore, un equilibrio emotivo più o meno soddisfacente, per una una buona o cattiva sorte … per i legami futuri. Le sfide tipiche di questo lungo periodo non sono certo facili e possono incidere sulla nostra psiche, ma con l'aiuto prezioso e l'assistenza continua dell'adulto tutte superabili, anzi, spesso è possibile raggiungere una buona autostima, una discreta felicità e il massimo valore a livello intellettuale e, nel tempo, anche professionale … diventare adulti senza perdere i “pezzi” o uscire dai “binari". Per tirarsi fuori da questo periodo oscuro in modo “vittorioso” a volte è necessario dare delle zampate decise per gestire la vita di relazione, sono necessari artigli affilati per acquietare gli animi turbolenti e mantenere una discreta fiducia di base, bisogna imparare, controllare, gestire, apprendere, sviluppare rapporti, conoscere e, soprattutto, avere tanta confidenza con abbandoni e separazioni … se si vuole gestire l'insicurezza affettiva, prevenire eventuali fallimenti e, quindi, restare in piedi, per chiunque grandi e piccini, non si può sostare all'angolo, rinunciare o escludersi da ogni decisione. Ci sono molti pericoli nell'adolescenza, ma non è vero che essa può modificare ex novo il carattere; essa mette il fanciullo che cresce di fronte a nuove dinamiche, situazioni, sfide e a prove fondamentali, decisive per lui nel bene o nel male. Egli sente che si sta avvicinando un momento delicato, particolare, cruciale della vita e possono rivelarsi, nel suo stile di vita, errori che fino ad allora erano passati inosservati: erano comunque già presenti e un occhio esperto avrebbe potuto vederli da sempre. Ora, però, aumentano di importanza e non possono essere ignorati. Per quasi tutti i ragazzi, l’adolescenza significa soprattutto una cosa: dimostrare che non si è più “piccoli”. Come la prima infanzia, l’adolescenza è un periodo di rapide trasformazioni biologiche, combinate a nuove richieste e aspettative ambientali. Per quei fanciulli che già presentano disturbi del comportamento, le nuove richieste dell’adolescenza possono aggravare le tensioni in cui si dibattono, esagerando, inasprendo le difficoltà … esacerbando fortemente alcuni toni evolutivi. Anche altri, che da bambini avevano raggiunto un adattamento fragile e precario, possono essere sopraffatti dai grossi cambiamenti che sopravvengono con l’adolescenza e sviluppare allora turbe del comportamento … sentirsi piccoli ed irritati. 


a ci sono anche quelli che hanno avuto un’infanzia relativamente “sana” e hanno maturato un saldo senso di autostima e di fiducia in se stessi; per questi fanciulli l’adolescenza può essere veramente un periodo stimolante e pieno di curiosità: di arricchimento, di gioia, di passione e di crescita psicologica … una grande opportunità per conoscersi meglio. Tradizionalmente, nella letteratura scientifica e non, spesso questa fase evolutiva è vista come un periodo di grande agitazione e tumulto emotivo, suscitati dai rapidi cambiamenti fisici, dall'insorgere della sessualità, da richieste di maggior responsabilità nell'ambito familiare, combinate con una più accentuata identificazione con i coetanei del mondo circostante. L’adolescenza psicologica, invece, è quel periodo in cui il fanciullo in crescita sta imparando a rinunciare alla dipendenza protetta dell’infanzia per avviarsi all'indipendenza e alle responsabilità della vita adulta … assumere un ruolo diverso, attivo, più impegnativo, coscienzioso, di consapevolezza. Uno degli aspetti decisamente più complicati di questo periodo è l’incredibile altalena tra un umore e l’altro, e i turbamenti emotivi che l’accompagnano. Ogni cosa che i genitori fanno evoca, il più delle volte (se non sempre), una reazione ostile … di guerriglia urbana, tra le mura domestiche in modo tale da tenere testa all'oppressore. Questo comportamento non può essere definito altrimenti come modalità reattiva imprevedibile. E’ un periodo evolutivo in cui il fanciullo sta tentando di uscire dal suo involucro protettivo, crearsi una identità personale … una propria vita. Da bambini prendiamo la nostra identità dai genitori, dalle varie figure di riferimento, all'inizio ce la sentiamo bene addosso come un abito ben confezionato da mani esperte, magari d'oro e lungimiranti … in realtà, essi ci dicono chi siamo, stabilendo poi a chi apparteniamo ci indicano cosa si aspettano che diventeremo crescendo … i più “sfacciati” però hanno già in riservo il nostro destino! Questa identità, per ovvie ragioni, ci viene imposta dall'ambiente in cui siamo inseriti, da quel mondo in cui dibattiamo da “sempre”: un’identità esterna che “funziona” finché siamo in una posizione dipendente. Ma, man mano che cresciamo e ci distacchiamo dalle nostre “radici” possiamo scoprire che le nostre aspirazioni sono ben altre, sono in conflitto con le aspettative dei nostri genitori; la cosa è piuttosto ovvia ed è giusto che sia così: il modo di vedere le cose è sempre soggettivo, il nostro mondo interiore, il periodo storico, i desideri e le risorse fisiologiche sono completamente diverse dalle loro! Questo è il motivo per cui uno dei più comuni disagi emotivi dell’adolescenza viene chiamato “crisi di identità”. E’ un periodo di intensa preoccupazione, incentrata sul rapporto tra sé e gli altri intorno a lui. L’adolescente, anche se non ha un ruolo sociale ben definito, è sempre molto importante in termini economici per la società. Esiste, infatti, un preciso e nutrito gruppo di consumatori adolescenti. Questo mondo economico e sociale complesso, oltre a minacciare l'isolamento e la loro identità pretende rispetto, rettitudine, dovere, obbedienza e, soprattutto, consumo ... mah!!! E’ bene sottolinearlo che la quantità di denaro di cui dispongono i giovanissimi oggigiorno, nonostante la crisi, al di là delle attuali previsioni catastrofiche, è aumentato in proporzione molto più rispetto agli adulti e questo, ovviamente, è stato sfruttato senza scrupoli a livello commerciale (scooter, computer, smartphone, CD, cosmetici, riviste, alcol, discoteca). Gli adolescenti, inoltre, hanno specifici bisogni emotivi alla stessa stregua di quelli fisici, e la consapevolezza di questo rende comprensibile il loro comportamento altrimenti inspiegabile. Quelli che seguono sono alcuni di questi bisogni. 


l bisogno di avere delle “fondamenta” sicure da cui avviarsi alla maturazione … all'uscita del tunnel! In termini emotivi questo significa innanzitutto un’esplicita assicurazione di affetto, di essere apprezzati ed accettati come singoli individui unici ed irripetibili (non quello si vorrebbe fossero). Secondariamente il giovane ha bisogno di sentire che c’è un futuro, e ancor più che in questo “tempo” certamente difficile e precario c’è un posto per lui.

Il bisogno di limiti. I limiti implicano una struttura di contenimento, un quadro di riferimento entro cui l’adolescente può elaborare un’identità per sé, esclusivamente sua. Deve esserci equilibrio, lealtà e comunicazione coerente. Se non ci sono limiti le norme non possono essere definite, e se non ci sono norme si corre continuamente il rischio di ledere l’autorità costituita.

Il bisogno di libertà entro questi limiti. I limiti definiscono gli estremi di azione e reazione. Entro questi limiti l’adolescente sente di dover avere libertà di scegliere e decidere (sempre ovviamente nel rispetto dell'altro) da solo mentre esplora l’area delimitata e mentre fa le sue esperienze in modo autonomo. Non vuole accettare, per la sua “costituzione”, la verità come un dogma di autorità, vuole scoprirla da solo. Questo richiede pazienza, malleabilità e, nel contempo, fermezza da parte di coloro che cercano di strutturare i limiti.

Il bisogno di contenere l’angoscia di base. Alcuni studiosi parlano di “angoscia esistenziale”, e con questo intendono l’angoscia che deriva dal non essere certi di se stessi e della propria posizione rispetto al mondo, agli altri. L’adolescente si interroga continuamente sulla propria posizione nella società, sull'adeguatezza delle sue funzioni sessuali, sulla sua accettabilità tra i coetanei, se debba trovare un compromesso con le idee dei suoi genitori o se debba senz'altro rifiutarle. Si chiede chi è, perché esiste, e la sua mente è occupata in problemi di essere e non essere, e sul significato dell’essere. Questo è il motivo per cui tanti ragazzi passano attraverso una fase religiosa o si interessano alla meditazione e al misticismo. L’alternanza di euforia e depressione frutto di questa ricerca (libertà, autonomia, identità) è in gran parte responsabile della volubilità di umore di molti adolescenti.

Il bisogno di far fronte alle crisi di fiducia. In vari momenti del suo processo evolutivo l’adolescente perde fiducia in se stesso come persona in relazione a se stesso o come persona in rapporto ad altre persone. Ciò significa che cerca una rassicurazione ma allo stesso tempo si comporta in modo da rendere questa rassicurazione difficile.

Il bisogno di raggiungere degli obiettivi. L’adolescente tende all'indipendenza, a un’emancipazione nel vero senso della parola. Tenta di sviluppare controlli interni piuttosto che affidarsi al controllo imposto dall'esterno. Impara a scegliere cosa fare, e cosa non fare, secondo la sua volontà. E’ in cerca di identità, specialmente nel ruolo sessuale, nella scelta scolastica e professionale.


rbene, se teniamo a mente tutte queste esigenze, riflessioni, tutti questi bisogni emotivi ed affettivi, alcuni degli aspetti disturbanti del comportamento adolescenziale divengono sicuramente meno intricati, più “normali” e sereno; aiuteranno a far emergere rapporti più “civili”, stimolare alcune possibili strategie di aiuto in modo davvero proficuo e sereno per tutti, non solo per i ragazzi ma anche per l'adulto. Gli umori imprevedibili, che oscillano da un estremo all’altro, hanno origine ovviamente da un angoscia di base e, soprattutto, dall’indecisione. L’intero organismo (mente - corpo) è in uno stato di squilibrio, e i meccanismi psicologici interni di controllo non sono ancora in grado o, meglio, sviluppati e perfezionati per gestire i veloci cambiamenti di natura fisica, emotiva e sociale. Gli adulti tendono a rispondere alla loro instabilità di umore con l’ostilità e il rifiuto, e queste reazioni fungono da feedback non molto felice: rendono peggiore lo stato d’animo del ragazzo. Molte risposte dell’adulto hanno solo l’effetto di rinforzare il senso diffuso di irrequietezza e di profonda inadeguatezza. Riunirsi insieme in vari gruppi non costituisce solo una forma di sicurezza e protezione per i giovani, ma anche una forma di auto identificazione. “So chi sono perché appartengo al gruppo che guarda il telefilm ‘The O.C.’, segue una ‘Mamma per amica’, ascolta quella band musicale, vede quella serie poliziesca o è attratto da quel mondo di adolescenti con storie difficili. Molte culture si sviluppano, crescono su questa tendenza a riunirsi per sfogare le emozioni e gli atteggiamenti reciprocamente sentiti … per superare momenti difficili … risulta sempre meno faticoso portare una pesante “valigia” in “due” anziché da soli! Quando soggetti instabili, insicuri, si riuniscono in combriccola, emozioni più primitive vengono combinate ed espresse dando luogo ad atti antisociali e di violenza (si vedano ad esempio i continui episodi di bullismo o di di violenza verso coetanei sui social network). Inoltre, la moda nell’abbigliamento, lo stile delle pettinature, i tatuaggi e il linguaggio giovanile sono tutte dimostrazioni di appartenenza ad un gruppo chiuso che contesta tutti gli altri gruppi esterni. In breve, diventano una specie di uniforme attraverso cui identificarsi, comunicare reciprocamente e contestare “gli altri”, i grandi sconosciuti … in casi estremi, imporre le proprie opinioni e regole. Abbiamo visto come la nozione di adolescenza risponda ad un giudizio dato dagli altri e, nello stesso tempo, corrisponda ad alcune modificazioni biologiche e cambiamenti della personalità del soggetto. E’ l’adolescenza, quindi, un periodo nel corso del quale accade qualcosa? E’ veramente un periodo di sviluppo? E’ una crisi nella storia dell’individuo? 


volte, l’adolescenza è un po’ considerata paradossalmente come malattia; si dice spesso “bisogna far passare questo “brutto” periodo, la giovinezza, come se si parlasse di qualche cattivo virus: una malattia infettiva. Ma si parla più spesso di crisi dell’adolescenza, riferendosi con questa nozione di crisi ad una fase particolare dello sviluppo della personalità o di una crisi psicosociale. Ma quali sono veramente questi pericoli dell’adolescenza? Per quasi tutti i ragazzi, l’adolescenza significa soprattutto una sola cosa: dimostrare che non si è più un “poppante” ... “bambini”. Potremmo forse convincerli che per noi questo è un fatto scontato; se lo facessimo, la situazione perderebbe molto della sua tensione. Ma se il ragazzo ha la sensazione che deve dimostrarlo, è abbastanza naturale che cerchi di mettere esageratamente in evidenza questo fatto, questa sua diffusa agitazione. Moltissime manifestazioni dell’adolescenza sono il risultato del desiderio di mostrare indipendenza, parità con gli adulti e virilità o femminilità. La direzione data a queste espressioni dipenderà dal significato che il ragazzo ha attribuito al fatto di essere “adulto”. Se essere “adulto” per lui significa essere libero da controlli, il ragazzo lotterà con tutte le sue forze contro queste restrizione. Molti di loro in questo periodo cominciano a fumare, a bestemmiare e stare fuori fino a tardi la sera. Alcuni rivelano un’ostilità inaspettata verso i propri punti di riferimento, e i genitori rimangono esterrefatti nel vedere che un ragazzo così, fino ad allora a modo, obbediente possa essere diventato improvvisamente così scontroso e disobbediente. Ma non si è verificato un reale cambiamento di atteggiamento, perché il ragazzo apparentemente obbediente era sempre stato ostile verso i genitori, ma è soltanto adesso - quando ha la possibilità di sfoderare le sue armi, si trova con più libertà, energia e più forza - che si sente in grado di proclamare, manifestare il proprio disappunto. Nella maggior parte dei casi, durante l’adolescenza ai figli viene data una maggiore libertà e una maggiore indipendenza. I genitori sentono, in base ovviamente al proprio vissuto, di non avere più il diritto di sorvegliarli e proteggerli di continuo. Se però i genitori tentano di proseguire la loro sorveglianza, i ragazzi faranno sforzi ancora maggiori per sfuggire ai “controlli”, più i genitori cercano di confermare loro che sono ancora bambini, più essi lotteranno per dimostrare l’opposto. Da questa lotta, per ovvie ragioni, si sviluppa un atteggiamento antagonistico, e abbiamo così il quadro tipico del “negativismo dell’adolescente”. In questa fase tutti gli organi del corpo crescono e si sviluppano, e a volte il coordinamento delle funzioni non si realizza facilmente. I ragazzi crescono di statura, le mani e i piedi diventano più grandi, più impacciati, e forse sono meno attivi e meno abili. Debbono riuscire a governare questo coordinamento; ma se durante tale processo vengono criticati e derisi (adulti - coetanei), arriveranno a credere di essere interiormente goffi, con un corpo difettoso, imperfetto e sofferente … davvero buffi se non ridicoli ... buon candidati ai disturbi somatoformi. 


nche le ghiandole endocrine contribuiscono allo sviluppo del ragazzo, accrescendo le loro funzioni. Si badi bene che non si tratta di un cambiamento esclusivo e completo, perché le ghiandole endocrine erano attive persino nel periodo prenatale, ma ora le loro secrezioni sono maggiori, e i caratteri sessuali secondari diventano più evidenti. A un ragazzo comincerà a crescere la barba e la sua voce cambierà, la figura della ragazza si arrotonderà e diventare femminile in modo più evidente. Anche questi sono fatti che un adolescente può fraintendere ed essere fonte di disagio e sofferenza. Tutti i pericoli dell’adolescenza provengono dalla mancanza di un’adeguata preparazione e di un adeguato corredo di fronte ai vari problemi della vita. Se i ragazzi hanno paura dell’avvenire, è abbastanza naturale che cerchino di affrontarlo con metodi che richiedono il minimo sforzo. Queste scorciatoie, strade facili, però, sono inutili … più adattive per quanto riguarda il sociale che formative a livello cognitivo (il tempo sarà un ottimo medico)! Più a un ragazzo di questo genere si rivolgono ordini, esortazioni e critiche, più forte diviene la sua impressione di trovarsi di fronte a un abisso, essere fuori luogo, pieno di perplessità, disistima … e soprattutto rancore. Più noi lo spingiamo avanti, più lui cerca di tirarsi indietro. A meno che non riusciamo ad incoraggiarlo rispettando i suoi tempi (elogiarlo in maniera realistica e concreta, mai ingannarlo), diversamente ogni sforzo per aiutarlo sarà un errore e lo danneggerà ulteriormente. Finché è così pessimista e spaventato, non possiamo aspettarci che abbia la sensazione di potersi permettere degli sforzi supplementari. Un gran numero di adolescenti “sconfitti” proviene dalle file dei bambini “viziati”; ed è facile comprendere come l’avvicinarsi delle responsabilità da adulto crei una tensione particolare, molto forte per dei bambini che sono stati abituati ad avere tutto “scodellato” dai genitori. Essi vogliono ancora mantenere quei “privilegi”, ma diventando più grandi scoprono di non essere più al centro dell’attenzione, e rimproverano la vita per averli ingannati e respinti. Sono stati allevati in un’atmosfera artificialmente calda e, ora, l’aria esterna avvelena, sembra loro dolorosamente fredda, gelida. E’ in questa fase dello sviluppo che noi scopriamo capovolgimenti evidenti della tendenza a progredire: ragazzi da cui ci si aspettava di più cominciano a fallire negli studi o nel lavoro, mentre quelli che prima sembravano meno dotati cominciano a superarli e a rivelare capacità insospettate. Non c’è contraddizione con la loro storia precedente, adesso comincia forse a sentire il timore di deludere le aspettative di cui era stato sovraccaricato. Fino a che veniva aiutato e apprezzato, poteva andare avanti; ma quando arriva il momento di fare degli sforzi indipendenti, gli manca il coraggio e si ritrae. 

bambini che si sono precedentemente sentiti poco stimati e trascurati, ora che instaurano rapporti più ampi con i loro compagni, concepiscono forse la speranza di poter essere apprezzati, e molti sono totalmente “infatuati”, ossessivamente stimolati da questo ardente desiderio di apprezzamento … se non si ha talento, genio e originalità la tentazione di emulare è davvero forte! Se è già abbastanza pericoloso che un ragazzo vada soltanto in cerca di lodi, lo è molto di più per le femmine che hanno disistima e spesso minore fiducia in se stesse, e vedono nell’apprezzamento degli altri l’unico modo per provare il loro valore; tutto ciò semplicemente non perché siano meno intelligenti o poche creative, anzi, a livello cognitivo ed affettivo, per certi aspetti, superano il maschio di molto (si completano a vicenda), ma semplicemente perché rimangono più tempo attaccate al nucleo familiare, legate alla tradizione, fissate a ruoli ben precisi, mentre il fanciullo viene stimolato, incoraggiato ad uscire più in fretta possibile dall'ambiente familiare, a fare esperienze esterne alla famiglia. Ragazze di questo genere pertanto diventano facilmente preda di uomini “birbaccioni” che sanno come lusingarle. Sia i ragazzi sia le ragazze spesso nell’adolescenza sopravvalutano e confondono il vero senso delle relazioni sessuali: vogliono provare che sono diventati grandi, ed esagerano (questo concetto non deve essere interpretata in senso moralistico, ma bensì come attività di compensazione). Se una ragazza, per esempio, è in conflitto con la madre e ritiene sempre di essere repressa, spesso, in segno di protesta, avrà un’attività sessuale con tutti gli uomini che incontra (si sono sentite in una situazione di inferiorità, e possono concepire soltanto un modo per raggiungere una situazione sicura e di equilibrio). Molte ragazze che hanno vissuto nella “bambagia” non riescono ad adattarsi al loro ruolo femminile. Poiché nella nostra cultura, anche se ha fatto passi da gigante, si ha sempre l’impressione che gli uomini, in qualche modo, siano superiori alle donne, esse disdegnano l’idea di essere donne, e rivelano quella che molti studiosi chiamano “la protesta virile”. La protesta virile si può esprimere con molti e svariati tipi di comportamento. Ci sono ragazze che si limitano a disprezzare e a evitare gli uomini; altre a cui gli uomini piacciono, ma che con loro si trovano a disagio e non riescono a parlare. Queste ragazze, generalmente, si sentono a disagio di fronte ai problemi sessuali, e spesso sostengono di essere impazienti di sposarsi solo quando sono più avanti con l’età, ma poi non fanno niente per stabilire rapporti con membri dell’altro sesso né instaurano amicizie con essi. A volte noi troviamo che il disprezzo del ruolo femminile viene espresso e messo in risalto più intensamente negli anni dell’adolescenza. Le ragazze si comportano sempre più da maschi e vogliono imitare i ragazzi (sarà più facile per loro imitarne anche i vizi). Non solo le ragazze però soffrono di “protesta virile”, ma anche tutti i ragazzi che sopravvalutano l’importanza di essere maschi considerano la virilità come un ideale, e dubitano di essere abbastanza forti da raggiungerlo. 


osì l’importanza data, nella nostra cultura, alla virilità, può creare difficoltà sia ai maschi sia alle femmine, specialmente se non sono del tutto convinti del proprio ruolo sessuale. Concludendo, possiamo dire che esiste una superstiziosa credenza, quasi universale, che considera l’adolescenza come un periodo molto speciale e particolare. Generalmente ai vari periodi dello sviluppo umano viene dato un significato estremamente particolare, e li si considera come se provocassero dei cambiamenti totali. Questo, ad esempio, è l’atteggiamento di molte persone nei confronti di altri periodi evolutivi della vita … tra questi il famoso ciclo evolutivo chiamato menopausa. Ma queste fasi non sono “cambiamenti”; sono solo la prosecuzione della vita, e i loro fenomeni non hanno un’importanza né critica, né clinica. Ciò che conta è quello che l’individuo si aspetta in tale fase, il significato che le dà, e il modo in cui è stato preparato ad affrontarla. Spesso la gente all’apparire dell’adolescenza si allarma, e si comporta come se avesse visto un fantasma. Ma se noi comprendiamo questa condizione nel modo giusto, vedremo che i ragazzi non sono affatto colpiti dal “vortice” dell’adolescenza, tranne che per il fatto che le condizioni sociali richiedono che si modifichi il loro stile di vita. Spesso, però, essi credono che l’adolescenza rappresenti la fine di tutto: tutto il loro merito e il loro valore è perduto. Non hanno più alcun diritto di coccole, di cooperare e di contribuire: nessuno ha più bisogno di loro. E’ da sentimenti del genere che si sviluppano tutte le difficoltà dell’adolescenza. Se il bambino è stato abituato a sentirsi membro uguale di quel nucleo familiare, della società e a comprendere che il suo compito è quello di contribuire, e specialmente se è stato “allenato” a considerare i membri dell’altro sesso come compagni e uguali, l’adolescenza gli offrirà soltanto l’occasione per dare l’avvio alla propria soluzione creativa e indipendente dei problemi della vita adulta. Se si sente a un livello inferiore agli altri, se soffre di una visione errata della propria situazione, nell’adolescente si renderà evidente che egli non è adeguatamente preparato alla libertà. Se ci sarà sempre presente qualcuno per costringerlo a fare quello che è necessario, potrà farlo; ma se è lasciato a se stesso, sarà timido ed esitante e fallirà. Un ragazzo del genere sarebbe adatto per la schiavitù, ma nel mondo della libertà è perduto. Cosa fare quando l’adolescente disubbidisce. Non è possibile allevare un fanciullo senza “scontri”, discussioni, battibecchi o esercitare qualche pressione psicologica; in campo educativo bisogna sempre assumere una posizione ferma, seria, piuttosto decisa e, nel contempo, offrire una buona dose di flessibilità; non è davvero possibile evitare “crisi evolutive”, collere e capricci in ogni tappa della “trasformazione” sia fisica sia psichica. Ogni atteggiamento determinato, rispettoso e malleabile non solo aiuta a riconoscere, affrontare e risolvere i problemi relazionali, ad eliminare incomprensioni e abitudini improduttive, ma stimola anche la creatività e, soprattutto, risulta fondamentale per uno sviluppo equilibrato a livello motorio, percettivo, cognitivo e sociale ... serve a plasmare, orientare, diventare adulti, “sani” ed emotivamente stabili. Come abbiamo visto nelle precedenti “puntate”, egli attraversa momenti più o meno complessi, complicati e di opposizione … anche il più fortunato, con tutti i vantaggi possibili, non è mai al riparo, al sicuro, non vive nella Valle dell'Eden! 


n tal caso, è necessario richiamarlo all’ordine, con un codice comportamentale univoco, senza però drammatizzare e, soprattutto, non bisogna mostrarsi vittime dei bruschi mutamenti di comportamento del fanciullo … dei suoi sbalzi d'umore. Deve sentire che il suo comportamento può essere rivolto a proprio favore o a proprio sfavore, può determinare vantaggi o svantaggi, e non a beneficio delle figure di riferimento. I motivi di alcuni gesti scontrosi e aggressivi, di questo comportamento continuo e deliberato, sono sicuramente diversi. Forse si hanno pretese eccessive per la sua età. Se non si “butta” subito nella mischia, evitiamo di mostrare impazienza, aspettiamo con indulgenza e pacatezza i suoi tempi sia fisici sia cognitivi; la coercizione e le insistenti forzature portato solo a un sentimento di inferiorità, rabbia, disistima, dubbio ed inadeguatezza … non si fiderà mai, in nessuna circostanza, del proprio giudizio, sarà sempre titubante, indeciso, ostinato, si muoverà solo dietro rassicurazioni da parte di altri … un personaggio destinato alla ricerca continua di affetto, costretto a mendicare tra la gente un saluto, un gesto di assenso, uno sguardo tenero, dolce, comprensivo, un sorriso aperto, una goccia di dolcezza … un distillato di vero d'amore. E’ sempre meglio proporre allora poche regole di comportamento semplici, chiare e precise che deve assolutamente rispettare, piuttosto che manifestare inflessibilità su ogni aspetto della vita quotidiana (regole facilmente realizzabili all’inizio, fin da subito, senza retrocedere continuamente, rivedere le proprie posizioni e, quindi, modificare o annullare completamente le consegne date … ci si allena ad essere responsabili ed autonomi da queste piccole cose … si impara a diventare adulti). 

volte, invece, disubbidisce volontariamente per affermare la propria autonomia ed individualità. Il linguaggio con cui vengono impartite le regole deve essere familiare, univoco, semplice e, soprattutto, alla portata dell’adolescente: deve comprendere perché sono state imposte e perché si pretende che le osservi. Di fronte a un bambino disubbidiente, è giusto chiedersi, in primo luogo, se non stiamo esigendo troppo da lui. Prendiamo poi in esame, ovviamente noi genitori, se abbiamo un’attività socialmente adattata, se svolgiamo nella società un ruolo che consideriamo positivo per noi stessi e per la comunità. Se non riusciamo a crescerlo senza stress, a creare un clima familiare sereno, armonioso senza spaventarlo troppo, ricorriamo allora ad un professionista qualificato; non bisogna vergognarsi o storcere il naso, il suo futuro è nelle nostre mani, evitiamo che diventi l'ennesima vittima di un nostro malessere più profondo! Asteniamoci inoltre di sottoporre a chi ci sta intorno lo stesso tipo di pressione emotiva che ci opprime silenziosamente: riconoscere ciò è fondamentale per avere rapporti sereni, più equilibrati e consapevoli (vedasi il meccanismo di difesa proiezione). La continua disubbidienza è infatti un campanello d’allarme che nasconde difficoltà più profonde. Diciamoci pure che il bambino disubbidiente non è certamente un bambino sereno, tantomeno felice; in fin dei conti egli chiede solamente di essere parte attiva in questo mondo, coinvolto nella gestione familiare, considerato nelle faccende quotidiane e nei rapporti sociali, vuole sostegno motivo, essere ascoltato, accettato, amato, compreso, protetto, aiutato ad entrare a far parte in maniera vivace e senza tanti 'scossoni' nella vita sociale, condividere il tipo di cultura dominante per poi muoversi liberamente e autonomamente ... completamente a suo agio; deve imparare le lezioni della vita, gestire attività obbligatorie e impegnative che alla lunga possono minare sia la salute emotiva sia quella fisica … tutte cose più facili a dirsi che a realizzare! Ma è anche vero che per farlo “fiorire” basta poco: un abbraccio protettivo, caldo e sincero. Avere poi una buona consapevolezza delle nostre capacità, necessità e quelle degli altri, conoscere in profondità in modo chiaro il nostro stato emotivo per non proiettarlo sugli altri e, soprattutto, una grande disponibilità a cambiare, se necessario, anche quando la “giostra” è in corsa, permette di evitare un inutile clima terroristico, tensioni, conflitti distruttivi, scontri diretti improduttivi, banali e futili.

Molti sono i segnali di questo malessere o disubbidienza, vediamoli brevemente:

usa il turpiloquio. Attraverso questa modalità linguistica (maschi e femmine) si sentono più grandi; questo diventa più facile se gli adulti del loro ambiente usano tali espressioni lessicali. L’imitazione è contagiosa: c’è più probabilità di fare altrettanto se i propri amici usano tali locuzioni … parolacce; anche i mass media possono influire, imitando il personaggio preferito. Non ha alcun senso vietargli di usarle in tutte le occasioni, perché questo probabilmente rinforzerebbe e renderebbe ancora più eccitante l’idea di dirle quando sa che non lo si può udire (il genitore non può pretendere dal proprio figlio di non dire parolacce quando lui stesso è il primo ad avere un vocabolario ben nutrito di improperi!).

ha l’umore instabile. Non bisogna sottovalutare la possibilità di natura organica (anemia, disordini alimentari, stanchezza, difficoltà di recuperare le forze, ecc.) … la glicemia alta comunque, nell'immediato, può determinare o influenzare in misura decisiva gli sbalzi d'umore, creare una profonda agitazione, quando invece il tasso di glucosio cala improvvisamente entra immediatamente in azione l'adrenalina provocando irritabilità, letargia, pianto, rabbia. Frequentemente l’umore è legato a pressioni sociali … allo stress; non è mai banale o ridicolo introdurre, anche per un fanciullo, questo concetto, questa risposta psicofisica esagerata verso il suo ambiente … considerare poi che il mestiere di adolescente sia caratterizzato da libertà e spensieratezza è davvero ingannevole, se non sciocco. Una situazione ansiogena prolungata come ad esempio esami, interrogazioni, litigi, mancanza di autostima sono sempre lì pronti a governare la vita. I controlli clinici, dunque, sono sempre d’obbligo. Valutare attentamente inoltre - senza invasione di campo - se il dormire è sufficiente (se legge, ascolta CD, gioca continuamente con lo smartphone, vede la televisione fino a tarda notte). Cercare di capire tutto ciò che può aver creato stress in modo eccessivo, senza ovviamente fare un’indagine di terzo grado e soprattutto rispettando i suoi tempi senza assolutamente forzarlo è sempre indispensabile.

usa la provocazione. Anche questo comportamento può essere una reazione ad un evento estremamente stressante. Questa reazione istintiva può essere un modo per sondare fino a che punto può arrivare (e soprattutto verificare se l’adulto fa sul serio); è una continua ricerca di libertà e di controllo di spazi sempre più in piena indipendenza. Se non si conquista il “territorio” circostante il corpo soccombe! E’ importante non farsi coinvolgere in discussioni irrealistiche e senza senso, ma si deve dire in modo chiaro e univoco cosa si vuole da lui. Dare man mano che cresce, in modo graduale, piccole dose di libertà sarà nei suoi confronti una manifestazione di fiducia e di responsabilità. Tale considerazione svilupperà in lui sicurezza, rispetto e, sicuramente, le provocazioni diminuiranno gradualmente.

se ruba. Questi comportamenti non devono mai essere sottovalutati, anche se la merce rubata è insignificante (spesso sono adolescenti disorientati che non sanno più cosa inventare per essere considerati ... farsi amare). Il taccheggio nell’adolescenza è un comportamento piuttosto comune. Le motivazioni spaziano dall’invidia, al desiderio di appartenere ad un gruppo ben preciso, fino al desiderio masochistico di essere beccato in flagranza per espiare eventualmente dei sensi di colpa. Deve comprendere, senza minacce, punizioni fisiche o umiliazioni, che non si intende per nessuna ragione tollerare i furti (mai avallare o giustificare tale gesto). Più i genitori si mostreranno comprensivi, equilibrati, giusti con lui, ma decisi, irremovibili e risolutivi, meglio comprenderà, e più facilmente, sentendosi a suo agio, abbandonerà tale comportamento deviante … gli sarà più facile rendersi conto di questa cattiva abitudine ... condotta poco vantaggiosa per chiunque. Dimostrare in che cosa ha sbagliato è fondamentale e soprattutto fargli vedere come dovrà comportarsi in futuro … dovrà anche capire i motivi psicologici profondi di tale atto. Niente mezze misure, ma interventi equilibrati, posizioni chiare e precise. L’adulto in pratica deve essere sensibile e più ragionevole dell’adolescente. Le grandi conquiste si realizzano giorno dopo giorno con la temperanza, lucidità ed il rispetto umano, oltre che con l’affetto.

è timido. Uno dei sintomi più visibili è il rossore che affiora sul suo volto, sul naso, sulle orecchie, alla prima occasione di disagio (eritrosi). A volte, presenta turbe del linguaggio piuttosto pronunciate: balbetta per la paura di non sapersi esprimere in un certo modo. Il suo “difetto” è soprattutto apparente e si manifesta di fronte alle persone di cui teme il giudizio, mentre con coloro che lo ascoltano con benevolenza gli accade di parlare normalmente (quelli che non esprimono giudizi di valore). Alcuni professore si sono trovati in presenza di fanciulli così turbati dall’interrogazione che pretendevano di non aver “sentito” la domanda. A forza di insistere, scompare il ronzio alle orecchie che aveva impedito loro di sentire. Altri, invece, lamentano di avere un velo davanti agli occhi che impedisce loro di vedere l’interlocutore: utile distrazione per isolarsi dagli indiscreti (l'ansia modifica la percezione). Il timido soffre di un senso di inferiorità che lo paralizza. Non ha fiducia nelle sue possibilità, che il più delle volte sottovaluta; si trova debole, mal preparato ad affrontare la vita, incapace di difendersi. Il suo atteggiamento maldestro, il timore della sfavorevole opinione del prossimo sono per lui causa di insuccessi che costituiscono una conferma alla sua esperienza. Egli si serve di questi insuccessi come pretesti per non agire più. Ma cosa rafforza la timidezza? Si dice spesso: “è una malattia di famiglia” … allontaniamo da questa affermazione, diciamo piuttosto “Oggi a me domani a te”. Il fanciullo percepisce infatti tutte le atmosfere possibili di chi gli sta intorno e le reazioni dell’ambiente in cui vive, sicurezza, paura, esitazione, mentre troppo frequentemente coloro che lo circondano lo considerano ancora un piccolo essere passivo e privo di sue vere capacità. In molte famiglie c’è la tendenza ad agire e parlare in presenza di un fanciullo come se non ci fosse, con il pretesto che è troppo piccolo per capire. Alcune madri troppo apprensive raggiungono una relativa tranquillità tenendo i figli strettamente vicino con il pretesto di evitare delle catastrofi. Se il bambino sente che la madre grida quando si allontana da lei e se non è munito di un solido spirito di opposizione, si rassegna a scegliere giochi più tranquilli. La diffidenza comincia a covare nel suo intimo: “poiché i grandi hanno paura, devo avere paura anch’io e diffidare ancora di più”. I genitori inoltre troppo ambiziosi esigono dal figlio risultati brillanti sia che essi stessi li abbiano conseguiti, sia che, in seguito a un insuccesso personale, abbiano trasferito su di lui la loro ambizione delusa. Il bambino si scoraggia, soffre nel suo amor proprio e diventa “timido” nel senso che preferisce tacere e non agire piuttosto che non riuscire. Egli comunque può dubitare delle sue possibilità. Il bambino che non è sicuro di sé ricerca l’approvazione che gli permetterà di perseverare. Se scorge la critica o la presa in giro negli occhi di coloro che lo circondano, si lascia andare. Di fronte a un bambino timido è inutile attaccare frontalmente i sintomi. Il sintomo è solo una spia esterna del turbamento più profondo. L’incoraggiamento a parole non basta, perché non si convincerà delle proprie capacità in base ai complimenti e a lodi. La sua mancanza di fiducia in se stesso è molto profonda per essere scossa dalle adulazioni. Per poter credere a poco a poco nelle sue possibilità, deve conseguire risultati sensibili. Egli ha subito sconfitte su tutti gli itinerari che ha tentato di imboccare. Cerchiamo con lui sentieri nuovi lungo i quali possa acquistare con successo fiducia in se stesso. Nel suo intimo vi è spesso il desiderio di fare certe cose che non osa fare per timore di fallire o di dispiacere alle figure di riferimento. Bisogna che scopra in sé il talento che fino a quel momento non era stato incoraggiato, per esempio, al di fuori della scuola, uno sport o un hobby … nuoto per rinforzare la schiena o la bicicletta se ha i polpacci deboli! I genitori devono aiutarlo a realizzarsi. Quando si sentirà forte in “qualcosa” egli penserà che, essendo in grado di fare qualcosa bene, nulla gli impedisce di riuscire anche negli altri campi. E’ importante una riuscita, un successo, un progresso: anche iniziare con uno solo. Attraverso il dispiegamento delle sue facoltà conculcate, noi restituiremo al timido l’equilibrio e la volontà di affrontare la vita. Il successo reca con sé la fine della timidezza.

olitudine profonda, malessere diffuso, comunicazione difficile, atmosfera spenta e gelida, episodi di estraneità del corpo, rapporti scolastici impossibili, relazioni conflittuali in famiglia sono tutte modalità reattive all'ordine del giorno; tutti, chi più chi meno, in misura più o meno leggera, hanno vissuto questi sentimenti, questi tormentati stati d'animo; qualcosa nei vari rapporti “scricchiola”, non riusciamo ad adattarci, ad imporci, ad averla vinta, ad estraniarci completamente da questi momenti evolutivi difficili e un tantino travagliati; ognuno di noi può trovarsi in ogni momento del giorno sotto pressione, vivere situazioni con la sensazione di essere prigioniero, recluso oppure, al contrario, recitare la parte di un personaggio autonomo, libero, in cui è possibile interpretare, inconsapevolmente, nelle varie vicende relazionali, la trama di vittima perfetta o di astuto manipolatore ... un ignaro carnefice. La rimozione dei propri sentimenti è quasi sempre una risposta a condizioni ambientali dolorose. Queste posso comprendere svariate situazioni, da un'ostilità e rifiuti aperti a un sottile sabotaggio del proprio benessere e della propria autostima nei primi anni di vita; indifferenza, eccesso di permissività, esagerata protettività, incoerenze grossolane, ingiustizie, favoritismi, sadismo e brutalità sono alcuni dei fattori distruttivi che si trovano nelle persone che soffrono di alienazione (perdere il contatto con i propri sentimenti). Non bisogna mai dimenticare che il malessere emotivo influisce profondamente sui sintomi fisici. Una discussione animata con un familiare, la rottura con un amico, un piccolo litigio con la persona del cuore, ad esempio, possono nuocere a livello fisiologico quanto un insistente sovraccarico di stress sociale, lavorativo o scolastico (scattano gli stessi processi fisiologici e ormonali: adrenalina, cortisolo, aldosterone, testosterone, estrogeno … possono inibire o stimolare le difese immunitarie … tutte cose che come abbiamo ripetuto più volte possono ostacolare la crescita, danneggiare lo sviluppo cognitivo e compromettere per i più giovani l'apprendimento). Ricordiamolo ancora una volta che l'ansia e l'angoscia, sia nel breve sia nel lungo periodo, creano squilibrio immunologico provocando tensione, infiammazione e lesione. Gli organi emuntori non fanno più il loro dovere, non funzionano più regolarmente, spaziando inesorabilmente dal malessere fisico a quello morale, creano prostrazione e angoscia: la stanchezza domina la scena e le riserve energetiche si prosciugano … l'autostima cala a picco, si sviluppano situazioni che non hanno via d'uscita e non permettono di riprendersi ... recuperare le forze. Introversione, irritabilità, rabbia apparentemente immotivata, angoscia e ansia - sempre segni di una sofferenza profonda - potranno essere rielaborati più facilmente e in maniera risolutiva a seconda dell'età del piccolo, della disponibilità dell'ambiente circostante in generale e del rapporto diretto ed equilibrato con le figure di riferimento … che non sempre sono in grado di rendersi conto della delicata situazione, della reale difficoltà o gravità in atto. 


on è possibile vivere in una costante e perfetta armonia, in un clima familiare in cui ogni attore appare sereno e soddisfatto. Ma di sicuro è possibile riflettere sul benessere del proprio figlio e di tutti i membri della famiglia coinvolti in un rapporto difficile in modo tale da correggere, qualora sia necessario, alcuni atteggiamenti dannosi e devastanti per la salute, per un futuro più tranquillo, sereno e felice. Nel rapporto con le figure di riferimento si instaura, il più delle volte, un vero e complesso circolo vizioso, in cui ciascuno degli attori sul palco contribuisce al progressivo e rapido aumento dell'aggressività, dello scontro, dell'ostilità, dello spirito vendicativo, del rancore, della frustrazione e della collera. Spesso, quando si è presi dal vortice vendicativo, qualsiasi altra interazione e buona intenzione non sono sufficienti a placare gli animi, il dibattito, la recita in atto, ma altro non fanno che innescare una dinamica esplosiva: diventano solo motivo di litigio, esasperazione e lotta violenta. Quando il piccolo con una mente ancora acerba, in fase di crescita, vive in un ambiente instabile e teso molti gesti dell'adulto, possono essere interpretati in modo minaccioso, vissuti come fonte ansiogena, si presentano come atteggiamenti punitivi e coercitivi … se non, nei casi estremi, vera e propria sopraffazione tirannica. Un ambiente intollerante o con esigenze eccessive, poi, altro non fa che ingabbiare il libero movimento, imbrigliare la creatività, imprigionare l'attività motoria, bloccare ogni gesto spontaneo e felice, creare in lui reazioni non solo di instabilità emotiva, ma predisporlo anche ad un comportamento scontroso, aggressivo e violento: una modalità reattiva oppositiva provocatoria verso la figura di riferimento. Nei casi più gravi crea uno stato di passività, di remissione, di totale rinuncia all'interazione, al cambiamento, al fare, all'agire; sono fanciulli che presentano in maniere evidente e, soprattutto, ricorrente un comportamento più che polemico, ostile e disubbidiente; il loro gesto di sfida si manifesta con attacchi ingiustificati di collera, continui battibecchi, sfide e discussioni con coetanei ed adulti, disubbidienza e mancato rispetto verso le norme e le regole sociali. L'educatore sensibile e attento intuisce immediatamente dove vuole andare a parare, cosa vuole colpire con la sua suscettibilità, irascibilità e ostilità: sbarazzarsi degli insegnanti, mettere fuori uso tutte quelle figure che rappresentano i divieti, incarnano regole e autorità. Un soggetto che non rinuncia per nessuna ragione allo scontro diretto, non si dà mai per vinto, mette in atto una battaglia infinita con chiunque; la controparte, spesso, invece di adottare il buon senso, investito di autoritarismo sente il dovere non di smussare gli angoli, di adottare ragionevolezza, ma di insegnare chi “comanda” davvero in certe situazioni … 'vediamo adesso chi è il più forte, chi comanda veramente qui!'; il senso della lotta viene smarrito, quello che conta è solo vincere o soccombere; la quiete e l'armonia vanno in frantumi, nessuno si dà per vinto, la lotta continua sacrificando e confondendo affetto, amore e rispetto. Ogni episodio ansiogeno non compreso, gestito o superato, comunque, viene preso in consegna dal corpo, tanto più piccolo è il fanciullo, tanto più drammatiche sono le sue sensazioni somatiche: nausea, vomito, cefalea, dolori addominali e, soprattutto, alla schiena …


ati tecnici: non bisogna dimenticare che i dolori articolari parlano di tensione, di un fare impacciato, indeciso, non fluido e poco armonioso, di problemi relazionali e blocchi emotivi profondi che non vengono mai ascoltati, di desideri importanti tenuti a debita distanza perché moralmente considerati sconvenienti, di richieste eccessive che sovraccaricano l’intera struttura, di rifiuti che avviliscono e bloccano il movimento e l’espressività; segnalano la “vera” disponibilità verso gli altri, la lentezza nel prendere decisioni, il bisogno di affermazione, le varie responsabilità della vita, i conflitti affettivi, gli stili di vita. La modalità reattiva del fanciullo alla tensione, non è mai in un formato ridotto, ma è assolutamente identica a quella degli adulti. Una scarsa AUTOSTIMA, troppa ansia e profonda tristezza, agendo sulla postura, possono bloccare, contrarre e infiammare i tessuti articolari, le ossa allora - gestite dai vari atteggiamenti - mettono in guardia con disturbi specifici, segnalano una mente rigida e inflessibile, troppi carichi e tanti sacrifici, censure, freni, rinunce e parecchi desideri inascoltati, l’esposizione continua a situazioni che logorano … bisogna togliere i pesi dalle “spalle”, reagire, essere più “mobili”, “elastici”, trovare il piacere nel fare le cose: insomma, “ leggerezza” e motilità, per proteggere, dare forza e sollievo a tutto l’apparato locomotore, per far star bene le ossa in modo del tutto naturale. Così la rigidità diventa protagonista, fa lo sgambetto e, silenziosamente, impone il proprio “controllo”, il suo “potere” blocca il cammino … il blocco, allora, interrompe quei comportamenti che nel tempo potrebbero danneggiare ulteriormente la salute perché, come sappiamo, obbligano ad uno stile di vita non voluto, non in sintonia che i veri desideri: il corpo non fa altro che reagire, protestare se non si riesce ad esprimere le potenzialità in maniera naturale, lineare e spontanea. Le ossa ti chiedono di pagare il “conto” quando non sei per niente spontaneo, lotti contro te stesso, rinunci alle passioni e alla libertà di muoverti, così perdi "elasticità" e armonia, a favore della staticità mentale (mi spezzo ma non mi piego!); quando ogni gesto è incentrato sul sacrificio, sulla forza di volontà e sul dovere, continuamente sotto esame e sempre in “gara” si blocca il MECCANISMO anche lubrificandolo (farmaci)!… non ascoltando i messaggi inviati dall'impalcatura dovrai per forza rallentare o fermarti... desidera solo più rispetto e attenzione... il segnale in codice tradotto è: non stai entrando nel mondo con spontaneità e non accetti cambiamenti … il mal di schiena tiene fermi (blocca anche le trasgressioni!!!) tutti coloro che, in ogni momento e situazione, sono sempre tutti d’un pezzo, governati dalla testardaggine, da posizioni irremovibili… una durezza e una rigidità in contrasto con questa grandiosa e complessa struttura flessibile: non vuole altro che fluidità, apertura e … solo AMORE).

a struttura ossea è l’impalcatura fondamentale del corpo, garantisce la postura e il movimento. La motilità, le tendenze a spostarsi qua e là del bimbo, sono state spesso limitate da una figura di riferimento apprensiva e restrittiva. Di conseguenza il soggetto ha fortemente investito l’attività motoria, scaricando tensioni e i suoi conflitti su tutto l’apparato locomotore. Il tono muscolare risulta di norma aumentato, e cresce sempre più in seguito a conflitti. La limitazione delle attività motorie, gli handicap che determinano, incidono inevitabilmente sulla sfera psichica. In alcuni fanciulli si riscontra un quadro clinico con tendenze aggressive, mirante a dominare, a controllare l’ambiente circostante, con tratti evidenti di natura ossessiva – compulsiva: ricerca del dominio e della indipendenza. Sia le attività motorie sia l’aggressività vengono inibite. Allo stesso tempo, una personalità masochistica depressiva induce questi soggetti a sacrificarsi per gli altri. La comparsa del disturbo è spesso collegata a un evento in contrasto con la loro possessività oppure ad altre perdite e delusioni. Le ossa rappresentano per analogia la rigidità, la solidità, il dovere, la concretezza e la legge. Quando la disistima prende il sopravvento anche loro tendono a indebolirsi … a sgretolarsi. Proprio perché “sopportano” ogni cosa per tutta la vita, sono costretti a portare avanti (cattivo utilizzo delle proprie capacità: eccessive tensioni, emozioni, sentimenti), le ossa vanno incontro a un continuo rimaneggiamento, modificando dinamicamente la loro struttura, la loro composizione e la forma. La rigidità della nuca a livello cervicale, ad esempio, esprime spesso tensioni emozionali, dal momento che la muscolatura paravertebrale ha un ruolo nell’atteggiamento e nella gestualità dell’individuo. Le vere cause di tale malessere si annidano, in certi contenuti emotivi, in un modo di pensare e in ruoli fittizi che la quotidianità impone. I fattori emotivi, infatti, possono svolgere un ruolo sia nell’insorgenza sia nel decorso della patologia. La maggior parte dei soggetti colpiti da disturbi dell’apparato muscolo – scheletrico (situazione infiammatoria generale) presenta prima della patologia un modo di fare calmo e riservato… disponibilissimi verso gli altri (umile malevolenza). L’elemento più evidente è l’atteggiamento altruistico (anche di dipendenza) che, insieme all’intraprendenza e alla buona energia cui dispongono, rende tali soggetti eccellenti e, a dir poco, instancabili. Prestano però pochissima attenzione alle loro condizione fisiche. Il loro atteggiamento paziente e tranquillo contrasta con la sofferenza ben visibile che provano (aggressività).

soggetti con dolori alle ossa e articolazioni hanno, in generale, uno stile di vita piuttosto rigido. La loro personalità tende al perfezionismo e all’autocontrollo, negano a se stessi naturali impulsi aggressivi e cercano di compensare i sentimenti di delusione e di irritazione mantenendo una certa padronanza di se stessi. Spesso il malessere emotivo - oltre alla rimozione degli impulsi aggressivi - è ben visibile: ansia, umore depresso e sintomi psicosomatici (cefalea, disturbi cardiaci e gastrointestinali). Il conflitto emotivo, spesso, non viene percepito dal soggetto ma viene espresso attraverso il linguaggio d’organo. Come già accennato, hanno la tendenza a sacrificarsi, atteggiamento questo di esagerata disponibilità che non appare per niente naturale ma che sembra derivare da una qualche forma di compulsione. La reazione aggressiva repressa si manifesta con un aumento della tensione muscolare diffusa o localizzata. Il fatto curioso è che il dolore, man mano che si riduce la tensione emotiva, regredisce rapidamente. Dietro il sintomo di mal di schiena, inoltre, apparentemente uniforme e soggettivo, si annidano numerosi quadri clinici differenti. Il tratto cervicale, ad esempio, sostiene la parte più alta del corpo: la testa. Quando un soggetto non abbassa il capo o mantiene la testa a posto significa che non cede davanti agli ostacoli o alle difficoltà. Tali atteggiamenti associati ad altri fattori come ostinazione, sforzo di volontà per andare avanti, attaccamento ad una situazione possono dar luogo al malessere cervicale. Il tratto toracico, invece, riflette prevalentemente l’umore di un individuo. Sofferenza, disperazione e abbattimento possono pesare sulle spalle di un uomo: la schiena lentamente si piega. Un difetto posturale che nasce quando non si è in grado di affrontare mentalmente le richieste interiori ed esteriori. Il dolore del tratto lombare, invece, è frequentemente espressione diretta di tensione mentale. Pur non essendo una caratteristica femminile, è particolarmente comune nelle donne che compensano un sentimento di inadeguatezza rispetto agli impegni familiari e professionali, con l’attivazione di atteggiamenti posturali rigidi. Un fenomeno comunque che si può riscontrare anche in donne che si sono arrese restando schiacciate dal peso di una vita quotidiana che non sono più in grado di gestire. Il dolore in questo tratto può anche essere interpretato come modalità espressiva della frustrazione derivante da aspettative non realizzate nei rapporti interpersonali e dai conseguenti sentimenti di insoddisfazione. Negli uomini questa affezione può essere interpretata come una sorta di fallimento a livello lavorativo o nel ruolo maschile.

uando si è piccoli è facile - se non si è sufficientemente supportati - trovarsi all'improvviso smarriti o schiacciati da paure irrazionali, anticipare avvenimenti tragici, sviluppare insolite preoccupazioni, manifestare atteggiamenti confusi, spegnere completamente sentimenti ed emozioni nei confronti dell'ambiente circostante; bisogna imparare, fin da piccoli, che è fondamentale ricorrere ad aiuti esterni, appoggiarsi agli altri nei momenti difficili, solo così è possibile sviluppare un profondo senso sociale non solo positivo e sereno, ma anche responsabile, concreto ed efficiente. Che si tratti dell'apprensione per il futuro, della preoccupazione per un episodio del passato, timore nel gestire piccole situazioni sociali o di avere qualche perplessità, alcuni dubbi sulle proprie capacità di fare fronte alle esigenze quotidiane è sempre uno stato psicofisico destabilizzante, una tragedia, un dramma aperto difficile da gestire e da rielaborare per chiunque: sia per grandi, sia per piccini. L'opinione, l'immagine che abbiamo di noi stessi e l'autostima influenzano sempre l'apprendimento e i risultati individuali; sotto pressione, si è costretti a vedere le cose offuscate, condannati a prodotti sociali e cognitivi scarsi o modesti, se non fallimentari … diminuiscono le capacità fisiche e si spengono le facoltà mentali. Trattandosi spesso all'inizio di fanciulli confusi, persi, frastornati, a disagio per il proprio aspetto psico – fisico o sofferenti a livello relazionale, cadono facilmente nella trappola del consenso e degli automatismi; attraverso questi atteggiamenti antipatici, spesso svalutativi, rendono la loro esistenza una commedia, una sceneggiata popolare, creano palcoscenici ricchi di comparse che, in balia degli eventi, sono costretti a recitare una vita incolore, mediocre … un teatro che manca sempre di un attore protagonista, di un personaggio attivo che realizza i suoi progetti in maniera libera ed autonoma; il tutto si riduce ad un vivere senza speranze, alla ricerca continua di occhiate benevoli, grandi attenzioni e mille rassicurazioni; ma tutto ciò è pericoloso, ha un prezzo esagerato, un costo enorme, si rischia di indebolire il corpo attraverso fastidiosi, invalidanti sintomi fisici e psichici; sono pilotati da una ricerca costante di compensazione, da un forte e sfrenato desiderio di eccellere, di primeggiare, di capeggiare, di controllare, di dominare, di vincere in tutti i settori della vita.

ualsiasi tendenza esagerata di perfezionismo, ogni forte necessità di avere il controllo totale delle situazioni e la ricerca continua di piacere per ottenere l'approvazione altrui, sono tutti sintomi di un profondo ed inequivocabile malessere emotivo. Il fatto curioso è che i bambini troppo ansiosi spesso vengono descritti come se fossero dei piccoli ometti, come se avessero bruciato delle tappe o saltato a piè pari completamente ogni parte esistenziale introduttiva della loro vita, le fasi evolutive fondamentali: come se vivessero in un altro mondo, fuori luogo, fossero troppo maturi. Questi soggetti con occhio testardo, a testa bassa, come un ariete pronto allo scontro, sono intenzionati a raggiungere l'applauso e la perfezione, sono estremamente sensibili alle critiche e spesso si sentono feriti da banali richiami; la loro apprensione interferisce direttamente non solo con la percezione incerta della realtà, ma anche con la capacità di prendere decisioni importanti. Nonostante siano a volte in grado di sviluppare rapporti discreti, stabilire relazioni intime e amichevoli, hanno il problema di far sempre tutto perfetto, bene, impeccabile, di piacere e, soprattutto, essere ben visti ed accettati … guai se non fosse così, ogni banale insuccesso sarebbe una catastrofe. Spesso anche le figure di riferimento di questi fanciulli sono decisamente ansiosi e, senza comprendere in profondità la situazione, li sottopongono a riflettori impegnativi, a pressioni eccessive per soddisfare il proprio narcisismo … desiderano fortemente che abbiano successo, così anche loro entreranno in scena, saranno sotto i riflettori, possono finalmente brillare! Tutti i conflitti non affrontati o superati hanno degli effetti disastrosi, particolarmente disturbanti a livello identificativo ed emotivo: creano incertezze nell'immediato avvenire e fanno aumentare l'angoscia. Queste difficoltà si scontreranno, andranno a cozzare con le diverse tappe dello sviluppo psico - affettivo generando non solo “ingerenze” a livello evolutivo, ma facilitando anche devianze davvero importanti. Il fanciullo ansioso sperimenta - come avviene per l'adulto - sempre il suo ambiente con un vago sentimento di diffidenza, timore, apprensione, come se stesse aspettando, da un momento all'altro, qualcosa di brutto e di terribile. Questo schema disfunzionale, questo mondo emotivo caratterizzato da scenari incerti - costruito sulle sabbie mobili, su un “terreno” paludoso, fragile, instabile che, lo rende irritabile, facilmente disorientato e preoccupato circa il suo benessere fisico e psichico - può facilmente far crollare l'intera struttura portante piuttosto precaria, si possono verificare episodi acuti di paura, vere crisi di angoscia, il cui scatenamento può essere determinato da elementi esterni banali o da tratti interni immaturi e poco solidi. Se siamo stati attenti, la base di questa sofferenza altro non è che l'ansia e l'angoscia sia per il grande sia per il piccino. I bambini, purtroppo, con il loro armamentario primitivo ed incompleto non sono esentati da questo malessere, sono fragili, più esposti ai pericoli. Al genitore scrupoloso sicuramente non sarà sfuggita, pur essendo per i più “fortunati” passeggera, l'esistenza di qualche fissazione o lamentele a livello somatico del proprio figliolo. Così alla fine si possono riscontrare, seppure in forma più o meno leggera a seconda dello stato ansiogeno, alcune singolari condotte circa queste curiose somatizzazioni. Questi stati di continua allerta, di preoccupazione permanente creano uno condizione di profonda prostrazione, apprensione a proposito della propria salute o di una eventuale oscura patologia, determinano una vaga e diffusa affaticabilità che smorza curiosità, gioia ed entusiasmo, impedisce studio, sport, giochi piacevoli, apprendimento e ogni attività ludica, allarma e concentra l'attenzione su dolori o malesseri variamente localizzati, dolori addominali, nausea, cefalea e forti dolori alla schiena. 

i ricorda ancora una volta che chiunque, attraverso una attività piacevole e divertente, può avere il controllo dell'ambiente fisico ed emotivo, gestire i sentimenti, esprimersi liberamente, seguire i desideri del corpo e della mente. Diversamente, nel piccolo e poi nell'adulto, tale fenomeno sarà caratterizzato da confuse lamentele per un mal funzionamento del corpo, da un malessere vago o da una anticipazione ansiosa di una eventuale e oscura patologia. I genitori spesso, senza colpevolizzare e insegnare niente a nessuno, con le loro infinite insicurezze e apprensioni, incluse varie lamentele ipocondriache, possono suggestionare, giocare un ruolo fondamentale sul destino, sulla salute del piccolo. Un eventuale atteggiamento ipocondriaco dei genitori può coinvolgere direttamente e influenzare negativamente il bambino. Apprensione, condotte insistenti, continuative e fuori luogo possono determinare organizzazioni patologiche o veicolare idee deliranti di tipo ipocondriaco. La cosa più pericolosa è che quando sono sotto pressione, spaesati, senza punti di riferimento, ricorrono più facilmente - per gestire alcuni tormenti quotidiani - a sostanze “tossiche” perché questi surrogati sono facili da raggiungere, fanno “dimenticare” in fretta i disagi esistenziali e, soprattutto, sono scelti perché pare offrano una forma di benessere e rilassamento perfetto, più veloce ed immediato, rispetto a certe strategie emotive che richiedono impegno e “sacrificio”. Anche l'elemento culturale sembra molto spesso, in alcuni casi, causare o influenzare la struttura ipocondriaca. Più il disagio fra i genitori si fa sentire, meno costoro sono disponibili ad ascoltare il proprio figlio, e meno quest'ultimo sarà in grado di rielaborare la sua reazione d'angoscia. Allo stesso modo, più il fanciullo è “piccolo”, più è carente o sprovvisto completamente di strumenti cognitivi di elaborazione. Tutto ciò può rendere conto della frequenza e dell'intensità dei lamenti ipocondriaci nel bambino piccolo e dell'armonia familiare in quel preciso momento: mal di pancia, vomito, dolori vari ed imprecisati, cefalea. 


'ambiente in cui vive il fanciullo, l'atmosfera in cui si sviluppa e assume poi il ruolo di adulto, dovrebbe essere un territorio privo di stimoli contraddittori, rispettosi per la comprensione realistica e la buona funzionalità della sua struttura psicosomatica. Molte cose comunque sono fondamentali per il suo equilibrio e la sua salute, oltre ad un ambiente privo di stress inutile, sarà fondamentale una buona attività ginnica e un mangiare sano senza eccedere nei fanatismi. Il moto è fondamentale perché, oltre a far funzionare bene i nostri organi emuntori, brucia i grassi, anche se non tutti. Non distrugge, per esempio, il colesterolo. Solo la dieta può ridurre il colesterolo nel circolo sanguigno. Invece il movimento brucia i trigliceridi, e già questo è importante, perché tali grassi tendono a far salire il livello degli acidi urici responsabili dei dolori articolari (gotta). L'attività ginnica serve anche a mantenersi mentalmente sani, perché rendendo più efficiente il cuore, migliora la circolazione del cervello e il suo funzionamento … si diventa più sicuri, equilibrati emotivamente, più scattanti, lucidi e brillanti. Nessun moto, se praticato con una certa regolarità e moderazione, ha controindicazioni. Il moto rilassa. I muscoli inattivi producono forti cariche elettriche che tengono svegli. Svolgendo dell'attività fisica e muovendosi abbastanza, è possibile scaricare questa elettricità e rilassare l'intera struttura muscolare. Infine, l'attività muscolare aumenta la sensazione di benessere generale, assicurando ai muscoli un buon flusso ematico ed un'energia più regolare. Facendo del moto si fornisce all'organismo una quantità di glicogeno (amido immagazzinato nei muscoli e nel tessuto epatico) doppia del normale. Il glicogeno è la fonte principale di energia, è la riserva glucidica degli atleti … se nei muscoli è depositata una buona percentuale di glicogeno non sarà necessario richiederlo al fegato.


osa fare. Le persone che sviluppano questo singolare quadro clinico presentano una personalità complessa, una grande varietà di modi di fare, di opinioni e di paura, e quindi qualsiasi metodica terapeutica deve essere sempre mirata alla situazione specifica e ai bisogni individuali; la cosa fondamentale è che non si deve assolutamente essere indifferenti o distratti alla loro profonda sofferenza. Lo specialista dovrebbe presentarsi deciso, sapere come muoversi, mai arrendevole, essere sempre sensibile, “disponibile” e, soprattutto, dare ascolto in maniera ragionevole alle loro preoccupazioni circa le patologie lamentate; guai comunque assecondarli, cadere nei loro “tranelli” e, soprattutto, essere molto prudente nel prescrivere esami e trattamenti non solo invasivi, ma anche dannosi a livello psicosomatico; il lavoro principale, da svolgere, quindi, sempre con coscienziosità, è quello rivolto ad evitare il più possibile che il soggetto migri da ambulatorio ad ambulatorio … cercare inutilmente l'opinione dei vari 'saccenti' che, spesso, altro non fanno che soddisfare il loro profondo narcisismo, buttare benzina sul fuoco. Mai “peregrinare” su internet alla ricerca di fantomatici “santoni” e malattie bizzarre al fine di formulare una pasticciata autodiagnosi. Sarà vantaggioso, invece, evitare la consultazione di molti specialisti contemporaneamente ma cercare un “solo” professionista (cambiarlo subito se si percepisce di non essere sulla stessa lunghezza d’onda … se non ci sono queste condizioni scappare immediatamente!) con cui sviluppare un solido rapporto di fiducia (transfert positivo) per progettare, insieme, ciascuno in base alle proprie competenze, un reale e concreto programma terapeutico. Non meno importante è concentrarsi sulle proprie sensazioni, i propri entusiasmi, le cose che interessano davvero e quelle che spengono le passioni, cancellano completamente la speranza, che non appartengono più ad un’esistenza felice, rendono i gesti finti, l’esistenza banale e piena di sofferenze. Anche se il malessere in questione può avere alla base cause diverse non va mai dimenticato che certi traumi psichici lo possono alimentare o intensificare … attenti ai lamenti, fanno male, sono dei veri vampiri, succhiano energie fisiche e psicologiche, danneggiano l'autostima, spengono l'umore e bloccano la vita … ti abituano a percepire la vita a monocolore, a vedere sempre le cose e le situazioni in bianco o nero! 

ccanto ad un trattamento farmacologico specifico (antidepressivi e ansiolitici) attuato sempre con prudenza e da professionisti con una buona esperienza in questo settore specifico, un qualificato rapporto psicoterapeutico, anche nei casi più gravi, sarà sempre una mossa vincente ... uno dei mezzi più efficaci e risolutivi Uno strumento che aiuterà ad avere non solo una visione più aperta dei vari “malanni” e conoscere meglio il proprio corpo, ma anche la scomparsa di quei sintomi piuttosto diffusi e fastidiosi in maniera definitiva. Il soggetto deve imparare a gestire l'angoscia connessa a tale sofferenza: imparare a gestire, a controllare i sintomi e non subirli. Bisogna attivare, con la massima solerzia, un programma educativo, fisico e interpersonale che possa aiutare l'individuo a ritornare nel sociale e, soprattutto, ridurre la tendenza a farsi inglobare dalle preoccupazioni riguardanti la funzionalità del corpo. Lo scopo principale è quello di far riflettere sulla possibilità, per quanto remota, che ogni segnale fisico possa essere messo in relazione con una malattia importante, ma allo stesso tempo contrapporre a questo pensiero quello più ragionevole e costruttivo che le conclusioni drammatiche cui si era vincolati sono davvero improbabili. In questo modo l'ipocondriaco impara ad affrontare e padroneggiare, con un programma regolare e graduale, il rischio, le tensioni banali, a muoversi nei momenti no della vita e, quindi, a condurre un'esistenza più che normale, mettendo a fuoco l'inutilità, anzi la potenziale pericolosità del suo modo di pensare, che a lungo andare può compromettere una vita serena e ragionevolmente felice. Non dobbiamo mai dimenticare che l’ansia segnale sempre che qualcosa nella vita non funziona, per farci capire che è necessario interrompere una finzione, una fastidiosa recita in cui si è scivolati. Il corpo, in quel frangente, non lascia in pace perché ha qualcosa di molto importante da comunicare: costringe ad occuparsi di se stessi, perché c’è qualcosa nel quotidiano che non si sta vivendo oppure che non ci appartiene.


' risaputo da tempo che tutti coloro che soffrono a livello emotivo temono - in maniera più o meno evidente - i cambiamenti, sono letteralmente sconvolti da alcune varianti, modifiche, variazioni improvvise nel quotidiano … non riescono proprio a scendere dalla giostra quando è in corsa ... non solo pretendono di essere sempre gli stessi, ma sono terrorizzati e allarmati al solo pensiero di cambiare il percorso mattutino. Spesso si sentono brutti e poco intelligenti, non si fidano né di se stessi, né degli altri. Sono individui che determinano il valore delle persone secondo le condizioni visibili della condizione economica – sociale, in termini di status symbols; il valore dell'altro è sempre in funzione del suo lavoro, del ruolo sociale, di quello che possiede. Il suo modo di pensare è fortemente controllato e condizionato da opinioni esterne: usa gli altri come scudo per non assumersi le sue responsabilità (vedasi la struttura narcisistica). Piuttosto che modificare alcune sue convinzioni, se stesso e le cose in generale preferisce lamentarsi; non solo rimprovera il mondo intero di poca sensibilità nei suoi confronti, ma di essere, in caso di profonda crisi, disprezzato; in questo modo se gli altri mi considerano di scarso rilievo, non essendo né amato, né apprezzato sono autorizzato, assolutamente libero di “vomitare” le mie difficoltà e fantasie sugli altri; i suoi occhi comunque sono sempre puntati sull'esterno mai all'interno: chiede ma non dà (amore, rispetto). La vita, il lavoro, le relazioni sono un sacrificio infinito, una lotta continua, hanno poco significato. Verso le cose e le persone ha un profondo senso di gelosia e proprietà: tutte cose che teme di perdere da un momento all'altro. I tempi passato e futuro sono i suoi nemici. Dominato dalle ingiustizie del passato (sensi di colpa, depressione) e terrorizzato dal futuro (ansia). Non è in grado di bloccare i segnali esteriori che provocano ansia da futurizzazione e da attività nuova, inaspettata … una vita dominata dalle proprie lamentele. Si sente spesso fuori luogo, quasi sempre colpevole, il più delle volte giudicato, specialmente in famiglia, quando non esiste nessuna congiura nei suoi confronti, può essere facilmente manipolato per quel suo brutto vizio di colpevolizzarsi; non rimane comunque immobile, risponde, reagisce cercando di far sentire colpevoli anche gli altri. Si aggrappa alla gente, reprimendo il suo bisogno di indipendenza, perché la sua identità dipende da loro.

ondanna ogni cosa, tutti, la società perché, a suo dire, sono colpevoli della sua infelicità, gli altri sono sempre colpevoli; non interessano consigli o soluzioni ai problemi perché si tira fuori dalle responsabilità condannando il mondo intero … è chi sta intorno che sbaglia! Orientato continuamente ai confronti, controlla ininterrottamente ciò che fanno gli altri per stabilire a quale livello si pone la sua vita; esce dal “balcone”, come dicono i suoi amici, quando gli altri appaiono superiori a lui; può arrivare a deridere o denigrare le realizzazioni altrui per far sembrare migliori le sue, fino alla bugia, all'inganno o alla frode. Avendo continuamente timore di sbagliare, evita tutte quelle attività in cui è inesperto; è incapace di imparare dagli errori fatti; spesso è portato a negare o, meglio, a nascondere gli errori commessi, ma è sempre pronto a deridere o prendere in giro gli altri quando sbagliano. Il suo stato d'animo è incandescente, sempre su di giri, perennemente agitato perché alla fine della corsa cerca sempre di fingere di essere ciò che non è ... cosa più drammatica per lui e gli altri, è che non sa ammettere i suoi errori; sa invece come gestire ogni situazione difficili: alzare barricate e scusanti puerili … diventare anche disonesto. E' un grande pianificatore con idee rigide e ristrette, ossessionato nel catalogare o schedare ogni cosa, e se non riesce a seguire la “scaletta” ben ponderata s'arrabbia, diventa intollerante e stizzoso … una vita esageratamente controllata a detrimento della spontaneità; non conosce l'A, B, C del divertimento, del gioco e del piacere … non riesce a godere appieno delle vacanze, delle piccole cose che la vita, senza chiedere nulla in cambio, regala abbondantemente momenti bellissimi; ossessionato dal denaro anche se ne ha abbastanza: un grande spilorcio (vedasi il malato immaginario)… il suo obiettivo è quello di arricchirsi, accetterebbe ogni compromesso, qualsiasi cosa per maneggiare sacchi di denaro come Paperon De' Paperoni. E' sempre una comparsa mai un primo attore, un seguace mai un capo. ATTENZIONE, però, non è un personaggio cattivo, un brigante, è solo “programmato” in un modo diverso, ha una visione troppo sensibile circa le cose che gli stanno intorno, percepisce gli eventi della vita, rispetto a ciascuno di noi, in maniera esagerata: bisogna aiutarlo.


uando si è completamente stravolti dall’ondata di pensieri e dalle fantasie considerate inaccettabili, il mondo emozionale prende il sopravvento. Lo scopo principale dell’intervento è proprio quello di far “volare” altrove i pensieri automatici: ridurli e renderli meno dannosi per l’unità psicosomatica. Le metodiche terapeutiche attivate puntano l’attenzione a ristrutturare il processo mentale (scardinare quel loop) e insegnano a gestire la paura scatenata da sintomi specifici. L’addestramento al rilassamento, in ogni caso, è fondamentale per controllare lo stato fisico e mentale … ritrovare la calma interiore significa gestire e restare tranquilli anche nei momenti difficili. Con la pratica e la continuità è possibile padroneggiare in maniera più sana la paura e i pensieri negativi … rompere la monotonia della vita, certi vissuti piuttosto insulsi, allontanarsi dall'auto - controllo. In realtà, il trattamento purtroppo, non sempre facile da realizzare, sarà rivolto a mettere a fuoco tutti i pensieri devastanti in modo tale da controllarli e, quindi, restare lucidi, trasformando l’energia “mostruosa” in un qualcosa di più costruttivo (i vampiri della mente sottraggono solo e sempre energia vitale!). L’efficacia, comunque, dell’intervento dipende sempre dall’attenzione e dalla “convinzione” con cui si mettono in atto le varie strategie terapeutiche proposte. Alcune strategie, di seguito indicate, potrebbero risultare paradossali o superficiali, magari troppo morbide per questo singolare quadro clinico: sconfiggere questo mostro che è l’ansia. Se l’ansia è una grandiosa opportunità per “svegliarsi” - ascoltare i veri desideri e guardare se stessi con un’attenzione diversa e sincera - può diventare una preziosa e importante compagna di viaggio. Può essere “trattata” solo se si sa come accoglierla. Non serve usare maniere forti, bisogna con morbidezza tenerle testa, interpretando ciò che vuol dire con la sua singolare inquietudine: una grande occasione per riprendere in mano la propria vita. Quando lo stato ansioso si scatena, il sistema nervoso centrale richiede una compensazione biochimica immediata ovvero - oltre all'atteggiamento adeguato - una corretta alimentazione: i cibi giusti possono controllare lo stato ansioso e ridurre la crisi. Con un buon rilassamento, inoltre, il batticuore ritrova piano piano il suo ritmo giusto. Un auto massaggio psicosomatico ben fatto può eliminare tensioni, contratture, nervosismo e insonnia. Il “soffio della vita”, cioè un volume polmonare adeguato, può tenere sotto controllo i cambiamenti fisiologici prodotti dall’ansia … la calma interiore è la via principale del benessere! In queste circostanze non serve l’uso della forza: più si cerca di allontanare tale fenomeno più invece si allarga. Tutta l’energia che non si riesce ad esprimere e che scava dentro bisogna sbloccarla, svilupparla e trasformarla. Ricorda, uscire da questa confusione, con le mosse giuste è possibile. Con l’aiuto di uno specialista si attueranno metodiche terapeutiche che aiuteranno ad uscire dalla spirale di questi “idoli” (tarli mentali) che, purtroppo, non conoscendo le regole della resa, non arretrano mai. Sappiamo anche da tempo che lo stato di allarme ansiogeno “strozza”, toglie il respiro, non passa mai inosservato, viene prepotentemente preso in consegna ed elaborato dal corpo: diventa portavoce delle emozioni ancor prima della coscienza, un segnale, un codice preciso che deve essere letto e interpretato:

1. Petto. Una costrizione in questa zona non solo impedisce una normale attività respiratoria e determina un senso di soffocamento, ma va diritta al cuore, si manifesta a livello cardiaco … spesso sono scambiati per infarto (dolore, aritmia, tachicardia, palpitazioni);

2. Tessuto muscolare. Paralisi, rigidità e tremori sono all’ordine del giorno. Lo stato di tensione crea un diffuso stato di contrazione muscolare (cervicale, debolezza, formicolio, torpore);

3. Intestino e apparato urinario. Questi apparati sono i primi inequivocabili ricettori emotivi (nausea, gastrite, colite, urinare spesso).


ei ansioso, ecco le sostanze e i nutrienti “speciali” che possono contrastare tale stato: mandorle, noccioline e spinaci (alto contenuto di magnesio che oltre a favorire un buon SONNO allevia irritabilità e toglie stanchezza); Vit. del gruppo B e D: soia, tacchino, petto di pollo, lenticchie - ferro -, cereali - zinco - uva e broccoli - cromo - (ferro, zinco e cromo migliorano l’umore e regolano le emozioni) … e, senza esagerare, frutta di stagione per ripulire il cervello (frutti di bosco per cali di memoria) … l’assunzione, poi, di salmone fresco abbassa l’ansia e ostacola la depressione … se vuoi gestire o vincere l'ansia togli dal “piatto” fritti, grassi e tutti i dolci.

'ipocondria - proprio perché compromette la qualità della vita e può evolvere verso quadri clinici più seri - non deve mai essere affrontata alla leggera. Se il disturbo non viene riconosciuto in tempo, valutata la sua gravità con tempestività e trattata correttamente può protrarsi in maniera invalidante per lunghi periodi, acutizzandosi poi nei momenti in cui l’individuo è sottoposto a maggiore stress: il soggetto diserta il lavoro, annulla completamente ogni attività sociale e si isola dagli altri. Chiudersi in se stessi è il pericolo maggiore per chi soffre di tale quadro clinico. Le persone affette da sintomi connessi alla condizione ansiogena o da un vero e proprio disturbo d’ansia traggono notevole beneficio da tutte quelle metodiche terapeutiche che aiutano a rilassarsi, le portano ad esprimere le proprie sensazioni (scaricare tutte quelle sostanze chimiche accumulate nell’esperienza ansiogena) ed insegnano delle tecniche pratiche, immediatamente utilizzabili, con cui reagire a questa condizione, spesso, debilitante. Attraverso tali esperienze terapeutiche si liberano dal peso di questo continuo e pressante malessere. La spiegazione dei meccanismi fisiologici coinvolti nella manifestazione ansiogena è sempre fondamentale, non solo a livello di rassicurazione, per eliminare quelle “convinzioni” che causano apprensione e preoccupazione, ma anche nella gestione della sintomatologia in atto. E’ possibile, infatti, con le opportune informazioni e il giusto allenamento imparare ad alleviare e controllare i sintomi che creano questa profonda sofferenza esistenziale che schiaccia la mente e agita il corpo. RICORDA, la rigidità mentale, la mente a senso unico, i pregiudizi popolari, un ordine cerebrale eccessivo, ossessivo - compulsivo, un adeguarsi eccessivamente agli altri, un ruolo fisso esasperato, sono tutte modalità reattive che costringono a recitare una parte, un ruolo innaturale, ad assumersi inutili sacrifici, a relegare in un piccolo angolo gli aspetti più gioiosi della vita (passione, gioia, amore), sono come dei boomerang, sono copioni che sul momento possano rassicurare ma primo o poi tornano indietro con tutti gli interessi, con disagi invalidanti e complesse forme di somatizzazioni - che inquinando il cervello, appiattiscono la vita, tengono al palo e fanno ammalare - come il panico, la depressione, la colite, la gastrite, la cefalea e l’ulcera.


Dott. Claudio Bonipozzi

Tel.: 349.1050551 - E mailbonipozzi@libero.it

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